Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go

Cause riunite C-155/08 e C-157/08

X

e

E.H.A. Passenheim-van Schoot

contro

Staatssecretaris van Financiën

(domande di pronuncia pregiudiziale proposte dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Libera prestazione dei servizi — Libera circolazione dei capitali — Imposta sul patrimonio — Imposta sui redditi — Beni derivanti dal risparmio collocati in uno Stato membro diverso da quello di residenza — Assenza di dichiarazione — Termine di rettifica fiscale — Prolungamento del termine di rettifica fiscale in caso di beni detenuti al di fuori dello Stato membro di residenza — Direttiva 77/799/CEE — Reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette — Segreto bancario»

Massime della sentenza

1.        Libera prestazione dei servizi — Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria

(Artt. 49 CE e 56 CE; direttiva del Consiglio 77/799)

2.        Libera prestazione dei servizi — Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria

(Artt. 49 CE e 56 CE)

1.        Gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro, qualora fondi derivanti dal risparmio e i redditi che se ne ricavano siano occultati alle autorità tributarie di tale Stato membro e qualora queste ultime autorità non dispongano di alcun indizio in merito alla loro esistenza tale da consentire l’avvio di un’indagine, di un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso in cui tali beni siano detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso in cui tali beni siano detenuti nel primo Stato membro. La circostanza che tale altro Stato membro applichi il segreto bancario non è rilevante in proposito.

È vero che una simile disciplina rappresenta una restrizione sia della libera prestazione dei servizi sia della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, rispettivamente dagli artt. 49 CE e 56 CE, in quanto l’applicazione ai contribuenti residenti nello Stato membro in questione di un termine di rettifica fiscale prolungato con riferimento ai fondi detenuti al di fuori di tale Stato membro e ai redditi che ne derivano è tale da rendere meno attraente per detti contribuenti il trasferimento di fondi verso un altro Stato membro allo scopo di beneficiare dei servizi finanziari ivi offerti rispetto al mantenimento di tali fondi e all’ottenimento di servizi finanziari nel primo Stato membro.

Tuttavia, detta restrizione può essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali nonché la lotta all’evasione fiscale, purché sia rispettato il principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e che non deve andare oltre quanto è necessario per conseguirlo.

A tal proposito, una disciplina siffatta contribuisce a garantire l’efficacia dei controlli fiscali nonché la lotta all’evasione fiscale. Infatti, se è vero che l’estensione di un termine di rettifica fiscale non rafforza, in quanto tale, i poteri di indagine di cui dispongono le autorità tributarie di uno Stato membro, essa consente nondimeno a queste ultime, in caso di scoperta di elementi imponibili detenuti in un altro Stato membro e di cui esse non erano a conoscenza, di avviare un’indagine e, qualora risulti che tali elementi non sono stati assoggettati all’imposta, o vi sono stati assoggettati in maniera eccessivamente ridotta, di emanare un avviso di rettifica fiscale. Lo stesso può dirsi qualora le autorità tributarie di uno Stato membro siano informate dell’esistenza di elementi imponibili detenuti in un altro Stato membro che applichi il segreto bancario. Inoltre, l’applicazione ad opera di uno Stato membro di un termine di rettifica fiscale prolungato nel caso di elementi imponibili detenuti o generati in un altro Stato membro può dissuadere i contribuenti detentori di tali fondi dall’occultare al fisco i fondi stessi o i redditi che ne ricavano, allo scopo di non esporsi successivamente ad una rettifica fiscale nonché, se del caso, ad un’ammenda, entrambe determinate sulla base di un periodo che può estendersi fino a dodici anni.

Quanto al fatto di verificare se la normativa di cui trattasi non vada oltre quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione fiscale, il termine supplementare concesso alle autorità tributarie dello Stato membro di cui trattasi per procedere ad una rettifica fiscale riguardante elementi imponibili detenuti o generati in un altro Stato membro non corrisponde necessariamente a quello di cui le citate autorità hanno bisogno per verificare talune informazioni presso tale altro Stato membro facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, ovvero al sistema di scambio di informazioni instaurato in base a una convenzione bilaterale. Ciò non significa tuttavia che, in generale, l’estensione del periodo nel quale tali autorità possono emanare un avviso di rettifica fiscale nel caso di fondi o di redditi provenienti da un altro Stato membro sia sproporzionata rispetto all’obiettivo di garantire l’osservanza delle disposizioni fiscali nazionali. A tal proposito, fatte salve le disposizioni comunitarie di armonizzazione eventualmente applicabili, non può imporsi ad uno Stato membro di conformare la propria normativa in materia di controlli fiscali in funzione della situazione specifica esistente in ciascun altro Stato membro o Stato terzo.

In una situazione in cui elementi che sono imponibili in uno Stato membro e che sono situati in un altro Stato membro siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro e dette autorità non dispongano di alcun indizio relativo all’esistenza di tali elementi che consenta l’avvio di un’indagine, il fatto di sottoporre elementi imponibili occultati al fisco ad un termine di rettifica fiscale prolungato non va oltre quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione fiscale. In una simile ipotesi, tale primo Stato membro si trova nell’impossibilità di rivolgersi alle autorità competenti dell’altro Stato membro per ottenere da queste ultime le informazioni necessarie ai fini di un corretto accertamento dell’importo dell’imposta. In assenza di elementi che consentano di avviare un’indagine, essendo escluso il ricorso ad un meccanismo di scambio di informazioni, la concessione alle autorità tributarie di uno Stato membro di un termine più lungo per accertare l’imposta quando si tratti di elementi imponibili situati in un altro Stato membro deve essere considerata come intesa non a fornire a tali autorità il tempo necessario per ottenere da tale altro Stato membro informazioni su elementi imponibili ivi situati, bensì esclusivamente a prevedere un periodo più lungo nel corso del quale un’eventuale scoperta di tali elementi imponibili possa ancora dar luogo ad una rettifica fiscale, laddove l’indagine avviata a seguito di una tale scoperta possa condurre alla rettifica fiscale prima della scadenza di tale periodo. Peraltro, dal momento che l’applicazione ad opera di uno Stato membro di un termine di rettifica fiscale prolungato, in simili circostanze, non è in funzione della possibilità di ottenere informazioni da tale altro Stato membro, non è neppure rilevante la questione se quest’ultimo applichi o meno il segreto bancario. Inoltre, la scelta di uno Stato membro di limitare detto termine nel tempo e di definire tale limite in funzione del termine applicabile per le azioni penali aventi ad oggetto il reato di evasione fiscale non appare sproporzionata. Inoltre, non si potrà contestare ad uno Stato membro il fatto di limitare l’ambito di applicazione del termine di rettifica fiscale, più ampio nel caso di elementi imponibili di cui le autorità tributarie non erano a conoscenza, agli elementi imponibili che non sono situati sul suo territorio.

