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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 12 settembre 2013 (1)

Causa C-174/12

Alfred Hirmann

contro

Immofinanz AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Handelsgericht Wien (Austria)]

«Diritto delle società — Direttiva 77/91/CE — Responsabilità di una società per azioni — Tutela dell’investitore che si basa su informazioni inesatte — Compatibilità di una norma nazionale che prevede la risoluzione di un contratto di acquisto di azioni»





1.        Nel caso in cui un investitore acquisti azioni in una società per azioni sul mercato secondario (ovvero non in occasione di un aumento di capitale di tale società) e successivamente sostenga che le informazioni contenute nel prospetto informativo sul mercato del capitale, sulle quali ha basato il suo acquisto, non erano complete né veritiere, può un giudice ingiungere alla società di risolvere il contratto, e pertanto di riacquistare le sue azioni e rimborsare il denaro all’investitore, o siffatto provvedimento è vietato dal diritto dell’Unione europea? E detto investitore ha il diritto alla restituzione del prezzo originariamente versato o del valore delle azioni al momento della presentazione della domanda?

2.        Lo Handelsgericht Wien (Tribunale commerciale di Vienna), che ha proposto il presente rinvio pregiudiziale, ha formulato le proprie questioni alla luce della direttiva 77/91/CE (in prosieguo: la «seconda direttiva sul diritto delle società») (2). Tuttavia, il 25 ottobre 2012, detta direttiva è stata abrogata da un nuovo testo rifuso, la direttiva 2012/30/UE (3). Nelle presenti conclusioni mi riferirò, pertanto, al passato alla seconda direttiva sul diritto societario. Tuttavia, laddove le disposizioni della direttiva abrogata si ritrovino in termini sostanzialmente identici nel nuovo testo legislativo (in tal caso, le disposizioni equivalenti sono identificate nelle note a piè di pagina), spero che le mie osservazioni risultino utili per il futuro come per il passato.

3.        Il giudice del rinvio fa presente che l’articolo 15 (4) della seconda direttiva sul diritto delle società limitava il diritto di una società per azioni di distribuire il suo capitale agli azionisti, mentre l’articolo 18 (5) vietava alla società di sottoscrivere azioni proprie. Il giudice nazionale si chiede se dette disposizioni vietassero l’imposizione di tale rimedio ad una società per azioni civilmente responsabile nei confronti di un investitore per violazione dei propri obblighi di fornire informazioni. Ci si chiede se la seconda direttiva sul diritto delle società vietasse tale rimedio nel caso in cui implicasse l’uso del patrimonio vincolato e potesse determinare l’insolvenza della società. Infine, si pone la questione se il principio della parità di trattamento degli azionisti ostasse al ricorso a tale rimedio.

4.        Nel rinvio pregiudiziale, il giudice nazionale chiede parimenti di precisare l’eventuale rilevanza, ai fini della controversia sottoposta al suo esame, sul coordinamento delle garanzie a tutela degli interessi dei soci e dei terzi, della direttiva sui prospetti (6), della direttiva sugli obblighi di trasparenza (7), della direttiva sugli abusi di mercato (8) e della direttiva sulle garanzie (9).

 Diritto dell’Unione europea

5.        Le direttive citate dal giudice nazionale rientrano in due ampie categorie: le direttive vertenti principalmente sull’amministrazione delle imprese (la seconda direttiva sul diritto delle società e la direttiva sulle garanzie) e quelle vertenti principalmente sulla tutela degli azionisti (la direttiva sui prospetti, la direttiva sugli obblighi di trasparenza e la direttiva sugli abusi di mercato) (10). Per una migliore comprensione, le raggrupperò in questo senso nell’esposizione della normativa europea pertinente.

 Le direttive sull’amministrazione delle imprese

 La seconda direttiva sul diritto delle società

6.        I considerando 2 e 4 della seconda direttiva sul diritto delle società così recitano:

«(...) per assicurare l’equivalenza minima della protezione degli azionisti e dei creditori delle società occorre in particolare coordinare le disposizioni nazionali riguardanti la loro costituzione nonché la salvaguardia, l’aumento e la riduzione del capitale delle società per azioni;

(...)

(...) devono essere adottate norme comunitarie per salvaguardare il capitale, che costituisce una garanzia per i creditori, vietando in particolare indebite distribuzioni di utili agli azionisti e limitando la possibilità di una società di acquistare azioni proprie; …».

7.        La seconda direttiva sul diritto delle società si applicava ai tipi di società a responsabilità limitata elencati all’articolo 1, paragrafo 1, che comprendeva, con riguardo all’Austria, «die Aktiengesellschaft» (11).

8.        L’articolo 6 (12) della seconda direttiva sul diritto delle società stabiliva che una società per azioni doveva avere un capitale minimo sottoscritto per essere costituita o per ottenere l’autorizzazione ad iniziare la propria attività.

9.        L’articolo 12 (13) della direttiva prevedeva che «gli azionisti non possono essere esonerati dall’obbligo del conferimento».

10.      L’articolo 15, paragrafo 1 (14), così disponeva:

«a.      Ad eccezione dei casi di riduzione del capitale sottoscritto, nessuna distribuzione a favore degli azionisti può aver luogo se, alla data di chiusura dell’ultimo esercizio, l’attivo netto quale risulta dai conti annuali è o potrebbe diventare, in seguito a tale distribuzione, inferiore all’importo del capitale sottoscritto aumentato delle riserve che la legge o lo statuto non permettono di distribuire.

(...)

c.      L’importo di una distribuzione a favore degli azionisti non può superare l’importo del risultato dell’ultimo esercizio chiuso, aumentato degli utili degli esercizi precedenti e dei prelievi effettuati su riserve disponibili a questo scopo e diminuito delle perdite degli esercizi precedenti e delle somme iscritte in riserva conformemente alla legge o allo statuto.

d.      il termine “distribuzione”, quale figura alle lettere a) e c), comprende in particolare il versamento dei dividendi e quello degli interessi relativi alle azioni».

11.      L’articolo 16 prevedeva che ogni distribuzione effettuata in contrasto con l’articolo 15 doveva «essere restituita dagli azionisti che l’hanno ricevuta, se la società dimostra che tali azionisti erano a conoscenza dell’irregolarità delle distribuzioni fatte a loro favore o non potevano ignorarla, tenuto conto delle circostanze».

L’articolo 18, paragrafo 1 (15), stabiliva che «[l]a società non può sottoscrivere azioni proprie». (Il seguito dell’articolo 18 non è rilevante ai fini del presente procedimento).

12.      L’articolo 19 (16) consentiva ad una società di acquisire le proprie azioni alle condizioni in esso stabilite. Tali condizioni includevano, segnatamente, che l’autorizzazione di acquisizione doveva essere accordata dall’assemblea, che ne fissava le modalità (17); che le acquisizioni non potevano avere l’effetto che l’attivo netto scendesse al di sotto dell’importo di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a) (18) e che l’operazione poteva riguardare soltanto azioni interamente liberate (19). Gli Stati membri potevano subordinare le acquisizioni alle condizioni supplementari elencate all’articolo 19, paragrafo 1, punti da i) a v).

13.      L’articolo 20, paragrafo 1, lettera d) (20) consentiva agli Stati membri di non applicare le condizioni di cui all’articolo 19, inter alia, alle «azioni acquisite in virtù di un obbligo legale».

14.      Infine, l’articolo 42 prevedeva che, per l’applicazione della seconda direttiva sul diritto delle società, «le legislazioni degli Stati membri salvaguardano la parità di trattamento degli azionisti che si trovano in condizioni identiche».

