Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go

Avviso legale importante

|

61997C0358

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 27 gennaio 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Irlanda. - Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA. - Causa C-358/97.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-06301


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Il presente ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione è diretto a far dichiarare che l'Irlanda, non avendo assoggettato all'IVA i pedaggi riscossi per l'utilizzo di strade e ponti e non avendo quindi effettuato alcun versamento corrispondente di risorse proprie maggiorato di interessi, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CE .

2. In Irlanda ci sono due ponti pubblici per il cui utilizzo viene riscosso un pedaggio. Si tratta dei ponti East-Link e West-Link, rispettivamente ad est e ad ovest di Dublino. Le autorità competenti possono riscuotere direttamente senza intermediari il pedaggio o affidarne la riscossione a terzi che devono provvedere in cambio alla manutenzione dei relativi tronconi. Tuttavia, in nessun caso il pedaggio riscosso è assoggettato all'imposta sul valore aggiunto.

II - Procedimento precontenzioso

3. Con lettera del 3 marzo 1987 la Commissione sottoponeva alle autorità irlandesi il problema della riscossione dell'IVA sui pedaggi. Tali autorità rispondevano con lettera del 14 dicembre 1987.

4. Il 20 aprile 1988 la Commissione trasmetteva una lettera di diffida ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), in cui sosteneva che la mancata riscossione dell'IVA sui pedaggi versati per l'utilizzo del ponte East-Link a Dublino costituisce una violazione degli artt. 2 e 4, nn. 1, 2 e 5, della sesta direttiva IVA. Con un'ulteriore lettera del 17 ottobre 1988 le autorità irlandesi dichiaravano che il pedaggio in questione costituisce un affitto di beni immobili ed è perciò esente da IVA.

5. Con lettera del 27 novembre 1987 la Commissione segnalava alle autorità irlandesi il fatto che l'IVA in questione nel caso di specie doveva essere inclusa nel calcolo dei contributi scaduti da destinare al bilancio comunitario nell'ambito del sistema delle risorse proprie.

6. Nella risposta del 22 aprile 1988 le autorità irlandesi sostenevano che, poiché sui pedaggi relativi all'utilizzo del ponte East-Link non era applicabile l'IVA, non era dovuto alcun ulteriore contributo alle risorse proprie.

7. Con lettera del 31 gennaio 1989 la Commissione avviava il procedimento per inadempimento riguardante le risorse proprie delle Comunità. La Commissione sosteneva che l'Irlanda, non avendo effettuato i calcoli necessari a stabilire l'entità di eventuali contributi alle risorse proprie provenienti dall'IVA non versati nel periodo 1984-1986 e non avendo fornito tali informazioni alla Commissione, fosse venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato. La Commissione invitava pertanto le autorità irlandesi ad eseguire i calcoli opportuni, a versare gli importi scaduti dovuti, comprensivi di interessi moratori a partire dal 31 marzo 1988, e ad effettuare nonché comunicare i calcoli relativi agli esercizi successivi fino al termine della violazione.

8. Nella lettera di risposta del 4 ottobre 1989 le autorità irlandesi si richiamavano agli argomenti già addotti in precedenza.

9. Con lettera del 19 ottobre 1989 la Commissione trasmetteva il parere motivato in cui venivano sollevati sia il problema dell'assoggettamento all'IVA che la questione relativa alle risorse proprie.

10. Il governo irlandese rispondeva con lettera del 23 maggio 1990 riguardo alle risorse proprie e con lettera del 12 ottobre 1990 riguardo all'assoggettamento all'IVA. Nell'ultima lettera esso faceva valere l'applicazione della deroga di cui all'art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA.

11. Con ricorso pervenuto alla cancelleria della Corte il 21 ottobre 1997 la Commissione chiede che la Corte voglia:

1) dichiarare che l'Irlanda, non avendo assoggettato ad IVA il pedaggio relativo all'utilizzo di strade e ponti a pagamento esistenti in Irlanda, contrariamente a quanto stabilito dagli artt. 2 e 4, nn. 1, 2 e 5, della sesta direttiva IVA, e non avendo versato di conseguenza alla Commissione i relativi contributi alle risorse proprie, comprensivi di interessi moratori, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CE;

2) condannare l'Irlanda alle spese.

12. Il governo irlandese chiede che la Corte voglia:

1) dichiarare che l'Irlanda, non avendo assoggettato ad IVA il pedaggio relativo all'utilizzo di strade e ponti a pagamento esistenti in Irlanda e non avendo versato di conseguenza alla Commissione i relativi contributi alle risorse proprie, comprensivi di interessi moratori, non è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CE;

2) condannare la Commissione alle spese.

III - Contesto normativo

1. Sulla riscossione dell'imposta sul valore aggiunto

Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «direttiva»)

13. L'art. 2 della direttiva stabilisce quanto segue:

«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:

1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)».

14. L'art. 4, nn. 1, 2 e 5, della direttiva così recita:

«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(...)

5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato D quando esse non sono trascurabili.

Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma de[ll']articol[o] 13 (...)».

15. Per altre esenzioni sul territorio nazionale l'art. 13 prevede quanto segue:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

a) (...)

b) l'affitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione:

1. delle prestazioni di alloggio (...) effettuate nel settore alberghiero (...);

2. delle locazioni di aree destinate al parcheggio dei veicoli;

3. delle locazioni di utensili e macchine fissati stabilmente;

4. delle locazioni di casseforti.

(...)

c) bis h) (...)».

2. Sulle risorse proprie

a) Regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1553, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto

16. L'art. 1 così recita:

«Le risorse IVA provengono dall'applicazione dell'aliquota uniforme, fissata conformemente alla decisione 88/376/CEE, Euratom, alla base determinata conformemente al presente regolamento».

17. L'art. 2, n. 1, stabilisce quanto segue:

«La base delle risorse IVA è determinata prendendo in considerazione le operazioni imponibili di cui all'articolo 2 della direttiva 77/388/CEE (...), ad esclusione delle operazioni esentate a norma degli articoli da 13 a 16 di detta direttiva».

b) Regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità

18. L'art. 11 dispone quanto segue:

«Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all'articolo 9, paragrafo 1 dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».

c) Decisione del Consiglio 24 giugno 1988, 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità

19. In conformità a tale decisione, gli importi di risorse proprie provenienti dall'IVA mancanti vengono compensati nel quadro del finanziamento complementare mediante risorse proprie provenienti dal PNL, con la conseguenza che si verifica una ridistribuzione dell'onere finanziario a carico degli altri Stati membri.

