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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 28 settembre 2023(1)

Causa C-341/22

Feudi di San Gregorio Aziende Agricole SpA

contro

Agenzia delle Entrate

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Soggetto passivo – Società non operativa – Presunzione relativa basata su una proporzione del valore delle operazioni economiche rispetto alle immobilizzazioni – Limitazione del diritto alla detrazione – Principio di neutralità dell’IVA – Proporzionalità – Certezza del diritto – Legittimo affidamento»






 I.      Introduzione

1.        Si pone la questione se la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (2) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), consenta a uno Stato membro di adottare una normativa in base alla quale una società registrata come soggetto passivo possa essere considerata non operativa in modo tale che, fatto salvo il suo diritto di compensare l’IVA assolta a monte con l’IVA addebitata sulle operazioni a valle, se tale società non raggiunge una soglia minima di operazioni a valle soggette a IVA per tre esercizi fiscali consecutivi, essa perde il diritto di riportare qualsiasi credito IVA a un periodo d’imposta successivo, a meno che non dimostri di non essere stata in grado di raggiungere tale soglia per ragioni oggettive.

 II.      Diritto nazionale

2.        Ai sensi dell’articolo 30 della legge del 23 dicembre 1994, n. 724 – Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (in prosieguo: la «legge n. 724/1994») (3), intitolato «Società di comodo. Valutazione dei titoli», nella versione applicabile alla controversia nel procedimento principale:

«1.      Agli effetti del presente articolo le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali:

(...)

c) il 15 per cento del valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria.

(...)

4.      Per le società e gli enti non operativi, l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione (...), o di cessione (...). Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi.

4-bis.            In presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive (...).

(...)».

 III.      Contesto della controversia principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

3.        Con lo scopo di vendere il vino da essa prodotto in Campania (Italia), la Vigna Ottieri Srl (in prosieguo: la «Vigna Ottieri») ha investito dal 1996 in impianti di produzione, in attrezzature e in un marchio commerciale. Nel dicembre 2005, la Vigna Ottieri ha concesso in uso, a titolo oneroso, i suoi beni materiali e immateriali alla Feudi di San Gregorio Aziende Agricole SpA (in prosieguo: la «Feudi»). All’epoca, la Feudi possedeva il 22,7% della Vigna Ottieri.

4.        Nel 2007 la Commissione ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia, contestando la compatibilità con la direttiva IVA dell’articolo 30 della legge n. 724/1994 (4). A seguito di uno scambio di corrispondenza, la Commissione ha chiuso la procedura di infrazione nel settembre 2010.

5.        Nel dicembre 2010 l’amministrazione tributaria italiana ha notificato un avviso di accertamento IVA alla Vigna Ottieri. In tale avviso la Vigna Ottieri è stata considerata non operativa per l’anno d’imposta 2008 sulla base del fatto che l’importo delle operazioni a valle soggette a IVA che la società aveva registrato era inferiore rispetto alla soglia al di sotto della quale le società si presumono non operative agli effetti dell’articolo 30 della legge n. 724/1994 (5). Le uniche entrate che la Vigna Ottieri aveva apparentemente percepito in quell’anno d’imposta erano i canoni che la Feudi le aveva versato per l’uso del suo marchio, il noleggio delle attrezzature e la vendita di alcune attrezzature usate. Quando ha applicato le soglie di cui all’articolo 30 della legge n. 724/1994, l’amministrazione tributaria non ha tenuto conto di tali entrate, in quanto ha ritenuto che i compensi che la Vigna Ottieri aveva ricevuto dalla Feudi si riferissero a una cessione di un ramo d’azienda e quindi esulassero dal campo di applicazione dell’IVA. L’avviso ha inoltre rilevato che il valore delle operazioni a valle della Vigna Ottieri non aveva raggiunto la soglia applicabile nel corso di tre esercizi fiscali consecutivi. L’amministrazione tributaria ha quindi respinto la richiesta della Vigna Ottieri di un credito IVA per il 2009.

6.        La Vigna Ottieri ha impugnato l’avviso di accertamento chiedendone l’annullamento. La società ha sostenuto che i ricavi ottenuti dalla locazione dei suoi beni superavano le soglie stabilite dall’articolo 30 della legge n. 724/1994. La società ha inoltre affermato che non vi era stata alcuna cessione di ramo d’azienda, poiché l’amministrazione tributaria non aveva dimostrato che la Feudi proseguisse l’attività precedentemente esercitate dalla Vigna Ottieri. Nell’aprile 2012, la Commissione tributaria provinciale di Avellino (Italia) ha respinto l’impugnazione della Vigna Ottieri volta a ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento. Tale sentenza è stata impugnata dalla Vigna Ottieri.

