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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

del 2 giugno 2022 (1)

Causa C 1-/21

MC

contro

Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Veliko Tarnovo pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite

(Domanda di pronuncia pregiudiziale dell’Administrativen sad Veliko Tarnovo [Tribunale amministrativo di Veliko Tarnovo, Bulgaria])

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Diritto tributario – Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Normativa nazionale che dispone la responsabilità solidale dell’amministratore di una società qualora quest’ultimo, in mala fede, abbia sottratto patrimonio a quest’ultima, con la conseguenza che essa non ha potuto assolvere i propri debiti d’imposta (inclusi quelli in materia di IVA) – Responsabilità estesa agli interessi dovuti dalla società – Ambito di applicazione del diritto dell’Unione – Principio di proporzionalità»






I.      Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale solleva ancora una volta una nota questione di giurisdizione in una nuova prospettiva. Ci si chiede se la responsabilità solidale di una persona fisica (che non è essa stessa un soggetto passivo IVA) stabilita dalla normativa tributaria generale con riguardo ai debiti d’imposta e ai relativi interessi dovuti da un’altra persona rappresenti un’attuazione del diritto dell’Unione, rispetto alla quale la direttiva IVA o altra normativa dell’Unione potrebbero contemplare requisiti. Oppure se la responsabilità solidale di una persona che ha contribuito a causare l’incapacità di un’altra persona di adempiere tempestivamente ai propri obblighi di pagamento delle imposte sia dettata da una regola procedurale meramente nazionale volta a garantire il gettito fiscale sulla quale il diritto dell’Unione non incide.

2.        Tale situazione ricorda lo scenario di cui alla molto dibattuta (2) decisione Åkerberg Fransson (3), nella quale la condanna penale di un soggetto passivo dell’IVA per frode a danno dell’IVA è stata considerata una decisione di attuazione del diritto dell’Unione. Tuttavia, la questione da decidere nel presente caso esula da detta situazione.

3.        Nel caso in esame non si tratta infatti della responsabilità di un soggetto passivo dell’IVA, bensì di una persona che non è soggetto passivo dell’IVA, la quale non ha evaso l’imposta, ma in qualità di amministratore, a quanto pare, ha aumentato in misura eccessiva il compenso dovutogli da parte della società, sottraendo così a quest’ultima valori patrimoniali. Di conseguenza, la società non è stata in grado di pagare per intero o tempestivamente i propri debiti (inclusi i debiti dell’IVA e i relativi interessi).

4.        Occorre stabilire se una responsabilità generale in solido di un organo in ragione di una condotta pregiudizievole per la società (una sorta di lesione del rapporto fiduciario) ricada nell’ambito di applicazione della direttiva IVA e quindi in quello del diritto dell’Unione per il solo motivo che, per effetto di tale condotta, la società non è stata in grado, inter alia, di pagare tempestivamente oppure per intero i propri debiti IVA e i relativi interessi. In altre parole: ci si chiede dove sia ravvisabile il limite di applicazione del diritto dell’Unione nel caso di un collegamento meramente indiretto con la riscossione dell’IVA.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        Il contesto di diritto dell’Unione è costituito dalla direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (4) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), dalla Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (5) (in prosieguo: la «Convenzione TIF») e dall’articolo 325 TFUE.

1.      Diritto primario

6.        Ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, «[l]’Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell’Unione».

7.        Il successivo paragrafo 2 dell’articolo 325 TFUE dispone che «[g]li Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari».

2.      La Convenzione TIF

8.        L’articolo 1 («Disposizioni generali») della Convenzione TIF dispone, al suo paragrafo 1, quanto segue:

«Ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari dell[’Unione]:

(…)

b)      in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:

–        all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse;

–        alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto;

–        alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto cui consegua lo stesso effetto».

9.        L’articolo 2 («Sanzioni») di detta Convenzione prevede, al suo paragrafo 1:

«Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all’articolo 1 nonché la complicità, l’istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte all’ articolo 1, paragrafo 1, siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possono comportare l’estradizione, rimanendo inteso che dev’essere considerata frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a [EUR]50 000 (…)».

10.      Il successivo articolo 9 («Disposizioni interne») di tale Convenzione è così formulato:

«Nessuna disposizione della presente convenzione osta a che gli Stati membri adottino disposizioni di diritto interno ulteriori rispetto agli obblighi da questa derivanti».

3.      Direttiva IVA

11.      L’articolo 205 della direttiva IVA contiene la seguente disposizione:

«Nelle situazioni di cui agli articoli da 193 a 200 e agli articoli 202, 203 e 204, gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per l’assolvimento dell’IVA».

12.      Nei menzionati articoli del Titolo XI (Capo 1) viene disciplinato l’obbligo di pagamento o, rispettivamente, lo status di debitore d’imposta «dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi». Non vi sono contemplati i consigli di amministrazione delle società o, rispettivamente, il caso della concessione inappropriata di uno stipendio.

