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SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 marzo 2014 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Articolo 49 TFUE – Libertà di stabilimento – Imposta sul reddito delle persone fisiche – Meccanismo di fissazione del massimale delle imposte dirette in funzione dei redditi – Convenzione fiscale bilaterale diretta ad evitare la doppia imposizione – Tassazione dei dividendi distribuiti da una società stabilita in uno Stato membro diverso e già assoggettati a ritenuta alla fonte – Assenza di considerazione o considerazione parziale dell’imposta versata nello Stato membro diverso per il calcolo del massimale dell’imposta – Articolo 65 TFUE – Restrizione – Giustificazione»

Nella causa C-375/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal tribunal administratif de Grenoble (Francia) con decisione del 26 luglio 2012, pervenuta in cancelleria il 6 agosto 2012, nel procedimento

Margaretha Bouanich

contro

Directeur des services fiscaux de la Drôme,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, E. Juhász, A. Rosas (relatore), D. Šváby e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per M. Bouanich, da A. Jouanjan e S. Fouquet-Chabert, avocats;

–        per il governo francese, da D. Colas e J.-S. Pilczer, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da J. Beeko, in qualità di agente, assistita da R. Hill, barrister;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e C. Soulay, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, da X. Lewis, G. Mathisen e A. Steinarsdóttir, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Bouanich e il Directeur des services fiscaux de la Drôme (direttore dei servizi fiscali della Drôme; in prosieguo: l’«amministrazione fiscale») in merito al diniego di quest’ultima di includere la ritenuta alla fonte versata in Svezia dalla sig.ra Bouanich nel totale delle imposte dirette prese in considerazione per il calcolo di un meccanismo che fissa un massimale all’imposta in funzione dei redditi.

 Contesto normativo

 Il diritto francese

3        Nella versione risultante dall’articolo 74 della legge n. 2005-1719, del 30 dicembre 2005 (JORF del 31 dicembre 2005, pag. 20597), applicabile alle imposte versate nel corso del 2006 a titolo dei redditi del 2005, l’articolo 1 del codice generale delle imposte (in prosieguo: il «CGI») prevedeva che le imposte dirette versate da un contribuente non potevano essere superiori al 60% dei suoi redditi.

4        L’articolo 11 della legge n. 2007-1223, del 21 agosto 2007, a favore del lavoro, dell’impiego e del potere d’acquisto (JORF del 22 agosto 2007, pag. 13945), applicabile alle imposte versate nel corso del 2007 e del 2008 a titolo, rispettivamente, dei redditi del 2006 e del 2007, ha modificato l’articolo 1 del CGI nel senso che le imposte dirette versate da un contribuente non potevano più superare il 50% dei suoi redditi.

5        Le condizioni di applicazione di tale massimale delle imposte dirette sono definite all’articolo 1649-0 A del CGI, e tra esse figura in particolare il diritto al rimborso dell’imposta che eccede la soglia fissata all’articolo 1 del CGI (in prosieguo: lo «scudo fiscale»).

6        L’articolo 1649-0 A, paragrafi da 1 a 5, del CGI, come modificato dalla legge n. 2005-1719, applicabile al diritto al rimborso acquisito per il 2007 in funzione dei redditi del 2005, così prevedeva:

«1.      Il diritto al rimborso della parte delle imposte che eccede la soglia di cui all’articolo 1 è acquisito dal contribuente il 1° gennaio successivo all’anno del pagamento delle imposte da questo dovute.

(...)

2.      Purché non siano deducibili da un reddito di categoria soggetto all’imposta sul reddito e siano state versate in Francia e, per quanto riguarda le imposte indicate sub a) e b), siano state regolarmente dichiarate, le imposte da prendere in considerazione per la determinazione del diritto al rimborso sono:

a)      l’imposta sul reddito;

b)      l’imposta di solidarietà sul patrimonio;

c)      l’imposta immobiliare sulle proprietà edificate e l’imposta immobiliare sulle proprietà non edificate relative all’abitazione principale del contribuente (...);

d)      l’imposta sull’abitazione riscossa a favore degli enti locali (...).

3.      Dalle imposte di cui al paragrafo 2 sono detratti i rimborsi dell’imposta sul reddito percepiti o gli sgravi ottenuti nel corso dell’anno in cui tali imposte sono state versate.

(...)

4.      Il reddito di cui tenere conto per la determinazione del diritto al rimborso è quello realizzato dal contribuente per l’anno precedente l’anno del pagamento delle imposte, ad eccezione dei redditi in natura non soggetti all’imposta sul reddito ai sensi della sezione II dell’articolo 15. Esso è costituito:

a)      dai redditi soggetti all’imposta sul reddito al netto delle spese professionali (...);

b)      dai prodotti assoggettati a un prelievo liberatorio;

c)      dai redditi esenti da imposta sul reddito realizzati nel corso dello stesso anno in Francia o fuori dalla Francia (...).

5.      Dal reddito indicato al paragrafo 4 sono detratti:

a)      i disavanzi della categoria la cui imputazione è consentita dall’articolo 156, I;

b)      l’importo delle pensioni alimentari detratto ai sensi dell’articolo 156, II, 2°;

c)      i contributi o premi detratti ai sensi dell’articolo 163 quatervicies».

7        Nella versione risultante dalla legge n. 2008-776, del 4 agosto 2008, sulla modernizzazione dell’economia (JORF del 5 agosto 2008, pag. 12471), applicabile al diritto al rimborso acquisito nel 2008 e nel 2009 in funzione, rispettivamente, dei redditi del 2006 e del 2007, l’articolo 1649-0 A, paragrafi da 1 a 5, del CGI così disponeva:

«1.      Il diritto al rimborso della parte delle imposte eccedente la soglia indicata all’articolo 1 è acquisito dal contribuente il 1° gennaio del secondo anno successivo a quello della realizzazione dei redditi indicati al paragrafo 4.

