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62001C0168

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 24 settembre 2002. - Bosal Holding BV contro Staatssecretaris van Financiën. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Hoge Raad der Nederlanden - Paesi Bassi. - Libertà di stabilimento - Imposizione fiscale - Imposta sugli utili delle società - Limitazione della deducibilità in uno Stato membro dei costi relativi alla partecipazione di una società madre in società figlie stabilite in altri Stati membri - Coerenza del sistema fiscale. - Causa C-168/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-09409


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale lo Hoge Raad der Nederlanden sottopone alla Corte due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione del combinato disposto degli artt. 43 CE e 48 CE e della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (in prosieguo: la «direttiva sulle società madri e figlie»). Il giudice a quo chiede se tali disposizioni ostino ad una disposizione della legge olandese sull'imposta sulle società in forza della quale, nell'assoggettare ad imposta la società madre (o capogruppo), i costi relativi alla partecipazione in società figlie (con sede, nella fattispecie, in uno Stato membro) sono deducibili soltanto nel caso in cui siano indirettamente destinati al conseguimento di utili imponibili nei Paesi Bassi. Secondo la direttiva sulle società madri e figlie, gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire che i costi di partecipazione in una società figlia (o controllata) non siano (di norma) deducibili dall'utile della società madre.

II - Contesto giuridico

A - Normativa comunitaria

2. La direttiva sulle società madri e figlie è stata adottata con lo scopo di evitare che i raggruppamenti di società di Stati membri diversi siano intralciati da particolari restrizioni, svantaggi e distorsioni derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri, al fine di assicurare l'attuazione ed il buon funzionamento del mercato comune. Ciò dovrebbe realizzarsi per il tramite di norme fiscali che siano neutre nei riguardi della concorrenza ed instaurando un regime fiscale comune .

3. Il terzo considerando della direttiva così recita:

«considerando che le attuali disposizioni fiscali che disciplinano le relazioni tra società madri e società figlie di Stati membri diversi variano sensibilmente da uno Stato membro all'altro e sono, in generale, meno favorevoli di quelle applicabili alle relazioni tra società madri e società figlie di uno stesso Stato membro; che la cooperazione tra società di Stati membri diversi viene perciò penalizzata rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro; che occorre eliminare questa penalizzazione instaurando un regime comune e facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello comunitario».

4. L'art. 4 della direttiva sulle società madri e figlie dispone quanto segue:

«1. Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest'ultima, lo Stato della società madre:

- si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;

- o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell'imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l'importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell'articolo 5, nel limite dell'importo dell'imposta nazionale corrispondente.

2. Ogni Stato membro ha tuttavia la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall'utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l'importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia».

B - Normativa nazionale

5. La disposizione olandese sulla determinazione dell'utile delle società di partecipazione, contenuta nell'art. 13, n. 1, della Wet op de vennootschapsbelasting (legge sull'imposta sulle società) del 1969 (nella versione del 1993), prevede che:

«Nella determinazione dell'utile non vengono presi in considerazione i benefici derivanti da una partecipazione nonché i costi che si riferiscono ad una partecipazione, salvo che risulti che questi costi siano destinati indirettamente al conseguimento di utili imponibili nei Paesi Bassi (esenzione di partecipazioni). Tra i costi che si riferiscono ad una partecipazione vengono in ogni caso calcolati gli interessi e i costi di prestiti che sono stati contratti nei sei mesi precedenti l'acquisizione della partecipazione, salvo che risulti che i prestiti sono stati contratti per un fine diverso dall'acquisizione della partecipazione».

III - Fatti e procedimento principale

6. La Bosal Holding B.V., ricorrente nella causa principale (in prosieguo: la «Bosal»), è una società a responsabilità limitata con sede nei Paesi Bassi. Essa detiene diverse partecipazioni in società nazionali ed estere sia all'interno che al di fuori dell'Unione europea. Tali partecipazioni variano da un minimo del 50% ad un massimo del 100% del capitale. L'attività della Bosal consiste nella titolarità, nel finanziamento e nella concessione di licenze.

7. Nell'anno 1993 la Bosal ha sostenuto costi, sotto forma di interessi, per un importo pari a NLG 3 969 339 per finanziare le sue partecipazioni in società con sede al di fuori dei Paesi Bassi ma nell'ambito dell'Unione europea. La Bosal ha richiesto alle competenti autorità fiscali olandesi una detrazione di tale importo dal suo utile imponibile, sostenendo che l'art. 13 della legge olandese sull'imposta sulle società, laddove prevede che siano presi in considerazione per una detrazione solamente i costi di partecipazione indirettamente destinati all'acquisizione di utili imponibili nei Paesi Bassi, non è applicabile in quanto contrario all'art. 52 del Trattato CE (attualmente, in seguito a modifica, art. 43 CE).

8. L'avviso d'imposizione per l'anno 1993 ha negato la detrazione di tale importo. Sia il reclamo presentato contro di esso dalla Bosal che il ricorso presentato contro la relativa decisione di rigetto sono stati respinti. La Bosal ha, pertanto, presentato ricorso per cassazione.

IV - Questioni pregiudiziali

9. Lo Hoge Raad der Nederlanden, adito con ricorso per cassazione, sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se il combinato disposto degli artt. 52 e 58 del Trattato CE (attualmente, in seguito a modifica, combinato disposto degli artt. 43 e 48 CE) o qualsiasi altra norma di diritto comunitario si oppongano a che uno Stato membro conceda ad una società madre, assoggettata ad imposta in tale Stato membro, una detrazione degli oneri relativi ad una partecipazione da essa detenuta solo qualora la relativa società figlia consegua utili che sono assoggettati a imposta nello Stato membro di stabilimento della società madre.

