Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

M. POIARES MADURO

presentate il 9 luglio 2009 1(1)

Causa C-267/08

SPÖ Landesorganisation Kärnten

contro

Finanzamt Klagenfurt

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Unabhängiger Finanzsenat (Austria)]






1.        La presente causa verte sull’interpretazione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva IVA (2). Il giudice del rinvio vuole sapere se determinate operazioni finanziarie realizzate da un partito politico costituiscano attività economiche ai sensi di tale direttiva.

I –    Fatti e questioni pregiudiziali

2.        La ricorrente nella causa principale è l’organizzazione regionale del Sozialdemokratische Partei Österreichs (Partito socialdemocratico austriaco; in prosieguo: la «SPÖ») del Land della Carinzia. Tale organizzazione è suddivisa in sezioni distrettuali e locali. L’organizzazione regionale e le sezioni distrettuali sono dotate di personalità giuridica, mentre le sezioni locali non hanno personalità giuridica.

3.        Tra il 1998 ed il 2004 la ricorrente svolgeva una serie di attività pubblicitarie e propagandistiche per le sue sezioni subordinate, in occasione di alcune consultazioni elettorali in Austria. In pratica, essa fungeva da gruppo di acquisto, comprando diverso materiale pubblicitario che cedeva successivamente dietro corrispettivo alle relative organizzazioni distrettuali o locali. La ricorrente organizzava altresì il ballo annuale della SPÖ. Tali attività venivano indicate come «pubblicità esterna», mentre la formazione dei funzionari del partito veniva indicata come «pubblicità interna». La presente causa riguarda esclusivamente la «pubblicità esterna».

4.        Nelle dichiarazioni dei redditi, la SPÖ iscriveva numerosi importi tra le operazioni imponibili, in relazione all’attività di «pubblicità esterna», e chiedeva di portare in detrazione la corrispondente imposta assolta a monte. Tra la SPÖ e l’amministrazione tributaria sorgeva una controversia vertente sulla questione se, nell’ambito della prestazione delle attività di pubblicità esterna per le sue organizzazioni subordinate, la ricorrente dovesse essere considerata, ai sensi della sesta direttiva, un soggetto passivo legittimato a detrarre l’imposta assolta a monte in tale contesto. Il Finanzamt Klagenfurt (Ufficio imposte di Klagenfurt) si pronunciava nel senso che la SPÖ non poteva essere considerata soggetto passivo ai sensi di tale direttiva. La SPÖ si appellava all’Unabhängiger Finanzsenat (commissione tributaria indipendente) di Klagenfurt, che ha sottoposto le seguenti questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia:

«1)      Se l’art. 4, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la “sesta direttiva”) debba essere interpretato nel senso che la “pubblicità esterna” ad opera dell’organizzazione regionale di un partito politico, dotata di personalità giuridica, sotto forma di azioni pubblicitarie, attività informativa, organizzazione di manifestazioni di partito, fornitura di materiale pubblicitario alle organizzazioni distrettuali nonché allestimento e organizzazione di un ballo annuale (il ballo della SPÖ) debba considerarsi un’attività economica, qualora in tal modo si realizzino entrate provenienti dal (parziale) addebito delle spese per la “pubblicità esterna” alle organizzazioni subordinate del partito, anch’esse dotate di personalità giuridica (organizzazioni distrettuali, ecc.), nonché proventi derivanti dalla vendita dei biglietti per la partecipazione al ballo.

2)      Se, nell’ambito della valutazione di un’“attività economica” ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva, abbia conseguenze negative il fatto che le attività menzionate nella questione sub 1) “si riflettano” sull’organizzazione regionale e in questo senso siano utili anche a quest’ultima. È in re ipsa il fatto che, nell’ambito di tali attività, anche il partito in quanto tale nonché i suoi obiettivi e i suoi orientamenti politici vengano costantemente pubblicizzati, sebbene non in via principale, ma come inevitabile conseguenza secondaria.

3)      Se si possa ancora parlare di “attività economica” nel senso citato supra, qualora le spese per la “pubblicità esterna” superino in modo permanente e di gran lunga gli introiti ottenuti da tale attività derivanti dall’addebito delle spese e dall’organizzazione del ballo.