7.        Nel settembre 2012, la Feudi ha rilevato la proprietà della Vigna Ottieri.

8.        Nell’ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale della Campania (Italia) ha respinto l’impugnazione della Vigna Ottieri. Detta commissione ha affermato che le società non operative spesso consentono a terzi, di solito i propri azionisti, di utilizzare i propri beni a condizioni favorevoli. In tali circostanze, le società proprietarie di tali beni possono essere trattate come società non operative. Essa ha inoltre stabilito che, con la cessione in locazione alla Feudi dei propri beni, compreso il diritto d’uso del suo marchio, la Vigna Ottieri aveva in realtà ceduto un ramo di azienda alla Feudi, collocando in tal modo l’operazione al di fuori del campo di applicazione dell’IVA.

9.        Nel marzo 2014, la Feudi ha presentato ricorso alla Corte suprema di cassazione (Italia) avverso tale decisione. Essa ha affermato che il diritto a detrazione dell’IVA può essere limitato solo nelle situazioni espressamente contemplate dalla sesta direttiva del Consiglio (6). Ai sensi dell’articolo 27 di tale direttiva, il Consiglio può autorizzare all’unanimità misure nazionali allo scopo di evitare frodi o evasioni fiscali. La Feudi ha sostenuto che, in assenza di tale autorizzazione, l’articolo 30 della legge n. 724/1994 rappresentava una violazione della sesta direttiva.

10.      L’amministrazione tributaria ha sostenuto di aver applicato correttamente l’articolo 30 della legge n. 724/1994, che mira a impedire alle persone giuridiche che formalmente svolgono un’attività economica, ma che in realtà non sono operative, di beneficiare di vantaggi fiscali. Poiché la Vigna Ottieri non era un soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9 della direttiva IVA, era corretto negarle il diritto a detrazione dell’IVA.

11.      La Corte suprema di cassazione osserva che l’articolo 30 della legge n. 724/1994 mira a disincentivare la costituzione di società non operative che esistono al solo scopo di ottenere condizioni fiscali vantaggiose per la gestione dei beni dei soci. Facendo riferimento ai coefficienti medi di redditività degli attivi aziendali, l’articolo 30 della legge n. 724/1994 stabilisce delle soglie per determinare quando una società non è operativa. La presunzione di non operatività delle società che non raggiungono tali soglie si basa sull’osservazione che, in assenza di una continuità minima nei ricavi, non vi è effettività di impresa. Una società può confutare questa presunzione dimostrando che, a causa di circostanze oggettive, è stato impossibile ottenere quel livello minimo di ricavi.

12.      La Corte suprema di cassazione spiega che un soggetto passivo non operativo perde il diritto al rimborso dell’eventuale eccedenza di credito IVA (7) fatta valere nella dichiarazione dei redditi, il diritto di utilizzare tale credito in compensazione con altri debiti IVA e il diritto di cedere tale credito a terzi. Sebbene il soggetto passivo conservi il diritto di riportare tale credito e di scomputarlo dall’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi, tale diritto viene meno qualora detto soggetto non raggiunga per tre esercizi fiscali consecutivi le soglie di cui al paragrafo 11 delle presenti conclusioni. Il diritto a detrazione dell’IVA sorge quando un soggetto passivo cede beni o fornisce servizi a un altro soggetto passivo perché siano da quest’ultimo utilizzati a valle ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta. Le amministrazioni tributarie nazionali non possono imporre condizioni supplementari. È in tale contesto che la Corte suprema di cassazione si interroga sulla possibilità di negare la qualità di soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, a una società che non soddisfa il criterio di cui all’articolo 30 della legge n. 724/1994, in quanto effettua un volume insufficiente di operazioni a valle soggette a IVA, sebbene i motivi di tale diniego possano essere confutati.

13.      La direttiva IVA riconosce inoltre che la prevenzione della frode, dell’evasione fiscale e dell’abuso sono obiettivi legittimi. Il diritto a detrazione può essere negato quando il soggetto passivo, con il pretesto di esercitare un’attività economica, cerca in realtà di far entrare nel suo patrimonio privato beni che avrebbero potuto essere oggetto di una detrazione se fossero stati acquistati nell’esercizio di tale attività economica. Le autorità tributarie non possono tuttavia stabilire regole probatorie, come la presunzione dell’esistenza di un abuso o di una frode in caso di abbandono di un investimento, che renderebbero praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA da parte dei soggetti passivi. La Corte suprema di cassazione dubita quindi che la presunzione stabilita dall’articolo 30 della legge n. 724/1994 sia conforme al principio di proporzionalità, nonostante la Commissione, in risposta a un’interrogazione del Parlamento europeo, abbia risposto in senso affermativo (8).

