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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

26 ottobre 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Unione doganale – Codice doganale comunitario – Articolo 220, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b) – Recupero dei dazi all’importazione o all’esportazione – Nozione di “contabilizzazione dei dazi all’importazione” – Decisione dell’autorità doganale competente – Termine di presentazione di una richiesta di rimborso o sgravio – Obbligo di trasmettere il caso alla Commissione europea – Elementi di prova nel caso di un ricorso avverso una decisione dell’autorità competente dello Stato membro di importazione»

Nella causa C-407/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Augstākās tiesas Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo, Lettonia), con decisione del 15 luglio 2016, pervenuta in cancelleria il 20 luglio 2016, nel procedimento

«Aqua Pro» SIA

contro

Valsts ieņēmumu dienests,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, facente funzione di presidente di sezione, S. Rodin (relatore) e E. Regan, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo lettone, da I. Kucina, D. Pelše, G. Bambāne e I. Kalniņš, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Caeiros e E. Kalniņš, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 220, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b), e degli articoli 236 e 239 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, (GU 2000, L 311, pag. 17) (in prosieguo: il «codice doganale»), nonché dell’articolo 869, lettera b), e dell’articolo 875, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 (GU 1993, L 253, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 1335/2003 della Commissione, del 25 luglio 2003 (GU 2003, L 187, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento d’applicazione»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’«Aqua Pro» SIA e il Valsts ieņēmumu dienests (amministrazione fiscale lettone; in prosieguo: l’«amministrazione fiscale») relativamente al prelievo di dazi all’importazione e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), maggiorati degli interessi di mora, in occasione di un controllo a posteriori di una dichiarazione in dogana.

 Contesto normativo

3        L’articolo 217, paragrafo 1, del codice doganale così prevede:

«Ogni importo di dazi all’importazione o di dazi all’esportazione risultante da un’obbligazione doganale, in seguito denominato “importo dei dazi”, deve essere calcolato dall’autorità doganale non appena disponga degli elementi necessari e da questa iscritto nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci (contabilizzazione).

(...)».

4        Ai sensi dell’articolo 220 del codice doganale:

«1.      Quando l’importo dei dazi risultante da un’obbligazione doganale non sia stato contabilizzato ai sensi degli articoli 218 e 219 o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore all’importo legalmente dovuto, la contabilizzazione dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere deve avvenire entro due giorni dalla data in cui l’autorità doganale si è resa conto della situazione in atto ed è in grado di calcolare l’importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore (contabilizzazione a posteriori). Questo termine può essere prorogato conformemente all’articolo 219.

2.      Eccetto i casi di cui all’articolo 217, paragrafo 1, secondo e terzo comma, non si procede alla contabilizzazione a posteriori quando:

(...)

b)      l’importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per un errore dell’autorità doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana;

Quando la posizione preferenziale di una merce è stabilita in base ad un sistema di cooperazione amministrativa che coinvolge le autorità di un paese terzo, il rilascio da parte di queste ultime di un certificato, ove esso si riveli inesatto, costituisce, ai sensi del primo comma, un errore che non poteva ragionevolmente essere scoperto.

Il rilascio di un certificato inesatto non costituisce tuttavia un errore in tal senso se il certificato si basa su una situazione fattuale inesatta riferita dall’esportatore, salvo se, in particolare, è evidente che le autorità che hanno rilasciato il certificato erano informate o avrebbero ragionevolmente dovuto essere informate che le merci non avevano diritto al regime preferenziale.

La buona fede del debitore può essere invocata qualora questi possa dimostrare che, per la durata delle operazioni commerciali in questione, ha agito con diligenza per assicurarsi che sono state rispettate tutte le condizioni per il trattamento preferenziale.

Il debitore non può tuttavia invocare la buona fede qualora la Commissione europea abbia pubblicato nella Gazzetta ufficiale [dell’Unione europea] un avviso in cui sono segnalati fondati dubbi circa la corretta applicazione del regime preferenziale da parte del paese beneficiario;

(...)».

5        L’articolo 236 di tale codice dispone quanto segue:

«1.      Si procede al rimborso dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento del pagamento il loro importo non era legalmente dovuto o che l’importo è stato contabilizzato contrariamente all’articolo 220, paragrafo 2.

Si procede allo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento della contabilizzazione il loro importo non era legalmente dovuto o che l’importo è stato contabilizzato contrariamente all’articolo 220, paragrafo 2.

Non vengono accordati né rimborso né sgravio qualora i fatti che hanno dato luogo al pagamento o alla contabilizzazione di un importo che non era legalmente dovuto risultano da una frode dell’interessato.

2.      Il rimborso o lo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione viene concesso, su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato, entro tre anni dalla data della notifica al debitore dei dazi stessi.

Questo termine viene prorogato quando l’interessato fornisce la prova che gli è stato impossibile presentare la domanda nel termine stabilito per caso fortuito o di forza maggiore.

L’autorità doganale procede d’ufficio al rimborso o allo sgravio dei dazi di cui sopra quando constati, durante detto termine, l’esistenza di una delle situazioni descritte nel paragrafo 1, primo e secondo comma».

6        L’articolo 239 del codice doganale così prevede:

«1.      Si può procedere al rimborso o allo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione in situazioni diverse da quelle di cui agli articoli 236, 237 e 238:

–        da determinarsi secondo la procedura del comitato;

–        dovute a circostanze che non implicano frode o manifesta negligenza da parte dell’interessato. Le situazioni in cui si applica la presente disposizione e le modalità procedurali da osservare sono definite secondo la procedura del comitato. Il rimborso e lo sgravio possono essere subordinati a condizioni particolari.

2.      Il rimborso o lo sgravio dei dazi per i motivi di cui al paragrafo 1 è concesso su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato entro dodici mesi dalla data della comunicazione al debitore dei predetti dazi.

Tuttavia, in casi eccezionali debitamente giustificati, l’autorità doganale può autorizzare il superamento di tale termine».

7        Ai sensi dell’articolo 869 del regolamento d’applicazione:

«Spetta all’autorità doganale decidere di non contabilizzare a posteriori i dazi non riscossi:

a)      quando sia stato applicato un trattamento tariffario preferenziale nel quadro di un contingente tariffario, di un massimale tariffario o di un altro regime, mentre il beneficio di tale trattamento era stato soppresso all’atto dell’accettazione della dichiarazione in dogana e fino al momento dello svincolo delle merci in causa, questa situazione non era stata resa nota, non essendo stata pubblicata alcuna informazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, o, quando siffatta pubblicazione non sia stata effettuata, la situazione in atto non abbia formato oggetto di un’informazione appropriata nello Stato membro interessato, e il debitore abbia, da parte sua, agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa vigente riguardo alla propria dichiarazione in dogana;

b)      quando ritenga che siano soddisfatte tutte le condizioni previste dall’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice, salvi i casi in cui la pratica debba essere sottoposta alla Commissione conformemente all’articolo 871. Quando tuttavia sia applicabile l’articolo 871, paragrafo 2, secondo comma, una decisione delle autorità doganali che autorizza una non contabilizzazione a posteriori dei dazi in oggetto può essere adottata soltanto al termine della procedura già avviata conformemente agli articoli da 871 a 876.

