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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 14 dicembre 2023 (1)

Causa C-746/22

Slovenské Energetické Strojárne A.S.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest - Capitale, Ungheria)]

Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 170 – Rimborso dell’imposta ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso – Direttiva 2008/9/CE – Articolo 20 – Richiesta di informazioni aggiuntive formulata dallo Stato membro di rimborso – Archiviazione del procedimento a causa della mancata comunicazione delle informazioni aggiuntive entro il termine prescritto – Articolo 23 – Rifiuto di prendere in considerazione le informazioni fornite per la prima volta in un procedimento di ricorso






 Introduzione

1.        Nel sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»), il diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte svolge un ruolo fondamentale, in quanto consente al soggetto passivo di evitare di dover sopportare l’onere di tale imposta, la quale viene riscossa solo presso i consumatori. Tuttavia, a causa della natura territoriale dell’IVA, limitata al territorio dei singoli Stati membri, il diritto alla detrazione non sorge nella situazione in cui un soggetto passivo, che non ha né la sede, né una stabile organizzazione della propria attività economica in un determinato Stato membro, acquista in tale Stato membro beni o servizi che utilizza ai fini della sua attività imponibile esercitata in un altro Stato membro o ai fini di un’attività imponibile, la quale tuttavia non comporta l’obbligo per siffatto soggetto passivo di pagare l’imposta, ad esempio in relazione all’applicazione del meccanismo della cosiddetta «inversione contabile». In questo caso, infatti, non vi è alcuna imposta dovuta nel territorio dello Stato membro interessato dalla quale sarebbe possibile detrarre l’imposta pagata sui beni o servizi acquistati dal soggetto passivo nel territorio di detto Stato membro.

2.        In una siffatta situazione, in luogo del diritto alla detrazione la normativa dell’Unione prevede il diritto al rimborso dell’IVA versata. La legislazione dell’Unione disciplina in modo piuttosto dettagliato non solo gli aspetti sostanziali di tale diritto al rimborso, ma anche le relative questioni procedurali, compresi i termini applicabili ai procedimenti relativi alle richieste di rimborso.

3.        La Corte ha già avuto diverse occasioni per interpretare tali disposizioni (2). Tuttavia, come dimostra il caso in esame, dalla suddetta giurisprudenza si possono trarre conclusioni divergenti quanto alla natura giuridica dei termini in parola ed alle conseguenze della loro inosservanza. La Corte avrà quindi l’opportunità di chiarire l’interpretazione delle disposizioni in questione e di dissipare i dubbi emersi.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

4.        Gli articoli 170, lettera b), e 171, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (3), come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008 (4) (in prosieguo: la «direttiva 2006/112»), prevedono che:

«Articolo 170

Il soggetto passivo che, ai sensi (…) dell’articolo 3 della direttiva 2008/9/CE[(5)] e dell’articolo 171 della presente direttiva, non è stabilito nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da IVA ha il diritto al rimborso di tale imposta nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni seguenti:

(…)

b)      le operazioni per le quali l’imposta è dovuta unicamente dall’acquirente o dal destinatario a norma degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199.

Articolo 171

1.      Il rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta ma che sono stabiliti in un altro Stato membro è effettuato secondo le modalità d’applicazione previste dalla direttiva 2008/9/CE.

(…)».

5.        Gli articoli 3, 5, 7, 15, 19, 20, 21, 23 della direttiva 2008/9 dispongono, in particolare, quanto segue:

«Articolo 3

La presente direttiva si applica ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le seguenti condizioni:

a)      nel periodo di riferimento non avevano nello Stato membro di rimborso né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione dalla quale fossero effettuate operazioni commerciali, né, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il domicilio o la residenza abituale;

b)      nel periodo di riferimento non hanno effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato nello Stato membro di rimborso, fatta eccezione per le seguenti operazioni:

(…)

ii)      cessioni di beni e prestazioni di servizi al debitore dell’IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199 della direttiva 2006/112/CE.

(…)

Articolo 5

Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso l’IVA a lui addebitata in relazione a beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro o in relazione all’importazione di beni in tale Stato membro, nella misura in cui i beni e servizi in questione siano impiegati ai fini delle seguenti operazioni:

(…)

b)      operazioni il cui destinatario è il debitore dell’IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199 della direttiva 2006/112/CE, quali applicati nello Stato membro di rimborso.

(…)

Articolo 7

Per ottenere un rimborso dell’IVA nello Stato membro di rimborso, il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso inoltra a tale Stato membro una richiesta elettronica di rimborso e la presenta allo Stato membro in cui è stabilito attraverso il portale elettronico predisposto da tale Stato membro.

(…)

Articolo 15

1.      La richiesta di rimborso è presentata allo Stato membro di stabilimento al più tardi il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento. La richiesta di rimborso si considera presentata solo se il richiedente ha fornito tutte le informazioni previste dagli articoli 8, 9 e 11.

(…)

Articolo 19

(…)

2.      Lo Stato membro di rimborso notifica al richiedente la propria decisione di approvare o respingere la richiesta di rimborso entro quattro mesi dalla ricezione della richiesta in tale Stato membro.

Articolo 20

1.      Nei casi in cui lo Stato membro di rimborso ritiene di non disporre di tutte le informazioni pertinenti su cui basare la decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa, può chiedere per via elettronica informazioni aggiuntive, in particolare al richiedente o alle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, entro il termine di quattro mesi di cui all’articolo 19, paragrafo 2. Se le informazioni aggiuntive sono richieste a una persona diversa dal richiedente o dall’autorità competente di uno Stato membro, la richiesta è introdotta per via elettronica solo se il destinatario della richiesta dispone dei mezzi necessari a tal fine.

Se necessario, lo Stato membro di rimborso può chiedere ulteriori informazioni aggiuntive.

Le informazioni richieste in conformità del presente paragrafo possono includere l’originale o una copia della fattura o del documento d’importazione pertinente se lo Stato membro di rimborso ha motivo di dubitare ragionevolmente della validità o dell’accuratezza di una particolare richiesta. (…)

2.      Le informazioni richieste ai sensi del paragrafo 1 sono fornite allo Stato membro di rimborso entro un mese dal giorno in cui la richiesta è pervenuta alla persona a cui è indirizzata.

Articolo 21

Qualora chieda informazioni aggiuntive, lo Stato membro di rimborso notifica al richiedente la propria decisione di approvare o rifiutare la richiesta di rimborso entro due mesi dal giorno in cui le informazioni richieste gli sono pervenute o, se non ha ricevuto risposta alla sua richiesta, entro due mesi dalla scadenza del periodo di cui all’articolo 20, paragrafo 2. Tuttavia, il periodo a disposizione per la decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa non è comunque inferiore a sei mesi a decorrere dalla data di ricezione della richiesta nello Stato membro di rimborso.