(...)

2.      Purché siano state versate in Francia e, da un lato, per le imposte diverse da quelle indicate sub e) ed f), non siano deducibili da un reddito di categoria soggetto all’imposta sul reddito, dall’altro, per le imposte indicate sub a), b) ed e), siano state regolarmente dichiarate, le imposte da prendere in considerazione per la determinazione del diritto al rimborso sono:

a)      l’imposta sul reddito dovuta a titolo dei redditi indicati al paragrafo 4;

b)      l’imposta di solidarietà sul patrimonio determinata a titolo dell’anno successivo a quello della realizzazione dei redditi indicati al paragrafo 4;

c)      l’imposta immobiliare (...);

d)      l’imposta sull’abitazione (...);

e)      i contributi e i prelievi previsti dagli articoli (…) del codice della previdenza sociale (…);

f)      i contributi e i prelievi previsti dagli articoli (...) del codice della previdenza sociale (...).

3.      Dalle imposte di cui al paragrafo 2 vengono detratti i rimborsi dell’imposta sul reddito percepiti o gli sgravi ottenuti nel corso dell’anno successivo a quello della realizzazione dei redditi indicati al paragrafo 4.

(...)

4.      Il reddito da prendere in considerazione per la determinazione del diritto al rimborso è quello realizzato dal contribuente, ad eccezione dei redditi in natura non soggetti all’imposta sul reddito ai sensi dell’articolo 15, II. Esso è costituito:

a)      dai redditi netti soggetti all’imposta sul reddito (...);

b)      dai prodotti soggetti a un prelievo liberatorio;

c)      dai redditi esenti da imposta sul reddito realizzati nel corso dello stesso anno in Francia o fuori dalla Francia (...).

5.      Dal reddito indicato al paragrafo 4 si deducono:

(...)

d)      le imposte equivalenti a quelle indicate al paragrafo 2, sub a), e) ed f), qualora siano state versate all’estero».

 La convenzione franco-svedese contro la doppia imposizione

8        L’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della convenzione tra la Repubblica francese e il Regno di Svezia volta a evitare le doppie imposizioni e a prevenire l’evasione fiscale in materia d’imposte sul reddito e sul patrimonio, firmata a Stoccolma il 27 novembre 1990 (in prosieguo: la «convenzione franco-svedese»), così prevede:

«1.      I dividendi pagati da una società avente sede in uno Stato contraente ad un soggetto residente in un altro Stato contraente sono tassati in questo secondo Stato.

2.      I dividendi possono essere tassati anche dallo Stato contraente in cui ha sede la società che li versa, e secondo la legislazione di detto Stato. Tuttavia, se chi riceve i dividendi ne è il beneficiario effettivo, l’imposta non può superare il 15[%] dell’importo lordo dei dividendi. (...)».

9        L’articolo 23 di tale convenzione prevede quanto segue:

«Le doppie imposizioni sono evitate nel modo seguente:

1.      per quanto riguarda la Francia:

a)      i redditi provenienti dalla Svezia, imponibili o esenti soltanto in tale Stato, conformemente alle disposizioni della Convenzione, sono presi in considerazione ai fini del calcolo dell’imposta francese quando il loro beneficiario è residente in Francia e quando non sono esenti dall’imposta sulle società ai sensi della legislazione francese. In tal caso, l’imposta svedese non è deducibile da tali redditi, ma il beneficiario ha diritto a un credito d’imposta imputabile all’imposta francese. Tale credito d’imposta è pari:

(...)

ii)      per i redditi di cui all’articolo 10, paragrafo 2 (...) all’importo dell’imposta versata in Svezia conformemente alle disposizioni di questi articoli; il credito non può tuttavia eccedere l’importo dell’imposta francese corrispondente a tali redditi.

(...)».

10      Il meccanismo dello scudo fiscale è stato soppresso a partire dal 1° gennaio 2013, ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 2011-900, del 29 luglio 2011, di rettifica finanziaria per il 2011 (JORF del 30 luglio 2011, pag. 12969).

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      Al momento dei fatti relativi al procedimento principale la sig.ra Bouanich, fiscalmente residente in Francia, era azionista della Ratos AB, società quotata in borsa e stabilita in Svezia.

12      La sig.ra Bouanich ha dichiarato, per gli anni 2005, 2006 e 2007, di aver percepito redditi da capitali mobiliari per importi lordi rispettivamente di EUR 812 148, EUR 3 303 998 ed EUR 677 082. Secondo la decisione di rinvio, tali redditi provenivano principalmente dai dividendi versati dalla Ratos AB.

13      In applicazione dell’articolo 10 della convenzione franco-svedese, tali dividendi sono stati assoggettati a una ritenuta alla fonte in Svezia, pari a EUR 121 426 per il 2005, a EUR 692 296 per il 2006 e a EUR 119 130 per il 2007.

14      In conformità dell’articolo 23, paragrafo 1, della convenzione franco-svedese, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito cui la sig.ra Bouanich è assoggettata in Francia, l’amministrazione fiscale francese ha incluso i dividendi provenienti dalla Svezia nella base imponibile per il 2005, il 2006 e il 2007.

15      Dopo aver calcolato l’importo lordo dell’imposta sul reddito applicando la tabella progressiva alla base imponibile, l’amministrazione fiscale, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera a, ii), della convenzione franco-svedese, ha imputato su tale importo lordo un credito d’imposta pari alla ritenuta alla fonte alla quale la sig.ra Bouanich era stata assoggettata in Svezia.