 La direttiva sulle garanzie

15.      La direttiva sulle garanzie indica, inter alia, le circostanze in presenza delle quali una società può essere dichiarata nulla, e le conseguenze di tale nullità.

16.      L’articolo 12 della direttiva sulle garanzie stabilisce che gli Stati membri possono disciplinare la nullità delle società unicamente subordinandola alla condizione che essa sia dichiarata in giudizio e soltanto per i motivi elencati alla lettera b), punti da i) a vi).

17.      L’articolo 13 disciplina gli effetti della nullità.

 Le direttive sulla tutela degli azionisti

 La direttiva sui prospetti

18.      Gli obiettivi della direttiva sui prospetti comprendono l’armonizzazione dei requisiti relativi alla redazione, all’approvazione e alla diffusione del prospetto da pubblicare per l’offerta al pubblico di rimedi finanziari o la loro ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato con sede ovvero operante in uno Stato membro.

19.      Il considerando 10 della direttiva stabilisce che l’obiettivo della medesima è quello di «garantire la tutela degli investitori e l’efficienza dei mercati».

20.      Ai sensi del considerando 19 «[s]ono quindi necessarie, in tutti gli Stati membri, garanzie a tutela degli interessi degli investitori — attuali e potenziali — per metterli in grado di valutare in modo fondato (...) [i rischi] e prendere pertanto le loro decisioni di investimento con piena cognizione di causa».

21.      L’articolo 5 della direttiva stabilisce che il prospetto deve contenere «tutte le informazioni che (…) sono necessarie affinché gli investitori possano valutare con cognizione di causa la situazione patrimoniale e finanziaria, i risultati economici e le prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, come pure i diritti connessi agli rimedi finanziari stessi. Le informazioni sono presentate in una forma facilmente analizzabile e comprensibile».

22.      L’articolo 6 della direttiva sui prospetti così dispone:

«1.      Gli Stati membri dispongono che la responsabilità per le informazioni fornite in un prospetto sia attribuita almeno all’emittente o ai suoi organi di amministrazione, direzione o controllo, all’offerente, alla persona che chiede l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato o al garante, a seconda dei casi. Le persone responsabili sono chiaramente indicate nel prospetto con la loro qualifica e la loro funzione o, nel caso di persone giuridiche, la denominazione e la sede sociale; deve inoltre essere riportata una loro attestazione certificante che, per quanto a loro conoscenza, le informazioni del prospetto sono conformi ai fatti e che nel prospetto non vi sono omissioni tali da alterarne la portata.

2.      Gli Stati membri provvedono a che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile si applichino alle persone responsabili per le informazioni fornite in un prospetto.  

(…)».

23.      Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva sui prospetti:

«Fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere sanzioni penali e fatto salvo il loro regime di responsabilità civile, gli Stati membri provvedono, conformemente al loro diritto nazionale, a che possano essere adottate le opportune misure amministrative o possano essere comminate sanzioni amministrative alle persone che si rendono responsabili di una violazione delle disposizioni adottate ai sensi della presente direttiva. Gli Stati membri assicurano che queste misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive».

 La direttiva sugli obblighi di trasparenza

24.      La direttiva sugli obblighi di trasparenza mira a rafforzare, inter alia, la tutela degli investitori e l’efficienza del mercato imponendo agli emittenti di valori mobiliari di garantire una trasparenza adeguata tramite un flusso regolare di informazioni (21).

25.      L’articolo 7 della direttiva sugli obblighi di trasparenza così dispone:

«Gli Stati membri assicurano che la responsabilità per le informazioni da redigere e rendere pubbliche conformemente agli articoli 4, 5, 6 e 16 compete almeno all’emittente o ai suoi organi di amministrazione, di direzione o di controllo e assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità si applichino agli emittenti, agli organi suddetti o alle persone che sono responsabili presso gli emittenti stessi».

26.      Gli articoli 4, 5, 6 e 16 della direttiva medesima impongono ad un emittente di pubblicare, rispettivamente: le relazioni finanziarie annuali; le relazioni finanziarie semestrali; un resoconto della direzione e qualsiasi modifica nei diritti inerenti alle varie categorie di azioni o titoli.

27.      L’articolo 17 della direttiva sugli obblighi di trasparenza, intitolato «Obblighi di informazione per gli emittenti le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato», dispone quanto segue:

«1.      L’emittente di azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato garantisce parità di trattamento per tutti i possessori di azioni che si trovano in condizioni identiche.  

(…)».

28.      L’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva sugli obblighi di trasparenza così recita:

«Fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali, gli Stati membri provvedono, conformemente al loro diritto nazionale, a che possano almeno essere adottate le opportune misure amministrative o possano essere comminate sanzioni civili e/o amministrative alle persone che si rendono responsabili di una violazione delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché dette misure siano effettive, proporzionate e dissuasive».

 La direttiva sugli abusi di mercato

29.      La direttiva sugli abusi di mercato mira, inter alia, a promuovere l’integrità del mercato mediante l’armonizzazione delle normative degli Stati membri che vietano l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato.

30.      A termini dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva sugli abusi di mercato:

«Fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali, gli Stati membri sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri assicurano che queste misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive».

 Il diritto austriaco

31.      L’articolo 5 (relativo alle operazioni con i consumatori) del Kapitalmarktgesetz (legge sul mercato dei capitali) prevede:

«1.      Se una proposta soggetta all’obbligo di prospetto viene formulata senza previa pubblicazione di un prospetto o delle informazioni di cui all’articolo 6, gli investitori che siano consumatori ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 2, del Konsumentenschutzgesetz (legge a tutela dei consumatori) (22) possono recedere dalla proposta da loro formulata o dal contratto.

(…)

4.      Il diritto di recesso di cui al paragrafo 1 deve essere esercitato, a pena di decadenza, entro una settimana a decorrere dal giorno in cui il prospetto o le informazioni di cui all’articolo 6 sono state pubblicate. (…)

5.      Gli accordi conclusi in deroga ai paragrafi da 1 a 4 a danno dei consumatori sono nulli.

6.      Restano salvi gli ulteriori diritti degli investitori riconosciuti da altre disposizioni».

32.      L’articolo 6 del Kapitalmarktgesetz, intitolato «Supplemento al prospetto», stabilisce quanto segue:

«1.      Qualunque nuovo fatto significativo, errore materiale o imprecisione relativi alle informazioni contenute nel prospetto che siano atti a influire sulla valutazione di titoli o di investimenti e che sopravvengano o siano rilevati tra il momento di approvazione del prospetto e quello di chiusura dell’offerta al pubblico o, qualora precedente, il momento di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato, devono essere menzionati in un supplemento (informazioni correttive o integrative) al prospetto. Il supplemento (informazioni correttive o integrative) viene pubblicato e depositato dal richiedente (articolo 8a, paragrafo 1) immediatamente, quantomeno secondo le stesse modalità applicate in occasione della pubblicazione e del deposito del prospetto iniziale. (…)

2.      Gli investitori i quali, dopo il verificarsi di un fatto significativo, di un errore materiale o di un’imprecisione ai sensi del paragrafo 1, ma prima della pubblicazione del relativo supplemento, abbiano accettato l’acquisto o la sottoscrizione di titoli o di investimenti, hanno diritto di revocare la propria accettazione entro il termine di due giorni lavorativi bancari a decorrere dalla pubblicazione del supplemento. L’articolo 5 trova applicazione per analogia. Se, invece, gli investitori sono consumatori ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 2, del Konsumentenschutzgesetz, trova applicazione anche il termine di cui all’articolo 5, paragrafo 4 (…)».