Qualora chieda ulteriori informazioni aggiuntive, lo Stato membro di rimborso notifica al richiedente la propria decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa entro otto mesi dalla ricezione della richiesta in tale Stato membro.

(…)

Articolo 23

1.      Qualora la richiesta di rimborso sia rifiutata del tutto o in parte, i motivi del rifiuto sono notificati al richiedente dallo Stato membro di rimborso unitamente alla decisione.

2.      Il richiedente può presentare ricorso presso le autorità competenti dello Stato membro di rimborso contro una decisione di rifiuto di una richiesta di rimborso nella forma ed entro i termini prescritti per i ricorsi riguardanti le richieste di rimborso presentate dalle persone stabilite in tale Stato membro.

Se, in base alla legislazione nazionale dello Stato membro di rimborso, il fatto che non venga presa, entro i termini stabiliti dalla presente direttiva, una decisione sulla richiesta di rimborso non viene considerato né assenso né rifiuto, il richiedente ha accesso alle stesse procedure amministrative e giudiziarie di cui, in questa situazione, possono avvalersi i soggetti passivi stabiliti in detto Stato membro. Se le suddette procedure non sono previste, il fatto che non venga presa una decisione sulla richiesta di rimborso entro i termini stabiliti dalla presente direttiva è considerato un rifiuto».

 Il diritto ungherese

6.        Le disposizioni degli articoli da 19 a 21 della direttiva 2008/9 sono state recepite nel diritto ungherese dagli articoli 251/C, 251/E, 251/F, e 251/G, della legge n. CXXVII del 2007 relativa all’imposta sul valore aggiunto (az általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény) (6).

7.        Ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, lettera b), della legge n. CLI del 2017, recante regolamentazione dell’amministrazione tributaria (az adóigazgatási rendtartásról szóló 2017. évi CLI. Törvéy; in prosieguo: la «legge sull’amministrazione tributaria») (7), il procedimento tributario è archiviato qualora il richiedente non abbia presentato la dichiarazione o non abbia effettuato la rettifica, pur essendo stato invitato a farlo dall’autorità tributaria, cosicché la richiesta non può essere esaminata.

8.        L’articolo 124 della legge sull’amministrazione tributaria sancisce il diritto di ricorso avverso le decisioni in materia tributaria. Ai sensi del paragrafo 3 di tale articolo, non è consentito, nella fase del ricorso, far valere nuovi fatti o produrre nuovi mezzi di prova di cui il ricorrente era a conoscenza ma che non aveva fornito dinanzi all’autorità di primo grado, nonostante la richiesta in tal senso da parte dell’autorità.

9.        Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 4, della legge n. I del 2017 recante il codice di procedura giurisdizionale amministrativa (a közigazgatási perrendtartásról szóló 2017. évi I. törvény) (8), la parte può far valere dinanzi ad un organo giurisdizionale un fatto che non sia stato valutato nel precedente procedimento sia perché l’autorità si sia rifiutata di prenderlo in considerazione, sia perché la parte non ne fosse a conoscenza senza colpa, oppure non abbia potuto dedurlo senza colpa.

 Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

10.      La Slovenské Energetické Strojárne A.S. (in prosieguo: la «società SES»), con sede in Slovacchia, opera nel settore della costruzione di macchinari per le industrie elettriche. Nel 2020, tale società ha fornito servizi di montaggio ed installazione presso la centrale elettrica di Újpest (Ungheria). Per prestare tali servizi, essa ha acquistato vari beni e fruito di servizi in Ungheria.

11.      Il 18 febbraio 2021, la società SES ha chiesto alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Kiemelt Adó- és Vámigazgatósága (direzione tributaria e doganale per i grandi contribuenti dell’amministrazione nazionale tributaria e doganale, Ungheria; in prosieguo: l’«autorità tributaria di primo grado»), il rimborso dell’IVA, per un importo di HUF 37 013 654 (circa EUR 97 400), pagata per i beni e servizi acquistati in Ungheria nel 2020.

12.      Il 22 febbraio 2021, l’autorità tributaria di primo grado ha chiesto alla società SES di fornire, entro un mese, una serie di documenti relativi alla sua richiesta di rimborso dell’IVA. La società SES, pur avendo ricevuto la suddetta richiesta per via elettronica, non vi ha dato seguito (9).

13.      Alla luce di quanto sopra, l’autorità tributaria di primo grado, con decisione del 6 maggio 2021, adottata ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’amministrazione tributaria, ha archiviato il procedimento relativo alla richiesta di rimborso dell’IVA presentata dalla società SES.

14.      Il 9 giugno 2021, la società SES ha impugnato la suddetta decisione dinanzi alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (direzione dei ricorsi dell’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria; in prosieguo: l’«autorità tributaria di secondo grado»), trasmettendo, al contempo, tutti i documenti richiesti dall’autorità tributaria di primo grado.

15.      Con decisione del 20 luglio 2021, l’autorità tributaria di secondo grado ha confermato la decisione dell’autorità tributaria di primo grado. Tale autorità ha indicato, in particolare, che le disposizioni della legge sull’amministrazione tributaria non consentivano di far valere, in un procedimento di ricorso, nuovi elementi di prova di cui il ricorrente era a conoscenza prima dell’adozione della decisione di primo grado, ma che non aveva prodotto, nonostante fosse stato invitato a farlo dall’autorità.

16.      La società SES ha proposto un ricorso avverso la suddetta decisione dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), giudice del rinvio nella presente causa. La società ha contestato l’applicazione dell’articolo 124, paragrafo 3, della legge sull’amministrazione tributaria al procedimento di rimborso dell’IVA ai sensi della direttiva 2008/9, in quanto, a suo avviso, la citata disposizione limiterebbe il diritto di ricorso sancito dall’articolo 23, paragrafo 2, della citata direttiva. Inoltre, essa ha sostenuto che il termine di un mese previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva non aveva natura perentoria. Per contro, secondo l’autorità tributaria di secondo grado, l’articolo 124, paragrafo 3, della legge sull’amministrazione tributaria è applicabile ai procedimenti di rimborso dell’IVA. Cionondimeno, tale conclusione non priva il soggetto passivo che si trova in una situazione come quella della società SES, del suo diritto al rimborso, dal momento che esso ha la possibilità di chiedere la rimessione in termini.

17.      In tali circostanze, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva [2008/9], debba essere interpretato nel senso che è conforme ai requisiti in materia di ricorsi di detta direttiva una normativa nazionale – segnatamente l’articolo 124, paragrafo 3, della [legge sull’amministrazione tributaria] – che, ai fini dell’esame delle richieste di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva [2006/112], non consente, nella fase del ricorso, di far valere fatti nuovi e di invocare o produrre nuovi mezzi di prova che il richiedente conosceva prima dell’adozione della decisione di primo grado ma che non ha presentato, nonostante fosse stato invitato a farlo dall’autorità tributaria, o non ha fatto valere, dando così luogo a una restrizione sostanziale che eccede i requisiti formali e relativi ai termini stabiliti dalla direttiva [2008/9].

