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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 29 settembre 2011 (1)

Causa C-318/10

SIAT SA

contro

Stato belga

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dalla Cour de cassation (Belgio)]

«Libera prestazione di servizi – Art. 49 CE – Fiscalità diretta – Imposta sul reddito – Regime di deduzione di spese professionali – Non deducibilità del compenso di servizi prestati da persone stabilite negli Stati membri che impongono un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello dello Stato membro d’imposizione – Assoggettamento della deducibilità alla prova del carattere effettivo e veritiero delle prestazioni e della normalità della remunerazione ad esse relativa – Restrizione alla libera prestazione di servizi – Giustificazioni – Lotta alla frode e all’evasione fiscale – Efficacia dei controlli fiscali – Proporzionalità»






1.        In questi ultimi anni la Corte ha avuto numerose occasioni di esaminare la compatibilità con le disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento (2) o alla libera circolazione dei capitali (3), più di rado con quelle relative alla libera prestazione dei servizi (4), come avviene nella fattispecie nella causa principale (5), di normative fiscali nazionali che stabiliscono regimi differenziati, aventi ripercussioni transfrontaliere, di deduzione fiscale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o giuridiche.

2.        Segnatamente, i casi più simili alla causa principale concernevano o società aventi legami di interdipendenza reciproca (6), o la fiscalità applicata ai non residenti, in quanto contribuenti, rispetto a quella dei residenti (7).

3.        Nell’ambito del presente procedimento, la Corte è chiamata a pronunciarsi, in particolare, su una disposizione del codice belga delle imposte sui redditi 1992 (8) che, come si potrà vedere, introduce per il contribuente belga una netta distinzione nel regime delle deduzioni delle spese professionali dall’imposta sul reddito, a seconda che il prestatore di servizi cui dette spese sono corrisposte risieda (art. 54 del CIR 1992) o non risieda (art. 49 del CIR 1992) in uno Stato membro il cui regime fiscale è notevolmente più vantaggioso di quello belga, prescindendo completamente, a tal fine, da qualsivoglia legame di interdipendenza tra detto contribuente e detto prestatore di servizi (9).

4.        La Corte si trova quindi ad affrontare il compito di valutare se la restrizione risultante dalla disparità di trattamento sia legittima e proporzionata.

I –    Ambito giuridico

5.        L’art. 49 del CIR 1992 prevede quanto segue:

«Sono deducibili a titolo di spese professionali le spese che il contribuente ha effettuato o sostenuto durante il periodo imponibile per acquisire o mantenere i redditi imponibili, l’esistenza e l’importo delle quali vengono dimostrati dal contribuente attraverso documenti o, se ciò non fosse possibile, tramite ogni altro mezzo di prova ammesso dal diritto comune, escluso il giuramento.

Sono considerate spese effettuate o sostenute durante il periodo imponibile quelle effettivamente corrisposte o sopportate durante questo periodo o che hanno acquisito la natura di debiti o di perdite comprovati e certi, e sono contabilizzate come tali».

6.        L’art. 53 del CIR 1992 precisa quanto segue:

«Non costituiscono spese professionali:

(…)

10) Tutte le spese nei limiti in cui oltrepassano irragionevolmente le necessità professionali; (…)».

7.        L’art. 54 del CIR 1992 così dispone:

«I (...) compensi di prestazioni o di servizi non sono considerati spese professionali quando sono pagati o attribuiti direttamente o indirettamente ad un contribuente ai sensi dell’art. 227 o a un’impresa estera che, in virtù della legislazione del paese ove sono stabiliti, non sono ivi assoggettati a un’imposta sul reddito o sono assoggettati, per i redditi in questione, a un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello cui tali redditi sono assoggettati in Belgio, a meno che il contribuente non dimostri con qualsiasi mezzo giuridico che tali compensi corrispondono ad operazioni effettive e veritiere che non oltrepassano i limiti normali».

II – I fatti all’origine della causa principale

8.        Nel 1991 la società di investimento per l’agricoltura tropicale (SIAT), società belga, congiuntamente al gruppo nigeriano Presco International Limited (PINL), costituiva una filiale comune, la Presco Industries Limited (PIL), per lo sfruttamento di palmeti per la produzione di olio di palma.

9.        Gli accordi tra le parti prevedevano che la SIAT, da un lato, avrebbe fornito servizi retribuiti e avrebbe venduto attrezzature alla filiale comune e, dall’altro lato, avrebbe ceduto una parte dei guadagni ottenuti alla società capogruppo del gruppo PINL, la società lussemburghese Megatrade International (MISA), a titolo di commissioni di assistenza commerciale.

10.      Nel 1997 le parti mettevano fine al partenariato, non essendo riuscite ad accordarsi sull’ammontare esatto delle commissioni dovute dalla SIAT. Con un primo accordo, firmato il 3 dicembre 1997, la SIAT ricomprava dal gruppo PINL la sua partecipazione nella PIL. Con un secondo accordo, in pari data, la SIAT si impegnava a versare alla MISA un’indennità di USD due milioni a saldo definitivo.

11.      A seguito dell’accordo del 3 dicembre 1997, la SIAT contabilizzava come onere nel proprio bilancio al 31 dicembre 1997 un importo di BEF 28 402 251, corrispondente all’ammontare delle commissioni dovute, ai sensi dell’accordo del 1991, alla fine dell’anno 1997.

12.      Atteso che la MISA godeva dello status di società holding, disciplinata dal diritto lussemburghese del 31 luglio 1929 sul regime fiscale delle società di partecipazioni finanziarie, e che essa non era dunque assoggettata ad un’imposta analoga all’imposta belga sulle società, l’amministrazione tributaria belga, in applicazione dell’art. 54 del CIR 1992, inviava alla SIAT un avviso di rettifica della sua dichiarazione fiscale per l’esercizio 1998 (redditi del 1997), con cui respingeva la deduzione della somma di BEF 28 402 251 a titolo di spese professionali.

13.      Il ricorso proposto dalla SIAT avverso il rigetto di detta deduzione a titolo di spese professionali è stato respinto in primo grado e quindi con sentenza della Corte d’appello di Bruxelles 12 marzo 2008, atteso che i giudici hanno ritenuto che le commissioni in causa rientrassero nell’ambito di applicazione dell’art. 54 del CIR 1992.

III – La questione pregiudiziale

14.      Investita dalla SIAT di un ricorso per cassazione avverso la sentenza della Cour d’appel di Bruxelles 12 marzo 2008, la Cour de Cassation ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 49 del Trattato CE, nella sua versione applicabile al caso di specie, tenuto conto che i fatti all’origine della controversia sono anteriori all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale di uno Stato membro secondo la quale i compensi di prestazioni o di servizi non vengono considerati spese professionali deducibili quando sono pagati o attribuiti direttamente o indirettamente ad un contribuente residente in un altro Stato membro o a un’impresa estera che, in virtù della legislazione del paese ove sono stabiliti, non sono ivi assoggettati a un’imposta sul reddito o sono assoggettati, per i redditi in oggetto, a un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello cui tali redditi sono assoggettati nello Stato membro la cui normativa è in esame, a meno che il contribuente non dimostri con qualsiasi mezzo giuridico che tali compensi corrispondono ad operazioni effettive e veritiere che non oltrepassano i limiti normali, mentre una tale prova non è richiesta per la deduzione dei compensi di prestazioni o di servizi versati ad un contribuente residente in tale Stato membro, neppure se il contribuente non è assoggettato all’imposta sui redditi o è assoggettato a un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello di diritto comune di tale Stato».

