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Causa C-493/09

Commissione europea

contro

Repubblica portoghese

«Inadempimento di uno Stato — Artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo SEE — Libera circolazione dei capitali — Fondi di pensione esteri e nazionali — Imposta sulle società — Dividendi — Esenzione — Differenza di trattamento»

Massime della sentenza

Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sulle società

(Art. 63 TFUE; Accordo SEE, art. 40)

Viene meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, lo Stato membro che riserva il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle società ai soli fondi di pensione residenti nel proprio territorio.

Infatti, in ragione di una siffatta normativa, l’investimento che può essere effettuato in una società residente da parte di un fondo di pensione non residente presenta un’attrattiva inferiore rispetto all’investimento che potrebbe essere realizzato da parte di un fondo di pensione residente. Tale disparità di trattamento ha l’effetto di dissuadere i fondi di pensione non residenti dall’investire in società residenti ed i risparmiatori residenti dall’investire in siffatti fondi di pensione.

Una simile restrizione alla libera circolazione dei capitali non si giustifica con la finalità vertente sulla necessità di preservare la coerenza del regime fiscale nazionale, qualora non sia sufficientemente dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra l’agevolazione fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale; il carattere diretto del suddetto nesso dev’essere valutato alla luce della finalità della normativa in questione.

Peraltro, sebbene l’esenzione dall’imposta sulle società sia una contropartita del rispetto, da parte dei fondi di pensione, dei requisiti restrittivi in materia di gestione, di funzionamento, di capitalizzazione e di responsabilità finanziaria previsti dalla direttiva 2003/41, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, e dalla legislazione nazionale, la restrizione di cui trattasi non si può tuttavia giustificare con l’esigenza di controllare il rispetto di tali requisiti e pertanto di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, allorché la normativa nazionale impedisce in maniera assoluta ad un fondo di pensione di dimostrare che soddisfa i suddetti requisiti che gli consentirebbero di fruire dell’esenzione dall’imposta sulle società. Non può infatti essere escluso a priori che i fondi di pensione residenti in un altro Stato membro siano in grado di fornire le prove pertinenti che consentano alle autorità fiscali nazionali di verificare, in modo chiaro e preciso, che essi soddisfano, nel loro Stato di residenza, requisiti equivalenti a quelli previsti dalla legislazione nazionale.

In ogni caso, l’impossibilità assoluta per i fondi di pensione non residenti di fruire dell’esenzione concessa ai fondi di pensione residenti non può nemmeno essere ritenuta proporzionata in relazione alle difficoltà cui si appella lo Stato membro interessato per quanto riguarda la raccolta delle informazioni rilevanti e la riscossione dei debiti fiscali.

In primo luogo infatti, per quanto riguarda i fondi residenti in un altro Stato membro, le direttive 77/799, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette, nonché 2008/55, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure, offrono alle autorità nazionali un ambito di cooperazione e di assistenza che consente loro di ottenere le informazioni necessarie ai sensi della legislazione nazionale, nonché i mezzi di recupero di eventuali debiti fiscali presso i fondi di pensione non residenti. In secondo luogo, per quanto riguarda i fondi di pensione residenti in uno Stato membro del SEE, se è vero che le suddette procedure non trovano applicazione come tali, la normativa in oggetto non si può tuttavia ritenere proporzionata, allorché non fa dipendere il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle società dall’esistenza di un accordo bilaterale di assistenza tra lo Stato membro interessato e gli Stati membri del SEE, che consenta una cooperazione ed un’assistenza equivalenti a quelle attuate tra gli Stati membri dell’Unione. Si potrebbero inoltre immaginare misure, meno restrittive per la libera circolazione dei capitali di quanto lo sia la normativa in oggetto, tese a garantire il recupero dei debiti fiscali, come l’obbligo di fornire a priori le garanzie finanziarie necessarie al pagamento di tali debiti.

(v. punti 30, 36-37, 46, 48-50, 52 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

6 ottobre 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo SEE – Libera circolazione dei capitali – Fondi di pensione esteri e nazionali – Imposta sulle società – Dividendi – Esenzione – Differenza di trattamento»

Nella causa C-493/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, proposto il 1° dicembre 2009,

Commissione europea, rappresentata dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Inez Fernandes e dalla sig.ra H. Ferreira, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, A. Borg Barthet, E. Levits (relatore) e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 marzo 2011,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 maggio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo tassato i dividendi corrisposti a taluni fondi di pensione non residenti in territorio portoghese con un’aliquota superiore a quella relativa ai dividendi corrisposti ai fondi di pensione residenti, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»).