2. Se per la soluzione della questione n. 1 abbia incidenza il fatto che il relativo Stato membro, nel caso in cui la società figlia sia assoggettata, in tale Stato membro, ad imposta sugli utili e la società madre non lo sia, tenga conto o meno degli oneri indicati nella riscossione di imposte presso la società figlia».

10. Con riguardo alle questioni pregiudiziali, l'attrice Bosal, i Paesi Bassi, la Commissione, nonché il Regno Unito hanno presentato alla Corte le proprie osservazioni.

V - Analisi giuridica

A - Sulla prima questione pregiudiziale

1) Argomenti delle parti

11. Tranne la Bosal, tutte le parti ritengono che l'art. 13, n. 1, della Wet op de vennootschapsbelasting olandese non sia contraria al diritto comunitario o perché la disposizione non costituirebbe una restrizione alla libertà di stabilimento oppure perché tale restrizione sarebbe, comunque, giustificata.

12. Secondo la Bosal, la normativa olandese ostacolerebbe in maniera inammissibile l'esercizio della libertà di stabilimento sotto forma di acquisizione di società figlie. La non deducibilità dei costi di partecipazione comporterebbe, de jure, una doppia imposizione. La colpa non sarebbe imputabile alla mancanza di armonizzazione, dato che gli svantaggi fiscali che ne risultano sussisterebbero anche nel caso in cui tutti gli Stati adottassero una disciplina come quella olandese.

13. Uno Stato membro potrebbe avvalersi della facoltà concessa dalla direttiva di dichiarare non deducibili i costi di partecipazione solo a condizione che ciò valesse per tutti i tipi di costi di partecipazione e non esclusivamente per le partecipazioni estere. Pertanto, la precedente legge del 1942, la Besluit Vennootschapsbelasting, che non attribuiva alcuna possibilità di detrazione, non sarebbe stata discriminatoria. Come emergerebbe dai lavori preparatori, gli emendamenti contenuti nella legge del 1969 sarebbero stati adottati per evitare che gli effetti indesiderati del divieto internazionale della doppia imposizione si ripercuotessero sul bilancio dei Paesi Bassi.

14. I Paesi Bassi avrebbero adottato tale normativa unicamente per timore di un minore gettito fiscale e di abusi. Una giustificazione fondata sul principio della coerenza sarebbe esclusa dalla mancanza di un nesso diretto tra la deducibilità dei costi di partecipazione sostenuti dalla società madre e gli utili imponibili della società figlia, non costituendo la società madre e figlia un'unità fiscale. Inoltre, il principio della coerenza fiscale non troverebbe applicazione uniforme nel sistema olandese.

15. Secondo il governo olandese, dalla disposizione nazionale non deriverebbe alcuna restrizione alla libertà di stabilimento. Ciò emergerebbe già dal fatto che essa sarebbe conforme all'art. 4, n. 2, della direttiva sulle società madri e figlie, dato che ai sensi di quest'ultima disposizione gli Stati potrebbero persino stabilire che i costi di partecipazione siano non deducibili senza eccezioni.

16. Peraltro, non sussisterebbe alcuna discriminazione fondata sula forma giuridica o sulla sede. La legislazione nazionale non farebbe riferimento alla normativa in base alla quale le società figlie sono state costituite ed apporterebbe vantaggi anche alle società madri di società figlie stabilite all'estero, a meno che gli utili di queste non siano assoggettati ad imposta nei Paesi Bassi. La questione della deducibilità dei costi di partecipazione dipenderebbe esclusivamente dal nesso necessario tra i costi sostenuti dalla società madre per l'acquisizione di una partecipazione e l'utile imponibile della società acquisita. Le società figlie che conseguono i propri utili nei Paesi Bassi non sarebbero paragonabili a quelle per le quali ciò non avviene.

17. L'esenzione della partecipazione eviterebbe la doppia imposizione a livello sia nazionale che internazionale e sarebbe conforme al principio tributario della territorialità. La normativa nazionale mirerebbe ad allineare il regime fiscale delle controllate a quello delle succursali.

18. La restrizione alla libertà di stabilimento non risulterebbe dal sistema fiscale olandese, bensì dal fatto che lo Stato di stabilimento della società figlia non consente la detrazione dei costi di partecipazione sostenuti dalla società madre. Tuttavia, le divergenze negli ordinamenti giuridici nazionali non rappresenterebbero alcuna restrizione alla libertà di stabilimento.

19. Ammettendo, tuttavia, che vi sia una restrizione alla libertà di stabilimento, questa sarebbe giustificata dal principio, riconosciuto dalla Corte, della coerenza del regime fiscale. Il necessario nesso diretto tra l'agevolazione fiscale e l'imposizione sarebbe rinvenibile nella dipendenza della deducibilità dei costi dagli utili imponibili nei Paesi Bassi. A tal riguardo, entrambe le società, soggetti passivi d'imposta indipendenti l'uno dall'altro, dovrebbero essere considerate come consolidate.

20. Le presunte incongruenze di tale sistema fiscale, quali l'indipendenza dagli utili effettivamente conseguiti dalla società figlia e la non deducibilità dei costi nel caso di semplice conseguimento di utili da parte della società figlia, non diminuirebbero in linea di principio la coerenza di detto regime. Al fine di garantire tale coerenza sarebbe stato scelto il mezzo più corrispondente al principio di proporzionalità. Questo dovrebbe essere visto nella rinuncia da parte dei Paesi Bassi ad assoggettare ad imposta gli utili realizzati all'estero nell'ambito di un gruppo di società.

