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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 12 maggio 2022 (1)

Causa C-235/21

RAIFFEISEN LEASING, trgovina in leasing d.o.o.

contro

Republika Slovenija

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia)]

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 203 – Vendita con locazione finanziaria di ritorno (sale and lease back) – Articolo 226 – Indicazioni obbligatorie che devono figurare sulla fattura – Possibilità di assimilare un contratto scritto a una fattura»






I.      Premessa

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Raiffeisen Leasing d.o.o. (in prosieguo: la «Raiffeisen») contro la Republika Slovenija (Repubblica di Slovenia), rappresentata dal Ministrstvo za finance (Ministero delle Finanze, Slovenia), in merito all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta sulla base di un contratto di leasing finanziario, qualificato come «fattura» ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, in quanto tale contratto includeva il valore dell’IVA.

3.        Nonostante la particolare configurazione fattuale relativa alla modalità di realizzazione di un’operazione di «vendita con locazione finanziaria di ritorno» (sale and lease back) (3), la presente causa verte su una questione relativamente semplice. Se, e a quali condizioni, un contratto scritto tra due parti contrattuali, quale un contratto di leasing finanziario avente ad oggetto un bene immobile in cui sia indicato il valore dell’IVA, possa essere considerato, di per sé, una «fattura» ai sensi della direttiva IVA, dando luogo, da un lato, a un obbligo di pagamento dell’IVA da parte dell’emittente della fattura e, dall’altro, a un diritto di cui beneficia il destinatario della stessa fattura, di poter detrarre l’IVA assolta a monte.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        Il considerando 46 della direttiva IVA enuncia quanto segue:

«L’uso della fatturazione elettronica deve consentire alle amministrazioni fiscali di effettuare i loro controlli. Per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno, è pertanto opportuno stilare un elenco armonizzato delle indicazioni che devono figurare sulle fatture (…)».

5.        L’articolo 203 della direttiva prevede che «[l]’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura».

6.        Il capo 3, intitolato «Fatturazione», che fa parte del titolo XI della suddetta direttiva, contiene la sezione 2, intitolata «Nozione di fattura», che comprende gli articoli 218 e 219, la sezione 3, intitolata «Emissione delle fatture», che comprendeva, alla data dei fatti di cui al procedimento principale, gli articoli da 220 a 225, nonché la sezione 4, intitolata «Contenuto delle fatture», che comprendeva gli articoli da 226 a 231.

7.        L’articolo 218 della medesima direttiva così recita:

«Ai fini della presente direttiva gli Stati membri accettano come fattura ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico che soddisfa le condizioni stabilite dal presente capo».

8.        L’articolo 219 della direttiva IVA è cosi formulato:

«Sono assimilati a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale».

9.        Ai sensi dell’articolo 226, punti 7 e 9, di detta direttiva:

«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(…)

7)      la data in cui è effettuata o ultimata la cessione di beni o la prestazione di servizi o la data in cui è corrisposto l’acconto di cui all’articolo 220, punti 4) e 5), sempreché tale data sia determinata e diversa dalla data di emissione della fattura;

(…)

9)      l’aliquota IVA applicata».

B.      Diritto sloveno

10.      Ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 1, dello Zakon o davku na dodano vrednost (legge relativa all’IVA; in prosieguo: lo «ZDDV-1»):

«Per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA, un soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a)      per le detrazioni ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, lettera a), della presente legge relative alla fornitura di beni o alla prestazione di servizi, il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 80.a a 84.q della presente legge;

(…)»

11.      L’articolo 76 dello ZDDV-1 prevede quanto segue:

«1.      L’IVA è dovuta:

(…)

9)      da chiunque indichi tale imposta in una fattura.

(…)».

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

12.      La RED d.o.o. (in prosieguo: la «RED») era proprietaria di un terreno su cui sorge un edificio a Rožna Dolina, nel comune di Lubiana (Slovenia) (in prosieguo, congiuntamente: il «bene in questione»).

13.      Al fine di acquisire le risorse finanziarie per costruire un nuovo edificio su quel terreno, la RED ha stipulato con la Raiffeisen un’operazione di sale and lease back che è stata effettuata in due fasi.

14.      Con un primo contratto in data 19 novembre 2007, dette società si sono impegnate, da un lato, a che la Raiffeisen acquistasse dalla RED il bene in questione e, dall’altro, a che la RED versasse alla Raiffeisen i canoni di leasing fino al completo rimborso in misura pari al valore del terreno e dell’edificio di nuova costruzione (vale a dire un importo complessivo di EUR 1 294 786,56) (in prosieguo: il «contratto di leasing finanziario»). Nonostante tale contratto indicasse che l’importo dell’IVA ammontava a EUR 110 056,86, la Raiffeisen non ha emesso nei confronti della RED alcuna specifica fattura. Inoltre, la suddetta IVA non è stata né dichiarata né versata dalla Raiffeisen. In base al contratto stesso, la RED ha esercitato il suo diritto alla detrazione dell’IVA, ritenendo che detto contratto rappresentasse una fattura, ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, ragion per cui l’ha inclusa nella sua dichiarazione IVA.