13.      L’articolo 273 della direttiva IVA recita come segue:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».

B.      Diritto bulgaro

14.      Nel Danachno-osiguritelen protsesualen kodeks (codice di procedura del contenzioso tributario e previdenziale; in prosieguo: il «DOPK») è previsto quanto segue:

15.      L’articolo 14 del DOPK riguarda il debitore:

«Sono debitori le persone fisiche e le persone giuridiche:

1. tenute a versare imposte o contributi previdenziali obbligatori; (…)».

16.      L’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK disciplina la responsabilità di un organo direttivo per la riduzione del patrimonio della società e così recita:

«Un amministratore o un membro dell’organo direttivo che, in maniera infedele, eroga prestazioni in natura o in denaro a carico del patrimonio di una persona giuridica che è un soggetto debitore, ai sensi dell’articolo 14, punto 1 o 2, integranti una distribuzione dissimulata di utili o dividendi, o trasferisce beni patrimoniali di detto soggetto debitore a titolo gratuito o a prezzi considerevolmente inferiori ai prezzi di mercato, con conseguente riduzione del patrimonio di quest’ultimo e, pertanto, mancato pagamento di imposte o contributi previdenziali obbligatori, risponde dei debiti sino alla concorrenza delle prestazioni erogate o della riduzione del patrimonio».

17.      L’articolo 20 del DOPK riguarda l’ordine di priorità dell’esecuzione e stabilisce quanto segue:

«Nei casi disciplinati nell’articolo 19, la costituzione di garanzie e l’esecuzione forzata colpiscono, in un primo momento, il patrimonio del debitore del cui debito di imposta o a titolo di contributi previdenziali si risponde».

18.      L’articolo 21, paragrafo 3, del DOPK contiene disposizioni sull’accessorietà della responsabilità rispetto al debito principale ed è così formulato:

«La responsabilità del terzo viene meno in caso di estinzione del debito rispetto al quale detta responsabilità era stata accertata con atto giuridico definitivo. In tal caso, gli importi versati sono rimborsati in conformità alla procedura di cui al capo 16, sezione 1».

19.      Lo Zakon za danaka varhu dobavenata stoynost (legge sull’imposta sul valore aggiunto) fornisce la definizione di soggetto passivo al suo articolo 3, paragrafo 1:

«Soggetto passivo è ogni persona che esercita un’attività economica autonoma, a prescindere dalle finalità e dai risultati di detta attività».

20.      L’articolo 89, paragrafo 1, della legge suddetta stabilisce il termine per il versamento del debito d’imposta:

«Ove, per il periodo considerato, sia realizzato un risultato sotto forma di imposta dovuta, la persona registrata è tenuta a versare l’imposta entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA per il periodo di cui trattasi sul conto della competente Teritorialna direktsia na Natsionalnata agentsia za prihodite (Direzione territoriale dell’Agenzia nazionale delle entrate) a favore del bilancio statale».

21.      Lo Zakon za lihvite varhu danatsi, taksi i drugi podobni darzhavni vzemania (legge in materia di interessi su imposte, tasse e altri simili importi dovuti di natura pubblica) dispone, al suo articolo 1, paragrafo 1, un obbligo di applicazione degli interessi:

«Le imposte, le tasse, le trattenute sugli utili, i contributi al bilancio statale e altri simili importi dovuti di natura pubblica non versati, non trattenuti o trattenuti ma non versati tempestivamente nei termini previsti per il pagamento spontaneo vengono riscossi maggiorati degli interessi legali».

22.      Secondo il giudice del rinvio, l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK, in combinato disposto con l’articolo 1, della legge in materia di interessi su imposte, tasse e altri simili importi dovuti di natura pubblica non è uniforme nella giurisprudenza bulgara. In taluni casi, la responsabilità dell’organo infedele dovrebbe estendersi anche agli interessi, in altri casi sarebbe limitata al solo credito principale.

III. Controversia principale

23.      Oggetto del procedimento dinanzi al giudice del rinvio nazionale è il ricorso di MC (in prosieguo: il «ricorrente») che contesta la legittimità di un avviso di accertamento, con il quale il ricorrente veniva chiamato a rispondere, in ragione della sua responsabilità personale per debiti altrui, con riguardo al periodo d’imposta di dicembre del 2014. A quanto risulta tale responsabilità è fondata su debiti dell’IVA (oltre interessi) non assolti da parte di un altro soggetto passivo, vale a dire la società «ZZ» AD (in prosieguo: la «società»), di cui il ricorrente era amministratore nel periodo di riferimento.

24.      Al fine della riscossione degli importi dovuti dalla società veniva avviato un procedimento di esecuzione forzata contro quest’ultima. La società non dava seguito ad alcuno dei solleciti ad essa inviati in più occasioni affinché provvedesse spontaneamente al pagamento. Di conseguenza, i debiti di natura pubblica della società, compresi i suddetti interessi sull’IVA non assolta tempestivamente, venivano qualificati dalla competente autorità incaricata dell’esecuzione come difficilmente esigibili.