IV - Argomenti delle parti

20. La Commissione osserva anzitutto che il sistema di pedaggio vigente in Irlanda è stato disciplinato dapprima dal Local Government (Toll Roads) Act del 1979 e successivamente dal Roads Act del 1993 . In conformità di tali leggi un ente competente in materia di viabilità (Road Authority) può riscuotere un pedaggio per l'utilizzo di determinate strade, nonché fissarne l'entità. Tali poteri vengono esercitati da organi territoriali locali o dall'ente nazionale delle strade (National Roads Authority) quando si tratta di strade nazionali. Con l'autorizzazione del Ministero dell'Ambiente un ente competente in materia di viabilità può stipulare un contratto con terzi al fine di affidare a questi ultimi il finanziamento di una nuova strada e la riscossione del pedaggio. Un contratto di tale tipo può riguardare interamente o in parte la ripartizione delle spese di costruzione e di manutenzione delle strade.

21. La Commissione sostiene inoltre che la gestione di una strada e la riscossione di un pedaggio costituiscono un utilizzo di beni materiali per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. Di conseguenza, si tratterebbe di un'attività economica esercitata da un soggetto passivo ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva.

22. Secondo la Commissione, l'esistenza di un'attività economica va oggettivamente valutata tenuto conto della realtà economica. Considerate le circostanze di fatto, nel caso di specie si deve presumere un'attività economica effettuata a titolo oneroso, sussistendo un nesso diretto tra la prestazione di servizi fornita ed il controvalore pagato sotto forma di pedaggio, poiché l'utente paga ogni qualvolta vuole servirsi della strada in questione.

23. Poiché occorre interpretare le nozioni di «prestazione» e di «attività economica» conformemente al diritto comunitario, la conclusione alla quale è pervenuta la Commissione resterebbe invariata anche qualora l'imprenditore privato esercitasse un'attività nell'interesse generale.

24. In contrasto con quanto sostenuto dal governo irlandese, non si potrebbe prendere in considerazione alcuna eccezione ai sensi dell'art. 13, parte B, lett. b), che stabilisce l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto per l'affitto o la locazione di beni immobili. Secondo la Commissione, un affitto presuppone tre elementi essenziali: deve anzitutto trattarsi di un determinato territorio o spazio; in secondo luogo, tale territorio o spazio deve essere ceduto per una determinata durata e, terzo, dietro pagamento di una determinata somma da parte dell'utente al proprietario. Nell'utilizzo di una strada o nell'attraversamento di un ponte vengono tuttavia a mancare gli elementi temporali. L'utente non potrebbe inoltre utilizzare alcuno spazio determinato né precluderne l'uso analogo ad altri soggetti. Il versamento di un pedaggio non autorizza l'utente all'uso esclusivo di un bene, bensì gli conferisce unicamente il diritto di percorrere una determinata strada. Le nozioni di «affitto» e di «locazione» devono essere interpretate nella loro accezione comune, nel senso che presuppongono un rapporto proprietario/affittuario o comunque un diritto di godimento sul bene. Poiché la disposizione di cui all'art. 13, parte B, lett. b), costituisce un'eccezione alla regola dell'assoggettamento, essa va interpretata in modo restrittivo.

25. Nel caso di specie non viene in esame neppure una deroga in conformità dell'art. 4, n. 5, primo comma, della direttiva, poiché la gestione dell'infrastruttura dietro pagamento di un pedaggio non costituirebbe l'attività di un organismo di diritto pubblico in veste di pubblica autorità. Poiché anche tale disposizione rappresenta un'eccezione alla nozione di soggetto passivo, essa va in ogni caso interpretata in modo restrittivo.

26. Al riguardo la Commissione sostiene che le disposizioni irlandesi consentono di affidare ad imprese non assoggettate al diritto pubblico la gestione di una strada e la riscossione di un pedaggio. Si tratterebbe in questo caso di privati che esercitano attività economiche.

27. Inoltre, potrebbe essere fatta valere un'esenzione soltanto per organismi di diritto pubblico e unicamente se questi agiscono effettivamente in veste di pubbliche autorità.

28. Poiché nel caso del pedaggio si impongono considerazioni di natura economica (entità del pedaggio, risparmio di tempo e consumo di benzina) per l'utente della strada, si tratterebbe di una decisione economica. Ne deriva che mettere a disposizione una strada e riscuotere il pedaggio non rappresenterebbero un compito specifico svolto nell'esercizio di pubblici poteri. Anche se le autorità competenti continuano ad esercitare il controllo sulle rispettive imprese responsabili della gestione dell'infrastruttura e della riscossione del pedaggio nonché della fissazione di quest'ultimo, l'attività economica non verrebbe esercitata dalla pubblica amministrazione in veste di pubblica autorità. Si tratterebbe pertanto di attività economiche che rientrano nel settore privato. Nel caso di specie, determinante sarebbe unicamente il fatto che l'attività imponibile consiste nel mettere a disposizione l'infrastruttura dietro pagamento di un pedaggio.

29. Per quanto riguarda le risorse proprie, la Commissione ritiene perciò che, a causa della mancata riscossione dell'IVA sui pedaggi, sia stata determinata una base di calcolo errata, provocando tra gli Stati membri della Comunità uno squilibrio nella riscossione delle risorse proprie della Comunità.

30. Il governo irlandese ritiene tuttavia che i soggetti cui è affidata la riscossione dei pedaggi non siano soggetti passivi ai sensi della direttiva. Ai sensi dell'art. 4, n. 5, le attività esercitate in veste di pubbliche autorità sono esenti dall'imposta, anche quando esse costituiscono prestazioni effettuate a titolo oneroso. Nel caso di specie le autorità irlandesi opererebbero in veste di pubbliche autorità quando costruiscono strade e ponti destinati all'uso pubblico. Garantire il finanziamento e la manutenzione di tali infrastrutture rappresenterebbe un servizio pubblico. Conformemente alle disposizioni irlandesi vigenti tale finanziamento potrebbe realizzarsi anche con la riscossione di un pedaggio, senza per questo mutare il carattere di diritto pubblico delle attività in questione.