2)      Se una risposta affermativa alla prima questione comporti che il termine di un mese previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva [2008/9] debba essere considerato perentorio. Se ciò sia conforme al principio del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché agli articoli 167, 169, 170 e 171, paragrafo 1, della direttiva [2006/112] e ai principi fondamentali di neutralità fiscale, effettività e proporzionalità sviluppati dalla [Corte].

3)      Se il disposto dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva [2008/9], relativo al rifiuto totale o parziale di una richiesta di rimborso, debba essere interpretato nel senso che ad esso è conforme una normativa nazionale – segnatamente l’articolo 49, paragrafo 1, lettera b), della legge sull’amministrazione tributaria – in base alla quale l’autorità tributaria è tenuta ad archiviare il procedimento qualora il soggetto passivo richiedente non risponda a una richiesta dell’autorità tributaria né rispetti l’obbligo di regolarizzazione e, in difetto di ciò, la richiesta non possa essere esaminata, ma il procedimento prosegue d’ufficio.

18.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 6 gennaio 2022. Osservazioni scritte sono state presentate dalla società SES, dal governo ungherese, dal Consiglio dell’Unione europea (10) nonché dalla Commissione europea. La Corte ha deciso di esaminare la causa senza tenere un’udienza pubblica.

 Analisi

19.      Il giudice del rinvio nella presente causa ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali, di cui è la prima a rivestire un’importanza fondamentale ai fini della risoluzione della controversia nel procedimento principale. Tuttavia, inizierò l’analisi dalla seconda questione pregiudiziale, in quanto la risposta a tale questione può essere agevolmente dedotta dalla giurisprudenza esistente della Corte e avrà un’incidenza sull’analisi della prima questione.

 Sulla seconda questione pregiudiziale

20.      La seconda questione pregiudiziale riguarda due punti distinti. Il primo è quello relativo alla natura giuridica del termine di un mese previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 per fornire la risposta alla richiesta di informazioni aggiuntive formulata dall’autorità che esamina la richiesta di rimborso dell’IVA. Più precisamente, il giudice del rinvio chiede se tale termine possa essere considerato un termine perentorio, vale a dire, se la sua inosservanza possa comportare la perdita della possibilità, per il soggetto passivo, di far valere informazioni aggiuntive nelle fasi successive del procedimento relativo ad una richiesta di rimborso. Il secondo punto riguarda la questione se un siffatto carattere perentorio del termine di cui sopra sia compatibile con l’articolo 47 della Carta e con una serie di principi e disposizioni del diritto dell’Unione in materia di IVA. Il giudice del rinvio pone la seconda questione pregiudiziale in caso di risposta affermativa alla prima questione, tuttavia essa può essere risolta sulla base della precedente giurisprudenza della Corte, senza il previo esame della prima questione.

 Sentenza Sea Chefs Cruise Services

21.      La natura giuridica del termine previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 è stata, infatti, definita dalla Corte nella sentenza Sea Chefs Cruise Services. In tale sentenza, la Corte ha espressamente dichiarato che il suddetto termine non costituisce un termine di decadenza e che il suo mancato rispetto non priva il soggetto passivo della possibilità di integrare la propria richiesta di rimborso in fase di procedimento giudiziario (11).

22.      La Corte ha fondato siffatta decisione sull’interpretazione letterale e sistematica della direttiva 2008/9 (12). Inoltre, la Corte ha rilevato che una richiesta di informazioni aggiuntive ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 può essere rivolta non solo al soggetto passivo che chiede il rimborso, ma anche allo Stato membro di stabilimento del medesimo o a terzi. In una siffatta situazione, un eventuale ritardo da parte di soggetti sui quali il soggetto passivo non ha alcuna influenza, non deve avere l’effetto di privarlo del diritto al rimborso (13).

23.      Infine, la Corte ha affermato che, dato che ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2008/9, il soggetto passivo ha il diritto di presentare ricorso contro una decisione di rifiuto del rimborso e il termine di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della stessa non costituisce un termine di decadenza, il soggetto passivo ha il diritto di far valere, in un procedimento di ricorso contro tale decisione, informazioni aggiuntive a sostegno del proprio diritto al rimborso (14). Ciò deve essere inteso nel senso che il soggetto passivo può far valere, tra l’altro, le informazioni o i documenti che gli sono stati richiesti dall’autorità che esamina la sua richiesta di rimborso e che il soggetto passivo non aveva fornito entro il termine previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9.

24.      È vero che nella sentenza Sea Chefs Cruise Services la Corte ha affrontato specificamente la possibilità per il soggetto passivo di far valere le informazioni aggiuntive nell’ambito di un procedimento dinanzi al giudice nazionale. Ciò era dovuto, tuttavia, alla particolare configurazione della controversia principale nella causa che ha dato luogo a tale sentenza nonché alla formulazione della questione pregiudiziale. In ogni caso, la Corte ha fatto esplicito riferimento al diritto del soggetto passivo previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 di presentare ricorso contro una decisione relativa al rimborso dell’imposta (15). Orbene, tale disposizione parla genericamente di «ricorso presso le autorità competenti dello Stato membro», espressione che comprende sia le autorità giudiziarie che quelle amministrative. Ciò è confermato, in particolare, dal secondo comma del citato paragrafo, ai sensi del quale il soggetto passivo deve avere accesso alle «stesse procedure amministrative e giudiziarie» nello Stato membro di rimborso. Alla luce di quanto sopra, le conclusioni derivanti dalla sentenza Sea Chefs Cruise Services possono essere applicate non solo ai procedimenti giudiziari, ma anche, come nel caso di specie, ai ricorsi amministrativi avverso le decisioni relative ai rimborsi dell’IVA, qualora tale procedura di ricorso sia prevista dal diritto nazionale dello Stato membro di rimborso.

25.      Occorre quindi rispondere alla prima parte della seconda questione dichiarando che, conformemente alla sentenza Sea Chefs Cruise Services, il termine di un mese previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 non può essere considerato un termine di decadenza.