 Contesto normativo

2        Ai sensi dell’art. 16, n. 1, del regime delle agevolazioni fiscali (Estatuto dos Beneficios Fiscais; in prosieguo: l’«EBF»), i redditi percepiti dai fondi di pensione e dagli enti analoghi che sono costituiti ed operano conformemente al diritto portoghese sono esenti dall’imposta sul reddito delle società (Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Colectivas; in prosieguo: l’«IRC»).

3        L’art. 16, n. 4, dell’EBF dispone che, in caso di inosservanza delle condizioni poste al n. 1 di questo stesso articolo, il godimento dell’agevolazione prevista al medesimo n. 1 non ha effetto per l’esercizio in questione e che le società che gestiscono i fondi di pensione e gli enti analoghi, ivi comprese le mutue, sono responsabili in via principale dei debiti d’imposta dei fondi o dei patrimoni la cui gestione è loro affidata e devono procedere al pagamento dell’imposta entro il termine previsto all’art. 120, n. 1, del Codice dell’imposta sul reddito delle società (Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Colectivas; in prosieguo: il «CIRC»).

4        L’art. 4, n. 2, del CIRC stabilisce che le persone giuridiche e gli altri enti che non hanno sede o direzione effettiva nel territorio portoghese restano assoggettate all’IRC solo per i redditi realizzati in tale territorio. L’art. 80, n. 4, lett. c), del CIRC precisa che l’aliquota dell’IRC ammonta al 20%, fatta salva l’applicazione delle disposizioni delle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione.

5        Ai sensi dell’art. 4, n. 3, lett. c), punto 3, del CIRC, i redditi da gestione di capitali il cui debitore è domiciliato, ha stabilito la sua sede o ha una direzione effettiva nel territorio portoghese, o il cui pagamento sia imputabile ad una stabile organizzazione situata in tale territorio, fanno parte dei redditi di non residenti assoggettati ad imposta in Portogallo.

6        L’IRC è prelevato, ai sensi dell’art. 88, nn. 1, lett. c), 3, lett. b), e 5, del CIRC, attraverso una ritenuta definitiva alla fonte.

7        Ai sensi dell’art. 88, n. 11, del CIRC:

«Sono assoggettati autonomamente ad imposta, con aliquota del 20%, i dividendi corrisposti da enti assoggettati all’IRC a soggetti passivi che beneficiano dell’esenzione totale o parziale, ivi compresi, in questo caso, i redditi da capitale, qualora le quote sociali che danno diritto ai dividendi non siano ininterrottamente rimaste nella titolarità dello stesso soggetto passivo nell’anno precedente la data della loro distribuzione e non siano state conservate il tempo necessario per completare detto periodo».

8        L’art. 88, n. 12, del CIRC dispone quanto segue:

«Dall’importo dell’imposta determinato conformemente alle disposizioni del n. 11 è detratta l’imposta eventualmente ritenuta alla fonte, che in questo caso non può essere detratta in forza dell’art. 90, n. 2».

 Procedimento precontenzioso

9        Il 23 marzo 2007 la Commissione ha inviato alla Repubblica portoghese una lettera di diffida, in cui faceva valere l’incompatibilità con gli artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo SEE delle disposizioni fiscali portoghesi relative al trattamento fiscale dei dividendi e degli interessi percepiti da fondi di pensione non residenti in Portogallo.

10      Insoddisfatta della risposta della Repubblica portoghese del 18 giugno 2007, la Commissione, l’8 maggio 2008, le ha inviato un parere motivato, nel quale la invitava ad adottare le misure necessarie per conformarsi ad esso entro due mesi dalla sua ricezione.

11      Nella sua risposta, datata 14 agosto 2008, la Repubblica portoghese ha ammesso che il regime fiscale in questione costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali, ma ha affermato che detta restrizione è giustificata alla luce del diritto dell’Unione. In particolare, essa ha fatto valere che il regime fiscale più favorevole riservato ai fondi di pensione residenti in Portogallo compensa gli specifici obblighi di legge ad essi incombenti.

12      Non essendo rimasta soddisfatta da tali spiegazioni, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso per inadempimento.

