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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

del 7 settembre 2023(1)

Causa C-314/22

«Consortium Remi Group» AD

contro

Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite

[Domanda di pronuncia pregiudiziale del Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria)]

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Base imponibile – Riduzione della base imponibile – Non pagamento totale o parziale del prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione – Facoltà di deroga degli Stati membri ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA – Applicabilità diretta dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA – Termine di decadenza – Dies a quo del termine – Momento della riduzione della base imponibile – Assenza di effetto retroattivo della riduzione – Diritto del soggetto passivo al riconoscimento di interessi»






I.      Introduzione

1.        Nelle transazioni commerciali capita continuamente che un cliente non saldi puntualmente le proprie fatture o che non le saldi affatto. Un tale comportamento è particolarmente spiacevole per le imprese, le quali sono soggetti passivi ai sensi della normativa in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA). Nella normativa in materia di IVA, infatti, il soggetto passivo deve già l’imposta, prima che l’effettivo debitore d’imposta (il destinatario della prestazione) l’abbia versata al medesimo. In definitiva, l’impresa deve anticipare l’IVA fino al pagamento da parte del suo cliente, accordando in tal modo allo Stato un prestito senza interessi. Il caso di specie verte su diverse fatture non saldate risalenti agli anni dal 2006 al 2012.

2.        Di conseguenza, numerosi Stati membri prevedono, in caso di mancato pagamento, una corrispondente rettifica del debito d’IVA dell’impresa già sorto. Stando al giudice del rinvio, il diritto bulgaro non prevede, per contro, alcuna possibilità di ridurre la base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale. Siffatta possibilità sussiste solo nel caso di una variazione del prezzo. Inoltre, per un diritto al rimborso, il diritto tributario prevede un termine generale di prescrizione di cinque anni.

3.        La questione che si pone pertanto alla Corte nella specie è se il diritto armonizzato in materia di IVA dell’Unione esiga una possibilità di rettifica e, in caso affermativo, se lo Stato membro possa limitare temporalmente siffatta possibilità. Nel caso di una limitazione, si pone l’ulteriore questione del momento a partire dal quale tale termine inizia a decorrere.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        Il contesto di diritto dell’Unione in cui si colloca il caso di specie è rappresentato dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto(2) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

5.        L’articolo 63 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

6.        L’articolo 66, lettera b), prevede un’eccezione:

«In deroga agli articoli 63, 64 e 65, gli Stati membri possono stabilire che, per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi, l’imposta diventi esigibile in uno dei momenti seguenti: (…)

b)      non oltre il momento dell’incasso del prezzo».

7.        L’articolo 73 della direttiva disciplina la base imponibile e così recita:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

8.        L’articolo 90 della direttiva IVA disciplina la riduzione della base imponibile:

«1.      In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2.      In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

9.        L’articolo 184 della direttiva IVA riguarda la rettifica delle detrazioni e così recita:

«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

10.      L’articolo 185 della direttiva IVA contempla il caso di non pagamento e prevede quanto segue:

«1. La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2. In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

11.      L’articolo 203 della direttiva IVA disciplina il debito d’imposta causato da una fattura errata e così recita:

«L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura».

12.      L’articolo 273 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera (…)».

B.      Normativa bulgara

13.      La direttiva IVA è stata recepita in Bulgaria dal 1° gennaio 2007 dallo Zakon za danaka varhu dobavenata stoynost (legge relativa all’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: lo «ZDDS»). L’articolo 115, paragrafi 1 e 3, dello ZDDS, prevede quanto segue:

«(1) In caso di rettifica della base imponibile di un’operazione e in caso di annullamento di una cessione per la quale è stata emessa una fattura, il fornitore è tenuto ad emettere una nota relativa a tale fattura.

(3) Viene emessa una nota di addebito in caso di aumento della base imponibile e una nota di accredito in caso di riduzione della base imponibile o di annullamento dell’operazione».

14.      Nel Danachno-osiguritelen protsesualen kodeks (codice di procedura del contenzioso tributario e previdenziale; in prosieguo: il «DOPK»), sono contenute disposizioni concernenti i diritti al rimborso in materia tributaria. Così, l’articolo 129, paragrafo 1, del DOPK prevede un termine di decadenza per i diritti al rimborso. Ai sensi di tale disposizione, una domanda di compensazione o di rimborso viene presa in esame qualora venga presentata entro un termine quinquennale decorrente dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il motivo di rimborso, a meno che la legge non disponga diversamente.

III. Procedimento principale

15.      La «Consortium Remi Group» AD (in prosieguo: la «CRG»), con sede a Varna (Bulgaria), opera nel settore della costruzione di edifici e impianti. Essa veniva registrata nel 1995 ai sensi dello ZDDS, ma in data 7 marzo 2019 si procedeva alla sua cancellazione a seguito dell’accertamento di violazioni sistematiche degli obblighi per essa derivanti dallo ZDDS. Con sentenza del Varnenski Okrazhen sad (Tribunale regionale di Varna, Bulgaria) del 18 settembre 2020, la CRG è stata dichiarata insolvente e veniva avviata una procedura concorsuale.

16.      Negli anni dal 2006 al 2010 e nel 2012, la CRG emetteva fatture per la cessione di beni e la prestazione di servizi a cinque società bulgare. In tali fatture figurava l’IVA. Stando alla domanda di pronuncia pregiudiziale, l’imposta veniva versata per la maggior parte dei periodi d’imposta. L’importo complessivo dell’IVA esposta in tali fatture ammonta a Leva (BGN) 618 171, somma che corrisponde a circa EUR 310 000. In assenza di informazioni più dettagliate, si ipotizza che la domanda di pronuncia pregiudiziale si riferisca unicamente all’IVA esposta e anche pagata dalla CRG.

17.      Con avviso di accertamento del 31 gennaio 2011 venivano accertati debiti della CRG ai sensi dello ZDDS per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 1° luglio 2010, compresa l’IVA figurante nelle fatture indirizzate a una delle società menzionate. La CRG proponeva ricorso avverso detto avviso di accertamento, il quale veniva tuttavia respinto con sentenza del giudice amministrativo di primo grado. La decisione di quest’ultimo veniva a sua volta confermata con sentenza del Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria).

18.      Il 7 febbraio 2020, la CRG chiedeva alle autorità tributarie di compensare i suoi debiti di diritto pubblico con l’importo di BGN 1 282 582,19 (circa EUR 640 000), costituito da un importo principale di BGN 618 171,16 (corrispondente all’IVA figurante sulle fatture emesse nei confronti delle società destinatarie sopra menzionate, pari a circa EUR 310 000) e interessi pari a BGN 664 411,03 (circa EUR 330 000, calcolati dal primo giorno del mese successivo all’emissione delle fatture fino al 31 luglio 2019).

19.      Con decisione del 6 marzo 2020, avente ad oggetto la domanda di compensazione e rimborso, l’amministrazione tributaria negava la compensazione degli importi di IVA indebitamente versati e riscossi nella misura indicata. Nella decisione veniva constatato che la domanda di compensazione era stata comunque presentata dopo la scadenza del termine di decadenza di cui all’articolo 129, paragrafo 1, del DOPK. Inoltre, la CRG non avrebbe dimostrato che fossero stati indebitamente versati o riscossi importi per tale ammontare né di avere corrispondenti crediti accertati ed esigibili nei confronti dell’Erario.

20.      La CRG presentava reclamo all’autorità amministrativa contro la decisione sulla domanda di compensazione e rimborso. A sostegno delle sue pretese, essa produceva decisioni giudiziarie sull’apertura di procedure concorsuali nei confronti delle società destinatarie delle fatture. Tre delle società erano state nel frattempo dichiarate insolventi ed era stato disposto l’avvio della liquidazione del loro patrimonio.

