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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 20 maggio 2015 (1)

Causa C-595/13

Staatssecretaris van Financiën

contro

Fiscale Eenheid X N.V. c.s.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi)]

«Normativa tributaria – Imposta sul valore aggiunto – Articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE – Esenzione per la gestione di fondi comuni d’investimento – Immobili come oggetto di un fondo comune d’investimento – Amministrazione effettiva di un immobile come gestione di un fondo comune d’investimento»





I –    Introduzione

1.        Il diritto dell’Unione in materia di IVA prevede da quasi 40 anni un’esenzione per la gestione di fondi di investimento di cui la Corte si è occupata in più occasioni (2). Solo ora però, con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dai Paesi Bassi, essa è chiamata a pronunciarsi sulla questione se e in che misura anche i fondi immobiliari – e non solo i fondi di investimento in valori mobiliari – possano avvalersi dell’esenzione in parola.

II – Contesto normativo

 Il diritto in materia di IVA

2.        Per il periodo rilevante nel procedimento principale il diritto dell’Unione in materia di IVA risulta disciplinato dalla sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (3), nella sua versione vigente nell’anno 1996 (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

3.        L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta all’imposta sul valore aggiunto in particolare «le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

4.        A norma dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, gli Stati membri esonerano tuttavia dall’imposta le seguenti operazioni:

«6.      la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri».

5.        La disposizione di cui trattasi corrisponde all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), dell’attualmente vigente direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (4). Anche la giurisprudenza della Corte in materia può quindi essere presa in considerazione nel caso di specie.

6.        Il diritto dei Paesi Bassi stabilisce, all’articolo 11, paragrafo 1, lettera i), punto 3, del Wet op de omzetbelasting (legge sull’IVA) 1968, che la gestione di capitali raccolti da fondi e società di investimento ai fini di investimento collettivo è esente da IVA.

 Disposizioni in materia di vigilanza sui fondi d’investimento

7.        La direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (5), nella sua versione vigente nel 1996 (in prosieguo: la «direttiva OICVM»), descrive, nel considerando 6, il proprio ambito di applicazione come segue:

«considerando che in una prima fase è opportuno limitare il coordinamento delle legislazioni degli Stati membri agli organismi d’investimento collettivo di tipo diverso da quello “chiuso” che offrono le loro quote in vendita al pubblico nella Comunità e che hanno come unico obiettivo l’investimento in valori mobiliari (…); che la regolamentazione degli organismi d’investimento collettivo cui la direttiva non si applica solleva vari problemi che occorre risolvere con altre disposizioni e che, quindi, tali organismi saranno oggetto di un successivo coordinamento; […]».

8.        La direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi (6) (in prosieguo: la «direttiva GEFIA») ha, in base al suo articolo 1, il seguente oggetto:

«La presente direttiva fissa le norme in materia di autorizzazione, funzionamento e trasparenza dei gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) che gestiscono e/o commercializzano fondi di investimento alternativi (FIA) nell’Unione».

9.        L’allegato I della direttiva GEFIA prevede per estratto quanto segue:

«1.      Funzioni minime di gestione degli investimenti che un GEFIA svolge nella gestione di un FIA:

a) gestione del portafoglio;

b) gestione del rischio.

2.      Altre funzioni supplementari che un GEFIA può svolgere durante la gestione collettiva di un FIA:

a) amministrazione:

(…)

b) commercializzazione;

c) attività collegate agli attivi dei FIA, segnatamente (…) la gestione delle strutture, attività di amministrazione dei beni immobili (…) e (…)».

III – Procedimento principale

10.      Il procedimento principale verte sull’IVA dovuta dalla Fiscale Eenheid X N.V. c.s. (in prosieguo: la «società X») per l’anno 1996.

11.      La società X è un’entità fiscale cui appartengono più società che, nell’ambito della tassazione a fini IVA, sono trattate congiuntamente come un unico soggetto passivo. Nella società X rientra anche la società A Beheer N.V. (in prosieguo: la «società A»).