Quando sia presentata una domanda di rimborso o di sgravio ai sensi del combinato disposto dell’articolo 236 e dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice, la lettera b) del primo comma e gli articoli da 871 a 876 si applicano mutatis mutandis.

Ai fini dell’applicazione dei summenzionati capoversi, gli Stati membri si prestano mutua assistenza, in particolare quando si tratti di un errore dell’autorità doganale di uno Stato membro diverso dallo Stato competente a prendere la decisione».

8        L’articolo 871 di tale regolamento è così formulato:

«1.      L’autorità doganale trasmette il caso alla Commissione affinché sia risolto conformemente alla procedura di cui agli articoli da 872 a 876 quando tale autorità ritenga che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice e:

–        la Commissione abbia commesso un errore ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice, o

–        le circostanze del caso siano legate ai risultati di un’inchiesta comunitaria effettuata conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio, del 13 marzo 1997, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola [GU 1997, L 82, pag. 1] o effettuata sulla base di un’altra disposizione comunitaria o accordo conclusi dalla Comunità con taluni paesi o gruppi di paesi, in cui sia prevista la possibilità di procedere ad inchieste comunitarie del genere,

–        l’importo non riscosso presso un operatore in seguito a uno stesso errore e riferito, all’occorrenza, a diverse operazioni d’importazione o d’esportazione, sia superiore o uguale a 500 000 EUR.

2.      Non si procede alla trasmissione di cui al paragrafo 1 quando:

–        la Commissione abbia già adottato una decisione conformemente alla procedura di cui agli articoli da 872 e 876 su un caso in cui si era in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili,

–        alla Commissione sia già sottoposto un caso in cui si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili.

(...)».

9        L’articolo 875 del regolamento d’applicazione così dispone:

«Ove la decisione di cui all’articolo 873 stabilisca che il caso esaminato consente di non procedere alla contabilizzazione a posteriori dei dazi non riscossi, la Commissione può, alle condizioni da essa stabilite, abilitare uno o più Stati membri a non contabilizzare a posteriori i dazi quando si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili».

10      L’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (GU 1999, L 136, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento relativo alle indagini dell’OLAF») così prevede:

«1.      Al termine di un’indagine, l’Ufficio redige sotto l’autorità del direttore una relazione che contiene in particolare i fatti accertati, l’eventuale indicazione del danno finanziario e le conclusioni dell’indagine, incluse le raccomandazioni del direttore dell’Ufficio sui provvedimenti da prendere.

2.      Queste relazioni sono redatte tenendo conto delle prescrizioni di procedura previste nella legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Le relazioni così elaborate costituiscono elementi di prova nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro nel quale risulti necessario avvalersene al medesimo titolo e alle medesime condizioni delle relazioni amministrative redatte dagli ispettori amministrativi nazionali. Le relazioni sono soggette alle medesime regole di valutazione riguardanti le relazioni amministrative nazionali e hanno valore identico ad esse.

3.      La relazione redatta in seguito a un’indagine esterna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi alle autorità competenti degli Stati membri interessati in base alla regolamentazione relativa alle indagini esterne.

4.      La relazione redatta in seguito a un’indagine interna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato. Le istituzioni, gli organi e gli organismi danno alle indagini interne il seguito richiesto dalle risultanze ottenute, in particolare sul piano disciplinare e giudiziario, e ne informano il direttore dell’Ufficio entro la scadenza fissata da quest’ultimo nelle conclusioni della sua relazione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      Dal 1° settembre 2007 al 31 dicembre 2009 l’Aqua Pro ha importato nell’Unione europea biciclette provenienti dalla Cambogia. Conformemente a un accordo di distribuzione, essa le ha acquistate presso un’impresa tedesca ai fini della loro immissione in libera pratica.

12      Fondandosi su un certificato d’origine «modulo A», rilasciato dalle autorità cambogiane nell’ambito del sistema delle preferenze generalizzate, l’Aqua Pro non ha pagato alcun dazio doganale né IVA.

13      Nel corso del 2010 l’amministrazione fiscale ha ricevuto informazioni da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), secondo le quali il certificato d’origine rilasciato dal governo cambogiano in relazione alle merci di cui trattasi non era conforme ai requisiti posti dalle disposizioni del diritto dell’Unione.

14      Sulla base di tali informazioni, l’amministrazione fiscale ha effettuato una verifica dei dazi doganali e delle altre imposte dovute dall’Aqua Pro e ha constatato che il certificato «modulo A» era stato rilasciato irregolarmente e che a dette merci erano state applicate indebitamente esenzioni da dazi doganali.

15      Di conseguenza, con decisione del 3 settembre 2010, l’amministrazione fiscale ha imposto all’Aqua Pro il pagamento di dazi doganali e dell’IVA, maggiorati degli interessi di mora (in prosieguo: la «decisione contestata»).

16      Poiché l’Aqua Pro ha, successivamente, impugnato senza successo tale decisione presso il direttore generale dell’amministrazione fiscale, essa ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi all’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale, Lettonia) facendo valere che, nel dichiarare le merci ad aliquota 0, essa aveva agito in buona fede giacché non poteva, in particolare, sapere che il certificato «modulo A» era stato rilasciato irregolarmente.

17      Nell’ambito del menzionato procedimento, si poneva la questione dell’applicabilità alle circostanze del caso di specie della decisione C(2012) 8694, adottata dalla Commissione il 30 novembre 2012 a seguito di una domanda della Repubblica di Finlandia relativa a dazi all’importazione per biciclette provenienti dalla Cambogia da parte di una società finlandese e in cui la Commissione ha ritenuto che, in detto caso, era giustificato non effettuare la contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi da recuperare.

18      A siffatto riguardo, l’amministrazione fiscale lettone ha fatto valere, in particolare, che, poiché l’Aqua Pro non aveva presentato alcuna richiesta di rimborso o di sgravio dei dazi all’importazione conformemente agli articoli 878 e 879 del regolamento d’applicazione, nessuna procedura a tal fine era stata avviata allo scopo di determinare se l’importatore di cui trattasi avesse potuto scoprire l’errore commesso nel rilascio del certificato d’origine. Inoltre, secondo l’amministrazione in parola, la situazione dell’Aqua Pro non era comparabile a quella alla base della summenzionata decisione della Commissione.

19      L’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale), dopo aver ottenuto, tramite l’amministrazione fiscale lettone, informazioni dal ministero del Commercio cambogiano riguardanti le circostanze del rilascio dei certificati «modulo A» relativi alle biciclette esportate in Lettonia, dai quali risultava che tale ministero non poteva verificare la regolarità della fornitura in discussione perché l’esportatore non aveva comunicato i documenti pertinenti, ha respinto il ricorso di annullamento dell’Aqua Pro con sentenza del 28 novembre 2013.