 Irrilevanza della sentenza GE Auto Service Leasing

26.      Tale soluzione non è rimessa in discussione dalle conclusioni derivanti dalla sentenza GE Auto Service Leasing. Nella citata sentenza, la Corte ha dichiarato che le disposizioni del diritto dell’Unione non ostano al diniego di rimborsare l’IVA a un soggetto passivo che non ha presentato, entro i termini stabiliti, all’autorità tributaria competente, tutti i documenti e le informazioni richiesti per provare il suo diritto al rimborso, anche qualora siffatti documenti e informazioni siano stati presentati da tale soggetto passivo, di propria iniziativa, nell’ambito del reclamo o del procedimento giudiziario promosso avverso la decisione di diniego del rimborso (16). Tuttavia, le particolari circostanze della causa che hanno dato origine alla citata sentenza la rendono, a mio avviso, inapplicabile al caso di specie.

27.      In primo luogo, la sentenza GE Auto Service Leasing non riguardava l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2008/9, bensì di quelle della direttiva 79/1072/CEE (17) che l’ha preceduta. Tale direttiva era molto meno dettagliata rispetto alla direttiva 2008/9. In particolare, essa prevedeva un solo termine procedurale per i soggetti passivi, ossia il termine per la presentazione della domanda di rimborso (18). Essa non disciplinava affatto la questione della richiesta al soggetto passivo di informazioni aggiuntive da parte dell’autorità tributaria, lasciandola interamente al diritto nazionale. Ciò, a sua volta, implica che, dal punto di vista del diritto dell’Unione, gli Stati membri dovevano rispettare soltanto i principi di equivalenza e di effettività.

28.      In secondo luogo, la richiesta dell’autorità tributaria nella causa conclusasi con la sentenza GE Auto Service Leasing riguardava la produzione da parte del soggetto passivo dei documenti che dovevano essere allegati alla domanda di rimborso ai sensi dell’articolo 3 della stessa direttiva 79/1072, ossia delle fatture a cui si riferiva la domanda e di un certificato attestante la qualità di soggetto passivo IVA nello Stato membro di stabilimento. Ai sensi delle disposizioni della citata direttiva, la produzione di tali documenti in allegato alla domanda costituiva una condizione per l’esercizio del diritto alla detrazione da parte del soggetto passivo (19). La mancata produzione dei suddetti documenti rendeva quindi impossibile l’accertamento dell’esistenza del diritto in parola.

29.      Orbene, una richiesta di informazioni aggiuntive ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 può riguardare, come si evince anche dall’utilizzo del termine «aggiuntive», le informazioni o i documenti la cui allegazione alla domanda di rimborso non è richiesta ai sensi degli articoli da 8 a 10 di tale direttiva, e la cui mancata produzione può, ma non necessariamente deve, implicare il rifiuto di rimborso (20).

30.      In terzo luogo, nel dispositivo della sentenza GE Auto Service Leasing, la Corte ha precisato che l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 79/1072 ivi adottata si applica a condizione che siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività. Sebbene la Corte abbia dichiarato che nel procedimento principale nella causa che aveva dato luogo alla citata sentenza l’esercizio da parte del soggetto passivo del diritto al rimborso dell’IVA non sembrava eccessivamente difficile o impossibile, tuttavia essa ha lasciato tale questione alla valutazione del giudice nazionale. Ciò indica, a mio avviso, che la decisione adottata dalla Corte nella sentenza in parola era fortemente condizionata dalle circostanze particolari della causa principale e non deve necessariamente trovare applicazione in fattispecie sostanzialmente diverse dalla medesima.

31.      In quarto e ultimo luogo, il fatto che nella sentenza GE Auto Service Leasing la Corte non abbia fatto alcun riferimento alla sentenza Sea Chefs Cruise Services, pronunciata più di due anni prima, dimostra, a mio avviso, che la Corte ha considerato tali due cause completamente distinte, cosicché la sentenza GE Auto Service Leasing non rimette assolutamente in discussione le conclusioni derivanti dalla sentenza Sea Chefs Cruise Services.

 Questione della compatibilità dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 con l’articolo 47 della Carta.

32.      La questione dell’interpretazione dell’articolo 47 della Carta è stata sollevata dal giudice del rinvio nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che il termine previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 possa avere la natura perentoria. Alla luce della risposta che intendo dare alla prima parte della seconda questione pregiudiziale, tale quesito non si pone.

33.      Pertanto, solo per inciso, rilevo che, a mio avviso, a prescindere dal punto se il termine previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 costituisca un termine di decadenza o possa essere considerato tale dal diritto nazionale degli Stati membri, esso non è incompatibile con l’articolo 47 della Carta.

34.      Probabilmente in tutti gli ordinamenti giuridici, alcuni termini procedurali, compresi quelli così rilevanti sotto il profilo del diritto ad un giudice tutelato dall’articolo 47 della Carta, come il termine per la proposizione di un’azione o di un ricorso, costituiscono termini di decadenza e la loro inosservanza comporta la perdita della possibilità di adire un giudice. Fintantoché i suddetti termini sono fissati in modo ragionevole (21), ciò non contrasta con il diritto a un giudice. Il diritto in parola deve, infatti, cedere il passo dinanzi alla certezza del diritto e alla stabilità dei rapporti giuridici, e dunque valori che i termini procedurali mirano a tutelare (22). A maggior ragione, non può risultare in contrasto con il diritto ad un giudice un termine, fosse anche di decadenza, per la comunicazione all’autorità tributaria delle informazioni necessarie per l’esame della richiesta di rimborso, nel caso in cui il mancato rispetto di detto termine non priva il soggetto passivo del diritto di impugnare, anche dinanzi ad un giudice, la decisione adottata nei suoi confronti.

 Risposta alla seconda questione pregiudiziale

35.      Per quanto riguarda altre disposizioni e altri principi del diritto dell’Unione menzionati dal giudice del rinvio nella sua seconda questione pregiudiziale, analizzerò la loro rilevanza nella presente causa più avanti, in sede d’esame della prima questione pregiudiziale. Propongo, quindi, di rispondere alla seconda questione, dichiarando che l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 deve essere interpretato nel senso che il termine di un mese ivi previsto per la comunicazione delle informazioni aggiuntive, su richiesta dell’autorità che esamina la richiesta di rimborso dell’IVA, presentata da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, non può essere considerato un termine di decadenza.

 Sulla prima questione pregiudiziale

36.      La prima questione pregiudiziale mira a consentire al giudice del rinvio di valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione di una disposizione del diritto nazionale che esclude la possibilità di far valere, in un procedimento di ricorso, le informazioni o i documenti aggiuntivi richiesti dall’autorità tributaria di primo grado, ma che il soggetto passivo ha fornito solo nella fase del ricorso dinanzi all’autorità tributaria di secondo grado.

