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 SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

7 marzo 2024 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto alla detrazione dell’IVA – Nozione di soggetto passivo – Principio di neutralità fiscale – Principio di proporzionalità – Società non operativa – Normativa nazionale che nega il diritto alla detrazione, al rimborso o alla compensazione dell’IVA a monte»

Nella causa C-341/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza del 19 maggio 2022, pervenuta in cancelleria il 25 maggio 2022, nel procedimento

Feudi di San Gregorio Aziende Agricole SpA

contro

Agenzia delle Entrate,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Piçarra, N. Jääskinen (relatore) e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 giugno 2023,

considerate le osservazioni presentate:

per la Feudi di San Gregorio Aziende Agricole SpA, da R. Nicastro, avvocata;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da D.G. Pintus, P. Pucciariello e F. Urbani Neri, avvocati dello Stato;

per la Commissione europea, da A. Armenia, F. Moro e P. Rossi, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), nonché dei principi di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), di proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Feudi di San Gregorio Aziende Agricole Spa (in prosieguo: la «società Feudi») e l’Agenzia delle Entrate (Italia) (in prosieguo: l’«autorità tributaria») relativamente all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

4

L’articolo 63 di tale direttiva prevede quanto segue:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

5

L’articolo 167 di detta direttiva così dispone:

«Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

6

L’articolo 168, lettera a), della medesima direttiva è così formulato:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo».

7

Ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

(...)».

Diritto italiano

8

L’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 – Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 304, del 30 dicembre 1994) (in prosieguo: la «legge n. 724/1994»), intitolato «Società di comodo. Valutazione dei titoli», nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, dispone quanto segue:

«1.   Agli effetti del presente articolo le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali:

(...)

4.   Per le società e gli enti non operativi, l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione (...) o di cessione (...). Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi.

4-bis.   In presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive (…).

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9

La Vigna Ottieri Srl (in prosieguo: la «società Vigna») era una società di diritto italiano che svolgeva un’attività economica di produzione e commercializzazione di vino nella regione Campania (Italia).

10

Il 22 dicembre 2010 l’autorità tributaria ha notificato un avviso di accertamento alla società Vigna, nel quale si affermava, in particolare, che quest’ultima era considerata una società non operativa (detta «società di comodo») per il periodo d’imposta 2008, per il motivo che l’importo delle operazioni a valle soggette a IVA che quest’ultima aveva dichiarato era inferiore alla soglia al di sotto della quale, ai fini dell’applicazione dell’articolo 30 della legge n. 724/1994, le società sono ritenute essere non operative. Da tale avviso di accertamento risultava altresì che la società Vigna non aveva raggiunto la soglia di cui trattasi per tre periodi d’imposta consecutivi, vale a dire quelli del 2006, 2007 e 2008. Di conseguenza, l’autorità tributaria ha negato la detrazione del credito IVA di EUR 42108, reclamata dalla società Vigna per il periodo d’imposta 2009.

11

La società Vigna ha proposto ricorso avverso detto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Avellino (Italia). Con sentenza del 18 aprile 2012 tale commissione ha respinto detto ricorso.

12

La società Feudi, che ha incorporato la società Vigna a partire dal 27 settembre 2012, ha proposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno (Italia), la quale ha respinto detto appello.

13

Il 27 marzo 2014 la società Feudi ha proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio. In sostanza, essa sostiene che il rifiuto di concederle il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA non sia compatibile con il diritto dell’Unione.

14

Il giudice del rinvio espone, in sostanza, che la normativa italiana di cui trattasi mira a disincentivare la costituzione di società di comodo e, quindi, a impedire che persone giuridiche che svolgono formalmente un’attività economica, senza tuttavia essere, in realtà, operative, beneficino di vantaggi fiscali. A tal fine, l’articolo 30 della legge n. 724/1994 prevedrebbe un meccanismo deterrente che si fonderebbe sulla presunzione secondo cui il carattere non operativo di una società può essere dedotto dal fatto che gli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui essa dispone sono inferiori rispetto alla soglia di reddito determinata da detta disposizione. Una società potrebbe tuttavia confutare questa presunzione dimostrando che, a causa di situazioni oggettive, in un determinato periodo non sarebbe stato possibile raggiungere tale soglia di reddito.