IV – Le osservazioni delle parti

15.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi belga, francese, portoghese e del Regno Unito nonché la Commissione europea. La SIAT, il governo belga e la Commissione hanno anche svolto difese orali nel corso dell’udienza pubblica tenutasi il 16 giugno 2011.

16.      I vari governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione fanno tutti valere, globalmente, che la normativa belga non è incompatibile con l’art. 49 CE, atteso che essa è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, come la necessità di lottare contro l’evasione fiscale, di salvaguardare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, ed è proporzionata agli obiettivi così perseguiti. Per contro, la SIAT ritiene che la normativa belga costituisca una restrizione alla libera circolazione dei servizi e che non sia giustificata dai motivi imperativi di interesse generali invocati dal governo belga.

V –    Analisi

A –    Osservazioni preliminari

1.      Sul raffronto proposto dal giudice del rinvio

17.      È un punto sul quale tengo ad esprimermi sin dall’inizio, nella fattispecie quello del tertium comparationis che ci propone il giudice del rinvio nell’ambito della valutazione del regime stabilito dall’art. 54 del CIR 1992. Con la sua unica questione pregiudiziale, come si è visto, il giudice del rinvio ci pone di fronte alla disparità di trattamento che risulterebbe da questa disposizione, mettendo in evidenza, in particolare, l’opposizione tra il trattamento fiscale del contribuente belga a seconda che abbia sostenuto spese professionali nei confronti di un prestatore di servizi residente in Belgio o di un prestatore di servizi residente in un altro Stato membro, nel caso in cui sia l’uno che l’altro, benché per motivi diversi, beneficino di un trattamento fiscale notevolmente più vantaggioso del regime impositivo belga, detto «di diritto comune». Nel primo caso, il contribuente è assoggettato al disposto dell’art. 49 del CIR 1992, nel secondo a quello dell’art. 54 del CIR 1992, mentre l’unica differenza è il luogo dove ha sede il prestatore di servizi.

18.      Questo modo di sviluppare la differenza di trattamento che discenderebbe da queste due disposizioni nazionali in questione mi sembra inutilmente artificioso, non foss’altro perché occorrerebbe allora che la normativa nazionale possa assoggettare, almeno occasionalmente, ad un trattamento fiscale notevolmente più vantaggioso le spese professionali sostenute nell’ambito di operazioni nazionali, il che non è confermato.

19.      Mi sembra tuttavia evidente che la disparità di trattamento di cui trattasi è quella che risulta dal contrasto tra la norma speciale, stabilita dall’art. 54 del CIR 1992, specificamente rivolta ai contribuenti che hanno sostenuto spese nei confronti di prestatori di servizi stabiliti negli Stati membri in cui l’imposizione sul reddito risulta molto più vantaggiosa dell’imposizione belga, e la norma generale, stabilita dall’art. 49 del CIR 1992, che si rivolge agli altri contribuenti, compresi, è importante sottolineare, quelli che hanno sostenuto spese nei confronti di prestatori stabiliti negli Stati membri che non hanno una fiscalità notevolmente più vantaggiosa di quella belga.

20.      Questa disparità non è certo riconducibile soltanto ad una questione di residenza. Resta tuttavia assolutamente chiaro che l’art. 54 del CIR 1992 si applica soltanto nel caso in cui ha avuto luogo una prestazione di servizi transfrontalieri, anche se questa circostanza da sola non è sufficiente.

21.      Di conseguenza, intendo esaminare la questione partendo dal contrasto tra la disposizione che configura l’eccezione, l’art. 54 del CIR 1992, e quella che prevede la regola della deduzione delle spese professionali, sostanzialmente l’art. 49 del CIR 1992.

2.      Un argomento da respingere a prima vista

22.      S’impone un’ultima osservazione preliminare. Il governo belga sottolinea che l’art. 54 del CIR 1992 non è più destinato ad applicarsi ai pagamenti effettuati all’interno dell’Unione. Infatti, in applicazione del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (10), i regimi fiscali degli Stati membri che esorbitano dal diritto comune, avendo l’effetto di assoggettare taluni elementi di reddito ad un’imposizione nulla o quasi nulla (in particolare il regime lussemburghese delle holding 29) dovevano essere totalmente smantellati entro e non oltre il 31 dicembre 2010. Per contro, la SIAT, sia nelle sue osservazioni sia in udienza, ha fatto valere, essenzialmente, che il dispositivo attuato dall’art. 54 del CIR 1992, che risalirebbe al 1954 (11), introduce una presunzione generale di frode che non sarebbe più ammissibile nel quadro dell’Unione europea.

23.      Senza che occorra pronunciarsi sulla fondatezza delle affermazioni del governo belga, basta sottolineare, a questo riguardo, che il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, citato sopra, non può esercitare la minima influenza sulla soluzione della controversia principale, posto che, come precisato all’ultimo ‘considerando’ della risoluzione del 1° dicembre 1997, il codice di condotta costituisce un impegno politico e non pregiudica pertanto i diritti e gli obblighi degli Stati membri né le rispettive competenze degli Stati membri e della Comunità.

B –    Sul contenuto della normativa nazionale

24.      Nella decisione di rinvio, il giudice del rinvio definisce la normativa belga una «presunzione di non deducibilità delle spese professionali». Dal canto suo, la SIAT ritiene che l’art. 54 del CIR 1992 introduca una «presunzione generale di frode». Per il governo belga, infine, la normativa nazionale instaura una «presunzione legale di simulazione» (12). A prescindere dalla qualifica da attribuire a detta disposizione, è importante innanzi tutto individuarne chiaramente le caratteristiche principali.

1.      Sulle caratteristiche principali della normativa belga

25.      Prima di procedere all’individuazione delle differenze tra i due regimi fiscali, quello dell’art. 49 del CIR 1992 e quello dell’art. 54 del CIR 1992, s’impongono due considerazioni. In primo luogo, occorre partire dalla ratio che sottende l’intera disposizione nazionale di cui trattasi, ovvero, come si è visto, la coesistenza in seno all’Unione di regimi notevolmente diversi di tassazione dei redditi che, lungi dall’essere soltanto possibile, è una realtà frequente. È per questo che la disposizione nazionale in questione allude, senza ulteriori precisazioni, a «un regime di tassazione notevolmente più vantaggioso», in altri Stati membri, del regime belga (art. 54 del CIR 1992). Dal canto suo, il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione supplementare al riguardo. Interrogato su questo punto all’udienza, il governo belga ha precisato che, benché esistano elenchi di «paradisi fiscali» (13), che si trovino all’interno o all’esterno della Comunità, spetterà tuttavia alle autorità tributarie, sotto il controllo dei competenti giudici nazionali, pronunciarsi caso per caso su questo punto. Al riguardo si può segnalare sin d’ora l’esistenza di una lacuna nella certezza del diritto dei contribuenti belgi nella scelta delle loro strategie commerciali, con conseguenze non trascurabili per la libera prestazione dei servizi.