33.      L’articolo 11 del Kapitalmarktgesetz, intitolato «Responsabilità da prospetto», così recita:

«1.      Nei confronti di ciascun investitore, rispondono per il danno al medesimo derivante dall’affidamento prestato sulle informazioni contenute nei prospetti o sulle altre informazioni necessarie in base alla presente legge federale (articolo 6), che siano rilevanti ai fini della valutazione dei titoli o degli investimenti:

1.      l’emittente, per le informazioni errate o non complete che siano state fornite per sua colpa o per colpa dei suoi collaboratori o di altre persone la cui attività sia stata impiegata per la realizzazione del prospetto,

(…)

6.      Salvo il caso di condotta pregiudizievole dolosa, la responsabilità nei confronti di ciascun investitore è limitata al prezzo d’acquisto da questi corrisposto, oltre a spese ed interessi a decorrere dal pagamento del prezzo (…).

7.      I diritti degli investitori riconosciuti dalla presente legge federale si prescrivono, se non azionati giudizialmente, entro dieci anni dal termine dell’offerta soggetta a prospetto.

8.      Resta impregiudicato il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione di altre norme di diritto o dall’inadempimento contrattuale».

34.      L’articolo 52 dell’Aktiengesetz (legge sulle società per azioni), intitolato «Divieto di rimborso dei conferimenti», stabilisce:

«I conferimenti non possono essere rimborsati agli azionisti; fintantoché la società esiste, questi hanno diritto unicamente all’utile risultante dal bilancio di esercizio, salvo che la sua distribuzione sia esclusa dalla legge o dallo statuto. Non si considera rimborso il pagamento del prezzo in sede di acquisto di azioni proprie consentito (articoli 65 e 66)».

 Fatti, procedimento e questioni deferite

35.      Il 7 gennaio 2005, il sig. Alfred Hirmann acquistava, per il tramite di un intermediario, 1 375,02406 (23) azioni della Immofinanz AG (in prosieguo: la «Immofinanz»), una società per azioni («Aktiengesellschaft»), per un corrispettivo di EUR 10 013,75. L’acquisto avveniva sul mercato secondario e non in occasione di un aumento di capitale della Immofinanz. Il sig. Hirmann versava il prezzo di acquisto alla Aviso Zeta AG (in prosieguo: la «Aviso Zeta») e, contestualmente, le azioni acquistate venivano depositate presso la Aviso Zeta su un conto deposito in titoli a nome dello stesso sig. Hirmann.

36.      Il 15 agosto 2011, il sig. Hirmann avviava un’azione nei confronti della Immofinanz, ex articoli 6, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 4, del Kapitalmarktgesetz, e 11 del Kapitalmarktgesetz, facendo valere che il contratto era viziato da errore nonché il diritto al risarcimento del danno. Egli chiede l’annullamento del contratto di acquisto delle azioni, con conseguente rimborso del prezzo di acquisto all’epoca versato a fronte della contestuale restituzione delle azioni alla Immofinanz.

37.      Il sig. Hirmann contesta alla Immofinanz malversazione e frode, segnatamente manipolazione delle quotazioni e l’adozione di misure illegali di sostegno delle quotazioni. Egli sostiene che il prospetto sul mercato dei capitali disponibile all’epoca dell’acquisto, sul quale ha fondato la propria decisione di acquisto, era ingannevole. Contrariamente a quanto illustrato nel prospetto, i proventi dell’emissione erano stati impiegati per l’acquisto di azioni della Immofinanz al fine di manipolare le quotazioni e per finalità speculative. Questo impiego abusivo dei fondi avrebbe portato a un considerevole incremento del rischio cui non veniva fatto riferimento nei prospetti informativi sul mercato dei capitali. In generale, le indicazioni riportate nei prospetti informativi sul mercato dei capitali non erano né complete, né veritiere, e le informazioni ivi contenute non erano né comprensibili, né agevoli da analizzare.

38.      La Immofinanz contesta le affermazioni di fatto e sostiene inoltre che il diritto dell’Unione europea osta a che i conferimenti degli azionisti siano rimborsati finché la società esiste. Riconoscere una siffatta responsabilità della società nei confronti dei suoi soci — qualunque ne sia il fondamento giuridico — sarebbe contrario al divieto di rimborso dei conferimenti sancito dal diritto dell’Unione europea.

39.      Ciò premesso, e prima di pronunciarsi nel merito, lo Handelsgericht Wien ha sospeso il procedimento ed ha deferito le questioni che seguono:

«1)       Se gli articoli 12, 15, 16, 19 e 42 della [seconda direttiva] siano compatibili con una normativa nazionale che configura, a carico di una società per azioni in quanto emittente, una responsabilità nei confronti dell’acquirente delle azioni per violazione degli obblighi di informazione previsti dal diritto dei mercati finanziari, e segnatamente dalle seguenti disposizioni:

–        articoli 6 e 25 della [direttiva “prospetti”];

–        articoli 7, 17 e 28 della [direttiva “trasparenza”], e

–        articolo 14 della [direttiva “abusi di mercato”].

2)      Se le disposizioni di cui agli articoli 12, 15, 16 e, in particolare, 18 e 19 nonché 42 della [seconda direttiva] debbano essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale in base alla quale una società per azioni, nel quadro della responsabilità di cui [alla prima questione], debba rimborsare all’acquirente il prezzo di acquisto e ritirare le azioni acquistate.

3)      Se le disposizioni di cui agli articoli 12, 15, 16, 18, 19 e 42 della [seconda direttiva], nella versione attualmente vigente, debbano essere interpretate nel senso che una siffatta responsabilità della società per azioni, come indicata [alla prima questione],

–        possa estendersi anche al patrimonio vincolato di tale società [capitale sottoscritto e riserve ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), della seconda direttiva], o

–        possa sussistere anche nei casi in cui possa avere come conseguenza l’insolvenza della società per azioni.

4)      Se le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13 della direttiva 2009/101 (…) debbano essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede la risoluzione dell’acquisto della partecipazione con effetti retroattivi, con la conseguenza che, nel caso di risoluzione di un contratto di acquisto di azioni, debba presumersi un effetto ex nunc [v. sentenza della Corte del 15 aprile 2010, E. Friz, C 215/08, Racc. pag. I 2947].

5)      Se le disposizioni di cui agli articoli 12, 15, 16, 18, 19 e 42 della [seconda direttiva] e agli articoli 12 e 13 della direttiva 2009/101 (…) debbano essere interpretate nel senso che la responsabilità sia limitata al valore delle azioni — nel caso di una società quotata in Borsa, quindi, alla quotazione in Borsa delle azioni —, al momento della presentazione della domanda, cosicché all’azionista, in determinate circostanze, possa essere restituito un importo inferiore rispetto al prezzo originariamente pagato per le sue azioni».

40.      Nella fase scritta del procedimento, hanno presentato osservazioni il sig. Hirmann, la Immofinanz, i governi austriaco e portoghese, nonché la Commissione europea. Il sig. Hirmann, la Immofinanz, il governo portoghese e la Commissione hanno svolto osservazioni orali all’udienza del 17 aprile 2013.

 Questioni preliminari

41.      Prima di esaminare le questioni deferite dal giudice nazionale, occorre chiarire alcuni punti preliminari.

42.      Anzitutto, osservo che, pur armonizzando elementi fondamentali, le direttive relative alla tutela degli investitori conferiscono al diritto nazionale un ampio margine di discrezionalità sotto numerosi profili.

43.      Così, ad esempio, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva sui prospetti impone agli Stati membri di provvedere a che «le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile si applichino alle persone responsabili per le informazioni fornite in un prospetto». Esso è integrato dall’articolo 25, paragrafo 1, che impone agli Stati membri di provvedere, «conformemente al loro diritto nazionale, a che possano essere adottate le opportune misure amministrative o possano essere comminate sanzioni amministrative alle persone che si rendono responsabili di una violazione delle disposizioni adottate ai sensi della presente direttiva» (il corsivo è mio), «fatto salvo il loro regime di responsabilità civile».