 Procedimento dinanzi alla Corte

13      Con atto depositato nella cancelleria della Corte l’8 aprile 2010 e in forza degli artt. 40, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 93 del regolamento di procedura di quest’ultima, l’Autorità di sorveglianza AELS ha chiesto di poter intervenire nella causa, a sostegno delle conclusioni della Commissione.

14      Con ordinanza 15 luglio 2010 il presidente della Corte ha respinto tale domanda.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

15      La Commissione sostiene che il regime fiscale portoghese applicabile ai fondi di pensione crea una disparità di trattamento in funzione del luogo di residenza di tali fondi. I dividendi corrisposti a fondi di pensione costituiti ed operanti conformemente alla legislazione portoghese sono infatti totalmente esenti dall’IRC, mentre vi sono soggetti i dividendi corrisposti a fondi di pensione non residenti.

16      La Commissione scorge in tale disparità di trattamento una restrizione alla libera circolazione dei capitali, in quanto l’investimento dei fondi di pensione non residenti in società portoghesi viene reso meno attraente.

17      In via preliminare, la Repubblica portoghese precisa che, ai sensi dell’art. 88, n. 11, del CIRC, non sussiste alcuna disparità di trattamento tra i fondi di pensione residenti e i fondi di pensione non residenti, qualora i dividendi corrisposti provengano da quote sociali detenute dal fondo beneficiario per un periodo inferiore a un anno, essendo tali redditi, in entrambi i casi, soggetti all’IRC.

18      Negli altri casi, la Repubblica portoghese ammette l’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali, ma sostiene che essa è giustificata sotto due aspetti.

19      In primo luogo, il regime fiscale applicabile ai fondi di pensione sarebbe giustificato ai fini di preservare la coerenza fiscale. L’esenzione per i proventi dei fondi di pensione residenti sarebbe infatti compensata dalla tassazione delle pensioni di anzianità erogate ai beneficiari residenti in Portogallo, in forza dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. In materia di pensioni, un’interpretazione estensiva di tale motivo imperativo d’interesse generale si renderebbe necessaria al fine di eliminare ogni rischio di pregiudizio per l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale.

20      In secondo luogo, la Repubblica portoghese fa valere che la limitazione dell’esenzione dall’IRC ai fondi di pensione residenti si fonda su esigenze legate all’efficacia dei controlli fiscali. I requisiti di legge che consentono di beneficiare di tale esenzione richiederebbero quindi che i fondi che intendono avvalersene possano essere direttamente controllati dalle autorità fiscali portoghesi.

21      I fondi di pensione portoghesi sarebbero dunque soggetti non soltanto a requisiti di prudenza e di tutela degli investitori particolarmente severi, in applicazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/41/CE, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235, pag. 10), ma anche a condizioni supplementari proprie del diritto portoghese, segnatamente in materia di responsabilità finanziaria. L’art. 16, n. 4, dell’EBF prevedrebbe infatti segnatamente che le società di gestione dei fondi di pensione siano responsabili in via principale per il debito d’imposta dei fondi o dei patrimoni la cui gestione è loro affidata.

22      Orbene, il controllo di questi elementi sarebbe particolarmente complesso e richiederebbe che le autorità fiscali portoghesi possano intervenire direttamente sui fondi di pensione che beneficiano dell’esenzione dall’IRC. In particolare, in caso di violazione dei requisiti imposti dalla legislazione portoghese in materia di esenzione dall’IRC, per garantire il rimborso degli importi dovuti in forza dell’IRC sarebbe indispensabile esercitare un’influenza diretta sui fondi di cui trattasi. Non sarebbe tuttavia possibile garantire un’influenza simile sui fondi di pensione aventi sede in un altro Stato membro, a fortiori in uno Stato dello Spazio economico europeo (SEE), poiché le disposizioni dell’Unione relative alla cooperazione in materia fiscale non sono applicabili nel contesto di detto Accordo.

23      In risposta a tali argomenti la Commissione fa valere, in primo luogo, il fatto che la giustificazione relativa alla coerenza fiscale non può essere presa in considerazione per quanto riguarda la restrizione alla libera circolazione dei capitali derivante dal regime fiscale portoghese attinente ai fondi di pensione.