26.      In secondo luogo, è giocoforza osservare che la normativa belga considera come prima facie sospette tutte le spese professionali sostenute dal contribuente risultanti da operazioni realizzate con prestatori di servizi stabiliti in Stati membri con una tassazione notevolmente più vantaggiosa. Questa caratteristica dell’art. 54 del CIR 1992 merita un breve commento. A differenza di altre situazioni in precedenza analizzate dalla Corte, e come in precedenza segnalato (14), la normativa belga prescinde da qualsivoglia nesso di interdipendenza tra il contribuente che chiede la deduzione per spese professionali e il prestatore di servizi che beneficia del compenso corrispondente a siffatte spese.

27.      Il semplice fatto che il prestatore di servizi in questione sia assoggettato ad una tassazione notevolmente più vantaggiosa della tassazione belga basta al legislatore belga per rendere sospette tutte le spese professionali sostenute da un contribuente belga nei confronti di detto prestatore di servizi, con la conseguenza, dunque, di assoggettare quest’ultimo al principio della non deducibilità. È in questo senso che si può affermare che il legislatore nazionale ha introdotto una presunzione generale di frode nel caso di tutte le spese professionali sostenute da un contribuente belga nei confronti di un prestatore di servizi non residente, per il solo fatto che esso è stabilito in uno Stato membro la cui tassazione dei redditi è notevolmente meno onerosa di quella esistente in Belgio.

2.      Sulle differenze tra i regimi sulla deducibilità delle spese professionali: il contrasto tra l’art. 54 del CIR 1992 e l’art. 49 del CIR 1992

a)      Il principio

28.      Mentre l’art. 49 del CIR 1992 pone come norma un principio di deducibilità, seppure a condizioni che si possono qualificare come normali, delle spese professionali derivanti da operazioni nazionali, l’art. 54 del CIR 1992 introduce un principio di non deducibilità delle spese professionali ogni volta che queste sono sostenute nei confronti di prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri nelle circostanze sopra descritte.

29.      Da ciò deriva una differenza essenziale, che può essere qualificata come un’inversione del principio, inversione che mette i contribuenti di cui trattasi in situazioni nettamente diverse a seconda dell’origine dei servizi richiesti. Come dimostrerò in prosieguo, il principio di deducibilità, come quello di non deducibilità, sono «qualificati»: la deducibilità non è incondizionata, la non deducibilità si accompagna ad eccezioni, accordate caso per caso. Ma già solo per questo fatto esiste una disparità di trattamento: è sempre nettamente più difficile, anche solo sotto il profilo procedurale, ottenere dall’amministrazione il beneficio dell’eccezione al principio piuttosto che soddisfare le condizioni poste dalla regola.

b)      Le condizioni

30.      Non sorprende, di conseguenza, che le condizioni alle quali è subordinata la deduzione delle spese professionali siano sostanzialmente diverse a seconda dei casi. Se le due disposizioni hanno in comune che impongono al contribuente l’obbligo di amministrare la prova della «realtà» delle operazioni all’origine del compenso che può essere dedotto a titolo di spese professionali, l’art. 54 del CIR 1992 include due condizioni supplementari e cumulative (15). Da una parte, le prestazioni devono essere «veritiere» e, dall’altra, il compenso di dette prestazioni non deve superare i «limiti normali». Occorre adesso cercare di valutare la possibile portata di queste due condizioni supplementari.

31.      Da un lato, non è facile stabilire cosa il requisito di «verità» aggiunga a quello di «realtà». Esiste tuttavia qualche riferimento che consente di comprendere il contenuto di questa condizione. Dai lavori preparatori della normativa belga ricordati nella decisione di rinvio emerge, infatti, che la prova della realtà e della verità delle prestazioni impone ai contribuenti l’obbligo di provare che le spese corrispondenti «rientrano nell’ambito normale delle loro attività professionali», che esse «rispondono davvero ad una necessità industriale, commerciale o finanziaria e che trovano o devono trovare normalmente una compensazione nell’insieme delle attività dell’impresa» (16). L’idea da prendere in considerazione è dunque che le prestazioni in causa devono rispondere ad un bisogno reale.

32.      Dall’altro, né la normativa belga né il commento del codice delle imposte sui redditi definiscono in cosa consiste esattamente l’obbligo di provare che le spese professionali non eccedono i limiti normali. Interrogato su questo punto in udienza, il governo belga si è limitato a precisare che l’esame da effettuare implica un raffronto dell’operazione di cui trattasi con la prassi normale tra gli operatori economici che agiscono sul mercato. L’art. 54 del CIR 1992 impone in questo modo al contribuente di provare che il compenso della prestazione di servizi che intende dedurre dall’imposta a titolo di spese professionali non è anormale rispetto alla prassi abituale.

33.      Occorre tuttavia precisare, per comprendere esattamente la differenza tra i due regimi, che l’art. 53, punto 10, del CIR 1992 (17) prevede, rispetto alle deduzioni c.d. ordinarie, che non costituiscono spese professionali «tutte le spese nella misura in cui queste eccedono in modo irragionevole i bisogni professionali».

34.      Mediante questa formulazione, il legislatore belga sembra aver voluto escludere la deducibilità delle spese professionali irragionevoli, sia sotto il profilo della loro necessità («bisogni») sia sotto quello, che non può essere affatto escluso, del loro compenso («eccedono»). Sotto questo profilo, la regola dell’art. 53, punto 10, del CIR 1992 rientra come estrema ratio nella stessa logica di quella dell’art. 54 del CIR 1992. E tuttavia le differenze di ordine quantitativo sono palesi: l’art. 53, punto 10, del CIR 1992 esclude dalla deduzione solo ciò che si rivela «irragionevole», mentre l’art. 54 del CIR 1992 esige una prova positiva sia della necessità («verità») della prestazione all’origine delle spese, sia della normalità del prezzo pagato corrispondente a dette spese.

c)      I mezzi di prova

35.      Infine, le due disposizioni si distinguono quanto ai mezzi di prova ammissibili. L’art. 49 del CIR 1992 si limita ad esigere «documenti probatori» o, in mancanza e in subordine, «qualsiasi altro mezzo di prova ammesso dal diritto comune», eccetto il giuramento. L’art. 54 del CIR 1992, per contro, si riferisce in modo apparentemente più permissivo a «qualsiasi mezzo giuridico», senza escludere formalmente nessun mezzo di prova. Sembrerebbe allora che l’art. 54 del CIR 1992 sia più generoso. Eppure, il contesto di questa differenza invita ad una certa diffidenza nei confronti di conclusioni troppo precipitose. A questo riguardo, occorre sottolineare che il commento del codice delle imposte indica che si tratta «di convincere ragionevolmente l’autorità tributaria riguardo alla realtà e alla verità delle operazioni che hanno dato luogo alle spese considerate dalla legge» (18). Si rivela qui un ampio margine di discrezionalità nella valutazione dell’efficacia dei diversi mezzi di prova, che per il momento ci limitiamo a rilevare.