21. Inoltre, se una generale deducibilità dei costi di partecipazione fosse consentita, ne conseguirebbe chiaramente una riduzione del gettito fiscale nei Paesi Bassi. Ed è proprio per questa ragione che nessun altro Stato membro adotta un regime simile senza imporre, altrove, un prelievo fiscale.

22. Secondo il governo britannico la disposizione olandese sarebbe giustificata dai principi della coerenza e della territorialità. Tale disposizione assicurerebbe un chiaro nesso tra la deducibilità dei costi e l'imposizione degli utili nei Paesi Bassi. Si tratterebbe di un classico caso di applicazione del principio della coerenza, sancito dalla Corte nella sentenza Bachmann . Se si rinunciasse all'esenzione delle partecipazioni, ne conseguirebbe una doppia imposizione significativa. La disposizione olandese sarebbe conforme alla direttiva sulle società madri e figlie, la quale riveste unicamente un carattere autorizzatorio, nel senso che, pur consentendo agli Stati membri di stabilire la non deducibilità dei costi di partecipazione, essa non si oppone, tuttavia, a che gli Stati membri l'ammettano esclusivamente in casi determinati.

23. La Commissione sostiene una tesi differente, basandosi sul presupposto secondo cui la normativa olandese sull'imposizione fiscale delle società madri sarebbe in linea di principio compatibile con la libertà di stabilimento. Formalmente non sussisterebbe alcuna discriminazione, dato che i costi relativi alla partecipazione in controllate con sede nel territorio nazionale o all'estero sarebbero sempre deducibili a condizione che esse realizzino utili imponibili nei Paesi Bassi. Vero è, però, che normalmente le controllate estere non realizzano utili sul territorio nazionale, così che tale condizione potrebbe sortire un effetto restrittivo. Tuttavia, la normativa olandese non escluderebbe completamente la detrazione dei costi di partecipazione per le controllate estere, dato che, per esempio, una detrazione sarebbe ammissibile qualora la controllata gestisse, per conto proprio, un centro di attività stabile nei Paesi Bassi. In definitiva, la Commissione ritiene che vi sia un ostacolo alla libertà di stabilimento.

24. Tuttavia, in qualche modo la detrazione degli interessi sul finanziamento dovrebbe essere consentita, al fine di determinare la giusta base imponibile secondo il principio della deducibilità. Il problema consisterebbe nel fatto che spesso non vi sarebbe affatto la possibilità di detrarre i costi: la società figlia non li ha distribuiti e la società madre non li può detrarre dagli utili versati dalla società figlia, in quanto, per evitare la doppia imposizione, la maggior parte degli Stati non riscuote le imposte una seconda volta.

25. Nell'ipotesi in cui, nell'assoggettare ad imposta la società madre, venissero presi in considerazione i costi di partecipazione, in base al fatto che questi ultimi apparterrebbero ai suoi debitori secondo il diritto civile, emergerebbero due problemi: lo Stato in cui ha sede la controllata calcolerebbe le imposte sulla base di un importo eccessivo, poiché tasserebbe l'utile della controllata senza prendere in considerazione i costi di partecipazione che avrebbero determinato tale utile. D'altra parte, lo Stato membro della società madre riscuoterebbe meno imposte. Ciò non potrebbe essere sancito quale regola dal diritto comunitario.

26. In questo contesto il modello olandese sarebbe ammissibile. Esso corrisponderebbe al principio della territorialità e costituirebbe la conseguenza logica dell'enunciato «lo Stato degli utili». Esso corrisponderebbe, quindi, alla prima facoltà prevista nella direttiva sulle società madri e figlie, vale a dire la facoltà di stabilire l'assoluta non deducibilità dei costi di partecipazione, con la conseguenza che questi ultimi dovrebbero essere detratti nello Stato di stabilimento della società figlia. Le incongruenze accertate nel sistema fiscale olandese, altrimenti coerente, sarebbero irrilevanti nella misura in cui operano indistintamente.

27. Tuttavia, una violazione dell'art. 43 CE consisterebbe nel fatto che la legislazione fiscale olandese, nel caso inverso di una società figlia che realizzi utili nei Paesi Bassi, non consentirebbe la detrazione dei costi di partecipazione sostenuti dalla società madre stabilita all'estero. Ciò, però, non costituisce l'oggetto della controversia.

2) Analisi

28. Secondo tutte le parti, eccetto la Bosal, l'art. 13, n. 1, dell'olandese Wet op de vennootschapsbelasting del 1969 non comporta alcuna restrizione alla libertà di stabilimento e, comunque, una siffatta restrizione sarebbe quanto meno giustificata.

29. Occorre, in seguito, accertare se tale tesi sia conforme alla libertà di stabilimento ed alla giurisprudenza della Corte ad essa relativa. Sebbene la materia delle imposte dirette rientri nella competenza degli Stati membri, tuttavia questi ultimi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario, astenendosi da qualsiasi discriminazione, palese o dissimulata, basata sulla cittadinanza o sulla sede .

30. L'art. 43 CE è una disposizione fondamentale del diritto comunitario ed è direttamente applicabile negli Stati membri fin dalla scadenza del periodo transitorio. In forza di questa disposizione, la libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini. L'abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento si estende anche alle restrizioni alla costituzione di agenzie, di succursali o di affiliate .