15.      Con un secondo contratto in data 22 novembre 2007, la RED e la Raiffeisen hanno stipulato un contratto di compravendita del bene in questione, in cui sono stati indicati sia il prezzo di vendita sia l’IVA. La RED ha emesso nei confronti della Raiffeisen una fattura comprensiva di IVA. In seguito alla stipula e a titolo del suddetto contratto, la Raiffeisen ha esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA.

16.      Il 21 ottobre 2011, la Raiffeisen e la RED hanno consensualmente risolto il contratto di leasing finanziario, poiché la RED non aveva adempiuto i propri obblighi entro il termine impartito dal contratto. La Raiffeisen ha in seguito rivenduto il bene in questione a un altro acquirente ad un prezzo comprensivo dell’IVA.

17.      Il 25 luglio 2014, nell’ambito di una procedura di ispezione tributaria, alla RED è stata notificata una decisione definitiva dalla Finančna uprava Republike Slovenije (amministrazione tributaria della Repubblica di Slovenia; in prosieguo: la «FURS»), con cui le veniva negato il diritto alla detrazione dell’IVA (4).

18.      La Raiffeisen ha acquisito, pertanto, il diritto alla rettifica della dichiarazione IVA resa ai sensi del contratto di leasing finanziario, posto che con la citata decisione della FURS era venuto meno il rischio di perdita di gettito fiscale.

19.      Tuttavia, nonostante tale rettifica, la FURS ha, tra l’altro (5), imposto alla Raiffeisen di versare gli interessi sul debito d’imposta per un importo pari a EUR 50 571,88, in quanto, nell’ambito della procedura di ispezione tributaria, è stato riscontrato che la Raiffeisen non aveva versato l’IVA dovuta in base al contratto di leasing per il periodo dal 3 gennaio 2008 al 25 luglio 2014. Più precisamente, la FURS ha ritenuto che, poiché il contratto di leasing indicava il valore con un’indicazione esplicita dell’IVA, esso doveva essere qualificato come «fattura» ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, punto 9, dello ZDDV-1 (la disposizione che recepisce l’articolo 203 della direttiva IVA), e che l’obbligo della Raiffeisen di versare l’IVA doveva essere considerato sorto al momento della sua stipula. Infatti, sulla base di tale documento, la RED poteva far valere il diritto alla detrazione dell’IVA.

20.      La Raiffeisen ha impugnato la decisione della FURS proponendo dapprima un ricorso in sede amministrativa dinanzi al Ministero delle Finanze e successivamente un ricorso presso l’Upravno sodišče (Tribunale amministrativo, Slovenia). Entrambi tali ricorsi sono stati respinti. Essa ha di conseguenza proposto un ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio, il Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia).

21.      A sostegno del suo ricorso, la Raiffeisen fa valere, in particolare, che il contratto di leasing non poteva essere qualificato come «fattura» ai sensi della direttiva IVA, in quanto non conteneva tutti gli elementi essenziali di una fattura (vale a dire l’aliquota IVA applicata o la data in cui è intervenuta la cessione del bene). Pertanto, secondo la Raiffeisen, mancavano i requisiti formali che avrebbero consentito alla RED di esercitare il diritto a detrazione dell’IVA a monte, cosicché non sussisteva alcun rischio di perdita di gettito fiscale.

22.      Il giudice del rinvio ricorda che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l’obbligo di versamento dell’IVA in ragione dell’emissione di una fattura che espone l’IVA potrebbe sorgere anche qualora la fattura stessa non contenga talune delle informazioni prescritte dalla direttiva IVA, in particolare nel caso in cui non sia indicato il luogo di prestazione del servizio fornito (6). Tale interpretazione sarebbe corroborata sia dalla formulazione dell’articolo 203 della direttiva IVA sia dall’obiettivo perseguito da quest’ultima, vale a dire la prevenzione del rischio di perdita di gettito fiscale.

23.      Ciò premesso, detto giudice sostiene che un contratto, quale negozio di carattere obbligatorio, può differire da una fattura e rappresentare meramente la base giuridica dell’operazione soggetta ad IVA, mentre la fattura deve necessariamente essere emessa nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell’obbligo di versamento dell’IVA (vale a dire, la data in cui è intervenuta la cessione dei beni o la prestazione dei servizi) (7).

24.      Pertanto, tale giudice si chiede se un contratto possa rappresentare una fattura ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA solo qualora da esso emerga la volontà espressa e oggettivamente riconoscibile delle parti di trattare tale contratto come una fattura relativa a una specifica operazione, e se tale contratto possa far sorgere in capo all’acquirente la ragionevole presunzione di poter detrarre, in base alla stessa, l’IVA assolta a monte.