14.      La Corte suprema di cassazione nutre infine dubbi quanto alla questione se l’articolo 30 della legge n. 724/1994 violi i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. Un soggetto passivo che effettua un’operazione non saprà se questa possa dare diritto a detrazione o a rimborso dell’IVA, poiché l’esercizio di tali diritti sarà subordinato al fatto che il soggetto passivo percepisca un certo livello di reddito in un determinato esercizio fiscale.

15.      In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 9, paragrafo 1, della [direttiva IVA] può essere interpretato nel senso di negare la qualità di soggetto passivo e, conseguentemente, il diritto di detrazione o rimborso dell’IVA di rivalsa assolta al soggetto che esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative;

2)      nel caso in cui alla prima domanda sia data risposta negativa, se l’articolo 167 della [direttiva IVA] e i principi generali della neutralità dell’IVA e di proporzionalità della limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA ostano ad una disciplina nazionale che con l’articolo 30, quarto comma, legge n. 724 del 1994, nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo di imposta al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative;

3)      nel caso in cui alla seconda domanda sia data risposta negativa, se i principi dell’Unione europea della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento ostano ad una disciplina nazionale che, con l’articolo 30, quarto comma, legge n. 724 del 1994, nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo di imposta al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative».

16.      La Feudi, il governo italiano e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza del 14 giugno 2023, le suddette parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti della Corte.

 IV.      Valutazione

 A.      Sulla prima questione

17.      La Feudi sostiene che alla prima questione occorrerebbe rispondere in senso negativo. Lo status di soggetto passivo è una conseguenza dell’esercizio di un’attività economica, a prescindere dalla sua redditività o dal valore delle operazioni effettuate a valle. Secondo la giurisprudenza, il fatto che un bene sia idoneo all’uso economico è di norma sufficiente a sostenere la conclusione che il suo proprietario lo utilizza ai fini di un’attività economica e, di conseguenza, ricava da tale uso introiti aventi carattere di stabilità. Quando un bene può essere utilizzato sia per scopi economici sia a fini privati, occorre esaminare l’insieme delle circostanze del suo sfruttamento per stabilire se sia utilizzato per ricavarne introiti aventi effettivamente carattere di stabilità (9). La Feudi sottolinea che i suoi beni, sotto forma di impianti, attrezzature e marchio, possono essere utilizzati solo per la vendita di vino. L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA impedisce quindi l’applicazione di una presunzione con riferimento al valore delle operazioni a valle soggette a IVA.

18.      Il governo italiano sostiene che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA non costituisce un ostacolo a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che mira a prevenire l’abuso dello strumento societario per ottenere vantaggi fiscali. Non si può ritenere che una società che non fornisce beni o servizi su un mercato svolga un’attività economica. Introducendo una presunzione relativa con riferimento al valore delle operazioni a valle rilevanti ai fini dell’IVA, la cui applicazione è soggetta a sindacato giurisdizionale, la normativa nazionale mira semplicemente a individuare le situazioni in cui una società non esercita di fatto un’attività economica effettiva.

19.      La Commissione osserva che la normativa italiana mira a prevenire gli abusi che si verificano quando le società detengono beni produttivi che non generano reddito imponibile. Detta normativa individua tali società confrontando il valore delle attività patrimoniali che possiedono con determinate soglie di ricavi. Se i ricavi imponibili dichiarati scendono al di sotto di tali soglie in un determinato periodo, una società è considerata non operativa, a meno che non sia in grado di spiegare il motivo per cui ha percepito un importo così basso di ricavi. La legge italiana assoggetta inoltre tali società all’imposta sulle società con un’aliquota calcolata in riferimento a un reddito minimo presunto. L’articolo 30 della legge n. 724/1994 limita il diritto a detrazione dell’IVA delle società non operative in tre modi. In primo luogo, le società non operative non possono ottenere il rimborso dell’eccedenza dell’IVA assolta in un esercizio fiscale in cui sono considerate non operative (10). In secondo luogo, tali società non possono compensare le eccedenze di IVA assolta con altre imposte o tasse dovute e non possono cedere un credito IVA a terzi in un esercizio fiscale in cui si ritiene che non siano state operative. In terzo luogo, mentre in linea di principio le società non operative possono riportare un credito IVA all’esercizio fiscale successivo, tale diritto viene meno se si ritiene che siano state non operative per tre esercizi fiscali consecutivi.

20.      L’articolo 9 della direttiva IVA definisce la nozione di «attività economica» in modo molto ampio, in modo da comprendere qualsiasi attività permanente svolta dietro retribuzione, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. La Commissione ritiene che una società non perda necessariamente lo status di soggetto passivo in quanto considerata non operativa ai sensi della normativa nazionale applicabile. Lo status di soggetto passivo, come definito dall’articolo 9 della direttiva IVA, è indipendente dalla redditività delle attività economiche che svolge. Una società non operativa può sempre indicare di non aver acquistato beni o servizi ai fini delle proprie operazioni a valle soggette a imposta, nel qual caso non ha il diritto di portare in detrazione l’IVA assolta, ai sensi dell’articolo 168 della direttiva IVA. Secondo la Commissione, l’amministrazione tributaria italiana non ha contestato la natura economica delle attività della Vigna Ottieri, ma ha piuttosto ritenuto tale società non operativa a causa dell’insufficiente redditività delle sue operazioni a valle rilevanti ai fini dell’IVA.