44.      Sulla stessa linea, l’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva sugli obblighi di trasparenza e l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva sugli abusi di mercato contengono disposizioni sostanzialmente parallele. Anzitutto, viene esplicitamente fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali. Inoltre, agli Stati membri è imposto un obbligo («provvedono»), conformemente al loro diritto nazionale, a che possano almeno essere adottate le opportune misure amministrative o possano essere comminate sanzioni amministrative o penali (24). Infine, gli Stati membri «provvedono» affinché «dette misure siano effettive, proporzionate e dissuasive».

45.      Ne consegue che, salva l’ipotesi in cui, in caso di violazione di un obbligo rientrante nell’ambito di applicazione delle menzionate direttive, un determinato provvedimento sia specificamente vietato (dalla direttiva medesima o da un altro atto di diritto dell’Unione), lo Stato membro conserva la libertà di imporre ciò che ritenga opportuno.

46.      In secondo luogo, anche se il giudice nazionale non ha ancora accertato se, ed eventualmente in qual misura, la Immofinanz abbia fornito informazioni ingannevoli che abbiano indotto il sig. Hirmann ad acquistare azioni che altrimenti non avrebbe acquistato, taluni fatti non sono controversi. Il sig. Hirmann ha acquistato un certo numero di azioni, ad una data specifica, per un determinato corrispettivo. Dette azioni sono state acquistate sul mercato secondario, per il tramite di un intermediario (la Aviso Zeta). Il prezzo delle azioni è stato interamente versato. Tuttavia, l’acquisto non riguardava un aumento del capitale sottoscritto della Immofinanz, ma costituiva un’operazione mobiliare assolutamente ordinaria, come avviene quotidianamente sul mercato azionario.

47.      In terzo luogo, occorre non solo operare una distinzione tra le sanzioni civili ed amministrative, da un lato, e quelle penali dall’altro, ma anche considerare cosa si chieda effettivamente nel procedimento nazionale da cui è scaturito il presente rinvio pregiudiziale. In detto procedimento, il sig. Hirmann chiede il ripristino della posizione che aveva prima dell’acquisto delle azioni, vale a dire di annullare l’operazione e ottenere la restituzione del denaro versato, oltre interessi a decorrere dalla data dell’acquisto (7 gennaio 2005) sino a quella della emananda sentenza del giudice nazionale. Ci si potrebbe chiedere, anzitutto, se una domanda di tal genere possa realmente essere definita come una domanda volta ad ottenere una «sanzione» — essa sembra piuttosto configurarsi quale domanda di rimborso o una domanda volta alla dichiarazione della responsabilità civile della società per l’illecito compiuto. Tuttavia, nella misura in cui l’accoglimento o il rigetto della domanda dipende dall’esistenza di un obbligo di fornire informazioni corrette ad un potenziale azionista e dalla questione se detto obbligo sia stato violato, si potrebbe affermare che la sanzione civile conseguente all’illecito compiuto (sempre che venga dimostrato) contemplato dal diritto nazionale consiste nell’obbligo per la società di risolvere il contratto e di procedere alla restituzione del prezzo di acquisto. In mancanza di un obbligo di tal genere non vi sarebbe alcuna sanzione per l’illecito (e tanto meno una sanzione che sia «effettiva, proporzionata e dissuasiva»).

48.      Infine, occorre tenere presente problemi riguardanti la successione cronologica dei fatti.

49.      Il sig. Hirmann ha acquistato le azioni il 7 gennaio 2005. Se, e nella misura in cui, egli ha effettuato detto acquisto sulla base di informazioni ingannevoli fornite dalla Immofinanz, quella era la data della violazione. A quella data, erano scaduti i termini ultimi per la trasposizione sia della seconda direttiva sul diritto delle società (1° gennaio 1994) (25) sia della direttiva sugli abusi di mercato (12 ottobre 2004). La data rilevante per considerare il rimedio che sarebbe a sua disposizione non è tuttavia quella data, bensì il 15 agosto 2011, data in cui egli ha avviato il procedimento dinanzi al giudice nazionale al fine di ottenere l’annullamento del contratto di acquisto. In quella fase, erano scaduti tutti i termini per la trasposizione della direttiva sui prospetti (1° luglio 2005), della direttiva sugli obblighi di trasparenza (20 gennaio 2007) e della direttiva sulle garanzie (una codificazione — il cui ultimo termine di trasposizione indicato all’allegato I, parte B, era il 1° gennaio 2007).

50.      Alla luce di queste considerazioni, passo ad esaminare le questioni specifiche sollevate dal giudice nazionale.

 Valutazione

 Questioni 1, 2 e 3

51.      Le prime tre questioni sollevate dal giudice nazionale riguardano diversi aspetti dell’interrogativo se la seconda direttiva sul diritto delle società vieti la risoluzione di un contratto di acquisto nel caso in cui la società abbia omesso di fornire informazioni ai futuri investitori. Pertanto, esaminerò tali questioni congiuntamente. In sostanza, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 12, 15, 16, 18 19, e/o 42 della seconda direttiva sul diritto societario ostasse ad una normativa nazionale, di trasposizione delle direttive sulla tutela degli investitori, la quale prevedesse che, in caso di violazione dei propri obblighi da parte di una società per azioni, quest’ultima, in quanto ente emittente, fosse responsabile nei confronti di un investitore e fosse tenuta a rimborsare il prezzo di acquisto e a ritirare le azioni. Inoltre, il giudice nazionale chiede se sia contrario alla seconda direttiva sul diritto delle società che una società per azioni fosse soggetta a detta responsabilità, anche se ciò comportasse l’utilizzazione del suo patrimonio vincolato (capitale sottoscritto e riserve) e/o potesse determinare l’insolvenza della società.

52.      La preoccupazione alla base del rinvio del giudice nazionale sembra essere, in sostanza, che, in qualche modo, le iniziative intraprese dall’Austria al fine di dare attuazione ad «altri» atti di diritto europeo — segnatamente, le direttive sulla tutela degli azionisti — possano essere iniziative non contemplate dal legislatore europeo; e che (inavvertitamente) l’Austria abbia dunque creato una situazione nella quale il rimedio previsto per la violazione di diritti conferiti da una o più di siffatte direttive si ponga in contrasto con la seconda direttiva sul diritto delle società. Al fine di assistere meglio il giudice nazionale, adotterò dunque un approccio alquanto poco ortodosso nell’analisi delle prime tre questioni. Esaminerò, anzitutto, cosa prevedono le dette direttive (e, più importante, cosa non prevedono) in merito alle modalità con le quali devono essere implementate, richiamando l’attenzione sul margine di discrezionalità lasciato dal legislatore dell’Unione europea agli Stati membri. Rivolgerò quindi l’attenzione alla seconda direttiva sul diritto delle società ed esaminerò le (numerose) disposizioni della medesima individuate dal giudice del rinvio, che chiede se una di esse osti comunque ad una norma nazionale come quella oggetto del procedimento principale.