25.      Alla luce di tali circostanze, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un contratto scritto possa essere considerato una fattura ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA solo qualora contenga tutte le indicazioni prescritte per una fattura dal capo 3 (“Fatturazione”) [del titolo XI] della [suddetta direttiva];

2)      ovvero, in caso di risposta negativa, quali siano le indicazioni o le circostanze in base alle quali, in ogni caso, un contratto scritto può essere considerato (anche) una fattura istitutiva dell’obbligo di versare l’IVA ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA;

3)      ovvero, più concretamente, se un contratto scritto, stipulato da due soggetti passivi dell’IVA e avente ad oggetto una cessione di beni o una prestazione di servizi, possa essere considerato una fattura ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, qualora da esso emerga una volontà espressa e oggettivamente riconoscibile del venditore o del prestatore di servizi, in qualità di parte contraente, di emettere una fattura relativa a una specifica operazione, che possa far sorgere in capo all’acquirente la ragionevole presunzione di poter detrarre, in base alla stessa, l’IVA assolta a monte».

26.      Hanno presentato osservazioni scritte la Raiffeisen, il governo sloveno nonché la Commissione.

IV.    Analisi

27.      Con le sue tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 203 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che un contratto (scritto) di leasing finanziario stipulato da due soggetti passivi dell’IVA e la cui stipula non sia stata seguita dall’emissione di una fattura IVA possa essere considerato una «fattura» ai sensi di detta disposizione che possa far sorgere in capo al venditore (il locatore) l’obbligo di versare l’IVA e in capo all’acquirente (il locatario) la possibilità di detrarre l’IVA a monte.

28.      In caso affermativo, il giudice del rinvio chiede di accertare, da un lato, quali siano le indicazioni obbligatorie che tale contratto deve includere per essere considerato una fattura di questo tipo, tenuto conto, in particolare, delle indicazioni di cui all’articolo 226 della direttiva IVA, e, dall’altro, se sia opportuno esaminare se da tale contratto emerga una volontà oggettivamente riconoscibile del venditore di un bene o del prestatore di servizi, in qualità di parte contraente (il locatore), di emettere una fattura che può far sorgere in capo all’acquirente (il locatario) la convinzione di poter detrarre, sulla base dello stesso contratto, l’IVA assolta a monte.

29.      La Raiffeisen sostiene che un contratto di leasing, come quello di cui al procedimento principale, può essere considerato una fattura ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA solo qualora contenga una disposizione esplicita in tal senso e se siano rispettate tutte le indicazioni prescritte dal capo 3 («Fatturazione») del titolo XI della direttiva IVA. Al contrario, il governo sloveno sostiene che un tale contratto scritto può essere considerato una fattura, anche se non contiene tutte le indicazioni prescritte da tale capo, se nel contratto sono indicati il locatore e il locatario, la descrizione dell’operazione, il valore della cessione di beni o della prestazione di servizi e l’importo dell’IVA dovuta dal locatario, e se emerga una volontà oggettivamente riconoscibile del locatore, in qualità di parte contraente, di emettere una fattura che possa far sorgere, in capo al locatario, la presunzione di poter detrarre l’IVA assolta a monte, in base alla stessa, sulla base di una clausola contrattuale espressa o di altre disposizioni contrattuali o anche delle circostanze del negozio giuridico, da cui risulti che non era prevista l’emissione di una fattura quale documento specifico (8).

A.      Sulla nozione di «fattura»

30.      Anzitutto, occorre ricordare che l’articolo 218 della direttiva IVA prevede che «[a]i fini d[i tale direttiva] gli Stati membri accettano come fattura ogni documento o messaggio cartaceo o elettronico che soddisfa le condizioni stabilite dal [capo 3 del titolo XI della suddetta direttiva]». Inoltre, l’articolo 219 della stessa direttiva assimila a una fattura «tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale».

31.      Pertanto, sulla base di tali disposizioni, affinché un documento possa essere considerato una fattura, non è importante che abbia una forma specifica o che il termine «fattura» sia ivi indicato in un modo o in un altro, potendo una fattura essere composta anche da diversi documenti (9). Pertanto, nulla osta a ritenere che un contratto di leasing finanziario, come quello di cui al procedimento principale, possa costituire una fattura, a condizione che le condizioni previste dal capo 3 del titolo XI della direttiva IVA siano rispettate.

32.      A tal riguardo, da un lato, per quanto riguarda le norme relative all’emissione delle fatture, l’articolo 220, punto 1, della direttiva IVA dispone che una fattura deve essere emessa, in particolare, per qualsiasi cessione di beni o prestazione di servizi che un soggetto passivo effettua nei confronti di un altro soggetto passivo(10).

33.      Dall’altro lato, per quanto riguarda le norme relative al contenuto delle fatture, quest’ultimo è disciplinato dalle disposizioni della sezione 4 del suddetto capo 3, che comprendeva, alla data dei fatti di cui trattasi, gli articoli da 226 a 231. Più precisamente, l’articolo 226 della direttiva IVA prevede che, salvo le disposizioni speciali previste da tale direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni contenute in tale disposizione (11) (in prosieguo: le «indicazioni obbligatorie»).

