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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 29 luglio 2010 1(1)

Causa C-156/09

Finanzamt Leverkusen

contro

Verigen Transplantation Service International AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«IVA – Luogo delle prestazioni di servizi – Esenzioni – Distacco, riproduzione e reimpianto di cellule della cartilagine»





1.        La causa principale relativa al presente procedimento riguarda il trattamento ai fini dell’IVA di una tecnica dell’ingegneria dei tessuti umani in cui vengono estratte cellule dal materiale cartilagineo articolare prelevato da un paziente e poi riprodotte in laboratorio e preparate (con o senza collocazione in una membrana di collagene) per essere reimpiantate nel corpo del paziente.

2.        Il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale tedesca) desidera sapere se i servizi di laboratorio costituiscano «lavori relativi a beni mobili materiali» ai sensi della normativa sull’IVA dell’Unione europea (e, in caso di soluzione affermativa, se ciò influisca sul luogo della prestazione dei servizi quando cliente e fornitore si trovano in Stati membri diversi) ovvero se debbano essere qualificati come «prestazioni mediche» (in qual caso sarebbero esenti dall’IVA).

 Pertinente normativa dell’Unione sull’IVA

3.        Poiché la causa principale riguarda servizi forniti nel 2002, la pertinente normativa dell’Unione sull’IVA è la sesta direttiva (2).

4.        Ai sensi dell’art. 9, n. 1, di tale direttiva, sostanzialmente si considera luogo della prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica, ha costituito un centro di attività stabile, ha il suo domicilio o la sua residenza abituale (3).

5.        L’art. 9, n. 2, lett. c), specifica, nondimeno, che il luogo delle prestazioni di servizi aventi per oggetto, inter alia, «lavori relativi a beni mobili materiali» è quello «in cui tali prestazioni sono materialmente eseguite» (4).

6.        Tuttavia, l’art. 28 ter, parte F, della detta direttiva così dispone:

«In deroga all’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), il luogo delle prestazioni di servizi aventi appalto delle perizie o dei lavori relativi a beni mobili materiali, rese ad acquirenti titolari di un numero di partita IVA in uno Stato membro diverso da quello all’interno del quale tali prestazioni sono effettivamente rese, si considera situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito al destinatario il numero di partita IVA con il quale gli è stato reso il servizio.

Tale deroga non si applica allorché i beni non sono spediti o trasportati al di fuori dello Stato membro in cui i servizi sono stati effettivamente eseguiti» (5).

7.        L’art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva elenca le esenzioni dall’IVA «a favore di alcune attività di interesse pubblico». Esso prevede, in particolare, quanto segue:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

b)      l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;

c)       le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati;

(…)» (6).

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

8.        Il Bundesfinanzhof specifica che la Verigen Transplantation Service International AG (in prosieguo: la «Verigen») è un’impresa di biotecnologie stabilita in Germania, che opera nel settore dell’ingegneria tessutale. Il suo oggetto sociale consiste nella ricerca, nello sviluppo, nella produzione e commercializzazione di tecnologie per la diagnosi e la terapia di patologie tessutali umane, in particolare delle cartilagini. L’oggetto della controversia riguarda le transazioni della Verigen che comportano la riproduzione di condrociti autologhi (cellule cartilaginee articolari del paziente) in casi in cui i destinatari delle prestazioni (medici o cliniche) risiedano in un altro Stato membro dell’Unione europea e la Verigen abbia indicato il loro numero di partita IVA nelle sue fatture.

9.        La Verigen riceve dal medico curante o dalla clinica materiale cartilagineo bioptico prelevato dal paziente. Il tessuto viene trattato dalla Verigen in modo da distaccare i condrociti. Dopo una preparazione nel loro stesso siero sanguigno in incubatore, le cellule vengono riprodotte con allevamento, di norma per un periodo da tre a quattro settimane. Le cellule così riprodotte potranno, o meno, essere collocate su una membrana di collagene che forma una specie di «cerotto cartilagineo». In ogni caso, esse vengono poi inviate al medico curante o alla clinica per l’impianto sul paziente.