31. Il governo irlandese considera inoltre come un affitto la messa a disposizione di determinate infrastrutture stradali dietro pagamento di un pedaggio e ritiene pertanto applicabile la normativa in materia di esenzioni di cui all'art. 13, parte B, lett. b).

32. Non si potrebbero desumere dalle disposizioni della direttiva gli elementi essenziali di un affitto indicati dalla Commissione. Nel caso di specie si tratterebbe inoltre di uno spazio limitato - la strada o il ponte utilizzati - messo a disposizione dell'utente per un tempo determinato, il tempo del percorso . L'utente paga un compenso per tale affitto - il pedaggio -, la cui entità è fissata da un'autorità pubblica.

33. In effetti tale operazione non conferisce all'utente alcun diritto di proprietà, ma non sarebbe neanche necessario un rapporto classico proprietario/affittuario, come si deduce da un esame delle altre attività menzionate all'art. 13, parte B, lett. b) . Nemmeno tali attività costituiscono tipici casi di affitto, per cui non ci sono elementi contrari all'inclusione del caso di specie in tale nozione.

34. Per quanto riguarda l'esenzione dall'IVA degli organismi pubblici che agiscono in veste di pubbliche autorità, il governo irlandese sostiene che il complesso di normative in materia di strade e ponti rientra nella competenza della pubblica amministrazione. La costruzione e la manutenzione di tali infrastrutture spetterebbero alle autorità locali ovvero nazionali. Per le strade nazionali si può prevedere la riscossione di un pedaggio. Nell'ambito dell'attribuzione dei lavori di costruzione e della manutenzione di strade e ponti le autorità possono cedere a terzi gli introiti complessivi, o parte di essi, provenienti dai pedaggi. Ciò nonostante solo tali autorità conservano il diritto di riscuotere il pedaggio, atto che rientra quindi nell'esercizio di pubblici poteri.

35. Punto di partenza dell'attività controversa sarebbe sempre un'autorità pubblica. I terzi cui è stata affidata in concessione la riscossione del pedaggio non opererebbero autonomamente. Mettere a disposizione l'infrastruttura per l'uso pubblico è e rimane un esercizio di pubblici poteri da parte degli organismi pubblici. L'utente dell'infrastruttura paga il pedaggio cui la pubblica amministrazione ha diritto per la messa a disposizione dell'infrastruttura.

36. Ma, secondo il governo irlandese, se nel caso di specie il pedaggio non è soggetto ad IVA, non si può asserire che il contributo alle risorse proprie della Comunità conferito dall'Irlanda sia stato inadeguato. Il ricorso della Commissione sarebbe pertanto infondato anche riguardo a tale motivo.

V - Analisi

1. Riscossione dell'IVA sui pedaggi

37. Seguendo la struttura della direttiva occorre anzitutto esaminare se si configuri una prestazione soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva IVA. Dovrebbe trattarsi di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso. Si deve quindi accertare se una siffatta prestazione sia fornita da un soggetto passivo e, in caso affermativo, se si tratti di un'attività economica.

a) Prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso

38. Nel caso di specie la prestazione di servizi consiste nella messa a disposizione dell'infrastruttura.

39. Tale prestazione di servizi viene inoltre effettuata a titolo oneroso, vale a dire in cambio del pedaggio riscosso. La Corte ha già risolto la questione se una prestazione di servizi sia effettuata a titolo oneroso statuendo che, perché una prestazione di servizi possa essere considerata come imponibile, vi deve essere un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto .

40. Tale nesso diretto consiste nel fatto che per l'utilizzo dell'infrastruttura viene pagato un pedaggio, la cui entità dipende a sua volta dalla categoria dell'autoveicolo e dalla lunghezza del tragitto.

41. Il pedaggio non è neanche un'imposta, perché quest'ultima è una prestazione pecuniaria che non costituisce una contropartita per una determinata prestazione e viene applicata da un ente di diritto pubblico allo scopo di ottenere entrate nei confronti di tutti coloro che rientrano nella fattispecie a cui la legge collega l'obbligo di prestazione. Tuttavia, poiché nel caso di specie viene fornita una controprestazione concreta sotto forma della messa a disposizione di determinate parti dell'infrastruttura stradale, si tratta di un tributo che va considerato come corrispettivo di una prestazione di servizi.

42. Di conseguenza, si configura una prestazione soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva IVA.

b) Soggetti passivi

43. Ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente un'attività economica, cioè una qualsiasi attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi.

44. Ai sensi dell'art. 4, n. 5, primo comma, della direttiva, gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono però considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono canoni, contributi o retribuzioni.

aa) Attività rientrante nelle prerogative della pubblica autorità

45. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che, affinché un ente pubblico non sia assoggettato ad imposta, devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attività in veste di pubblica autorità .

46. Ciò significa, da un lato, che gli enti di diritto pubblico non sono automaticamente esentati per tutte le attività ch'essi svolgono, ma solo per quelle che rientrano nella loro missione specifica di pubblica autorità e, dall'altro, che l'attività svolta da un privato non è esentata dall'IVA per il solo fatto ch'essa consiste nel compimento di atti che rientrano nelle prerogative della pubblica autorità .

47. Nella definizione di compimento di attività in veste di pubblica autorità non si può prescindere dall'oggetto o dalla finalità dell'attività svolta dall'organismo pubblico. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che le modalità di esercizio delle attività consentono di determinare la portata del mancato assoggettamento degli enti pubblici .

48. La Corte ha pertanto statuito che gli enti di diritto pubblico di cui all'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva esercitano attività in quanto pubbliche autorità qualora ciò avvenga nell'ambito del regime giuridico loro proprio . Quando invece essi agiscono in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere che svolgano attività in quanto pubbliche autorità.