16      Dopo tale imputazione e diverse altre riduzioni d’imposta, la sig.ra Bouanich doveva ancora versare a titolo d’imposta sul reddito l’importo netto di EUR 19 730 per il 2005 e di EUR 48 130 per il 2006, non risultando invece dovuta nessuna imposta per il 2007.

17      La sig.ra Bouanich ha in seguito chiesto di beneficiare del diritto al rimborso derivante dall’applicazione dello scudo fiscale.

18      Nelle domande di rimborso d’imposta la sig.ra Bouanich aveva incluso, nelle imposte da prendere in considerazione per l’applicazione dello scudo fiscale, l’importo dei crediti d’imposta corrispondente alla ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi di fonte svedese. Questo metodo di calcolo è stato però respinto dall’amministrazione fiscale, con la motivazione che non si trattava di un’imposta versata in Francia.

19      Con tre ricorsi successivi vertenti sul calcolo del diritto al rimborso acquisito nel 2007, nel 2008 e nel 2009 in applicazione dello scudo fiscale a titolo, rispettivamente, del 2005, del 2006 e del 2007, la sig.ra Bouanich ha adito il tribunal administratif de Grenoble al fine di ottenere l’inclusione, nel totale delle imposte prese in considerazione per il calcolo del massimale dell’imposta, dell’importo corrispondente alla ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi di fonte svedese, ossia, rispettivamente, EUR 121 426, EUR 265 069 ed EUR 59 565.

20      Secondo la sig.ra Bouanich, gli articoli 1 e 1649-0 A del CGI, nella versione applicabile al diritto al rimborso acquisito per il 2007 in funzione dei redditi del 2005, hanno portato l’amministrazione fiscale a escludere dal calcolo del massimale la totalità della ritenuta alla fonte versata in Svezia su tali redditi. Le stesse disposizioni, come modificate dalla legge n. 2008-776 e applicabili al diritto al rimborso acquisito per il 2008 e il 2009, permettendo la deduzione della ritenuta alla fonte dai redditi presi in considerazione per il diritto al rimborso, invece di sommarla al totale delle imposte che rilevano ai fini del calcolo, avrebbero comportato l’effetto di limitare il vantaggio fiscale che ne derivava alla metà di ciò che si sarebbe ottenuto se i dividendi fossero stati versati da un società stabilita in Francia.

21      Dinanzi al giudice del rinvio la sig.ra Bouanich sostiene che la normativa francese costituisce un ostacolo alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali garantite dal Trattato FUE.

22      In tale contesto, dopo avere riunito i tre ricorsi della sig.ra Bouanich, il tribunal administratif de Grenoble ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli [49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE] ostino a una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ai sensi della quale, allorché un residente in uno Stato membro dell’Unione europea, azionista di una società avente sede in un altro Stato membro dell’Unione, percepisce dividendi soggetti a imposta in entrambi gli Stati e la doppia imposizione è risolta mediante l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società distributrice, il meccanismo che fissa un massimale alle imposte corrispondente al 60% o al 50% dei redditi percepiti nel corso di un anno non tiene conto dell’imposta versata nell’altro Stato oppure ne tiene conto soltanto parzialmente.

2)      In caso di risposta affermativa, se siffatta limitazione possa essere giustificata dall’esigenza di mantenere la coerenza del sistema tributario nazionale o di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, ovvero da qualunque altro motivo imperativo di interesse generale».

 Sulle questioni pregiudiziali

23      Con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE ostino alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, allorché un residente di tale Stato membro, azionista di una società stabilita in un altro Stato membro, percepisce dividendi tassati in entrambi gli Stati e la doppia imposizione è risolta mediante l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società distributrice, il meccanismo che fissa un massimale alle diverse imposte dirette corrispondente a una certa percentuale dei redditi percepiti nel corso di un anno non tiene conto dell’imposta versata nello Stato della società distributrice o ne tiene conto soltanto parzialmente.

 Sulla libertà di cui è causa

24      Poiché le questioni pregiudiziali sono state sollevate sia relativamente all’articolo 49 TFUE sia agli articoli 63 TFUE e 65 TFUE, occorre stabilire se la normativa nazionale rientri nella libertà di stabilimento, nella libera circolazione dei capitali o in entrambe le libertà.

25      La sig.ra Bouanich, i governi francese e del Regno Unito nonché la Commissione europea ritengono che la libertà di cui trattasi nella controversia principale sia la libera circolazione dei capitali, sancita dall’articolo 63 TFUE. Per l’Autorità di vigilanza EFTA, dal momento che la normativa nazionale controversa è applicabile indipendentemente dall’entità della partecipazione al capitale che dà luogo ai dividendi, e a prescindere dalla questione se detta partecipazione sia tale da conferire una sicura influenza sulle decisioni della società e da consentire agli azionisti di indirizzarne le attività, le misure controverse rientrano nell’ambito di applicazione tanto dell’articolo 49 TFUE che in quello dell’articolo 63 TFUE. La loro applicazione dovrebbe quindi essere esaminata parallelamente.

26      A tale proposito occorre ricordare che il trattamento fiscale dei dividendi può ricadere nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE, riguardante la libertà di stabilimento, e in quella dell’articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali (v. sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, Racc. pag. I-305, punto 33; del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-35/11, punto 89, nonché del 28 febbraio 2013, Beker, C-168/11, punto 23).

27      Quanto alla questione se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra libertà di circolazione, da una giurisprudenza consolidata risulta che occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa di cui trattasi (citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 90 e giurisprudenza ivi citata, nonché Beker, punto 24).