Per contro, qualora le autorità tributarie di uno Stato membro abbiano avuto a disposizione indizi tali da consentire loro di rivolgersi alle autorità competenti di altri Stati membri, facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 ovvero all’assistenza prevista da convenzioni bilaterali, per ottenere da queste ultime autorità le informazioni necessarie per determinare l’importo esatto dell’imposta, il semplice fatto che gli elementi imponibili di cui trattasi siano situati in un altro Stato membro non giustifica l’applicazione generale di un termine di rettifica fiscale supplementare che non è in alcun modo in funzione del lasso di tempo necessario per ricorrere utilmente a tali meccanismi di reciproca assistenza.

(v. punti 39-40, 45, 47, 49-52, 59-61, 63, 67-70, 73, 75-76, dispositivo 1)

2.        Gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a che, qualora uno Stato membro applichi un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso di fondi detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di fondi detenuti nel primo Stato membro e qualora tali fondi esteri nonché i redditi che se ne ricavano siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro, le quali non disponevano di alcun indizio in merito alla loro esistenza tale da consentire l’avvio di un’indagine, l’ammenda inflitta in ragione dell’occultamento di tali fondi e redditi esteri sia calcolata proporzionalmente all’importo della rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.

Infatti, il rischio che a un contribuente residente venga applicata una sanzione più elevata con riferimento a fondi e redditi situati in un altro Stato membro rispetto al caso in cui si tratti di fondi e redditi nazionali deriva semplicemente dal fatto che il periodo da prendersi in considerazione per la determinazione della rettifica fiscale e, pertanto, per la base di calcolo dell’ammenda può essere più lungo nel caso di fondi e redditi non nazionali che nel caso di fondi e redditi nazionali, giacché a questi ultimi non si applica il termine di rettifica fiscale prolungato. Posto che gli artt. 49 CE e 56 CE non ostano all’applicazione, ad opera di uno Stato membro, di un termine di rettifica fiscale più ampio nel caso di fondi detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di fondi detenuti nel primo Stato membro, laddove si tratti di fondi e di redditi che sono stati occultati alle autorità tributarie di quest’ultimo e in merito ai quali esse non disponevano di alcun indizio d’esistenza che consentisse l’avvio di un’indagine, essi non ostano neppure a che, nelle stesse circostanze, l’ammenda inflitta in ragione dell’occultamento di tali fondi e redditi esteri sia calcolata proporzionalmente all’importo della rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.

(v. punti 84-86, dispositivo 2)







SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

11 giugno 2009 (*)

«Libera prestazione dei servizi – Libera circolazione dei capitali – Imposta sul patrimonio – Imposta sui redditi – Fondi derivanti dal risparmio collocati in uno Stato membro diverso da quello di residenza – Assenza di dichiarazione – Termine di rettifica fiscale – Prolungamento del termine di rettifica fiscale in caso di fondi detenuti al di fuori dello Stato membro di residenza – Direttiva 77/799/CEE – Reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette – Segreto bancario»

Nei procedimenti riuniti C-155/08 e C-157/08,

aventi ad oggetto le domande di decisione pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) con decisioni 21 marzo 2008, pervenute in cancelleria il 16 aprile 2008, nelle cause

X (C-155/08),

E.H.A. Passenheim-van Schoot (C-157/08)

contro

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), presidente di sezione, dai sigg. T. von Danwitz, E. Juhász, G. Arestis e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 marzo 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per X, dagli avv.ti J. J. Feenstra e L.C.A. Wijsman, advocaten;

–        per la sig.ra Passenheim-van Schoot, dall’avv. J. Hamer, advocaat, e dai sigg. J.A.R. van Eijsden e E.C.C.M. Kemmeren, belastingadviseurs;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, dal sig. J.-C. Halleux, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e W. Roels, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli artt. 49 CE e 56 CE.

2        Tali domande sono state proposte nell’ambito di due controversie che oppongono persone fisiche residenti nei Paesi Bassi, vale a dire X (causa C-155/08) e la sig.ra Passenheim-van Schoot (causa C-157/08), allo Staatssecretaris van Financiën (segretario di Stato per le Finanze), riguardo alle rettifiche fiscali effettuate dall’amministrazione fiscale olandese a seguito della scoperta di fondi detenuti in un altro Stato membro e di redditi derivanti da questi ultimi che erano stati occultati.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette (GU L 336, pag. 15), come modificata dall’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21, e GU 1995, L 1, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 77/799»), così dispone:

«Le autorità competenti degli Stati membri scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a permettere loro un corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio (...)».

4        L’art. 2, n. 1, della direttiva 77/799 prevede quanto segue:

«L’autorità competente di uno Stato membro può chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro di comunicargli le informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, per quanto concerne un caso specifico. L’autorità competente dello Stato cui la richiesta di informazioni è rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità competente dello Stato richiedente non ha esaurito le abituali fonti di informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati dell’inchiesta».

5        L’art. 3 della direttiva 77/799 così recita:

«Le autorità competenti degli Stati membri si scambiano le informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, senza che ne sia fatta preventiva richiesta, con regolarità, ove si tratti di certe categorie di casi determinati nell’ambito della procedura di consultazione prevista dall’articolo 9».

6        Ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 77/799, nella sua versione applicabile ai fatti della controversia principale di cui alla causa C-155/08:

«La presente direttiva non impone l’obbligo di fare effettuare richieste o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la pratica amministrativa non autorizza[no] l’autorità competente dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni né a effettuare tali ricerche, né a raccogliere o a utilizzare dette informazioni per le necessità di tale Stato».

7        La direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38), mira, ai sensi del suo art. 1, n. 1, a permettere che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a beneficiari effettivi che siano persone fisiche, residenti ai fini fiscali in un altro Stato membro, siano soggetti a un’effettiva imposizione secondo la legislazione di quest’ultimo Stato membro.

8        Al suo capitolo II, dal titolo «Scambio di informazioni», la direttiva 2003/48 prevede la comunicazione di informazioni da parte dell’agente pagatore di tali interessi all’autorità competente del suo Stato membro di stabilimento (art. 8) nonché lo scambio automatico di informazioni tra quest’ultima e l’autorità competente dello Stato membro di residenza del beneficiario effettivo di detti interessi (art. 9).

9        Ai sensi del citato art. 9:

«1. L’autorità competente dello Stato membro dell’agente pagatore comunica le informazioni di cui all’articolo 8 all’autorità competente dello Stato membro di residenza del beneficiario effettivo.

2. La comunicazione di informazioni è automatica e ha luogo almeno una volta all’anno, entro i sei mesi successivi al termine dell’anno fiscale dello Stato membro dell’agente pagatore, per tutti i pagamenti di interessi effettuati durante l’anno.

3. Le disposizioni della direttiva [77/799] si applicano allo scambio di informazioni previsto dalla presente direttiva, a condizione che le disposizioni della presente direttiva non vi deroghino. Tuttavia, l’articolo 8 della direttiva [77/799] non si applica alle informazioni da fornire a norma del presente capitolo».