21.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non emerge, tuttavia, la sorte degli altri destinatari delle prestazioni. Resta parimenti oscuro perché non si è pervenuti ad alcun pagamento e se la CRG abbia tentato (senza successo) di recuperare i crediti di diritto civile. Lo stesso vale per i momenti in cui sono state aperte le procedure concorsuali. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si evince neanche quando tali procedure concorsuali sono state concluse. Si tratta comunque di crediti risalenti agli anni dal 2006 al 2012. In udienza è emerso che alcune delle società destinatarie delle prestazioni sono state cancellate già nel 2012, nel 2018 e nel 2020, dopo la conclusione delle procedure concorsuali, mentre in relazione ad altri la procedura concorsuale sarebbe ancora aperta.

22.      La decisione sulla domanda di compensazione e rimborso veniva confermata in toto mediante decisione del Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» [Varna] pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (Direttore della Direzione «Ricorsi e prassi in materia tributaria e di sicurezza sociale» [di Varna] presso l’amministrazione centrale dell’Agenzia nazionale delle Entrate) (in prosieguo: il «direttore») del 22 maggio 2020.

23.      Il direttore ha fondato la sua decisione anche sul fatto che la Bulgaria, in conformità all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, ha derogato all’articolo 90, paragrafo 1, della medesima. Egli ha fatto presente che il diritto bulgaro non prevede alcuna possibilità di ridurre la base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale. L’articolo 115, paragrafi 1 e 3, dello ZDDS riguarderebbe soltanto casi diversi. Inoltre, la ricorrente in cassazione non avrebbe dimostrato che le fatture non erano state saldate, in tutto o in parte, ma si sarebbe limitata ad affermarlo. Ancora, tutte le destinatarie delle fatture di cui trattasi avrebbero portato in detrazione l’IVA come parte del prezzo dei beni o dei servizi, per cui un rimborso dell’imposta addebitata in fattura dal fornitore/prestatore di servizi comporterebbe certamente una perdita di gettito fiscale.

24.      La CRG ricorreva invano avverso la decisione sulla domanda di compensazione e rimborso dinanzi all’Administrativen sad Varna (Tribunale amministrativo, Varna, Bulgaria). Il giudice ha calcolato il termine stabilito in generale nell’articolo 129 del DOPK per una domanda di rimborso a partire dalla data in cui l’IVA era stata esposta nelle fatture in discussione. Pertanto, esso ha ritenuto irricevibile la domanda di rimborso presentata il 7 febbraio 2020 in quanto tardiva. La CRG esperiva ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado del 16 febbraio 2021 dinanzi al giudice del rinvio.

25.      Nel corso dell’esame della fondatezza del ricorso per cassazione avverso la decisione sulla domanda di compensazione e rimborso, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) perveniva per contro alla conclusione che la decisione della controversia presupponesse un’interpretazione di disposizioni di diritto dell’Unione europea.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e questioni pregiudiziali

26.      Pertanto, il 4 maggio 2022, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa), investito della controversia, sottoponeva alla Corte le seguenti questioni:

1)      Se, in presenza di una deroga ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, il principio di neutralità e l’articolo 90 di tale direttiva ostino a una norma nazionale quale l’articolo 129, paragrafo 1, seconda frase, del Danachno-osiguritelen protsesualen kodeks (codice di procedura del contenzioso tributario e previdenziale), che prevede un termine di decadenza per la presentazione di una domanda di compensazione o rimborso dell’imposta addebitata in fattura dal soggetto passivo per la cessione di beni o la prestazione di servizi in caso di non pagamento totale o parziale da parte del destinatario dei beni o dei servizi.

2)      Se, indipendentemente dalla risposta alla prima questione, nelle circostanze del procedimento principale costituisca una condizione obbligatoria per il riconoscimento del diritto alla riduzione della base imponibile ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA il fatto che il soggetto passivo rettifichi, prima di presentare la domanda di rimborso, la fattura da esso emessa con riferimento all’IVA che vi figura, a causa del non pagamento totale o parziale del prezzo dei beni o dei servizi da parte del destinatario della fattura medesima.

3)      In base alle risposte alle prime due questioni: come si debba interpretare l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA al fine di determinare il momento in cui si verifica il motivo per la riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo e mancanza di una normativa nazionale a motivo della deroga all’articolo 90, paragrafo 1.

4)      Come trovino applicazione le considerazioni di cui alle sentenze del 27 novembre 2017, Enzo Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punti da 21 a 27), e del 3 luglio 2019 UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:558, punti 62 e 65), visto che il diritto bulgaro non prevede condizioni specifiche per l’applicazione della deroga ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA.

5)      Se il principio di neutralità e l’articolo 90 della direttiva IVA ostino a una prassi in materia tributaria e previdenziale che, in caso di mancato pagamento, non consente di rettificare l’imposta figurante in fattura prima che il destinatario del bene o del servizio, se si tratta di un soggetto passivo, venga messo a conoscenza dell’annullamento dell’imposta, affinché rettifichi la detrazione da esso originariamente operata.

6)      Se l’interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva consenta di considerare che l’eventuale diritto alla riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale fondi un diritto al rimborso dell’IVA versata dal fornitore oltre ai relativi interessi di mora, e a partire da quale momento.

27.      Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte in relazione a tali questioni l’amministrazione finanziaria bulgara e la Commissione europea. Insieme alla Repubblica di Bulgaria, esse hanno preso parte all’udienza del 12 maggio 2023.

V.      Analisi giuridica

A.      Sulle questioni pregiudiziali

28.      Le sei questioni pregiudiziali possono essere suddivise in quattro gruppi. In tal senso, il giudice del rinvio chiede in che misura uno Stato membro possa avvalersi della facoltà prevista all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA in caso di non pagamento totale o parziale, e se l’articolo 90, paragrafo 1, sia direttamente applicabile (prima e quarta questione – al riguardo sub B.).

29.      La terza questione riguarda il momento concreto a partire dal quale un soggetto passivo può ridurre la base imponibile ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA (al riguardo sub C.).

30.      Il giudice del rinvio si interroga inoltre, in sostanza, sulle modalità della rettifica della base imponibile da parte del soggetto passivo (seconda e quinta questione). Al riguardo occorre chiarire se, prima di una rettifica della base imponibile da parte del prestatore, debba essere corretta anche la fattura originaria al destinatario o perlomeno se il destinatario debba essere messo a conoscenza della rettifica della base imponibile. In definitiva, la sua detrazione era eccessivamente elevata se lo stesso non ha mai pagato la somma indicata nella fattura (al riguardo sub D.).

31.      Con la sesta questione, il giudice del rinvio chiede se, e a partire da quale momento, lo Stato membro sia tenuto a pagare, in caso di rettifica della base imponibile, interessi di mora. Nel caso di specie, la CRG chiede gli interessi a partire dall’emissione della fattura e dal suo mancato pagamento, sebbene la rettifica della base imponibile sia stata effettuata solo nel febbraio del 2020 (al riguardo sub E.).

32.      Occorre ancora precisare, in via preliminare, che la Corte è competente ad interpretare il diritto dell’Unione soltanto, per quanto attiene alla sua applicazione in un nuovo Stato membro, a decorrere dalla data di adesione di quest’ultimo all’Unione (3). È evidente che il procedimento principale riguarda tuttavia anche cessioni e prestazioni risalenti al 2006, ossia prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria, avvenuta il 1° gennaio 2007.

33.      Analogamente a quanto già chiarito dalla Corte in merito alla rettifica delle detrazioni ai sensi degli articoli 184 e 185 della direttiva IVA (4), la riduzione della base imponibile deve rettificare il debito d’imposta sorto in passato. La rettifica intesa alla riduzione della base imponibile è dunque indissolubilmente legata all’esigibilità dell’IVA. Di conseguenza, anche l’emergere di circostanze dopo l’adesione di uno Stato membro all’Unione, non consente alla Corte di interpretare la direttiva IVA, qualora la cessione di beni o la prestazione di servizi che giustificano l’esigibilità dell’imposta siano intervenute prima di tale adesione (5). Nelle parti in cui le questioni del giudice del rinvio riguardino la rettifica del debito d’imposta per cessioni e prestazioni risalenti al 2006, la Corte non è pertanto competente.