31. Ai sensi dell'art. 43, secondo comma, CE la libertà di stabilimento trova applicazione fatte salve le disposizioni relative alla libera circolazione dei capitali. In base al tenore letterale dell'art. 43, secondo comma, CE, la distinzione tra le due libertà consiste nella possibilità di gestire imprese. Nell'accertare se una partecipazione è connessa alla gestione dell'impresa, l'estensione della partecipazione è particolarmente rilevante. In ogni caso, in presenza di una partecipazione sostanziale, vi è un controllo . Poiché la Bosal detiene partecipazioni da un minimo del 50% fino ad un massimo del 100% del capitale, essa esercita un'influenza corrispondente. Ne consegue che la Bosal rientra nell'ambito di applicazione della libertà di stabilimento.

32. La libertà di stabilimento esplica effetti in due direzioni: da un lato, nei confronti dello Stato membro ospitante e, dall'altro lato, anche nei confronti dello Stato d'origine, vale a dire, nel caso di specie, dei Paesi Bassi. A tal proposito, la Corte ha più volte dichiarato che, sebbene le disposizioni relative alla libertà di stabilimento, così come formulate, mirino ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato d'origine ostacoli lo stabilimento in altro Stato membro di un proprio cittadino o di società costituite secondo la propria legislazione e corrispondenti alla definizione dell'art. 48 CE .

33. Il principio della libertà di stabilimento, sancito all'art. 43 CE, esclude anzitutto qualsiasi discriminazione diretta ed indiretta basata sulla cittadinanza. Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro d'attività principale all'interno della Comunità sono equiparate dall'art. 48 CE alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.

34. Per le società, la sede serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato . Pertanto, le eventuali restrizioni alla libertà di stabilimento non potrebbero applicarsi differentemente a seconda della sede della società interessata. Ciò vale non soltanto per le discriminazioni palesi sulla base della sede, ma altresì per qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato .

35. La disposizione fiscale nazionale di cui all'art. 13, n. 1, della Wet op de vennootschapsbelasting non sancisce né direttamente né indirettamente alcuna distinzione in base alla sede della società madre, dato che detta disposizione concerne esclusivamente società madri aventi sede nei Paesi Bassi. Infatti, in virtù del principio di territorialità, rientrano nella giurisdizione fiscale di uno Stato soltanto i contribuenti residenti sul territorio nazionale. Per quanto riguarda la questione di una discriminazione sulla base della sede, soltanto la sede della società madre e non quella della società figlia è rilevante nel caso di specie, dato che nella causa a qua solamente la società madre, quale soggetto passivo d'imposta, potrebbe rientrare nell'ambito di applicazione di una normativa forse discriminatoria.

36. Tuttavia, non sussiste alcuna discriminazione sulla base della cittadinanza o della sede, in quanto la normativa olandese si applica a tutte le società madri stabilite nei Paesi Bassi.

37. La normativa nazionale potrebbe, però, ostacolare l'esercizio della libertà di stabilimento anche in un altro modo. Infatti, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l'art. 43 CE osta a qualsiasi normativa nazionale che seppure si applichi senza discriminazioni in base alla cittadinanza, possa ostacolare o scoraggiare l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE da parte dei cittadini comunitari, compresi quelli dello Stato membro che ha adottato la normativa stessa .

38. Rientra, altresì, in tale divieto di restrizione ogni disparità di trattamento sancita da norme nazionali, essendo idonea a scoraggiare l'esercizio di una libertà fondamentale da parte di colui che a causa di tale disparità di trattamento si trova nella posizione più sfavorevole.

39. A questo punto, emerge alla luce della giurisprudenza della Corte un problema terminologico, il quale ha, altresì, effetti pratici. In molte sentenze della Corte in materia fiscale si rinviene la formula seguente:

«Secondo una costante giurisprudenza, una discriminazione consiste nell'applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell'applicazione della stessa norma a situazioni diverse» .

40. In virtù di tale formula si ha l'impressione che ogni disparità di trattamento e, quindi, restrizione, risultante dall'applicazione di un qualsiasi criterio, costituisca una (effettiva) discriminazione. D'altra parte, secondo la giurisprudenza, talune restrizioni possono, comunque, essere giustificate da motivi imperiosi di interesse pubblico solo se si applicano in modo non discriminatorio . Di conseguenza, una disparità di trattamento non potrebbe mai essere giustificata da motivi imperiosi di interesse pubblico. Il che, a causa dell'espressa ammissibilità di una tale giustificazione, costituisce di per sé una contraddizione.

41. Tale contraddizione può essere risolta soltanto nel modo seguente: con la formula citata al paragrafo 37 non potrebbero intendersi soltanto le discriminazioni effettive basate sulla cittadinanza, bensì anche altre disparità di trattamento che rappresentano un ostacolo alla libertà di stabilimento. Discriminazioni effettive - con la conseguenza che queste ultime possono essere giustificate esclusivamente dalle deroghe espressamente contemplate dal Trattato, come gli artt. 45 CE e 46 CE per la libertà di stabilimento - sono possibili esclusivamente sulla base di una differenziazione fondata sulla cittadinanza e sulla sede. Le disparità di trattamento basate su altri criteri possono essere giustificate, al pari di altri ostacoli, da motivi imperiosi di interesse pubblico.

42. In seguito, nell'analizzare un'ulteriore restrizione alla libertà di stabilimento da parte della normativa nazionale, occorre rinunciare, per evitare equivoci, al termine discriminazione e riferirsi unicamente alla disparità di trattamento.