4)      Se ricorra un’“attività economica” anche qualora l’addebito delle spese non avvenga in base a criteri economici immediatamente individuabili (ad esempio, il principio dell’imputazione dei costi al soggetto che li provoca o che ne beneficia) e le organizzazioni subordinate siano lasciate sostanzialmente libere di decidere se e in quale misura partecipare alle spese dell’organizzazione regionale.

5)      Se ricorra un’“attività economica” anche qualora l’addebito delle prestazioni pubblicitarie alle organizzazioni subordinate avvenga nella forma di un contributo, il cui ammontare dipende, da un lato, dal numero dei membri delle organizzazioni subordinate in questione e, dall’altro, dal numero dei deputati da esse eletti.

6)      Nel contesto della questione relativa alla sussistenza di un’attività economica, se i sussidi della pubblica amministrazione che non rientrano nella retribuzione imponibile [come, ad esempio, i finanziamenti ai partiti ai sensi del Kärntner Parteienförderungsgesetz (legge sul finanziamento sui partiti)] della Carinzia debbano essere considerati in un certo senso vantaggi economici.

7)      Nel caso in cui la cosiddetta “pubblicità esterna”, considerata in se stessa, dovesse rappresentare un’attività economica ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva, se la circostanza che le attività di pubbliche relazioni e la pubblicità elettorale appartengono al nucleo centrale dell’attività dei partiti politici e rappresentano una conditio sine qua non per la realizzazione degli obiettivi e dei contenuti politici osti alla qualificazione di tale attività come “attività economica”.

8)      Se le attività prestate dalla ricorrente, definite come “pubblicità esterna”, siano di natura tale da essere paragonabili alle attività svolte dagli uffici di pubblicità commerciale ai sensi dell’allegato D, n. 10, della sesta direttiva o se corrispondano ad esse nel contenuto. Nel caso in cui la questione sia risolta in senso affermativo, se l’entità delle attività effettuate, alla luce della struttura delle entrate e delle uscite nel periodo relativo al presente procedimento, possa essere qualificata come “non trascurabile”».

II – Analisi

5.        L’art. 2 della sesta direttiva IVA così recita:

«Sono soggette all’[IVA]:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2.      le importazioni di beni».

6.        A termini dell’art. 4, nn. 1, 2 e 5, della sesta direttiva IVA:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2.      Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(…)

5.      Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza (…)».

7.        La questione che la Corte deve risolvere consiste nello stabilire se l’attività di pubblicità esterna svolta dall’organizzazione regionale dell’SPÖ del Land della Carinzia costituisca un’«attività economica» ai sensi dell’art. 4 della sesta direttiva IVA, conferendo alla detta organizzazione la qualifica di «soggetto passivo» ai sensi della direttiva stessa. Se così fosse, l’organizzazione regionale del Land della Carinzia potrebbe far valere il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte in forza dell’art. 17 della direttiva; in caso di risposta negativa, la ricorrente nella causa a qua non potrebbe invocare tale diritto.

8.        Dalla stessa formulazione delle disposizioni rilevanti emerge che l’espressione «attività economiche» deve essere interpretata estensivamente. Nella causa T-Mobile Austria, la Corte ha messo in rilievo «l’ampiezza della sfera di applicazione della nozione di attività economiche e il suo carattere obiettivo, nel senso che l’attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati»(3). Pertanto, «tutte le fasi produttive, distributive e della prestazione dei servizi» (4) ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 4.

9.        Tuttavia, le attività elencate all’art. 4, n. 2, possono essere correttamente considerate «attività economiche» il cui esercizio qualifica la persona interessata come «soggetto tassabile», soltanto qualora esse mirino a procurare introiti che hanno carattere stabile (5). Ne deriva che, nel caso in cui un’attività procuri introiti solo su base occasionale, o non ne procuri affatto, la persona che intraprende tale attività non si qualifica come un «soggetto passivo», avente diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte.

10.      Inoltre, a termini dell’art. 2 della sesta direttiva IVA, «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso», sono soggette ad IVA. In tale contesto, l’indole onerosa costituisce un requisito sine qua non per l’applicazione dell’IVA ad una determinata operazione. Tale disposizione rientra nel capo II, che definisce il campo di applicazione della direttiva nel suo insieme. Di conseguenza, l’interpretazione di tutte le altre disposizioni della direttiva deve essere compiuta tenendo presente l’art. 2. Concordo con il Finanzamt Klagenfurt, con il governo greco e con la Commissione nel ritenere che la prestazione di servizi a titolo gratuito non costituisca un’«attività economica» ai sensi dell’art. 4 della direttiva.