12.      Nel 1996 la società A ha reso talune prestazioni a favore di tre società, costituite mediante numerosi fondi pensione, che si occupano del commercio e dell’amministrazione di immobili. Posto che le società in parola non impiegavano personale, la società A assumeva per via contrattuale i seguenti compiti:

a)      l’attività di amministratrice delle società;

b)      tutte le attività di carattere operativo che le società sono chiamate a svolgere in base a norme di legge, atti costitutivi, statuti e decisioni amministrative;

c)      l’amministrazione del patrimonio delle società, in particolare l’amministrazione dei loro immobili;

d)      i rendiconti finanziari, l’elaborazione dei dati e il controllo contabile interno;

e)      il compimento di atti di disposizione sul patrimonio del committente, compreso l’acquisto e la vendita degli immobili;

f)      l’acquisizione di soci o azionisti.

13.      La società X ritiene che tutte le succitate attività svolte dalla società A ricadano nell’esenzione prevista per la gestione delle società di capitali ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera i), punto 3, del Wet op de omzetbelasting 1968. L’amministrazione finanziaria ritiene invece che solo l’acquisito e la vendita di immobili nonché l’acquisizione di nuovi soci [lettere e) ed f)] siano esenti da imposta.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

14.      Lo Hoge Raad der Nederlanden, chiamato nel frattempo a pronunciarsi sulla controversia, ritiene che sia, in parte, decisiva l’interpretazione del diritto dell’Unione e ha pertanto sottoposto alla Corte, in data 21 novembre 2013, le seguenti questioni ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

1)      Se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che una società costituita da più di un investitore, con il solo fine di investire in beni immobili il patrimonio raccolto, possa essere considerata come un fondo comune di investimento, ai sensi di detta disposizione.

2)      In caso di soluzione affermativa della questione 1): se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che nella nozione di «gestione» è compresa anche l’amministrazione effettiva dei beni immobili della società che quest’ultima ha affidato a un terzo.

15.      Nel marzo 2014, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, hanno presentato osservazioni scritte la società X, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia e la Commissione europea. All’udienza del 4 marzo 2015 è comparso, oltre alle suddette parti, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

V –    Analisi

16.      Il giudice del rinvio pone due questioni vertenti sull’esenzione della gestione di fondi comuni d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. La prima questione riguarda la nozione di «fondo comune d’investimento» [sul punto, infra lettera A)]; la seconda la nozione di «gestione» [sul punto, infra, lettera B)].

A –    Sulla prima questione pregiudiziale: il «fondo comune d’investimento»

17.      A norma dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, la gestione di «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri» è esente da IVA. Con la sua prima questione il giudice del rinvio vuole essenzialmente chiarire se un tale fondo comune d’investimento possa anche consistere in immobili.

1.      Il requisito della vigilanza statale specifica

18.      Gli Stati membri non possono rispondere in modo autonomo alla questione in parola malgrado il potere definitorio accordato loro dal tenore letterale dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. Nel caso della definizione di «fondo comune d’investimento», gli Stati membri dispongono infatti, in base alla nostra giurisprudenza – come già osservato di recente dall’avvocato generale Cruz Villalón (7) – solo di un margine di discrezionalità limitato.

19.      La Corte ha osservato al riguardo che uno Stato membro non potrebbe selezionare quali dei fondi comuni d’investimento beneficino dell’esenzione e quali no; esso avrebbe esclusivamente il potere di definire, nel suo diritto interno, i fondi corrispondenti alla nozione di «fondi comuni d’investimento» (8).

20.      Questa affermazione – di primo acchito fuorviante – può essere spiegata in modo semplice. Occorre infatti distinguere due ambiti normativi: da un lato il diritto in materia di IVA, dall’altro la vigilanza statale sui fondi d’investimento o gli «organismi d’investimento collettivo», come li definisce talvolta il diritto dell’Unione (9).

21.      Come osservato dalla Corte in più occasioni con riferimento all’interpretazione dell’esenzione qui controversa, il diritto in materia di IVA è stato armonizzato prima delle disposizioni in materia di vigilanza (10). Pertanto, il diritto in materia di IVA dell’Unione doveva rimandare al diritto nazionale quando si trattava di esentare da IVA la gestione di taluni fondi d’investimento che sono soggetti a una vigilanza statale specifica (11). Originariamente erano infatti solo gli Stati membri a stabilire quali tra i suddetti fondi erano regolamentati a livello statale e quindi soggetti a particolari disposizioni in materia di autorizzazione e controllo, segnatamente, a tutela degli investitori. In relazione a tale tipologia di fondi comuni d’investimento disciplinati a livello nazionale, il diritto dell’Unione accordava un diritto ad esenzione ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

22.      È vero che ad oggi la Corte non ha ancora espressamente affermato che solo i patrimoni soggetti a una vigilanza statale specifica devono beneficiare dell’esenzione. La giurisprudenza si fonda però chiaramente su tale presupposto.