10      L’art. 10, n. 1, della direttiva 2003/48, contenuto nel suo capitolo III, dal titolo «Disposizioni transitorie», prevede che durante un periodo transitorio il Regno del Belgio, il Granducato di Lussemburgo e la Repubblica d’Austria non sono tenuti ad applicare le disposizioni del capitolo II di tale direttiva.

 La normativa olandese

11      L’art. 16 del codice tributario (Algemene Wet inzake Rijksbelastingen; in prosieguo: l’«AWR») così dispone:

«1.       Qualora un qualche fatto susciti il sospetto che a torto non abbia avuto luogo l’assoggettamento ad imposta ovvero che sia stato liquidato un importo troppo basso (...) l’ispettore può esigere a posteriori l’imposta non prelevata (...).

(...)

3.       Il potere di emettere un avviso di rettifica fiscale decade con il decorso di cinque anni dal momento in cui è sorto il debito d’imposta. (...)

4.       Qualora sia stata prelevata un’imposta troppo bassa per un elemento imponibile mantenuto o generato all’estero, il potere di rettifica fiscale, in deroga a quanto stabilito al terzo paragrafo, prima frase, decade con il decorso di dodici anni dal momento in cui è sorto il debito d’imposta».

12      L’art. 67e, nn. 1 e 2, dell’AWR prevede quanto segue:

«1.      Qualora la notifica fiscale di un’imposta riscossa mediante ruolo avvenga per un importo eccessivamente basso o qualora sia stata altrimenti riscossa un’imposta eccessivamente bassa e tale circostanza sia riconducibile al dolo o alla colpa grave del contribuente, ciò costituisce un illecito per il quale l’ispettore può infliggere al contribuente stesso, contemporaneamente all’avviso di rettifica fiscale, un’ammenda fino a un massimo del 100% della base di calcolo dell’ammenda come stabilita al n. 2.

2.      La base di calcolo dell’ammenda è costituita (...) dall’importo di cui all’avviso di rettifica fiscale (...)».

13      Il decreto del segretario di Stato per le Finanze 24 maggio 2002, n. CPP2001/3595, V-N 2002/29.4, vertente sulla disciplina relativa alla reciproca assistenza internazionale in materia di riscossione delle imposte (besluit van de Staatssecretaris van Financiën nr. CPP2001/3595, V-N 2002/29.4, inzake het voorschrift internationale wederzijdse bijstand bij de heffing van belastingen; in prosieguo: il «decreto dello Staatssecretaris van Financiën»), contiene orientamenti in merito all’attuazione della direttiva 77/799.

14      Ai sensi del punto 4.1 di tale decreto, dal titolo «Condizioni per la presentazione di una richiesta all’estero»:

«Una richiesta di informazioni può avere ad oggetto enti e persone fisiche e può essere presentata qualora le informazioni siano atte a consentire il corretto accertamento dell’importo del debito fiscale (art. 1 della direttiva [77/799]) ovvero qualora le informazioni siano necessarie all’attuazione delle disposizioni delle convenzioni fiscali bilaterali in questione e/o ai fini dell’applicazione della legislazione fiscale olandese (v. i vari articoli delle convenzioni fiscali bilaterali relativi alle richieste di informazioni). La domanda deve avere ad oggetto casi specifici. Non può trattarsi di una “battuta di pesca”. Prima che possa essere presentata una richiesta di informazioni all’estero, devono risultare esauriti i propri strumenti abituali per ottenere informazioni (principio di esaurimento)».

15      Il punto 5.2 del decreto dello Staatssecretaris van Financiën reca il titolo «Scambio automatico di informazioni». Il punto 5.2.1, a sua volta intitolato «Fondamento giuridico», così dispone:

«Lo scambio automatico di informazioni è esplicitamente menzionato dall’art. 3 della direttiva [77/799] e dall’art. 6 della Convenzione concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale [stipulata a Strasburgo il 25 gennaio 1988]. Emerge dal commentario della convenzione modello dell’[‘Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)], del 1977, che le disposizioni relative agli scambi di informazioni vertono, segnatamente, sullo scambio automatico di tali informazioni.

Lo scambio automatico di informazioni è attuato mediante accordi tra le parti della convenzione. Tali accordi vertono sulle categorie di informazioni che saranno scambiate nonché sulle condizioni e sulle modalità di svolgimento dello scambio stesso.

Tali accordi saranno oggetto di compromessi (o di memorandum d’intesa). Nei Paesi Bassi, tali intese saranno pubblicate nello Staatscourant (...)

I Paesi Bassi hanno stipulato un certo numero di convenzioni specifiche relative allo scambio automatico di informazioni (...)».

16      Il 16 ottobre 1997 il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania hanno stipulato un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale (n. AFZ97/3934 M, Stcr. 1997, n. 235). Tale accordo non prevede alcuno scambio automatico o spontaneo di dati per quanto riguarda gli interessi o i fondi che traggono origine dal risparmio. Il Regno dei Paesi Bassi non ha stipulato alcuna convenzione relativa allo scambio di informazioni in materia fiscale con il Granducato di Lussemburgo.

 Cause principali e questioni pregiudiziali

 Causa C-155/08

17      Con lettera 27 ottobre 2000 l’Ispettorato speciale delle imposte del Regno del Belgio ha fornito spontaneamente informazioni all’amministrazione fiscale olandese in merito a conti finanziari aperti presso la Kredietbank Luxembourg (in prosieguo: la «KB-Lux»), banca avente sede in Lussemburgo, a nome di persone residenti nei Paesi Bassi.

18      Poiché dall’esame di tali informazioni è emerso il sospetto che X fosse il titolare di tale conto, l’inspecteur van de Belastingdienst (ispettore dell’amministrazione fiscale olandese; in prosieguo: l’«ispettore») gli ha chiesto talune precisazioni in proposito. A seguito di uno scambio epistolare tra l’ispettore e il consulente di X, quest’ultimo ha dichiarato, in una lettera datata 8 maggio 2002, di essere stato titolare di un conto bancario presso la KB-Lux sin dal 1993. Con lettera del 23 agosto 2002 X ha fornito informazioni più precise, segnatamente in merito alla situazione di tale conto nel periodo in questione.

19      Il 12 novembre 2002 è stato notificato ad X un avviso di rettifica fiscale relativo all’imposta sul patrimonio per il 1998, contenente rettifiche relative, per un verso, all’imposta sul reddito e ai contributi previdenziali obbligatori per gli esercizi 1993-2000 e, per altro verso, all’imposta sul patrimonio per gli esercizi 1994-2001. Veniva contestualmente inflitta ad X un’ammenda pari al 50% degli importi oggetto di rettifica fiscale.

20      Essendo stato respinto il reclamo contro tale avviso, X ha proposto ricorso dinanzi al Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam), affermando, segnatamente, che il termine di rettifica fiscale di dodici anni previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR con riferimento ad elementi imponibili detenuti all’estero è contrario al diritto comunitario.

21      Con decisione del 18 gennaio 2006 il giudice ha dichiarato infondato il ricorso; tuttavia, avendo rilevato un superamento del termine ragionevole, ha annullato la decisione dell’ispettore ed ha ridotto l’importo della rettifica fiscale.