20      Dopo l’esame della causa in appello, l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia), con una sentenza del 7 maggio 2015, ha parimenti respinto la domanda dell’Aqua Pro ritenendo che la stessa non soddisfacesse le condizioni per invocare il legittimo affidamento in forza dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, quali si evincono dalla giurisprudenza della Corte. In particolare, l’Aqua Pro, alla quale incombe, secondo tale giudice, l’onere della prova, non avrebbe prodotto alcun elemento di prova atto a confutare le constatazioni dell’OLAF riguardanti l’origine dei componenti delle biciclette tramite certificati d’origine «moduli B e D».

21      L’Aqua Pro ha presentato ricorso in cassazione dinanzi al giudice del rinvio.

22      Tale giudice, anzitutto, rileva che sussistono dubbi sulla questione se le autorità doganali e l’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale) abbiano correttamente rifiutato di esaminare la buona fede dell’Aqua Pro ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, in considerazione dell’assenza di richieste da parte della ricorrente che diano avvio alla procedura di sgravio o di rimborso dei dazi. Secondo il giudice in parola sussistono altresì dubbi riguardo alla questione se le autorità doganali e l’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale) abbiano correttamente non tenuto conto della decisione C(2012) 8694 del 30 novembre 2012 nell’ambito della richiesta della Repubblica di Finlandia. A tale riguardo, il punto decisivo consisterebbe nel sapere se le circostanze di fatto e di diritto siano comparabili e se la persona interessata abbia agito in buona fede e abbia rispettato il complesso della normativa relativa alla dichiarazione in dogana.

23      Poi, secondo il giudice del rinvio, occorre sollevare questioni relative all’utilizzo della relazione dell’OLAF in quanto elemento di prova e del controllo a posteriori per constatare i fatti.

24      Infine, sussisterebbero dubbi sul punto se, nell’ambito dell’esame della questione della buona fede della ricorrente non occorra, unitamente alle altre circostanze della causa, ivi compreso il modello operazionale delle imprese cambogiane e delle autorità di cui trattasi, attribuire un significato alla circostanza che l’Aqua Pro avrebbe acquistato dette merci non già direttamente presso l’impresa cambogiana, bensì, in forza di un accordo di distribuzione, con un’impresa tedesca, dato che tale modello commerciale esclude già, in linea di principio, di per sé, una cooperazione diretta tra l’Aqua Pro e l’impresa cambogiana, in assenza di contatti tra le stesse.

25      In tali circostanze, l’Augstākās tiesas Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo, Lettonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se l’articolo 220, [paragrafo 1 e paragrafo] 2, lettera b), del codice doganale, debba essere interpretato nel senso che la contabilizzazione dell’importo dei dazi dovuti riconosciuti dalle autorità debba ritenersi effettuata nel momento della decisione di contabilizzazione o della determinazione dell’obbligo di pagare i dazi adottata dalle autorità, indipendentemente dal fatto che tale decisione sia oggetto di impugnazione in via amministrativa e di ricorso dinanzi ai giudici.

b)      Se gli articoli 236 e 239 del codice doganale debbano essere interpretati nel senso che nel momento in cui le autorità hanno adottato la decisione di contabilizzazione del relativo importo dei dazi e ha stabilito l’obbligo del debitore di pagarli (decisione adottata dall’amministrazione statale nella fattispecie in esame), avendo tuttavia tale debitore impugnato in via amministrativa la decisione in parola e avendo proposto avverso la medesima ricorso dinanzi ai giudici, si debba al contempo richiedere lo sgravio o rimborso dei dazi di cui trattasi, conformemente agli articoli 236 o 239 del regolamento (o se sia invece possibile considerare che in un caso del genere l’istanza di ricorso contro la decisione della menzionata amministrazione costituisca anche una richiesta di sgravio o rimborso dell’obbligazione tributaria). In caso di risposta in senso affermativo, quale sia allora la differenza sostanziale fra il controllo di legittimità della decisione amministrativa di contabilizzazione e dell’obbligo di pagare i dazi, da un lato, e la questione che occorre risolvere in conformità all’articolo 236 [del codice doganale], dall’altro.

c)      Se l’articolo 236, paragrafo 2, primo comma, del codice doganale debba essere interpretato nel senso che il fatto di aver impugnato la decisione dell’amministrazione nazionale che stabilisce l’obbligo di pagare i dazi e la durata del procedimento dinanzi ai giudici proroghino il termine ai fini della presentazione della richiesta di sgravio o rimborso dei dazi (o giustifichino la sua inosservanza).

d)      Ammesso che la questione dell’adeguatezza della contabilizzazione o dello sgravio nella fattispecie in esame debba essere risolta indipendentemente dalla decisione della Commissione europea adottata in relazione ad un altro Stato membro (in questo caso la Finlandia), se spetti all’autorità doganale o al giudice, tenendo conto dell’articolo 869, lettera b), del [regolamento d’applicazione] nonché dell’importo dei possibili dazi nella fattispecie considerata, sottoporre la questione della non contabilizzazione o dello sgravio dei dazi alla Commissione europea.

2)      a)      Se, al momento di applicare l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale occorra realizzare la verifica a posteriori rispetto alle circostanze relative al comportamento delle autorità e dell’esportatore di un paese terzo (nella fattispecie in esame la Cambogia), e che sono state oggetto di indagine nell’ambito della missione dell’OLAF. Oppure, se occorra ritenere che la descrizione generale delle circostanze contenuta nella relazione dell’OLAF sul menzionato comportamento rivesta carattere probatorio.

b)      Se i dati ottenuti nella verifica a posteriori siano dotati di carattere decisivo rispetto alla relazione dell’OLAF anche quando siano riferiti al caso di uno Stato membro specifico.

c)      Se l’articolo 875 del regolamento d’applicazione debba essere interpretato nel senso che la decisione della Commissione europea, adottata in conformità della suddetta relazione dell’OLAF concernente un altro Stato membro (nella fattispecie in esame la [Repubblica di] Finlandia), è vincolante per lo Stato membro.

d)      Se si debba effettuare la verifica a posteriori e utilizzare le informazioni ottenute tramite la medesima nel caso in cui la Commissione europea, basandosi sulla relazione dell’OLAF, abbia adottato una decisione di non contabilizzazione dei dazi relativamente ad un altro Stato membro e abbia applicato l’articolo 875 del regolamento d’applicazione del codice doganale.

3)      Se, al momento di valutare la sussistenza di motivi ragionevoli e di buona fede nell’agire del soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b) del codice doganale possa essere rilevante nelle circostanze specifiche la circostanza che l’operazione di importazione di merci sia basata su di un contratto di distribuzione».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione, lettera a)

26      In limine, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice a quo una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel testo della sua questione (sentenza del 1° febbraio 2017, Município de Palmela, C-144/16, EU:C:2017:76, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

27      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’Augstākās tiesas Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione per il contenzioso amministrativo) si chiede, in particolare, se una contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi da recuperare, alla quale l’Aqua Pro potrebbe opporsi in forza dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, sia già avvenuta in considerazione della circostanza che il controllo giurisdizionale di legittimità della decisione contestata non ha ancora dato luogo a una pronuncia passata in giudicato e che, pertanto, la questione se occorra procedere a una contabilizzazione dei dazi di cui trattasi nel procedimento principale non è ancora stata decisa.