15

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, in forza di detta disposizione, le società non operative non possono ottenere il rimborso del credito IVA che figura nella loro dichiarazione e che risulta segnatamente da un importo di IVA detraibile superiore a quello dell’IVA riscossa. Tale credito non potrebbe neppure costituire oggetto di compensazione o di cessione. Detto credito potrebbe allora essere riportato a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi. Tuttavia, qualora per tre periodi d’imposta consecutivi una società non operativa non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA non inferiore all’importo che risulta da detta soglia di reddito, il credito in discussione non può più essere riportato. In siffatta ipotesi, tale società perderebbe il diritto alla detrazione dell’IVA.

16

In tali circostanze, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se la qualità di soggetto passivo e, di conseguenza, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte possano essere negati a una società che effettua operazioni rilevanti ai fini dell’IVA senza tuttavia raggiungere la soglia di reddito prevista dalla normativa italiana di cui trattasi, qualora tale società non dimostri che situazioni oggettive hanno reso impossibile il conseguimento di redditi superiori a detta soglia. Al riguardo, esso dubita della compatibilità di una siffatta prassi con l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, da cui risulta, in sostanza, che la qualità di soggetto passivo deriva dall’esercizio, da parte del soggetto che si avvale di tale qualità, di un’attività economica.

17

In secondo luogo, tale giudice si chiede se la normativa italiana di cui trattasi sia compatibile con l’articolo 167 della direttiva IVA nonché con il principio di neutralità dell’IVA e con il principio di proporzionalità. Detto giudice ricorda che, sebbene la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisca un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, le misure adottate dagli Stati membri non devono tuttavia eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo e, in particolare, non possono essere utilizzate in modo tale da mettere sistematicamente in discussione il principio di neutralità dell’IVA.

18

In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede se le limitazioni del diritto alla detrazione dell’IVA previste dall’articolo 30 della legge n. 724/1994 debbano essere considerate contrarie ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento. Esso ritiene infatti che un soggetto passivo, quando effettua un’operazione economica, rischi di non sapere con certezza se detta operazione possa dare diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA, poiché l’esercizio di tali diritti sarà subordinato alla condizione che il medesimo abbia ottenuto un livello di ricavi superiore alla soglia prevista dalla normativa italiana di cui trattasi nel corso di un determinato periodo d’imposta.

19

In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 9, paragrafo 1, della [direttiva IVA] può essere interpretato nel senso di negare la qualità di soggetto passivo e, conseguentemente, il diritto di detrazione o rimborso dell’IVA di rivalsa assolta al soggetto che esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative;

2)

nel caso in cui alla prima domanda sia data risposta negativa, se l’articolo 167 della [direttiva IVA] e i principi generali della neutralità dell’IVA e di proporzionalità della limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA ostano ad una disciplina nazionale che con l’articolo 30 [della legge n. 724/1994] nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo di imposta al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative;

3)

nel caso in cui alla seconda domanda sia data risposta negativa, se i principi dell’Unione europea della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento ostano ad una disciplina nazionale che, con l’articolo 30 [della legge n. 724/1994] nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo di imposta al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative».

Sulla prima questione

20

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che esso può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettua operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone, a meno che quest’ultima non dimostri che situazioni oggettive hanno impedito il raggiungimento di detta soglia.

21

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA, si considera «soggetto passivo» chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. La nozione di «attività economica» è definita all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva come comprendente ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Viene inoltre precisato che deve considerarsi tale «lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

22

Pertanto, l’analisi del tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, non solo mette in evidenza la portata dell’ambito di applicazione della nozione di «attività economica», ma precisa anche il carattere oggettivo di quest’ultima, nel senso che l’attività viene considerata di per sé stessa, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati [sentenza del 25 febbraio 2021, Gmina Wrocław (Conversione del diritto di usufrutto),C-604/19, EU:C:2021:132, punto 69 e giurisprudenza ivi citata].