B.      Portata dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA

34.      Con la sua prima e la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede in che misura uno Stato membro possa avvalersi della facoltà di cui all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA. L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che, inter alia, in caso di non pagamento totale o parziale dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile sia debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. L’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva consente tuttavia agli Stati membri di derogarvi in caso di non pagamento totale o parziale.

1.      Possibilità di escludere una riduzione della base imponibile

35.      Secondo il giudice del rinvio, la Bulgaria si è avvalsa della facoltà di deroga e ha escluso in toto una rettifica della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale.

36.      Tale situazione non è compatibile con la direttiva IVA. Al più tardi dalla decisione della Corte nella causa Enzo Di Maura nel 2017, è stato chiarito che gli Stati membri, se è vero che possono derogare alla rettifica della base imponibile prevista all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, non hanno tuttavia ricevuto dal legislatore dell’Unione la facoltà di escludere del tutto tale rettifica (6). In particolare, la facoltà di deroga di cui al paragrafo 2 ricorre solo in caso di un’incertezza intrinseca al carattere definitivo del non pagamento di una fattura. Essa non riguarda la questione se una riduzione della base imponibile possa non essere effettuata in caso di non pagamento (7).

37.      Da un lato, il legislatore bulgaro può porre fine per il futuro alla situazione contraria al diritto dell’Unione sussistente nel diritto bulgaro. Stando alle affermazioni raccolte in udienza, si è proceduto ad una corrispondente modifica legislativa efficace a partire dal 1° gennaio 2023. Dall’altro, tale situazione può essere eliminata attraverso un’interpretazione conforme, se e nella misura in cui il diritto bulgaro possa essere interpretato in tal senso. Quest’ultima possibilità deve essere verificata dal giudice del rinvio, ma sembra tuttavia essere esclusa. La terza possibilità consiste in un’applicazione diretta dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA a favore del soggetto passivo.

2.      Applicabilità diretta dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA

38.      Come già statuito a più riprese dalla Corte (8), l’articolo 90 della direttiva IVA concede agli Stati membri, da un lato, un certo margine discrezionale allorché essi fissano le misure che consentono di stabilire l’importo della riduzione; tale circostanza non pregiudicherebbe, tuttavia, il carattere preciso e incondizionato dell’obbligo di ammettere la riduzione della base imponibile nei casi previsti da detto articolo. Esso è dunque direttamente applicabile (9).

39.      Dall’altro lato, la Corte ha ritenuto, in una decisione del 2014, che i soggetti passivi, in caso di mancato pagamento del prezzo, non potrebbero far valere il diritto alla riduzione della propria base imponibile per l’IVA ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, qualora lo Stato membro di cui trattasi intenda avvalersi della deroga ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva (10). Di conseguenza, la CRG non potrebbe rettificare la base imponibile invocando l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA e dovrebbe fare affidamento su un’azione di responsabilità nei confronti della Bulgaria.

40.      Al pari del giudice del rinvio, ritengo tuttavia che la summenzionata decisione debba essere attenuata alla luce della giurisprudenza elaborata successivamente dalla Corte, in particolare nelle cause Enzo Di Maura e Uni Credit Leasing (11). Come già esposto supra (paragrafo 36), la facoltà di deroga di cui all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA consente unicamente agli Stati membri di tenere conto dell’incertezza, sussistente in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo, quanto al carattere durevole o solo temporaneo di siffatto non pagamento. Ciò consentirebbe, ad esempio, di prevedere determinate modalità fino a quando si tratti di un’incertezza solo temporanea. Ciò non consente tuttavia di escludere in linea di principio la rettifica della base imponibile.

41.      Di conseguenza, l’applicabilità diretta dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, viene meno solo qualora lo Stato membro di cui trattasi abbia inteso anche avvalersi (in maniera conforme) della deroga di cui all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva (12). Ciò avviene solo se la sua misura derogatoria continua a consentire una rettifica nel merito in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo. La Bulgaria non ha tuttavia ammesso alcuna rettifica in caso di non pagamento e non ha dunque inteso avvalersi della facoltà di deroga prevista dal diritto dell’Unione. Di conseguenza, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA può essere oggetto di applicazione diretta.

3.      Limitazioni temporali del diritto alla riduzione della base imponibile

42.      Poiché l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA – e secondo la Corte anche l’articolo 273 di tale direttiva – non indica, oltre ai limiti fissati, né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono prevedere, esso accorda agli Stati membri un potere discrezionale in particolare in relazione alle formalità che il soggetto passivo deve adempiere nei confronti dell’amministrazione finanziaria degli Stati membri al fine di ridurre la base imponibile (13).

43.      Tale potere discrezionale degli Stati membri ricomprende, a mio avviso, anche una limitazione temporale della rettifica della base imponibile. Come già esposto in più occasioni dalla Corte, il diritto dell’Unione non prevede la possibilità di presentare una domanda di rimborso dell’IVA senza alcuna limitazione temporale. Piuttosto, ciò contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non possa essere indefinitamente messa in discussione (14).

44.      Pertanto, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA non osta, in linea di principio, ad una limitazione temporale, prevista nel diritto nazionale, del diritto alla riduzione della base imponibile.

4.      Presupposti per una limitazione temporale della riduzione della base imponibile conforme al diritto dell’Unione

45.      La determinazione della data dalla quale tale termine inizia a decorrere rientra nella sfera del diritto nazionale, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (15). In particolare il principio di effettività esige che una limitazione temporale della riduzione della base imponibile risultante dall’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA sia conforme ai principi del diritto dell’Unione in materia di IVA.

46.      In primo luogo, dalla giurisprudenza costate della Corte risulta che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA. Secondo tale principio, la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto. Da esso consegue inoltre che l’amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (16). Esso obbliga gli Stati membri a procedere ad una corrispondente riduzione della base imponibile (17).

47.      In secondo luogo, occorre osservare il principio della neutralità fiscale. Esso è un principio fondamentale dell’IVA che deriva dal suo carattere di imposta sui consumi (18). Ciò implica, inter alia, che l’impresa, in quanto collettore d’imposta per conto dello Stato, deve essere interamente sollevata, in linea di massima, dall’onere finale dell’IVA (19), nella misura in cui l’attività imprenditoriale sia diretta essa stessa (in linea di massima) alla realizzazione di operazioni imponibili (20).

48.      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 63 della direttiva IVA, l’imposta diventa esigibile già nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi. Non è decisivo che il destinatario abbia anche versato il corrispettivo (cosiddetta tassazione nominale). Qualora l’impresa che fornisce la prestazione sia però tenuta, in forza della tecnica impositiva, a versare per anni un’imposta sul valore aggiunto che non ha potuto riscuotere, l’anticipo di pagamento diventa per essa un onere significativo. In tal caso, non si può più parlare di una neutralità completa (21) dell’IVA.

49.      In terzo luogo, l’anticipo dell’IVA incide sui diritti fondamentali del soggetto passivo (ad es. la libertà professionale, la libertà d’impresa e il diritto fondamentale di proprietà – articoli 15, 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali). Si pone inoltre la questione di una disparità di trattamento ai sensi dell’articolo 20 della Carta con riferimento a soggetti passivi nei confronti dei quali l’imposta diventa esigibile, ai sensi dell’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA, solo al momento dell’incasso del corrispettivo (cosiddetta tassazione effettiva).

50.      Alla luce di siffatti principi di diritto dell’Unione, una limitazione ammissibile della possibilità di ridurre la base imponibile ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA presuppone pertanto che il termine sia collegato ad un momento a partire dal quale il soggetto passivo poteva anche avvalersi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA. Solo così si tiene conto del principio secondo il quale il soggetto passivo agisce «unicamente» come collettore d’imposta per conto dello Stato (22) e non è di conseguenza tenuto a versare più imposte di quelle che ha anche potuto effettivamente riscuotere. Se tale termine deve soddisfare anche il principio della certezza del diritto (al riguardo supra, paragrafo 43), tale momento deve essere riconoscibile per il soggetto passivo.