28      In tale prospettiva, con la prima questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, in quale momento si debba ritenere che abbia avuto luogo la contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi da recuperare, tenuto conto dell’articolo 220 del codice doganale, quando la decisione delle autorità relativa alla contabilizzazione o alla determinazione dell’obbligo di pagare i dazi sia oggetto di un ricorso amministrativo o giudiziario.

29      A detto proposito, occorre rilevare che l’articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale si limita a prevedere, per quanto riguarda una contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi da recuperare, che questa, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 219 di tale codice, deve avvenire entro due giorni dalla data in cui l’autorità doganale si è resa conto della situazione contemplata nel citato articolo 220, paragrafo 1, ed è in grado di calcolare l’importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore.

30      Per quanto riguarda, invece, la questione del momento in cui l’importo dei dazi da recuperare debba essere ritenuto effettivamente contabilizzato, va ricordato che, conformemente a una giurisprudenza costante, dall’articolo 217, paragrafo 1, del codice doganale emerge che tale contabilizzazione consiste nell’iscrizione da parte dell’autorità doganale dell’importo dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione risultante da un’obbligazione doganale, nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci (v., in particolare, sentenze del 16 luglio 2009, Distillerie Smeets Hasselt e a., C-126/08, EU:C:2009:470, punto 22, nonché dell’8 novembre 2012, KGH Belgium, C-351/11, EU:C:2012:699, punto 21).

31      Di conseguenza, nel caso di un recupero a posteriori, l’importo dei dazi dovuti constatati dalle autorità è considerato contabilizzato quando le autorità doganali iscrivono detto importo nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci, e detta iscrizione deve essere effettuata, in linea di principio, nel termine di due giorni previsto all’articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale.

32      Ciò premesso, la circostanza che, in seguito, la decisione delle autorità relativa alla contabilizzazione o alla determinazione dell’obbligo di pagare i dazi sia oggetto di un ricorso amministrativo o giudiziario, non può incidere, in quanto tale, sulla constatazione che un’operazione di contabilizzazione è stata effettivamente realizzata conformemente all’articolo 217, paragrafo 1, e all’articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale.

33      Una simile interpretazione è, in particolare, avvalorata dal fatto che la proposizione di un ricorso, esperito in applicazione dell’articolo 243 del codice doganale, non sospende, in forza dell’articolo 244, primo comma, di tale codice, in via di principio l’esecuzione della decisione impugnata e che un siffatto ricorso non osta, pertanto, all’immediata esecuzione della suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics, C-129/13 e C-130/13, EU:C:2014:2041, punto 56).

34      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione, lettera a), dichiarando che l’articolo 217, paragrafo 1, e l’articolo 220, paragrafo 1, del codice doganale devono essere interpretati nel senso che nel caso di un recupero a posteriori, l’importo dei dazi dovuti constatati dalle autorità è considerato contabilizzato quando le autorità doganali iscrivono tale importo nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci, indipendentemente dal fatto che la decisione delle autorità relativa alla contabilizzazione o alla determinazione dell’obbligo di pagare i dazi sia oggetto di un ricorso amministrativo o giudiziario.

 Sulla prima questione, lettera b)

35      In limine, va rilevato che dalla decisione di rinvio risulta che la prima questione, lettera b), è sollevata al fine di accertare se l’autorità fiscale e i giudici nelle istanze precedenti potessero correttamente ritenere che, in assenza di una richiesta da parte dell’Aqua Pro, di sgravio o di rimborso, ai sensi degli articoli 236 e 239 del codice doganale, non si doveva esaminare se l’Aqua Pro potesse avvalersi del legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), di tale codice.

36      Occorre dunque intendere detta questione come diretta ad accertare, in sostanza, se si debba interpretare l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), nonché gli articoli 236, 239 e 243 del codice doganale nel senso che, nell’ambito di un ricorso amministrativo e successivamente giudiziario avverso la decisione dell’amministrazione fiscale di contabilizzare, a posteriori, un importo di dazi all’importazione e d’imporne il pagamento all’importatore, quest’ultimo, al fine di poter invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, deve presentare una richiesta di sgravio o di rimborso di tali dazi conformemente alla procedura prevista agli articoli 236 e 239 del codice in parola e se, eventualmente, si possa ritenere che la contestazione di detta decisione nell’ambito di un ricorso del genere includa una siffatta richiesta.

37      Al fine di rispondere a tale questione, si deve ricordare, innanzitutto, che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale ha l’obiettivo di tutelare il legittimo affidamento del debitore circa la fondatezza dell’insieme degli elementi che intervengono nella decisione di recuperare o meno i dazi doganali (v., in particolare, sentenze del 18 ottobre 2007, Agrover, C-173/06, EU:C:2007:612, punto 31, e del 10 dicembre 2015, Veloserviss, C-427/14, EU:C:2015:803, punto 43).

38      A tal fine, detta disposizione prevede che non si procede a una contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi all’importazione legalmente dovuti e, di conseguenza, al recupero dei dazi in parola, quando un importatore può avvalersi del legittimo affidamento ai sensi della stessa disposizione.

39      Ne discende, com’è altresì precisato all’articolo 869, lettera b), del regolamento d’applicazione, che spetta, in linea di principio, all’autorità doganale medesima decidere di non procedere a una contabilizzazione a posteriori dei dazi non riscossi e al relativo recupero quando ritiene che siano soddisfatte le condizioni della tutela di un siffatto legittimo affidamento in capo all’importatore interessato.

40      Se le autorità doganali, invece, segnatamente a seguito di un controllo a posteriori, decidono di contabilizzare dazi doganali non riscossi e di chiederne il recupero presso l’importatore, spetta a loro, in forza dell’articolo 236, paragrafo 1, del codice doganale, procedere al rimborso o allo sgravio di tali dazi se e nei limiti in cui si constati, successivamente, in particolare, che il loro importo è stato contabilizzato in violazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del menzionato codice.

41      Detto rimborso o detto sgravio di dazi sul fondamento dell’articolo 236, letto in combinato disposto con l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale si effettua o d’ufficio, in forza del paragrafo 2, terzo comma, di tale prima disposizione, o, in applicazione del paragrafo 2, primo comma, della stessa disposizione, su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato, entro tre anni dalla data della notifica dei dazi di cui trattasi.

42      Orbene, nei limiti in cui l’Aqua Pro, in un primo momento, come risulta dalla decisione di rinvio, ha contestato dinanzi all’amministrazione la contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi da recuperare, spetta al giudice del rinvio verificare se l’Aqua Pro abbia presentato, presso l’ufficio doganale interessato, una domanda di sgravio o di rimborso ai sensi dell’articolo 236, paragrafo 2, primo comma, letto in combinato disposto con l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, o se abbia proposto, avverso la decisione dell’amministrazione fiscale di contabilizzare l’importo dei dazi di cui trattasi e d’imporne il pagamento all’Aqua Pro in quanto importatore, un ricorso amministrativo, come previsto all’articolo 243 del codice doganale, dinanzi all’autorità doganale designata a tal fine conformemente al paragrafo 2, lettera a), dell’articolo citato.