 Le direttive sulla tutela degli azionisti

 La direttiva sui prospetti

53.      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sui prospetti impone agli Stati membri di garantire che la responsabilità per le informazioni fornite in un prospetto sia quantomeno attribuita, inter alia, all’emittente. Dunque, lungi dall’essere vietata, una norma nazionale che preveda la responsabilità di una società per azioni, in quanto emittente, nei confronti di un investitore, nel caso di violazione degli obblighi di informazione, è conforme a detta disposizione. È pur vero che l’articolo 6, paragrafo 1, consente che organismi diversi dall’emittente, «a seconda dei casi», siano considerati responsabili per le violazioni degli obblighi di informazione. Tuttavia, dagli atti sottoposti alla Corte nulla suggerisce che, nella specie, responsabile per le informazioni contenute nel prospetto fosse un organismo diverso dalla Immofinanz, l’ente emittente. Nel caso in cui responsabile per le informazioni fornite sia l’emittente, l’articolo 6 prevede chiaramente che quest’ultimo sia considerato responsabile se siffatte informazioni sono inesatte o ingannevoli.

54.      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sui prospetti non specifica quali «misure amministrative» debbano essere adottate né quali «sanzioni amministrative» debbano essere comminate ove sia accertata detta responsabilità. L’articolo 6, paragrafo 2, stabilisce (in termini imperativi) che gli Stati membri provvedono «a che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile» si applichino «alle persone responsabili per le informazioni fornite in un prospetto», ma non si spinge oltre nello specificare quali rimedi civili debbano essere messi a disposizione. L’articolo 25 si limita a confermare che le misure e le sanzioni amministrative che chiede agli Stati membri di imporre non pregiudicano «il [loro] regime di responsabilità civile» (o il loro diritto di comminare sanzioni penali).

55.      Ai sensi della direttiva sui prospetti, dunque, gli Stati membri godono di ampia discrezionalità, fatti salvi i principi generali del diritto europeo e le disposizioni rilevanti della normativa dell’Unione, quanto alla natura del rimedio messo a disposizione nell’ambito del loro regime di responsabilità civile.

56.      Nella specie, la norma nazionale nel procedimento principale prevede il rimborso del prezzo di acquisto in combinazione con la restituzione delle azioni alla società. La scelta di tale rimedio spetta allo Stato membro. Essa non preclude o pregiudica eventuali sanzioni penali o misure o sanzioni amministrative di accompagnamento. Pertanto, la norma de qua non è certamente vietata dalla direttiva sui prospetti, è manifestamente proporzionata al danno subito dall’investitore e non è chiaramente sproporzionata alla violazione degli obblighi di informazione. È del pari probabile che essa dissuaderà gli enti emittenti dall’indurre gli investitori ad acquistare azioni violando i loro obblighi di informazione ed è pertanto probabile che essa risulti efficace e dissuasiva. Mi sembra, dunque, che detta disposizione rispetti i principi generali del diritto dell’Unione europea e che essa realizzi gli obiettivi perseguiti dalla direttiva sui prospetti.

 La direttiva sugli obblighi di trasparenza

57.      L’articolo 7 della direttiva sugli obblighi di trasparenza impone agli Stati membri di assicurare che la responsabilità per le informazioni da redigere e rendere pubbliche conformemente alla direttiva competa all’emittente o ai suoi organi di amministrazione, di direzione o di controllo. Una norma nazionale che preveda la responsabilità di una società, quale emittente, per la violazione di obblighi imposti dalla direttiva mi sembra riflettere correttamente le condizioni poste da detto articolo. Siffatta norma non sembra neppure violare il principio della parità di trattamento, enunciato all’articolo 17 della direttiva medesima.

58.      La direttiva sugli obblighi di trasparenza non specifica quale rimedio di diritto civile debba essere messo a disposizione qualora sia accertata la responsabilità dell’emittente. L’articolo 28, paragrafo 1, impone agli Stati membri soltanto di provvedere «a che possano almeno essere adottate le opportune misure amministrative o possano essere comminate sanzioni civili e/o amministrative alle persone (…) responsabili (fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali), aggiungendo che «[g]li Stati membri provvedono a che le predette misure siano effettive, proporzionate e dissuasive».

59.      Al pari della direttiva sui prospetti, il legislatore europeo ha lasciato agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità. Mi sembra, dunque, che una norma che imponga ad una società di rimborsare il prezzo di acquisto e di ritirare le sue azioni rientri perfettamente in tale margine di discrezionalità e che (come già rilevato supra) nulla vi osti alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione europea. Per quanto posso giudicare, esso non contrasta né pregiudica eventuali sanzioni penali o misure o sanzioni amministrative di accompagnamento.

 La direttiva sugli abusi di mercato  

60.      L’articolo 14 della direttiva sugli abusi di mercato impone agli Stati membri di garantire che possano essere adottate «le opportune misure amministrative» o irrogate «le opportune sanzioni amministrative» a carico delle «persone responsabili» in caso di mancato rispetto delle condizioni imposte dalla direttiva, «fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali». Al pari della direttiva sui prospetti e di quella sugli obblighi di trasparenza, la direttiva sugli abusi di mercato non specifica quale rimedio di diritto civile debba essere messo a disposizione qualora sia accertata la responsabilità dell’emittente. Ancora una volta gli Stati membri godono dunque di un’ampia discrezionalità a tale riguardo, fatte salve le limitazioni imposte dai principi generali di diritto dell’Unione e da altra normativa europea eventualmente rilevante. Nella misura in cui una società per azioni viola la menzionata direttiva, una norma nazionale che preveda la sua responsabilità per siffatta violazione è compatibile con la lettera e con l’obiettivo dell’articolo 14 della direttiva sugli abusi di mercato.

61.      Il rimedio previsto dal diritto nazionale austriaco nell’ambito del proprio regime di diritto civile, nel caso in cui tale responsabilità sia accertata, mi sembra rientrare perfettamente nel margine di discrezionalità di cui godono gli Stati membri. Mi sembra anche (per i motivi che ho già indicato) che esso sia compatibile con i principi generali del diritto dell’Unione europea. Infine, per quanto possa giudicare, esso non contrasta né pregiudica eventuali sanzioni penali o misure o sanzioni amministrative di accompagnamento.

62.      Concludo pertanto che la direttiva sui prospetti, la direttiva sugli obblighi di trasparenza e la direttiva sugli abusi di mercato non ostano ad una norma nazionale ai sensi della quale una società per azioni, qualora violi gli obblighi ad essa imposti da dette direttive, è tenuta a ritirare le proprie azioni e a rimborsare all’investitore il prezzo di acquisto.

 La seconda direttiva sul diritto delle società

63.      Sebbene una norma nazionale di tal genere non sia vietata dalle direttive sulla tutela degli azionisti, ci si chiede (ancorché sembri realmente essere conforme al loro tenore letterale e promuoverne gli obiettivi), se essa si ponga comunque in contrasto con la seconda direttiva sul diritto delle società — come sostenuto dalla Immofinanz.

64.      La Immofinanz e la Aviso Zeta deducono che una norma nazionale di tal genere risultava vietata dalla seconda direttiva sul diritto delle società, in quanto contraria al principio della salvaguardia del capitale, contraria al divieto imposto ad una società di acquisire azioni proprie, nonché contraria al principio della parità di trattamento. Segnatamente, la Immofinanz e la Aviso Zeta sostengono che la seconda direttiva sul diritto delle società vietava che tale responsabilità colpisse l’attivo netto di una società o che fosse tanto estesa da poter determinare l’insolvenza della società.

65.      Il sig. Hirmann, il governo portoghese e la Commissione fanno valere che la norma nazionale controversa non era vietata dalla seconda direttiva, anche se, al fine di far fronte alla propria responsabilità, una società per azioni dovesse utilizzare il suo attivo netto o divenisse insolvente.

66.      Il governo austriaco si limita a sottoporre all’attenzione della Corte due sentenze dell’Oberster Gerichtshof (Corte suprema austriaca), in data 30 marzo 2011 (26) e 15 marzo 2012 (27), che esso condivide. Nelle menzionate decisioni, l’Oberster Gerichtshof ha dichiarato che le disposizioni della seconda direttiva sul diritto delle società non vietavano la risoluzione di un contratto di acquisto di azioni e il rimborso del prezzo pagato.