25.      L’azione nei confronti del ricorrente si basa sul fatto che quest’ultimo ha aumentato a più riprese il proprio compenso senza poter fornire alcuna valida giustificazione di tale aumento. La stessa modalità di pagamento del compenso aumentato non era conforme ai requisiti di legge. I relativi importi venivano trasferiti all’avvocato che agiva per conto della società, il quale a sua volta li versava sul conto della moglie del ricorrente, cui quest’ultimo aveva parimenti accesso.

26.      Il ricorrente contesta la pretesa creditoria. Il suo argomento principale consiste nell’assenza di un nesso causale tra il compenso da lui percepito in veste di organo direttivo del soggetto passivo e la mancanza delle risorse necessarie per il pagamento dei debiti di natura pubblica. L’amministrazione finanziaria afferma essenzialmente che il ricorrente, quale organo direttivo del soggetto passivo (anche rispetto all’IVA), avrebbe agito in maniera infedele in quanto, nel periodo d’imposta rilevante, avrebbe percepito un compenso pari ad un ammontare di cui non sarebbe stata provata la regolare determinazione.

27.      Ai fini del rinvio pregiudiziale, il giudice del rinvio muove dall’assunto che la parte ricorrente nel procedimento abbia disposto, attraverso un soggetto terzo, il trasferimento di un importo di denaro dal patrimonio della società a una persona fisica a lui collegata o ne abbia quantomeno avuto conoscenza e abbia agito in tale contesto in maniera infedele a norma del diritto nazionale. A causa della riduzione del patrimonio della società in misura pari all’importo di cui trattasi, non sono stati corrisposti gli interessi dovuti sull’IVA maturati nel dicembre 2014. In considerazione del quesito pregiudiziale, presumo che anche i debiti IVA non siano stati pagati per tale motivo.

28.      Inoltre, il giudice del rinvio osserva che la responsabilità per le imposte non assolte a norma dell’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK ha carattere solidale, la quale viene sì ad esistenza successivamente all’insorgenza della responsabilità del soggetto passivo, ma permane sino all’estinzione del debito d’imposta. A tal riguardo, la responsabilità di cui trattasi non si basa in alcun modo su condotte fraudolente o illecite nel quadro dell’attività economica indipendente della persona soggetto passivo (ossia della società).

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

29.      L’Administrativen sad Veliko Tarnovo (Tribunale amministrativo di Veliko Tarnovo, Bulgaria), adito con il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento della responsabilità, sottoponeva alla Corte, con ordinanza del 18 novembre 2020, le seguenti questioni pregiudiziali:

1.      Se l’articolo 9 della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, in combinato disposto con l’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE, del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, debba essere interpretato nel senso che non osta, nel settore armonizzato dell’imposta sul valore aggiunto, a una norma giuridica nazionale come quella prevista all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK la cui applicazione comporta la responsabilità solidale ex post di una persona fisica che non è soggetto passivo, e non è debitrice dell’IVA, ma la cui condotta infedele ha determinato il mancato assolvimento di detta imposta da parte della persona giuridica soggetto passivo che ne è debitrice.

2.      Se l’interpretazione delle disposizioni di cui trattasi e l’applicazione del principio di proporzionalità consentano che la norma giuridica nazionale di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK si applichi anche agli interessi maturati sull’IVA non assolta tempestivamente dal soggetto passivo.

3.      Se la norma giuridica nazionale di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK contrasti con il principio di proporzionalità nel caso in cui il ritardato assolvimento dell’IVA che ha comportato la maturazione di interessi sul debito ad essa relativo, non sia riconducibile alla condotta della persona fisica non soggetto passivo, ma alla condotta di un soggetto terzo o al verificarsi di circostanze di carattere oggettivo.

30.      Nel procedimento dinanzi alla Corte, il ricorrente, la Bulgaria, il Regno di Spagna e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere un’udienza di discussione.

V.      Valutazione giuridica

31.      Le questioni poste dal giudice del rinvio mirano tutte ad accertare se il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che prevede la responsabilità in solido di una persona fisica (non soggetto passivo) nel caso in cui la sua condotta in qualità di organo di una persona giuridica abbia determinato l’incapacità di quest’ultima di pagare integralmente o tempestivamente i propri debiti d’imposta, inclusi i debiti dell’IVA. Tali questioni presuppongono che una simile responsabilità di una persona non soggetto passivo ricada nel campo di applicazione del diritto dell’Unione.

A.      Sulla competenza della Corte

32.      Nelle proprie osservazioni, la Bulgaria esprime al riguardo perplessità. Nei procedimenti pregiudiziali di cui all’articolo 267 TFUE, la Corte può unicamente interpretare il diritto dell’Unione nei limiti delle competenze che le sono attribuite (6). Pertanto, ove una situazione giuridica non rientri nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, la Corte non è competente al riguardo (7).

33.      La Corte è quindi competente a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali solo nel caso in cui la responsabilità accertata nei confronti del ricorrente ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK, la quale costituisce oggetto del procedimento principale, derivi dall’attuazione del diritto dell’Unione.