51.      Il momento dell’esecuzione della prestazione o dell’emissione della fattura – cui ha fatto riferimento il giudice di primo grado nel procedimento principale – non è idoneo a tal fine (23). In siffatto momento, il soggetto passivo parte dal presupposto, di norma, che il prezzo pattuito verrà anche pagato. Di conseguenza, i presupposti dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, ancora non ricorrono.

52.      Rientra nel potere discrezionale del legislatore nazionale scegliere il criterio di collegamento temporale per il decorso di un termine di decadenza. Esso può optare per il primo momento utile per una riduzione della base imponibile (sufficiente probabilità che il destinatario della prestazione non pagherà – ad es. il mancato pagamento nonostante un’ingiunzione) oppure per il termine ultimo (probabilità al limite della certezza che il destinatario della prestazione non pagherà – ad es. conclusione della procedura concorsuale).

53.      In assenza di una siffatta scelta – come nella specie – viene tuttavia in considerazione soltanto l’ultimo momento possibile per l’inizio di un termine di decadenza. Ciò risulta già dalla decisione della Corte nella causa FGSZ (24). Qualora uno Stato membro abbia previsto che il diritto, per un creditore, di ottenere la riduzione della base imponibile di cui all’articolo 90 della direttiva IVA sia soggetto a un termine di decadenza, «tale termine deve iniziare a decorrere non già dalla data dell’adempimento dell’obbligazione di pagamento inizialmente prevista, bensì da quella in cui il credito è divenuto definitivamente inesigibile».

54.      Tale affermazione è trasponibile al caso in oggetto. L’unico termine previsto ai sensi del diritto bulgaro è il termine generale di cui all’articolo 129, paragrafo 1, del DOPK, il cui dies a quo è collegato al sorgere del diritto al rimborso. Il diritto bulgaro non prevede una disposizione speciale che stabilisca il momento in cui sorge il diritto al rimborso derivante dalla riduzione della base imponibile ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA.

55.      Qualora, tuttavia, uno Stato membro, in violazione del diritto dell’Unione, precluda al soggetto passivo la possibilità di ridurre la base imponibile in caso di mancato pagamento, anche un termine generale di decadenza può iniziare a decorrere solo dall’ultimo momento utile (v. supra, paragrafo 52). Si tratta del momento in cui è accertato con una probabilità al limite della certezza che – come esposto anche dalla Commissione – non ci si aspetta più un pagamento, e dunque solo al momento della conclusione della procedura concorsuale. Pertanto, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA osta nella specie ad un termine di decadenza che faccia riferimento ad un momento precedente.

5.      Conclusione intermedia

56.      L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA è direttamente applicabile qualora lo Stato membro si avvalga in modo a tal punto erroneo della facoltà di deroga di cui all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva che lo stesso non tiene conto dell’incertezza di un mancato pagamento definitivo, bensì esclude in toto la riduzione della base imponibile (risposta alla quarta questione).

57.      Al riguardo, l’articolo 90 della direttiva IVA non osta ad un termine di decadenza ragionevole, qualora quest’ultimo inizi a decorrere solo nel momento (o successivamente al momento) in cui il soggetto passivo, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo, poteva ridurre la base imponibile. Un termine di decadenza che inizi a decorrere dal momento della fornitura della prestazione o dell’emissione della fattura non è invece compatibile con l’articolo 90 di tale direttiva. Senza una concretizzazione legislativa di tale momento, un termine di decadenza può iniziare a decorrere solo dal momento in cui il credito è divenuto inesigibile con una probabilità al limite della certezza (risposta alla prima questione).

C.      Momento della riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale

58.      La questione decisiva – sollevata anche dal giudice del rinvio nella terza questione – è tuttavia quella del momento in cui possa in generale avere luogo una riduzione della base imponibile ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA in caso di non pagamento totale o parziale a favore del soggetto passivo.

59.      In relazione all’articolo 90 della direttiva IVA, la Corte parla di un «diritto [alla] riduzione della base imponibile» (25). Tale diritto sussiste a favore del soggetto passivo. Pertanto, il soggetto passivo può far valere una riduzione della base imponibile qualora ritenga improbabile ricevere un pagamento in un prevedibile futuro. Non sussiste tuttavia un obbligo di far valere tale diritto. Egli può anche continuare ad anticipare l’IVA, se e in quanto parta dal presupposto di un pagamento imminente da parte del suo cliente.

60.      Di conseguenza, il soggetto passivo è l’unico che può stimare se il pagamento avverrà o meno in un prevedibile futuro. Stando così le cose, è rilevante anche la sua dichiarazione del momento a partire dal quale, a suo avviso, si possa partire dal presupposto di un non pagamento «definitivo». Tale dichiarazione ha luogo nell’ambito del periodo imponibile in corso.

61.      In sostanza, la riduzione della base imponibile di un’operazione del prestatore dipende pertanto dalla sua decisione e dalla sua dichiarazione. Questa non può avere effetti retroattivi, poiché fino a tale dichiarazione, in un sistema di autoliquidazione (ossia, in questo contesto, in un sistema in cui il soggetto passivo calcola e stabilisce esso stesso il proprio debito d’imposta) si può presumere, in un sistema di autovalutazione, che il soggetto passivo parta ancora dal presupposto che il pagamento del prezzo avverrà ancora in tempi sufficientemente brevi.

62.      La conclusione sarebbe diversa solo se nella normativa nazionale sia previsto un termine concreto, ragionevole a partire dal quale è possibile procedere, in linea di principio, ad una riduzione della base imponibile. Una simile previsione difetta tuttavia nel caso di specie. Non sussiste pertanto un momento concreto in cui si debba procedere alla riduzione della base imponibile. Piuttosto, esiste un lasso di tempo nel quale il soggetto passivo può far valere il proprio diritto alla riduzione della base imponibile.

1.      Termine ultimo per una riduzione della base imponibile

63.      Come già dichiarato dalla Corte (26), il termine ultimo a partire dal quale il soggetto passivo può procedere ad una riduzione della base imponibile è il momento in cui è acquisita la certezza che il pagamento dell’operazione effettuata non avrà più luogo. Esso può coincidere, ad es,. con la conclusione di una procedura concorsuale del destinatario della prestazione. Tuttavia, una riduzione della base imponibile non può dipendere unicamente dall’infruttuosa conclusione di una procedura concorsuale (27).

64.      Al riguardo, la Corte ha affermato che fare riferimento ad una «definitiva irrecuperabilità» è eccessivo (28), tanto più che pagamenti successivi possono aumentare nuovamente la base imponibile. Inoltre, una responsabilità oggettiva del prestatore andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario (29). Lo stesso vale per un prefinanziamento a lungo termine di un’imposta non esigibile (ad es. per un periodo pluriennale, come ad es. fino alla conclusione di una procedura concorsuale), indipendentemente da se sia dovuta. A mio avviso verrebbe in considerazione, quale termine ultimo, anche il momento in cui inizia a decorrere il termine di prescrizione del diritto civilistico al pagamento . Si può assumere, al riguardo, che il destinatario della prestazione – il quale finora non ha pagato – a maggior ragione non pagherà più un credito già prescritto.

65.      Alla luce della sua funzione di collettore d’imposta, dei suoi diritti fondamentali e del principio di neutralità, il soggetto passivo deve tuttavia avere anche la possibilità di ridurre la base imponibile in un momento precedente.

2.      Primo momento utile per una riduzione della base imponibile

66.      Per quanto riguarda la determinazione del primo momento utile a partire dal quale si può parlare di un non pagamento totale o parziale, il quale legittima una riduzione della base imponibile ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, non esistono finora decisioni della Corte. A mio avviso, per rispondere a tale questione, occorre prendere in considerazione l’articolo 66, lettera b), e gli articoli 194 e segg. della direttiva IVA, in combinato disposto con il principio della parità di trattamento (articolo 20 della Carta). Tali disposizioni offrono una possibilità di procedere in tempi brevi alla riduzione della base imponibile.