43. Oltre ad esimere da imposizione gli utili conseguiti dalle controllate conformemente all'art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva sulle società madri e figlie, l'art. 13, n. 1, dell'olandese Wet op de vennootschapsbelasting prevede sostanzialmente che, nella determinazione della base imponibile, i costi relativi ad una partecipazione non possono essere detratti dagli utili imponibili. Questa disposizione basilare è neutra e non comporta alcuna disparità di trattamento, in quanto lo svantaggio fiscale connesso alla non deduciblità colpisce allo stesso modo tutte le società madri che acquisiscono partecipazioni. Del resto, l'art. 4, n. 2, della direttiva sulle società madri e figlie consente espressamente agli Stati membri l'adozione di una disposizione simile.

44. Tuttavia, la disposizione assume un altro significato alla luce dell'eccezione in essa prevista. Infatti, lo svantaggio fiscale della non deducibilità non colpisce quelle società i cui costi di partecipazione sono indirettamente destinati all'acquisizione di utili imponibili nei Paesi Bassi. In termini affermativi, ciò vuol dire che le società madri che rientrano in tale ipotesi ottengono un vantaggio fiscale sotto forma di una riduzione della loro base imponibile mediante la detrazione, loro consentita, dei costi di partecipazione. La concessione di tale vantaggio fiscale scoraggia l'esercizio della libertà di stabilimento mediante l'acquisizione di società figlie che realizzino i loro utili unicamente all'estero, con la conseguenza che le società madri potrebbero essere indotte a rinunciare ad una tale acquisizione in favore di acquisizioni sul territorio nazionale.

45. Come stabilito dalla Corte nelle sentenze Asscher e Baars , anche la negazione di un solo vantaggio fiscale può costituire una restrizione alla libertà di stabilimento.

46. Tuttavia, il governo olandese sostiene che la normativa nazionale non è discriminatoria, in quanto opererebbe una distinzione non in base alla sede della controllata, bensì in base al criterio della realizzazione nei Paesi Bassi di utili imponibili. Inoltre, tale normativa sarebbe conforme al principio della territorialità, in virtù del quale rientrerebbero nella giurisdizione fiscale di ogni Stato esclusivamente gli utili conseguiti sul suo territorio.

47. Tuttavia, entrambi gli argomenti, considerati insieme, dimostrano che una società figlia può conseguire nei Paesi Bassi utili imponibili soltanto se essa ha la propria sede o, quanto meno, un centro di attività stabile nei Paesi Bassi. In virtù del principio della territorialità, gli utili sono assoggettati ad imposta esclusivamente nello Stato dove la società ha la propria sede. Inoltre, ai sensi dell'art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva sulle società madri e figlie, gli utili delle società figlie stabilite in altri Stati membri, le quali, in base a disposizioni contrattuali, versano i loro utili, ivi già tassati, alla società madre sul territorio nazionale, sono esenti da un'ulteriore imposizione sul territorio nazionale. Quindi, i costi relativi alla partecipazione in società figlie stabilite in altri Stati membri non possono, in linea di principio, servire indirettamente a conseguire utili imponibili nei Paesi Bassi.

48. Ciò sarebbe possibile soltanto nel caso in cui la società figlia, stabilita all'estero, gestisse per conto proprio centri di attività stabili nei Paesi Bassi. Tuttavia, anche in quest'ultimo caso la sede sul territorio nazionale quanto meno di alcune parti della società figlia costituisce il criterio decisivo su cui si basa una disparità di trattamento della società madre.

49. Del resto, non è così rilevante determinare con esattezza se la normativa in questione operi una distinzione in base alla sede della società figlia oppure in base al luogo di realizzazione degli utili, poiché, nella fattispecie, la sede, diversamente dall'ipotesi di discriminazione effettiva, non è il criterio decisivo. Restrizioni ulteriori all'esercizio transfrontaliero di un'attività imprenditoriale possono risultare, altresì, dalla disparità di trattamento basata su altri criteri.

50. Al fine di giustificare la disparità di trattamento, il governo olandese sostiene che le società figlie stabilite nei Paesi Bassi e quelle stabilite all'estero si troverebbero in una situazione oggettivamente non paragonabile. Tuttavia, come già stabilito nelle considerazioni che precedono, la sede delle società figlie è irrilevante nella fattispecie, essendo le società madri e non le società figlie assoggettate alla legislazione fiscale controversa. In seguito all'acquisizione di una partecipazione, le società madri versano ogni volta in una situazione oggettivamente paragonabile dal punto di vista dell'imposizione sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatto che la società acquisita abbia la propria sede nei Paesi Bassi oppure in un altro Stato membro.

51. Nella sentenza Metallgesellschaft e Hoechst , relativa ad un caso inverso a quello di cui trattasi nella causa a qua - vale a dire un caso in cui la controllata è assoggettata all'imposta nazionale, mentre la società madre ha la propria sede sul territorio nazionale, oppure all'estero - la Corte ha stabilito che la sede della società madre non può determinare una disparità di trattamento fiscale della controllata.

52. Nella sentenza X AB e Y AB la Corte si è pronunciata su un caso paragonabile a quello qui in oggetto. La Corte ha ivi espressamente stabilito che una distinzione basata sulla sede della controllata, ai fini della concessione di un'agevolazione fiscale, costituisce una disparità di trattamento inammissibile nell'ambito della libertà di stabilimento:

«Va osservato al riguardo che la legislazione di cui trattasi nella causa principale nega alle società svedesi che si siano servite della propria libertà di stabilimento per creare consociate in altri Stati membri il diritto di beneficiare di determinate agevolazioni fiscali in caso di trasferimenti finanziari intragruppo di tipo C.

Infatti, una legislazione di questo tipo sancisce una disparità di trattamento tra diversi tipi di trasferimento finanziario all'interno di un gruppo basandosi sul criterio della sede delle consociate. In assenza di giustificazione, questa disparità di trattamento è contraria alle disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento (...)».