11.      Occorre anzitutto notare che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, una prestazione di servizi è imponibile ai fini dell’IVA solo se esiste «un nesso diretto fra il servizio reso e il controvalore ricevuto» (6). Inoltre, la Corte ha già esaminato quali sono gli effetti del requisito del carattere oneroso sulla prestazione di servizi di informazione e pubblicità. La causa Hong Kong Trade Development Council (7) riguardava il rifiuto da parte delle autorità tributarie olandesi di riconoscere come soggetto passivo l’ufficio dell’Hong Kong Trade Development Council nei Paesi Bassi. Tale ufficio forniva gratuitamente agli operatori economici informazioni su Hong Kong e sulle opportunità di scambi con le imprese ivi stabilite. La Corte ha ritenuto che l’ufficio non potesse essere considerato un soggetto passivo, in quanto non percepiva proventi dall’attività di informazione. La Corte ha dichiarato che, «quando l’attività del prestatore consiste nel fornire esclusivamente prestazioni senza contropartita diretta, non vi è una base imponibile e dette prestazioni gratuite non sono dunque soggette all’imposta sul valore aggiunto. Il prestatore, in questo caso, va equiparato al consumatore finale (…). Infatti, il vincolo che lo unisce al beneficiario del bene o del servizio non rientra in una categoria contrattuale che possa venir assoggettata ad un’armonizzazione fiscale (…); così stando le cose, le prestazioni gratuite si differenziano, per natura, dalle operazioni imponibili le quali presuppongono, nell’ambito del sistema dell’imposta sul valore aggiunto, la stipulazione di un prezzo o di un controvalore» (8).

12.      La questione relativa alla prestazione centralizzata di servizi pubblicitari è stata esaminata dalla Corte nell’ambito della causa Apple and Pear Development Council (9). Il Council era un ente di diritto pubblico i cui compiti riguardavano la pubblicità e la promozione della qualità delle mele e delle pere prodotte in Inghilterra e nel Galles. Tale ente era finanziato attraverso un contributo annuale obbligatorio imposto ai produttori di mele e di pere, la cui entità non poteva superare un certo massimo per ettaro piantato a meli o a peri, oppure un massimo fissato per gruppo di 50 meli o peri piantati nel terreno di un produttore. La Corte ha osservato che i compiti del Council riguardavano gli interessi comuni dei produttori e che i vantaggi derivanti dall’attività promozionale svolta dal detto ente favorivano il settore nel suo complesso; i singoli produttori fruivano di tali vantaggi solo indirettamente. Inoltre, non vi era un rapporto tra l’entità dei vantaggi apportati ai singoli produttori e l’importo dei contributi obbligatori che essi dovevano pagare al Council. Tali contributi erano dovuti in forza di obbligazioni non su base contrattuale, ma di legge ed erano sempre esigibili indipendentemente dal fatto che il singolo produttore avesse tratto vantaggio dall’attività promozionale del Consiglio. La Corte ha concluso che le prestazioni del Consiglio «non costitui[vano] “(...) prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso”» (10).

13.      L’effetto combinato dei procedimenti appena ricordati è stato illustrato dalla Corte nella causa Tolsma (11). Il sig. Tolsma, ricorrente nella causa principale, era un musicista di strada che raccoglieva le offerte dei passanti. Le autorità tributarie olandesi avevano assoggettato ad IVA le attività del musicista. Quest’ultimo ha sostenuto che le offerte non erano soggette ad IVA in quanto i passanti gli elargivano un obolo senza esservi affatto obbligati e determinandone essi stessi l’ammontare. Le autorità tributarie hanno sostenuto che esisteva una connessione diretta tra il servizio reso e le oblazioni ricevute, sicché l’attività del ricorrente configurava una prestazione di servizi a titolo oneroso. La Corte ha statuito che «una prestazione di servizi viene effettuata “a titolo oneroso” ai sensi dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva, e configura pertanto un’operazione imponibile, soltanto quando tra il prestatore e l’utente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente» (12).