67.      Io ritengo che la disposizione nazionale in questione non sia vietata dalla seconda direttiva sul diritto delle società.

68.      Il giudice del rinvio ha richiamato un serie di disposizioni della seconda direttiva sul diritto delle società. Al fine di dare un certo ordine alla mia analisi, le esaminerò come segue. 1) Inizierò verificando se un pagamento effettuato al sig. Hirmann ai sensi della norma nazionale costituirebbe una distribuzione vietata dall’articolo 15, soggetta ad obbligo di recupero ex articolo 16. 2) Quindi, prenderò in esame la disposizione che vieta ad una società di acquisire azioni proprie e le deroghe a tale norma (articoli 18, 19 e 20). 3) Procederò, poi, ad esaminare l’obbligo di parità di trattamento degli azionisti (articolo 42). 4) Terminerò, infine, la mia analisi considerando l’ultimo articolo elencato dal giudice del rinvio (articolo 12). 5) Da ultimo, esaminerò il problema se la possibilità che una società per azioni, al fine di far fronte a siffatta responsabilità, possa essere costretta ad utilizzare il proprio attivo netto o a divenire insolvente, incida sulle conclusioni da me raggiunte.

 Le disposizioni sulle distribuzioni (articoli 15 e 16)

69.      L’articolo 15 vietava qualunque distribuzione a favore degli azionisti se dai conti annuali risultava che l’attivo netto era, o poteva diventare in seguito a tale distribuzione, inferiore all’importo del capitale sottoscritto. (L’articolo 6 specificava un importo minimo di capitale sottoscritto per la costituzione della società o per il conseguimento dell’atto autorizzante l’inizio dell’attività). Occorre tuttavia chiedersi se il termine «distribuzione» includa la responsabilità giuridica della società per il rimborso del prezzo di acquisto ad un investitore nell’eventualità che essa abbia violato i suoi obblighi di fornire informazioni.

70.      Il termine «distribuzione», di cui all’articolo 15, non era definito nella seconda direttiva sul diritto delle società, sebbene l’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), stabilisse che esso «comprende in particolare il versamento dei dividendi e quello degli interessi relativi alle azioni». Mi sembra che detto termine debba essere interpretato nel senso che esso escluda un pagamento effettuato a compensazione di un investitore danneggiato da una violazione degli obblighi della società.

71.      Tale interpretazione non è contraria all’obiettivo dell’articolo 15 che, come enunciato ai considerando 2 e 4 della seconda direttiva sul diritto delle società, era quello di assicurare l’equivalenza minima della protezione degli azionisti e dei creditori delle società imponendo, inter alia, alle società per azioni di salvaguardare il proprio capitale, «vietando in particolare indebite distribuzioni di utili agli azionisti e limitando la possibilità di una società di acquistare azioni proprie». L’intenzione era quella di prevenire distribuzioni indebite di capitale sottoscritto agli azionisti in quanto azionisti. Per contro, un pagamento ad un investitore che sia stato indotto dal prospetto della società ad acquistare azioni non è effettuato a quest’ultimo in qualità di azionista (per motivi che mi accingo a spiegare), bensì costituisce il versamento di una compensazione alla quale detta persona ha diritto.

72.      Detto versamento non rappresenta un’iniziativa della società, ma è effettuato per soddisfare un obbligo giuridico. L’obbligo di versamento sorge dalla relazione della società con i potenziali investitori, che fanno affidamento sul prospetto quando decidono se investire, e non dalla sua relazione con azionisti esistenti. Pertanto, se, nella fattispecie in esame, alla conclusione del procedimento dinanzi al giudice nazionale fosse imposto un pagamento, tale pagamento sarebbe effettuato al sig. Hirmann in quanto terzo creditore, titolare di un credito nei confronti della società, e non in quanto azionista.

73.      A mio avviso, un versamento di tal genere non configura una «distribuzione» di capitale, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, anche nel caso in cui il creditore terzo fosse parimenti un azionista della società in questione. Un paio di esempi possono essere utili per chiarire questo punto.

74.      Si supponga, ad esempio, che il proprietario dell’edificio dove la società ha i suoi uffici sia un azionista della società, e che la medesima sia in arretrato con il pagamento del canone di locazione dovuto. Il proprietario chiederebbe il pagamento dei canoni arretrati. Il suo diritto alla corresponsione dei canoni non sarebbe fondato sulla sua qualità di azionista, e il versamento dei canoni dalla società al proprietario (sia a seguito di corrispondenza che a seguito di un’ingiunzione del giudice) non configurerebbe una distribuzione di capitale, ai sensi dell’articolo 15.

75.      Allo stesso modo, se un dipendente della società, che avesse acquistato o ricevuto azioni nella società stessa, fosse quindi vittima di un incidente sul lavoro in violazione dell’obbligo di diligenza della società nei suoi riguardi, il suo diritto al risarcimento del danno dalla società per compensarlo delle lesioni subite non avrebbe nulla a che fare con il suo status di azionista. In tali circostanze, un pagamento di una compensazione ad opera della società non costituirebbe una distribuzione di capitale.

76.      Dato che un pagamento effettuato ad un creditore terzo che sia parimenti un azionista non configura una «distribuzione» di capitale, ai sensi dell’articolo 15, esso non è vietato da tale disposizione.

77.      L’articolo 16 della seconda direttiva sul diritto delle società prevede unicamente che sia restituita ogni distribuzione fatta in contrasto con l’articolo 15. Dalla conclusione che ho raggiunto in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 15 discende che l’articolo 16 resta irrilevante nella specie.

 La norma che vieta ad una società di acquisire azioni proprie e le sue deroghe

78.      L’articolo 18, paragrafo 1, della seconda direttiva sul diritto delle società vietava alle società di sottoscrivere azioni proprie. L’articolo 19, tuttavia, prevedeva che gli Stati membri potessero consentire ad una società di acquisire azioni proprie conformemente alle condizioni ivi previste, mentre l’articolo 20 consentiva agli Stati membri di non applicare l’articolo 19 a circostanze particolari in cui una società acquistasse azioni.

79.      L’obiettivo di questi articoli era quello di tutelare azionisti e creditori da un comportamento di mercato che potesse ridurre il capitale di una società ed aumentare artificialmente il prezzo delle proprie azioni. Detto obiettivo non è pregiudicato se una società acquista azioni proprie ove un obbligo giuridico le imponga di farlo. Infatti, come correttamente osservato dal governo portoghese e dalla Commissione, l’articolo 20, paragrafo 1, lettera d), consente espressamente agli Stati membri di acquistare azioni «in virtù di un obbligo legale», senza dover ricorrere alle procedure previste all’articolo 19. Pertanto, laddove la norma nazionale in questione impone ad una società per azioni di (ri)acquistare azioni proprie come parte di un provvedimento per rimediare ad una violazione degli obblighi della società, si tratta di un acquisto in virtù di un obbligo legale, che l’articolo 20, paragrafo 1, lettera d) permetteva esplicitamente agli Stati membri di consentire.

80.      Ne consegue che l’articolo 18 non costituiva un ostacolo alla norma nazionale in questione.

 Il principio della parità di trattamento

81.      L’articolo 42 prevedeva che, ai fini dell’applicazione della seconda direttiva sul diritto delle società, gli Stati membri dovevano salvaguardare «la parità di trattamento degli azionisti che si trovano in condizioni identiche». Tale obbligo si applicava, come risultava dall’inciso «per l’applicazione della presente direttiva», soltanto nell’ambito di tale direttiva (28).