49. Poiché, in conformità dell'art. 6, n. 1, della sesta direttiva IVA, si considerano imponibili anche attività rese a norma di legge, è evidente che la mera appartenenza di un'attività al settore del diritto pubblico non è sufficiente a soddisfare le condizioni di esenzione di cui all'art. 4, n. 5, primo comma. Poiché tale disposizione costituisce una deroga alla definizione di soggetto passivo, essa va interpretata in modo restrittivo. Si possono pertanto considerare suscettibili di esenzione dall'IVA soltanto quelle attività dei pubblici poteri che rientrano nel nucleo fondamentale delle prerogative della pubblica autorità. Tale interpretazione è confermata anche dall'art. 4, n. 5, terzo comma, che rimanda alle attività elencate nell'allegato D - v. supra, paragrafo 21 - il quale include anche gli organismi di diritto pubblico nei soggetti passivi.

50. La progettazione e la costruzione di strade, ponti e gallerie rientrano nell'esercizio di poteri sovrani, riservato alle pubbliche autorità. Tali attività riguardano una parte essenziale e quindi un nucleo fondamentale dei compiti pubblici, tanto da poter essere considerate come misure di interesse generale. Si deve quindi presumere che, quando lo Stato interviene in questo settore, agisca in veste di pubblica autorità.

51. E' vero che la messa a disposizione di strade non è esplicitamente classificata - come l'erogazione di gas, energia elettrica e acqua di cui all'allegato D - come attività assoggettabile all'IVA. In effetti, la messa a disposizione gratuita di infrastrutture stradali va considerata un'attività rientrante nelle prerogative della pubblica autorità. Si può sostenere che, per contro, la rete stradale, realizzata dalle pubbliche autorità utilizzando risorse provenienti dalle imposte, possa anche essere interamente gestita da privati dietro pagamento di un pedaggio richiesto a tutti. In ogni caso la concessione d'uso selettiva - in quanto a pagamento - di un tratto limitato non può essere considerata come un'attività che rientra nell'esercizio della pubblica amministrazione. La riscossione di un pedaggio è infatti possibile anche nell'ambito di un atto rientrante nelle prerogative della pubblica autorità e non giustifica di per sé alcun obbligo di assoggettamento all'imposta, come stabilisce espressamente l'art. 4, n. 5, primo comma. Occorre tuttavia considerare che nel caso di specie l'utente può scegliere se utilizzare l'infrastruttura stradale a pagamento o a titolo gratuito. Nella messa a disposizione gratuita della rete stradale si esaurisce in ogni caso l'atto rientrante nelle prerogative della pubblica autorità, mentre la possibilità offerta di utilizzare tragitti supplementari pagando un pedaggio va classificata come un'attività puramente privata. Chi necessita di una concessione edilizia non ha alcuna possibilità di scelta e deve pagare la relativa tassa. Chi porta a termine un corso di laurea, per cui si devono pagare tributi, non ha alcuna possibilità di eludere tale obbligo per raggiungere lo stesso obiettivo, cioè il concreto compimento degli studi. Nel caso di specie l'utente può tuttavia scegliere tra due possibilità - anche se l'una maggiormente complicata o lenta - per ottenere lo stesso risultato. La rete stradale soggetta a pedaggio viene sì messa a disposizione di tutti coloro che sono disposti a pagare, ma solo di questi. Ciò rivela un carattere selettivo estraneo all'agire sovrano. Sono soprattutto motivi economico-finanziari che conducono alla riscossione del pedaggio. La messa a disposizione di un tragitto limitato dietro pagamento di un pedaggio non può perciò essere considerata come un'attività sovrana della pubblica amministrazione.

52. Nel caso di specie è pertanto fuori questione un'applicazione della disposizione di cui all'art. 4, n. 5, primo comma, poiché la messa a disposizione dell'infrastruttura dietro pagamento di un pedaggio non può essere considerata come attività esercitata in veste di pubblica autorità. Gli organismi competenti della riscossione del pedaggio vanno pertanto considerati soggetti passivi.

bb) Attività economica

53. Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, come già detto, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente un'attività economica.

54. L'art. 4, n. 2, della sesta direttiva IVA definisce come attività economiche «tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi».

55. Da una costante giurisprudenza della Corte emerge che la nozione di attività economica comprende una sfera d'applicazione molto vasta e che si tratta di una nozione oggettivamente definita, in quanto qualsiasi operazione viene considerata in sé, a prescindere dalle finalità o dai risultati di questa attività .

56. Considerando una così ampia nozione di attività economica si può concludere che le prestazioni di servizi non devono necessariamente essere orientate soprattutto o in modo esclusivo verso il mercato o l'economia; è quindi sufficiente ch'esse abbiano di fatto un certo rapporto con la vita economica . Nel caso di specie la messa a disposizione di infrastrutture stradali dietro pagamento di un pedaggio viene resa dalle autorità competenti o da terzi cui è stata affidata tale attività.

57. Anche se questo trasferimento è regolato dal diritto pubblico e i tragitti soggetti a pedaggio appartengono alla rete stradale pubblica, ciò è irrilevante ai fini dell'esame della questione se si configuri un'attività economica. Ai sensi dell'art. 6, n. 1, della sesta direttiva IVA prestazioni di servizi soggette ad imposta possono consistere tra l'altro nell'esecuzione di un servizio reso a nome della pubblica amministrazione o a norma di legge. Nel caso di specie anche il carattere oggettivo della nozione di attività economica fa propendere per una qualificazione come attività economica, in quanto si tratta dell'attività in sé, a prescindere dalle finalità o dai risultati di questa.

58. La presa in considerazione della realtà economica costituisce un criterio fondamentale per l'applicazione del sistema comune dell'IVA . Nella fattispecie ciò significa che determinate parti dell'infrastruttura stradale sono state messe a disposizione degli utenti dietro pagamento di un tributo sotto forma di pedaggio. Di conseguenza, poiché tale attività viene svolta dai rispettivi organismi anche per ricavarne introiti al fine di provvedere alle proprie spese materiali e al tempo stesso al proprio reddito, emerge che nel caso in esame si configura un'attività economica.

c) Locazione

59. Poiché dalle osservazioni che precedono deriva che in linea di principio l'organismo competente a riscuotere il pedaggio va considerato soggetto passivo, sorge la questione se non si debba applicare un'esenzione per l'attività controversa sulla base dell'art. 13, parte B, lett. b).

60. In tal senso, se si trattasse dell'affitto di beni immobili, la messa a disposizione dell'infrastruttura dietro pagamento di un pedaggio sarebbe esente da IVA.