28      In proposito è già stato dichiarato che una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinarne le attività ricade nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento (v. sentenze del 25 ottobre 2012, Commissione/Belgio, C-378/11, punto 34; Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 91 e giurisprudenza ivi citata, nonché Beker, cit., punto 25). Per contro, disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni acquisite al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza l’intento di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (v. citate sentenze Commissione/Belgio, punto 34; Test Claimants in the FII Group Litigation, punto 92 e giurisprudenza ivi citata, nonché Beker, punto 26).

29      Nella specie, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale si applica indipendentemente dall’importo della partecipazione detenuta in una società. Come rilevato dal governo francese, l’applicazione della suddetta normativa non dipende dall’entità delle partecipazioni in una società non residente e non è limitata alle situazioni in cui il titolare delle quote possa esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e indirizzarne le attività.

30      Di conseguenza, nei limiti in cui tale normativa si riferisce a dividendi che hanno origine in uno Stato membro, l’oggetto di tale normativa non consente di stabilire se quest’ultima ricada in maniera preponderante nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE oppure in quella dell’articolo 63 TFUE. In simili circostanze, la Corte tiene conto degli elementi di fatto del caso di specie al fine di stabilire se la situazione oggetto della controversia principale ricada sotto l’una o l’altra delle suddette disposizioni (citate sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, punti 93 e 94 nonché giurisprudenza ivi citata, e Beker, punti 27 e 28).

31      Orbene, né la decisione di rinvio né il fascicolo presentato alla Corte forniscono indicazioni al riguardo. Si deve di conseguenza considerare che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale può incidere tanto sulla libera circolazione dei capitali quanto sulla libertà di stabilimento, e deve pertanto essere esaminata alla luce sia degli articoli 63 TFUE e 65 TFUE, sia dell’articolo 49 TFUE.

 Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

32      Secondo la sig.ra Bouanich, l’Autorità di vigilanza EFTA e la Commissione, lo scudo fiscale penalizza i redditi derivanti da dividendi distribuiti da società stabilite in uno Stato membro diverso dalla Repubblica francese (dividendi c.d. «entranti») rispetto ai redditi derivanti da dividendi versati da società stabilite in Francia.

33      Infatti, dal momento che la ritenuta alla fonte prelevata fuori dalla Francia non è presa in considerazione, o lo è solo parzialmente, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito che può essere rimborsata al beneficiario dello scudo fiscale, l’importo corrispondente alla ritenuta alla fonte estera rimarrebbe definitivamente a carico di quest’ultimo, il che aumenterebbe sistematicamente la pressione fiscale sui dividendi entranti rispetto a quella gravante sui dividendi di fonte francese.

34      Per le persone fisiche residenti in Francia, questo trattamento fiscale sfavorevole per i dividendi entranti renderebbe gli investimenti in società stabilite in uno Stato membro diverso dalla Repubblica francese meno attraenti rispetto a quelli realizzati in società francesi.

35      I governi francese e del Regno Unito sostengono, al contrario, che la normativa francese relativa allo scudo fiscale non ha creato restrizioni alla libera circolazione dei capitali poiché la Repubblica francese non ha esercitato la propria competenza fiscale in maniera discriminatoria.

36      Secondo tali governi, il rifiuto della Repubblica francese di includere la ritenuta alla fonte pagata in Svezia nel totale delle imposte dirette versate dal contribuente è soltanto un inconveniente derivante dall’esercizio parallelo delle competenze fiscali da parte del Regno di Svezia e della Repubblica francese. La libera circolazione dei capitali non imporrebbe a uno Stato membro di evitare la doppia imposizione giuridica dei dividendi risultante da una convenzione bilaterale, allorché i due Stati parti della convenzione hanno il diritto di tassare il reddito in questione. Richiamando la sentenza del 14 novembre 2006, Kerckhaert e Morres (C-513/04, Racc. pag. I-10967), il governo del Regno Unito sostiene che una differenza di trattamento dovuta all’applicazione combinata dell’esercizio legittimo da parte di due Stati membri della loro competenza fiscale, a condizione che tale esercizio non sia discriminatorio, non costituisce una restrizione alle libertà fondamentali.

37      A tale proposito si deve anzitutto sottolineare che il procedimento principale non riguarda la prevenzione della doppia imposizione, ma il trattamento fiscale nazionale, in Francia, di dividendi distribuiti da una società stabilita in Svezia, ai fini dell’applicazione di un meccanismo che fissa un massimale a diverse imposte dirette.

38      Invero, tale procedimento concerne una differenza di trattamento per quanto riguarda l’applicazione dello scudo fiscale tra, da un lato, un contribuente residente in uno Stato membro dell’Unione che percepisce dividendi di una società stabilita in tale medesimo Stato, e, dall’altro, un contribuente residente nello stesso Stato membro, azionista di una società stabilita in uno Stato membro diverso, che percepisce dividendi tassati nei due Stati, essendo la doppia imposizione risolta mediante l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società distributrice.

39      Il procedimento principale si distingue di conseguenza da quello che ha dato origine alla citata sentenza Kerckhaert e Morres. Infatti, la normativa nazionale oggetto del procedimento che ha dato origine a quest’ultima sentenza non effettuava alcuna distinzione tra i dividendi di azioni di società stabilite nel territorio dello Stato di cui trattasi e i dividendi di azioni di società stabilite in un altro Stato membro, che erano stati oggetto di un’imposta prelevata tramite ritenuta alla fonte in tale altro Stato membro, poiché tale normativa assoggettava detti dividendi, nell’ambito dell’imposta sul reddito, alla stessa aliquota fiscale uniforme (v., in tal senso, sentenza Kerckhaert e Morres, cit., punto 17). In circostanze simili, la Corte ha dichiarato che le conseguenze sfavorevoli che potrebbe implicare l’applicazione di un sistema di tassazione dei redditi come quello oggetto della causa che ha dato origine alla richiamata sentenza derivavano dall’esercizio parallelo da parte di due Stati membri della loro competenza fiscale (v. sentenza Kerckhaert e Morres, cit., punto 20).