24      Infatti, da un lato, l’IRC prelevato sui redditi dei fondi di pensione non residenti non costituirebbe una fonte diretta di finanziamento del sistema di previdenza sociale. Dall’altro, la compensazione, tramite tassazione delle pensioni di anzianità, delle perdite di gettito fiscale dovute all’esenzione dall’IRC sarebbe effettiva solo nel caso in cui i beneficiari di tali pensioni risiedessero in Portogallo.

25      In secondo luogo, la Commissione ritiene che la restrizione in oggetto non possa nemmeno essere giustificata da considerazioni legate all’efficacia dei controlli fiscali.

26      Da un lato, infatti, l’asserita agevolazione concorrenziale di cui godrebbero i fondi di pensione non residenti per quanto riguarda i requisiti da rispettare non può giustificare il fatto che venga loro applicato un trattamento fiscale meno favorevole.

27      Dall’altro lato, il trattamento fiscale riservato ai fondi di pensione non residenti non può essere considerato come diretto a tutelare le società in cui essi investono, nonché i privati che risiedono in Portogallo. Esso semplicemente tenderebbe a limitare il beneficio dell’esenzione dall’IRC ai fondi di pensione residenti, senza lasciare la possibilità ai fondi non residenti di dimostrare che essi offrono garanzie equivalenti a quelle a cui sono assoggettati i fondi di pensione residenti. Pertanto, e per garantire il perseguimento degli obiettivi fatti valere dalla Repubblica portoghese, basterebbe richiedere che i fondi di pensione non residenti dimostrino la loro qualità e il contesto giuridico in cui operano, dal momento che la procedura di collaborazione e di assistenza reciproca previsti dal diritto dell’Unione, ma anche dagli accordi multilaterali e bilaterali per quanto concerne gli Stati terzi che fanno parte dell’Accordo SEE, consentirebbero alle autorità portoghesi di procedere alle verifiche necessarie, nonché al recupero dei debiti fiscali.

 Giudizio della Corte

 Sulla sussistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

28      Risulta da una costante giurisprudenza che le misure vietate dall’art. 63, n. 1, TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di questo Stato membro dal farne in altri Stati (sentenza 10 febbraio 2011, cause riunite C-436/08 e C-437/08, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, Racc. pag. I-305, punto 50).

29      Per quanto riguarda la questione se la normativa nazionale in oggetto costituisca una restrizione dei movimenti di capitali, occorre rilevare che, per non essere soggetti all’IRC, i dividendi corrisposti a fondi di pensione da parte di società con sede nel territorio portoghese devono rispettare due condizioni. Da un lato, devono essere corrisposti a fondi di pensione costituiti ed operanti conformemente al diritto portoghese. Dall’altro, tali dividendi devono essere distribuiti a titolo di quote sociali rimaste ininterrottamente nella titolarità di uno stesso fondo di pensione per un periodo minimo, corrispondente all’anno precedente la data della loro distribuzione, o detenute il tempo necessario per completare detto periodo.

30      Ne risulta che, a causa della prima condizione prevista dalla normativa nazionale in oggetto, l’investimento che può essere effettuato in una società portoghese da parte di un fondo di pensione non residente presenta un’attrattiva inferiore rispetto all’investimento che potrebbe essere realizzato da parte di un fondo di pensione residente. Nel primo caso, infatti, solo i dividendi corrisposti dalla società portoghese sarebbero soggetti all’IRC del 20%, anche se risultanti da quote sociali rimaste nella titolarità di tale fondo di pensione per un periodo minimo corrispondente all’anno precedente la data della loro distribuzione. Tale disparità di trattamento ha l’effetto di dissuadere i fondi di pensione non residenti dall’investire in società portoghesi ed i risparmiatori residenti in Portogallo dall’investire in siffatti fondi di pensione.

31      Tale disparità di trattamento non sussiste tuttavia qualora i dividendi corrisposti da una società residente derivino da quote sociali che non sono rimaste nella titolarità dello stesso soggetto passivo nel corso dell’anno precedente la data della loro distribuzione. Ai sensi dell’art. 88, n. 11, del CIRC, l’esenzione prevista all’art. 16, n. 1, dell’EBF non si applica infatti in simili circostanze, di modo che tali dividendi sono soggetti all’IRC qualunque sia il luogo di residenza del fondo di pensione al quale sono corrisposti.