34.      Nel caso in esame non si ravvisa un’attuazione del diritto dell’Unione sotto forma di una trasposizione della direttiva IVA. La legge nazionale prevede una responsabilità accessoria generale nel caso in cui un organo di una società sottragga a quest’ultima valori patrimoniali con la conseguenza che la società non è più in grado di pagare i propri debiti d’imposta entro i termini prescritti. Tale disciplina prescinde sia dal tipo di imposta dovuta sia dalla qualità di soggetto passivo del debitore ed è pertanto indipendente dalla direttiva IVA.

35.      Tuttavia, come già affermato dalla Corte, un’attuazione del diritto dell’Unione si ravvisa anche quando l’applicazione della normativa nazionale mira a sanzionare una violazione delle disposizioni di tale direttiva e pertanto ad attuare l’obbligo, imposto dal Trattato agli Stati membri, di sanzionare in modo effettivo i comportamenti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione (8).

36.      Occorre quindi esaminare se la responsabilità del ricorrente prevista dall’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK sia diretta all’adempimento di un tale obbligo imposto dal diritto dell’Unione, il quale potrebbe discendere dall’articolo 325 TFUE (v., al riguardo, sub 1), dalla Convenzione TIF (v., al riguardo, sub 2), oppure dall’articolo 205 (v., al riguardo, sub 3) o dall’articolo 273 (v., al riguardo, sub 1) della direttiva IVA.

1.      Articolo 325 TFUE

37.      In forza dell’articolo 325 TFUE, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure dissuasive ed efficaci per combattere le attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. In particolare, essi adottano, per combattere la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari (9). È compito degli Stati membri garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione. A tal proposito, essi sono tenuti a procedere al recupero delle somme corrispondenti alle risorse proprie che sono state sottratte al bilancio dell’Unione in conseguenza di frodi (10).

38.      Nell’ambito del diritto doganale, la Corte (11) ha esteso la portata dell’articolo 325 TFUE all’obbligo degli Stati membri di «adottare le misure necessarie per garantire la riscossione effettiva e integrale dei dazi». Tuttavia, detta decisione verteva sull’omissione di controlli doganali effettivi nonostante l’esistenza di un noto sistema di frode doganale. In ogni caso, nella fattispecie in esame non si ravvisa un sistema di frode in materia di IVA. Tantomeno vi si riscontra un’omissione di controlli effettivi in materia di IVA. Peraltro, l’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK non riguarda un controllo in materia di IVA.

39.      La responsabilità di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK non costituisce nemmeno una misura intesa a combattere un’altra attività illegale che lede gli interessi finanziari dell’Unione. Si tratta piuttosto di una responsabilità per un’indebita riduzione del patrimonio di una società, la quale, di conseguenza, non è più in grado di pagare integralmente determinati debiti (debiti d’imposta). A tal riguardo, la società stessa non compie alcuna attività illegale, bensì semplicemente non è più in grado di pagare le imposte.

40.      L’organo, in quanto persona fisica, agisce in modo infedele (appare dubbio se già tale condotta possa essere qualificata come un’attività illegale), e ciò «unicamente» in relazione agli interessi finanziari della società, per il fatto di essersi concesso un compenso eccessivo a carico del patrimonio della società. Tuttavia, così facendo, esso non compie un’attività illegale che lede gli interessi finanziari dell’Unione. Solo indirettamente, in presenza di ulteriori circostanze – la sopravvenuta incapacità della società di pagare le imposte – tale condotta può incidere sul gettito fiscale (e dunque indirettamente anche sul gettito dell’IVA), con la successiva conseguenza della responsabilità. Una responsabilità del genere può tutt’al più in via indiretta contribuire a neutralizzare una minaccia al gettito dell’IVA.

41.      Tale aspetto distingue la fattispecie attuale da quella alla base della sentenza Åkerberg Fransson (12). La conseguenza giuridica ivi stabilita dalla Corte, secondo la quale sovrattasse e procedimenti penali per frode fiscale a causa dell’inesattezza delle informazioni fornite in materia di IVA dovevano essere considerati come attuazione dell’articolo 325 TFUE (13), riguardava le misure dirette di lotta contro la frode a danno dell’IVA. Nel caso di cui trattasi, tuttavia, ad essere sanzionata non è una frode siffatta, bensì una condotta infedele a danno della società (eventualmente una sorta di lesione del rapporto fiduciario). La responsabilità di un organo infedele di una società ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK non ha invece nulla a che vedere con l’obbligo degli Stati membri di cui all’articolo 325 TFUE.

2.      La Convenzione TIF

42.      La Convenzione TIF non si applica per analoghi motivi. Infatti, essa è del pari correlata alla lotta effettiva contro gli atti di frode. In tal senso, l’articolo 1 di detta Convenzione menziona esplicitamente l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale dell’Unione o dei bilanci gestiti dall’Unione o per conto di essa. Di conseguenza, la nozione di «frode che lede gli interessi finanziari» dell’Unione, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della Convenzione TIF, dev’essere necessariamente interpretata nel senso che essa include l’utilizzo doloso di dichiarazioni false o inesatte presentate successivamente all’esecuzione del progetto che beneficia di un finanziamento (14).