67.      Ai sensi dell’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA, gli Stati membri possono stabilire che, per una categoria di soggetti passivi (ad es. in dipendenza dell’ammontare del fatturato), l’IVA diventi esigibile al momento dell’«incasso del prezzo» («tassazione effettiva»). Gli Stati membri si sono in ogni caso avvalsi in parte di tale facoltà. Devono inoltre essere prese in considerazione le prestazioni in relazione alle quali la direttiva IVA prevede o consente il trasferimento della qualità di debitore fiscale al destinatario della prestazione (v. articolo 194 e segg. della direttiva IVA). Le imprese che effettuano siffatte operazioni – per esempio, prestazioni di servizi a favore di imprenditori residenti all’estero – non sono tenute ad anticipare l’IVA. Questi ultimi sistemi sono funzionali, in senso ampio, ad un’amministrazione fiscale semplificata.

68.      Un’impresa che, nell’ambito di applicazione della tassazione nominale – ossia nel caso di un’imposta esigibile indipendentemente dall’avvenuto pagamento – deve anticipare imposte per un considerevole periodo di tempo, subisce già uno svantaggio concorrenziale rispetto a un’impresa che ricade nell’ambito di applicazione della tassazione effettiva, la quale è tenuta a versare l’imposta solo sui prezzi incassati. Lo stesso vale per le imprese che effettuano unicamente operazioni per le quali la qualità di debitore fiscale è trasferita al destinatario della prestazione. Una siffatta disparità di trattamento può tuttavia essere giustificata alla luce del diritto primario, e in particolare della Carta, soltanto se la durata del prefinanziamento non è eccessivamente lunga.

69.      In sede di interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, occorre inoltre tenere conto del fatto che un aumento a posteriori della base imponibile resta sempre possibile sotto il profilo fiscale (30). Qualora infatti successivamente (ad esempio durante o dopo la conclusione della procedura concorsuale) dovesse aver luogo ancora un pagamento a favore dell’impresa, occorrerà, in tale momento, aumentare il debito d’imposta a concorrenza. Ciò discende già dall’articolo 73 della direttiva IVA, ai sensi del quale la base imponibile comprende tutto ciò che il destinatario della prestazione o un terzo versa per le operazioni.

70.      Una riduzione della base imponibile – fatto salvo un aumento nel caso di un pagamento successivo – costituisce una misura meno incisiva e quindi più proporzionata nei confronti del soggetto passivo rispetto ad un obbligo pluriennale di prefinanziamento fino all’apertura o persino alla conclusione di una procedura concorsuale (31).

71.      Una distinzione fra crediti il cui mancato pagamento è definitivamente certo e crediti in relazione ai quali tale certezza non sussiste, non è comunque possibile nella normativa in materia di IVA. Ciò è dovuto al fatto che un mancato pagamento «definitivo» ai sensi della normativa in materia di IVA non può sussistere. Una siffatta ipotesi viene esclusa già dal testo dell’articolo 73 della direttiva IVA. Ai sensi di tale disposizione, la base imponibile comprende anche pagamenti di un terzo ed è pertanto separata dalla solvibilità e persino dall’esistenza del debitore (32). Inoltre, la normativa in materia di IVA non fa riferimento all’esistenza di un credito eseguibile, come mostra la tassazione del pagamento di una mancia (33), dei pagamenti in eccesso effettuati per errore e del pagamento di un debito d’onore (34). Vi è dunque sempre solo una certa probabilità di non pagamento, la quale aumenta in particolare con il protrarsi del mancato pagamento e che può essere stabilita con maggiore esattezza in base alle circostanze del mancato pagamento (al riguardo supra, paragrafo 63 e segg.).

72.      Decisiva può pertanto essere unicamente la circostanza che un credito non sia esigibile in un futuro prevedibile. Una siffatta inesigibilità può sussistere già nel caso di un rifiuto di pagamento serio da parte del debitore. Qualora, ad esempio, il debitore neghi l’esistenza stessa del credito oppure il suo ammontare, sussiste già un’elevata probabilità che il credito non sia esigibile per un lungo periodo di tempo o che non lo sia per il suo importo totale.

73.      D’altro lato, in un sistema di imposizione indiretta, lo Stato dipende da una «riscossione» dell’IVA da parte del soggetto passivo. Occorre pertanto tenere conto di quelle misure che dipendono dal soggetto passivo e che è legittimo aspettarsi dal medesimo. Le misure che possono al riguardo essere pretese da un’impresa in ciascuno Stato membro, prima che questa possa rettificare il suo debito d’imposta per mancato pagamento del prezzo, devono essere stabilite anche sulla scorta della situazione specifica di ciascun paese. La Corte può fornire a tal fine solo elementi di riferimento.

74.      In tal senso, lo Stato membro può richiedere prove della probabile lunga durata di un mancato pagamento. La mera affermazione della medesima non è sufficiente. Proporzionata sarebbe anche la misura della fissazione di un lasso di tempo ragionevole per il mancato pagamento (ad es., in analogia con l’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali(35), dopo 30 giorni dal ricevimento della fattura oppure anche, ad es., 14 giorni da un’intimazione di pagamento), trascorso il quale si possa presumere un non pagamento ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, qualora non sussistano elementi di senso contrario.

75.      Decisiva, a mio avviso, è la circostanza che il soggetto passivo possa dimostrare nei confronti dell’amministrazione tributaria la sussistenza di una probabilità ragionevole (36) di un non pagamento permanente, e ciò nonostante lo stesso abbia tentato di assolvere alla propria funzione in qualità di collettore d’imposta per conto dello Stato. Un obbligo di recuperare in via giudiziaria crediti eventualmente privi di valore a favore dello Stato, il quale genera costi elevati, non è per contro compatibile né con il principio di neutralità né con il principio di proporzionalità.

76.      In generale, viene richiesto di tentare un recupero del credito prima di procedere ad una rettifica della base imponibile. Siffatto modus operandi è proporzionato, sempreché non ricorrano elementi nel senso che tale tentativo sarà comunque infruttuoso o antieconomico. In tal senso, il soggetto passivo può decidere, con il proprio operato, il momento in cui far valere, all’interno del lasso di tempo indicato in precedenza, il proprio «diritto alla riduzione della base imponibile».

3.      Conclusione intermedia

77.      Al fine di stabilire il momento a partire dal quale un soggetto passivo, in caso di non pagamento totale o parziale ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, possa procedere per la prima volta (primo momento utile) ad una riduzione della base imponibile, rilevano la situazione concreta nel rispettivo Stato membro e le circostanze del singolo caso di specie, le quali devono essere valutate dal giudice del rinvio.

78.      Al riguardo, il principio di neutralità vieta un prefinanziamento eccessivamente lungo dell’imposta, sempreché il soggetto passivo (prestatore) abbia intrapreso le iniziative che potevano essergli ragionevolmente richieste per assolvere alla sua funzione di collettore d’imposta per conto dello Stato. Ciò presuppone, in linea di principio, una richiesta di pagamento (intimazione ad adempiere) infruttuosa nei confronti del destinatario della prestazione. Non è tuttavia necessario un procedimento giudiziario non andato a buon fine, l’apertura o la conclusione di una procedura concorsuale avente ad oggetto il patrimonio del destinatario della prestazione (risposta alla terza questione).

D.      Modalità di riduzione della base imponibile da parte del soggetto passivo

79.      L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA – e secondo la Corte (37) anche l’articolo 273 di tale direttiva – conferisce agli Stati membri un margine discrezionale, in particolare, quanto alle formalità che il soggetto d’imposta deve soddisfare dinanzi alle autorità tributarie degli Stati membri, allo scopo di una riduzione della base imponibile (38). Tuttavia, le misure degli Stati membri devono pregiudicare il meno possibile gli obiettivi e i principi della direttiva IVA e non possono, pertanto, essere utilizzati in modo da mettere in discussione la neutralità dell’IVA (39).