36.      In sintesi, l’art. 54 del CIR 1992 stabilisce evidenti disparità di trattamento. In termini telegrafici, invertendo il principio del diritto o meno alla deduzione, esso inverte in un certo modo l’onere di una prova che varia inoltre da un caso all’altro, aggravando ulteriormente il peso di tale onere. Ciò premesso, occorre esaminare se dette disparità di trattamento costituiscano una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE (19).

C –    Sull’esistenza di una restrizione o di un ostacolo alla libera prestazione dei servizi

37.      Alla luce delle considerazioni che precedono, non è difficile dimostrare che la disparità di trattamento descritta costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. In termini generali, l’art. 49 del Trattato osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che, senza giustificazioni oggettive, ostacoli la possibilità per un prestatore di servizi di esercitare effettivamente tale libertà (20).

38.      In particolare, la Corte ha ripetutamente dichiarato che questo articolo si oppone all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (21). Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, l’art. 49 CE conferisce diritti non solo al prestatore di servizi stesso, ma anche al destinatario dei medesimi (22).

39.      Nella fattispecie, il regime del diritto alla deduzione delle spese professionali corrispondenti al compenso di servizi prestati da persone stabilite nello Stato membro d’imposizione è più favorevole di quello applicato alle spese professionali corrispondenti al compenso di servizi prestati da persone stabilite in un altro Stato membro, nella misura in cui l’imposizione ivi applicata è considerata notevolmente più vantaggiosa dell’imposizione belga.

40.      I contribuenti belgi che ricorrono a servizi prestati da persone stabilite negli Stati membri con un’imposizione notevolmente più vantaggiosa di quella belga, esercitando così il loro diritto alla libera prestazione dei servizi passiva, si trovano dunque in una situazione meno vantaggiosa dei contribuenti che non si sono avvalsi di questa libertà ed hanno limitato la loro attività al territorio dello Stato membro d’imposizione. La normativa belga in causa è dunque dissuasiva nei loro confronti. Essa è anche di natura tale da ostacolare l’offerta di servizi proveniente da persone stabilite negli Stati membri in cui l’imposizione è più vantaggiosa che in Belgio nei confronti di contribuenti residenti in quest’ultimo Stato membro (23).

41.      Infine, la circostanza che la disparità di trattamento verta su aspetti procedurali (un onere della prova rafforzato) piuttosto che su aspetti sostanziali (come una disparità tra la base imponibile o l’aliquota dell’imposta) non è evidentemente idonea a rimettere in causa detto giudizio. La Corte ha del resto già avuto l’occasione di considerare che le differenze di ordine procedurale possono costituire restrizioni od ostacoli ad una libertà (24).

42.      Occorre nondimeno precisare che è stato obiettato (25) che la disparità di trattamento controversa non era discriminatoria, in quanto i prestatori di servizi residenti e quelli non residenti non si trovano oggettivamente nella stessa situazione rispetto agli obblighi relativi al controllo fiscale incombente ai contribuenti (26).

43.      I prestatori di servizi stabiliti in uno Stato membro sono, infatti, assoggettati al controllo dell’autorità tributaria di detto Stato membro. Quest’ultima può dunque controllare direttamente se gli oneri dedotti da un contribuente a titolo di spese professionali corrispondano ad operazioni effettive. Per contro, se le operazioni che giustificano la deduzione sono effettuate da prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro, il controllo della loro realtà richiede l’assistenza dell’amministrazione di quello Stato membro. Ciò premesso, è normale che sia il contribuente a dover provare che le spese che ha contabilizzato sono reali.

44.      Tuttavia, per respingere dette obiezioni per così dire di principio, basta osservare che è nel contesto della fase successiva dell’esame, ovvero in forza delle giustificazioni che possono legittimare restrizioni alla libera prestazione dei servizi, segnatamente della giustificazione relativa alla necessità di tutelare l’efficacia dei controlli fiscali, che esse devono trovare una risposta.

45.      La normativa belga costituisce dunque una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE. Una normativa nazionale restrittiva può tuttavia essere ammessa a condizione che persegua un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato, che sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale, che sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e che non vada oltre quanto necessario al suo raggiungimento (27).

D –    Sui motivi imperativi atti a giustificare la restrizione alla libera prestazione dei servizi

46.      Come giustificazioni della restrizione controversa, i governi belga, francese, portoghese e del Regno Unito, nonché la Commissione, dichiarano che essa sarebbe giustificata da motivi attinenti alla necessità di lottare contro l’evasione fiscale nonché a quella di tutelare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri considerati congiuntamente (28). In aggiunta, i governi francese e portoghese ritengono che la normativa belga sia giustificata anche dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

47.      Di fronte a questa pluralità di motivi di giustificazione possibili, tutti effettivamente ammessi dalla Corte, occorre individuare esattamente, per quanto possibile, lo scopo che ha potuto ispirare il legislatore belga quando ha concepito la disposizione in questione.

48.      La Corte ha riconosciuto che la necessità di salvaguardare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, la ripartizione della competenza fiscale (29) o del potere di tassazione (30) tra gli Stati membri, poteva costituire un motivo imperativo di interesse generale, atto a giustificare un ostacolo alle libertà (31). Tale elemento di giustificazione può ammettersi, in particolare, se il regime fiscale di cui trattasi è inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto degli Stati membri di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul loro territorio (32). Esso tuttavia è stato accolto, come sottolineato dalla stessa Corte (33), solo in connessione con altri elementi di giustificazione (34).

49.      Questo è il motivo per cui il governo belga ha fatto valere precisamente a questo riguardo, riferendosi alla sentenza della Corte Oy AA (35), che l’art. 54 del CIR 1992 era giustificato dalla necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e di lottare contro l’evasione fiscale, considerati congiuntamente (36). La pertinenza della giustificazione attinente alla ripartizione equilibrata del potere impositivo deve tuttavia essere respinta nella fattispecie in esame.

50.      Infatti, l’art. 54 del CIR 1992 non mira, per lo meno secondo i suoi termini, a consentire al Belgio di mantenere risorse fiscali che rischierebbero di sfuggirgli. Non bisogna dimenticare che questa disposizione riguarda le persone che sono necessariamente contribuenti in Belgio e mira soltanto a garantire che le deduzioni dell’imposta sui loro redditi siano giustificate. Essa non opera dunque alcuna ripartizione del potere impositivo degli Stati membri interessati sui benefici corrispondenti ai compensi di cui trattasi (37). Ciò ovviamente non esclude che questa disposizione possa avere indirettamente l’effetto di dissuadere i contribuenti belgi dal ricorrere ai prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri e, di conseguenza, incida in ultima istanza sulla ripartizione delle risorse fiscali tra detti Stati membri e il Belgio. Tuttavia, questa eventuale conseguenza indiretta non consente di considerare che la normativa belga sia giustificata dalla necessità di garantire la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri.