22      Avverso tale decisione X ha proposto ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione dei Paesi Bassi), il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se gli artt. 49 CE e 56 CE debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro, nei casi in cui (redditi derivanti da) fondi esteri provenienti dal risparmio non siano stati dichiarati alle sue autorità tributarie, applichi un regime normativo che prevede un termine per la rettifica fiscale di dodici anni, a compensazione dell’assenza di effettive possibilità di controllo sui fondi esteri, mentre per (redditi derivanti da) fondi provenienti dal risparmio che sono stati mantenuti all’interno del suo territorio, dove invece esistono possibilità effettive di controllo, vige un termine di cinque anni.

2)       Ai fini della soluzione della prima questione, se faccia differenza il fatto che i fondi siano mantenuti in uno Stato membro che applica il segreto bancario.

3)       Qualora la prima questione sia risolta affermativamente, se gli artt. 49 CE e 56 CE non ostino neppure a che l’ammenda inflitta per l’omessa dichiarazione dei redditi o dei fondi oggetto della rettifica fiscale venga determinata in proporzione all’importo della rettifica fiscale per tale più lungo periodo».

 Causa C-157/08

23      Dopo la scomparsa del marito, in data 10 gennaio 2003 la sig.ra Passenheim-van Schoot ha comunicato all’amministrazione fiscale olandese, di propria iniziativa, tutte le informazioni riguardanti taluni fondi amministrati da una banca con sede in Germania e appartenuti a lei e al suo defunto marito. Sino a quel momento tali fondi non erano mai stati menzionati nelle loro dichiarazioni fiscali relative all’imposta sui redditi e ai contributi previdenziali nonché all’imposta sul patrimonio.

24      Su istanza della sig.ra Passenheim-van Schoot, l’ispettore le ha concesso il beneficio del cosiddetto regime di «pentimento», cosicché non le è stata irrogata alcuna ammenda. Il 13 maggio 2005 le sono stati tuttavia notificati taluni avvisi di rettifica fiscale, relativi, per un verso, all’imposta sui redditi e ai contributi previdenziali per gli esercizi 1993-1996 e, per altro verso, all’imposta sul patrimonio per gli esercizi 1994-1997, nonché talune decisioni correlate relative agli interessi.

25      La sig.ra Passenheim-van Schoot ha proposto ricorso avverso tali avvisi dinanzi al Rechtbank te Arnhem (Tribunale di Arnhem), sostenendo in particolare che il termine per la rettifica fiscale di dodici anni previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR con riferimento ad elementi imponibili detenuti all’estero è contrario al diritto comunitario.

26      A seguito del rigetto di detto ricorso, la sig.ra Passenheim-van Schoot ha adito in cassazione lo Hoge Raad der Nederlanden, il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale esattamente identica alla prima questione posta nella causa C-155/08.

27      Con ordinanza del presidente della Corte 26 maggio 2008 le cause C-155/08 e C-157/08 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima e sulla seconda questione nella causa C-155/08 e sulla questione nella causa C-157/08

28      Con la prima e con la seconda questione proposte nella causa C-155/08 nonché con la questione proposta nella causa C-157/08 il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 49 CE e 56 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano alla legislazione di uno Stato membro secondo cui, in caso di occultamento alle autorità tributarie di fondi che traggono origine dal risparmio e/o di redditi derivanti da tali fondi, il termine di rettifica fiscale è di cinque anni quando tali fondi sono detenuti in questo stesso Stato membro, mentre si estende a dodici anni quando tali fondi sono detenuti in un altro Stato membro. Esso pone la questione dell’eventuale incidenza, in proposito, del fatto che la legislazione di tale altro Stato membro preveda il segreto bancario.

 Sull’esistenza di una restrizione alle libertà di circolazione

29      Secondo i ricorrenti nella causa principale e secondo la Commissione delle Comunità europee, una disciplina quale quella di cui trattasi nella causa principale restringe sia la libera circolazione dei capitali sia la libera prestazione dei servizi. Essa renderebbe infatti meno attraente per un contribuente residente nei Paesi Bassi il trasferimento dei fondi derivanti dal risparmio verso un altro Stato membro ed il loro mantenimento in tale Stato. Sarebbe del pari meno attraente per una persona stabilita di fuori dei Paesi Bassi la raccolta di fondi presso residenti di tale Stato membro e la fornitura di servizi agli stessi.

30      Per contro, i governi dei Paesi Bassi e belga ritengono che tale normativa non rappresenti una restrizione né alla libera prestazione dei servizi né alla libera circolazione dei capitali. Infatti, l’art. 16, n. 4, dell’AWR si applicherebbe indipendentemente dalla nazionalità e dal luogo di stabilimento o di residenza del contribuente. Nei confronti di un contribuente che dichiari al fisco i propri fondi derivanti dal risparmio nonché i redditi che ne ricava, tale disposizione non rappresenterebbe neppure un ostacolo al mantenimento di tali fondi in un altro Stato membro. Anche nel caso in cui fondi siffatti siano occultati alle autorità tributarie, l’applicazione di un termine di rettifica fiscale prolungato non potrebbe avere alcun effetto dissuasivo per quanto riguarda il loro mantenimento in un altro Stato membro, posto che, in una tale ipotesi, dette autorità non disporrebbero di alcuna possibilità concreta di ottenere informazioni in merito a tali fondi.

31      Il governo dei Paesi Bassi aggiunge che l’applicazione di un termine di rettifica fiscale prolungato non comporta alcuna discriminazione in termini di certezza del diritto per quanto riguarda fondi detenuti all’estero rispetto a quelli detenuti nei Paesi Bassi, dal momento che, nell’uno e nell’altro caso, la certezza del diritto potrebbe e dovrebbe essere acquisita anzitutto mediante la dichiarazione di tali fondi e dei redditi che essi generano. Dal canto suo, il governo belga sostiene che l’art. 16, n. 4, dell’AWR non può essere considerato discriminatorio, in quanto i contribuenti che detengono fondi presso banche stabilite nei Paesi Bassi sono oggetto di una dichiarazione automatica dei loro dati bancari al fisco di tale Stato membro, rendendo impossibile qualsiasi occultamento di tali fondi, mentre i contribuenti che abbiano collocato i loro risparmi in altri Stati membri possono essere oggetto di un mero scambio di informazioni avente carattere limitato.

32      A tal proposito, si deve ricordare che l’art. 49 CE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che produca l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna a uno Stato membro (v., in particolare, sentenze 28 aprile 1998, causa C-118/96, Safir, Racc. pag. I-1897, punto 23; 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2229, punto 23, nonché 11 settembre 2007, causa C-318/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I-6957, punto 81).

33      Costituiscono, inoltre, restrizioni ai movimenti dei capitali, ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, in particolare le misure imposte da uno Stato membro atte a dissuadere i suoi residenti dal contrarre prestiti o compiere investimenti in altri Stati membri (v., in particolare, sentenza 26 settembre 2000, causa C-478/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-7587, punto 18).