37.      La formulazione letterale di tale questione riguarda soltanto l’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2008/9. Tuttavia, questa disposizione si limita ad indicare che i ricorsi contro le decisioni relative ai rimborsi dell’IVA a favore dei soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro sono soggetti alle stesse regole previste per i ricorsi che vengono proposti dai soggetti passivi nazionali. Pertanto, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, è necessario, a mio avviso, estendere l’analisi ad altre disposizioni ed altri principi del diritto dell’Unione in materia di IVA, in particolare all’articolo 170 della direttiva 2006/112, all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9, e ai principi di equivalenza e di effettività nonché di neutralità fiscale. L’articolo 170 della direttiva 2006/112 e i principi di effettività e di neutralità fiscale sono stati, peraltro, menzionati dal giudice del rinvio nella sua seconda questione pregiudiziale. Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio mira quindi, in sostanza, a verificare se le disposizioni ed i principi del diritto dell’Unione sopra menzionati ostino all’applicazione di disposizioni di diritto nazionale, come la disposizione descritta al paragrafo 36 delle presenti conclusioni. Inizierò l’analisi di tale quesito richiamando la giurisprudenza rilevante della Corte.

 Precedente giurisprudenza della Corte

38.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il diritto al rimborso dell’IVA a favore di un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, previsto dall’articolo 170 della direttiva 2006/112, corrisponde al diritto alla detrazione dell’imposta pagata sul territorio nazionale, di cui all’articolo 168 della medesima direttiva. Si tratta di un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA inteso ad esonerare i soggetti passivi dall’onere di tale imposta e di conseguenza a garantire la neutralità fiscale. Il diritto in parola costituisce quindi parte integrante di tale sistema e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (23).

39.      Il principio di neutralità richiede inoltre che il diritto alla detrazione o al rimborso dell’imposta pagata a monte sia concesso al soggetto passivo a condizione che siano soddisfatti i requisiti sostanziali di tale diritto, anche qualora il soggetto passivo non abbia rispettato alcuni requisiti formali. La soluzione può essere diversa solo se l’inosservanza di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (24). Per quanto riguarda il momento entro il quale occorre fornire gli elementi probatori circa la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto al rimborso, la Corte ha ritenuto che una possibilità di produrre tali prove senza nessuna limitazione temporale comporterebbe che la posizione del soggetto passivo per quanto riguarda i suoi diritti ed obblighi nei confronti dell’autorità tributaria potrebbe essere oggetto di controversia all’infinito, il che sarebbe contrario al principio della certezza del diritto (25).

40.      Inoltre, per gli aspetti non disciplinati dal diritto dell’Unione, i requisiti formali per l’esercizio del diritto al rimborso dell’IVA sono determinati, in forza del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, dal diritto nazionale di tali Stati, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Orbene, conformemente a tali principi, i requisiti in parola non devono essere meno favorevoli di quelli applicabili in situazioni analoghe di natura interna e non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto al rimborso (26).

41.      Infine, la Corte ha dichiarato, come ho già indicato nella parte delle presenti conclusioni dedicata alla risposta alla seconda questione pregiudiziale, che il termine previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 non costituisce un termine di decadenza, cosicché il soggetto passivo può fornire le informazioni richieste dall’autorità che esamina la richiesta di rimborso dell’IVA nella fase del procedimento giudiziario (27).

42.      È alla luce della giurisprudenza sopra esaminata che deve essere analizzata la prima questione pregiudiziale.

 Applicazione al caso in esame

43.      Sulla base della giurisprudenza richiamata ai paragrafi da 38 a 40 delle presenti conclusioni, la Corte non ha escluso la compatibilità, con il diritto dell’Unione, delle disposizioni nazionali degli Stati membri che precludono al soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso di fornire le informazioni aggiuntive relative a una richiesta di rimborso dell’IVA soltanto nella fase del procedimento giudiziario (28), né delle disposizioni che consentono di non prendere in considerazione gli elementi di prova del possesso dei requisiti per l’esenzione dall’imposta forniti dal soggetto passivo dopo la conclusione della verifica fiscale (29). La Corte si è limitata a subordinare l’ammissibilità di tali disposizioni ai sensi del diritto dell’Unione al rispetto dei requisiti di effettività e di equivalenza (30), lasciando tuttavia ai giudici nazionali il compito di verificarne il soddisfacimento.

44.      La Corte si è pronunciata in tal senso, sia in una situazione in cui, nel fornire indicazioni su tale questione al giudice nazionale, ha ritenuto che i requisiti in parola, e in particolare il requisito di effettività, fossero sufficientemente soddisfatti (31), sia in una situazione opposta. In particolare, nella sentenza Nec Plus Ultra Cosmetics, la Corte ha affermato che «il rifiuto di prendere in considerazione elementi di prova ad una data che si colloca prima dell’adozione di una (…) decisione di accertamento può rendere eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, in quanto un tale rifiuto limita per il soggetto passivo la possibilità di produrre elementi di prova relativi al soddisfacimento delle condizioni sostanziali che consentono di ottenere un’esenzione dall’IVA. Una normativa nazionale che, in tale fase del procedimento di imposizione, non consenta al soggetto passivo di fornire le prove ancora mancanti per dimostrare il diritto che egli rivendica, e che non tenga conto delle eventuali spiegazioni in merito alle ragioni per le quali tali prove non sono state fornite prima, appare quindi difficilmente conciliabile con il principio di proporzionalità e anche con il principio fondamentale di neutralità dell’IVA» (32). In definitiva, nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza la Corte ha lasciato al giudice del rinvio la decisione riguardo alla questione della compatibilità delle disposizioni nazionali.

45.      A mio avviso, tuttavia, una simile soluzione non sarebbe sufficiente nella presente causa. La procedura di rimborso dell’IVA ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso è disciplinata in modo alquanto dettagliato nella direttiva 2008/9. Lasciare che questioni importanti, e tale è senza dubbio la questione relativa alle conseguenze che l’inosservanza del termine di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della citata direttiva esplichi sul diritto del soggetto passivo al rimborso, siano disciplinate dal diritto nazionale degli Stati membri, fatto salvo solo il rispetto, sotto il controllo dei giudici nazionali, dei principi di equivalenza e di effettività, sarebbe contrario all’effetto utile dell’armonizzazione operata dal legislatore dell’Unione.

46.      Per quanto riguarda il principio di equivalenza, il controllo della compatibilità delle disposizioni nazionali con tale principio richiede l’interpretazione delle disposizioni interessate e pertanto dovrebbe essere di competenza dei giudici degli Stati membri. Nella presente causa, poi, non vi è alcun elemento da cui risulti che questo principio sia stato violato, in quanto le disposizioni nazionali applicabili in questo caso sembrano valere in generale per tutti i procedimenti tributari. Tuttavia, ritengo che la Corte dovrebbe assumere una posizione più ferma per quanto riguarda la compatibilità delle suddette disposizioni con il principio di effettività.