40      Al fine di rispondere alla prima questione sollevata è necessario procedere a una distinzione tra la concessione del credito d’imposta risultante dalla convenzione franco-svedese, da un lato, e l’applicazione dello scudo fiscale, oggetto del procedimento principale, dall’altro, poiché si tratta di due vantaggi fiscali distinti.

41      Infatti, la concessione in Francia di un credito d’imposta per le ritenute alla fonte effettuate in Svezia deriva dalla convenzione franco-svedese e si inserisce nel contesto della tassazione parallela, da parte del Regno di Svezia e della Repubblica francese, dei redditi mobiliari di fonte svedese. La Repubblica francese si è riservata il diritto di tassare i redditi di fonte svedese e concede un credito d’imposta per limitare o evitare del tutto la doppia imposizione.

42      Per contro, un meccanismo come lo scudo fiscale non è collegato all’esercizio parallelo delle competenze fiscali e riguarda unicamente la competenza fiscale della Repubblica francese. Tale meccanismo fiscale ha come obiettivo e come effetto di ridurre il livello di tassazione dei redditi sui quali tale Stato membro esercita il suo potere impositivo.

43      Secondo costante giurisprudenza, le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di detto Stato membro dal farne in altri Stati (sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

44      Occorre pertanto esaminare se la normativa fiscale di cui al procedimento principale, a causa della differenza di trattamento che essa crea tra i contribuenti che percepiscono dividendi da una società stabilita in Francia e i contribuenti che percepiscono dividendi da una società stabilita in un altro Stato membro, sia discriminatoria e tale da dissuadere i secondi dall’esercitare il loro diritto alla libera circolazione dei capitali.

45      Conformemente a una giurisprudenza costante, una discriminazione in materia fiscale può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni comparabili, ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (v. sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C-279/93, Racc. pag. I-225, punto 30; del 22 marzo 2007, Talotta, C-383/05, Racc. pag. I-2555, punto 18, nonché del 18 luglio 2007, Lakebrink e Peters-Lakebrink, C-182/06, Racc. pag. I-6705, punto 27). Pertanto, una differenza di trattamento tra due categorie di contribuenti può essere qualificata come discriminazione ai sensi del Trattato quando le situazioni di tali categorie di contribuenti sono comparabili alla luce delle norme tributarie in questione (sentenza del 1° dicembre 2011, Commissione/Ungheria, C-253/09, Racc. pag. I-12391, punto 51).

46      Si deve pertanto esaminare se la differenza di trattamento tra un azionista soggetto a imposta in Francia che percepisce dividendi da una società stabilita in tale Stato membro e un altro azionista soggetto a imposta allo stesso modo in Francia, ma che percepisce dividendi da una società stabilita in un altro Stato membro, nella specie la Svezia, riguardi situazioni obiettivamente comparabili.

47      Come osservato dall’Autorità di vigilanza EFTA e dalla Commissione, il fatto che la Repubblica francese, da un lato, tassi i dividendi entranti percepiti dalla sig.ra Bouanich sulla base degli articoli 10, paragrafo 1, e 23 della convenzione franco-svedese e includa tali dividendi nella base imponibile della sig.ra Bouanich in Francia ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito e, dall’altro, tenga conto di tali dividendi ai fini dell’applicazione del massimale alle imposte di cui agli articoli 1 e 1649-0 A del CGI, colloca tale contribuente nella stessa situazione di un contribuente che percepisce dividendi da una società stabilita in Francia.

48      Di conseguenza, coloro che percepiscono dividendi da una società stabilita in Francia e coloro che percepiscono dividendi da una società stabilita in Svezia si trovano in situazioni oggettivamente comparabili sotto il profilo dei loro obblighi fiscali.

49      Per quanto concerne i dividendi che un azionista residente in Francia percepisce da una società stabilita in un altro Stato membro, come il Regno di Svezia, che sono stati oggetto di una ritenuta alla fonte in quest’altro Stato e sono inclusi nella base imponibile in Francia, la differenza di trattamento nell’applicazione dello scudo fiscale consiste nel fatto che il calcolo del diritto al rimborso dell’importo delle imposte dirette che supera il massimale alle imposte non prende in considerazione la ritenuta alla fonte prelevata in Svezia. Questa mancata presa in considerazione è totale per quanto concerne lo scudo fiscale nella versione applicabile per il 2007 a titolo dei redditi del 2005, e soltanto parziale per quanto riguarda tale meccanismo come modificato dalla legge n. 2008-776, applicata per il 2008 e il 2009 a titolo dei redditi del 2006 e del 2007.

50      Come emerge dal fascicolo presentato alla Corte, il diritto al rimborso dell’importo delle imposte che supera la soglia definita all’articolo 1 del CGI è determinato in funzione del rapporto rappresentato dalla frazione composta, al numeratore, dall’importo delle imposte dirette a carico del contribuente, e al denominatore dalla somma dei redditi percepiti da tale medesimo contribuente durante l’anno precedente quello del pagamento di dette imposte.

51      Nel procedimento principale, per quanto concerne lo scudo fiscale applicabile per il 2007, l’imposta versata dalla sig.ra Bouanich in Svezia non è stata affatto presa in considerazione ai fini del calcolo del massimale delle imposte dirette a concorrenza del 60% dei redditi da questa percepiti nel 2005. Da un lato, l’importo delle imposte dirette preso in considerazione non comprendeva quello del credito d’imposta corrispondente alla ritenuta alla fonte effettuata dal Regno di Svezia. Dall’altro, i redditi presi in considerazione comprendevano l’importo lordo dei dividendi percepiti dalla sig.ra Bouanich, includendo così l’importo di tale ritenuta alla fonte.