80.      Di conseguenza, sono ammissibili unicamente requisiti formali in relazione alla prova che, successivamente all’esecuzione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non sarà definitivamente percepita (40).

1.      Necessità di una rettifica della fattura

81.      Tali requisiti non includono una rettifica della fattura. Per dimostrare che il pagamento non è avvenuto, risultano idonei una lettera di diffida, un’azione in giudizio o un rifiuto scritto di pagamento da parte del destinatario della prestazione, ma non una rettifica della fattura da parte del prestatore.

82.      A ciò si aggiunge che – come illustrato supra al paragrafo 71 – l’articolo 90 della direttiva IVA non presuppone un mancato pagamento definitivo nel senso della normativa in materia di IVA. Come mostra già l’articolo 73 di tale direttiva, successivi tentativi di esecuzione dall’esito positivo aumentano nuovamente la base imponibile. Qualora si costringesse il prestatore ad una rettifica della fattura, quest’ultima potrebbe eventualmente essere valutata sotto il profilo civilistico come rinuncia al credito.

83.      Inoltre, la direttiva IVA contempla la necessità di una rettifica della fattura solo (41) se il prestatore intende assolvere al proprio debito d’imposta ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA. Tuttavia – diversamente da quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria bulgara in udienza, l’articolo 203 di tale direttiva non è pertinente nella specie. Esso riguarda unicamente il caso dell’indicazione di un’imposta ingiustificata, e dunque errata e troppo elevata, come chiarito recentemente dalla Corte (42). Le fatture originarie non indicano tuttavia, nella specie, un importo dell’IVA erroneo. Tale importo e la totalità della fattura del prestatore non divengono erronei a causa del mancato pagamento unilaterale del prezzo da parte del destinatario della prestazione. Siffatta fattura non deve pertanto essere rettificata.

84.      Ciò distingue il presente caso – diversamente da quanto sostenuto dalla Bulgaria – anche da quello alla base della decisione della Corte nella causa Kraft Foods Polska (43). Tale causa verteva sulla questione della riduzione della base imponibile a causa di uno sconto accordato a posteriori dal prestatore. Ne conseguiva, in tale caso, la modifica del corrispettivo pattuito, il quale deve essere indicato nella fattura. Era pertanto corretta in quel caso l’affermazione secondo la quale la prova della ricezione di una fattura rettificata potrebbe costituire una modalità in linea di principio possibile ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA (44).

85.      Ad una lettura più attenta della decisione, emerge che alla Corte interessava tuttavia in via principale la prova dell’avvenuta informazione del destinatario della prestazione, affinché quest’ultimo potesse rettificare la sua eventuale detrazione dell’IVA (45), poiché, a causa dello sconto, lo stesso sarebbe stato ormai debitore di un prezzo più basso. Un destinatario della prestazione che non ha saldato la propria fattura continua tuttavia ad essere debitore dello stesso prezzo. Egli non deve essere informato al riguardo. Né parimenti deve essere informato del fatto di aver detratto un importo di IVA eccessivamente elevato (al riguardo poco più avanti, paragrafo 90); egli stesso sa infatti di non aver pagato.

86.      Poiché la rettifica di una fattura corretta non ha senso (neanche nel caso di mancato pagamento), la direttiva IVA osta ad un obbligo in tal senso.

2.      Necessità di un avviso all’amministrazione finanziaria o al destinatario della prestazione

87.      Resta pertanto unicamente da chiarire se gli Stati membri, nell’attuare l’articolo 90 della direttiva IVA, possano prevedere che, in caso di mancato pagamento, non sia consentita una riduzione della base imponibile prima che il destinatario del bene o del servizio, se si tratta di un soggetto passivo, sia stato informato al riguardo. La quinta questione del giudice del rinvio sembra andare in siffatta direzione; questi menziona infatti espressamente, come obiettivo di tali misure, la rettifica della detrazione dell’IVA originariamente operata dal destinatario della prestazione.

88.      Orbene, l’amministrazione finanziaria – come illustrato nel rinvio pregiudiziale – intenderebbe ridurre la base imponibile in capo al prestatore, in linea di principio, soltanto una volta rettificata la detrazione dell’IVA in capo al destinatario della prestazione. Il contesto in cui si inserisce la questione relativa all’articolo 90 della direttiva IVA è costituito dunque dagli articoli 184 e segg. Mentre l’articolo 90 della direttiva IVA disciplina il diritto del prestatore di ridurre la propria base imponibile ogniqualvolta, successivamente alla conclusione di un’operazione, non riceva il corrispettivo previsto o ne riceva solo una parte, l’articolo 185 della direttiva medesima disciplina la rettifica delle detrazioni inizialmente operate dall’altra parte della stessa operazione. Questi due articoli rappresentano, pertanto, le due facce di una stessa operazione economica (46).

89.      Cionondimeno, le fattispecie di rettifica di cui all’articolo 90 e all’articolo 184 e segg. della direttiva IVA sono indipendenti l’una dall’altra. Esse riguardano infatti soggetti passivi diversi (47). In tal senso, «la circostanza che l’IVA dovuta dal fornitore del soggetto passivo non sia essa stessa rettificata non produce alcun effetto sul diritto, per l’amministrazione tributaria (...), di esigere la rettifica dell’IVA detratta da un soggetto passivo»(48).

90.      Siffatto obbligo di rettifica in capo al destinatario della prestazione sussiste del tutto a prescindere da una potenziale comunicazione del prestatore al destinatario della prestazione e di norma già prima. La detrazione dell’IVA, infatti – come ho già illustrato in dettaglio in altra sede (49) – deve sgravare il destinatario della prestazione dall’onere dell’IVA (50). Qualora tuttavia, come nella specie, il pagamento non sia avvenuto, sul destinatario della prestazione non grava l’onere dell’IVA. Di conseguenza, questi, ai sensi dell’articolo 184 e segg. della direttiva IVA, è tenuto a rettificare esso stesso tempestivamente la propria detrazione, se non vuole esporsi all’accusa di evasione fiscale.

91.      Peraltro, è la riduzione della base imponibile in capo al prestatore a consentire all’amministrazione finanziaria di verificare la detrazione dell’IVA del destinatario della prestazione ed eventualmente di operare una rettifica ai sensi dell’articolo 184 e segg. della direttiva IVA. In tal senso, una comunicazione all’amministrazione finanziaria nell’ambito della rettifica della base imponibile ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA è sicuramente utile. L’articolo 90 della direttiva IVA non osterebbe pertanto ad un ulteriore, specifico obbligo di informazione nei confronti dell’amministrazione finanziaria gravante sul soggetto passivo. Il caso di specie verte tuttavia su un obbligo di informare non l’amministrazione finanziaria, bensì il destinatario della prestazione (51).

92.      Un simile obbligo di comunicazione nei confronti del destinatario della prestazione, quale modalità nell’ambito dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, dovrebbe essere idoneo, in base al principio di proporzionalità, a realizzare gli obiettivi perseguiti e non potrebbe eccedere quanto è necessario per conseguirli.(52)

93.      Una comunicazione con cui il destinatario della prestazione viene informato dell’intenzione del prestatore di ridurre la base imponibile ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA, è indice del fatto che lo stesso non ha ricevuto il corrispettivo successivamente alla conclusione dell’operazione. Il destinatario della prestazione sa tuttavia egli stesso di non aver pagato, così come sa di non avere per questo motivo diritto alla detrazione dell’IVA. Una siffatta comunicazione ha pertanto una funzione tutt’al più di memoria o di sollecito. Di conseguenza, la sua idoneità è dubbia.