23.      E infatti, dopo che, con la direttiva OICVM, si è iniziato a disciplinare a livello di Unione la vigilanza statale specifica sui fondi d’investimento, la Corte ha limitato la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri per la definizione di un fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva: gli Stati membri devono classificare i patrimoni disciplinati dalla direttiva OICVM necessariamente come «fondo comune d’investimento» (12). Il potere definitorio degli Stati membri è stato così superato dell’armonizzazione delle disposizioni in materia di vigilanza (13).

24.      Nella misura in cui le disposizioni in materia di vigilanza non sono disciplinate a livello di Unione, il potere definitorio degli Stati membri rimane però intatto. Nel considerando 6 della direttiva OICVM il legislatore dell’Unione ha infatti spiegato che è opportuno «in una prima fase» limitare l’armonizzazione agli investimenti diversi da quelli chiusi e che hanno ad oggetto soltanto valori mobiliari. La Corte ha potuto così stabilire che una società d’investimento a capitale fisso il cui controllo statale non è disciplinato dal diritto dell’Unione può comunque rientrare nella nozione di «fondo comune d’investimento» a norma dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva (14).

25.      Per quanto di rilievo nel caso di specie, nulla è cambiato al riguardo. L’ampia armonizzazione delle disposizioni in materia di vigilanza sui fondi d’investimento compiuta con la direttiva GEFIA non può infatti essere presa in considerazione nel procedimento principale dovendosi ivi tener conto del quadro giuridico vigente nel 1996.

26.      La nozione di «fondo comune d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva è così definita, in ogni caso, in base al previgente quadro normativo, sia dal diritto dell’Unione, sia dal diritto nazionale. I fondi d’investimento sono, nella misura in cui il diritto dell’Unione li assoggetta, con la direttiva OICVM, a una vigilanza statale specifica, fondi comuni d’investimento ai sensi dell’esenzione. Ove gli Stati membri prevedano anche una vigilanza statale specifica per ulteriori forme di fondi d’investimento, anch’essi beneficiano, in linea di principio, dell’esenzione.

27.      In questo senso deve essere letta anche la nostra giurisprudenza secondo cui gli Stati membri devono considerare fondi comuni d’investimento anche i fondi che, pur non costituendo organismi d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM, presentano quanto meno tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi (15). Una tale concorrenza può esistere essenzialmente soltanto tra fondi d’investimento soggetti a una vigilanza statale specifica. Solo tali fondi possono essere soggetti alle medesime condizioni di concorrenza e rivolgersi alla stessa cerchia di investitori.

28.      Anche la sentenza ATP PensionService, nella quale la Corte ha stabilito che anche i fondi pensione dei regimi pensionistici complementari professionali possono rientrare nella nozione di fondi comuni di investimento (16), si pone in linea con il requisito di una vigilanza statale specifica. Anche i sistemi pensionistici aziendali sono infatti essenzialmente assoggettati a una siffatta vigilanza, come risulta dalla direttiva 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (17).

29.      Infine, la limitazione dell’ambito di applicazione dell’esenzione ai fondi d’investimento oggetto di vigilanza statale specifica risponde inoltre al principio – ribadito dalla Corte nella sua giurisprudenza consolidata – dell’interpretazione restrittiva delle nozioni di esenzioni (18). Se l’esenzione si estendesse infatti anche a fondi d’investimento non regolamentati, il suo ambito di applicazione risulterebbe estremamente ampio. Potrebbero così essere considerate fondi comuni d’investimento anche, ad esempio, le società operanti come holding di partecipazioni aziendali, aspetto questo correttamente evidenziato dal Regno Unito in udienza.

30.      Ai fini del caso di specie, occorre riconoscere che un fondo d’investimento composto esclusivamente da immobili non rientra nel diritto dell’Unione in materia di vigilanza in vigore nel 1996. In base al suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, primo trattino, la direttiva OICVM trova applicazione soltanto a fondi d’investimento in valori mobiliari.

31.      Ne consegue che un fondo d’investimento composto da immobili può costituire un fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva solo quando la normativa nazionale prevede per esso una vigilanza statale specifica. Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio non è possibile stabilire se questo sia il caso nel procedimento principale e spetta quindi ad esso verificarlo.