53. Di conseguenza, non resta che accertare se la disparità di trattamento sia giustificata alla luce delle disposizioni del Trattato. Le parti hanno fatto valere principalmente due motivi di giustificazione: da un lato, le disposizioni della stessa direttiva sulle società madri e figlie e, dall'altro lato, la coerenza del sistema fiscale olandese, quale motivo imperioso di interesse pubblico. In connessione con quest'ultimo sono stati addotti, insieme al principio di territorialità, alla necessità di evitare la doppia imposizione e di preservare l'integrità della base imponibile, tre ulteriori motivi.

54. Poiché la direttiva sulle società madri e figlie prevede che gli Stati membri possano negare la deducibilità, senza eccezioni, dei costi di partecipazione, la stessa direttiva, secondo alcune parti, può fornire un motivo di giustificazione per la normativa olandese. In certo qual modo, la direttiva stabilirebbe che gli Stati membri possano negare la deducibilità solo parzialmente. Occorre, pertanto, verificare se tale considerazione sia conforme al contenuto ed alla ratio della direttiva sulle società madri e figlie.

55. Alla luce dei suoi considerando, la direttiva mira a promuovere, nell'interesse del mercato interno, cui appartiene la libertà di stabilimento, i raggruppamenti di società di Stati membri diversi. D'altra parte, la direttiva tiene conto degli interessi degli Stati membri al mantenimento del loro gettito fiscale, come emerge dalle eccezioni previste per alcuni Stati nel quinto considerando e dal terzo considerando, citato al paragrafo 3. In quest'ultimo considerando il legislatore comunitario rileva che - al fine di mantenere il gettito fiscale di ciascuno Stato - le disposizioni fiscali nazionali applicabili ai raggruppamenti di società all'interno di uno stesso Stato membro sono, in generale, più favorevoli di quelle applicabili ai raggruppamenti di società di Stati membri diversi. Di conseguenza, le disposizioni della direttiva possono essere considerate come risultato di un bilanciamento, effettuato dal legislatore comunitario, tra gli interessi degli Stati membri al mantenimento del loro gettito fiscale, da un alto, e le esigenze del mercato comune e del mercato interno, dall'altro.

56. Uno degli elementi essenziali della direttiva consiste nella non imposizione degli utili distribuiti dalle società figlie alle società madri. Ciò emerge dal fatto che tale disposizione è sancita non solo nell'art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva, bensì già nel quarto considerando della stessa. Per compensare in qualche modo la rinuncia ad un certo gettito fiscale, richiesta agli Stati membri, il legislatore comunitario ha concesso loro all'art. 4, n. 2, della direttiva la possibilità - che per le società costituisce uno svantaggio fiscale - di negare in generale la detrazione fiscale dei costi di partecipazione.

57. Dal primo considerando della direttiva, in virtù del quale i raggruppamenti di società non debbono, in sostanza, essere intralciati da restrizioni, svantaggi e distorsioni derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri, consegue che agli Stati membri non devono essere concesse ulteriori possibilità di restrizione oltre a quella espressamente stabilita. Inoltre, le disposizioni della direttiva devono essere interpretate in modo restrittivo, tenuto conto anche del fatto che essa costituisce già il risultato di un contemperamento di interessi.

58. La direttiva consente agli Stati membri di stabilire che i costi di partecipazione non siano in generale deducibili, senza prevedere, a tal riguardo, alcuna eccezione. Di conseguenza essa non può fornire alcuna giustificazione per l'eccezione che prevede una deducibilità parziale in funzione degli utili conseguiti sul territorio nazionale. Nel caso contrario, cioè qualora la direttiva prevedesse una simile eccezione, sarebbe necessario accertare se la direttiva stessa non fosse in contrasto con la libertà di stabilimento, quale disposizione di rango superiore sancita dal Trattato.

59. La normativa olandese non è, pertanto, conforme alla disposizione di cui all'art. 4, n. 2, della direttiva.

60. Quale ulteriore motivo di giustificazione essenziale per la disparità di trattamento fiscale è stato addotto il principio della coerenza del regime fiscale. Nelle sentenze Bachmann e Commissione/Belgio e a partire da queste nella sua costante giurisprudenza, la Corte ha richiesto, quale condizione per accogliere tale motivo di giustificazione, la sussistenza, nell'ambito di una stessa imposta, di un nesso diretto tra la concessione di un vantaggio fiscale e la compensazione di tale vantaggio con un prelievo fiscale.

61. A tal proposito, nella sentenza Verkooijen la Corte ha stabilito al punto 57 che:

«Infatti, nelle citate cause Bachmann e Commissione/Belgio esisteva, trattandosi di un solo e stesso contribuente, un legame diretto tra la concessione di un vantaggio fiscale e la compensazione di tale vantaggio con un prelievo fiscale, effettuati nell'ambito di una stessa imposta (...)».

62. Come sottolineato dalla Corte anche nella sentenza Baars , «non sussiste» un nesso diretto e, quindi, la necessità di preservare la coerenza del regime fiscale quando si tratta di «contribuenti diversi».

63. Il regime fiscale olandese collega il vantaggio fiscale concesso alla società madre, sotto forma di deducibilità dei costi di partecipazione, alla possibilità di assoggettare la società figlia ad un prelievo fiscale. Secondo i governi olandese e britannico, su questo nesso si basa la coerenza del sistema fiscale.