61. Il quadro normativo vigente non offre una definizione comunitaria di tale nozione. Onde chiarire il suo significato, occorre quindi fare ricorso al contesto in cui essa si inserisce, alla luce dell'economia della sesta direttiva IVA.

62. Dalla lettera e dalla ratio della direttiva e dal testo dell'art. 2 in particolare emerge che il principio base della direttiva è quello secondo cui le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, qualora effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo, sono sottoposte a IVA, a meno che ne siano espressamente esentate. Le disposizioni di esenzione vanno quindi interpretate restrittivamente, dato che costituiscono un'eccezione al principio base della direttiva.

63. Ciò significa quindi che nel caso di specie la nozione di «affitto di beni immobili» deve essere orientata sulla base del significato consueto. Infatti non tutti i contratti caratterizzati da elementi tipici della locazione possono automaticamente essere inclusi in tale nozione. In caso contrario si avrebbe un'interpretazione ampia dell'esenzione, che non risponde al suo scopo. E' quindi necessario che nell'accordo contrattuale gli elementi tipici del contratto di locazione siano prevalenti.

64. Tuttavia, la messa a disposizione di un'infrastruttura stradale dietro pagamento di un pedaggio non soddisfa tale requisito. Vero è che viene concesso all'utente l'utilizzo a titolo oneroso di uno spazio delimitato (il tragitto da percorrere) per un tempo determinato (durata del viaggio), ma in questo caso non prevalgono elementi tipici del contratto di locazione, poiché ciò che interessa all'utente è percorrere un determinato tragitto nel modo più veloce e sicuro. L'uso del bene acquista invece importanza secondaria.

65. Seguendo il ragionamento del governo irlandese, nel caso di specie un ponte non verrebbe affittato ad una sola persona, ma contemporaneamente a più persone, che non godrebbero tuttavia a priori di alcun diritto di possesso esclusivo sul ponte. Non si configura una situazione che vede più persone in qualità di affittuari dello stesso bene. Gli automobilisti non intendono affittare il ponte in comune ed essere responsabili in solido per l'affitto, come avviene ad esempio in caso di coabitazione.

66. Inoltre non si configura un contratto d'affitto, perché all'utente non viene concesso un diritto di difendersi dall'uso non consentito di terzi, né egli può usufruire del bene in modo generale; il suo diritto d'uso è limitato alla possibilità di percorrere il tragitto.

67. Scopo principale del «contratto» tra le parti non è tanto utilizzare un bene immobile, quanto piuttosto usufruire di un'unica prestazione di servizi effettuata su tale bene immobile. Il breve uso del bene immobile è di secondaria importanza per gli automobilisti, a cui preme soprattutto raggiungere la meta del viaggio in modo veloce e sicuro.

68. Non può essere accolta l'osservazione del governo irlandese secondo cui le attività di cui all'art. 13, parte B, lett. b), indicherebbero che la nozione di affitto può essere interpretata in modo estensivo. Gli esempi citati non rappresentano contratti di locazione da interpretarsi «in modo estensivo». Possono essere contratti di locazione particolari, ma non divergono in modo determinante dai criteri della nozione comune di affitto. Anche se così fosse, non si potrebbero trarne le conclusioni alle quali perviene l'Irlanda riguardo all'esenzione. I quattro «contratti di locazione particolari» non sono menzionati al fine di provare che la nozione di affitto può essere interpretata in modo estensivo, bensì perché tali casi sono soggetti ad IVA in quanto «eccezioni dell'eccezione» all'esenzione dell'affitto. Proprio perché l'affitto - in quanto eccezione alla regola - non è assoggettato all'IVA, la nozione di affitto di cui ai paragrafi 61 e 62 va interpretata in modo restrittivo.

69. Nel caso di specie pertanto non siamo in presenza di un affitto di beni immobili esente da IVA.

d) (In subordine) Sulla questione delle distorsioni della concorrenza

70. Ai sensi dell'art. 4, n. 5, secondo comma, gli Stati, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità quando il loro mancato assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Sulla base delle osservazioni che precedono, questa ipotesi non dovrebbe essere esaminata, poiché nella fattispecie si tratta di un'attività che non viene svolta nell'ambito di poteri sovrani. Procedo quindi a questo esame solo in subordine.

71. Una distorsione di concorrenza in tal senso sussisterebbe se l'organismo statale non assoggettato all'IVA fosse in concorrenza per una stessa attività con un privato soggetto passivo e potesse pertanto offrire la propria prestazione di servizi ad un costo inferiore in forza dell'esenzione. La messa a disposizione di un'infrastruttura stradale del tipo in questione non comporta tuttavia un regime di pluralità di operatori ai sensi del diritto privato, cosicché non può configurarsi alcuna situazione di concorrenza.

72. Gli esempi di distorsioni di concorrenza citati dalla Commissione non sono convincenti nel caso di specie. Da un lato, il campo di applicazione della direttiva - secondo quanto risulta da numerose disposizioni - è limitato agli atti interni. Nel caso di specie non è ravvisabile una violazione dell'obbligo di parità di trattamento rispetto a cittadini nazionali. D'altro lato, i casi di distorsione menzionati - innanzi tutto l'impossibilità della detrazione a monte ovvero la deduzione delle spese - non riguardano il mancato assoggettamento ovvero l'obbligo di imposizione, bensì la scorretta applicazione del diritto. Dopo il chiarimento alla luce della giurisprudenza gli Stati membri riscuoteranno senz'altro l'IVA con le stesse modalità (lo stesso vale per il versamento alle risorse proprie). Del resto, qualora si seguisse l'osservazione della Commissione, si rileverebbero distorsioni di concorrenza soprattutto nei confronti dei paesi in cui non si riscuotono affatto pedaggi stradali.

73. Di conseguenza non sussistono distorsioni di concorrenza ai sensi dell'art. 4, n. 5, secondo comma, che motiverebbero un trattamento come soggetti passivi. Tuttavia, come illustrato supra, ai paragrafi 37-68, ciò è irrilevante. Nel caso di specie si configura un'attività da assoggettare all'IVA, poiché la riscossione del pedaggio non è un atto rientrante nelle prerogative della pubblica autorità.

e) Conclusione intermedia

74. Si deve quindi concludere che l'Irlanda, non avendo assoggettato ad IVA i pedaggi relativi all'utilizzo dei ponti, contrariamente a quanto stabilito dagli artt. 2 e 4 della sesta direttiva IVA, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù del Trattato CE.