10.      La Verigen ha trattato tali servizi come esenti dall’IVA quando forniti ad acquirenti in altri Stati membri. Tuttavia, l’autorità fiscale li ha considerati imponibili e ha proceduto al recupero dell’imposta dovuta per l’esercizio controverso.

11.      Nel procedimento così introdotto, la Verigen ha sostenuto che la riproduzione delle cellule cartilaginee non costituisce una prestazione medica, bensì rientrerebbe tra le «prestazioni di laboratorio di routine» eseguite da assistenti tecnici specializzati in medicina o biotecnologie. I necessari controlli di qualità sarebbero svolti da un esperto in farmacologia e da un farmacista esterno.

12.      Il Finanzgericht (Tribunale tributario tedesco) ha accolto il ricorso di primo grado della Verigen. Esso ha deciso che la riproduzione cellulare doveva essere considerata tra i «lavori relativi a beni mobili materiali». Anche gli organi prelevati per trapianti, dopo la separazione dal corpo da cui sono estratti, sarebbero beni mobili. Se poi la parte prelevata venga in seguito utilizzata per trapianto sulla stessa persona da cui proviene o su terzi non può fare alcuna differenza ai fini dell’inclusione nella sfera di applicazione della nozione di «beni mobili materiali». Come dimostrano le fatture emesse dalla Verigen, i clienti residenti negli altri Stati membri avrebbero utilizzato il numero di partita IVA attribuito loro nel rispettivo Stato membro. Le operazioni non sarebbero pertanto soggette a imposizione in Germania.

13.      Nel suo ricorso per cassazione, l’amministrazione tributaria fa valere che le cellule non diverrebbero beni mobili in esito alla loro separazione per breve tempo dal corpo. Inoltre la riproduzione cellulare non darebbe luogo a «lavori», né vi sarebbe un «utilizzo» del numero di partita IVA rilasciato nell’altro Stato membro, che avrebbe richiesto un accordo esplicito prima dell’esecuzione della prestazione.

14.      Il giudice del rinvio ritiene che la fornitura di cellule cartilaginee riprodotte al medico curante o alla clinica non costituisca una cessione di beni, bensì che la riproduzione di cellule sia una prestazione di servizi, in quanto la Verigen non può disporre liberamente del campione bioptico inviatole, come farebbe un proprietario, essendo tenuta a restituire le cellule prelevate dalla cartilagine una volta riprodotte. La riproduzione cellulare non è un’operazione imponibile in Germania allorché il luogo di tale prestazione di servizi è situato in un altro Stato membro. Tuttavia, tale eventualità si verificherebbe soltanto se si dovesse interpretare l’art. 28 ter, parte F, della sesta direttiva nel senso di coprire le prestazioni della Verigen. Se, invece, questa non fosse l’interpretazione corretta dell’art. 28 ter, parte F, la transazione dev’essere soggetta a imposta in Germania, salvo poter essere considerata come rientrante tra le prestazioni mediche ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c).

15.      Il Bundesfinanzhof chiede pertanto una pronuncia sulle seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 28 ter, parte F, primo comma, della [sesta direttiva] vada interpretato nel senso che:

a)       il materiale cartilagineo prelevato da un essere umano (…) che viene inviato a un imprenditore affinché esegua la riproduzione cellulare e infine viene restituito sotto forma di impianto destinato al paziente interessato costituisce un “bene mobile materiale” ai sensi della suddetta disposizione,

b)      il distacco di cellule della cartilagine articolare dal materiale cartilagineo e la successiva riproduzione cellulare costituiscono “lavori” relativi a beni mobili materiali ai sensi della suddetta disposizione,

c)      per considerare che la prestazione di servizi sia resa all’acquirente “con il numero di partita IVA” di cui è titolare è già sufficiente che tale numero di partita IVA sia indicato sulla fattura del prestatore di servizi, senza un espresso accordo scritto sulla destinazione d’uso del campione prelevato.