34      Nella fattispecie, dall’art. 16, nn. 3 e 4, dell’AWR emerge che, laddove non sia intervenuta alcuna imposizione o laddove essa sia intervenuta solo per un importo eccessivamente basso, le autorità tributarie olandesi possono rettificare l’imposizione entro un termine di cinque anni in caso di fondi e di redditi provenienti dai Paesi Bassi, e di dodici anni in caso di fondi o di redditi esteri.

35      Se, assoggettando il potere impositivo delle autorità tributarie a un termine massimo di rettifica fiscale, la legislazione olandese ha inteso quindi accordare ai contribuenti residenti nei Paesi Bassi una certezza del diritto quanto ai loro obblighi fiscali, tale certezza risulta acquisita, per quanto riguarda i fondi e i redditi provenienti da un altro Stato membro, solo dopo dodici anni, anziché dopo cinque anni.

36      Tale divergenza di trattamento in base alla localizzazione dei fondi derivanti dal risparmio non viene meno per il fatto, sottolineato dai governi dei Paesi Bassi e belga, che il contribuente può sempre dichiarare al fisco i fondi da esso detenuti all’estero nonché i redditi che ne derivano.

37      È sufficiente infatti rilevare che, per quanto riguarda fondi o redditi nazionali, come ammesso in udienza dal governo dei Paesi Bassi, il termine di rettifica fiscale non è prolungato in caso di occultamento al fisco. Lo stesso avviene qualora fondi o redditi nazionali che non sono detenuti su un conto bancario o non provengono da un conto siffatto e che non sono quindi oggetto di un obbligo di informazione al fisco non siano stati dichiarati al fisco stesso. Ne discende che, laddove un contribuente non dichiari al fisco fondi o redditi nazionali siffatti, questi ottiene già dopo cinque anni la certezza che essi non saranno più assoggettati ad imposizione, mentre, in caso di omessa dichiarazione di fondi o di redditi provenienti da un altro Stato membro, una certezza di tal genere si acquisisce solamente dopo dodici anni.

38      Inoltre, qualora la rettifica fiscale dell’imposta sia accompagnata da un’ammenda, quest’ultima è calcolata in funzione dell’importo della rettifica fiscale e, pertanto, in funzione del periodo cui tale rettifica si riferisce, il che significa che, in caso di applicazione del termine di rettifica fiscale prolungato previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR, il contribuente è esposto al rischio di vedersi infliggere un’ammenda calcolata sulla base di una rettifica fiscale riguardante un periodo più lungo rispetto al periodo che può essere preso in considerazione in una situazione in cui gli elementi imponibili che sono oggetto della rettifica fiscale siano detenuti o generati nei Paesi Bassi.

39      Per queste ragioni, l’applicazione ai contribuenti residenti nei Paesi Bassi di un termine di rettifica fiscale prolungato con riferimento ai fondi detenuti al di fuori di tale Stato membro e ai redditi che ne derivano è tale da rendere meno attraente per detti contribuenti il trasferimento di fondi verso un altro Stato membro allo scopo di beneficiare dei servizi finanziari ivi offerti rispetto al mantenimento di tali fondi e all’ottenimento di servizi finanziari nei Paesi Bassi.

40      Ne discende che una normativa quale quella di cui alla causa principale rappresenta una restrizione sia della libera prestazione dei servizi sia della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, rispettivamente dagli artt. 49 CE e 56 CE.

 Sulla giustificazione della restrizione alle libertà di circolazione

41      Secondo i governi dei Paesi Bassi, belga e italiano, l’art. 16, n. 4, dell’AWR è giustificato dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali nonché, secondo il governo dei Paesi Bassi, dalla lotta all’evasione fiscale.

42      Detti governi sottolineano, in primo luogo, che l’applicazione di un termine di rettifica fiscale prolungato con riferimento ai fondi detenuti dai residenti di uno Stato membro al di fuori di quest’ultimo e ai redditi che essi ne traggono si spiega in ragione dell’assenza di una possibilità concreta per il fisco di tale Stato membro di ottenere informazioni sui fondi e sui redditi provenienti da un altro Stato membro. Essi sottolineano in proposito che, nel quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/48, il legislatore comunitario ha riconosciuto che, «[i]n assenza di un coordinamento dei regimi tributari nazionali in materia di imposizione sui redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi, in particolare per quanto attiene al trattamento degli interessi percepiti da non residenti, attualmente i residenti degli Stati membri possono spesso evitare qualsiasi forma di imposizione nel loro Stato membro di residenza sugli interessi percepiti in un altro Stato membro».

43      In un simile contesto, il termine di rettifica fiscale prolungato consentirebbe, in caso di scoperta di fondi detenuti in altri Stati membri, di equiparare l’imposizione di fondi siffatti, nonché dei redditi che essi producono, all’imposizione di fondi e di redditi nazionali. Così, nella causa principale, in assenza di un termine di rettifica fiscale prolungato, i fondi e i redditi in questione non avrebbero potuto essere assoggettati ad imposizione durante un certo numero di anni. L’applicazione di un termine di rettifica fiscale prolungato compenserebbe inoltre il lasso di tempo richiesto per ottenere informazioni facendo ricorso alla reciproca assistenza tra Stati membri.

44      In secondo luogo, il termine di rettifica fiscale prolungato dovrebbe essere considerato necessario nell’ambito della lotta all’evasione fiscale. A tal proposito, il governo dei Paesi Bassi sostiene che l’art. 16, n. 4, dell’AWR si applica solo laddove i fondi stranieri siano stati occultati al fisco e laddove quest’ultimo non abbia alcun concreto elemento di partenza per avviare esso stesso un’indagine, vale a dire esclusivamente nei casi di frode o di evasione fiscali.

45      In proposito, la Corte ha già stabilito che costituiscono ragioni imperative di interesse generale idonee a giustificare una restrizione dell’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato CE la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali (v., in particolare, sentenza 18 dicembre 2007, causa C-101/05, A, Racc. pag. I-11531, punto 55) nonché la lotta all’evasione fiscale (v., in particolare, sentenza 11 ottobre 2007, causa C-451/05, ELISA, Racc. pag. I-8251, punto 81).

46      Per quanto concerne i movimenti di capitali, l’art. 58, n. 1, lett. b), CE prevede inoltre che le disposizioni dell’art. 56 CE non pregiudicano il diritto degli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale.

47      Tuttavia, affinché una misura restrittiva sia giustificata, essa deve rispettare il principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e che non deve andare oltre quanto è necessario per conseguirlo (sentenza Commissione/Francia, cit., punto 28).

48      In tale contesto, i ricorrenti nella causa principale osservano, anzitutto, che la disciplina nazionale di cui alla causa principale non è idonea a realizzare gli obiettivi perseguiti, dal momento che l’estensione del termine di rettifica fiscale non aumenta, di per sé, i poteri di controllo delle autorità tributarie di uno Stato membro con riferimento ad elementi imponibili detenuti in un altro Stato membro. Ciò che si verificherebbe in particolare laddove tale altro Stato membro applichi il segreto bancario.