21.      La nozione di «soggetto passivo» ai fini della direttiva IVA è definita con riferimento all’espressione «attività economica» di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della stessa. È l’esistenza di un’attività economica che conferisce la qualifica di «soggetto passivo» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della suddetta direttiva (11).

22.      L’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA definisce la nozione di «attività economica» come comprensiva di qualsiasi attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, e in particolare le operazioni comportanti lo «sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità». Il termine «sfruttamento», in conformità al principio di neutralità dell’IVA, si riferisce a tutte le operazioni, a prescindere dalla loro forma giuridica, volte a ottenere introiti di carattere stabile derivanti da beni (12). Il numero e il valore delle operazioni non sono criteri validi per distinguere tra le attività di un investitore privato, che si collocano al di fuori del campo di applicazione della direttiva, e quelle di un investitore le cui operazioni costituiscono un’attività economica (13).

23.      Le nozioni di «cessione di beni» e di «prestazione di servizi» hanno un carattere obiettivo e si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati di tali operazioni (14). È irrilevante che le operazioni siano finalizzate al profitto (15). La circostanza che un’operazione economica sia effettuata a un prezzo superiore o inferiore al valore di mercato è, di conseguenza, irrilevante al fine di qualificarla come effettuata a titolo oneroso (16).

24.      Né l’acquisto né la vendita di un bene costituiscono uno sfruttamento di un bene volto alla produzione di introiti aventi carattere di stabilità, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA, dal momento che l’unico reddito risultante da tali operazioni è quello dell’eventuale profitto all’atto della vendita del bene stesso (17). Anche la semplice detenzione di beni non è considerata un’attività economica ai fini della direttiva IVA (18). Riflette quanto sopra il primo comma dell’articolo 19 della direttiva IVA, che prevede che in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni. La suddetta disposizione è diretta a consentire agli Stati membri di agevolare i trasferimenti di imprese o di parti di imprese, semplificandoli ed evitando che il beneficiario sia gravato di un onere fiscale smisurato che sarebbe, in ogni caso, recuperato ulteriormente mediante detrazione dell’IVA assolta (19). Tenuto conto di tale finalità, la nozione di trasferimento a titolo oneroso o gratuito, o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, comprende il trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma. In tale nozione non rientra la mera cessione di beni, quale la vendita di uno stock di prodotti (20). Un trasferimento di beni può altresì avere luogo allorché i locali commerciali sono messi a disposizione del cessionario mediante un contratto di locazione o se quest’ultimo dispone di un bene immobile appropriato in cui tutti i beni trasferiti possano essere collocati e in cui egli possa continuare ad esercitare la stessa attività economica (21).

25.      Sebbene i trasferimenti a cui si riferisce l’articolo 19 della direttiva IVA siano quelli in cui il cessionario intende gestire l’azienda o la parte di impresa trasferita, tale disposizione non esige in alcun modo che, prima del trasferimento, il beneficiario eserciti lo stesso tipo di attività economica del cedente (22).

26.      Un’operazione costituisce una cessione di beni o una prestazione di servizi – e quindi un’attività economica – quando soddisfa i criteri oggettivi sui quali è fondata detta nozione. Ciò vale anche nel caso di un’operazione effettuata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale (23).

27.      Ne consegue che la qualifica di soggetto passivo si applica a chiunque eserciti in modo indipendente un’attività economica finalizzata al ricavo di introiti aventi un certo carattere di stabilità, a prescindere dai risultati di tale attività. La direttiva IVA osta quindi a una normativa nazionale che subordina la qualifica di soggetto passivo alla percezione di un determinato livello di ricavi da un’attività economica.

28.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale del giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che la qualifica di soggetto passivo non può essere negata al soggetto che, per tre anni consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente rispetto agli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone.

29.      Osservo tuttavia che, nel corso dell’udienza, la Commissione ha rappresentato che, nella misura in cui un soggetto passivo che non raggiunge il livello di ricavi richiesto può compensare parzialmente l’IVA assolta a monte con l’IVA applicata nell’ambito delle sue operazioni a valle, la normativa nazionale in questione non incide sulla qualifica di soggetto passivo. L’unica conseguenza del mancato raggiungimento della soglia di reddito pertinente per tre esercizi fiscali consecutivi è che il soggetto passivo non può riportare alcun credito per l’eccedenza dell’IVA assolta a monte e quindi perde il diritto di rivendicare tale credito. Benché spetti al giudice del rinvio verificare tale circostanza, se così fosse sembrerebbe che la normativa nazionale in esame non subordini, di fatto, la qualifica di soggetto passivo alla condizione che esso raggiunga una determinata soglia di reddito nel corso di un determinato periodo d’imposta.