43.      Tale fattispecie non corrisponde al caso in esame. Come già esposto supra, il ricorrente non ha presentato alcuna dichiarazione del genere diminuendo così illegittimamente le risorse del bilancio dell’Unione. Il fatto che si sia attribuito un compenso eccessivo in qualità di organo di una società e abbia in tal modo leso gli interessi finanziari della società o il suo patrimonio non costituisce oggetto della Convenzione TIF.

3.      Articolo 205 della direttiva IVA

44.      Ictu oculi, la responsabilità di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK potrebbe trovare il proprio fondamento nell’articolo 205 della direttiva IVA, il quale prevede infatti che in taluni casi (segnatamente nei casi di cui agli articoli da 193 a 200 e 202, 203 e 204) gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore sia responsabile in solido per il pagamento dell’imposta.

45.      Tale disposizione mira a garantire che l’Erario riscuota efficacemente l’IVA dalla persona più adatta alla luce della situazione in questione, in particolare quando le parti contrattuali non sono situate nello stesso Stato membro o quando l’operazione soggetta all’IVA riguarda operazioni la cui specificità rende necessaria l’identificazione di una persona diversa da quella di cui all’articolo 193 della direttiva (15).

46.      Nel caso in esame non si ravvisa una situazione simile, come giustamente sottolineato anche dalla Commissione e dalla Spagna.

47.      L’articolo 204 della direttiva IVA riguarda la designazione di un rappresentante fiscale (esterno) qualora il soggetto passivo non sia stabilito nello Stato membro del luogo in cui ha effettuato le operazioni. Tuttavia, il ricorrente non è un rappresentante fiscale designato. L’articolo 203 della medesima direttiva riguarda il debito d’imposta derivante da un’indicazione erronea dell’IVA in fattura. Né il ricorrente né la società hanno emesso una fattura del genere. L’articolo 202 della direttiva in discorso si applica in caso di beni che si trovano in depositi doganali o che vengono trasferiti tra detti depositi. La presente fattispecie non verte su tali questioni.

48.      Gli articoli da 193 a 200, d’altra parte, riguardano talune operazioni (cessioni e altre prestazioni) che si traducono in un debito d’imposta di un soggetto passivo o di determinate persone che non sono soggetti passivi. Nel caso di un’operazione siffatta, una persona diversa dal debitore d’imposta può anche essere designata come responsabile. Tuttavia, la concessione di un compenso eccessivo non costituisce una fornitura o altra prestazione imponibile e soggetta a imposizione cui consegue il debito d’imposta di una persona. In assenza di tale debito d’imposta, non esiste alcun debitore d’imposta. Pertanto, nessun’altra persona che non sia il debitore d’imposta può essere considerata responsabile.

49.      Non sussistono pertanto le condizioni stabilite dall’articolo 205 della direttiva IVA, il quale fa riferimento unicamente alle situazioni contemplate dagli articoli da 193 a 204 della medesima direttiva. La responsabilità prevista dall’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK non trova il proprio fondamento nell’articolo 205 della suddetta direttiva.

4.      Articolo 273 della direttiva IVA

50.      Resta pertanto da esaminare l’articolo 273 della direttiva IVA, in base al quale gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

51.      Ne consegue che è decisivo stabilire, da un lato, se la responsabilità di un organo di una società prevista dall’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK garantisca un’«esatta riscossione dell’IVA» ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA al fine di evitare l’evasione (v., al riguardo, sub b) e, dall’altro lato, se gli ulteriori obblighi di cui al menzionato articolo 273 possano riguardare anche una persona non soggetto passivo – che non ha ancora dovuto adempiere ad alcun obbligo ai sensi della direttiva IVA (v., al riguardo, sub a).

a)      Esistenza di ulteriori obblighi di una persona non soggetto passivo

52.      Come si evince già dal tenore letterale dell’articolo 273 della direttiva IVA, la possibile estensione degli obblighi si riferisce ai soggetti passivi ai sensi di detta direttiva. Infatti, la riserva della «parità di trattamento dei soggetti passivi» ha la sua unica ragion d’essere nel caso in cui gli obblighi addizionali riguardino un (altro) soggetto passivo. Gli obblighi addizionali a carico di una persona non soggetto passivo e non interessata da un’operazione non potrebbero di per sé comportare una disparità di trattamento tra operazioni nazionali e intracomunitarie.

53.      Di conseguenza, l’articolo 273 della direttiva IVA non consente agli Stati membri di imporre obblighi addizionali a qualsiasi persona (dipendenti, familiari, vicini, etc.) che abbia un qualsiasi legame indiretto con il debito dell’IVA di un terzo, estendendo in tal modo anche ad essi il campo di applicazione della direttiva IVA.

54.      Mi sembra che la formulazione stessa di «ulteriori obblighi» (o anche «altri obblighi» nelle rispettive versioni linguistiche) presupponga obblighi preesistenti ai sensi della direttiva IVA, che possono ancora essere integrati per determinati motivi in virtù dell’articolo 273 di detta direttiva. A mio parere, tale formulazione non permette pertanto la creazione di nuovi obblighi posti per la prima volta a carico di persone in precedenza non sottoposte all’applicazione della menzionata direttiva.