51.      In conclusione, non si può considerare che il semplice esercizio, ad opera dei contribuenti belgi, della libera prestazione dei servizi passiva (38) possa essere assimilato ad un comportamento idoneo a pregiudicare il diritto del Belgio ad esercitare la sua competenza fiscale, a pena di svuotare detta libertà del suo contenuto (39).

52.      Resta dunque da esaminare se la normativa belga possa essere giustificata dalla necessità di tutelare l’efficacia dei controlli fiscali e di lottare contro la frode, l’evasione fiscale o gli abusi.

53.      La Corte ha certamente riconosciuto che la necessità di tutelare l’efficacia dei controlli fiscali poteva costituire, come tale, un motivo imperativo d’interesse generale (40) atto a giustificare una restrizione alle libertà. Orbene, è chiaro che l’art. 54 del CIR 1992 rafforza i controlli dell’amministrazione sulle spese professionali che possono essere dedotte dall’imposta sul reddito.

54.      Tuttavia, lo scopo principale dell’art. 54 del CIR 1992 è quello di lottare contro la frode e l’evasione fiscale o gli abusi, segnatamente premunire lo Stato belga contro la pratica delle spese professionali non reali, non veritiere e non normali. Il legislatore nazionale conduce evidentemente questa lotta mediante un rafforzamento del controllo delle deduzioni ed addirittura un’esclusione delle deduzioni, fatte salve talune eccezioni. Ma è essenzialmente in quanto dispositivo di lotta contro la frode fiscale dei contribuenti belgi che deve essere esaminata la legittimità della normativa belga (41).

55.      Nella fattispecie, si può ammettere che la normativa belga possa essere giustificata dalla necessità di lottare contro talune forme di evasione fiscale, in particolare individuando pratiche che assumono la forma di compensi di prestazioni fittizie o di compensi anomali di prestazioni reali che, presentati come spese professionali e come tali deducibili dall’ammontare dell’imposta sul reddito in Belgio, possono pregiudicare indirettamente, con il loro carattere abusivo, l’esercizio della competenza fiscale dello Stato membro in questione in relazione alle attività realizzate sul suo territorio.

56.      La lotta all’evasione fiscale, alla frode o agli abusi costituisce così il centro di gravità del regime specifico introdotto dall’art. 54 del CIR 1992 ed è dunque la giustificazione alla luce della quale deve essere esaminata la proporzionalità della normativa belga, o ancora le condizioni della sua applicazione concreta ed effettiva.

57.      La Corte ha ripetutamente dichiarato, a questo riguardo, che una restrizione alla libera prestazione dei servizi poteva essere giustificata dalla necessità di lottare contro il rischio di evasione fiscale (42) e, più in generale, di prevenire le pratiche abusive (43), a condizione tuttavia di rispondere al criterio di specificità.

58.      Una normativa nazionale restrittiva soddisfa la condizione di specificità se colpisce specificamente le costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate esclusivamente ad ottenere un vantaggio fiscale, eludere l’imposta oppure raggirare o sfuggire all’applicazione della normativa fiscale nazionale (44) o ancora se ha l’obiettivo specifico di escludere da un vantaggio fiscale da essa previsto le costruzioni puramente artificiose il cui scopo sia quello di eluderla (45).

59.      Come sopra osservato nel quadro delle caratteristiche della normativa belga, quest’ultima impone a tutti i contribuenti l’obbligo di produrre la prova della realtà delle operazioni il cui compenso può essere dedotto dall’imposta sul reddito a titolo di spese professionali. Questa esigenza, che può essere considerata come elementare al fine di ottenere un vantaggio fiscale di qualsiasi tipo e quindi idonea di per sé a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti, non è tuttavia in discussione nella causa principale.

60.      La questione sollevata dalla normativa belga è se l’obbligo di produrre la prova della verità delle operazioni e della normalità dei compensi ad esse relativi, imposto ai contribuenti che intendono dedurre dall’imposta sul reddito a titolo di spese professionali il compenso di servizi prestati da persone stabilite negli Stati membri aventi un’imposizione notevolmente più vantaggiosa di quella belga, sia giustificato e, ammesso che esso sia idoneo a realizzare gli obiettivi così definiti, se non vada oltre quanto necessario a questo fine.

61.      Le due esigenze poste dall’art. 54 del CIR 1992, ossia produrre la prova della verità delle operazioni e della normalità dei relativi compensi, possono essere considerate in linea di principio come idonee a realizzare gli obiettivi identificati di lotta contro l’evasione, la frode o gli abusi.

62.      Infatti, esigere dai contribuenti che intendono beneficiare di un vantaggio fiscale, come la deduzione delle spese professionali in discussione nella causa principale, che essi forniscano gli elementi che provano che dette spese corrispondono a operazioni reali e restano nei limiti normali ha innegabilmente l’obiettivo di evitare che detti contribuenti organizzino la riduzione del loro reddito imponibile producendo fatture fittizie o anormalmente elevate (46).

63.      Queste esigenze sono dunque innegabilmente idonee a contribuire alla lotta contro la frode e l’evasione fiscale nonché contro gli abusi. Come sottolineato dal governo portoghese nelle sue osservazioni, dette esigenze sono inoltre atte a dissuadere i contribuenti dal ricorre a pratiche fraudolente per simulazione o esagerazione o dichiarazione di operazioni fittizie o sovraffatturate.

64.      Resta tuttavia da verificare, infine, che esse non vadano oltre quanto necessario alla realizzazione degli obiettivi perseguiti.

E –    Sulla proporzionalità della normativa belga

65.      Per poter dare una valutazione complessiva sulla proporzionalità della normativa belga, voglio fare una distinzione tra le diverse condizioni poste dall’art. 54 del CIR 1992. Queste condizioni possono essere suddivise in due gruppi, il primo comprendente quelle che possono essere oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione ad opera dell’amministrazione tributaria belga, sotto il controllo dei giudici nazionali competenti, che sia compatibile con le esigenze della libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE, il secondo comprendente quelle che non possono essere oggetto di siffatta interpretazione e applicazione altrettanto compatibili.

66.      Innanzitutto, imponendo al contribuente di produrre la prova della verità delle prestazioni di servizi transfrontalieri e della normalità del relativo compenso, l’art. 54 del CIR 1992 impone due condizioni supplementari a quelle poste dall’art. 49 del CIR 1992, che stabilisce il regime di diritto comune. Dette condizioni non sembrano tuttavia di per sé irragionevoli rispetto all’obiettivo perseguito di lotta alla frode e all’evasione fiscale, sempre che siano effettivamente oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione equilibrate ad opera dell’amministrazione tributaria e dei giudici nazionali, anche se esse presentassero una differenza rispetto a quelle poste, segnatamente, dalle disposizioni dell’art. 53, punto 10, del CIR 1992.