2.      Immobili come possibile fondo comune d’investimento

32.      Qualora il giudice del rinvio dovesse accertare che le tre società cui la società A ha erogato diverse prestazioni erano soggette a una vigilanza statale specifica, si pone l’ulteriore questione se un tale fondo comune d’investimento debba essere anche considerato, in base alle disposizioni nazionali in materia di vigilanza, un fondo comune d’investimento ai fini dell’esenzione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

33.      In base alla giurisprudenza esiste, infatti, un limite esterno al diritto definitorio degli Stati membri. La qualifica come «fondo comune d’investimento» sulla base di disposizioni nazionali in materia di vigilanza in virtù di una particolare regolamentazione di un fondo di investimento non è, in quanto tale, sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’esenzione. È invece necessario anche che si tratti di fondi rientranti nella nozione di «fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, esentabili alla luce dello scopo di tale direttiva e del principio di neutralità fiscale (19).

34.      Anche se quindi l’attività delle tre società cui la società A ha erogato diverse prestazioni fosse stata assoggettata a una vigilanza statale specifica, la sua classificazione come fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva potrebbe essere preclusa ove i fondi d’investimento composti da immobili non ricadessero nell’obiettivo dell’esenzione in questione.

35.      Secondo una giurisprudenza costante, l’esenzione è diretta ad agevolare agli investitori l’investimento in titoli tramite organismi d’investimento, escludendo i costi dell’IVA e a garantire in tal modo che il sistema comune dell’IVA sia fiscalmente neutro quanto alla scelta tra l’investimento diretto in titoli e quello mediante organismi d’investimento collettivo. La Corte tuttavia non ritiene espressamente che l’obiettivo descritto, riferentesi esclusivamente ai titoli, sia conclusivo (20).

36.      Il punto di partenza nello stabilire l’obiettivo dell’esenzione è dato dal tenore letterale dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. La disposizione in parola parla genericamente di «fondi comuni di investimento» e non di una particolare forma di investimento. Non se ne desume pertanto che l’esenzione in parola debba essere diretta esclusivamente a favorire gli investimenti in valori mobiliari e non altre forme di investimento.

37.      Il giudice del rinvio nutre tuttavia dubbi quanto al fatto che l’obiettivo indicato dalla Corte per l’esenzione possa essere soddisfatto nel caso degli immobili. L’investimento diretto in immobili è infatti soggetto, in termini generali, a IVA. Tale eccezione si fonda sulla considerazione che, al contrario, gli investimenti diretti in valori mobiliari ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 5, della sesta direttiva sono, di norma, esenti. Se l’investimento diretto in immobili non è di per sé esente da imposta – questa sembra essere la posizione del giudice del rinvio –, allora neppure la gestione di un fondo immobiliare dovrebbe esserlo, al fine di trattare in modo fiscalmente neutro gli investimenti diretti e gli investimenti in fondi immobiliari.

38.      Tuttavia, la questione se l’acquisto e la vendita dei beni di un fondo d’investimento sia esente o meno da imposta, non assume alcun significato rispetto all’obiettivo dell’esenzione della gestione dei fondi comuni d’investimento come definito dalla Corte. La parità di trattamento degli investimenti diretti e degli investimenti in fondi comuni d’investimento perseguita dall’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva è garantita prevedendo che la gestione dei fondi comuni di investimento – che, in caso di investimento diretto, è compiuta dall’investitore stesso e non è, a priori, gravata da IVA – non sia ulteriormente assoggettata a imposta sul valore aggiunto. Nel caso dell’acquisto o della vendita dei beni di un fondo d’investimento, gli investimenti diretti e gli investimenti in fondi comuni di investimento sono comunque essenzialmente sottoposti a un medesimo trattamento in quanto, di norma, in entrambi i casi l’IVA è dovuta o no in ragione dell’oggetto dell’investimento.

39.      L’obiettivo dell’esenzione è così raggiunto anche nel caso degli investimenti in immobili esentando i fondi di investimento da oneri IVA aggiuntivi che non insorgerebbero in caso di investimento immobiliare diretto. Il fatto che la Corte abbia, sino ad ora, riferito il suddetto obiettivo soltanto ai valori mobiliari dipende dall’oggetto dei procedimenti ad oggi pendenti e, a determinate condizioni, anche dalla circostanza che le disposizioni dell’Unione in materia di vigilanza hanno, a lungo, riguardato soltanto i patrimoni in valori mobiliari.