47.      Ricordo che, in base al principio di effettività, le disposizioni nazionali adottate nell’ambito dell’autonomia procedurale degli Stati membri non devono rendere eccessivamente difficile o praticamente impossibile ai singoli l’esercizio dei diritti loro attribuiti dal diritto dell’Unione (33). Eppure, secondo il diritto ungherese, il soggetto passivo che non ha fornito entro il termine stabilito, all’autorità che esamina la sua richiesta di rimborso dell’IVA, le informazioni aggiuntive richieste da tale autorità ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2008/9, non può rimediare al suddetto errore, fornendole nella fase del procedimento di ricorso contro la decisione adottata da tale autorità in merito alla richiesta. Viceversa, esso può, a determinate condizioni, fornire utilmente tali informazioni nell’ambito di un procedimento giudiziario dopo aver proposto ricorso avverso una siffatta decisione (34). A mio avviso, le disposizioni in parola rendono eccessivamente difficile, per i soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro di rimborso, l’esercizio del diritto al rimborso dell’imposta.

48.      La direttiva 2008/9 introduce una serie di termini procedurali che sia le autorità nazionali competenti, sia i soggetti passivi interessati, sono tenuti a rispettare (35). Tuttavia, le suddette parti non si trovano su un piano paritario per quanto riguarda i diritti derivanti dalla citata direttiva o, più in generale, dalle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di IVA. Le disposizioni in parola mirano principalmente a tutelare e migliorare la posizione dei soggetti passivi, mentre le autorità tributarie salvaguardano l’interesse pubblico che consiste nel garantire il corretto funzionamento di tale sistema. Ciò riveste particolare importanza nell’ambito del sistema dell’IVA fondato sul principio della neutralità fiscale, secondo il quale i soggetti passivi non devono, in linea di principio, sopportare l’onere economico dell’imposta. Da questo punto di vista, il termine di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 risponde, a mio avviso, a due scopi. In primo luogo, esso costituisce una garanzia per i soggetti passivi quanto al lasso di tempo minimo messo a loro disposizione, impedendo così alle autorità tributarie di fissare arbitrariamente termini eccessivamente brevi per la comunicazione delle informazioni aggiuntive. In secondo luogo, esso consente di concludere l’intero procedimento relativo alla richiesta di rimborso entro i termini previsti dall’articolo 21 della citata direttiva. Si tratta quindi di un termine stabilito nell’interesse dei soggetti passivi e non delle autorità tributarie.

49.      Chiaramente, come la Corte ha già osservato, i termini procedurali servono anche a garantire che l’incertezza riguardo alla posizione giuridica del soggetto passivo non si prolunghi all’infinito (36). Per quanto riguarda il rimborso dell’IVA ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, tale finalità è perseguita, in particolare, dal termine di presentazione della richiesta di rimborso previsto dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/9, il quale, secondo la giurisprudenza della Corte, costituisce un termine di decadenza (37), la cui inosservanza comporta la perdita del diritto al rimborso. Orbene, consentire a un soggetto passivo di fornire le informazioni aggiuntive che gli sono state richieste dall’autorità di primo grado nella fase del procedimento di ricorso amministrativo non rischia di prolungare all’infinito lo stato di incertezza quanto alla posizione giuridica del soggetto passivo interessato. Infatti, tali procedimenti sono, per loro natura, soggetti a termini procedurali rigorosi, incluso, primo fra tutti il termine per la presentazione del ricorso, e di regola hanno una durata temporale facilmente determinabile.

50.      Concordo, ovviamente, sul fatto che possa essere frustrante la situazione in cui un soggetto passivo, debitamente invitato a fornire determinate informazioni dall’autorità di primo grado, ometta, senza un valido motivo, di fornirle nei termini e lo faccia soltanto nella fase del procedimento di ricorso. In una siffatta situazione, tuttavia, l’articolo 26, secondo comma, della direttiva 2008/9 esonera lo Stato membro di rimborso dall’obbligo di pagare gli interessi a titolo di eventuali ritardi nel pagamento degli importi dovuti, con la conseguenza che è il soggetto passivo a sostenere i costi del ritardo di cui è responsabile. Posso anche immaginare una situazione in cui il diritto nazionale preveda che in tali casi al soggetto passivo disattento vengano addebitati ulteriori oneri amministrativi dovuti alla sua negligenza.

51.      Per contro, rendere impossibile a un soggetto passivo, dopo la scadenza del termine, la comunicazione delle informazioni a sostegno del proprio diritto al rimborso – anche se in base alla normativa nazionale esiste la possibilità di farlo (38) – circostanza che può avere l’effetto di privarlo del diritto in parola, costituisce, a mio avviso, una soluzione sproporzionata e contraria al principio di effettività, in quanto rende eccessivamente difficile e senza apparente necessità far valere tale diritto. Vorrei ricordare che si tratta di un diritto fondamentale del sistema comune dell’IVA, il quale costituisce l’essenza del meccanismo di funzionamento di tale sistema e che, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (39). La limitazione di tale diritto per motivi meramente formali, nella situazione in cui i requisiti sostanziali dello stesso risultano soddisfatti, si porrebbe quindi in contrasto anche con l’articolo 170 della direttiva 2006/112, in base al quale tutti i soggetti passivi che soddisfano siffatti requisiti sostanziali hanno il diritto al rimborso.

52.      Tale conclusione non viene modificata dall’eventuale possibilità per il soggetto passivo di far valere le informazioni aggiuntive a dimostrazione del suo diritto al rimborso dell’IVA nell’ambito di un procedimento giudiziario. Ciò obbliga, infatti, il soggetto passivo a proporre un ricorso avverso la decisione di diniego del rimborso (o, come nel caso di specie, di archiviazione del procedimento) dinanzi ad un organo giurisdizionale, per rimediare a un vizio procedurale di natura formale, sebbene esistesse un modo più semplice e rapido per farlo nell’ambito di un procedimento di ricorso amministrativo.

53.      Inoltre, come ho indicato nella parte delle presenti conclusioni dedicata all’analisi della seconda questione pregiudiziale, la Corte ha dichiarato nella sentenza Sea Chefs Cruise Services che il termine previsto dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 non costituisce un termine di decadenza, cosicché il soggetto passivo può far valere in un procedimento giudiziario le informazioni che gli sono state richieste dall’autorità che esamina la sua domanda di rimborso dell’IVA e che non aveva fornito entro il termine previsto da tale disposizione. Lo stesso dovrebbe valere per la procedura di ricorso amministrativo, qualora il diritto nazionale preveda tale procedura per le decisioni relative al rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso (40). Infatti, tutti gli argomenti addotti dalla Corte nella succitata sentenza sono ugualmente applicabili a tale procedura. La mancanza della possibilità di fornire le informazioni aggiuntive nell’ambito di un procedimento di ricorso amministrativo, laddove il diritto nazionale preveda tale procedura, sarebbe pertanto contraria all’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9, adottata dalla Corte nella sentenza Sea Chefs Cruise Services (41).