67.      Quindi, anche se è vero che l’art. 54 del CIR non garantisce espressamente (47) che, quando si accerta che il compenso relativo ad una prestazione transfrontaliera è anomalo, il diritto alla deduzione sia respinto solo per la frazione che eccede quanto sarebbe stato convenuto in condizioni normali di concorrenza (48), sembra tuttavia che la giurisprudenza si sia evoluta a questo riguardo (49). Anche su questo punto, la normativa belga potrebbe dunque senz’altro essere considerata come compatibile con l’art. 49 CE, fermo restando il potere dell’amministrazione tributaria e dei giudici nazionali di rifiutare la deduzione solo nei limiti stabiliti dalla citata giurisprudenza della Corte (50).

68.      Infine, nello stesso ordine d’idee, si potrebbe anche considerare che spetta al giudice del rinvio vegliare affinché l’obbligo gravante sul contribuente, consistente nel convincere l’amministrazione tributaria della realtà e della verità delle prestazioni di cui trattasi, sia oggetto di un’applicazione equilibrata, eventualmente delimitando l’esercizio di questo potere discrezionale. Come sottolineato dalla Commissione nel corso dell’udienza, il controllo dell’amministrazione sulla realtà e sulla verità delle operazioni deve trovare, a questo riguardo, il suo limite nel divieto di qualsiasi interferenza nella gestione dell’impresa.

69.      Se le difficoltà sollevate dall’art. 54 del CIR 1992 si riducessero a questi tre elementi, sarebbe anche possibile concludere che, salve le verifiche che devono essere attuate dal giudice del rinvio sull’interpretazione e sull’applicazione del diritto nazionale alla luce del diritto dell’Unione, la normativa belga è proporzionata rispetto all’obiettivo principale che persegue. Le disposizioni dell’art. 54 del CIR 1992 sollevano tuttavia altre difficoltà, che non si possono ignorare.

70.      Il problema principale posto dall’art. 54 del CIR 1992 rispetto alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE sta nella sua mancanza di specificità o, se si preferisce, nell’universalità del suo ambito di applicazione.

71.      Infatti, come sopra sottolineato, l’art. 54 del CIR 1992 impone al contribuente belga che intende ottenere la deduzione a titolo di spese professionali del compenso di prestazioni di servizi realizzate da operatori stabiliti in altri Stati membri con una fiscalità notevolmente più vantaggiosa di quella belga l’obbligo di giustificare sistematicamente la verità di tutte le prestazioni così realizzate e la normalità di tutti i relativi compensi, anche in mancanza di qualsiasi sospetto oggettivo di frode o di abuso. In questo modo, l’art. 54 del CIR 1992 esonera l’amministrazione tributaria belga da qualsivoglia obbligo di fornire un benché minimo indizio di prova di frode, di evasione o di abuso e stabilisce un sospetto generale di frode (51), una presunzione generale di frode, di evasione o di pratiche abusive (52).

72.      È palese, a questo riguardo, che se l’art. 54 del CIR 1992 si applicasse solo in circostanze specifiche, come ad esempio nei casi in cui esiste un legame d’interdipendenza (53) tra il contribuente belga e il prestatore del servizio stabilito in uno Stato membro con una fiscalità notevolmente più vantaggiosa di quella belga, sarebbe più facile constatare che esso non va oltre quanto necessario alla realizzazione dell’obiettivo principale che persegue legittimamente (54). È anche chiaro che l’art. 54 del CIR 1992 è applicabile in siffatte circostanze, come spetta accertare al giudice del rinvio. Tuttavia, l’esistenza di un legame d’interdipendenza non è per l’appunto che una circostanza la cui eventuale presenza in un determinato caso non consente di relativizzare l’universalità dell’ambito di applicazione dell’art. 54 del CIR 1992, la sua mancanza di specificità.

73.      La situazione del contribuente belga è inoltre complicata dalla circostanza che egli non dispone di alcuna informazione su cosa sia uno Stato membro con un regime fiscale notevolmente più vantaggioso di quello belga. Egli è dunque costretto a valutare lui stesso, ove intenda avvalersi dei servizi di una persona stabilita in un altro Stato membro, se la tassazione di detto Stato membro sia notevolmente più vantaggiosa di quella belga, al fine di determinare in quale regime di deduzione delle spese professionali rientrerà, il che lo pone in una situazione di incertezza giuridica. A ciò si aggiunge il fatto che è particolarmente difficile individuare con precisione le situazioni a cui si riferisce l’utilizzazione dell’avverbio «notevolmente». È vero che la difficoltà nata da questa incertezza giuridica potrebbe sparire se l’amministrazione tributaria belga fosse in grado di redigere l’elenco dei regimi fiscali notevolmente più vantaggiosi di quello belga, che quindi possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 54 del CIR 1992. Tuttavia, questa non è la prassi che viene seguita. Inoltre, in ogni caso, sembra particolarmente difficile prevedere tutte le possibili applicazioni di siffatta disposizione.

74.      In conclusione, ritengo che, pur essendo possibile assoggettare alcune delle specificità della normativa belga in questione ad una dichiarazione di conformità, quest’ultima, considerata nel suo insieme, introduce una restrizione sproporzionata, e pertanto non giustificata, alla libera prestazione dei servizi.

VI – Conclusione

75.      Di conseguenza, propongo alla Corte di risolvere come segue la questione pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation:

«L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione della normativa di uno Stato membro, come l’art. 54 del codice belga delle imposte sui redditi del 1992 di cui trattasi nella causa principale, in virtù della quale le spese professionali non sono deducibili dall’imposta sul reddito in circostanze in cui esse corrispondono al compenso di prestazioni di servizi ad opera di una persona stabilita in uno Stato membro diverso nel quale quest’ultima non è assoggettata ad un’imposta sul reddito, o è assoggettata ad un regime di tassazione notevolmente più vantaggioso di quello dello Stato membro d’imposizione, a meno che il contribuente non provi che detto compenso corrisponde ad operazioni effettive e veritiere e non oltrepassa i limiti normali, mentre, in linea di principio, le spese professionali sono deducibili dall’imposta sul reddito se tali circostanze non sussistono».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – V. sentenze 14 dicembre 2000, causa C-141/99, AMID (Racc. pag. I-11619); 13 dicembre 2005, causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837); 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation (Racc. pag. I-11753); 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (Racc. pag. I-2107); 29 marzo 2007, causa C-347/04, Rewe Zentralfinanz (Racc. pag. I-2647); 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA (Racc. pag. I-6373); 28 febbraio 2008, causa C-293/06, Deutsche Shell (Racc. pag. I-1129); 15 maggio 2008, causa C-414/06, Lidl Belgium (Racc. pag. I-3601); 23 ottobre 2008, causa C-157/07, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (Racc. pag. I-8061); 19 novembre 2009, causa C-314/08, Filipiak (Racc. pag. I-11049), e 18 marzo 2010, causa C-440/08, Gielen (Racc. pag. I-2323).


3 – V., segnatamente, sentenze 22 gennaio 2009, causa C-377/07, STEKO Industriemontage (Racc. pag. I-299); 27 gennaio 2009, causa C-318/07, Persche (Racc. pag. I-359); 15 ottobre 2009, causa C-35/08, Busley e Cibrian Fernandez (Racc. pag. I-9807); 31 marzo 2011, causa C-450/09, Schröder (Racc. pag. I-2497), e 16 giugno 2011, causa C-10/10, Commissione/Austria (Racc. pag. I-5389).