43      A tale riguardo, si deve necessariamente constatare che, sebbene il codice doganale preveda, in particolare agli articoli 236 e 239, una procedura specifica per lo sgravio o il rimborso dei dazi doganali nel caso, in particolare, di una contabilizzazione contraria all’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del medesimo codice, un debitore può altresì avvalersi della citata disposizione al fine di opporsi a una contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione, in particolare nell’ambito di un ricorso amministrativo o giudiziario ai sensi dell’articolo 243 di detto codice.

44      Infatti, ai sensi di tale disposizione, un debitore ha, in via generale, un diritto di ricorso, amministrativo o giudiziario, avverso tutte le decisioni adottate dalle autorità concernenti l’applicazione della normativa doganale quando esse lo riguardino direttamente e individualmente.

45      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione, lettera b), dichiarando che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), nonché gli articoli 236, 239 e 243 del codice doganale devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di un ricorso amministrativo o giudiziario, ai sensi dell’articolo 243 dello stesso codice, proposto avverso una decisione dell’amministrazione fiscale competente di contabilizzare, a posteriori, un importo di dazi all’importazione e d’imporne il pagamento all’importatore, quest’ultimo può invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), di detto codice al fine di opporsi a tale contabilizzazione, indipendentemente dalla circostanza se l’importatore abbia presentato una domanda di sgravio o di rimborso dei dazi in parola conformemente alla procedura prevista agli articoli 236 e 239 del medesimo codice.

 Sulla prima questione, lettera c)

46      Con la prima questione, lettera c), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 236, paragrafo 2, primo comma, del codice doganale debba essere interpretato nel senso che il fatto che la decisione delle autorità relativa alla contabilizzazione o alla determinazione dell’obbligo di pagare i dazi sia oggetto di un ricorso amministrativo o giudiziario ha per effetto di prorogare il termine di presentazione di una richiesta di sgravio o di rimborso dei dazi.

47      Nei limiti in cui tale questione si fonda sulla premessa, inficiata dalla risposta fornita alla prima questione, lettera b), secondo la quale la possibilità di avvalersi del legittimo affidamento, nell’ambito di un ricorso amministrativo o giudiziario, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale sarebbe condizionata dalla presentazione di una richiesta di sgravio o di rimborso dei dazi doganali sul fondamento dell’articolo 236 del medesimo codice, non occorre darle risposta.

 Sulla prima questione, lettera d)

48      Con la prima questione, lettera d), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se e in che misura l’articolo 869, lettera b), del regolamento d’applicazione debba essere interpretato nel senso che deve essere sottoposta alla Commissione la questione della non contabilizzazione o dello sgravio dei dazi doganali qualora occorra non tenere conto di una decisione che quest’ultima ha adottato in materia nei confronti di un altro Stato membro.

49      Dall’articolo 869, lettera b), del regolamento d’applicazione risulta che, quando l’autorità doganale ritenga che siano soddisfatte tutte le condizioni previste dall’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, essa decide di non contabilizzare a posteriori i dazi non riscossi salvi i casi in cui la pratica debba essere sottoposta alla Commissione conformemente all’articolo 871 di tale regolamento.

50      Il menzionato articolo 871 enuncia al suo paragrafo 1, le condizioni alle quali deve essere trasmesso il caso alla Commissione affinché esso sia risolto conformemente alla procedura di cui agli articoli da 872 a 876 del regolamento d’applicazione, prevedendo al contempo, al suo paragrafo 2, che, a due condizioni, non si deve procedere a detta trasmissione, ossia, da un lato, quando la Commissione abbia già adottato una decisione conformemente a detta procedura su un caso in cui si è in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili e, dall’altro, quando alla Commissione sia già sottoposto un caso in cui si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili.

51      A tale riguardo, dalla decisione di rinvio e dalla formulazione della prima questione, lettera d), risulta che il giudice del rinvio parte dalla premessa che, in particolare a causa della non comparabilità del caso di specie con quello di cui a una decisione della Commissione nei confronti della Finlandia, le suddette due condizioni non sono soddisfatte nelle circostanze del caso di specie.

52      In un simile contesto, conformemente all’articolo 869 del regolamento d’applicazione, letto in combinato disposto con l’articolo 871 del medesimo regolamento, le autorità doganali non possono decidere esse stesse di non contabilizzare a posteriori dazi non riscossi ritenendo che siano soddisfatte le condizioni per invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale e hanno l’obbligo di sottoporre alla Commissione la pratica se una delle situazioni enunciate all’articolo 871, paragrafo 1, del regolamento d’applicazione si presenti nelle circostanze del caso di specie. Di conseguenza, le autorità doganali sono obbligate a sottoporre alla Commissione la pratica quando ritengano che questa sia incorsa in un errore ai sensi di tale disposizione del codice doganale, quando le circostanze del caso di specie siano legate ai risultati di un’inchiesta dell’Unione ai sensi di detta disposizione del regolamento d’applicazione, o quando l’importo dei dazi di cui trattasi sia superiore o pari a EUR 500 000.

53      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione, lettera d), dichiarando che l’articolo 869, lettera b), del regolamento d’applicazione deve essere interpretato nel senso che, in assenza di una decisione o di una procedura della Commissione ai sensi dell’articolo 871, paragrafo 2, di detto regolamento, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, le autorità doganali non possono decidere esse stesse di non contabilizzare a posteriori dazi non riscossi ritenendo che siano soddisfatte le condizioni per invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, e che tali autorità hanno l’obbligo di sottoporre alla Commissione la pratica, o quando le stesse autorità ritengono che la Commissione sia incorsa in un errore ai sensi di detta disposizione del codice doganale, o quando le circostanze del procedimento principale sono legate ai risultati di un’inchiesta dell’Unione ai sensi dell’articolo 871, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento d’applicazione, oppure quando l’importo dei dazi di cui trattasi nel procedimento principale è superiore o pari a EUR 500 000.

 Sulla seconda questione, lettera a)

54      Con la seconda questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale debba essere interpretato nel senso che le informazioni contenute in una relazione dell’OLAF relative al comportamento delle autorità doganali dello Stato di esportazione e dell’esportatore, abbiano lo status di prova o se le autorità doganali siano tenute ad effettuare controlli a posteriori a tale riguardo.

55      Va rilevato anzitutto che la Corte ha già avuto occasione di dichiarare, al punto 48 della sua sentenza del 16 marzo 2017, Veloserviss (C-47/16, EU:C:2017:220), in risposta a una questione simile che le era stata parimenti sottoposta dall’Augstākās tiesas Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione per il contenzioso amministrativo), che, sempreché contenga elementi pertinenti a tal fine, una relazione dell’OLAF può essere presa in considerazione per stabilire se sono soddisfatte le condizioni alle quali un importatore possa invocare il legittimo affidamento, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale.

56      Inoltre, come osservato a giusto titolo dal giudice del rinvio e dalle parti, dall’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento relativo alle indagini dell’OLAF risulta che siffatte relazioni costituiscono, al medesimo titolo e alle medesime condizioni delle relazioni amministrative redatte dagli ispettori amministrativi nazionali, elementi di prova ammissibili nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro nel quale risulti necessario avvalersene.