 B.      Sulla seconda questione

30.      In base al principio di neutralità dell’IVA, la Feudi sostiene che il diritto alla detrazione dell’IVA a monte non può essere subordinato a condizioni diverse dall’esercizio di un’attività economica e dall’utilizzo dei beni e servizi acquistati a tal fine. Un soggetto passivo ha il diritto di portare in detrazione l’IVA a monte laddove le sue operazioni effettuate a valle siano assoggettate a tale imposta. Sebbene un’amministrazione tributaria possa rifiutare il diritto alla detrazione in caso di evasione o frode fiscale dimostrata da elementi oggettivi, la Feudi sostiene che essa non può basarsi su una presunzione a tal fine. In ogni caso, un criterio basato sul volume delle operazioni a valle soggette a IVA è una misura inadeguata per valutare la sussistenza di frodi.

31.      Il governo italiano sostiene che la sua normativa nazionale non rende impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA, in quanto le imprese possono dimostrare di esercitare effettivamente un’attività economica anche se percepiscono un basso livello di introiti. L’articolo 30 della legge n. 724/1994 sarebbe quindi conforme ai principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità.

32.      Secondo la Commissione, se un soggetto passivo utilizza beni o servizi ai fini di operazioni soggette a imposta, ha diritto alla detrazione dell’IVA assolta o dovuta per tali beni o servizi. Tale detrazione si calcola, in linea di principio, sottraendo dall’importo complessivo dell’IVA dovuta per un determinato periodo d’imposta l’importo complessivo dell’IVA per la quale è maturato il diritto a detrazione nello stesso periodo. Qualora l’importo delle detrazioni per un determinato periodo d’imposta superi l’importo dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono rimborsare l’eccedenza o riportarla al periodo d’imposta successivo.

33.      Nel caso sottoposto al giudice del rinvio, il diritto al riporto del credito IVA è stato negato perché la Feudi non ha raggiunto, per tre esercizi fiscali consecutivi, la soglia minima di operazioni a valle soggette a IVA stabilita dalla normativa italiana. La Commissione sostiene che, nella misura in cui la normativa italiana considera alcuni soggetti passivi come non operativi, essa lo fa basandosi sul fatto che un soggetto passivo può avere effettuato operazioni a monte soggette all’IVA senza effettuare anche un volume sufficiente di operazioni a valle soggette all’IVA. Poiché in tali circostanze un soggetto passivo non ha il diritto alla detrazione dell’eccedenza dell’IVA assolta a monte, il principio di neutralità dell’IVA non osta a tale interpretazione della normativa italiana.

34.      La Commissione ritiene inoltre che l’articolo 30 della legge n. 724/1994 sia proporzionato all’obiettivo di impedire a una società di portare indebitamente a detrazione l’IVA a monte, fintantoché tale società sia in grado di dimostrare, in condizioni non eccessivamente difficili, di aver eseguito le operazioni a monte al fine di effettuare operazioni a valle soggette all’IVA.

35.      Il sistema di detrazioni che la direttiva IVA istituisce ha lo scopo di esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA assolta o dovuta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA è inteso a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché tali attività siano soggette all’IVA (24). Il diritto a detrazione è parte integrante del sistema dell’IVA. A condizione che i soggetti passivi che intendono esercitare tale diritto rispettino i requisiti o le condizioni tanto sostanziali quanto formali a cui tale diritto è subordinato, l’applicazione di tale diritto, in linea di principio, non può essere soggetta a limitazioni (25).

36.      A norma dell’articolo 168 della direttiva IVA, il soggetto passivo beneficia del diritto a detrazione dell’IVA dovuta a monte nei limiti in cui i beni e i servizi acquistati vengano impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta (26).  Quando beni o servizi che un soggetto passivo acquista sono usati ai fini di sue operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte (27).

37.      Conformemente all’articolo 273, primo comma, della direttiva IVA, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi, rispetto a quelli previsti dalla menzionata direttiva, che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e a evitare le evasioni. Tali misure non devono eccedere quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti e non possono quindi essere utilizzate in maniera tale da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità di tale imposta (28).

38.      Gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto dell’Unione. Il beneficio del diritto dell’Unione non si applica a operazioni che non siano realizzate nell’ambito di transazioni commerciali normali, bensì al solo scopo di beneficiare, abusivamente, di un vantaggio previsto dal diritto dell’Unione. Il divieto di comportamenti abusivi si applica anche al settore dell’IVA e la direttiva IVA riconosce e promuove la lotta contro ogni possibile frode, evasione ed abuso (29).