4 – V., in particolare, sentenze 28 ottobre 1999, causa C-55/98, Vestergaard (Racc. pag. I-7641); 12 giugno 2003, causa C-234/01, Gerritse (Racc. pag. I-5933); 3 ottobre 2006, causa C-290/04, FKP Scorpio Konzertproduktionen (Racc. pag. I-9461); 11 settembre 2007, causa C-318/05, Commissione/Germania (Racc. pag. I-6957), e 13 marzo 2008, causa C-248/06, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-47) .


5 – O alla cittadinanza europea, v. sentenza 23 aprile 2009, causa C-544/07, Rüffler (Racc. pag. I-3389).


6 – V., ad esempio, sentenze citate Marks & Spencer; Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation; Rewe Zentralfinanz e Oy AA, nonché 21 gennaio 2010, causa C-311/08, SGI (Racc. pag. I-487).


7 – V., in particolare, sentenza FKP Scorpio Konzertproduktionen, cit.


8 – In prosieguo: il «CIR 1992».


9 – Con queste premesse, solo la sentenza resa dalla Corte nella causa Vestergaard, cit., può, nella sua specificità, offrire qualche riferimento direttamente pertinente.


10 – Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in seno al Consiglio il 1° dicembre 1997 (GU 1998, C 2, pag. 1).


11 – A questo riguardo, si può osservare che il governo belga, nelle sue osservazioni scritte, si riferisce alla motivazione della legge che l’ha inserito nel CIR, adottata nella sessione parlamentare 1953-1954.


12 – Conformemente, del resto, alla dottrina dell’amministrazione tributaria, come emerge dallo stesso titolo del numero 54/26 del commento del codice delle imposte sui redditi 1992 (http://fiscus.fgov.be/interfaoiffr/publicaties/lijst_aoif.htm).


13 – È questa la terminologia utilizzata in udienza dall’agente del governo belga.


14 – Penso, in particolare, alla giurisprudenza concernente le società estere controllate e, in senso più ampio, le relazioni tra le società madri e figlie, tra cui quelle citate sopra, nota 6.


15 – Come emerge dal numero 54/28 del commento del codice delle imposte sui redditi 1992, cit., che richiama la sentenza della Cour de cassation 10 novembre 1964, SA Anc. Ets. Paul Auerbach (Bull. 423, pag. 151). La Commissione dal canto suo parla di «condizioni procedurali rafforzate».


16 – Queste formule sono del resto riportate nel numero 54/28 del commento del codice delle imposte sui redditi 1992, cit.


17 – Questa disposizione, citata dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, non è mai richiamata né dal giudice del rinvio nella sua decisione di rinvio né dal governo belga nelle sue osservazioni scritte e orali.


18 – V. il numero 54/29 del commento del codice delle imposte sui redditi 1992, cit.


19 – Occorre precisare qui che il giudice del rinvio propone esplicitamente alla Corte una questione d’interpretazione dell’art. 49 CE (attualmente divenuto art. 56 TFUE) relativo alla libera prestazione dei servizi. Alla luce della natura delle relazioni che uniscono le società nella causa principale (una filiale comune), si pone tuttavia la questione se siano applicabili altre disposizioni del Trattato, segnatamente gli artt. 43 CE (art. 49 TFUE) e 48 CE (art. 54 TFUE) concernenti la libertà di stabilimento, conformemente alla giurisprudenza risultante dalla sentenza 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars (Racc. pag. I-2787); v. anche, a questo riguardo, sentenza SGI, cit. (punti 23-37). Tuttavia, alla luce delle caratteristiche della normativa belga sopra presentate e nella misura in cui questa questione non è oggetto di alcun dibattito, è alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi che esaminerò detta normativa. V., per analogia, sentenza 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (Racc. pag. I-7995, punto 33).


20 –      V. sentenza 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda (Racc. pag. I-4007, punto 12), e 5 ottobre 1994, causa C-381/93, Commissione/Francia (Racc. pag. I-5145, punto 16).


21 – V., segnatamente, sentenza Commissione/Francia, cit. (punto 17); 28 aprile 1998, causa C-118/96, Safir (Racc. pag. I-1897, punto 23), e Kohll (Racc. pag. I-1931, punto 33); 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms (Racc. pag. I-5473, punto 61), e 11 settembre 2007, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz (Racc. pag. I-6849, punto 67).


22 – V., segnatamente, sentenze 31 gennaio 1984, cause riunte 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone (Racc. pag. 377); 26 ottobre 1999, causa C-294/97, Eurowings Luftverkehr (Racc. pag. I-7447, punto 34); FKP Scorpio Konzertproduktionen, cit. (punto 32), e 1° luglio 2010, causa C-233/09, Dijkman e Dijkman-Lavaleije (Racc. pag. I-6649, punto 24).


23 – In questo senso, sentenza Schwarz e Gootjes-Schwarz, cit. (punto 66); Commissione/Germania, cit. (punto 80), nonché 20 maggio 2010, causa C-56/09, Zanotti (Racc. pag. I-4517).


24 – Sentenza 11 giugno 2009, cause riunite C-155/08 e C-157/08, X e Passenheim-van Schoot (Racc. pag. I-5093), per un termine prolungato di una rettifica fiscale per fondi detenuti fuori dallo Stato membro d’imposizione.


25 –      È la prima linea di argomentazione del governo portoghese ed è anche il punto di vista del governo belga.


26 – È quanto fanno osservare i governi francese e portoghese.


27 – V., segnatamente, sentenze 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus (Racc. pag. I-1663, punto 32); 5 luglio 2007, causa C-522/04, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-5701, punto 47), e 4 dicembre 2008, causa C-330/07, Jobra (Racc. pag. I-9099, punto 27).


28 –      In applicazione della sentenza SGI, cit. (punti 66 e 69).


29 – V. sentenze 12 maggio 1998, causa C-336/96, Gilly (Racc. pag. I-2793, punti 24 e 30); 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN (Racc. pag. I-6161, punto 57), e 27 novembre 2008, causa C-418/07, Papillon (Racc. pag. I-8947, punti 34-40).


30 – V. sentenza 26 giugno 2008, causa C-284/06, Burda (Racc. pag. I-4571, punto 87).


31 – Sino ad oggi, la Corte ha ammesso detta giustificazione solo in cinque casi (v. sentenze citate Oy AA, Lidl Belgium e SGI, nonché sentenze 17 settembre 2009, causa C-182/08, Glaxo Wellcome, Racc. pag. I-8591, e 25 febbraio 2010, causa C-337/08, X Holding, Racc. pag. I-1215).


      Per rigetti, in materia di libertà di stabilimento, v. sentenze citate Saint-Gobain ZN, Rewe Zentralfinanz e sentenza 18 giugno 2009, causa C-303/07, Aberdeen Property Fininvest Alpha (Racc. pag. I-5145); in materia di libera circolazione dei capitali, sentenze 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta (Racc. pag. I-9569); 19 novembre 2009, causa C-540/07, Commissione/Italia (Racc. pag. I-10983), nonché 3 giugno 2010, causa C-487/08, Commissione/Spagna (Racc. pag.I-4843); in materia di libera prestazione dei servizi, sentenza Jobra, cit..