57      Tuttavia, come risulta altresì dalla sentenza del 16 marzo 2017, Veloserviss (C-47/16, EU:C:2017:220), qualora una relazione del genere contenga unicamente una descrizione generale della situazione di cui trattasi, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare, essa non può essere di per sé sufficiente per dimostrare che tali condizioni siano effettivamente soddisfatte in tutti gli aspetti, in particolare per quanto concerne il comportamento rilevante dell’esportatore o, se del caso, delle autorità doganali dello Stato di esportazione (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2017, Veloserviss, C-47/16, EU:C:2017:220, punti 49 e 50).

58      In tali circostanze, conformemente a detta giurisprudenza, spetta, in linea di principio, alle autorità doganali dello Stato di importazione fornire la prova, mediante elementi di prova supplementari, che il rilascio da parte delle autorità doganali dello Stato di importazione di un certificato d’origine «modulo A» inesatto è imputabile alla presentazione inesatta dei fatti da parte dell’esportatore (v. sentenza del 16 marzo 2017, Veloserviss, C-47/16, EU:C:2017:220, punti 47 e 50).

59      Ne consegue che, sebbene le informazioni contenute in una relazione dell’OLAF rientrino tra gli elementi di prova da tenere in considerazione per stabilire se sussistano le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, una siffatta relazione, alla luce delle informazioni che contiene, può rivelarsi insufficiente per stabilire in modo giuridicamente adeguato se tali condizioni siano effettivamente soddisfatte in tutti gli aspetti.

60      Di conseguenza, le autorità doganali possono essere indotte a fornire elementi di prova supplementari a tal fine, segnatamente per quanto riguarda il comportamento rilevante dell’esportatore o delle autorità doganali dello Stato di esportazione, in particolare effettuando controlli a posteriori.

61      A detto riguardo, emerge da costante giurisprudenza che dette autorità dispongono di un ampio potere discrezionale per procedere a controlli a posteriori (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 2012, Südzucker e a., C-608/10, C-10/11 e C-23/11, EU:C:2012:444, punti 48 e 50, nonché del 10 dicembre 2015, Veloserviss, C-427/14, EU:C:2015:803, punti 27 e 28).

62      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera a), dichiarando che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale deve essere interpretato nel senso che le informazioni contenute in una relazione dell’OLAF relative al comportamento delle autorità doganali dello Stato di esportazione e dell’esportatore rientrano tra gli elementi di prova da tenere in considerazione per stabilire se sussistano le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi di tale disposizione. Nei limiti in cui, tuttavia, alla luce delle informazioni in essa contenute, una siffatta relazione si riveli insufficiente per stabilire, in modo giuridicamente adeguato, se dette condizioni siano effettivamente soddisfatte in tutti gli aspetti, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare, le autorità doganali possono essere tenute a fornire elementi di prova supplementari a tal fine, in particolare procedendo a controlli a posteriori.

 Sulla seconda questione, lettera b)

63      Con la seconda questione, lettera b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale debba essere interpretato nel senso che, al fine di determinare se siano soddisfatte le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi di tale disposizione, le informazioni ottenute in occasione di un controllo a posteriori prevalgono su quelle contenute in una relazione dell’OLAF.

64      Dall’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento relativo alle indagini dell’OLAF risulta, in particolare, che le relazioni dell’OLAF sono soggette alle medesime regole di valutazione riguardanti le relazioni amministrative nazionali e hanno valore identico ad esse.

65      Di conseguenza, informazioni ottenute in occasione di un controllo a posteriori non prevalgono su quelle contenute in una relazione dell’OLAF.

66      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione, lettera b), dichiarando che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice del rinvio valutare, in funzione del complesso degli elementi concreti della controversia principale e, in particolare, delle prove fornite a tal fine dalle parti nel procedimento principale, se le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi di tale disposizione, siano soddisfatte. Ai fini della valutazione in parola, le informazioni ottenute in occasione di un controllo a posteriori non prevalgono su quelle contenute in una relazione dell’OLAF.

 Sulla seconda questione, lettera c)

67      Con la seconda questione, lettera c), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 875 del regolamento d’applicazione debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro è vincolato da una decisione della Commissione, ai sensi dell’articolo 873 di tale regolamento, diretta a un altro Stato membro e adottata sulla base di una relazione dell’OLAF concernente il comportamento delle autorità e di un esportatore di uno Stato terzo.

68      Conformemente all’articolo 875 del regolamento d’applicazione, ove una decisione adottata conformemente all’articolo 873 del medesimo regolamento stabilisca che il caso esaminato consente di non procedere alla contabilizzazione a posteriori dei dazi non riscossi, la Commissione può, alle condizioni da essa stabilite, abilitare uno o più Stati membri a non contabilizzare a posteriori i dazi quando si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili.

69      Ne discende che uno Stato membro, e più in particolare i suoi organi amministrativi e giudiziari (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Heuschen & Schrouff Oriëntal Foods Trading, C-375/07, EU:C:2008:645, punto 64), è vincolato, alle condizioni stabilite dalla Commissione, dalle valutazioni operate da quest’ultima in una decisione adottata, sul fondamento dell’articolo 873 del regolamento d’applicazione, nei confronti di un altro Stato membro, in casi in cui si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili.

70      A tale riguardo, essenzialmente per gli stessi motivi di quelli enunciati ai punti 55 e 56 della presente sentenza, una relazione dell’OLAF può essere presa in considerazione per stabilire se un determinato caso, nel senso descritto sopra, sia comparabile a quello che è stato oggetto di una decisione della Commissione adottata sul fondamento dell’articolo 873 del regolamento d’applicazione.

71      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera c), dichiarando che l’articolo 875 del regolamento d’applicazione deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro è vincolato, alle condizioni precisate dalla Commissione conformemente a tale articolo, dalle valutazioni operate da quest’ultima in una decisione adottata, sul fondamento dell’articolo 873 del medesimo regolamento, nei confronti di un altro Stato membro, in casi in cui si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili, circostanza che spetta alle sue autorità e ai suoi organi giurisdizionali valutare tenendo conto, in particolare, delle informazioni riguardanti il comportamento dell’esportatore o quello delle autorità doganali dello Stato di esportazione come risultanti da una relazione dell’OLAF sulla quale la menzionata decisione si fonda.

 Sulla seconda questione, lettera d)

72      Con la seconda questione, lettera d), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale e l’articolo 875 del regolamento d’applicazione debbano essere interpretati nel senso che occorre procedere a un controllo a posteriori e utilizzare le informazioni che ne emergono quando la Commissione, sulla base di una relazione dell’OLAF, ha adottato una decisione di non contabilizzazione dei dazi conformemente agli articoli 873 e 875 del regolamento d’applicazione.

73      Com’è stato ricordato al punto 61 della presente sentenza, le autorità doganali dispongono di un ampio potere discrezionale per procedere a revisioni e controlli a posteriori e per trarne le dovute conseguenze (v., in particolare, sentenza del 10 dicembre 2015, Veloserviss, C-427/14, EU:C:2015:803, punti 27 e 28).