2)      Nel caso di soluzione negativa di uno dei quesiti sopra riportati:

Se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della [sesta direttiva] vada interpretato nel senso che il distacco di cellule della cartilagine articolare dal campione bioptico prelevato da un essere umano e la successiva riproduzione cellulare, allorché le cellule in tal modo ottenute vengono reimpiantate al donatore, costituiscono “prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche”».

16.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi tedesco e spagnolo, nonché la Commissione. Non essendone stata fatta richiesta, non si è tenuta udienza. La Corte ha deciso di rinviare le presenti conclusioni per tenere conto delle sentenze nelle cause CopyGene (7) e Future Health Technologies (8), che vertono su questioni connesse alla seconda questione. Le suddette sentenze sono state pronunciate il 10 giugno 2010.

 Valutazione

17.      Anche se il giudice del rinvio sottopone la seconda questione soltanto in caso di soluzione negativa della prima, l’ordine delle questioni pregiudiziali potrebbe senza difficoltà essere invertito. Qualora, come suggerito dalla Commissione, i servizi controversi costituiscano di fatto prestazioni mediche ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, i rapporti negoziali sarebbero esenti a prescindere dal luogo in cui (si ritiene) siano state effettuate. Esaminerò pertanto in primo luogo la seconda questione.

 La seconda questione

18.      La giurisprudenza sulla nozione di cure mediche o di prestazioni mediche è stata di recente definita nelle citate sentenze CopyGene e Future Health Technologies (9) e può essere riassunta nei termini che seguono.

19.      Le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione europea, che mirano ad evitare divergenze nell’applicazione da uno Stato membro all’altro del sistema dell’IVA. Esse non sono volte ad esentare tutte le attività di interesse generale, ma solo quelle che sono ivi elencate e descritte in modo molto particolareggiato. I termini impiegati devono essere interpretati restrittivamente, dato che esse costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa su ogni bene e su ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di IVA. Pertanto, la regola dell’interpretazione restrittiva non deve indurre a privare le esenzioni dei loro effetti.

20.      Per quanto concerne le prestazioni mediche, l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), riguarda prestazioni compiute in ambito ospedaliero, mentre l’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), riguarda prestazioni mediche fornite al di fuori di tale ambito, tanto al domicilio privato del prestatore quanto al domicilio del paziente o altrove. Ne consegue che le lett. b) e c) dell’art. 13, parte A, n. 1, i cui ambiti di applicazione sono distinti, hanno come oggetto quello di disciplinare la totalità delle esenzioni delle prestazioni mediche in senso stretto.

21.      Di conseguenza, la nozione di «cure mediche» di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), e quella di «prestazioni mediche» di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), riguardano entrambe prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute. Se le «cure mediche» e le «prestazioni mediche» devono avere uno scopo terapeutico, non ne consegue necessariamente che la finalità terapeutica di una prestazione debba essere intesa in un’accezione particolarmente restrittiva. Entrambe le esenzioni sono inoltre finalizzate a ridurre il costo dell’assistenza sanitaria.

22.      Nel presente procedimento, la Commissione e il governo tedesco ritengono che le prestazioni controverse siano a scopo terapeutico. Il governo spagnolo dissente per il semplice motivo che esse riguarderebbero soltanto prestazioni di laboratorio di routine nel settore dell’ingegneria tessutale. Concordo con la Commissione e con il governo tedesco.

23.      È pacifico, e non può essere messo in dubbio, che il processo descritto – distacco, riproduzione e reimpianto di condrociti autologhi – ha, in generale, uno scopo terapeutico. Le prestazioni specifiche fornite dalla Verigen costituiscono, dichiaratamente, soltanto parte di quel processo generale. Tuttavia esse sono una parte essenziale, intrinseca e indissociabile del processo e nessuna delle fasi che lo compongono può essere eseguita utilmente in maniera distinta dalle altre.