40.      Come mostrano il considerando 6, gli articoli 19, paragrafo 1, lettera e), e 24 della direttiva OICVM, le disposizioni in materia di vigilanza non prevedono tuttavia in termini generali soltanto organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari ma anche altri organismi d’investimento collettivo. L’investimento in valori mobiliari rappresenta così soltanto una forma specifica di investimento regolamentato. Ciò trova conferma anche nella direttiva GEFIA oggi vigente che, a livello di Unione, ha compiuto un ulteriore passo verso l’armonizzazione per quanto concerne la vigilanza statale specifica sui fondi d’investimento. La direttiva GEFIA si applica segnatamente anche ai fondi immobiliari, come risulta espressamente dal suo considerando 34.

41.      In tale contesto, l’estensione dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva ai fondi immobiliari impedisce anche che si verifichi una violazione del principio della neutralità fiscale. Infatti, quando fondi d’investimento sono soggetti a una sorveglianza statale specifica simile, a prescindere dal fatto che siano composti da titoli mobiliari o da immobili, le suddette forme di investimento si pongono altresì in concorrenza diretta. In entrambi i casi infatti l’unico aspetto di rilievo per l’investitore è, alla fine, il tasso di interesse ottenuto sul suo capitale. Secondo una giurisprudenza consolidata, il principio di neutralità fiscale osta però a che merci o prestazioni di servizi simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA (21).

42.      Ritengo inoltre, da ultimo, che non sia legittima neppure l’eccezione sollevata dal Regno di Svezia in merito all’asserita mancanza di una ripartizione del rischio da parte di un fondo immobiliare. È vero che, secondo la giurisprudenza, un fondo comune d’investimento deve permettere una ripartizione del rischio sostenuto dagli investitori (22). Anche se un fondo immobiliare investe, per definizione, soltanto in immobili, esso comporta comunque una ripartizione del rischio. Ciò accade evidentemente nel caso di un investimento in più immobili ma, allo stesso modo, anche in presenza di un singolo immobile di grandi dimensioni dato che, in tal caso, ad esempio, il rischio di mancata locazione è ripartito su una molteplicità di unità ad uso abitativo o commerciale. Per motivi analoghi, anche fondi comuni d’investimento, composti da valori mobiliari, possono essere limitati a un determinato settore senza perdere in tal modo l’esenzione.

43.      In definitiva quindi anche i patrimoni immobiliari che il diritto nazionale ha assoggettato, quali fondi comuni d’investimento, a una vigilanza statale specifica, devono essere considerati come fondi comuni d’investimento ai sensi dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

3.      Conclusione

44.      Occorre quindi rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che una società costituita da più di un investitore, con il solo fine di investire in beni immobili il patrimonio raccolto, può essere considerata un fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva se il relativo Stato membro l’ha assoggettata a una vigilanza statale specifica.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale: la «gestione»

45.      La seconda questione pregiudiziale verte sull’interpretazione della nozione di «gestione» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. Il giudice del rinvio si chiede se, la stessa comprenda anche l’amministrazione effettiva dei beni immobili di un fondo comune d’investimento che quest’ultimo ha affidato a un terzo. In base all’ordinanza di rinvio, l’amministrazione effettiva dell’immobile comprende in particolare la sua locazione, l’amministrazione dei rapporti di locazione in essere nonché l’affidamento di interventi di manutenzione e la sorveglianza su di essi.

46.      Dalla motivazione dell’ordinanza di rinvio si desume che per «terzo» s’intende la società A. Posto che quest’ultima si è assunta tutte le prestazioni amministrative per le tre società, ivi compresa l’amministrazione, non si pone qui la questione – trattata in più occasioni della Corte – delle condizioni in presenza delle quali un gestore esterno può rendere in regime di esenzione da imposta singoli servizi amministrativi quale subfornitore del gestore effettivo di un fondo comune d’investimento (23).

47.      Nel caso di specie si discute quindi soltanto di cosa rientri nella gestione ai fini dell’esenzione. Una gestione siffatta comprende, come discusso dalle parti del procedimento, solo l’acquisto e la vendita degli immobili o anche la loro amministrazione effettiva?

48.      Come già stabilito dalla Corte, la determinazione di cosa si consideri gestione ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, avviene soltanto sulla base del diritto dell’Unione. Gli Stati membri non dispongono a questo riguardo di alcun margine di discrezionalità (24).