23

Ne consegue che la qualità di soggetto passivo IVA non è subordinata alla condizione che una persona effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico superi una soglia di reddito previamente fissata, la quale corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone. Infatti, ciò che rileva al riguardo è esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e, come ricordato al precedente punto 21, che sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.

24

Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio stabilire se, nel corso dei periodi d’imposta controversi, ossia il periodo d’imposta 2008 e i due periodi d’imposta precedenti, in relazione ai quali l’autorità tributaria ha ritenuto che la società Vigna non avesse carattere operativo, tale società abbia esercitato una siffatta attività economica, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA, come interpretato dalla giurisprudenza menzionata al punto 22 della presente sentenza.

25

Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone.

Sulla seconda questione

26

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 167 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle.

27

A tal riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che, secondo una costante giurisprudenza, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA. Il diritto a detrazione previsto agli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce, quindi, parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Detto diritto si esercita immediatamente per l’intero importo dell’IVA che ha gravato sulle operazioni effettuate a monte. Il regime delle detrazioni mira infatti a sgravare interamente il soggetto passivo dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce quindi la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA. Il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’IVA dovuta o assolta per i beni o servizi acquistati quando questi, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li impieghi ai fini di sue operazioni soggette ad imposta [v., in tal senso, sentenze del 25 novembre 2021, Amper Metal,C-334/20, EU:C:2021:961, punto 23 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punti 27 e 28 nonché giurisprudenza ivi citata].

28

Più specificamente, dall’articolo 168 della direttiva IVA emerge che, per poter beneficiare del diritto a detrazione, devono essere soddisfatte due condizioni. In primo luogo, l’interessato deve essere un «soggetto passivo» ai sensi di tale direttiva. In secondo luogo, i beni o i servizi invocati a fondamento di tale diritto devono essere utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e, a monte, detti beni devono essere ceduti o tali servizi devono essere forniti da un altro soggetto passivo [v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2022, Finanzamt R (Detrazione dell’IVA connessa a un contributo di socio), C-98/21, EU:C:2022:645, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

29

Per quanto riguarda la seconda di tali condizioni, che è l’unica a cui fa riferimento la presente questione, occorre ricordare che, affinché il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sia riconosciuto al soggetto passivo, è, in linea di principio, necessaria la sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione [sentenza dell’8 settembre 2022, Finanzamt R (Detrazione dell’IVA connessa a un contributo di socio), C-98/21, EU:C:2022:645, punto 45 e giurisprudenza ivi citata].

30

Il diritto a detrazione è tuttavia parimenti ammesso a beneficio del soggetto passivo, anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei beni e dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso diretto e immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2020, Sonaecom,C-42/19, EU:C:2020:913, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

31

Da quanto precede risulta che nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia. Al contrario, dalla giurisprudenza citata al punto 27 della presente sentenza risulta che il diritto alla detrazione dell’IVA è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare, indipendentemente dai risultati delle attività economiche del soggetto passivo interessato.

32

In secondo luogo, occorre tuttavia osservare che il diritto alla detrazione dell’IVA può essere negato al soggetto passivo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato fraudolentemente o abusivamente.

33

Occorre infatti ricordare che la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA e che la Corte ha dichiarato in più occasioni che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, quand’anche siano soddisfatte le condizioni sostanziali del diritto a detrazione, le autorità e i giudici nazionali devono negare il beneficio di tale diritto se è dimostrato, sulla base di elementi obiettivi, che detto diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo [v., in tal senso, sentenze del 3 marzo 2005, Fini H,C-32/03, EU:C:2005:128, punti 34 e 35, nonché del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punto 41 e giurisprudenza ivi citata].

34

Poiché il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, incombe alle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una tale evasione. Spetta poi ai giudici nazionali verificare se le amministrazioni finanziarie interessate abbiano dimostrato l’esistenza di detti elementi oggettivi [sentenza del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].