24.      I servizi controversi rientrano pertanto nel concetto di «prestazioni mediche» di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Non vi è alcuna ragione per escluderli dall’esenzione per il fatto di essere stati eseguiti da personale di laboratorio non costituito da medici generici. Come osservato dalla Commissione, non è necessario che il personale medico si occupi di ogni aspetto dell’assistenza terapeutica (10). Invero, il giudice comunitario ha espressamente affermato che analisi mediche prescritte dai medici generici ed eseguite da un laboratorio privato esterno possono rientrare nel concetto di cure mediche o di prestazioni mediche, anche se precedono l’eventuale necessità accertata di un trattamento specifico (11).

25.      Inoltre, come osservato dal governo tedesco, non è necessario qualificare tali servizi come cure mediche o prestazioni mediche (come potrebbe suggerire la formulazione della seconda questione del giudice del rinvio) basandosi sul reimpianto delle cellule riprodotte nel paziente da cui sono state in origine distaccate. Le trasfusioni sanguigne e i trapianti di organi da un corpo umano a un altro costituiscono chiaramente una cura medica o una prestazione medica (12).

26.      Tuttavia, il governo tedesco suggerisce altresì – pur senza proporre alcuna conclusione certa – che qualificare i servizi controversi come prestazioni mediche potrebbe essere contrario al principio di neutralità fiscale (nel senso di evitare distorsioni della concorrenza (13)) giacché il «cerotto cartilagineo» prodotto sarebbe comparabile, sotto il profilo funzionale, a un prodotto farmaceutico, che non sarebbe esente dall’IVA, ma potrebbe soltanto essere soggetto a un’aliquota ridotta (14).

27.      Non ne sono persuasa.

28.      Qualificare un servizio come cura medica o prestazione medica non può dipendere dalla disponibilità di un’alternativa farmacologica. Alcune tipologie di tali cure o prestazioni hanno già un’alternativa farmacologica, mentre altre l’avranno probabilmente in futuro, per cui le due categorie sono in costante evoluzione. Invero, numerose tipologie di beni e di servizi possono, in talune circostanze, essere sostituite con altre, in categorie diverse in termini di IVA. Tuttavia (fatto salvo il diritto di ciascuno Stato membro – nell’ambito della discrezionalità di cui dispone secondo la sesta direttiva – di subordinare talune esenzioni alle condizioni previste per evitare distorsioni di concorrenza, di cui non vi è menzione nel presente procedimento) il fatto che un servizio costituisca una cura medica o una prestazione medica può dipendere unicamente dalla propria natura e non da quella delle alternative.

29.      Desidero, inoltre, rilevare che non è affatto chiaro se un servizio esente (che non è soggetto all’IVA a valle se non sugli elementi di costo di cui non è possibile detrarre l’imposta a monte) possa trovarsi in posizione di vantaggio o di svantaggio concorrenziale rispetto a un prodotto soggetto all’IVA a valle a un’aliquota ridotta con il diritto di detrarre l’imposta a monte.

30.      Ritengo pertanto che i servizi del tipo descritto rientrino nel concetto di cura medica o di prestazione medica di cui all’art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva e siano pertanto esenti dall’IVA ai sensi delle lett. b) o c) del medesimo articolo, a seconda dei casi. Non è necessario stabilire il luogo della prestazione di tali servizi in quanto essi sono coperti dall’esenzione a prescindere dal luogo in cui sono resi.

 La prima questione

31.      Vista la soluzione che suggerisco di dare alla seconda questione posta dal giudice del rinvio, non sarebbe necessario rispondere alla prima. Tuttavia, intendo esporre le seguenti brevi osservazioni qualora la Corte dovesse decidere di risolvere tale questione.