32      Alla luce di ciò, occorre concludere che, per quanto riguarda la tassazione dei dividendi corrisposti da società aventi sede nel territorio portoghese per quote sociali detenute per più di un anno da un fondo di pensione, la normativa controversa costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali proibita, in linea di principio, dall’art. 63 TFUE.

 Sui motivi di giustificazione della normativa in oggetto

33      Come risulta da una giurisprudenza consolidata, provvedimenti nazionali che limitano la libera circolazione dei capitali possono essere giustificati per le ragioni di cui all’art. 63 TFUE o per motivi imperativi d’interesse generale, purché siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (sentenza 1° luglio 2010, causa C-233/09, Dijkman e Dijkman-Lavaleije, Racc. pag. I-6649, punto 49 nonché giurisprudenza ivi citata).

34      A parere della Repubblica portoghese, la legislazione in oggetto è giustificata da motivi legati all’esigenza di preservare, da un lato, la coerenza fiscale e, dall’altro, l’efficacia del controllo dei requisiti che i fondi di pensione devono soddisfare per fruire dell’esenzione dalla controversa imposta sulle società.

–       Sulla finalità relativa all’esigenza di preservare la coerenza fiscale

35      Occorre ricordare che la Corte ha già ammesso che l’esigenza di preservare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE (sentenze 27 novembre 2008, causa C-418/07, Papillon, Racc. pag. I-8947, punto 43, e Dijkman e Dijkman-Lavaleije, cit., punto 54).

36      Affinché un simile argomento di giustificazione possa essere accolto, la Corte esige tuttavia un nesso diretto tra l’agevolazione fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale; il carattere diretto del suddetto nesso dev’essere valutato alla luce della finalità della normativa in questione (citate sentenze Papillon, punto 44, e Dijkman e Dijkman-Lavaleije, punto 55).

37      A tale riguardo la Repubblica portoghese non ha dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, la sussistenza di un nesso siffatto, limitandosi a far valere che l’esenzione dall’imposta sulle società compensa l’imposta sul reddito, alla quale sono soggetti i sottoscrittori dei fondi di pensione residenti in Portogallo a titolo delle pensioni che ricevono, e che essa consente in tal modo di prevenire una doppia imposizione di tali redditi.

38      Del resto occorre necessariamente rilevare che, da un lato, non risulta dalla normativa in oggetto che i redditi corrisposti a beneficiari residenti in Portogallo da parte di fondi di pensione non residenti non siano soggetti all’imposta sul reddito. Pertanto, in ipotesi del genere, i dividendi corrisposti ai fondi non residenti sono soggetti all’imposta sulle società e le somme corrisposte ai beneficiari residenti da parte di tali fondi sono soggette all’imposta sul reddito.

39      Dall’altro lato, qualora un fondo residente corrisponda redditi ad un beneficiario non residente, i dividendi che questo ha percepito sono esenti dall’imposta sulle società, qualunque sia il trattamento fiscale riservato ai redditi corrisposti da tale fondo nello Stato di residenza del beneficiario di questi ultimi.

40      Per quanto riguarda inoltre l’argomento relativo all’esigenza di garantire la continuità del sistema pensionistico portoghese, la Repubblica portoghese non ha fornito alcun elemento che consenta di determinare in che modo il fatto di esentare dall’imposta sulle società i dividendi corrisposti a fondi non residenti potrebbe mettere in discussione il finanziamento di tale sistema.

41      Pertanto, tenuto conto degli elementi forniti dalla Repubblica portoghese, quest’ultima non può far valere l’esigenza di preservare la coerenza fiscale per giustificare la restrizione alla libera circolazione dei capitali risultante dalla normativa in oggetto.

–       Sulla finalità relativa all’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli

42      Risulta da una giurisprudenza costante che l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale che può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (sentenza Dijkman e Dijkman-Lavaleije, cit., punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

43      A parere della Repubblica portoghese, l’esenzione dall’IRC rappresenta una contropartita del rispetto, da parte dei fondi di pensione, dei requisiti previsti dalla direttiva 2003/41 e dalla legislazione portoghese.

44      In particolare, le condizioni che i fondi di pensione residenti devono rispettare per fruire dell’esenzione dall’IRC mirerebbero a garantire la continuità del sistema pensionistico portoghese, sottoponendo tali fondi a requisiti particolarmente severi in materia di gestione, di funzionamento, di capitalizzazione e di responsabilità finanziaria. Orbene, il controllo di tali requisiti da parte dell’amministrazione fiscale sarebbe possibile solo qualora tali fondi di pensione avessero sede in Portogallo.