2. Risorse proprie

75. Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1553/89 la base delle risorse IVA è determinata prendendo in considerazione le operazioni imponibili di cui all'art. 2 della sesta direttiva IVA. I contributi alle risorse proprie provengono quindi dall'applicazione a tale base dell'aliquota uniforme fissata.

76. Poiché nel caso di specie sono state fornite prestazioni da soggetti passivi, il pedaggio avrebbe dovuto essere assoggettato all'IVA. Siccome tuttavia ciò non è avvenuto, i relativi importi non hanno potuto essere considerati per la determinazione della base delle risorse IVA.

77. Di conseguenza, sussiste una violazione delle disposizioni comunitarie in materia di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'IVA. Al riguardo è irrilevante che - come afferma il governo irlandese - il ricalcolo dei contributi alle risorse proprie possa eventualmente portare ad un risultato sfavorevole per le Comunità. Secondo le disposizioni comunitarie vigenti, è unicamente rilevante anzitutto che tali risorse proprie siano determinate sulla base corretta e che si accertino le corrispondenti pretese (dello Stato membro) nei confronti del soggetto passivo. Lo Stato membro ha pertanto l'obbligo di effettuare i calcoli necessari, di comunicare il risultato alla Commissione e, corrispondentemente, di versare le risorse dovute.

78. Il diritto agli interessi rivendicato emerge dall'art. 11 del regolamento n. 1552/89, secondo cui ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto dei contributi alle risorse proprie dà luogo al pagamento di un interesse. Al riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, è irrilevante la ragione del ritardo di tale iscrizione .

3. Limitazione temporale degli effetti della sentenza

79. Dopo aver accertato che l'Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CE, occorre stabilire se la Commissione sia autorizzata a far valere i relativi diritti nei confronti dell'Irlanda per l'intero periodo in questione.

80. Il procedimento per inadempimento è anzitutto caratterizzato dal fatto che, nel caso in cui il ricorso sia fondato, lo Stato membro deve adottare tutte le misure necessarie a far cessare la violazione. Infatti, poiché si tratta di una sentenza di accertamento, la Corte non può ordinare allo Stato convenuto di porre fine alla violazione o di annullare ovvero modificare le misure impugnate.

81. La Corte non è quindi autorizzata a condannare formalmente l'Irlanda a far venir meno la situazione illegale relativa alla riscossione dell'IVA. Nell'ambito del procedimento per inadempimento la Corte può tuttavia esaminare in dettaglio l'obbligo dell'Irlanda di porre fine alla situazione non conforme al Trattato.

82. Occorre pertanto esaminare in che cosa consista, concretamente, l'obbligo dell'Irlanda di porre fine alla violazione del Trattato e l'incidenza della lunga durata del procedimento.

83. Poiché ai sensi degli artt. 155 (divenuto art. 211 CE) e 169 del Trattato CE la Commissione ha l'obbligo di perseguire ogni violazione del Trattato a lei nota, sussiste in linea di principio un obbligo di agire. Essa dispone tuttavia di un certo margine di discrezionalità soprattutto in merito al momento e alle condizioni di attuazione delle singole fasi del procedimento ex art. 169. Anche in presenza di un obbligo di principio di repressione la Commissione dovrebbe tuttavia impegnarsi costantemente al fine di indurre con i consueti mezzi gli Stati membri a ripristinare una situazione conforme al Trattato. Il termine minimo per proporre il ricorso si colloca dopo la scadenza indicata nel relativo parere motivato. In linea di principio non sussiste un termine predeterminato per adire la Corte . Spetta perciò alla Commissione stabilire quando sia opportuno promuovere l'azione per inadempimento a seguito del parere motivato, dopo la scadenza del termine fissato . In casi eccezionali estremi, in cui la Commissione attende a lungo prima di agire in giudizio e non prende alcuna misura ulteriore nei confronti dello Stato membro, l'eccezione di decadenza, con riferimento alla ricevibilità del ricorso, non va tuttavia del tutto esclusa . La giurisprudenza della Corte tende però a respingere la decadenza del diritto di ricorso della Commissione .

84. Nel caso di specie è parimenti fuori questione una prescrizione dei diritti delle Comunità. Da un lato, non esistono disposizioni comunitarie in materia di prescrizione applicabili e, dall'altro, non è neanche attuabile un'applicazione sensata delle normative nazionali in materia di prescrizione di debiti d'imposta. Per essere funzionale un termine di prescrizione deve essere fissato anticipatamente. In quanto eccezione, esso deve essere fatto valere, il che non è avvenuto nel caso di specie. Poiché al riguardo non sono neppure state presentate osservazioni, tale punto non necessita di ulteriore esame. Del resto, il procedimento per inadempimento non potrebbe neanche riguardare direttamente la prestazione delle risorse.

85. Tuttavia potrebbero risultare prescritti i diritti delle Comunità al versamento dei contributi alle risorse proprie.

86. Per motivi di certezza del diritto, nel caso di specie potrebbe essere necessario limitare temporalmente l'effetto dell'accertamento di una violazione del Trattato riguardo alla rettifica degli estratti annuali . Nella sua giurisprudenza la Corte ha già riconosciuto la possibilità di avvalersi del principio di certezza del diritto in assenza di una normativa in materia di prescrizione .

87. In realtà, il Trattato non prevede esplicitamente una limitazione temporale dell'effetto di sentenze nei procedimenti per inadempimento. Tale limitazione non è peraltro necessaria, perché le sentenze nei procedimenti per inadempimento per il loro carattere di accertamento tendono di norma all'eliminazione (futura) di una situazione non conforme al Trattato. Questo tipo di procedimento non riguarda l'efficacia di una decisione specifica come il ricorso di annullamento, per cui è prevista una limitazione degli effetti temporali conformemente all'art. 174, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 231 CE). Il ricorso per inadempimento non ha nemmeno, di norma, lo scopo di ottenere un risarcimento dei danni in un singolo caso, come accade invece nella norma in materia di prescrizione di cui all'art. 43 dello Statuto CE della Corte. Il procedimento per inadempimento ha piuttosto per oggetto l'accertamento in linea di principio del contenuto normativo del diritto comunitario. E' nell'interesse della certezza del diritto che la Corte si pronunci su tale contenuto normativo nell'ambito di una controversia tra la Commissione ed uno Stato membro. La semplice decorrenza temporale a partire dal termine della fase precontenziosa del procedimento non riduce in linea di principio tale interesse. Qualora eventi verificatisi in tale lasso di tempo dovessero far diminuire l'interesse per l'accertamento, si determinerebbe forse l'irricevibilità del ricorso, ma ciò non osterebbe al diritto di far dichiarare la violazione in quanto tale, che potrebbe essere sempre fatto valere in giudizio.