32.      La prima parte della questione verte sul problema se il materiale cartilagineo bioptico controverso sia o meno un «bene mobile materiale» ai sensi dell’art. 28 ter, parte F, della sesta direttiva. Tutte le parti che hanno presentato osservazioni ritengono che lo sia e io concordo con esse.

33.      Le cellule cartilaginee sono indubbiamente sia beni mobili (il governo tedesco osserva che la questione si pone soltanto perché esse sono inviate da uno Stato membro a un altro) sia beni materiali e, sebbene le cellule umane non costituiscano certo la tipologia più usuale di «beni» (15), è tuttavia evidente che esse possono facilmente rientrare in tale categoria (16).

34.      La seconda parte della questione verte sul problema se le procedure effettuate dalla Verigen costituiscano o meno «lavori» su dette cellule ai sensi della medesima disposizione. Ancora una volta, le parti che hanno presentato osservazioni ritengono che lo siano e anch’io, nuovamente (qualora la seconda questione dovesse essere risolta in senso negativo), sono del medesimo parere.

35.      Nella sentenza Linthorst, Pouwels e Scheren (17), la Corte ha osservato che l’espressione «lavori relativi a beni mobili materiali» rimanda, nel suo significato comune, ad un intervento meramente fisico, di carattere, in linea di principio, né scientifico né intellettuale e che non comprende le funzioni principali di un medico veterinario, che consistono, fondamentalmente, nella prestazione di cure terapeutiche ad animali, compiuta nel rispetto dei canoni scientifici; anche se la prestazione di tali cure implica talvolta necessariamente un intervento fisico sull’animale, ciò non può tuttavia bastare a farle qualificare come «lavori».

36.      Spetta al giudice del rinvio decidere se le procedure eseguite dalla Verigen siano «scientifiche» o «intellettuali» in tal senso. Sono del parere che la linea di demarcazione che la Corte ha cercato di tracciare si trovi tra la mera applicazione abituale delle conoscenze o delle capacità scientifiche generalmente accettate e l’impiego dell’innovazione, basata su tali conoscenze e capacità, per esempio nell’interpretazione dei dati o nell’adattamento delle procedure. L’ordinanza di rinvio propone di far rientrare i servizi controversi nella prima categoria.

37.      La terza parte della questione verte essenzialmente sul problema se l’espressione «acquirente con il numero di partita IVA», di cui all’art. 28 ter, parte F, della sesta direttiva, riguardi tutti i soggetti il cui numero di partita IVA è indicato nella fattura o soltanto quelli che hanno concordato per iscritto di utilizzare quel numero nella fattura. Il governo tedesco e la Commissione dissentono su questo punto (il governo spagnolo non ha espresso il suo parere).

38.      Il governo tedesco sostiene essenzialmente che il riferimento alla partita IVA «con cui» sono stati prestati i servizi a favore dell’acquirente richiede un accordo bilaterale, sia esso tacito o espresso, in virtù del quale la tassazione dev’essere soggetta alla disposizione di cui all’art. 28 ter, parte F. Tale accordo, afferma il governo tedesco, garantirebbe la certezza del diritto, al contrario della situazione in cui il fornitore indica (o meno) unilateralmente la partita IVA dell’acquirente, lasciando quest’ultimo nel dubbio, fino all’emissione della fattura, su chi sarà il soggetto passivo dell’imposta.

39.      La Commissione rileva che il regime definito dall’art. 28 ter, parte F, esenta dall’IVA le prestazioni nello Stato membro in cui sono fornite pur considerando l’acquirente soggetto passivo dell’imposta (detraibile) a monte nel proprio Stato – una semplificazione, quest’ultima, della procedura che sarebbe altrimenti prevalsa ai sensi dell’ottava direttiva (18). Tale regime si applica ogni volta che l’acquirente comunica al fornitore (per esempio nel documento con cui trasmette l’ordine) di essere titolare di numero di partita IVA nel proprio Stato membro. Non sono richieste altre condizioni. Nel caso in cui l’applicazione del regime dipendesse dall’accordo tra le parti, il luogo della prestazione non sarebbe più uniforme, scopo cui mira, invece, la direttiva 95/7 (19).