34.      Dal tenore letterale delle disposizioni di cui sopra si potrebbe dedurre che solo i documenti contenenti le indicazioni obbligatorie possano costituire fatture ai fini dell’IVA. Infatti, a titolo d’esempio, la Corte ha precisato che gli Stati membri non possono subordinare il diritto alla detrazione dell’IVA al rispetto di condizioni riguardanti il contenuto delle fatture che non siano espressamente previste dalle disposizioni della direttiva IVA (12). Tali indicazioni obbligatorie sono disciplinate, tassativamente ed esaustivamente, dall’articolo 226 di detta direttiva (13).

35.      Tuttavia, un tale approccio, nonostante i suoi vantaggi in materia di certezza del diritto e di coerenza, comporterebbe il rischio che, in talune situazioni, non sia riconosciuto il ruolo primario che la direttiva IVA attribuisce alle «fatture». Infatti, come risulta dal considerando 46 di tale direttiva, le fatture sono emesse, in particolare, per «consentire alle amministrazioni fiscali di effettuare i loro controlli». A tal proposito, la Corte ha precisato che l’obiettivo perseguito dalle indicazioni obbligatorie che devono essere presenti su una fattura è quello di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare il pagamento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA (14). Peraltro, è per tale ragione che, al fine di consentire tali tipologie di controlli, i soggetti passivi devono, ai sensi dell’articolo 244 di detta direttiva, provvedere all’archiviazione di tutte le fatture ricevute, nonché delle copie di tutte le fatture a loro volta emesse.

36.      È, quindi, alla luce dell’obiettivo di agevolare le amministrazioni finanziarie nel controllo del pagamento dell’imposta dovuta e, se del caso, della sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA, che occorre verificare se un contratto di leasing finanziario, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, possa essere considerato una «fattura» ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA (15).

B.      La fattura come prova di pagamento dell’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA

37.      Una fattura deve poter confermare che l’IVA è stata versata correttamente. Orbene, nel caso di specie, al fine di valutare se un contratto, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, consenta di effettuare una siffatta verifica, occorre esaminare il contenuto dell’articolo 203 della direttiva IVA, ai sensi del quale la FURS ha ritenuto che la Raiffeisen avrebbe dovuto versare l’IVA.

38.      In base a un’interpretazione letterale, a termini dell’articolo 203 della direttiva IVA, l’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura. A tal riguardo, la Corte ha precisato che l’IVA indicata in una fattura è dovuta dall’emittente di tale fattura, anche in assenza di una qualsiasi operazione imponibile reale (16).

39.      Pertanto, l’obbligo di versare l’IVA ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA è indipendente dall’obbligo di pagare tale IVA sulla base di un’operazione soggetta ad IVA ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva. Infatti, contrariamente all’ipotesi del debito d’imposta eventualmente sorto sulla base di un’operazione soggetta ad IVA, la Corte ha stabilito che il debito d’imposta previsto all’articolo 203 di tale direttiva è dovuto unicamente per il fatto che l’IVA è esposta sulla fattura, essendo irrilevante il luogo di prestazione dei servizi oggetto della fattura ai fini dell’insorgenza di tale debito (17), elemento che è tuttavia espressamente previsto dall’articolo 226 della direttiva medesima in quanto indicazione obbligatoria su una fattura.

40.      Nella stessa logica, nell’ambito di un’interpretazione sistematica della direttiva IVA, rilevo che, sebbene l’articolo 203 della direttiva IVA si riferisca a una «fattura», contrariamente all’articolo 178, lettera a), di tale direttiva, che riguarda le modalità di esercizio del diritto a detrazione dell’IVA in caso di cessione di beni o di prestazione di servizi, il predetto articolo 203 non dispone espressamente che tale fattura debba soddisfare tutte le condizioni previste agli articoli da 220 a 236 nonché agli articoli 238, 239 e 240. Inoltre, se tali requisiti formali relativi alla fatturazione fossero rilevanti, l’autore della fattura potrebbe facilmente eludere l’obbligo di versare l’IVA semplicemente omettendo di includere nella stessa fattura una delle indicazioni richieste dall’articolo 226 della direttiva IVA.

41.      Infatti, la Corte ha dichiarato che tale disposizione mira a eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dal diritto a detrazione previsto da tale direttiva (18). Anche se l’esercizio di tale diritto a detrazione è limitato soltanto alle imposte corrispondenti a un’operazione soggetta all’IVA, il rischio di perdita di gettito fiscale non è, in via di principio, eliminato completamente fintantoché il destinatario di una fattura che espone un’IVA non dovuta possa utilizzarla per fare valere il diritto a detrazione, ai sensi dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA (19). A tal proposito, ricordo che, conformemente all’articolo 178 di tale direttiva, per poter esercitare il diritto a detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), della stessa, con riferimento alla detrazione relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura redatta conformemente alle disposizioni rilevanti della direttiva IVA (20). Pertanto, il rischio di perdita di gettito fiscale potrebbe essere dovuto al fatto che il destinatario di una fattura che soddisfa tutte le condizioni formali previste da tale direttiva faccia valere un diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte, laddove l’IVA gli è stata indebitamente fatturata, in quanto l’operazione in questione non era assoggettata all’IVA.