88. Tuttavia, nella fattispecie l'accertamento della violazione del Trattato è legata ad una richiesta di pagamento delle Comunità nei confronti degli Stati membri convenuti. Le conseguenze finanziarie che ne derivano esigono particolari riflessioni anche in relazione al principio della certezza del diritto.

89. A sfavore di una limitazione temporale, si osservi anzitutto che la Corte ha sottolineato, in una costante giurisprudenza, che, «trattandosi di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie, la certezza e la prevedibilità costituiscono (...) un imperativo che si impone con particolare rigore» . Una ponderazione degli aspetti relativi alla certezza del diritto riduce la chiarezza e la prevedibilità. Per contro occorre però rilevare che il notevole ritardo nell'introduzione della fase giudiziaria del procedimento per inadempimento da parte della Commissione è parimenti incompatibile con l'imperativo della chiarezza e della prevedibilità.

90. Secondo la giurisprudenza della Corte, una controversia tra la Commissione ed uno Stato membro relativa alla riscossione di risorse proprie non deve neanche far sì che l'equilibrio finanziario della Comunità sia sconvolto . Nel caso di specie da una limitazione temporale della rettifica potrebbe derivare che alcuni Stati membri apportino risorse alla Comunità conformemente al diritto comunitario, mentre altri Stati sarebbero esonerati da tale stanziamento. Al riguardo occorre però rilevare che gli Stati membri che hanno riscosso la relativa IVA e ne hanno versato di conseguenza una parte non sono svantaggiati. Infine beneficiano della parte dell'IVA eccedente l'importo totale da versare.

91. Al contrario, va escluso praticamente e anche giuridicamente un ricupero a posteriori dell'IVA su tributi riscossi in relazione all'uso delle infrastrutture stradali. Per motivi di legittimo affidamento, anche secondo il diritto nazionale in un caso come quello di specie sarebbe escluso un ricupero a posteriori dell'IVA. A prescindere da ciò, risulterebbero sproporzionate anche le conseguenze pratiche a livello commerciale di un ricupero a posteriori di imposte sulla cifra d'affari poiché gli eventuali debitori d'imposta da determinare non sono di regola gli stessi che devono pagare le imposte con i pedaggi.

92. Sarebbero svantaggiati unicamente gli Stati membri che abbiano effettuato versamenti a posteriori senza aver prima riscosso l'IVA corrispondente. Si deve tuttavia supporre che siffatti pagamenti siano avvenuti fatta salva una corrispondente rettifica dell'estratto annuale. Qualora tale rettifica sia esclusa, gli Stati membri interessati possono richiedere la restituzione dei versamenti a posteriori effettuati.

93. Dal termine perentorio di cui all'art. 9, n. 2, del regolamento n. 1553/89 si deduce che il rischio per gli Stati membri di versare, per ignoranza, quote non riscosse dell'IVA non deve superare quattro esercizi di bilancio. D'altra parte, in linea di principio gli Stati membri non sono più tutelati se vengono a conoscenza di un reclamo inequivocabile della Commissione prima della scadenza del termine. Rientra nella responsabilità dello Stato membro interessato non conformarsi ad un reclamo della Commissione e, ad esempio, non riscuotere a livello generale l'IVA. Una volta a conoscenza del reclamo, lo Stato può in linea di principio valutare quali obblighi derivano dalle direttive IVA ed agire di conseguenza.

94. Se però gli Stati membri non concordano con la Commissione, sulla base di opinioni sostenibili, sul fatto che determinate operazioni debbano o meno essere assoggettate ad IVA, l'elaborazione pratica della procedura di rettifica ed in particolare la sua applicazione da parte della Commissione potrebbero generare nel caso di specie conseguenze sproporzionate. Poiché la costituzione delle Comunità europee è quella di una comunità di diritto, gli Stati membri hanno in linea di principio il diritto a che, nell'ambito di una controversia vertente sul contenuto normativo delle direttive IVA, la Corte sia adita e si pronunci entro un termine adeguato.

95. Può darsi inoltre che gli Stati membri non riescano a risolvere da soli la questione quando il procedimento per inadempimento rimane, come nel caso di specie, alla fase precontenziosa. La Commissione non ha l'obbligo di agire in giudizio e lo Stato membro non può impugnare un parere motivato. L'insieme di tali fattori potrebbe indurre ad eludere il procedimento per inadempimento. Del resto, un siffatto atteggiamento della Commissione sarebbe in contrasto con lo spirito della procedura di rettifica.

96. Nel rapporto tra la Commissione e lo Stato membro si deve presumere che gli esercizi precedenti siano conclusi e non si apporti più alcuna rettifica.

97. Occorre anzitutto stabilire a quale periodo fa riferimento il ricorso della Commissione, che è unicamente volto a far dichiarare la violazione, senza indicare un periodo determinato. Per interpretare il ricorso proposto ci si deve basare sullo scopo manifesto della domanda di tutela di diritti, vale a dire che l'obiettivo del ricorso va determinato in conformità della sua motivazione.

98. Dalla lettera di diffida della Commissione del 20 aprile 1988, agli atti, emerge che le censure della Commissione riguardano il periodo dal 1984 fino al termine delle violazioni contestate. Si deve pertanto presumere che anche in sede di ricorso si faccia riferimento a tale periodo. Anche se la Commissione non ha intrapreso alcuna azione ulteriore riguardo agli anni successivi dal termine della fase precontenziosa fino al ricorso, si deve supporre che essa volesse porre fine alle violazioni ed ai relativi effetti per i periodi seguenti. Va pertanto esaminato fino a che punto gli esercizi a partire dal 1984 siano conclusi ed i relativi estratti annuali non possano più essere rettificati.