49      Occorre rilevare in proposito che, se l’estensione di un termine di rettifica fiscale non rafforza, in quanto tale, i poteri di indagine di cui dispongono le autorità tributarie di uno Stato membro, essa consente nondimeno a queste ultime, in caso di scoperta di elementi imponibili detenuti in un altro Stato membro e di cui esse non erano a conoscenza, di avviare un’indagine e, qualora risulti che tali elementi non sono stati assoggettati all’imposta, o vi sono stati assoggettati in maniera eccessivamente ridotta, di emanare un avviso di rettifica fiscale.

50      Così come dimostrato dai fatti di cui alla causa C-155/08, lo stesso può dirsi qualora le autorità tributarie di uno Stato membro siano informate dell’esistenza di elementi imponibili detenuti in un altro Stato membro che applichi il segreto bancario.

51      Inoltre, l’applicazione ad opera di uno Stato membro di un termine di rettifica fiscale prolungato nel caso di elementi imponibili detenuti o generati in un altro Stato membro può dissuadere i contribuenti detentori di tali fondi dall’occultare al fisco i fondi stessi o i redditi che ne ricavano, allo scopo di non esporsi successivamente ad una rettifica fiscale nonché, se del caso, ad un’ammenda, entrambe determinate sulla base di un periodo che può estendersi fino a dodici anni.

52      Deve quindi riconoscersi che una disciplina quale quella di cui all’art. 16, n. 4, dell’AWR contribuisce a garantire l’efficacia dei controlli fiscali e a contrastare l’evasione fiscale.

53      Tuttavia, si deve ancora verificare se, come sostenuto in secondo luogo dai ricorrenti nella causa principale, una disciplina siffatta vada oltre quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

54      Secondo i ricorrenti nella causa principale, infatti, l’art. 16, n. 4, dell’AWR non tiene conto della possibilità di cui dispongono gli Stati membri, ai sensi degli artt. 1-3 della direttiva 77/799, di ottenere da un altro Stato membro ogni informazione necessaria per permettere loro un corretto accertamento dell’imposta. Essi sottolineano a tal proposito la facoltà, prevista al citato art. 3, di instaurare uno scambio automatico di informazioni. Il fatto che uno Stato membro non si avvalga di tali possibilità di scambio di informazioni sarebbe da ricondursi alla sua stessa volontà e non potrebbe in alcun modo essere opposto al contribuente.

55      Inoltre, la disposizione nazionale di cui trattasi nella causa principale sarebbe sproporzionata dal momento che non opererebbe alcuna distinzione a seconda che il Regno dei Paesi Bassi abbia stipulato un accordo di scambio di informazioni con lo Stato da cui provengono gli elementi imponibili, ovvero che tale altro Stato applichi il segreto bancario, né addirittura a seconda che si tratti di un altro Stato membro o di uno Stato terzo. Su tale punto, i ricorrenti nella causa principale precisano che l’attuazione di un accordo di scambio di informazioni non richiede normalmente un termine supplementare di sette anni, quale quello previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR. Essi sostengono che tale termine è stato stabilito, in modo piuttosto arbitrario, con riferimento al termine entro il quale devono essere avviate azioni penali in caso di reato di evasione, ancorché, nel diritto penale olandese, tale termine ai fini dell’azione sia identico nelle situazioni nazionali e nelle situazioni transnazionali.

56      Al contrario, secondo i governi degli Stati membri che hanno presentato osservazioni, l’applicazione da parte di uno Stato membro di un termine di rettifica fiscale prolungato in caso di elementi imponibili provenienti da un altro Stato membro è necessaria per rimediare all’assenza di reale possibilità, per il fisco del primo Stato membro, di ottenere informazioni sui fondi detenuti nel secondo.

57      In ordine all’eventuale ricorso alla reciproca assistenza tra Stati membri, tali governi rilevano come una domanda di informazioni possa essere formulata da uno Stato membro, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 77/799, esclusivamente per quanto concerne un caso specifico, con riferimento al quale tale Stato disponga già di sufficienti elementi di partenza. Inoltre, qualora l’altro Stato membro applichi il segreto bancario, l’art. 8 di tale direttiva osterebbe alla comunicazione delle informazioni così tutelate. Infine, in materia di redditi da risparmio, non sussisterebbe alcuna convenzione bilaterale tale da consentire la comunicazione automatica di informazioni quale quella prevista dall’art. 3 della direttiva citata.

58      Si deve rilevare in proposito che, ai sensi dell’art. 16, n. 4, dell’AWR, il termine di rettifica fiscale è portato da cinque a dodici anni a prescindere dalla questione se, in un caso concreto di applicazione, il Regno dei Paesi Bassi disponga o meno di strumenti per ottenere le informazioni necessarie da parte dello Stato membro nel quale sono detenuti gli elementi imponibili, al di là del fatto che ciò avvenga facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 ovvero mediante uno scambio di informazioni effettuato in virtù di una convenzione bilaterale stipulata con quest’ultimo Stato membro. Inoltre, il termine di rettifica fiscale prolungato si applica altresì nel caso in cui una domanda di comunicazione di dati bancari non possa andare a buon fine a causa dell’applicazione, in tale altro Stato membro, del segreto bancario.

59      Ne discende che, nell’ambito di una normativa quale quella di cui alla causa principale, il termine supplementare concesso alle autorità tributarie dello Stato membro di cui trattasi per procedere ad una rettifica fiscale riguardante elementi imponibili detenuti o generati in un altro Stato membro non corrisponde necessariamente a quello di cui le citate autorità hanno bisogno per verificare talune informazioni presso tale altro Stato membro facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 ovvero al sistema di scambio di informazioni instaurato in base a una convenzione bilaterale.

60      Ciò non significa tuttavia che, in generale, l’estensione del periodo nel quale tali autorità possono emanare un avviso di rettifica fiscale nel caso di fondi o di redditi provenienti da un altro Stato membro sia sproporzionata rispetto all’obiettivo di garantire l’osservanza delle disposizioni fiscali nazionali.

61      In proposito si deve sottolineare che, fatte salve le disposizioni comunitarie di armonizzazione eventualmente applicabili, non può imporsi ad uno Stato membro di conformare la propria normativa in materia di controlli fiscali in funzione della situazione specifica esistente in ciascun altro Stato membro o Stato terzo.

62      Per verificare se una normativa quale quella di cui alla causa principale non vada oltre quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione fiscale, occorre distinguere due fattispecie.

63      La prima fattispecie corrisponde ad una situazione in cui elementi che sono imponibili in uno Stato membro e che sono situati in un altro Stato membro siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro e dette autorità non dispongano di alcun indizio relativo all’esistenza di tali elementi che consenta l’avvio di un’indagine. In una simile ipotesi, tale primo Stato membro si trova nell’impossibilità di rivolgersi alle autorità competenti dell’altro Stato membro per ottenere da queste ultime le informazioni necessarie ai fini di un corretto accertamento dell’importo dell’imposta.