42.      A tal riguardo, ricordo che la Corte ha altresì precisato che, conformemente al principio di neutralità dell’IVA, se un’imposta è stata indebitamente fatturata, quest’ultima deve poter essere rettificata, qualora colui che ha emesso la fattura dimostri la sua buona fede o abbia eliminato, in tempo utile, il rischio di perdita di gettito fiscale che sarebbe potuto derivare dal diritto alla detrazione (21).

43.      Nel caso di specie, alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rilevare che, se il contratto di leasing finanziario dovesse essere considerato una «fattura» ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, la Raiffeisen avrebbe dovuto effettivamente pagare l’intero importo dell’IVA dovuta in base al contratto di leasing finanziario, vale a dire la somma di EUR 110 056,86, al momento della stipula di tale contratto. Solo così il rischio di perdita di gettito fiscale – che è l’obiettivo perseguito da tale disposizione – sarebbe stato eliminato, in quanto nessuna perdita potrebbe derivare dal fatto che la RED abbia fatto valere il suo diritto a detrazione. Inoltre, il fatto che queste due parti abbiano deciso di risolvere il contratto di leasing finanziario quasi quattro anni dopo avrebbe giustificato una domanda di rettifica dell’IVA per ottenere un rimborso sulla base di un calcolo pro rata temporis.

44.      Alla luce di quanto precede, rilevo, da una parte, per quanto riguarda la possibilità per le autorità tributarie di verificare che l’IVA sia stata correttamente versata ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, che il documento comprovante la fattura deve poter confermare l’esatto valore dell’IVA che l’emittente di tale documento ha fatturato al destinatario del predetto documento, indipendentemente dal fatto che l’emittente del medesimo documento non abbia dichiarato né pagato tale IVA.

45.      Dall’altra parte, risulta in particolare dalla giurisprudenza citata al paragrafo 41 delle presenti conclusioni che la finalità dell’articolo 203 della direttiva IVA è intrinsecamente legata al rischio di perdita di gettito fiscale derivante dall’esercizio di un diritto a detrazione. È dunque, sempre a tale titolo che occorre esaminare i requisiti sostanziali del documento comprovante la fattura dal punto di vista del controllo della sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

C.      La fattura come prova della sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA a monte

46.      Per quanto riguarda il diritto alla detrazione dell’IVA a monte, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata per i beni acquistati e i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione (22).

47.      La Corte ha ripetutamente dichiarato che il diritto alla detrazione dell’IVA previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere assoggettato a limitazioni. Tale diritto è esercitato immediatamente per la totalità delle imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (23).

48.      Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (24).

49.      A tal proposito, occorre distinguere tra le condizioni formali e le condizioni sostanziali relative all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

50.      Per quanto riguarda le condizioni formali relative all’esercizio di tale diritto, dall’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA risulta che il suo esercizio è subordinato al possesso di una fattura emessa in particolare conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240 di tale direttiva.

51.      Per quanto riguarda le condizioni sostanziali richieste per il sorgere del diritto alla detrazione dell’IVA, dalla formulazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA risulta, in particolare, che i beni o i servizi invocati a base di detto diritto devono essere utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni o servizi devono essere forniti da un altro soggetto passivo (25).

52.      La Corte ha affermato che il principio fondamentale di neutralità dell’IVA esige che la sua detraibilità a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche quando taluni obblighi formali siano stati omessi dai soggetti passivi (26).

53.      Conseguentemente, l’amministrazione finanziaria, una volta che disponga delle informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti, non può imporre, riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre tale imposta, condizioni supplementari che possano produrre l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto medesimo (27).

54.      Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte ha stabilito che l’amministrazione finanziaria non può negare il diritto alla detrazione dell’IVA con la sola motivazione che una fattura non rispetta determinati requisiti previsti dall’articolo 226 della direttiva IVA, qualora essa disponga delle informazioni per accertare che i requisiti sostanziali relativi a tale diritto sono stati soddisfatti (28). In effetti, la Corte ha risolto la questione se, da un lato, le fatture che presentano solamente le indicazioni «servizi giuridici forniti [da una certa data] sino ad oggi» o «servizi giuridici forniti sino ad oggi», siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 226, punti 6 e 7 di tale direttiva, e dall’altro lato, se le autorità tributarie nazionali possano rifiutare il diritto alla detrazione dell’IVA per il solo motivo che tali requisiti non erano soddisfatti, laddove le suddette autorità disponevano di tutte le informazioni necessarie per accertare se i requisiti sostanziali relativi all’esercizio di tale diritto fossero soddisfatti (29). Infatti, la Corte ha dichiarato che l’articolo 178, lettera a), della predetta direttiva osta a che le autorità tributarie nazionali possano negare il diritto alla detrazione dell’IVA per il solo motivo che il soggetto passivo esibisce una fattura che non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 226 della medesima direttiva, laddove tali autorità dispongano di tutte le informazioni necessarie per accertare se i requisiti sostanziali relativi all’esercizio di tale diritto in parola siano soddisfatti (30). A tale riguardo, l’amministrazione finanziaria non può limitarsi all’esame della sola fattura. Essa deve tenere conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo.