49.      La nostra giurisprudenza non ha tuttavia ancora definito in modo conclusivo la nozione di gestione. L’unico elemento chiaro è che le operazioni coperte da tale esenzione devono essere quelle che attengono specificamente all’attività degli organismi d’investimento collettivo (25).

50.      La valutazione di cosa sia «specifico» per la gestione di un fondo comune di investimento dipende dall’oggetto del medesimo. L’obiettivo di un siffatto fondo comune di investimento è il mantenimento e l’incremento del patrimonio. Specifico per la sua gestione è quindi tutto quello che un gestore deve fare per mantenere il fondo d’investimento ad esso affidato e ricavarne un utile. A tal fine, esso è chiamato ad amministrare correttamente i rispettivi beni patrimoniali. Cosa ciò significhi in concreto può essere stabilito soltanto in relazione all’oggetto dell’investimento.

51.      Nel caso degli immobili, in linea di principio il valore degli stessi può essere preservato e può esserne ricavato un utile solo se sono anche amministrati effettivamente. La mera titolarità del diritto di proprietà sugli immobili non genera, di norma, alcun utile.

52.      Ove oggetto del fondo comune di investimento siano invece partecipazioni all’interno di società, di norma il titolare delle quote non deve attivarsi personalmente per ottenere degli utili. L’impresa della società è infatti già gestita da una propria autonoma amministrazione.

53.      Ai fini della regolare amministrazione del bene oggetto di investimento è richiesto quindi – ad esempio nel caso di patrimoni in valori mobiliari composti da azioni – soltanto l’esercizio dei diritti riconosciuti a un titolare delle quote, quali il diritto di voto. Quest’ultimo non ha invece alcun diritto di gestire concretamente l’impresa della società di cui egli detiene le quote. Per questo motivo l’amministrazione effettiva di un immobile non può quindi neppure essere confrontata con l’amministrazione effettiva dell’impresa di una società in cui un fondo di investimento in valori mobiliari detiene le quote e che non rientra affatto nella «gestione» ai sensi dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

54.      Nel caso delle azioni, il gestore di un fondo comune di investimento può quindi essenzialmente limitarsi alla mera detenzione di quote nelle società per conseguirne degli utili, mentre nel caso degli immobili ciò di norma non è sufficiente.

55.      Tale opinione trova conferma nelle disposizioni dell’Unione in materia di vigilanza attualmente vigenti. L’allegato I, punto 2, lettera c), della direttiva GEFIA prevede così che tra i compiti che un gestore di un fondo di investimenti alternativo può svolgere e che soggiacciono così al controllo delle autorità rientrano, accanto all’«amministrazione», anche la «gestione delle strutture» e l’«attività di amministrazione dei beni immobili», e quindi l’amministrazione effettiva degli immobili. Nel caso di fondi comuni di investimento che ricadono nell’OICVM, la Corte fa altresì riferimento alla descrizione dell’attività contenuta nell’allegato II della direttiva in parola per i fondi di investimento e le società di investimento. In base alla giurisprudenza infatti, le attività di «amministrazione» elencate nell’allegato II della direttiva OICVM accanto alla gestione del portafogli sono in ogni caso specifiche (26). Anche se la direttiva GEFIA non trova ancora applicazione al procedimento principale, le sue disposizioni mostrano comunque che l’amministrazione effettiva degli immobili rientra nei compiti «specifici» di un fondo immobiliare.

56.      Contro l’inclusione dell’amministrazione di un immobile nella nozione di «gestione» non depone, da ultimo, neppure il fatto che l’amministrazione di un immobile affidata da un singolo investitore a un terzo non sia esente da IVA. Nella sentenza GfBK la Corte ha infatti già respinto un argomento simile rispetto alle prestazioni di consulenza in materia di investimento in valori mobiliari (27). Alla luce dell’obiettivo dell’esenzione (28) si tratta soltanto di confrontare l’investimento in un fondo immobiliare con un investimento diretto in un immobile in relazione al quale l’amministrazione effettiva è compiuta dall’investitore stesso e anche per la quale non è previsto alcun onere IVA. L’esenzione dell’amministrazione effettiva dell’immobile da parte del gestore di un fondo immobiliare è finalizzata quindi – in linea con l’obiettivo dell’esenzione – a garantire la neutralità quanto alla scelta tra un investimento diretto in un immobile e un investimento in un fondo immobiliare.

57.      Occorre quindi rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che nella nozione di «gestione» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva ricade anche l’amministrazione effettiva degli immobili dei fondi comuni di investimento.