55.      Tale conclusione è in linea con l’economia e la finalità della direttiva IVA, la quale disciplina, infatti, la normativa (sostanziale) in materia di IVA, vale a dire il sorgere del debito dell’IVA a carico di un soggetto passivo. Pertanto, la fattispecie di base (articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA) presuppone cessioni di beni o prestazioni di servizi da parte di un soggetto passivo. L’articolo 9 della medesima direttiva fornisce la definizione del soggetto passivo. Si tratta soltanto di persone che esercitano un’attività economica in modo indipendente. In linea di principio, ciò esclude gli organi dipendenti di una società (16).

56.      Del pari, l’articolo 273 è collocato nel capo 7 (Disposizioni varie) del titolo XI rubricato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi». Mentre l’articolo 272 permette l’esenzione di taluni soggetti passivi da determinati obblighi di cui ai capi da 2 a 6, l’articolo 273 consente di stabilire ulteriori/altri obblighi. Pertanto, da un punto di vista sistematico, tale formulazione può ricomprendere unicamente gli obblighi dei soggetti passivi e di determinate persone non soggetti passivi cui è applicabile il titolo XI.

57.      Se la direttiva IVA, in linea di principio (17), non trova applicazione a persone non soggetti passivi dell’IVA, allora l’articolo 273 di detta direttiva difficilmente può consentire agli Stati membri di stabilire determinati (ulteriori/altri) obblighi a carico delle persone cui non si applica detta direttiva per il solo motivo che con essi si intende anche assicurare il gettito dell’IVA ed evitare l’evasione. Di conseguenza, le domande di pronuncia pregiudiziale alle quali la Corte ha fornito una risposta in relazione al summenzionato articolo riguardavano esclusivamente casi in cui erano stati imposti obblighi o sanzioni addizionali a un soggetto passivo (18).

58.      Un ampliamento degli obblighi di cui all’articolo 273 della direttiva IVA è tutt’al più possibile per le persone che – pur non essendo soggetti passivi – sono già ricomprese nell’ambito di applicazione della direttiva IVA. Un esempio è costituito dalle persone giuridiche non soggetti passivi identificate ai fini dell’IVA, le quali possono in tal modo diventare anche soggetti passivi [v. articolo 197, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA].

59.      Ciò è chiarito anche dall’articolo 273, paragrafo 2, della direttiva IVA. Infatti, [gli Stati membri] «non possono avvalersi della facoltà di cui al [paragrafo 1] per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3 [(“Fatturazione”) del titolo XI (“Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi”)]». Anche in tal caso, gli obblighi ivi menzionati riguardano unicamente i soggetti passivi e determinate persone non soggetti passivi già contemplate dalla direttiva.

60.      Ciò vale in particolare in caso di applicazione dell’articolo 205 della direttiva IVA. Dato che quest’ultimo riguarda solo alcune fattispecie, difficilmente può essere giustificata un’estensione ad altre fattispecie sulla base del successivo articolo 273. Dunque, è pur vero che una responsabilità solidale del cliente per il debito dell’IVA della società fornitrice potrebbe essere utile ad assicurare il gettito fiscale e ad evitare l’evasione, come nel caso della responsabilità di un ladro nel caso in cui il furto determini la conseguenza dell’incapacità del derubato di pagare i propri debiti dell’IVA. Tuttavia, il tenore letterale del suddetto articolo 273 non consente di considerare responsabili tali persone non soggetti passivi.

b)      Necessità o meno dellobbligo di responsabilità per assicurare lesatta riscossione dellIVA ed evitare levasione

61.      Inoltre, è già dubbio se l’obbligo di responsabilità di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK sia di per sé idoneo ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni.

62.      Esso resta infatti un obbligo generale di responsabilità – nel caso in esame addirittura di una persona non soggetto passivo – per l’imposta altrui. L’importo dovuto dal ricorrente non ha pertanto natura di IVA. Il soggetto passivo continua ad esserne debitore, come si evince dall’articolo 21, paragrafo 3, del DOPK. Ne consegue che tale obbligo viene meno allorché si estingue il debito d’imposta e gli importi già pagati vengono rimborsati al responsabile. Dunque, il pagamento da parte del responsabile non estingue il debito d’imposta.

63.      Tuttavia, ove il ricorrente non sia tenuto al versamento dell’IVA, l’obbligo di responsabilità di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK non è in grado nemmeno di assicurare l’esatta riscossione dell’IVA. Detto obbligo di responsabilità mira a sanzionare o evitare una riduzione del patrimonio per condotta sleale a carico della società, che di conseguenza non è in grado di pagare i propri debiti (nel caso in esame, i debiti d’imposta). La responsabilità di cui alla suddetta disposizione non osta all’esatta riscossione dell’IVA né la promuove, in quanto l’IVA continua a dover essere riscossa esattamente nello stesso importo presso il soggetto passivo dell’IVA.

64.      Inoltre, la suddetta responsabilità di una persona non soggetto passivo non evita nemmeno l’evasione da parte del soggetto passivo. La responsabilità dipende esclusivamente dall’omesso versamento dell’imposta riconducibile alla mancanza di beni del soggetto passivo. Tuttavia, il mero omesso versamento di un’imposta regolarmente dichiarata non costituisce evasione fiscale (19). Anche a tal riguardo non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 273 della direttiva IVA.