55.      Nello stesso senso, la Corte ha anche dichiarato che l’articolo 167, l’articolo 178, lettera a), l’articolo 220, punto 1, e l’articolo 226 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa o prassi nazionale in forza della quale le autorità nazionali negano ad un soggetto passivo il diritto di detrarre dall’importo dell’IVA di cui è debitore l’importo dell’imposta dovuta o pagata per i servizi che gli sono stati forniti, con la motivazione che la fattura iniziale, in suo possesso al momento della detrazione, comportava una data di conclusione della prestazione di servizi erronea e che non esisteva una numerazione continua della fattura rettificata successivamente e della nota di accredito che annullava la fattura iniziale, se ricorrono le condizioni materiali della detrazione e se, prima dell’adozione della decisione da parte dell’autorità interessata, il soggetto passivo le ha trasmesso una fattura rettificata, indicando la data esatta in cui tale prestazione è stata conclusa, anche qualora non esista una numerazione continua di tale fattura e della nota di accredito che annulla la fattura iniziale (31).

56.      Nell’ambito del procedimento principale, spetta dunque al giudice del rinvio tenere conto di tutte le informazioni riportate nel contratto di leasing finanziario controverso, al fine di verificare se siano soddisfatti i requisiti sostanziali per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA da parte della RED. In tale contesto, occorre sottolineare, in primo luogo, che incombe a colui che chiede la detrazione dell’IVA l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne. Le autorità tributarie interessate possono dunque esigere dal contribuente stesso le prove che esse ritengano necessarie per valutare se debba concedersi o meno la detrazione richiesta (32).

57.      Nel caso di specie, secondo la Raiffeisen, il contratto di leasing finanziario non poteva essere considerato come «fattura» perché il documento non includeva l’aliquota IVA applicata e la data in cui è intervenuta la cessione dei beni, due indicazioni espressamente previste dall’articolo 226 della direttiva IVA. Ne deduco che tutte le altre indicazioni obbligatorie erano sin da tale momento incluse nel contratto di leasing finanziario e non necessitano di alcun esame.

58.      Da una parte, per quanto riguarda l’aliquota IVA applicata, senza dubbio si tratta di un elemento importante della fattura, previsto dall’articolo 226, punto 9, della direttiva IVA. Tuttavia, poiché è pacifico tra le parti nel procedimento principale che l’importo totale dell’IVA dovuta, richiesto dall’articolo 226, paragrafo 10, di tale direttiva, era incluso nel contratto di leasing finanziario, spetta al giudice del rinvio verificare se tale aliquota IVA avrebbe potuto essere facilmente dedotta dal calcolo effettuato al fine di determinare l’importo totale dell’IVA, o da una clausola del contratto in questione che rinviasse al quadro normativo applicabile nel quale figura l’aliquota IVA applicata.

59.      Dall’altra parte, per quanto riguarda la data di cessione dei beni, occorre ricordare che l’articolo 226, punto 7, della direttiva IVA richiede che la fattura indichi la data in cui, in particolare, è effettuata o ultimata la cessione di beni o la prestazione di servizi. La Corte ha già spiegato che la data della prestazione oggetto della fattura summenzionata consente di controllare quando si sia realizzato il fatto generatore dell’imposta e, di conseguenza, determinare quali disposizioni fiscali debbano trovare applicazione ratione temporis rispetto all’operazione su cui verte siffatto documento (33). A tal riguardo, occorre, se del caso, assicurarsi che i documenti allegati al contratto contengano una presentazione più dettagliata della cessione (34).

60.      Nel caso di specie, occorre verificare se, sulla base del contratto di leasing finanziario, un’autorità avrebbe potuto determinare se si trattasse della fattispecie di una «cessione di beni» o di una «prestazione di servizi» e, di conseguenza, se lo stesso contratto permetta di determinare il momento della cessione.

61.      Da una parte, per quanto riguarda la questione della qualificazione dell’operazione di sale and lease back, la Corte ha già dichiarato che, nell’ipotesi in cui il contratto di leasing finanziario relativo ad un immobile preveda o il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza di tale contratto, o che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto immobile (il che sembra essere il caso in questione), segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest’ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l’operazione risultante da un siffatto contratto deve essere equiparata a un’operazione di acquisto di un bene di investimento (35).