VI – Conclusione

58.      Alla luce di quanto precede propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dallo Hoge Raad der Nederlanden nei seguenti termini:

L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che

–        una società costituita da più di un investitore, con il solo fine di investire in beni immobili il patrimonio raccolto, può essere considerata un «fondo comune d’investimento» se il relativo Stato membro l’ha assoggettata a una vigilanza statale specifica;

–        la «gestione» di un siffatto fondo comune di investimento comprende anche l’amministrazione effettiva degli immobili.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Sentenze Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289); JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust und The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391); Deutsche Bank (C-44/11, EU:C:2012:484); GfBk (C-275/11, EU:C:2013:141, punto 30); Wheels Common Investment Fund Trustees e a. (C-424/11, EU:C:2013:144, punto 19), e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 43); v. anche conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa BBL (C-8/03, EU:C:2004:309) e dell’avvocato generale Sharpston nella causa PPG Holdings (C-26/12, EU:C:2013:254).


3 –      GU L 145, pag. 1.


4 –      GU L 347, pag. 1.


5 –      GU L 375, pag. 3; nel frattempo è entrata in vigore la direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione) (GU L 302, pag. 32), che però non trova applicazione ratione temporis al procedimento principale.


6 –      Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174, pag. 1).


7 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2013:840, paragrafi da 34 a 36).


8 –      Sentenze Wheels Common Investment Fund Trustees e a. (C-424/11, EU:C:2013:144, punto 17) e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 41); v. anche sentenza JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punti da 41 a 43).


9 –      L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva OICVM ricomprende, nella nozione di un siffatto organismo, sia «fondi comuni di investimento» non indipendenti sia «società di investimento» indipendenti; la direttiva GEFIA considera invece il «fondo di investimento» come nozione generale, v. articoli 1 e 2, paragrafo 2, lettera b).


10 –      V. sentenze Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289, punto 55) e JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punto 32).


11 –      V. già le mie conclusioni nelle cause Abbey National (C-169/04, EU:C:2005:523, paragrafo 41) nonché JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:125, paragrafo 16).


12 –      Sentenze Wheels Common Investment Fund Trustees e a. (C-424/11, EU:C:2013:144, punto 23) e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 46).


13 –      V. già le mie conclusioni nella causa Abbey National (C-169/04, EU:C:2005:523, paragrafo 38) e nella causa JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:125, paragrafo 32).


14 –      Sentenza JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punti 34, 35 e 37).


15 –      Sentenze Wheels Common Investment Fund Trustees e a. (C-424/11, EU:C:2013:144, punto 24) e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 47).


16 –      V. sentenza ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 59).


17 –      Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235, pag. 10).


18 –      V., tra le tante, sentenze Velker International Oil Company (C-185/89, EU:C:1990:262, punto 19); Stockholm Lindöpark (C-150/99, EU:C:2001:34, punto 25), e Granton Advertising (C-461/12, EU:C:2014:1745, punto 25).


19 –      V. sentenza JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punto 53); v. in questo senso anche sentenza ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 42).


20 –      V. sentenze Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289, punto 62); JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, EU:C:2007:391, punto 45); GfBk (C-275/11, EU:C:2013:141, punto 30); Wheels Common Investment Fund Trustees e a. (C-424/11, EU:C:2013:144, punto 19), e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 43).


21 –      V. tra le tante sentenze Commissione/Francia (C-481/98, EU:C:2001:237, punto 22); Marks & Spencer (C-309/06, EU:C:2008:211, punto 47), e Pro Med Logistik (C-454/12 e C-455/12, EU:C:2014:111, punto 52).


22 –      Sentenza ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punti 51 e 59).


23 –      V. sul punto sentenze Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289, punto 67); GfBk (C-275/11, EU:C:2013:141, punti 20 e 21), e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punti 63 e 65).


24 –      V. sentenza Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289, punti da 40 a 43).


25 –      Sentenze Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289, punto 63); Deutsche Bank (C-44/11, EU:C:2012:484, punto 31), e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punto 65).


26 –      Sentenze GfBk (C-275/11, EU:C:2013:141, punti 22 e 25) e ATP PensionService (C-464/12, EU:C:2014:139, punti 66 e 67); v. anche sentenza Abbey National (C-169/04, EU:C:2006:289, punto 64).


27 –      V. sentenza GfBk (C-275/11, EU:C:2013:141, punti 29 e 30).


28 –      V. supra, paragrafo 35.