52      Tale duplice dinamica ha portato a diminuire il numeratore e ad aumentare il denominatore del rapporto da determinare tra le imposte dirette e i redditi ai fini dell’applicazione dello scudo fiscale, e in tal modo a ridurre, o persino ad annullare, l’importo delle imposte dirette eccedente il massimale del 60% per i contribuenti residenti in Francia che, come la sig.ra Bouanich, percepiscono dividendi di fonte estera.

53      Come illustrato dalla Commissione, il meccanismo di fissazione di un massimale alle imposte come previsto dalla legge n. 2008-776, applicabile dal 2008 ai redditi percepiti nel 2006, ha eliminato la restrizione alla libera circolazione dei capitali sotto l’aspetto dei redditi presi in considerazione per il calcolo del massimale. Infatti, solo i dividendi netti sono stati successivamente computati nell’importo dei redditi imponibili figurante al denominatore della frazione predisposta ai fini del calcolo dello scudo fiscale, indipendentemente dall’origine di tali dividendi. Al contrario, la ritenuta alla fonte operata in Svezia non veniva sempre computata nella somma delle imposte che compariva al numeratore di tale frazione e che dava diritto al rimborso dell’imposta ai sensi degli articoli 1 e 1649-0 A del CGI.

54      Il fatto che l’imposta versata in Svezia sia esclusa dalle imposte prese in considerazione per l’applicazione dello scudo fiscale costituisce un trattamento fiscale sfavorevole per i contribuenti come la sig.ra Bouanich, che risiedono in Francia e percepiscono dividendi da società stabilite in Svezia.

55      In circostanze come quelle di cui al procedimento principale, tale trattamento fiscale sfavorevole è atto a dissuadere le persone fisiche assoggettate all’imposta sul reddito in via principale in Francia dall’investire i loro capitali in società aventi sede in un altro Stato membro. Poiché le condizioni di applicazione dello scudo fiscale nei confronti di contribuenti francesi che hanno investito i loro capitali in un altro Stato membro sono più restrittive di quelle applicabili in una situazione nazionale, questo medesimo fatto potrebbe anche produrre un effetto restrittivo per le società stabilite in uno Stato membro diverso dalla Repubblica francese, in quanto esse costituiscono nei loro confronti un ostacolo alla raccolta di capitale in Francia.

56      Stanti tali premesse, si deve dichiarare che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, a causa della differenza di trattamento che essa crea tra i contribuenti residenti a seconda che essi percepiscano dividendi da una società stabilita nel territorio nazionale o da una società stabilita in un altro Stato membro, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata in linea di principio dall’articolo 63 TFUE.

 Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

57      L’articolo 49 TFUE impone la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Pertanto, benché le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, così come formulate, mirino ad assicurare il beneficio del trattamento nazionale dello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione (v. sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer, C-446/03, Racc. pag. I-10837, punto 31, e del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, Racc. pag. I-12273, punto 35).

58      Sempre per giurisprudenza costante, devono essere considerate restrizioni di questo tipo tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà (v. sentenza del 6 settembre 2012, DI. VI. Finanziaria di Diego della Valle & C., C-380/11, punto 33).

59      Una differenza di trattamento fiscale dei dividendi percepiti dai contribuenti residenti in uno Stato membro in funzione del luogo in cui si trova la sede della società distributrice, come risulta dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale, esposta ai punti 49 nonché 51 e 52 della presente sentenza, può costituire una restrizione alla libertà di stabilimento, vietata in linea di principio dall’articolo 49 TFUE, in quanto essa rende meno attraente lo stabilimento, in uno Stato membro diverso, di un cittadino del primo Stato membro.

60      Ne consegue che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce altresì una restrizione vietata in linea di principio dall’articolo 49 TFUE.

 Sull’esistenza di una giustificazione

61      Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, le disposizioni dell’articolo 63 non pregiudicano il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale.

62      Occorre tuttavia rilevare che la deroga prevista dall’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, che dev’essere interpretata restrittivamente, subisce essa stessa una limitazione per effetto dell’articolo 65, paragrafo 3, TFUE, il quale stabilisce che le disposizioni nazionali di cui al paragrafo 1 dell’articolo medesimo «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63 [TFUE]» (v. sentenze del 7 settembre 2004, Manninen, C-319/02, Racc. pag. I-7477, punto 28, e del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund, C-194/06, Racc. pag. I-3747, punto 58).

63      Occorre pertanto distinguere i trattamenti disuguali consentiti ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE dalle discriminazioni vietate dal paragrafo 3 di questo stesso articolo. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, affinché una normativa tributaria nazionale operante una distinzione tra i contribuenti in funzione del luogo di investimento dei loro capitali possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, occorre che la disparità di trattamento riguardi situazioni non oggettivamente paragonabili o sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (v., in tal senso, sentenze del 6 giugno 2000, Verkooijen, C-35/98, Racc. pag. I-4071, punto 43; Manninen, cit., punto 29, e Orange European Smallcap Fund, cit., punto 59).

64      Ai punti 47 e 48 della presente sentenza è già stato accertato che il diverso trattamento fiscale riservato dalla normativa francese di cui trattasi nel procedimento principale ai dividendi di società stabilite in altri Stati membri si riferisce a situazione peraltro oggettivamente paragonabili.