62.      Dall’altra parte, per quanto riguarda la data di cessione di tale bene, rilevo che la Corte ha chiarito che la nozione di «cessione di beni» si riferisce non al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì a qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario (36).

63.      Se è vero che spetta al giudice nazionale determinare, caso per caso, in relazione alla singola fattispecie, se una data operazione su un bene comporti il trasferimento del potere di disporre di tale bene come proprietario, la Corte può tuttavia fornire al medesimo tutte le indicazioni utili al riguardo (37).

64.      In tale contesto, la Corte ha già constatato che le operazioni di sale and lease back come quelle in questione nel procedimento principale sono caratterizzate dalla concessione combinata e simultanea, da un lato, di un diritto di proprietà da parte del soggetto passivo (nella fattispecie, la RED) all’istituto finanziario (la Raiffeisen) e, dall’altro, di un leasing immobiliare da parte di tale istituto finanziario al soggetto passivo. Occorre quindi determinare se, nell’ambito della controversia di cui al procedimento principale, si debba prendere in considerazione la concessione del diritto di proprietà e del leasing immobiliare separatamente o, invece, congiuntamente (38).

65.      A tal proposito, la Corte ha statuito che si è in presenza di un’unica prestazione quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (39). Orbene, è compito del giudice nazionale valutare se gli elementi che gli vengono presentati configurino l’esistenza di un’operazione unica, al di là della struttura contrattuale di essa (40).

66.      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che le operazioni di sale and lease back in questione nel procedimento principale formano operazioni finanziarie al fine di aumentare la liquidità della RED e che l’immobile di cui al procedimento principale è rimasto in possesso di quest’ultima, la quale lo ha utilizzato interrottamente e in maniera duratura per le esigenze delle sue operazioni soggette ad imposta. Tali circostanze sembrano indicare, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che ciascuna di tali operazioni costituisce un’unica operazione, atteso che la costituzione del diritto di proprietà vertente sul bene in questione nel procedimento principale è indissociabile dal leasing immobiliare riguardante il medesimo bene (41).

67.      Pertanto, si può ritenere che il contratto di leasing finanziario contenesse elementi sufficienti relativi alla data di cessione, ai sensi della giurisprudenza citata al paragrafo 62 delle presenti conclusioni.

68.      Alla luce delle considerazioni che precedono, si può effettivamente ritenere che un contratto di leasing finanziario contenente elementi sufficienti per consentire alle amministrazioni tributarie di controllare il pagamento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA possa, a titolo eccezionale, essere considerato una «fattura» ai sensi della direttiva IVA.

V.      Conclusione

69.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) come segue:

L’articolo 208 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che un contratto scritto può, a titolo eccezionale, essere considerato come una fattura ai sensi di tale direttiva, anche se non contiene tutti i dati richiesti dal capo 3, («Fatturazione») del titolo XI della direttiva citata, se sono indicati in tale documento elementi sufficienti per consentire alle amministrazioni tributarie di controllare il pagamento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).


3      La presente causa è la terza causa sottoposta alla Corte relativa ad un’operazione qualificata come «sale and lease back». V., altresì, sentenze del 2 luglio 2015, NLB Leasing (C-209/14; in prosieguo: la «sentenza NLB Leasing», EU:C:2015:440), e del 27 marzo 2019, Mydibel (C-201/18, in prosieguo: la «sentenza Mydibel», EU:C:2019:254).


4      Il giudice del rinvio non specifica le ragioni di tale revoca del diritto alla detrazione dell’IVA e, in particolare, se essa sia stata dovuta alla risoluzione del contratto di leasing finanziario. Inoltre, come giustamente rileva la Commissione europea, dalla descrizione del contesto fattuale della domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta chiaro se alla RED sia stato negato il diritto alla detrazione dell’IVA per l’importo complessivo di EUR 110 056,86, che era indicato nel contratto di leasing finanziario, oppure se la RED abbia beneficiato del diritto alla detrazione dell’IVA corrispondente ai canoni di leasing che era tenuta a versare sulla base di tale contratto durante il periodo di efficacia dello stesso, durato quasi quattro anni.


5      Inoltre, per quanto riguarda l’operazione oggetto del secondo contratto di compravendita del bene in questione, ad avviso della FURS, la stessa era esente da IVA e il diritto alla detrazione della Raiffeisen non poteva dunque essere fatto valere, sebbene fosse stata emessa una fattura che esponeva l’IVA che, alla fine, non era dovuta. Di conseguenza, alla Raiffeisen è stato imposto il pagamento di una liquidazione supplementare dell’IVA per un importo di EUR 44 200, maggiorato degli interessi pari a EUR 11 841,97 Secondo la FURS, è irrilevante il fatto che in seguito il bene in questione sia stato venduto dalla Raiffeisen ad un altro acquirente con una transazione assoggettata all’IVA, poiché si tratta di un elemento fattuale successivo.