64. A tal proposito, ci si dimentica, però, che le società madri e figlie - diversamente dalle succursali e dai centri di attività stabili - sono persone giuridiche tra loro distinte, aventi ciascuna la propria personalità giuridica. Esse sono assoggettate ad imposta separatamente. Diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione e dai Paesi Bassi, esse non devono considerarsi, ai fini dell'imposizione fiscale, come un'entità consolidata. La differenza, che a tal proposito sussiste rispetto alle società con centri di attività stabile, è giustificata già dal fatto che, mentre una società è responsabile anche per i propri centri di attività, la società madre non risponde allo stesso modo per le perdite subite dalla propria controllata.

65. Manca, pertanto, il criterio, richiesto dalla Corte, dell'esistenza di un nesso diretto nell'ambito di un'unica imposta. Il nesso tra i costi sostenuti da un contribuente ed il prelievo fiscale posto a carico di un altro contribuente non può costituire un sistema coerente.

66. Nemmeno il principio tributario della territorialità, sancito dalla Corte nella sentenza Futura Participations e Singer , può essere addotto, nella fattispecie, a sostegno della coerenza del sistema. I fatti su cui si fonda tale sentenza non sono paragonabili ai fatti della causa a qua. Il primo caso concerneva un centro di attività stabile di una società estera, assoggettata ad imposta sul territorio nazionale. Nella riscossione delle imposte sul territorio nazionale, la legislazione lussemburghese richiedeva, per il riporto delle perdite, gli utili propri del centro di attività stabile ad esse connessi.

67. Ciò corrisponde al principio della territorialità, in forza del quale nell'assoggettare ad imposta un contribuente, che esercita un'attività economica sul territorio nazionale, (possono) essere presi in considerazione soltanto gli utili e le perdite da esso conseguiti sul territorio nazionale. Tuttavia, il sistema olandese, nell'assoggettare ad imposta un contribuente, per la deducibilità dei costi di partecipazione esige che un altro contribuente, vale a dire la società figlia, da tenere distinta dalla società madre, realizzi utili nei Paesi Bassi. Dal principio di territorialità non si può dedurre, però, che gli utili e le perdite di soggetti passivi diversi debbano compensarsi gli uni con gli altri.

68. Inoltre, la coerenza del sistema è assicurata dalla direttiva sulle società madri e figlie. Quale vantaggio fiscale per le società madri, l'art. 4, n. 1, della direttiva prevede l'esenzione da imposta degli utili versati dalle società figlie. Per compensare tale vantaggio, l'art. 4, n. 2, della direttiva prevede, quale prelievo fiscale a carico delle società madri, che i costi di partecipazione che hanno determinato tale utile possano essere dichiarati non deducibili.

69. La disposizione di cui all'art. 4 della direttiva evita una doppia imposizione senza svantaggiare, contrariamente a quanto avviene nel sistema fiscale olandese, le società madri con società figlie all'estero per quanto riguarda la deducibilità dei costi. Nell'art. 13 della Wet op de vennootschapsbelasting il legislatore olandese è riuscito ad evitare la doppia imposizione mediante l'esenzione da imposta dei costi di partecipazione - ciò che corrisponde al caso di base di cui all'art. 4 della direttiva -, per cui, nella determinazione dell'utile della società madre, non vengono presi in considerazione né i benefici né i costi relativi ad una partecipazione. L'ulteriore parte della normativa olandese, che favorisce unilateralmente le società madri con controllate nazionali, non ha invece alcun nesso con la necessità di evitare la doppia imposizione.

70. In seguito, il governo olandese ritiene che tale normativa sia giustificata dal suo obiettivo di evitare una riduzione del gettito fiscale. A tal proposito, la Corte ha più volte stabilito che la riduzione di entrate fiscali non rientra fra i motivi enunciati all'art. 46 CE e non può essere considerata come un motivo imperioso di interesse generale che possa essere fatto valere per giustificare una disparità di trattamento in linea di principio incompatibile con l'art. 43 CE .

71. D'altra parte, una disposizione intesa a ridurre il carico fiscale solo a favore di singoli produce uno svantaggio, il che non può essere giustificato dall'obiettivo di preservare il gettito fiscale. Ai Paesi Bassi è consentito di negare in tutti i casi, conformemente all'art. 4, n. 2, della direttiva sulle società madri e figlie, la detrazione fiscale dei costi di partecipazione. Così, invece di diminuire, il gettito fiscale aumenta. Su richiesta della Corte, la Commissione ha fatto presente nella sua risposta scritta del 14 giugno 2002 che, per esempio, anche l'Austria ha una normativa corrispondente.

72. In conclusione, la parità di trattamento dei gruppi di società nazionali e transfrontalieri da parte del legislatore olandese è il presupposto per un sistema fiscale conforme al diritto comunitario. Che poi il legislatore olandese stabilisca, al riguardo, che i costi di partecipazione possano essere o meno detratti - senza eccezioni - dall'utile della società madre, è una facoltà concessa dall'art. 4, n. 2, della direttiva sulle società madri e figlie.

73. Occorre sottolineare, ancora una volta, che il legislatore comunitario ha accettato che i costi di partecipazione non vengano presi in considerazione nella riscossione di imposte né presso la società madre né presso la società figlia. Infatti, la direttiva, nel consentire espressamente agli Stati membri di escludere la detrazione per le società madri, non prevede, però, che in questo caso i costi possano essere computati dalla società figlia.

74. Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione nel senso che il combinato disposto degli artt. 43 CE e 48 CE ostano ad una disposizione nazionale che prevede che uno Stato membro conceda ad una società madre, assoggettata ad imposta in tale Stato membro, una detrazione dei costi relativi ad una partecipazione da essa detenuta solo qualora la relativa società figlia consegua utili che sono assoggettati ad imposta nello Stato membro di stabilimento della società madre.