14.      Nella presente causa, nell’ordinanza di rinvio il giudice nazionale ha dichiarato che tra il 1998 ed il 2003 l’organizzazione regionale della SPÖ ha addebitato alle sezioni distrettuali e locali le spese per i servizi di propaganda e di pubblicità solo in minima parte. Non esistevano criteri precisi per il calcolo delle spese, e sembra che le singole organizzazioni subordinate fossero lasciate libere di decidere – in base alle proprie risorse finanziarie – di partecipare o meno alle spese dell’organizzazione regionale. È chiaro che la SPÖ non aveva una regolamentazione interna al partito che disciplinasse le modalità di addebito delle spese per i detti servizi. La situazione è leggermente cambiata nel 2004. A partire da tale anno, alcune prestazioni pubblicitarie sono state addebitate alle sezioni distrettuali sotto forma di «contributo per la pubblicità», il cui ammontare era determinato in base al numero dei membri del partito dei rispettivi distretti ed al numero dei deputati eletti da ogni distretto. Tale somma riusciva a coprire solo una parte delle spese sostenute dall’organizzazione regionale della SPÖ che aveva subìto continue perdite in seguito alle dette attività di propaganda e di pubblicità.

15.      Mi sembra evidente l’analogia tra la causa presente e le cause Hong Kong Trade Development Council, Apple and Pear Development Council e Tolsma. Nel periodo intercorso tra il 1998 ed il 2003, non esisteva alcun sistema per il regolare addebito alle sezioni distrettuali e locali delle spese relative alle attività pubblicitarie; tali sezioni non erano vincolate da alcun obbligo, contrattuale o d’altro genere, di contribuire alle spese; e, qualora decidessero di contribuire, erano libere di stabilire l’ammontare di tale contributo sulla base della propria capacità finanziaria. Tale situazione configura una prestazione di servizi a titolo gratuito.

16.      Dal punto di vista sostanziale, il sistema introdotto nel 2004 non presenta differenze significative. Anche in tal caso mancava lo scambio di prestazioni: le sezioni subordinate non pagavano un vero e proprio corrispettivo per i servizi ricevuti, poiché il valore dei contributi versati all’organizzazione regionale del partito non corrispondeva al valore effettivo dei detti servizi di pubbliche relazioni e di pubblicità; e i contributi venivano calcolati forfettariamente in base al numero dei membri del partito in un determinato distretto ed al numero dei parlamentari eletti dal distretto. Per tale ragione l’organizzazione regionale ha subìto perdite significative e persistenti. Inoltre, la pubblicità realizzata con le attività dell’organizzazione regionale ha recato vantaggi al partito nel suo insieme; i vantaggi ricevuti dalle sezioni distrettuali e locali non erano individuali e diretti, ma accessori ed indiretti.

17.      Infine, il carattere delle azioni pubblicitarie e di propaganda realizzate in questo contesto deve essere considerato in un’ottica più ampia. Come hanno giustamente rilevato il Finanzamt Klagenfurt ed il governo greco, si tratta di un tipico caso di dibattito politico. I partiti politici non lanciano campagne pubblicitarie e promozionali per ottenere proventi, ma per diffondere le loro idee presso il pubblico. I partiti giocano un ruolo fondamentale nei sistemi di democrazia rappresentativa e le attività supplementari che organizzano fanno parte delle funzioni che essi svolgono in quanto giocatori all’interno di tale sistema. Ogni aspetto economico relativo alla pubblicità del partito è subordinato al carattere politico di tale pubblicità. Quando l’organizzazione regionale della SPÖ ha fornito prestazioni di «pubblicità esterna» per le proprie sezioni subordinate in occasione delle varie consultazioni elettorali che si sarebbero tenute in Austria (consiglio comunale, assemblea regionale, assemblea nazionale, presidenza federale), essa ha agito non come un operatore economico guidato da considerazioni di natura finanziaria, ma come un’organizzazione politica che mira a vincere le elezioni.