39.      Nel sistema dell’IVA, perché possa parlarsi di un comportamento abusivo, da un lato, le operazioni controverse devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da queste stesse disposizioni. Dall’altro, deve altresì risultare che lo scopo delle operazioni controverse è essenzialmente l’ottenimento di un vantaggio fiscale (30).

40.      Alla seconda questione, che richiede una risposta alla luce di quanto propongo per la prima questione, occorre rispondere sulla base delle considerazioni che precedono.

41.      L’articolo 30 della legge n. 724/1994 stabilisce che, in linea di principio, una società non operativa è una società che non effettua un volume minimo di operazioni economiche soggette a IVA rispetto al valore delle attività patrimoniali di cui dispone. Tale presunzione può essere confutata fornendo la prova delle ragioni oggettive del volume anormalmente basso delle operazioni a valle soggette a IVA effettuate dall’impresa. In caso di applicazione della presunzione, la società non operativa può riportare il credito per l’eccedenza di IVA assolta a monte solo all’esercizio fiscale successivo. Se una società non raggiunge le soglie di reddito di riferimento per tre anni consecutivi, non può riportare alcun credito IVA. Come ha osservato la Commissione in udienza, senza che le altre parti la contraddicessero su questo punto, una società non operativa non perde il diritto alla detrazione relativamente alle proprie operazioni a valle soggette a IVA, sebbene inferiori alla soglia, sottraendo dall’IVA dovuta l’IVA assolta a monte.

42.      Nella misura in cui la normativa italiana prevede che le società perdano il diritto alla detrazione dell’eccedenza dell’IVA assolta a monte quando effettuano un volume insufficiente di operazioni a valle soggette a IVA per tre esercizi fiscali consecutivi, tale normativa applica il principio contenuto nell’articolo 168 della direttiva IVA, come interpretato dalla giurisprudenza a cui fa riferimento il paragrafo 36 delle presenti conclusioni, giacché un soggetto passivo ha il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte solo quando i beni o i servizi acquistati sono utilizzati ai fini delle sue operazioni a valle soggette a IVA. Si tratta quindi di una misura antielusiva che persegue un obiettivo legittimo, vale a dire impedire alle società non operative di abusare del sistema dell’IVA, obiettivo coerente con l’articolo 273 della direttiva IVA e con la giurisprudenza cui fanno riferimento i paragrafi 38 e 39 delle presenti conclusioni.

43.      Quanto al principio di proporzionalità, la Corte ha affermato che gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, arrechino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’Unione in questione (31). Una normativa nazionale che stabilisce presunzioni relative al fine di ridurre al minimo i rischi di elusione ed evasione fiscale non è quindi di per sé contraria al principio di proporzionalità, a condizione che alle persone interessate da tali norme sia offerta una reale opportunità di fornire ragioni obiettive per spiegare il volume anormalmente basso di operazioni a valle soggette a IVA durante gli esercizi fiscali di cui trattasi (32).  Tale prova deve essere fornita in conformità alle norme del diritto nazionale, che non possono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA (33). Il livello di prova richiesto per confutare la presunzione non deve inoltre essere eccessivamente elevato.

44.      Nel caso di specie, come sottolineato dal governo italiano, al fine di confutare la presunzione le possibilità di una società non sono limitate alla dimostrazione di avere raggiunto la soglia di reddito. Una società può fornire altresì spiegazioni adeguate sui motivi per cui ha effettuato un valore molto basso di operazioni a valle durante gli esercizi fiscali in questione (ad esempio, problemi di produzione o una recessione economica). Il fatto che la presunzione relativa stabilita dalla normativa italiana si applichi quando le soglie di reddito non sono raggiunte per tre esercizi fiscali consecutivi indica che essa è adeguatamente concepita per identificare costruzioni artificiose. In caso di controversia, spetta al giudice del rinvio verificare se le regole probatorie previste dalla legge italiana per confutare la presunzione rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile per gli interessati esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA.

45.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale del giudice del rinvio dichiarando che il principio di neutralità dell’IVA e il principio di proporzionalità non ostano a una normativa nazionale secondo la quale il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte sugli acquisti, di ottenerne il rimborso o di utilizzarla in un successivo periodo di imposta può essere negato al soggetto passivo che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente rispetto agli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone e che non sia in grado di apportare la prova dell’esistenza di oggettive situazioni che spieghino tale risultato. Le condizioni alle quali tale prova può essere prodotta non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA da parte degli interessati, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 C.      Sulla terza questione

46.      Risponderò alla terza questione pregiudiziale del giudice del rinvio alla luce della mia proposta di risposta alla sua seconda questione.