35

Per quanto riguarda l’abuso di diritto, da una giurisprudenza costante risulta che l’accertamento di un comportamento abusivo in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di recepimento, debbano avere come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da tali disposizioni. Dall’altro, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale di tali operazioni si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale [sentenze del21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, EU:C:2006:121, punti 74 e 75, nonché del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie, (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punto 44 e giurisprudenza ivi citata].

36

Dalla giurisprudenza della Corte risulta infatti che il principio del divieto di pratiche abusive, che trova applicazione in materia di IVA, vieta le costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria agli obiettivi della direttiva IVA [sentenze del 16 luglio 1998, ICI,C-264/96, EU:C:1998:370, punto 26, nonché del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punto 46 e giurisprudenza ivi citata].

37

È necessario inoltre rammentare che le misure che gli Stati membri possono adottare, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare le evasioni non devono eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. Esse non possono quindi essere utilizzate in maniera tale da mettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità dell’IVA (sentenze del 9 dicembre 2021, Kemwater ProChemie,C-154/20, EU:C:2021:989, punto 28, nonché del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punto 47 e giurisprudenza ivi citata].

38

Nel caso di specie, il giudice del rinvio spiega che l’articolo 30 della legge n. 724/1994 mira a contrastare le evasioni disincentivando la costituzione di società di comodo. Il meccanismo istituito da tale articolo si basa infatti sulla presunzione secondo cui, quando l’importo delle operazioni effettuate a valle da una società nel corso di un determinato periodo d’imposta non raggiunge una soglia calcolata applicando i criteri previsti da detto articolo, tale società non è una società operativa a meno che non riesca a dimostrare che elementi oggettivi giustificano l’impossibilità di raggiungere la soglia di cui trattasi. Nel caso in cui una società sia considerata come una società non operativa, essa non può più esercitare il suo diritto alla detrazione dell’IVA per le operazioni da essa effettuate a valle nel corso del periodo d’imposta controverso.

39

Orbene, una siffatta presunzione è fondata su un criterio, quello di una soglia di ricavi, che è estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso, quali risultano dalla giurisprudenza citata ai punti da 33 a 36 della presente sentenza. Infatti, detta presunzione non si basa sulla valutazione della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate nel corso di un determinato periodo d’imposta, né su quella del loro effettivo utilizzo al fine di realizzare operazioni a valle, bensì soltanto sulla valutazione del loro volume. Pertanto, tenuto conto della giurisprudenza citata al punto 34 della presente sentenza, essa non può essere considerata tale da dimostrare che il diritto alla detrazione dell’IVA sia stato invocato in modo fraudolento o abusivo.

40

Il beneficio del diritto a detrazione può infatti essere negato solo qualora i fatti invocati per dimostrare una siffatta evasione o un siffatto abuso siano stati sufficientemente dimostrati con elementi diversi da supposizioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet,C-281/20, EU:C:2021:910, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

41

Inoltre, la Corte ha già dichiarato che una presunzione generale di evasione e di abuso non può giustificare un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C-6/16, EU:C:2017:641, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Allo stesso modo, non si può ammettere che una siffatta presunzione, benché confutabile, conduca a negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte per motivi estranei alla constatazione di un’invocazione fraudolenta o abusiva di tale diritto.

42

Ne consegue che una presunzione come quella descritta al punto 38 della presente sentenza eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenire le evasioni e gli abusi.

43

Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 167 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle.

Sulla terza questione

44

Tenuto conto della risposta fornita alla seconda questione, e poiché la terza questione è sollevata solo nell’ipotesi di una risposta negativa a quest’ultima, non occorre rispondere alla terza questione.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone.

 

2)

L’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle.

 

Jürimäe

Lenaerts

Piçarra

Jääskinen

Gavalec

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 marzo 2024.

Il cancelliere

A. Calot Escobar

La presidente di sezione

K. Jürimäe


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.