94.      Alla luce dell’esiguità dell’onere per il prestatore, la Corte (53) ha ciononostante reputato proporzionato, in linea di principio, un obbligo di procedere ad una siffatta comunicazione. Nella sua motivazione, la Corte ha tuttavia fatto valere l’argomento che lo Stato membro deve avere la possibilità «di agire tempestivamente (…) al fine di recuperare l’IVA che tale medesimo debitore (nota: il destinatario della prestazione) abbia potuto detrarre a monte» (54). Non è dato peraltro sapere come una comunicazione al destinatario della prestazione – per la quale non dovrebbero valere particolari requisiti di forma – possa consentire a uno Stato membro di attivarsi tempestivamente.

95.      Un siffatto obbligo di comunicazione è del tutto inidoneo nei confronti del destinatario della prestazione qualora una comunicazione non sia più possibile o sia inutile, ad es. in quanto il destinatario della prestazione, a seguito della conclusione della procedura concorsuale, è già stato cancellato, si è trasferito senza lasciare un recapito o ha già rettificato la propria detrazione dell’IVA. D’altro canto, la comunicazione all’amministrazione finanziaria in merito al destinatario della prestazione interessato nell’ambito della riduzione della base imponibile è lo strumento idoneo e meno incisivo per consentire all’amministrazione finanziaria di controllare e rettificare tempestivamente la detrazione dell’IVA del destinatario della prestazione.

3.      Conclusione intermedia

96.      Un obbligo legale in forza del quale il prestatore deve informare il destinatario della prestazione in merito alla rettifica della base imponibile, al fine di rammentargli una rettifica della detrazione eventualmente ancora da effettuare, è sproporzionato in quanto inidoneo. Pertanto, gli Stati membri non possono prevedere un siffatto obbligo nell’ambito dell’articolo 90 della direttiva IVA (risposta alla quinta questione). Inoltre, un obbligo di previa rettifica di una fattura corretta viola la direttiva IVA (risposta alla seconda questione).

E.      Riconoscimento di interessi su un diritto al rimborso a causa di una riduzione della base imponibile

97.      Resta pertanto solo da chiarire da quando, nel caso di una riduzione legittima della base imponibile, sul diritto al rimborso che ne risulta siano dovuti gli interessi da parte dello Stato membro. Nella specie, la CRG ha proceduto ad una riduzione della base imponibile nel 2020, ma chiede il riconoscimento di interessi con effetto retroattivo agli anni dell’emissione delle fatture (dal 2006 al 2012).

98.      Il principio di neutralità fiscale richiede che le perdite finanziarie generate da un rimborso dell’IVA effettuato oltre un termine ragionevole siano compensate dal pagamento di interessi di mora (55). Lo stesso vale anche per i rimborsi dell’IVA derivanti da una riduzione della base imponibile dell’IVA ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA (56).

99.      Come illustrato supra (paragrafo 51 e segg.), in assenza di una disciplina dettagliata nel diritto nazionale, una riduzione della base imponibile viene in considerazione per il soggetto passivo entro un determinato periodo di tempo. È rilevante la sua dichiarazione del momento a partire dal quale, a suo avviso, si può assumere un mancato pagamento «definitivo». Siffatta dichiarazione avviene nell’ambito del periodo imponibile in corso e non ha effetti retroattivi (v. supra, paragrafo 60 e segg.). Pertanto, anche il riconoscimento di interessi – come correttamente sostenuto, in sostanza, dall’amministrazione finanziaria bulgara e dalla Commissione – viene in considerazione solo successivamente a tale dichiarazione.

100. Prima di tale momento, il fondamento normativo per il versamento dell’IVA è costituito dall’articolo 63 della direttiva IVA. Esso viene meno solo in caso di mancato pagamento definitivo sufficientemente probabile (articolo 90 della direttiva IVA). Incombe quindi al soggetto passivo comunicare la fine di tale prefinanziamento e far valere il rimborso nell’ambito della determinazione dell’imponibile. A partire da tale momento, l’amministrazione finanziaria è a conoscenza della base imponibile ridotta e del suo obbligo di restituzione. In caso di mancato pagamento, essa diviene morosa ed è tenuta a pagare interessi di mora.

101. Tale soluzione mira anche alla certezza del diritto; infatti, essa risparmia a tutte le parti una controversia rivolta al passato concernente il dies a quo per il riconoscimento di interessi e dunque il momento della prima «inesigibilità», qualora il soggetto passivo non abbia evidentemente ravvisato, all’epoca, alcuna necessità di una riduzione della base imponibile.

102. Di conseguenza, il riconoscimento di interessi sul diritto al rimborso a causa di una riduzione della base imponibile non viene in considerazione già a partire dal momento della fornitura della prestazione o dell’emissione della fattura (in siffatto momento, il pagamento non era ancora incerto ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA). Piuttosto, esso viene in considerazione non prima del momento in cui il prestatore può presumere che un pagamento non avrà più luogo e lo abbia dichiarato nell’ambito della determinazione dell’imponibile (risposta alla sesta questione).

VI.    Proposta di decisione

103. Propongo pertanto di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziale sollevate dal Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria):

1)      L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, non osta ad un termine di decadenza ragionevole qualora quest’ultimo inizi a decorrere solo nel momento (o successivamente al momento) in cui il soggetto passivo, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo, poteva ridurre la base imponibile. Un termine di decadenza che inizi a decorrere dal momento della fornitura della prestazione o dell’emissione della fattura non è invece compatibile con l’articolo 90 di tale direttiva. Senza una concretizzazione legislativa, un siffatto termine di decadenza può iniziare a decorrere solo dal momento in cui il credito è divenuto definitivamente inesigibile con una probabilità al limite della certezza.

2)      Un obbligo di rettificare una fattura corretta quale presupposto per una riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento del prezzo viola la direttiva 2006/112.

3)      Al fine di stabilire il momento a partire dal quale un soggetto passivo, in caso di non pagamento totale o parziale ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, possa procedere per la prima volta ad una riduzione della base imponibile, rilevano la situazione concreta nel rispettivo Stato membro e le circostanze del singolo caso di specie, le quali devono essere valutate dal giudice del rinvio. Al riguardo, il principio di neutralità vieta un prefinanziamento eccessivamente lungo dell’imposta, sempreché il soggetto passivo (prestatore) abbia intrapreso le iniziative che potevano essergli ragionevolmente richieste per assolvere alla sua funzione di collettore d’imposta per conto dello Stato. Ciò presuppone, in linea di principio, una richiesta di pagamento (intimazione ad adempiere) infruttuosa nei confronti del destinatario della prestazione. Non è tuttavia necessario un procedimento giudiziario non andato a buon fine, o l’apertura o la conclusione di una procedura concorsuale avente ad oggetto il patrimonio del destinatario della prestazione.

4)      L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 è direttamente applicabile qualora lo Stato membro si avvalga in modo a tal punto erroneo della facoltà di deroga di cui all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva che lo stesso non tiene conto dell’incertezza di un mancato pagamento definitivo, bensì esclude in toto la riduzione della base imponibile.

5)      Un obbligo legale in forza del quale il prestatore deve informare il destinatario della prestazione, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo da parte di quest’ultimo, in merito alla rettifica della base imponibile, al fine di rammentargli una rettifica della detrazione eventualmente ancora da effettuare, è sproporzionato in quanto inidoneo. Pertanto, gli Stati membri non possono prevedere un siffatto obbligo nell’ambito dell’articolo 90 della direttiva IVA.

6)      Il riconoscimento di interessi sul diritto al rimborso a causa di una riduzione della base imponibile viene in considerazione non prima del momento in cui il prestatore può presumere che un pagamento non avrà più luogo e lo abbia dichiarato nell’ambito della determinazione dell’imponibile.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      GU 2006, L 347, pag. 1, modificata da ultimo dalla direttiva (UE) 2022/890 del Consiglio, del 3 giugno 2022, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda la proroga del periodo di applicazione del meccanismo facoltativo di inversione contabile relativo alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi e del meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA – GU 2022, L 155, pag. 1.


3      Sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:558, punto 30), e del 27 giugno 2018, Varna Holideis (C-364/17, EU:C:2018:500, punto 17 e segg.).