82.      Un azionista che sia legalmente legittimato al risarcimento per un acquisto di azioni effettuato in base ad un prospetto ingannevole non si trova nella stessa situazione di un azionista che non ha fatto affidamento su tale prospetto. Il principio della parità di trattamento degli azionisti non impedisce, pertanto, di porre un rimedio di ricorso a disposizione di un azionista (29) che sia legittimato ad esperirlo.

 Articolo 12

83.      L’articolo 12 della seconda direttiva sul diritto delle società vietava agli azionisti di essere esonerati dall’obbligo di conferimento, tutelando, in tal modo, il capitale sottoscritto alla costituzione della società con l’imposizione del versamento di tutto il capitale sottoscritto. Dato che il sig. Hirmann a) ha acquistato azioni ordinarie sul mercato secondario e b) ha versato integralmente il prezzo delle medesime, tale disposizione è irrilevante nella specie.

 Cosa avviene se un pagamento richiede l’uso del capitale sottoscritto o delle riserve o se potrebbe determinare l’insolvenza della società?

84.      Inizierò rilevando che, per quanto posso constatare, questa questione è ipotetica. Negli atti presentati alla Corte non c’è nulla che suggerisca che, se alla Immofinanz fosse intimato di ritirare 1 375,02406 azioni e di pagare al sig. Hirmann EUR 10 013,75, oltre interessi, essa dovrebbe attingere alle riserve o utilizzare il capitale sottoscritto per soddisfare tale obbligo.

85.      Se, e nella misura in cui, ciò sia necessario per rispondere alla questione, rimango dell’opinione che, dato che siffatto pagamento ad un creditore terzo non configura una distribuzione di capitale ai sensi dell’articolo 15, i limiti imposti da detto articolo all’importo di capitale che una società per azioni poteva distribuire ai suoi azionisti non si applicano ad un pagamento di tal genere. Ne consegue che il pagamento di una compensazione ad un investitore effettuato da una società per azioni che sia venuta meno ai propri obblighi non sarebbe stato vietato dall’articolo 15, anche se per far fronte a tale responsabilità essa avesse dovuto utilizzare l’attivo netto e avesse corso il rischio di divenire insolvente.

86.      Posso tuttavia soltanto ripetere che, sulla base delle informazioni a disposizione di questa Corte, la questione sembra essere più ipotetica che reale.

87.      Concludo, dunque, che la seconda direttiva sul diritto delle società non ostava ad una disposizione nazionale come quella oggetto del presente procedimento.

 Questioni 4 e 5

88.      Nella quarta e quinta questione il giudice nazionale si interroga essenzialmente sulla successione cronologica dei fatti; pertanto, esaminerò le due questioni congiuntamente. L’asserita violazione è stata commessa il 7 gennaio 2005. Il sig. Hirmann ha proposto ricorso il 15 agosto 2011. Occorre chiedersi se la direttiva sulle garanzie e/o la seconda direttiva sul diritto delle società osti o, rispettivamente, ostasse ad una normativa nazionale che prevede l’annullamento con effetto retroattivo di un contratto di acquisto di azioni, risultante nel rimborso del prezzo di acquisto versato originariamente al momento della violazione (rimborso fondato su valore delle azioni ex tunc)? Ovvero, se dette direttive impongano, invece, effettivamente che la responsabilità dell’emittente sia determinata con riferimento al prezzo delle azioni nel momento in cui è stato esperito il ricorso (rimborso fondato sul valore della partecipazione ex nunc)?

89.      Il sig. Hirmann sostiene di avere diritto al rimborso del prezzo originariamente pagato (oltre interessi) in base al rilievo che, se non fosse stato ingannato, non avrebbe stipulato l’operazione di acquisto delle azioni. Il governo austriaco, essendosi allineato con la posizione adottata dall’Oberster Gerichtshof (30) secondo la quale la tutela dell’azionista prevale sulla conservazione dell’integrità del capitale di una società, non considera dette questioni allo stesso modo.

90.      La Immofinanz, per contro, deduce che consentire ad un investitore di rivendicare il prezzo originariamente versato potrebbe generare lo stesso effetto di una dichiarazione di nullità di una società. Ciò creerebbe, infatti, incertezza giuridica e sarebbe contrario agli articoli 12 e 13 della direttiva sulle garanzie, che enuncerebbe in modo tassativo le condizioni alle quali può essere dichiarata la nullità di una società. La Immofinanz sostiene, inoltre, (rinviando alla sentenza E. Friz (31) e sostenuta su questo punto dalla Aviso Zeta) che sia una necessità imprescindibile garantire la continuità della società. Pertanto, se la vendita delle azioni deve essere risolta, le azioni devono essere restituite alla Immofinanz e il prezzo deve essere rimborsato, l’importo del rimborso dovrebbe essere calcolato ex nunc (valore delle azioni al momento della presentazione della domanda) e non ex tunc (prezzo di acquisto originale).

91.      Il governo portoghese e la Commissione ritengono che gli articoli 12 e 13 della direttiva sulle garanzie non siano applicabili. La risoluzione dell’acquisto delle azioni non determinerebbe la nullità della Immofinanz. Una decisione di tal genere deve essere adottata da un’autorità giurisdizionale. Inoltre, né detti articoli della direttiva sulle garanzie, né la seconda direttiva sul diritto delle società impongono che la risoluzione di un contratto debba produrre soltanto effetti ex nunc, o che una responsabilità ad essa conseguente debba essere determinata ex nunc. La Commissione aggiunge che spetta al giudice nazionale stabilire la portata della responsabilità di un emittente, in considerazione del principio della parità di trattamento degli azionisti che si trovano nella medesima situazione.

92.      Condivido le tesi del governo portoghese e della Commissione.

93.      L’articolo 12, lettera a), della direttiva sulle garanzie prevede che «la nullità deve essere dichiarata in giudizio» e che essa può essere dichiarata soltanto in uno dei casi tassativamente elencati all’articolo 12, punti da i) a vi). L’articolo 13 verte sulle conseguenze di siffatta nullità. Tuttavia, una decisione resa da un organo giurisdizionale secondo cui una società è incorsa in responsabilità civile nei confronti di un investitore non configura una dichiarazione di nullità. Gli articoli 12 e 13 sono dunque manifestamente irrilevanti ai fini della responsabilità in cui incorre una società per azioni che abbia violato i propri obblighi di informazione e non incidono sulla questione se tale responsabilità produca effetti ex nunc o ex tunc.

94.      Le direttive sulla tutela degli azionisti non prevedono norme specifiche riguardo alla natura della misura che uno Stato membro deve imporre nel caso in cui un emittente venga meno ai propri obblighi di fornire informazioni, salvo che le sanzioni imposte devono essere «efficaci, proporzionate e dissuasive». Gli Stati membri godono, dunque, di un ampio margine di discrezionalità, che include necessariamente la decisione se la risoluzione di un acquisto di azioni debba produrre effetti ex tunc o ex nunc.

95.      Nella sentenza E. Friz, (32) la Corte ha dichiarato che, se un consumatore ha esercitato il suo diritto di revoca dell’adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società di persone (direttiva 85/577) (33), ciò non ostava alla risoluzione del contratto con effetti ex nunc (34). Tale sentenza non può essere letta nel senso che essa imponga agli Stati membri, nel contesto delle diverse direttive considerate nella fattispecie, di prevedere che la risoluzione di un acquisto di azioni derivante dalla violazione dell’obbligo della società di fornire informazioni produca soltanto effetti ex nunc.