18.      Tale conclusione non è inficiata dal fatto che la SPÖ ha ricevuto finanziamenti dallo Stato ai sensi della relativa legge austriaca sul finanziamento dei partiti. I detti introiti non costituiscono redditi derivanti da un’attività economica; nei sistemi democratici i partiti sono finanziati con fondi pubblici per poter essere in grado di svolgere le loro funzioni politiche nell’interesse dei cittadini. Invero, l’esistenza di finanziamenti pubblici corrobora la tesi che le azioni pubblicitarie della ricorrente nella causa a qua non sono attività economiche a carattere oneroso. Lo Stato austriaco ha finanziato la SPÖ proprio perché non si trattava di un normale operatore economico, ma di un gruppo politico con priorità diverse da quelle di un’impresa commerciale. Pertanto, non vi sono i presupposti per paragonare la ricorrente ad un ufficio di pubblicità commerciale che, per sua stessa natura, si occupa di pubblicità per fare soldi. Anzi – mi si perdoni l’ironia –, sarebbe inopportuno, nella generalità dei casi, che un partito intraprendesse attività politiche con l’obiettivo di ottenere proventi pecuniari: di norma, ciò sarebbe ritenuto corruzione.

19.      Detto ciò, vorrei sottolineare che possono verificarsi casi in cui un partito intraprende attività economiche di natura commerciale, fornendo beni o servizi a titolo oneroso. All’udienza, il governo greco ha portato gli esempi di un partito che aveva aperto e gestiva un punto vendita di prodotti biologici e di un altro partito che vendeva alle imprese spazi pubblicitari all’interno delle sue pubblicazioni. Ritengo che entrambe le attività costituiscano «attività economiche» ai sensi della direttiva e che conferiscano al partito interessato la qualità di «soggetto passivo» ai fini dell’IVA. Ma le prestazioni di «pubblicità esterna» svolte dall’organizzazione regionale della SPÖ non rientrano in tale categoria di attività.

III – Conclusione

20.      Propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni sottoposte dal giudice del rinvio dichiarando che l’art. 4, n. 1, della sesta direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che la «pubblicità esterna» svolta da un’organizzazione regionale, dotata di personalità giuridica, sotto forma di pubblicità, attività informativa, organizzazione di manifestazioni di partito, fornitura di materiale pubblicitario alle organizzazioni distrettuali nonché allestimento e organizzazione di un ballo annuale, non deve essere considerata un’attività economica qualora in tal modo si realizzino entrate provenienti dal (parziale) addebito delle spese per la «pubblicità esterna» alle organizzazioni subordinate del partito, anch’esse dotate di personalità giuridica (sezioni distrettuali, ecc.) nonché proventi derivanti dalla vendita dei biglietti per la partecipazione al ballo. Tale organizzazione regionale non si trova in una posizione paragonabile a quella di un ufficio di pubblicità commerciale.

Inoltre, i sussidi versati dalla pubblica amministrazione ad un partito politico in base alla legge nazionale sul finanziamento dei partiti non sono vantaggi economici che rendono l’attività in questione qualificabile come un’«attività economica» ai sensi della sesta direttiva IVA.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


3 – Sentenza 26 giugno 2007, causa C-284/04, T-Mobile Austria (Racc. pag. I-5189, punto 35). V., inoltre, sentenza 21 febbraio 2006, causa C-223/03, University of Huddersfield (Racc. pag. I-1751, punto 47).


4 – Sentenza 26 giugno 2003, causa C-305/01, MGK-Kraftfahrzeuge-Factoring (Racc. pag. I-6729, punto 42).


5 – Sentenze 4 dicembre 1990, causa C-186/89, van Tiem (Racc. pag. I-4363, punto 18); 29 aprile 2004, causa C-77/01, EDM (Racc. pag. I-4295, punto 48), e causa C-284/04, T-Mobile Austria (cit. alla nota 3, punto 38).


6 – Sentenze 5 febbraio 1981, causa 154/80, Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats (Racc. pag. 445 punto 12), e 23 novembre 1988, causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics (Racc. pag. 6365, punto 11).


7 – Sentenza 1º aprile 1982, causa 89/81 (Racc. pag. 1277).


8 – Ibidem, punto 10.


9 – Sentenza 8 marzo 1988, causa 102/86, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 1443).


10 – Ibidem, punto 17.


11 – Sentenza 3 marzo 1994, causa C-16/93 (Racc. Pag. I-743).


12 – Ibidem, punto 14.