65      In tale contesto, una restrizione alla libera circolazione dei capitali o alla libertà di stabilimento come quella risultante dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale è ammissibile soltanto se giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. Inoltre, in tale ipotesi è necessario che essa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per raggiungerlo (v. sentenze National Grid Indus, cit., punto 42; del 1° dicembre 2011, Commissione/Belgio, C-250/08, Racc. pag. I-12341, punto 51, e, in tal senso, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punti 54 e 55).

66      Occorre pertanto esaminare se la restrizione di cui trattasi nel procedimento principale possa essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale invocati dai vari governi che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, e vertenti sulla necessità di mantenere la coerenza del regime tributario francese nonché di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra la Repubblica francese e il Regno di Svezia.

 Sulla necessità di mantenere la coerenza del regime tributario

67      Secondo il governo francese, lo scudo fiscale mira a evitare che le imposte dirette rivestano un carattere confiscatorio o facciano gravare sui contribuenti un onere eccessivo rispetto alle loro capacità contributive. Alla luce di tale obiettivo, esisterebbe un nesso diretto tra, da un lato, il vantaggio fiscale consentito, ossia il rimborso al contribuente della parte delle imposte versate in Francia che supera la soglia definita all’articolo 1 del CGI, e, dall’altro, la compensazione di tale vantaggio tramite le imposte dirette che il contribuente ha pagato in Francia.

68      Secondo lo stesso governo, non esiste al contrario alcun nesso diretto tra l’imposta versata all’estero e il rimborso di tale imposta da parte dello Stato francese.

69      A tale proposito occorre rilevare che la Corte ha certamente già dichiarato che la necessità di preservare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una normativa atta a limitare le libertà fondamentali (v. sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 57 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, affinché un argomento fondato su tale giustificazione possa prosperare, occorre che sia dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale vantaggio con un determinato prelievo fiscale (v. citate sentenze Manninen, punto 42, nonché Santander Asset Management SGIIC e a., punto 51 e giurisprudenza ivi citata), poiché il carattere diretto di tale nesso dev’essere valutato alla luce dell’obiettivo della normativa in questione (v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2008, Papillon, C-418/07, Racc. pag. I-8947, punto 44; del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha, C-303/07, Racc. pag. I-5145, punto 72, e Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 58).

70      Come rilevato dalla Commissione, per l’esame delle eventuali giustificazioni della normativa di cui trattasi nel procedimento principale occorre distinguere tra la concessione del credito d’imposta risultante dalla convenzione franco-svedese, da un lato, e la concessione del diritto al rimborso dell’imposta per effetto dello scudo fiscale, dall’altro.

71      Per quanto concerne il credito d’imposta risultante dalla convenzione franco-svedese, sussiste un nesso diretto tra il vantaggio fiscale consentito e la compensazione di tale vantaggio tramite un prelievo determinato, quello operato alla fonte dal Regno di Svezia sui redditi mobiliari di fonte svedese.

72      Per contro, per quanto riguarda lo scudo fiscale, non sussiste alcun nesso tra il vantaggio fiscale rappresentato dal rimborso dell’imposta al quale tale meccanismo può dare luogo a vantaggio del contribuente e la compensazione di tale vantaggio mediante un prelievo determinato.

73      Di fatto, il vantaggio fiscale concesso per effetto dello scudo fiscale non è compensato da un qualsivoglia prelievo, poiché tale meccanismo fiscale ha come semplice obiettivo e come effetto quello di ridurre il livello di tassazione dei redditi sui quali la Repubblica francese esercita il suo potere impositivo.

74      Come rilevato dall’Autorità di vigilanza EFTA, l’importo dell’imposta rimborsata per effetto dello scudo fiscale dipende dall’importo totale delle imposte dirette versate dal contribuente e dalla questione se tale importo superi la soglia fissata dal CGI. Il vantaggio fiscale di cui trattasi nel procedimento principale non è concesso correlativamente a una determinata imposta riscossa, bensì unicamente qualora l’importo versato a titolo del totale delle imposte di cui trattasi superi una certa percentuale dei redditi annui dei contribuenti. Ne consegue che non è possibile stabilire alcun nesso diretto tra il vantaggio fiscale in parola e un prelievo fiscale determinato.

 Sulla necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri

75      Per quanto concerne la necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, il governo francese sostiene che, nell’ambito della convenzione franco-svedese, ciascuno dei due Stati firmatari rinuncia a una parte dell’imposta che potrebbe prelevare se non fosse vincolato da tale convenzione. Da un lato, il Regno di Svezia accetta di limitare al 15% l’aliquota della ritenuta alla fonte sui dividendi versati a un residente fiscale francese. Dall’altro, la Repubblica francese consente di evitare la doppia imposizione di tali dividendi tramite l’imputazione sull’imposta francese di un credito d’imposta pari alla ritenuta alla fonte svedese.

76      Secondo tale governo, lo scudo fiscale trae le conseguenze di tale regime convenzionale e dell’eliminazione della doppia imposizione assunta dalla Repubblica francese in qualità di Stato di residenza del contribuente. Pertanto, il calcolo delle imposte alle quali può essere fissato un massimale tiene conto del solo importo delle imposte dirette versate in Francia, a seguito dell’imputazione del credito d’imposta pari alla ritenuta alla fonte versata in Svezia.

77      Per sua natura, lo scudo fiscale avrebbe l’obiettivo di limitare l’esercizio della competenza fiscale della Repubblica francese fissando un massimale all’importo totale delle imposte dirette teoricamente dovute in tale Stato membro dal contribuente a una percentuale (60% o 50%) dei redditi di cui dispone. Poiché tale meccanismo rientra nella sola competenza di detto Stato membro, sarebbe opportuno computare le sole imposte versate in Francia nel calcolo del rimborso di cui il contribuente può beneficiare.