64      Dal momento che l’art. 2 della direttiva 77/799 consente alle autorità di uno Stato membro di contattare le autorità competenti di un altro Stato membro solo in un caso specifico, le autorità tributarie del primo Stato membro che non dispongono di alcun indizio in ordine all’esistenza di elementi imponibili situati in quest’altro Stato membro sono in grado di svolgere un’indagine solamente qualora si vedano preliminarmente comunicare informazioni sull’esistenza di tali elementi ad opera dell’altro Stato membro, segnatamente mediante un sistema automatico di scambio di informazioni quale quello introdotto dall’art. 9 della direttiva 2003/48, ovvero ad opera del contribuente stesso, o ancora ad opera di terzi.

65      Contrariamente a quanto sostiene la sig.ra Passenheim-van Schoot, il fatto che, per ottenere dati bancari relativi ai propri contribuenti, uno Stato membro non abbia fatto ricorso alla possibilità di scambio automatico di informazioni di cui all’art. 3 della direttiva 77/799 non è di per sé sufficiente a privare tale Stato membro del diritto di applicare, nei confronti dei detti contribuenti, un termine di rettifica fiscale diverso a seconda che i loro fondi derivanti dal risparmio siano detenuti in questo stesso Stato membro o in un altro Stato membro. Infatti, lasciando agli Stati membri l’onere di instaurare un meccanismo di scambio regolare e automatico di informazioni per le categorie di casi che essi devono determinare nell’ambito della procedura di consultazione prevista dall’art. 9 della direttiva stessa, il citato art. 3 non fa altro che prevedere la facoltà per uno Stato membro di contattare altri Stati membri allo scopo di instaurare un meccanismo siffatto, la cui realizzazione dipende a quel punto dalla decisione di tali altri Stati membri.

66      Qualora elementi imponibili situati in uno Stato membro siano stati occultati alle autorità tributarie di un altro Stato membro e qualora queste ultime non abbiano avuto a disposizione alcun indizio in ordine alla loro esistenza che consentisse l’avvio di un’indagine, la questione se l’applicazione, da parte di quest’ultimo Stato membro, di un termine di rettifica fiscale prolungato rappresenti uno strumento proporzionato all’obiettivo di garantire l’osservanza delle disposizioni fiscali non dipende quindi in alcun modo dalla questione se tale termine corrisponda al lasso di tempo necessario per ottenere informazioni dallo Stato membro in cui tali elementi imponibili sono detenuti.

67      Dal momento che, in una tale ipotesi, in assenza di elementi che consentano di avviare un’indagine, è escluso il ricorso ad un meccanismo di scambio di informazioni, la concessione alle autorità tributarie di uno Stato membro di un termine più lungo per accertare l’imposta quando si tratti di elementi imponibili situati in un altro Stato membro deve essere considerata come intesa non a fornire a tali autorità il tempo necessario per ottenere da tale altro Stato membro informazioni su elementi imponibili ivi situati, bensì esclusivamente a prevedere un periodo più lungo nel corso del quale un’eventuale scoperta di tali elementi imponibili possa ancora dar luogo ad una rettifica fiscale, laddove l’indagine avviata a seguito di una tale scoperta possa condurre alla rettifica fiscale prima della scadenza di tale periodo.

68      Peraltro, dal momento che l’applicazione ad opera di uno Stato membro di un termine di rettifica fiscale prolungato nel caso di elementi imponibili situati in un altro Stato membro e in ordine ai quali le autorità tributarie del primo Stato membro non disponevano di alcun indizio non è in funzione della possibilità, per tali autorità, di ottenere informazioni da tale altro Stato membro, non è neppure rilevante la questione se quest’ultimo applichi o meno il segreto bancario.

69      Quanto all’argomento secondo cui il termine di rettifica fiscale previsto dall’art. 16, n. 4, dell’AWR sarebbe stato arbitrariamente fissato a dodici anni, si deve necessariamente rilevare che, laddove un tale termine sia prolungato in caso di occultamento al fisco di elementi imponibili, la scelta di uno Stato membro di limitare detto termine nel tempo e di definire tale limite in funzione del termine applicabile per le azioni penali aventi ad oggetto il reato di evasione fiscale non appare sproporzionata.

70      In tali circostanze, il fatto di sottoporre elementi imponibili occultati al fisco ad un termine di rettifica fiscale prolungato pari a dodici anni non va oltre quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione fiscale.

71      Non si può opporre, infine, a uno Stato membro che applica un termine di rettifica fiscale prolungato nel caso di elementi imponibili situati in un altro Stato membro e dei quali le autorità tributarie del primo Stato membro non erano a conoscenza che, in caso di scoperta di elementi imponibili che erano del pari occultati a tali autorità ma situati in questo stesso Stato membro, il periodo quinquennale nel corso del quale le dette autorità possono procedere ad una rettifica fiscale non possa essere prolungato.

72      Infatti, benché un contribuente sia assoggettato ad un identico obbligo di dichiarazione alle autorità tributarie sia per i propri fondi e redditi nazionali, sia per i propri fondi e redditi non nazionali, resta pur sempre il fatto che, per quanto riguarda fondi e redditi che non sono oggetto di un sistema automatico di scambio di informazioni, il rischio per un contribuente che fondi e redditi occultati alle autorità tributarie del proprio Stato membro di residenza siano scoperti è inferiore nel caso di fondi e di redditi provenienti da un altro Stato membro rispetto al caso di fondi e di redditi nazionali.

73      Pertanto, se uno Stato membro prevede un termine di rettifica fiscale più ampio nel caso di elementi imponibili di cui le autorità tributarie non erano a conoscenza, non gli si potrà contestare il fatto di limitare l’ambito di applicazione di tale termine agli elementi imponibili che non sono situati sul suo territorio.

74      La seconda fattispecie corrisponde ad una situazione in cui le autorità tributarie di uno Stato membro dispongano di indizi riguardanti elementi imponibili situati in un altro Stato membro che consentano di avviare un’indagine. In una simile ipotesi, non può essere giustificata l’applicazione, ad opera di questo primo Stato membro, di un termine di rettifica fiscale prolungato che non miri specificamente a consentire alle autorità tributarie di tale Stato membro di ricorrere utilmente a meccanismi di reciproca assistenza tra Stati membri e che scatti non appena gli elementi imponibili di cui trattasi siano situati in un altro Stato membro.

75      Infatti, come sostenuto dai ricorrenti nella causa principale, qualora le autorità tributarie di uno Stato membro abbiano avuto a disposizione indizi tali da consentire loro di rivolgersi alle autorità competenti di altri Stati membri, facendo ricorso alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 ovvero all’assistenza prevista da convenzioni bilaterali, per ottenere da queste ultime autorità le informazioni necessarie per determinare l’importo esatto dell’imposta, il semplice fatto che gli elementi imponibili di cui trattasi siano situati in un altro Stato membro non giustifica l’applicazione generale di un termine di rettifica fiscale supplementare che non è in alcun modo in funzione del lasso di tempo necessario per ricorrere utilmente a tali meccanismi di reciproca assistenza.