74      Tali autorità possono, in linea di principio, procedere a tutti i controlli a posteriori che ritengono necessari, e utilizzare le informazioni ottenute in occasione di tali controlli, tanto per verificare se siano soddisfatte le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, quanto, più specificamente, per determinare se un caso ad esse sottoposto sia comparabile, ai sensi dell’articolo 875 del regolamento d’applicazione, a un caso che è oggetto di una decisione di non contabilizzazione dei dazi che la Commissione ha adottato conformemente all’articolo 873 del medesimo regolamento.

75      Di conseguenza, si deve rispondere alla seconda questione, lettera d), dichiarando che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale e l’articolo 875 del regolamento d’applicazione devono essere interpretati nel senso che le autorità doganali possono procedere a tutti i controlli a posteriori che ritengono necessari, e utilizzare le informazioni ottenute in occasione di tali controlli, tanto per valutare se sussistano le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale, quanto per determinare se un caso ad esse sottoposto presenti elementi di fatto e di diritto «comparabili», ai sensi dell’articolo 875 del regolamento d’applicazione, a un caso che sia oggetto di una decisione di non contabilizzazione dei dazi che la Commissione ha adottato conformemente all’articolo 873 del medesimo regolamento.

 Sulla terza questione

76      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se o in che misura l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale debba essere interpretato nel senso che la circostanza che un’operazione di importazione di una merce come quella in discussione nel procedimento principale abbia avuto luogo sulla base di un accordo di distribuzione è rilevante al fine di valutare se, nel procedimento principale, le condizioni per invocare il legittimo affidamento ai sensi di tale disposizione siano soddisfatte.

77      Orbene, poiché l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale ha l’obiettivo, com’è stato ricordato al punto 37 della presente sentenza, di tutelare il legittimo affidamento del debitore circa la fondatezza dell’insieme degli elementi che intervengono nella decisione di recuperare dazi doganali, non si può dedurre dalla formulazione di tale disposizione né dal suo obiettivo che un debitore che ha importato le merci di cui trattasi sul fondamento di un accordo di distribuzione non possa avvalersi del legittimo affidamento ai sensi della menzionata disposizione alle stesse condizioni di un debitore che ha importato dette merci acquistandole direttamente presso l’esportatore.

78      A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, un importatore può utilmente invocare il legittimo affidamento in base a detta disposizione, e beneficiare così della deroga al recupero a posteriori ivi prevista, solo qualora ricorrano tre condizioni cumulative. Occorre, innanzitutto, che i dazi non siano stati riscossi a seguito di un errore delle autorità competenti stesse, poi, che l’errore commesso dalle medesime sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore di buona fede e, infine, che quest’ultimo abbia osservato tutte le prescrizioni della normativa in vigore relative alla sua dichiarazione in dogana (v., in particolare, sentenze del 18 ottobre 2007, Agrover, C-173/06, EU:C:2007:612, punto 35, e del 15 dicembre 2011, Afasia Knits Deutschland, C-409/10, EU:C:2011:843, punto 47).

79      Tali condizioni operano sostanzialmente una condivisione del rischio derivante da errori o da irregolarità che viziano una dichiarazione doganale in funzione del comportamento e della diligenza di ciascuno dei soggetti coinvolti, vale a dire le autorità competenti dello Stato di esportazione e dello Stato di importazione, l’esportatore nonché l’importatore (sentenza del 16 marzo 2017, Veloserviss, C-47/16, EU:C:2017:220, punto 25).

80      Nel caso di specie, dalla decisione del giudice del rinvio risulta che quest’ultimo s’interroga, più in particolare, sulla rilevanza di un accordo di distribuzione e, in particolare, sull’assenza di rapporti diretti con l’esportatore che ne risulterebbe, per la valutazione se l’Aqua Pro in quanto debitore dovesse o potesse verificare se il certificato «modulo A» fosse stato regolarmente rilasciato.

81      In tale prospettiva, la terza questione concerne quindi, più precisamente, la valutazione, alla luce di siffatte circostanze, della seconda condizione considerata dalla giurisprudenza ricordata al punto 78 della presente sentenza, relativa alla non riconoscibilità dell’errore commesso dalle autorità competenti e, così, la diligenza di cui un importatore, che agisce sul fondamento di un accordo di distribuzione, deve dar prova.

82      A detto riguardo, va sottolineato che la Corte ha ripetutamente dichiarato che è compito degli operatori economici adottare, nell’ambito dei loro rapporti contrattuali, i provvedimenti necessari per premunirsi contro i rischi di un’azione di recupero a posteriori e che una simile prevenzione può consistere, in particolare, nel fatto che il debitore ottenga dall’altro contraente, al momento della conclusione del contratto o successivamente, tutti gli elementi di prova attestanti che le merci provengono dallo Stato beneficiario del sistema di preferenze tariffarie generalizzate, inclusi documenti attestanti tale origine (v., in particolare, sentenze dell’8 novembre 2012, Lagura Vermögensverwaltung, C-438/11, EU:C:2012:703, punti 30 e 31, nonché del 16 marzo 2017, Veloserviss, C-47/16, EU:C:2017:220, punto 38).

83      La Corte ha altresì dichiarato che spetta agli operatori economici, qualora abbiano essi stessi dubbi circa l’esatta applicazione delle disposizioni il cui inadempimento può far sorgere un’obbligazione doganale oppure circa la definizione dell’origine della merce, informarsi e chiedere tutti i chiarimenti possibili per verificare se i dubbi siano giustificati (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 14 maggio 1996, Faroe Seafood e a., C-153/94 e C-204/94, EU:C:1996:198, punto 100; dell’11 novembre 1999, Söhl & Söhlke, C-48/98, EU:C:1999:548, punto 58, nonché del 16 marzo 2017, Veloserviss, C-47/16, EU:C:2017:220, punto 37).

84      A tale riguardo, la Corte ha, inoltre, già precisato che è compito di un importatore, nell’ambito del suo dovere di diligenza, qualora abbia ragioni evidenti per dubitare dell’esattezza di un certificato d’origine «modulo A», informarsi, nella massima misura possibile, delle circostanze del rilascio di tale certificato (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2017, Veloserviss, C-47/16, EU:C:2017:220, punti 39 e 43).

85      Orbene, i principi summenzionati si applicano anche a una situazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui l’importatore, a motivo del fatto che importa le merci interessate sul fondamento di un accordo di distribuzione con un operatore terzo, non ha alcun rapporto contrattuale diretto con l’esportatore di tali merci.

86      Così, un importatore che si sia astenuto dall’informarsi, in tal modo, presso un contraente di un accordo di distribuzione, sul cui fondamento le merci in parola sono importate, al fine di verificare l’esattezza di un certificato d’origine «modulo A» rilasciato per dette merci, non può invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale facendo valere che l’errore commesso dalle autorità competenti, alla luce dell’accordo di distribuzione menzionato, non poteva essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede ai sensi della seconda condizione considerata dalla giurisprudenza ricordata al punto 78 della presente sentenza.