99. L'art. 9, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1553/89 stabilisce che dopo il 31 luglio del quarto anno che segue un dato esercizio (vale a dire 43 mesi) l'estratto annuale non può più essere rettificato. Pertanto l'estratto annuale relativo all'esercizio 1984 non poteva più essere rettificato dopo il 31 luglio 1988. Per gli anni successivi è valido un calcolo corrispondente. Di conseguenza, la Commissione non potrebbe più riscuotere risorse proprie.

100. Tuttavia è dubbio come debba essere intesa la deroga di cui all'art. 9, n. 2, seconda frase, dove, riguardo all'estratto annuale che non può più essere rettificato, si specifica: «(...) tranne che per i punti notificati prima di questa scadenza, dalla Commissione o dallo Stato membro interessato». Riguardo agli esercizi 1984-1990, i problemi su cui si fonda il presente ricorso e le interpretazioni giuridiche divergenti sono stati oggetto di discussione con l'Irlanda.

101. Ci sono molte ragioni per interpretare l'art. 9, n. 2, seconda frase, nel senso che una deroga al termine perentorio di 43 mesi è possibile soltanto se le parti si sono successivamente impegnate a risolvere i problemi sollevati. Se si pervenisse però ad una stasi del procedimento prolungata ed ingiustificata, sarebbe insensato ed inopportuno continuare ad applicare tale disposizione. Nel caso di specie negli anni 1990-1997 non si è svolto tuttavia tra le parti alcun dialogo sufficiente a condurre alla soluzione dei problemi. All'udienza la Commissione ha dichiarato, in risposta ad un quesito, di aver regolarmente richiamato l'attenzione degli Stati membri interessati sulla problematica relativa alle risorse proprie e di aver tenuto un dialogo continuo con gli Stati membri riguardo alla questione della riscossione dell'IVA . Ciò non può tuttavia essere considerato come sufficiente a raggiungere un accordo amichevole, in quanto le posizioni delle parti lo precludevano. Occorre inoltre considerare che non sarebbe comunque stata possibile una soluzione di compromesso a causa dell'«aut-aut» emergente dalla situazione giuridica.

102. Se lo scopo di tale disposizione è garantire una proroga in caso di fattispecie e problemi complessi, dovrebbe anche essere ravvisabile un tentativo delle parti di giungere ad una soluzione. In caso contrario la Commissione potrebbe eludere il termine di 43 mesi di cui alla prima frase contestando regolarmente gli estratti annuali degli Stati membri. Essa godrebbe così a tempo illimitato della possibilità di esaminare i fatti e di rimandare la chiusura degli esercizi ad un momento indeterminato. Tuttavia ciò non sarebbe auspicabile per motivi economici né compatibile con il principio della certezza del diritto. La Commissione potrebbe quindi, senza dover giustificare tale atto, eludere i presupposti di cui alla prima frase, che fissa la data di scadenza per la chiusura degli estratti annuali al 31 luglio del quarto anno che segue un dato esercizio.

103. Poiché la disposizione di cui all'art. 9, n. 2, non costituisce una norma di prescrizione, è irrilevante che lo Stato membro non abbia sollevato un'eccezione in tal senso. Soltanto i diritti sono soggetti a prescrizione. L'art. 9, n. 2, non attribuisce tuttavia alcun diritto, ma stabilisce solo i termini per le rettifiche degli estratti annuali.

104. Tali riflessioni consentono di supporre che l'Irlanda abbia maturato il legittimo affidamento, durante il lungo periodo intercorso tra la chiusura della fase precontenziosa del procedimento ed il ricorso, che la Commissione si sarebbe attenuta ai termini della procedura di rettifica.

105. Anche se si dovesse ritenere che già la fase precontenziosa del procedimento abbia provocato un'interruzione del decorso del termine, tale effetto non potrebbe comunque essere esteso al di là del citato termine di 43 mesi. Poiché tra l'ultima corrispondenza nell'ambito della fase precontenziosa del procedimento ed il ricorso intercorrono più di quattro anni - esattamente sette anni -, anche un'eventuale interruzione del termine ad opera della fase precontenziosa non sarebbe più rilevante.

106. A causa del legittimo affidamento e del principio generale della decadenza, unitamente al termine perentorio di 43 mesi per la possibilità di rettifica, la riscossione di contributi alle risorse proprie va pertanto limitata ai quattro anni che precedono il ricorso. Nel caso di specie ciò significa che, poiché il ricorso della Commissione dinanzi alla Corte è stato proposto il 21 ottobre 1997, gli esercizi a partire dal 1994 non sono ancora conclusi e continua ad essere possibile una rettifica .

107. Poiché la richiesta di versamento dei contributi alle risorse proprie in quanto tale non costituiva l'oggetto del ricorso, ma è una conseguenza indiretta della violazione del Trattato, nonostante la parziale decadenza dei termini - il che equivale implicitamente ad un successo parziale dell'Irlanda -, il ricorso non va respinto per la parte restante. Lo stesso dicasi per la decisione relativa alle spese.

VI - Sulle spese

108. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione ha chiesto di condannare l'Irlanda alle spese. Anche se la domanda di versamento di contributi alle risorse proprie è parzialmente decaduta, ciò non influisce sulla ripartizione delle spese, poiché tale domanda è soltanto una conseguenza della violazione accertata che non può essere fatta valere con il presente ricorso. Nel caso di specie l'oggetto della controversia è soltanto l'accertamento dell'inadempimento al Trattato. Poiché l'Irlanda è rimasta sostanzialmente soccombente, dev'essere condannata alle spese processuali.

VII - Conclusione

109. Per i suesposti motivi propongo pertanto alla Corte di pronunciarsi come segue:

«1) L'Irlanda, non avendo assoggettato ad IVA i pedaggi relativi all'utilizzo di strade e ponti a pagamento esistenti sul suo territorio, in contrasto con quanto stabilito dagli artt. 2 e 4 della sesta direttiva IVA del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, e non avendo versato alla Commissione i corrispondenti contributi alle risorse proprie, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tuttavia, la Commissione può riscuotere a posteriori le risorse proprie e rivendicare interessi moratori soltanto a partire dall'esercizio 1994.

2) L'Irlanda è condannata alle spese».