47.      La Feudi sostiene che una normativa nazionale che crea una situazione di perdurante incertezza sulla possibilità di portare in detrazione l’IVA assolta a monte è contraria al principio di certezza del diritto.

48.      Il governo italiano e la Commissione sostengono che la normativa italiana non è contraria né al principio di certezza del diritto né a quello della tutela del legittimo affidamento, in quanto essa opera nel contesto di un quadro giuridico chiaro che definisce con precisione le situazioni in cui un soggetto passivo può perdere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte. Una società che non svolge attività economica non può inoltre beneficiare di un legittimo affidamento nella possibilità di detrarre l’IVA assolta a monte.

49.      Come la Corte ha più volte dichiarato, la normativa dell’Unione deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. Tale necessità di certezza del diritto s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (34).

50.      La normativa nazionale oggetto del procedimento principale consiste in una presunzione relativa che si applica quando il soggetto passivo effettua un volume insufficiente di operazioni a valle soggette a IVA, calcolato in percentuale rispetto al valore delle sue attività patrimoniali durante tre esercizi fiscali consecutivi. La normativa stabilisce quindi una norma chiara, di cui il soggetto passivo è preventivamente informato, che pone limiti al diritto di detrazione dell’IVA assolta a monte. Nel momento in cui presenta una dichiarazione IVA, un soggetto passivo sa con certezza se tale norma si applica alla sua situazione, così come qualsiasi altro soggetto passivo determina i suoi obblighi in materia di IVA per un determinato periodo d’imposta al momento della presentazione della dichiarazione IVA. Il soggetto passivo può, se necessario, dimostrare che le sue operazioni a valle soggette a IVA hanno raggiunto la soglia pertinente o che per ragioni oggettive non l’hanno raggiunta.

51.      Il principio della tutela del legittimo affidamento si applica a tutti coloro ai quali un’autorità amministrativa ha fornito precise garanzie che abbiano ingenerato un ragionevole affidamento in capo a un operatore economico prudente e accorto, purché tali aspettative siano legittime (35).

52.      Dai documenti in possesso della Corte non risulta che l’amministrazione tributaria italiana abbia dato precise assicurazioni alla Vigna Ottieri sul fatto che essa non sarebbe stata trattata come una società non operativa durante gli esercizi fiscali pertinenti, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Un soggetto passivo non operativo non può invocare il principio della tutela del legittimo affidamento per portare in detrazione l’IVA assolta a monte quando i beni e i servizi che ha acquistato non sono stati utilizzati ai fini di operazioni a valle soggette a IVA, come richiede l’articolo 168 della direttiva IVA.

53.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale del giudice del rinvio dichiarando che il principio della certezza del diritto e il principio della tutela del legittimo affidamento non ostano a una normativa nazionale secondo la quale il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte sugli acquisti, di ottenerne il rimborso o di utilizzarla in un successivo periodo di imposta può essere negato al soggetto passivo che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente rispetto agli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone e che non sia in grado di apportare la prova dell’esistenza di oggettive situazioni che spieghino tale risultato.

 V.      Conclusione

54.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte suprema di cassazione (Italia) nei termini seguenti:

1)      L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,

dev’essere interpretato nel senso che la qualifica di soggetto passivo non può essere negata al soggetto che, per tre anni consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente rispetto agli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone.

2)      Il principio di neutralità dell’IVA e il principio di proporzionalità

devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale secondo la quale il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte sugli acquisti, di ottenerne il rimborso o di utilizzarla in un successivo periodo di imposta può essere negato al soggetto passivo che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente rispetto agli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone e che non sia in grado di apportare la prova dell’esistenza di oggettive situazioni che spieghino tale risultato. Le condizioni alle quali tale prova può essere prodotta non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA da parte degli interessati, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

3)      I principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale secondo la quale il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte sugli acquisti, di ottenerne il rimborso o di utilizzarla in un successivo periodo di imposta può essere negato al soggetto passivo che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente rispetto agli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone e che non sia in grado di apportare la prova dell’esistenza di oggettive situazioni che spieghino tale risultato.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2006, L 347, pag. 1.


3      GURI n. 304 del 30 dicembre 1994.


4      Procedura di infrazione n. 2007/4392.


5      Vale a dire, il valore delle operazioni a valle soggette a IVA effettuate dalla Vigna Ottieri era inferiore al 15% del valore delle sue attività.


6      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»). A decorrere dal 1o gennaio 2007, la direttiva IVA ha abrogato e sostituito la sesta direttiva.


7      La nozione di «eccedenza di credito IVA» si applica quando una società che ha effettuato più operazioni a monte che operazioni a valle soggette a IVA può non essere in grado di compensare completamente l’IVA assolta con l’IVA addebitata in un determinato esercizio fiscale.


8      V. risposta della Commissione del 30 novembre 2010 all’interrogazione parlamentare P-9064/2010 (GU 2011, C 249 E, pag. 1).