54.      Le suesposte considerazioni si riferiscono ovviamente a una situazione in cui sono soddisfatte le condizioni sostanziali per il diritto al rimborso dell’IVA e il ritardo del soggetto passivo nel fornire le informazioni aggiuntive richieste non è finalizzato alla frode o a un abuso di diritto. Invero, nell’ipotesi contraria, gli Stati membri sono naturalmente autorizzati ad applicare le misure previste dal loro diritto nazionale per evitare tali frodi o abusi di diritto. Tuttavia, come la Corte ha già avuto modo di rilevare, il fatto che il soggetto passivo fornisca informazioni aggiuntive solo in una fase successiva del procedimento non costituisce di per sé un abuso di diritto (42).

 La risposta alla questione

55.      Propongo quindi di rispondere alla prima questione pregiudiziale, dichiarando che l’articolo 170 della direttiva 2006/112, l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9, nonché i principi di effettività e di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che essi ostano all’applicazione di disposizioni di diritto nazionale che escludono la possibilità di far valere, in un procedimento di ricorso, le informazioni o i documenti aggiuntivi richiesti dall’autorità tributaria di primo grado e forniti dal soggetto passivo soltanto nella fase di ricorso dinanzi all’autorità tributaria di secondo grado.

 Sulla terza questione pregiudiziale

56.      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 23 della direttiva 2008/9 debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di una disposizione di diritto nazionale in forza della quale il procedimento relativo a una richiesta di rimborso dell’IVA a favore di un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro deve essere archiviato senza esaminare la richiesta di rimborso, qualora tale soggetto passivo non abbia adempiuto all’obbligo di fornire le informazioni aggiuntive su richiesta formulata ai sensi dell’articolo 20 di tale direttiva dall’autorità che esamina la sua domanda. È vero che il giudice del rinvio, nella sua questione, menziona soltanto l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/9, tuttavia, come risulta dalle spiegazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, tale giudice intende sapere se la decisione di archiviazione debba essere equiparata ad una decisione di rifiuto di rimborso dell’imposta. Tale aspetto è disciplinato piuttosto dall’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, della medesima direttiva. Propongo quindi di considerare quale oggetto della terza questione l’articolo 23 della direttiva 2008/9 nel suo complesso.

57.      L’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/9 stabilisce l’obbligo di motivare la decisione di rifiuto del rimborso dell’IVA. Inoltre, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, primo comma, di tale direttiva, il soggetto passivo dovrebbe disporre, contro tale decisione, degli stessi mezzi di ricorso di cui dispongono i soggetti passivi nazionali secondo il diritto dello Stato membro di rimborso. Infine, l’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, della medesima direttiva prevede che il soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro deve avere accesso alle stesse procedure amministrative o giudiziarie di cui, in questa situazione, possono avvalersi i soggetti passivi, laddove la mancata adozione di una decisione in merito alla richiesta di rimborso non implichi né la concessione del diritto al rimborso, né il rifiuto dello stesso. Se, invece, le suddette procedure non sono previste, il fatto che non venga presa una decisione deve essere considerato un rifiuto di rimborso.

58.      A mio avviso, le succitate disposizioni devono essere interpretate nel senso che, nel caso in cui il procedimento relativo ad una richiesta di rimborso dell’IVA si concluda senza l’esame di tale richiesta, ad esempio, come nel procedimento principale, con una decisione di archiviazione del procedimento per il fatto che il soggetto passivo non aveva fornito entro il termine prescritto le informazioni aggiuntive che gli erano state richieste, il soggetto passivo deve poter disporre di mezzi di ricorso effettivi da azionare in sede amministrativa o giudiziaria, che gli consentano di chiedere il riesame della sua domanda. Aggiungo che tale decisione di archiviazione o qualsiasi altra forma di conclusione del procedimento dovrebbe contenere una motivazione, in quanto essa costituisce la condizione per l’effettivo esercizio del diritto al ricorso. Orbene, in mancanza di un adeguato mezzo di ricorso, la conclusione del procedimento senza l’esame della richiesta deve essere considerata come una decisione di rifiuto del rimborso, con tutte le conseguenze che ne derivano dall’articolo 23, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2008/9.

59.      Tale struttura delle suddette disposizioni risulta dalla particolare natura del meccanismo di rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro. Infatti, a differenza del diritto alla detrazione, che viene esercitato dallo stesso soggetto passivo nel momento del pagamento dell’imposta alle autorità tributarie, l’esercizio del diritto al rimborso dell’imposta a favore dei soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro, il quale corrisponde al diritto alla detrazione, richiede un’azione positiva da parte dello Stato membro di rimborso, consistente nell’adozione di una decisione di rimborso e nel versamento dei relativi importi. In tali circostanze, la conclusione del procedimento senza l’esame della richiesta e la conseguente mancata adozione di una siffatta decisione positiva, equivalgono, in pratica, al rifiuto del rimborso. Pertanto, il soggetto passivo deve disporre di rimedi efficaci contro tale modalità di conclusione del procedimento.

60.      Nel contesto della presente causa occorre aggiungere, qualora la Corte accolga il mio suggerimento riguardo alla risposta da fornire alla prima e alla seconda questione pregiudiziale, che i mezzi di ricorso a disposizione del soggetto passivo dopo la conclusione del procedimento senza l’esame della richiesta di rimborso, devono consentirgli, tra l’altro, di far valere le informazioni aggiuntive che non aveva fornito in tempo utile su richiesta formulata ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2008/9 dall’autorità che esamina la richiesta di rimborso. In caso contrario, infatti, la conclusione del procedimento senza l’esame della richiesta impedirebbe al soggetto passivo di rimediare all’errore consistente nel mancato rispetto del termine per la comunicazione delle informazioni aggiuntive e il termine in parola diverrebbe un termine di decadenza, contrariamente alla decisione della Corte nella causa Sea Chefs Cruise Services.

61.      Propongo, pertanto, di rispondere alla terza questione pregiudiziale, dichiarando che l’articolo 23 della direttiva 2008/9 deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’applicazione di una disposizione di diritto nazionale in forza della quale il procedimento relativo a una richiesta di rimborso dell’IVA a favore di un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro viene archiviato senza che la richiesta di rimborso sia stata esaminata, qualora il soggetto passivo interessato non abbia adempiuto all’obbligo di fornire informazioni aggiuntive su richiesta formulata ai sensi dell’articolo 20 di tale direttiva dall’autorità che esamina la richiesta di rimborso, a condizione che nel diritto nazionale sia prevista una procedura di ricorso efficace contro la decisione di archiviazione del procedimento, la quale consenta al soggetto passivo di far valere, in particolare, nel corso di tale procedura, le informazioni aggiuntive che non aveva fornito entro il termine prescritto nell’ambito del procedimento archiviato. In caso contrario, la decisione di archiviazione del procedimento deve essere considerata come una decisione di rifiuto del rimborso.