45      A tale riguardo occorre tuttavia rilevare che la normativa controversa esclude per principio i fondi di pensione non residenti dal beneficio dell’esenzione dall’IRC, senza dar loro la possibilità di dimostrare che soddisfano i requisiti stabiliti dalla legislazione portoghese. La Repubblica portoghese non può pertanto sostenere che la disparità rilevata tra il trattamento di cui beneficiano i fondi di pensione residenti e quello riservato ai fondi di pensione non residenti in materia di esenzione dall’IRC sarebbe una contropartita del rispetto, da parte dei primi, dei requisiti previsti dalla legislazione summenzionata. I fondi di pensione non residenti sono infatti in ogni caso esclusi dal beneficio di tale esenzione, anche qualora soddisfino i requisiti per il suo ottenimento.

46      Orbene, una normativa nazionale che impedisca in maniera assoluta ad un fondo di pensione di dimostrare che soddisfa i requisiti che gli consentirebbero, se risiedesse in Portogallo, di fruire dell’esenzione dall’IRC non può essere giustificata dall’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali. Non può infatti essere escluso a priori che i fondi di pensione residenti in uno Stato membro che non sia la Repubblica portoghese siano in grado di fornire le prove pertinenti che consentano alle autorità fiscali portoghesi di verificare, in modo chiaro e preciso, che essi soddisfano, nel loro Stato di residenza, requisiti equivalenti a quelli previsti dalla legislazione portoghese.

47      Una valutazione siffatta vale per gli Stati membri dell’Unione europea e per gli Stati membri dello Spazio economico europeo (SEE) tanto più che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 57 e 58 delle sue conclusioni, il decreto legge 20 gennaio 2006, n. 12, fatto valere dalla Repubblica portoghese nel suo controricorso, è inteso a trasporre la direttiva 2003/41, la cui applicazione è stata estesa agli Stati membri del SEE.

48      In ogni caso, l’impossibilità assoluta per i fondi di pensione non residenti di fruire dell’esenzione concessa ai fondi di pensione residenti in Portogallo non può nemmeno essere ritenuta proporzionata in relazione alle difficoltà cui si appella la Repubblica portoghese, per quanto riguarda la raccolta delle informazioni rilevanti e la riscossione dei debiti fiscali.

49      In primo luogo infatti, per quanto riguarda i fondi residenti in uno Stato membro che non sia la Repubblica portoghese, le direttive del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), e 26 maggio 2008, 2008/55/CE, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (GU L 150, pag. 28), offrono alle autorità portoghesi un ambito di cooperazione e di assistenza che consente loro di ottenere le informazioni necessarie ai sensi della legislazione nazionale, nonché i mezzi di recupero di eventuali debiti fiscali presso fondi di pensione non residenti.

50      In secondo luogo, per quanto riguarda i fondi di pensione residenti in uno Stato membro del SEE, se è vero che le procedure descritte al punto precedente della presente sentenza non trovano applicazione come tali, occorre necessariamente dichiarare, da un lato, che la normativa in oggetto non fa dipendere il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle società dall’esistenza di un accordo bilaterale di assistenza tra la Repubblica portoghese e gli Stati membri del SEE, che consenta una cooperazione ed un’assistenza equivalenti a quelle attuate tra gli Stati membri dell’Unione. Dall’altro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle conclusioni, si potrebbero immaginare misure, meno restrittive della libera circolazione dei capitali di quanto lo sia la normativa in oggetto, tese a garantire il recupero dei debiti fiscali, come l’obbligo di fornire a priori le garanzie finanziarie necessarie al pagamento di tali debiti.

51      Ne consegue che la restrizione alla libera circolazione dei capitali risultante dalla normativa controversa non può essere giustificata dai motivi fatti valere dalla Repubblica portoghese.

52      Alla luce di ciò, occorre dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo riservato il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle società ai soli fondi di pensione residenti in territorio portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo SEE.

 Sulle spese

53      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica portoghese, avendo riservato il beneficio dell’esenzione dall’imposta sulle società ai soli fondi di pensione residenti nel territorio portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 63 TFUE e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992.

2)      La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il portoghese.