96.      Infine, nel tenore degli articoli 12, 15, 16, 18, 19 e/o 42 della seconda direttiva sul diritto delle società non rinvengo elementi che suggeriscano che essi contenevano siffatta condizione. Concordo con la Commissione che un giudice nazionale possa avere la necessità di provvedere affinché tutti gli azionisti che hanno acquistato azioni sulla base delle medesime informazioni ingannevoli siano trattati allo stesso modo, come richiesto dall’articolo 42. Ciò premesso, ritengo che tali articoli siano tutti irrilevanti ai fini della decisione sulla questione ex tunc/ex nunc. Come ho già indicato, tale decisione spetta al diritto nazionale.

 Conclusione

97.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dallo Handelsgericht Wien nei seguenti termini:

1.      La direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio non ostano ad una normativa nazionale secondo cui, qualora una società per azioni violi i propri obblighi derivanti dalle direttive medesime, essa è tenuta a ritirare le proprie azioni e a rimborsare all’investitore il prezzo di acquisto. Una normativa nazionale di tal genere non è vietata neppure dagli articoli 12, 15, 16, 18, 19 e/o 42 della direttiva del Consiglio 77/91/CE.

2.      Né la direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, né la direttiva del Consiglio 77/91/CE ostano all’annullamento con effetti retroattivi di un contratto di acquisto di azioni con conseguente rimborso dell’originario prezzo di vendita.


1 —      Lingua originale: l’inglese.


2 —      Seconda direttiva del Consiglio del 13 dicembre 1976 intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1). La seconda direttiva sul diritto delle società è stata abrogata dalla direttiva 2012/30/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 2012, L 315, pag. 74). In precedenza essa era stata modificata dalla direttiva 92/101/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1992, che modifica la direttiva 77/91/CEE per quanto riguarda la costituzione della società per azioni nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 347, pag. 64), che costituisce la versione in vigore al momento del contratto di acquisto delle azioni, il 7 gennaio 2005, sul quale verte il procedimento nazionale. In seguito quest’ultima direttiva è stata emendata dalla direttiva 2006/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, che modifica la direttiva 77/91/CEE del Consiglio relativamente alla costituzione delle società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del loro capitale sociale (GU L 264, pag. 32) e dalla direttiva 2006/99/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006, che adegua determinate direttive in materia di diritto societario, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della Romania (GU 2006, L 363, pag. 137).


3 —      V. nota 2 supra.


4 —      L’articolo 17 della direttiva 2012/30/UE ha sostituito l’articolo 15 della seconda direttiva sul diritto della società, citata alla nota 2 supra.


5 —      L’articolo 20 della direttiva 2012/30/UE ha sostituito l’articolo 18 della seconda direttiva sul diritto della società, citata alla nota 2 supra.


6 —      Direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di rimedi finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 345, pag. 64). Gli Stati membri erano tenuti a trasporre detta direttiva non oltre il 1° luglio 2005 (articolo 29). Non mi è noto se tale versione della direttiva sui prospetti fosse stata recepita nel diritto austriaco alla data del 7 gennaio 2005, ossia alla data del contratto di acquisto delle azioni. In caso contrario, il diritto nazionale poteva essere conforme ai precedenti requisiti imposti dalla direttiva 89/298/CEE del Consiglio, del 17 aprile 1989, per il coordinamento delle condizioni di redazione, controllo e diffusione del prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica di valori mobiliari (GU L 124, pag. 8). Successivamente, la direttiva sui prospetti è stata emendata dalla direttiva 2008/11/CE che modifica la direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 76, pag. 37), anche se gli articoli 6 e 25, che sono pertinenti nella fattispecie in esame, non sono stati emendati.


7 —      Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE, (GU L 390, pag. 38). Di tale direttiva non era richiesta la trasposizione fino al 20 gennaio 2007. Alla data di acquisto delle azioni può darsi quindi che la normativa nazionale riflettesse i requisiti in materia di trasparenza di cui della direttiva 2001/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 maggio 2001, riguardante l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l’informazione da pubblicare su detti valori, cit., entrata in vigore il 26 luglio 2001 e che ha codificato una serie di direttive precedenti, ivi inclusa la direttiva 82/121/CEE del 15 febbraio 1982, relativa alle informazioni periodiche che devono essere pubblicate dalle società le cui azioni sono ammesse alla quotazione ufficiale di una borsa valori (GU L 48, pag. 26).


8 —      Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (GU L 96, pag. 16). Sebbene la denominazione «direttiva sull’integrità del mercato» descriverebbe meglio detta direttiva in considerazione dei suoi obiettivi, essa è comunemente denominata «direttiva sugli abusi di mercato», ed io mi atterrò in questa sede a tale convenzione. Gli Stati membri erano tenuti a trasporre la direttiva in diritto nazionale entro il 12 ottobre 2004. Successivamente, essa è stata emendata dalla direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (GU L 331, pag. 120), ma se l’articolo 14, paragrafo 1, a cui si riferisce la fattispecie in esame, non è stato emendato.


9 —      Direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 48, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 258, pag. 11). Questa direttiva è successiva all’acquisto di azioni sul quale verte il procedimento nazionale. Gli articoli 12 e 13, citati dal giudice nazionale, non sono stati emendati sino ad oggi.


10 —      Mi riferirò a queste ultime congiuntamente come alle «direttive sulla tutela degli azionisti».


11 —      Detto elenco è stato mantenuto dall’articolo 1 e dall’Allegato I della direttiva 2012/30/UE, citata alla nota 2 supra.


12 —      L’articolo 6 della direttiva 2012/30/UE ha sostituito l’articolo 6 della seconda direttiva sul diritto della società.


13 —      L’articolo 14 della direttiva 2012/30/UE ha sostituito l’articolo 12 della seconda direttiva sul diritto della società.


14 —      Abrogato dall’articolo 17 della direttiva 2012/30/UE.


15 —      Abrogato dall’articolo 20 della direttiva 2012/30/UE.


16 —      Abrogato dall’articolo 21 della direttiva 2012/30/UE.


17 —      Articolo 19, paragrafo 1, lettera a).


18 —      Articolo 19, paragrafo 1, lettera c).


19 —      Articolo 19, paragrafo 1, lettera d).


20 —      Abrogato dall’articolo 22, paragrafo 1, lettera d) della direttiva 2012/30/UE.


21 —      V. considerando 1 e 2 della direttiva.


22 —      I consumatori ai sensi di questa disposizione sono i privati che agiscono per proprio conto e non per conto di una società. Sembra che il sig. Hirmann rientri in questa definizione riguardo al suo acquisto di azioni.


23 —      Può sembrare strano al lettore che l’acquisto di azioni del sig. Hirmann abbia incluso una frazione di azione. Questo è tuttavia quanto risulta dall’ordinanza di rinvio.


24 —      L’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva sugli obblighi di trasparenza fa riferimento anche a sanzioni civili.


25 —      V. nota 2 supra, che identifica la versione della seconda direttiva sul diritto delle società in vigore all’epoca dei fatti.


26 —      Causa 7 Ob 77/10i.


27 —      Causa 6 Ob 28/12d.


28 —      Sentenza del 15 ottobre 2009, Audiolux SA e a., (C-101/08, Racc. pag. I- 9823, punti da 37 a 42). V. anche considerando 5 della seconda direttiva sul diritto delle società.


29 —      Se legittimato all’azione è più di un azionista, il giudice nazionale dovrà evidentemente applicare il principio della parità di trattamento nei confronti di tutti gli azionisti nella stessa posizione allorché determina la portata della responsabilità della società nei riguardi di ciascuno di essi.


30 —      V. le note 26 e 27 supra.


31 —      Cit. al paragrafo 39.


32 —      Cit. supra alla nota 31.


33 —      Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31).


34 —      Sentenza E. Friz, citata al paragrafo 39 supra, punto 50.