 Conclusione

62.      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria) nel modo seguente:

1)      L’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro

deve essere interpretato nel senso che

il termine di un mese ivi previsto per fornire le informazioni aggiuntive su richiesta dell’autorità che esamina la richiesta di rimborso dell’IVA presentata da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro non può essere considerato un termine di decadenza.

2)      L’articolo 170 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 nonché i principi di efficacia e di neutralità fiscale

devono essere interpretati nel senso che

essi ostano all’applicazione di disposizioni di diritto nazionale che escludono la possibilità di far valere, in un procedimento di ricorso, le informazioni o i documenti aggiuntivi richiesti dall’autorità tributaria di primo grado e forniti dal soggetto passivo solo nella fase di ricorso dinanzi all’autorità tributaria di secondo grado.

3)      L’articolo 23 della direttiva 2008/9

deve essere interpretato nel senso che

esso non osta all’applicazione di una disposizione di diritto nazionale in forza della quale il procedimento relativo a una richiesta di rimborso dell’IVA a favore di un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro viene archiviato senza che la richiesta di rimborso sia stata esaminata, qualora il soggetto passivo interessato non abbia adempiuto all’obbligo di fornire informazioni aggiuntive su richiesta formulata ai sensi dell’articolo 20 di tale direttiva dall’autorità che esamina la richiesta di rimborso, a condizione che nel diritto nazionale sia prevista una procedura di ricorso efficace contro la decisione di archiviazione del procedimento, la quale consenta al soggetto passivo di far valere, in particolare, nel corso di tale procedura, le informazioni aggiuntive che non aveva fornito entro il termine prescritto nell’ambito del procedimento archiviato. In caso contrario, la decisione di archiviazione del procedimento deve essere considerata come una decisione di rifiuto del rimborso.


1 Lingua originale: il polacco.


2      V., in particolare, sentenze: del 21 giugno 2012, Elsacom (C-294/11, EU:C:2012:382); del 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise Services (C-133/18, in prosieguo la «sentenza Sea Chefs Cruise Services», EU:C:2019:354); del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern (C-346/19, EU:C:2020:1050); del 9 settembre 2021, GE Auto Service Leasing (C-294/20, in prosieguo la «sentenza GE Auto Service Leasing», EU:C:2021:723).


3      GU 2006, L 347, pag. 1.


4      GU 2008, L 44, pag. 11.


5      Direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro (GU 2008, L 44, pag. 23).


6      Magyar Közlöny 2007/155 (XI. 16.).


7      Magyar Közlöny 2017/192.


8      Magyar Közlöny 2017/30.


9      Nelle sue osservazioni, la società SES ha spiegato le ragioni per le quali non aveva risposto alla richiesta dell’autorità tributaria di primo grado. Tuttavia, non ritengo che tali ragioni siano rilevanti per la soluzione delle questioni pregiudiziali nella presente causa. In ogni caso, nulla nel procedimento principale indica che la società SES abbia tentato di avvalersi in modo abusivo del suo diritto al rimborso dell’IVA.


10      Le osservazioni del Consiglio sono state formulate nel caso in cui la domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa dovesse essere intesa come una domanda di esame della validità dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2008/9 alla luce dell’articolo 47 della Carta.


11      Sentenza Sea Chefs Cruise Services, dispositivo.


12      Sentenza Sea Chefs Cruise Services, punti da 39 a 41 e da 43 a 46.


13      Sentenza Sea Chefs Cruise Services, punto 42.


14      Sentenza Sea Chefs Cruise Services, punto 48.


15      V., in particolare, sentenza Sea Chefs Cruise Services, punto 48.


16      Sentenza GE Auto Service Leasing, punto 1 del dispositivo.


17      Ottava direttiva 79/1072/CEE del Consiglio, del 6 dicembre 1979, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (GU 1979, L 331, pag. 11).


18      Tale termine costituisce, invece, un termine di decadenza, v. sentenza del 21 giugno 2012, Elsacom (C-294/11, EU:C:2012:382, dispositivo).


19      Sentenza GE Auto Service Leasing, punto 54.


20      Come rilevato dalla stessa Corte – v. sentenza Sea Chefs Cruise Services, punto 44.


21      Il termine di un mese per la produzione delle informazioni o dei documenti che sono normalmente in possesso del soggetto passivo, in quanto si riferiscono alla sua attività economica, non sembra essere eccessivamente rigoroso.


22      V., in tal senso, la recente sentenza del 20 maggio 2021, Dickmanns/EUIPO (C-63/20 P, EU:C:2021:406, punti 58 e 60).


23      V., in tal senso, sentenza Sea Chefs Cruise Services, punti da 34 a 36.


24      V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern (C-346/19, EU:C:2020:1050, punti 47 e 48).


25      V., in tal senso, sentenza GE Auto Service Leasing, punto 60.


26      V., in tal senso, sentenza GE Auto Service Leasing, punto 59.


27      Sentenza Sea Chefs Cruise Services, dispositivo.


28      Sentenza GE Auto Service Leasing.


29      Sentenza del 2 marzo 2023, Nec Plus Ultra Cosmetics (C-664/21, EU:C:2023:142, dispositivo).


30      Ai sensi della giurisprudenza citata al paragrafo 39 delle presenti conclusioni.


31      V. sentenza GE Auto Service Leasing, punto 61.


32      Sentenza del 2 marzo 2023, Nec Plus Ultra Cosmetics (C-664/21, EU:C:2023:142, punto 37).


33      V., in tal senso, sentenza GE Auto Service Leasing, punto 59.


34      V. analisi delle disposizioni nazionali ai paragrafi 8 e 9 delle presenti conclusioni.


35      V., in tal senso, il considerando 2 della citata direttiva.


36      V., in tal senso, sentenza GE Auto Service Leasing, punto 60.


37      V. sentenza Sea Chefs Cruise Services, punto 39 e giurisprudenza ivi citata.


38      In particolare, la procedura di ricorso contro le decisioni di primo grado.


39      V. giurisprudenza citata ai paragrafi 38 e 39 delle presenti conclusioni.


40      Come ho già indicato al paragrafo 24 delle presenti conclusioni.


41      Peraltro, come ho rilevato ai paragrafi da 26 a 30 delle presenti conclusioni, tale interpretazione non è rimessa in discussione dalla successiva sentenza GE Auto Service Leasing, che è stata pronunciata sulla base di altre disposizioni del diritto dell’Unione, meno dettagliate.


.


42      V., in tal senso, sentenza GE Auto Service Leasing, punto 2 del dispositivo.