40.      Approvo gli argomenti avanzati dalla Commissione a tale riguardo.

 Conclusione

41.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba risolvere come segue la questione pregiudiziale sottopostale dal Bundesfinanzhof:

L’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretato nel senso che il distacco di cellule di cartilagine articolare dal materiale cartilagineo bioptico prelevato da un essere umano e la successiva riproduzione, finalizzati al reimpianto a scopo terapeutico, costituiscono «prestazioni mediche», a prescindere dal fatto che le cellule ottenute dalla riproduzione cellulare debbano essere reimpiantate al donatore o a un altro paziente.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), sostituita, con effetto dal 1° gennaio 2007, dalla direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), che presenta le stesse disposizioni con una struttura e una terminologia nuove.


3 – V. art. 45 della direttiva 2006/112.


4 – V. art. 52, lett. c), della direttiva 2006/112.


5 –      V. art. 55 della direttiva 2006/112. L’art. 28 ter, parte F, è stato inserito dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE e introduce nuove misure di semplificazione in materia di imposta sul valore aggiunto - Campo di applicazione delle esenzioni e relative modalità pratiche di applicazione (GU L 102, pag. 18), il cui decimo ‘considerando’ chiarisce che lo scopo era di facilitare gli scambi intracomunitari nel campo dei contratti d’opera su beni mobili materiali.


6 –      V. artt. 131 e 132, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 2006/112.


7 – Causa C-262/08 (Racc. pag. I-5053).


8 – Causa C-86/09. (Racc. pag. I-5215).


9 – Citate rispettivamente alle note 7 e 8. V. in particolare i punti 24-30 della sentenza CopyGene e i punti 28-30, 36, 37 e 40 della sentenza Future Health Technologies, unitamente alla giurisprudenza ivi citata. V. anche le mie conclusioni nella sentenza CopyGene, paragrafi 30 e segg.


10 – V. sentenza 10 settembre 2002, causa C-141/00, Kügler (Racc. pag. I-6833, in particolare il punto 41).


11 – V. sentenza 8 giugno 2006, causa C-106/05, L.u.P. (Racc. pag. I-5123, in particolare il punto 39).


12 – V., per analogia, sentenza CopyGene, punto 51, e paragrafo 46 e segg. delle mie conclusioni.


13 – Va osservato che (sebbene non sia strettamente pertinente alla presente analisi) l’art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva consente agli Stati membri di subordinare la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, dell’esenzione prevista, tra l’altro, al n. 1, lett. b), di tale articolo, all’osservanza di talune condizioni, in particolare (quarto trattino) quella secondo cui l’esenzione non deve essere tale da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’IVA.


14 – Art. 12, n. 3, lett. a), terzo comma, della sesta direttiva, unitamente al punto 3 del relativo allegato H (art. 98, nn. 1 e 2, della direttiva 2006/112 e punto 3 del relativo allegato III).


15 – In diverse disposizioni della versione in lingua inglese della sesta direttiva, i termini «goods» e «property» vengono impiegati in maniera apparentemente intercambiabile, mentre le versioni in altre lingue utilizzano un solo termine.


16 – Un esempio macabro, tragico e controverso è il caso delle cellule HeLa, in origine prelevate dal corpo di una donna deceduta negli Stati Uniti nel 1951, in quanto vennero riprodotte in una «linea cellulare immortale» fino a molte volte il peso del corpo vivo e usate nella ricerca scientifica in tutto il mondo (v. Rebecca Skloot, The Immortal Life of Henrietta Lacks, Crown, New York, 2010).


17 – Sentenza 6 marzo 1997, causa C-167/95 (Racc. pag. I-1195, punti 15 e segg.).


18 – Ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (GU L 331, pag. 11).


19 – V. nota 5.