87      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale deve essere interpretato nel senso che il fatto che un importatore abbia importato merci sulla base di un accordo di distribuzione non incide sulla sua capacità di far valere il legittimo affidamento, e ciò alle stesse condizioni di un importatore che ha importato merci acquistandole direttamente presso l’esportatore, vale a dire se ricorrono tre condizioni cumulative. Occorre, anzitutto, che i dazi non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorità competenti stesse, poi, che detto errore sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede e, infine, che quest’ultimo abbia rispettato tutte le disposizioni in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana. A tal fine, spetta a un siffatto importatore premunirsi contro i rischi di un’azione di recupero a posteriori, in particolare, cercando di ottenere dal contraente di detto accordo di distribuzione, al momento della sua conclusione o successivamente, tutti gli elementi di prova che confermano l’esattezza del rilascio del certificato d’origine «modulo A» per le merci in discussione. Non sussiste, pertanto, legittimo affidamento ai sensi di detta disposizione, in particolare, qualora tale importatore, pur avendo evidenti ragioni per dubitare dell’esattezza di un certificato d’origine «modulo A», si sia astenuto dall’informarsi presso detto contraente delle circostanze del rilascio di tale certificato per verificare se detti dubbi fossero giustificati.

 Sulle spese

88      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 217, paragrafo 1, e l’articolo 220, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, devono essere interpretati nel senso che, nel caso di un recupero a posteriori, l’importo dei dazi dovuti constatati dalle autorità è considerato contabilizzato quando le autorità doganali iscrivono tale importo nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci, indipendentemente dal fatto che la decisione delle autorità relativa alla contabilizzazione o alla determinazione dell’obbligo di pagare i dazi sia oggetto di un ricorso amministrativo o giudiziario.

2)      L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), nonché gli articoli 236, 239 e 243 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di un ricorso amministrativo o giudiziario, ai sensi dell’articolo 243 di tale regolamento, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, presentato avverso una decisione dell’amministrazione fiscale competente di contabilizzare, a posteriori, un importo di dazi all’importazione e d’imporne il pagamento all’importatore, quest’ultimo può invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), di detto regolamento, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, al fine di opporsi a tale contabilizzazione, indipendentemente dalla circostanza se l’importatore abbia presentato una domanda di sgravio o di rimborso dei dazi in parola conformemente alla procedura prevista agli articoli 236 e 239 del medesimo regolamento, come modificato dal regolamento n. 2700/2000.

3)      L’articolo 869, lettera b), del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento (CE) n. 1335/2003 della Commissione, del 25 luglio 2003, deve essere interpretato nel senso che, in assenza di una decisione o di una procedura della Commissione europea ai sensi dell’articolo 871, paragrafo 2, di detto regolamento, come modificato dal regolamento n. 1335/2003, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, le autorità doganali non possono decidere esse stesse di non contabilizzare a posteriori dazi non riscossi ritenendo che siano soddisfatte le condizioni per invocare il legittimo affidamento ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, e che tali autorità hanno l’obbligo di sottoporre alla Commissione la pratica, o quando le stesse autorità ritengono che la Commissione sia incorsa in un errore ai sensi di detta disposizione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, o quando le circostanze del procedimento principale sono legate ai risultati di un’indagine dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 871, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1335/2003, oppure quando l’importo dei dazi di cui trattasi nel procedimento principale è superiore o pari a EUR 500 000.

4)      L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, deve essere interpretato nel senso che le informazioni contenute in una relazione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) relative al comportamento delle autorità doganali dello Stato di esportazione e dell’esportatore rientrano tra gli elementi di prova da tenere in considerazione per stabilire se sussistano le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi di tale disposizione. Nei limiti in cui, tuttavia, alla luce delle informazioni in essa contenute, una siffatta relazione si riveli insufficiente per stabilire, in modo giuridicamente adeguato, se dette condizioni siano effettivamente soddisfatte in tutti gli aspetti, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare, le autorità doganali possono essere tenute a fornire elementi di prova supplementari a tal fine, in particolare procedendo a controlli a posteriori.

5)      L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice del rinvio valutare, in funzione del complesso degli elementi concreti della controversia principale e, in particolare, delle prove fornite a tal fine dalle parti nel procedimento principale, se le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi di tale disposizione, siano soddisfatte. Ai fini della valutazione in parola, le informazioni ottenute in occasione di un controllo a posteriori non prevalgono su quelle contenute in una relazione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).

6)      L’articolo 875 del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1335/2003, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro è vincolato, alle condizioni precisate dalla Commissione europea conformemente a tale articolo, dalle valutazioni operate da quest’ultima in una decisione adottata, sul fondamento dell’articolo 873 del medesimo regolamento, come modificato dal regolamento n. 1335/2003, nei confronti di un altro Stato membro, in casi in cui si sia in presenza di elementi di fatto e di diritto comparabili, circostanza che spetta alle sue autorità e ai suoi organi giurisdizionali valutare tenendo conto, in particolare, delle informazioni riguardanti il comportamento dell’esportatore o quello delle autorità doganali dello Stato di esportazione come risultanti da una relazione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) sulla quale la menzionata decisione si fonda.

7)      L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, e l’articolo 875 del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1335/2003, devono essere interpretati nel senso che le autorità doganali possono procedere a tutti i controlli a posteriori che ritengono necessari, e utilizzare le informazioni ottenute in occasione di tali controlli, tanto per valutare se sussistano le condizioni alle quali un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, quanto per determinare se un caso di cui esse sono investite presenti elementi di fatto e di diritto comparabili, ai sensi dell’articolo 875 del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1335/2003, a un caso che sia oggetto di una decisione di non contabilizzazione dei dazi che la Commissione europea ha adottato conformemente all’articolo 873 del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1335/2003.

8)      L’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 2700/2000, deve essere interpretato nel senso che il fatto che un importatore abbia importato merci sulla base di un accordo di distribuzione non incide sulla sua capacità di far valere il legittimo affidamento, e ciò alle stesse condizioni di un importatore che ha importato merci acquistandole direttamente presso l’esportatore, vale a dire se ricorrono tre condizioni cumulative. Occorre, anzitutto, che i dazi non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorità competenti stesse, poi, che detto errore sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede e, infine, che quest’ultimo abbia rispettato tutte le disposizioni in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana. A tal fine, spetta a un siffatto importatore premunirsi contro i rischi di unazione di recupero a posteriori, in particolare, cercando di ottenere dal contraente di detto accordo di distribuzione, al momento della sua conclusione o successivamente, tutti gli elementi di prova che confermano l’esattezza del rilascio del certificato d’origine «modulo A» per le merci in discussione. Non sussiste, pertanto, legittimo affidamento ai sensi di detta disposizione, in particolare, qualora tale importatore, pur avendo evidenti ragioni per dubitare dellesattezza di un certificato d’origine «modulo A», si sia astenuto dall’informarsi presso detto contraente delle circostanze del rilascio di tale certificato per verificare se detti dubbi fossero giustificati.

Firme


*      Lingua processuale: il lettone.