B.      Conclusione intermedia

65.      Per quanto precede – come ha sottolineato la Bulgaria – l’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK non attua il diritto dell’Unione. Ad essere sanzionata non è dunque una violazione delle disposizioni della direttiva IVA, bensì un inadempimento degli obblighi fiduciari nei confronti della società. Tale inadempimento produce tutt’al più effetti indiretti sul versamento dell’IVA da parte di un terzo.

66.      Tuttavia, come ho già illustrato in altra sede, qualsiasi collegamento indiretto con la normativa in materia di IVA non è sufficiente a giustificare l’applicabilità del diritto dell’Unione (20). Detto approccio è in linea con la giurisprudenza della Corte nel determinare l’ambito di applicazione della Carta (21). L’applicabilità stessa della Carta presuppone anche l’esistenza di un collegamento tra un atto del diritto dell’Unione e la misura nazionale in causa che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra.

67.      Di conseguenza, la Corte non è competente a pronunciarsi sulle questioni sollevate nel presente procedimento. La responsabilità generale in solido di un organo di una società (persona non soggetto passivo ai sensi della direttiva IVA) in ragione di una condotta pregiudizievole per la società (nel caso in esame: concessione di un compenso di importo eccessivo), che ha determinato l’omesso pagamento dei debiti d’imposta della società, non costituisce oggetto della direttiva IVA e non ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Ciò vale anche nel caso in cui i debiti d’imposta non pagati o pagati in ritardo dalla società includano debiti dell’IVA parziali o interessi su debiti dell’IVA versati oltre i termini prescritti.

C.      In subordine: se il diritto dell’Unione osti ad una responsabilità in solido per i debiti dell’IVA, compresi gli interessi

68.      Ove, invece, la Corte ritenga di essere competente a rispondere alle questioni pregiudiziali, interpretando l’obbligo di responsabilità di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del DOPK come attuazione della direttiva IVA, le tre questioni sollevate dal giudice del rinvio possono essere risolte nel modo seguente: il diritto dell’Unione non impone tale obbligo di responsabilità, ma nemmeno lo esclude.

69.      Ad avviso della Corte, nell’ambito della responsabilità prevista dall’articolo 205 della direttiva IVA, è incontestabile che la responsabilità ricomprenda non solo il debito d’imposta ma anche gli interessi di mora dovuti da un terzo (22). Sebbene, secondo la formulazione della summenzionata disposizione, la responsabilità in solido riguardi unicamente l’assolvimento dell’IVA, tale disposizione non osta a che gli Stati membri possano porre a carico del debitore in solido tutti gli elementi relativi a tale imposta, inclusi gli interessi di mora dovuti a causa dell’inadempimento del debitore di tale imposta (23).

70.      A mio parere, ciò vale anche per il caso in esame – in conformità alle osservazioni della Commissione e della Spagna, qualora l’obbligo di responsabilità addizionale possa essere basato sull’articolo 273 della direttiva IVA. Qualora l’organo della società, con la propria condotta (concessione di un compenso eccessivo), abbia determinato l’incapacità della società di pagare tempestivamente il proprio debito dell’IVA, la responsabilità per l’omesso pagamento di dette imposte, unitamente all’arricchimento del terzo che ne è derivato (vantaggio in forma di interessi), è diretta a un obiettivo legittimo (assicurare il patrimonio della società attraverso la responsabilità per l’assolvimento delle imposte oltre ai danni da ritardo).

71.      Detta responsabilità soddisfa altresì le altre condizioni del principio di proporzionalità (24). È idonea e necessaria per il raggiungimento di tale obiettivo. Non può identificarsi un mezzo meno restrittivo altrettanto idoneo. Nella misura in cui essa riguarda il rispettivo responsabile, il quale si è arricchito riducendo il patrimonio della società e determinando in tal modo l’omesso pagamento del debito d’imposta, oltre che degli interessi, una siffatta responsabilità costituisce altresì un mezzo idoneo.

VI.    Conclusione

72.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere all’Administrativen sad Veliko Tarnovo (Tribunale amministrativo di Veliko Tarnovo, Bulgaria) come segue:

La responsabilità generale in solido di un organo di una società (persona non soggetto passivo ai sensi della direttiva IVA) in ragione di una condotta pregiudizievole per la società (nel caso in esame: concessione di un compenso in misura eccessiva), che ha determinato l’omesso pagamento dei debiti d’imposta della società, non costituisce oggetto della direttiva IVA e non ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Pertanto, la Corte non è competente a rispondere alle questioni sollevate.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      V., ad esempio, le osservazioni del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania; in prosieguo: il «BVerfG»), sentenza del 24 aprile 2013, Antiterrordatei (1 BVR 1215/07, BVerfGE 133, pag. 277, ECLI:DE:BVerfG:2013:rs20130424.1bvr121507, punto 91). Critiche esplicite sono riportate anche in Widmann, W., Geltung der EU-Grundrechte-Charta bei der Sanktion mehrwertsteuerlicher Verfehlungen, Umsatzsteuer-Rundschau 2014, pag. 5 (pagg. 6 e 7).