32 – Sentenza Oy AA, cit. (punto 54), che rinvia alla sentenza Rewe Zentralfinanz, cit. (punto 42), la quale rinvia a sua volta alle sentenze citate Marks & Spencer (punto 46) e Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (punti 55 e 56).


33 – V. sentenze citate Rewe Zentralfinanz (punto 41), e Oy AA (punto 51).


34 –      V. sentenza Marks & Spencer, cit. (punti 43 e 51).


35 – Cit. supra, punti 51 e segg.


36 – V. sentenza SGI, cit. (punto 66).


37 – V. sentenze citate Rewe Zentralfinanz (punto 42) e Jobra (punto 33).


38 – Seguendo la terminologia utilizzata, segnatamente, dagli avvocati generali Stix-Hackl, nelle conclusioni presentate per la causa Lindmann (sentenza 13 novembre 2003, causa C-42/02, Racc. pag. I-13519, paragrafo 53), e Kokott, nelle conclusioni presentate per la causa Presidente del Consiglio dei Ministri (sentenza 17 novembre 2009, causa C-169/08, Racc. pag. I-10821, paragrafo 35).


39 – V. sentenza Rewe Zentralfinanz, cit. (punto 43).


40 – V., segnatamente, sentenze 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, detta «Cassis de Dijon» (Racc. pag. 649, punto 8); 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer (Racc. pag. I-2471, punto 31); 8 luglio 1999, causa C-254/97, Baxter e a. (Racc. pag. I-4809, punto 18); 10 marzo 2005, causa C-39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I-2057, punto 24); 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer (Racc. pag. I-8203, punto 47); 26 ottobre 2010, causa C-97/09, Schmelz (Racc. pag. I-10465, punto 57), e 30 giugno 2011, causa C-262/09, Meilicke e a. (Racc. pag. I-5669, punto 41).


41 – Il giudice del rinvio ha anche invocato, nella sua decisione di rinvio, la questione dell’incidenza della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), sulla valutazione delle giustificazioni della normativa belga. Tuttavia, e senza entrare qui in un esame approfondito della questione, non è certo che la direttiva 77/799 debba manifestamente essere applicata ad un caso come quello in esame nella causa principale, alla luce dei suoi artt. 2 e 8 e della giurisprudenza della Corte. Cfr., segnatamente, sentenze citate Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (punti 70 e 71); X e Passenheim-van Schoot (punti 65-67), nonché Persche (punti 61 e segg.). V. anche sentenza 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International (Racc. pag. I-7897, punto 32).


42 –      V. sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI (Racc. pag. I-4695, punto 26); 12 dicembre 2002, causa C-324/00, Lankhorst-Hohorst (Racc. pag. I-11779, punto 37), nonché 11 marzo 2004, causa C-9/02, de Lasteyrie du Saillant (Racc. pag. I-2409, punto 50).


43 – V. sentenze citate Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (punti 51 e 55); Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (punto 74); Jobra (punto 35), nonché sentenza 22 dicembre 2010, causa C-287/10, Tankreederei I (Racc. pag. I-14233, punto 28).


44 –      V., segnatamente, sentenze citate Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (punto 55); Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (punto 74); Jobra (punto 35); Aberdeen Property Fininvest Alpha (punto 64); Glaxo Wellcome (punto 89); Tankreederei I (punto 28), nonché 10 febbraio 2011, cause riunite C-436/08 e C-437/08, Haribo Hans Riegel e Österreichische Salinen (Racc. pag. I-305, punto 165).


45 – V., segnatamente, sentenze citate ICI (punto 26); Lankhorst-Hohorst (punto 37); de Lasteyrie du Saillant (punto 50); Marks & Spencer (punto 57) e Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (punto 79), nonché 21 novembre 2002, causa C-436/00, X e Y (Racc. pag. I-10829, punto 61).


46 – Come sottolineato dalla Commissione e dal governo belga nelle loro osservazioni, dai lavori preparatori della legge all’origine dell’art. del 54 CIR 1992 emerge che questa disposizione mirava ad opporsi alle manovre con le quali le società belghe riducevano fittiziamente la loro base imponibile retribuendo prestazioni di servizi inesistenti forniti da società che godevano di un regime fiscale privilegiato.


47 – Emerge, segnatamente, dal numero 54/28 del commento del codice delle imposte sui redditi del 1992, citato, che rinvia ad una vecchia sentenza (Cour de cassation 12 febbraio 1963, SA Oftri, Bull. 411, pag. 1758), che, una volta stabilito il carattere anomalo di una spesa, è tutta la spesa, e non soltanto la parte anomala, che deve essere esclusa dalle spese generali.


48 – Il principio della piena concorrenza costituisce, infatti, il criterio appropriato per distinguere la costruzione artificiosa da operazioni economiche reali, per riprendere l’espressione impiegata dagli avvocati generali Geelhoed, al paragrafo 66 delle sue conclusioni presentate nella causa Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit.), e Kokott, al paragrafo 68 delle sue conclusioni presentate nella causa SGI (cit.). Sull’attuazione di detto principio, v. segnatamente sentenza SGI, cit. (punti 71 e 72). V. anche la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo 10 dicembre 2007. L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta – all’interno dell’UE e nei confronti dei paesi terzi [COM(2007)785 def., pagg. 5 e 6].


49 – È ciò che fa valere la Commissione, riferendosi a una sentenza della Cour de cassation 27 novembre 1966 che avrebbe riveduto la soluzione adottata nella sentenza 12 febbraio 1963.


50 – Per un esempio concreto di riserva d’interpretazione, v., in particolare, sentenza SGI, cit. (punto 75)


51 – V. sentenza 9 luglio 2009, causa C-397/07, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-6029, punto 30).


52 – V., tra le altre, le citate sentenze Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (punto 50); ICI (punto 26); X e Y (punto 62), nonché sentenza 11 ottobre 2007, causa C-451/05, ELISA (Racc. pag. I-8251, punto 91).


53 – Nella fattispecie, dal numero 54/26 del commento del codice delle imposte sui redditi 1992, sopra citato, emerge che l’art. del 54 CIR 1992 si applica, come fatto osservare dalla SIAT in udienza, indipendentemente da qualsiasi relazione di interdipendenza tra il prestatore e il destinatario dei servizi.


54 – Come sottolineato dalla Commissione nella sua comunicazione 10 dicembre 2007, cit. «le norme antiabuso nazionali possono comprendere criteri di sicurezza (“safe harbours”) applicabili alle situazioni che presentano la probabilità di abuso più elevata». Essa aggiunge che «la definizione di criteri presuntivi ragionevoli contribuisce a un’applicazione equilibrata delle misure antiabuso nazionali, in quanto risponde all’interesse della certezza del diritto per i contribuenti e della praticità per le autorità fiscali». Resta il fatto, come essa sottolinea di seguito, che le norme antiabuso non devono tuttavia avere una portata troppo ampia, per comprendere al contrario solo le situazioni caratterizzate dalla mancanza di una giustificazione commerciale.