4      Sentenza del 27 giugno 2018, Varna Holideis (C-364/17, EU:C:2018:500, punto 27 e segg.).


5      In tal senso sentenza del 27 giugno 2018, Varna Holideis (C-364/17, EU:C:2018:500, punto 31).


6      Ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 20), e sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 21), ancora sulla norma previgente dall’identico contenuto.


7      Sentenze dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL (C-398/20, EU:C:2021:911, punto 28); dell’11 giugno 2020, SCT (C-146/19, EU:C:2020:464, punto 24); dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C-127/18, EU:C:2019:377, punto 21), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 22); in tal senso analogamente anche ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 20), e sentenza del 22 febbraio 2018, T – 2 (C-396/16, EU:C:2018:109, punto 36 e segg.).


8      Sentenze del 12 ottobre 2017, Lolmbard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 38), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 34).


9      Ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 31); sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:829, punti 51 e 52).


10      Sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 23); ribadito in modo acritico nella sentenza del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 39).


11      Sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:558), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887).


12      In tale direzione anche sentenze dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL (C-398/20, EU:C:2021:911, punto 38), e del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:55, punto 65).


13      Sentenze del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:558, punto 39); del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 42), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 37).


14      Ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 23).


15      Ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 23); v., in tale senso, sentenze del 21 gennaio 2010, Alstom Power Hydro (C-472/08, EU:C:2010:32, punti 16 e 17 e la giurisprudenza ivi citata), e del 12 aprile 2018, Biosafe – Indústria de Reciclagens (C-8/17, EU:C:2018:249, punti 36 e 37 e la giurisprudenza ivi citata).


16      Sentenze dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL (C-398/20, EU:C:2021:911, punto 25); del 6 ottobre 2021, Boehringer Ingelheim (C-717/19, EU:C:2021:818, punto 41); del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:829, punto 21); del 2 luglio 2015, NLB Leasing (C-209/14, EU:C:2015:440, punto 35), e del 3 luglio 1997, Goldsmiths (C-330/95, EU:C:1997:339, punto 15).


17      In tal senso espressamente anche sentenza del 3 settembre 2014, GMAC UK (C-589/12, EU:C:2014:2131, punto 31) e del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C-588/10, EU:C:2012:40, punto 26).


18      Nella sentenza del 13 marzo 2014, Malburg (C-204/13, EU:C:2014:147, punto 43), la Corte parla di un principio di interpretazione.


19      Sentenze del 13 marzo 2008, Securenta (C-437/06, EU:C:2008:166, punto 25), e del 1° aprile 2004, Bockemühl (C-90/02, EU:C:2004:206, punto 39).


20      Sentenze del 13 marzo 2014, Malburg (C-204/13, EU:C:2014:147, punto 41); del 21 aprile 2005, HE (C-25/03, EU:C:2005:241, punto 57); del 15 dicembre 2005, Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 51), e le mie conclusioni nella causa Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:185, paragrafo 25).


21      In tal senso ancora sentenza del 24 ottobre 1996, Elida Gibbs (C-317/94, EU:C:1996:400, punto 23).


22      Sentenze del 20 ottobre 1993, Balocchi (C-10/92, EU:C:1993:846, punto 25), e del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt (C-271/06, EU:C:2008:105, punto 21).


23      In tal senso espressamente anche ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 27) con riferimento alla sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen (C-533/16, EU:C:2018:204, punto 51) e alla sentenza del 12 aprile 2018, Biosafe – Indústria de Reciclagens (C-8/17, EU:C:2018:249, punto 44).


24      Ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 28 e dispositivo).


25      Ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 19); sentenze del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 44), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 39).


26      In tal senso deve essere probabilmente intesa anche l’ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157); v. anche sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punti 27 e 28).


27      Sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 29).


28      Sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 27).


29      Sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik (C-285/11, EU:C:2012:774, punto 42), e del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid (C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 48).


30      In tal senso anche sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 27).


31      In tal senso già sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punti 27 e 28).


32      In tal senso, si è già verificato che una banca abbia saldato i crediti degli artigiani il cui committente era divenuto insolvente, al fine di evitare ulteriori danni di immagine – v. il caso presso BFH, sentenza del 19 ottobre 2001 – V R 75/98, UR 2002, 217.


33      Sentenza del 29 marzo 2001, Commissione/Francia (C-404/99, EU:C:2001:192, punto 40 e segg.).


34      Sentenza del 17 settembre 2002, Town & County Factors (C-498/99, EU:C:2002:494, punto 21 e segg.).


35      Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 – GU 2011, L 48 pag. 1.


36      V. al riguardo già sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:829, punto 48).


37      V., ex multis, sentenze del 6 dicembre 2018, Tratave (C-672/17, EU:C:2018:989, punto 35); del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 42), e del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C-588/10, EU:C:2012:40, punto 33).


38      Sentenze del 6 dicembre 2018, Tratave (C-672/17, EU:C:2018:989, punto 32); del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 42), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 37).


39      Sentenze del 6 dicembre 2018, Tratave (C-672/17, EU:C:2018:989, punto 33); del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 43), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 38).


40      Analogamente: ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ (C-507/20, EU:C:2021:157, punto 19), sentenze del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing (C-404/16, EU:C:2017:759, punto 44), e del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328, punto 39).


41      V. sentenze del 18 giugno 2009, Stadeco (C-566/07, EU:C:2009:380, punto 35), del 6 novembre 2003, Karageorgou e a. (da C-78/02 a C-80/02, EU:C:2003:604, punto 49); del 19 settembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 49), e del 13 dicembre 1989, Genius (C-342/87, EU:C:1989:635, punto 18).


42      Sentenza dell’8 dicembre 2022, Finanzamt Österreich (IVA erroneamente fatturata ai consumatori finali) (C-378/21, EU:C:2022:968, punto 23) dietro riferimento alle mie conclusioni nella stessa causa (C-378/21, EU:C:2022:657, paragrafo 23).


43      Sentenza del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C-588/10, EU:C:2012:40).


44      Sentenza del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C-588/10, EU:C:2012:40, punto 33).


45      Sentenza del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska (C-588/10, EU:C:2012:40, punti 32 e 41).


46      In tal senso anche sentenze del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:829, punto 37), e del 22 febbraio 2018, T – 2 (C-396/16, EU:C:2018:109, punto 35).


47      Sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:829, punto 42 con rinvii espressi alle mie conclusioni nella causa E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:424, paragrafi da 58 a 60), espressamente anche sentenza del 28 maggio 2020, World Comm Trading Gfz (C-684/18, EU:C:2020:403, punti 41 e 43).


48      Sentenza del 28 maggio 2020, World Comm Trading Gfz (C-684/18, EU:C:2020:403, punto 41).


49      V. le mie conclusioni nella causa HA.EN. (C-227/21, EU:C:2022:364, paragrafo 61 e segg.) e nella causa Biosafe – Indústria de Reciclagens (C-8/17, EU:C:2017:927, paragrafo 44 e segg.).


50      Analogamente le conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Volkswagen (C-533/16, EU:C:2017:823, paragrafo 64).


51      Anche la sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave (C-672/17, EU:C:2018:989, punto 38) sembra confusa.


52      Sentenze del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C-335/19, EU:C:2020:829, punto 47), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 25).


53      Sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave (C-672/17, EU:C:2018:989, punto 40 e segg.).


54      Sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave (C-672/17, EU:C:2018:989, punto 38).


55      Sentenza del 12 maggio 2021, technoRent International e a. (C-844/19, EU:C:2021:378, punto 40); del 14 maggio 2020, Agrobet CZ (C-446/18, EU:C:2020:369), e del 28 febbraio 2018, Nidera (C-387/16, EU:C:2018:121, punto 25).


56      Sentenza del 12 maggio 2021, technoRent International e a. (C-844/19, EU:C:2021:378, punto 41). V. anche le mie conclusioni nella causa technoRent International e a. (C-844/19, EU:C:2021:58, paragrafo 31).