3      Sentenza del 26 febbraio 2013 (C-617/10, EU:C:2013:105).


4      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 (GU 2006, L 347, pag. 1), nella versione applicabile all’anno di riferimento (2014).


5      GU 1995, C 316, pagg. 48 e segg.


6      Sentenze del 19 novembre 2019, A. K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C-585/18, C-624/18 e C-625/18, EU:C:2019:982, punto 77), del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C-268/15, EU:C:2016:874, punto 40).


7      Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 22), in tal senso pure ordinanza del 12 luglio 2012, Currà e a. (C-466/11, EU:C:2012:465, punto 26).


8      Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 28).


9      Sentenze dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta alla frode da sottovalutazione) (C-213/19, EU:C:2022:167, punti 208 e segg., del 14 ottobre 2021, Ministerul Lucrărilor Publice, Dezvoltării şi Administraţiei (C-360/20, EU:C:2021:856, punto 36), e del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26).


10      Sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C-42/17, EU:C:2017:936, punto 32), v. in tal senso sentenza del 7 aprile 2016, Degano Trasporti (C-546/14, EU:C:2016:206, punto 21).


11      Sentenza dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta alla frode da sottovalutazione) (C-213/19, EU:C:2022:167, punto 211).


12      Sentenza del 26 febbraio 2013 (C-617/10, EU:C:2013:105).


13      Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C-617/10, EU:C:2013:105, punto 27), confermata dalle sentenze dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C-105/14, EU:C:2015:555, punti 39 e segg.), e del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C-42/17, EU:C:2017:936, punti 32 e segg.).


14      Sentenza del 14 ottobre 2021, Ministerul Lucrărilor Publice, Dezvoltării şi Administraţiei (C-360/20, EU:C:2021:856, punto 29).


15      In tal senso sentenza del 20 maggio 2021, ALTI (C-4/20, EU:C:2021:397, punto 28).


16      V., persino con riguardo ad un consiglio di vigilanza non dipendente, sentenza del 13 giugno 2019, IO (IVA – Attività di membro di un consiglio di vigilanza) (C-420/18, EU:C:2019:490).


17      Sono previste deroghe, ad esempio, per persone giuridiche non soggetti passivi in quanto esse, ad esempio, realizzano anche acquisti intracomunitari [v. articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e articolo 20, paragrafo 2, della direttiva IVA] oppure possono diventare debitrici di IVA [v. articolo. 197, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva].


18      V. ordinanza del 21 ottobre 2021, EuroChem Agro Hungary (C-583/20, non pubblicata, punto 25), sentenze del 15 aprile 2021, Grupa Warzywna (C-935/19, EU:C:2021:287, punto 24), dell’8 maggio 2019, EN.SA. (C-712/17, EU:C:2019:374), del 26 ottobre 2017, BB construct (C-534/16, EU:C:2017:820, punto 22 riguardava la garanzia prestata da un soggetto passivo), del 19 ottobre 2017, Paper Consult (C-101/16, EU:C:2017:775, punto 55), del 5 ottobre 2016, Maya Marinova (C-576/15, EU:C:2016:740, punto 42), e del 21 giugno 2012, Mahagében (C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 54 con riferimento agli operatori economici, punto 61 con riferimento ai soggetti passivi).


19      Sentenza del 2 maggio 2018, Scialdone (C-574/15, EU:C:2018:295, punti 39 e 40); v., al riguardo, ampiamente anche le mie conclusioni del 5 maggio 2022 nella causa HA.EN. (C-227/21, EU:C:2022:364, paragrafi 35 e segg.).


20      V. le mie conclusioni nelle cause riunite IN e JM (C-469/18 e C-470/18, EU:C:2019:597, paragrafo 65). V., al riguardo, anche sentenza del 24 ottobre 2019, Belgische Staat (C-469/18 e C-470/18, EU:C:2019:895, punto 18).


21      Sentenze del 6 ottobre 2016, Paoletti e a. (C-218/15, EU:C:2016:748, punto 14), del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C-198/13, EU:C:2014:2055, punto 34), e del 6 marzo 2014, Siragusa (C-206/13, EU:C:2014:126, punto 24).


22      Sentenza del 20 maggio 2021, ALTI (C-4/20, EU:C:2021:397, punti 40 e segg.).


23      Sentenza del 20 maggio 2021, ALTI (C-4/20, EU:C:2021:397, punto 42), in cui la Corte non ha accolto l’interpretazione più restrittiva dell’articolo 205 della direttiva IVA da me proposta – v. mie conclusioni nella causa ALTI (C-4/20, EU:C:2021:12, paragrafi 31 e segg.).


24      A titolo esemplificativo, sentenze del 26 ottobre 2010, Schmelz (C-97/09, EU:C:2010:632, punto 57), e del 27 gennaio 2009, Persche (C-318/07, EU:C:2009:33, punto 52).