76      Da quanto precede risulta che gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro, qualora fondi derivanti dal risparmio e i redditi che se ne ricavano siano occultati alle autorità tributarie di tale Stato membro e qualora queste ultime autorità non dispongano di alcun indizio in merito alla loro esistenza tale da consentire l’avvio di un’indagine, di un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso in cui tali fondi siano detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso in cui tali fondi siano detenuti nel primo Stato membro. La circostanza che tale altro Stato membro applichi il segreto bancario non è rilevante in proposito.

 Sulla terza questione nella causa C-155/08

77      Con la sua terza questione nella causa C-155/08, il giudice del rinvio chiede, nel caso in cui gli artt. 49 CE e 56 CE non ostino all’applicazione ad opera di uno Stato membro, per i fondi detenuti in un altro Stato membro e per i redditi generati da questi ultimi, di un termine di rettifica fiscale più ampio rispetto a quello applicato per i fondi e i redditi provenienti da questo stesso Stato membro, se detti articoli non ostino neppure a che l’ammenda inflitta per l’occultamento dei fondi e dei redditi oggetto della rettifica fiscale sia calcolata proporzionalmente all’importo rettificato e, pertanto, in funzione di un periodo più lungo.

78      Nella sua decisione di rinvio tale giudice precisa che, tenuto conto della possibilità attribuita al fisco dall’art. 67e dell’AWR di infliggere al contribuente, che abbia con dolo o colpa grave pagato un importo insufficiente di imposta, un’ammenda che può arrivare al 100% dell’importo dell’imposta inizialmente non riscosso, il prolungamento del termine di rettifica fiscale nel caso di fondi e di redditi provenienti dall’estero si ripercuote sull’importo delle ammende irrogabili.

79      Secondo la parte ricorrente nella causa C-155/08, anche qualora il diritto comunitario non osti all’applicazione di una disciplina quale quella di cui all’art. 16, n. 4, dell’AWR, l’art. 56 CE osta tuttavia all’applicazione di una norma secondo cui, in ragione dell’estensione del termine di rettifica fiscale nel caso di fondi e di redditi provenienti dall’estero, l’ammenda irrogabile in un simile caso è più elevata rispetto a quella che può essere inflitta nel caso di fondi e di redditi situati sul territorio nazionale.

80      Per contro, i governi dei Paesi Bassi, belga e italiano ritengono che le libertà di circolazione non ostino a che l’ammenda irrogabile in caso di occultamento di fondi o di redditi non nazionali che sono oggetto di una rettifica fiscale sia calcolata proporzionalmente all’importo della rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.

81      Da parte sua, la Commissione rileva che, dal momento che l’applicazione del citato termine di rettifica fiscale prolungato non è contraria agli artt. 49 CE e 56 CE, lo stesso può dirsi per la differenza tra le ammende inflitte in base alla legislazione fiscale olandese a seconda che i fondi o i redditi di cui trattasi siano situati in tale Stato membro ovvero in un altro Stato membro.

82      Si deve in proposito osservare, anzitutto, che, ai sensi dell’art. 67e, n. 1, dell’AWR, qualora un’imposta sia fissata a un livello eccessivamente ridotto a causa del dolo o di colpa grave del contribuente, è possibile infliggere un’ammenda fino a un massimo del 100% dell’importo della rettifica fiscale, senza operare distinzioni a seconda che i fondi all’origine di quest’ultima siano detenuti nei Paesi Bassi ovvero in altri Stati membri.

83      Contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente nella causa C-155/08, la disciplina nazionale di cui si tratta nella causa principale non è pertanto comparabile alle normative italiana e francese di cui, rispettivamente, alle cause che hanno dato luogo alle sentenze 25 febbraio 1988, causa 299/86, Drexl (Racc. pag. 1213), e 2 agosto 1993, causa C-276/91, Commissione/Francia (Racc. pag. I-4413). Quelle normative prevedevano, per le infrazioni in materia di imposta sul valore aggiunto, un regime sanzionatorio più severo per le imposte dovute all’importazione da un altro Stato membro che per le imposte relative alle operazioni compiute all’interno degli Stati membri in questione.

84      Nel caso della normativa di cui si tratta nella causa principale, infatti, il rischio che a un contribuente residente nei Paesi Bassi venga applicata una sanzione più elevata con riferimento a fondi e redditi situati in un altro Stato membro rispetto al caso in cui si tratti di fondi e redditi nazionali deriva semplicemente dal fatto che il periodo da prendersi in considerazione per la determinazione della rettifica fiscale e, pertanto, per la base di calcolo dell’ammenda può essere più lungo nel caso di fondi e redditi non nazionali che nel caso di fondi e redditi nazionali, giacché a questi ultimi non si applica il termine di rettifica fiscale prolungato di cui all’art. 16, n. 4, dell’AWR.

85      Orbene, come emerge dai punti 60-73 di questa sentenza, gli artt. 49 CE e 56 CE non ostano all’applicazione, ad opera di uno Stato membro, di un termine di rettifica fiscale più ampio nel caso di fondi detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di fondi detenuti nel primo Stato membro, laddove si tratti di fondi e di redditi che sono stati occultati alle autorità tributarie di quest’ultimo e in merito ai quali esse non disponevano di alcun indizio d’esistenza che consentisse l’avvio di un’indagine.

86      La terza questione deve essere quindi risolta affermando che gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a che, qualora uno Stato membro applichi un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso di fondi detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di fondi detenuti nel primo Stato membro e qualora tali fondi esteri nonché i redditi da questi prodotti siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro, le quali non disponevano di alcun indizio in merito alla loro esistenza che consentisse l’avvio di un’indagine, l’ammenda inflitta in ragione dell’occultamento di tali fondi e redditi esteri sia calcolata proporzionalmente all’importo della rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.

 Sulle spese

87      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      Gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro, qualora fondi derivanti dal risparmio e i redditi che se ne ricavano siano occultati alle autorità tributarie di tale Stato membro e qualora queste ultime autorità non dispongano di alcun indizio in merito alla loro esistenza tale da consentire l’avvio di un’indagine, di un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso in cui tali fondi siano detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso in cui tali fondi siano detenuti nel primo Stato membro. La circostanza che tale altro Stato membro applichi il segreto bancario non è rilevante in proposito.

2)      Gli artt. 49 CE e 56 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a che, qualora uno Stato membro applichi un termine di rettifica fiscale più lungo nel caso di fondi detenuti in un altro Stato membro rispetto al caso di fondi detenuti nel primo Stato membro e qualora tali fondi esteri nonché i redditi che se ne ricavano siano stati occultati alle autorità tributarie del primo Stato membro, le quali non disponevano di alcun indizio in merito alla loro esistenza tale da consentire l’avvio di un’indagine, l’ammenda inflitta in ragione dell’occultamento di tali fondi e redditi esteri sia calcolata proporzionalmente all’importo della rettifica fiscale e su tale più lungo periodo.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.