6      V., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2009 Stadeco (C-566/07, in prosieguo la «sentenza Stadeco», punti 26 e 27).


7      V. articolo 63 della direttiva IVA.


8      La Commissione ha scelto di rispondere alle questioni applicando le varie disposizioni della direttiva IVA ai fatti del procedimento causa principale. Per quanto riguarda l’articolo 203 di detta direttiva, la Commissione ha precisato che tale disposizione osta a che l’amministrazione finanziaria esiga dal prestatore di servizi il pagamento dell’IVA per il mero fatto che il destinatario della prestazione ha indebitamente detratto tale IVA sulla base di un contratto stipulato con il prestatore di servizi, non avendo quest’ultimo emesso una fattura per la prestazione di servizi.


9      V., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C-516/14; in prosieguo: la «sentenza Barlis», EU:C:2016:690, punto 44) e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella stessa causa Barlis (EU:C:2016:101, paragrafi 90 e 91).


10      La direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2006/112/CE e la direttiva 2009/132/CE per quanto riguarda taluni obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi e le vendite a distanza di beni (GU 2017, L 348, pag. 7), ha aggiunto una nuova disposizione, l’articolo 219 bis, che non è applicabile rationae temporis ai fatti di cui al procedimento principale. Al suo paragrafo 1, tale disposizione prevede che « [l]a fatturazione è soggetta alle norme applicabili nello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi, conformemente alle disposizioni del titolo V [della direttiva IVA] ».


11      Sentenza del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum (C-368/09, EU:C:2010:441, punto 40).


12      V. sentenza Barlis (punto 25 e giurisprudenza ivi citata).


13      Ricordo che, per quanto riguarda le fatture emesse per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi diverse da quelle contemplate all’articolo 220 della direttiva IVA, ai sensi dell’articolo 221 della medesima direttiva, gli Stati membri possono imporre meno obblighi di quelli elencati, in particolare, all’articolo 226 della suddetta direttiva.


14      Sentenza Barlis (punto 27).


15      V., per analogia, sentenza Barlis (punto 27) e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella stessa causa (EU:C:2016:101, paragrafi 30, 32 e 46).


16      Sentenza Stadeco (punto 26), nonché sentenze del 31 gennaio 2013, LVK (C-643/11, in prosieguo: la «sentenza LVK», EU:C:2013:55, punto 42 e dispositivo); dell’8 maggio 2019, EN.SA. (C-712/17, EU:C:2019:374, punto 26), e del 18 marzo 2021, P (Carte carburante) (C-48/20, EU:C:2021:215, punto 26).


17      Sentenza Stadeco (punto 27).


18      V., tra l’altro, sentenze LVK (punto 36) e del 18 marzo 2021, P. (Carte carburante) (C-48/20, EU:C:2021:215, punto 26).


19      V., in tal senso, sentenza Stadeco (punto 29).


20      Vale a dire gli articoli da 220 a 236 e 238, 239 e 240 della direttiva IVA.


21      Sentenze Stadeco (punto 37) e LVK (punto 37), nonché conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa EN.SA. (C-712/17, EU:C:2019:35, paragrafo 43).


22      V. sentenza Barlis (punto 37 e giurisprudenza ivi citata).


23      V. sentenza Barlis (punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


24      V. sentenza Barlis (punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


25      V. sentenza Barlis (punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


26      V. sentenza Barlis (punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


27      V. sentenza Barlis (punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


28      V. sentenza Barlis (punto 43). V., nello stesso senso, sentenza del 1º aprile 2004, Bockemühl (C-90/02, EU:C:2004:206), riguardante l’obbligo di essere in possesso di una fattura conforme alla direttiva IVA.


29      V., sentenza Barlis (punto 24).


30      V. sentenza Barlis (punto 24).


31      Sentenza del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum (C-368/09, EU:C:2010:441, punto 45 e dispositivo).


32      Sentenza Barlis (punto 46). Occorre precisare che gli Stati membri sono competenti a prevedere sanzioni in caso di mancato rispetto dei requisiti formali relativi all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA. Gli Stati membri possono adottare, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, provvedimenti al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare evasioni, purché siffatti provvedimenti non eccedano quanto necessario a tal fine e non compromettano la neutralità dell’IVA [v. sentenza Barlis (punto 47)].


33      Sentenza Barlis (punto 30).


34      V., in tal senso, sentenza Barlis (punto 34).


35      Sentenza NLB Leasing (punti da 26 a 32).


36      Sentenza Mydibel (punto 34 e giurisprudenza citata).


37      V., in tal senso, sentenze NLB Leasing (punto 25) e Mydibel (punto 35).


38      V., in tal senso, sentenza Mydibel (punti 36 e 37).


39      V. sentenza Mydibel (punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


40      V. sentenza Mydibel (punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


41      V., in tal senso, sentenza Mydibel (punto 40).