B - Sulla seconda questione pregiudiziale

1) Argomenti delle parti

75. Secondo la Bosal, la coerenza interna del regime fiscale nazionale aumenterebbe ad ogni modo se i Paesi Bassi - nel caso in cui la società figlia fosse assoggettata ad imposta sugli utili e la società madre, invece, non lo fosse - prendessero in considerazione, nell'assoggettare ad imposta la società figlia, i costi di partecipazione sostenuti dalla società madre.

76. Secondo il governo olandese, la seconda questione non si pone, in quanto il caso di specie non riguarderebbe una società figlia che richiede la detrazione dei costi relativi al proprio utile, bensì una società madre. La prima e la seconda questione dovrebbero essere risolte indipendentemente l'una dall'altra, non essendo paragonabili le situazioni cui esse di volta in volta si riferiscono. Ai Paesi Bassi non potrebbe essere addossata la responsabilità di impedire ogni doppia imposizione, dato che per il caso cui si riferisce la seconda questione sarebbe competente lo Stato della società madre estera. Il problema risulterebbe dalle divergenze esistenti nei sistemi fiscali e dall'armonizzazione non ancora realizzata, sebbene desiderabile.

77. Secondo il governo britannico, la soluzione della seconda questione è irrilevante per determinare se la normativa olandese sia giustificata dal principio della coerenza.

78. La Commissione ritiene che, contrariamente alla normativa attuale, i Paesi Bassi dovrebbero consentire anche una detrazione dei costi di partecipazione sostenuti da una società madre estera dall'utile imponibile di una società figlia ivi stabilita. Ciò, però, non avrebbe alcuna incidenza per la soluzione della prima questione. Peraltro, questa parte della normativa non sarebbe stata contestata dalla Bosal nella causa a qua.

2) Analisi

79. Con riguardo alla prima questione è stato accertato che l'elemento essenziale della normativa olandese, vale a dire il generale diniego della deducibilità dei costi di partecipazione, costituisce una regola coerente, consentita anche dalla direttiva sulle società madri e figlie. Unicamente l'eccezione prevista nella disposizione, in forza della quale un vantaggio fiscale è concesso alle società madri con società figlie che realizzano utili nei Paesi Bassi, fa venir meno la coerenza del sistema, svantaggiando le società madri con società figlie estere.

80. Tale svantaggio potrebbe essere compensato dalla concessione di un vantaggio fiscale alle società figlie di società madri estere solo a condizione che vi fosse un nesso diretto tra tale vantaggio fiscale ed il prelievo fiscale a carico delle società madri svantaggiate. Come già accertato, un nesso simile non sussiste nemmeno tra l'imposizione applicata ad una società madre e quella applicata alla propria società figlia, trattandosi di persone giuridiche distinte. Ora, meno che mai, quindi, può essere stabilito il nesso richiesto tra una società madre stabilita sul territorio nazionale e le società figlie di un'altra società madre estera.

81. Indipendentemente da ciò, la Corte ha già più volte dichiarato che un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere giustificato dall'esistenza di altri vantaggi fiscali, anche supponendo che tali vantaggi esistano .

82. La disposizione che prevede la detrazione presso le società figlie dei costi di partecipazione potrebbe integrare il sistema della direttiva sulle società madri e figlie unicamente nel caso in cui la deducibilità di tali costi - in qualche modo - fosse considerata desiderabile. Al fine di assicurare una parità di trattamento sarebbe, tuttavia, necessario che ciò fosse reso possibile in modo uniforme a livello comunitario. Secondo le informazioni fornite dalla Bosal nel procedimento, ciò non si verifica, quanto meno negli Stati membri nei quali la Bosal detiene le proprie controllate, vale a dire in Belgio, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Germania, Danimarca, Spagna e Italia.

83. Tuttavia, una simile normativa a livello comunitario non potrebbe avere alcuna incidenza sull'accertata disparità di trattamento di società madri con società figlie estere, operata dalla normativa olandese. Inoltre, nel caso in cui la normativa olandese discriminatoria fosse mantenuta, i gruppi di società interamente nazionali potrebbero, in teoria, far valere due volte i costi di partecipazione. Qualora non fosse avviato il relativo procedimento d'imputazione, tali gruppi di società potrebbero fare valere detti costi nella riscossione di imposte presso la società madre, secondo la normativa olandese, e nella riscossione di imposte presso la società figlia, secondo la disposizione a livello comunitario che impone di prendere in considerazione i costi presso le società figlie.

84. Occorre, pertanto, risolvere la seconda questione nel senso che, per la soluzione della prima questione, non ha alcuna incidenza il fatto che il relativo Stato membro, nel caso in cui la società figlia sia ivi assoggettata ad imposta sugli utili e la società madre non lo sia, tenga conto dei detti costi nella riscossione di imposte presso la società figlia.

VI - Conclusione

85. Alla luce di quanto precede, propongo di risolvere le questioni poste dal giudice a quo nel seguente modo:

1. Il combinato disposto degli artt. 43 CE e 48 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione nazionale ai sensi della quale uno Stato membro concede ad una società madre, assoggettata ad imposta in tale Stato membro, una detrazione dei costi relativi ad una partecipazione da essa detenuta solo qualora la relativa società figlia consegua utili che sono assoggettati ad imposta nello Stato membro di stabilimento della società madre.

2. Per la soluzione della prima questione, non ha alcuna incidenza il fatto che il relativo Stato membro, nel caso in cui la società figlia sia ivi assoggettata ad imposta sugli utili e la società madre non lo sia, tenga conto dei detti costi nella riscossione di imposte presso la società figlia.