9      Sentenza del 20 giugno 2013, Finanzamt Freistadt Rohrbach Urfahr (C-219/12, EU:C:2013:413, punto 20).


10      La Commissione ha aggiunto nel corso dell’udienza che una società non operativa non perde il diritto a detrazione con riferimento alle operazioni a valle soggette ad IVA, anche se il volume delle suddette operazioni è inferire alla soglia. L’articolo 30 della legge n. 724/1994 limita soltanto l’esercizio del diritto di detrarre l’eccedenza di IVA assolta.


11      Sentenze del 15 settembre 2011, Słaby e a. (C-180/10 e C-181/10, EU:C:2011:589, punto 43), e del 20 gennaio 2021, AJFP Sibiu e DGRFP Braşov (C-655/19, EU:C:2021:40, punto 25).


12      Sentenze del 15 settembre 2011, Słaby e a. (C-180/10 e C-181/10, EU:C:2011:589, punto 45), e del 20 gennaio 2021, AJFP Sibiu e DGRFP Braşov (C-655/19, EU:C:2021:40, punto 27).


13      Sentenze del 15 settembre 2011, Słaby e a. (C-180/10 e C-181/10, EU:C:2011:589, punto 37), del 17 ottobre 2019, Paulo Nascimento Consulting (C-692/17, EU:C:2019:867, punto 25), e del 20 gennaio 2021, AJFP Sibiu e DGRFP Braşov (C-655/19, EU:C:2021:40, punto 30).


14      Sentenza del 2 giugno 2016, Lajvér (C-263/15, EU:C:2016:392, punto 22).


15      Ibidem, punto 35.


16      Ibidem, punto 45.


17      Sentenza del 20 gennaio 2021, AJFP Sibiu e DGRFP Braşov (C-655/19, EU:C:2021:40, punto 28).


18      V., al riguardo, sentenza del 20 giugno 1991, Polysar Investments Netherlands (C-60/90, EU:C:1991:268, punti 13 e 14), che stabilisce che una holding non è un soggetto passivo.


19      Sentenza del 27 novembre 2003, Zita Modes (C-497/01, EU:C:2003:644, punto 39).


20      Sentenze del 27 novembre 2003, Zita Modes (C-497/01, EU:C:2003:644, punto 40); del 10 novembre 2011, Schriever (C-444/10, EU:C:2011:724, punti 24 e 25), e del 19 dicembre 2018, Mailat (C-17/18, EU:C:2018:1038, punto 15).


21      Sentenza del 10 novembre 2011, Schriever (C-444/10, EU:C:2011:724, punto 29). La circostanza che i locali commerciali siano dati in locazione all’acquirente dell’impresa e non venduti a quest’ultimo non costituisce un ostacolo alla prosecuzione dell’attività dell’alienante da parte dell’acquirente (ibidem, punto 40).


22      Sentenze del 27 novembre 2003, Zita Modes (C-497/01, EU:C:2003:644, punti 44 e 45), e del 10 novembre 2011, Schriever (C-444/10, EU:C:2011:724, punto 37).


23      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punto 60).


24      Sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punto 43), e dell’11 novembre 2021, Ferimet (C-281/20, EU:C:2021:910, punto 30).


25      Sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punto 44), e dell’11 novembre 2021, Ferimet (C-281/20, EU:C:2021:910, punto 31).


26      Sentenza del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt (C-118/11, EU:C:2012:97, punti 31 e 42).


27      Sentenze del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt (C-118/11, EU:C:2012:97, punto 44), e del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punto 42).


28      Sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport (C-284/11, EU:C:2012:458, punto 47), e dell’11 novembre 2021, Ferimet (C-281/20, EU:C:2021:910, punto 32).


29      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punti da 68 a 71).


30      Ibidem, punti 74 e 75.


31      Sentenza del 28 febbraio 2018, Pieńkowski (C-307/16, EU:C:2018:124, punto 34).


32      V., per analogia, sentenza del 21 novembre 2018, Fontana (C-648/16, EU:C:2018:932, punti 42 e 44), in cui la Corte ha affermato che il principio di proporzionalità non osta a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione relativa al volume d’affari assoggettato all’IVA, a condizione che il soggetto passivo possa impugnare l’accertamento fiscale e che il livello di prova perché sia accolta tale impugnazione non sia eccessivamente elevato.


33      V., in tal senso, sentenze del 12 novembre 2020, ITH Comercial Timişoara (C-734/19, EU:C:2020:919, punto 39), e dell’11 novembre 2021, Ferimet (C-281/20, EU:C:2021:910, punto 51).


34      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).


35      V., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punti 44 e 45), e del 15 aprile 2021, Administration de l’Enregistrement, des Domaines et de la TVA (C-846/19, EU:C:2021:277, punto 90).