78      Il governo francese ritiene che la presa in considerazione delle imposte versate all’estero in tale calcolo obblighi invece lo Stato di residenza del contribuente a sopportare l’onere del rimborso di un’imposta che non ha contribuito al suo gettito fiscale, ma a quello di un altro Stato membro che agisce in qualità di Stato della fonte dei redditi.

79      Analogamente, il Regno Unito sostiene che una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri implica il diritto per uno Stato membro di esercitare il suo potere di tassare le attività svolte nel suo territorio senza dover prendere in considerazione l’esercizio, da parte di un altro Stato membro, del potere impositivo suo proprio. Secondo tale governo, costringere la Repubblica francese, ai fini della determinazione del massimale alle imposte fissato dall’articolo 1 del CGI, ad aggiungere al totale delle imposte dirette versate dal contribuente in Francia un’eventuale ritenuta alla fonte versata in Svezia equivarrebbe a imporre alla Repubblica francese di prendere in considerazione l’esercizio, da parte del Regno di Svezia, del proprio potere impositivo e a indennizzare il contribuente da qualsiasi ritenuta alla fonte versata in Svezia.

80      Tale giustificazione non può tuttavia essere accolta.

81      Infatti, una giustificazione avente ad oggetto la necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri può essere ammessa qualora, in particolare, il regime fiscale in questione sia inteso a prevenire comportamenti atti a violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza tributaria in relazione alle attività svolte nel suo territorio (v. sentenze del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz, C-347/04, Racc. pag. I-2647, punto 42; del 18 luglio 2007, Oy AA, C-231/05, Racc. pag. I-6373, punto 54; del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha, C-303/07, Racc. pag. I-5145, punto 66, e del 20 ottobre 2011, C-284/09, Commissione/Germania, Racc. pag. I-9879, punto 77).

82      Nella specie, la questione della ripartizione del potere impositivo tra la Repubblica francese e il Regno di Svezia è stata risolta nella convenzione franco-svedese che prevede il diritto, per ciascuno di tali Stati, di tassare i dividendi acquisiti e percepiti nel suo territorio. In tale contesto, la Repubblica francese ha conservato il diritto di tassare i redditi mobiliari di fonte svedese e ha accettato di concedere un credito d’imposta destinato a ridurre gli effetti di tale doppia imposizione a vantaggio dei contribuenti residenti in Francia. Tale Stato membro ha quindi liberamente accettato la ripartizione del potere impositivo come risulta dalle stipulazioni della convenzione franco-svedese.

83      Tale meccanismo di ripartizione della tassazione previsto dalla convenzione franco-svedese non può tuttavia giustificare la restrizione derivante dall’applicazione della legislazione relativa allo scudo fiscale.

84      Si deve rammentare al riguardo che, secondo una giurisprudenza costante, sebbene gli Stati membri, nell’ambito delle convenzioni bilaterali dirette a evitare la doppia imposizione, siano liberi di fissare i fattori di collegamento ai fini della ripartizione della competenza fiscale, tale ripartizione della competenza fiscale non consente loro di applicare misure contrarie alle libertà di circolazione garantite dal Trattato. Infatti, per quanto riguarda l’esercizio del potere impositivo così ripartito nell’ambito di convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione, gli Stati membri sono tenuti ad adeguarsi alle norme dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2002, de Groot, C-385/00, Racc. pag. I-11819, punti 93 e 94; del 19 gennaio 2006, Bouanich, C-265/04, Racc. pag. I-923, punti 49 e 50, e del 12 dicembre 2013, Imfeld e Garcet, C-303/12, punti 41 e 42).

85      Il rimborso dell’imposta concesso in forza dello scudo fiscale è un vantaggio fiscale previsto dalla normativa francese, che limita l’onere fiscale dei contribuenti applicando un meccanismo di fissazione di un massimale che garantisce il rimborso dell’imposta versata al di là di una certa percentuale. Un tale meccanismo che fissa il limite massimo alle imposte non incide sulla possibilità per la Repubblica francese di tassare le attività esercitate nel suo territorio e neppure impedisce a tale Stato membro di tassare i redditi acquisiti in uno Stato membro diverso.

86      Pertanto, per quanto attiene alle condizioni di applicazione di tale meccanismo fiscale, la questione di una qualsiasi ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri non si pone.

87      In tale contesto, la restrizione alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento costituita da una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale non può essere giustificata né dall’esigenza di garantire la coerenza del sistema tributario nazionale né dalla necessità di garantire la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.

88      Occorre quindi rispondere alle questioni sollevate che gli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, allorché un residente di tale Stato membro, azionista di una società stabilita in uno Stato membro diverso, percepisce dividendi tassati in entrambi gli Stati e la doppia imposizione è risolta mediante l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società distributrice, il meccanismo che fissa un massimale alle diverse imposte dirette corrispondente a una certa percentuale dei redditi percepiti nel corso di un anno non tiene conto dell’imposta versata nello Stato della società distributrice, o ne tiene conto soltanto parzialmente.

 Sulle spese

89      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

Gli articoli 49 TFUE, 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale, allorché un residente di tale Stato membro, azionista di una società stabilita in uno Stato membro diverso, percepisce dividendi tassati in entrambi gli Stati e la doppia imposizione è risolta mediante l’imputazione nello Stato di residenza di un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta versata nello Stato della società distributrice, il meccanismo che fissa un massimale alle diverse imposte dirette corrispondente a una certa percentuale dei redditi percepiti nel corso di un anno non tiene conto dell’imposta versata nello Stato della società distributrice o ne tiene conto soltanto parzialmente.

Firme


* Lingua processuale: il francese.