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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 25 novembre 2015 (1)

Causa C-332/14

Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR

contro

Finanzamt Krefeld

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte – Beni e servizi utilizzati sia per operazioni imponibili sia per operazioni esenti – Locazione di un immobile ad uso commerciale e residenziale – Calcolo del prorata di detrazione in base al volume d’affari imputato ai locatari commerciali – Normativa nazionale che prevede il calcolo del prorata in base alla superfice dell’immobile destinata ai locatari medesimi – Effetto retroattivo – Certezza del diritto – Legittimo affidamento»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 17, 19 e 20 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2), così come modificata dalla direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995 (3) (in prosieguo: la «sesta direttiva»), e sui principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR e il Finanzamt Krefeld (Ufficio delle imposte di Krefeld), avente ad oggetto la regola di calcolo da utilizzare per determinare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») relativamente all’esercizio 2004, nonché la rettifica della detrazione di tale imposta, relativamente alla costruzione e manutenzione di un immobile ad uso promiscuo, vale a dire destinato ad un uso che implica l’effettuazione, al tempo stesso, sia di operazioni che danno diritto a detrazione sia di operazioni per le quali il diritto a detrazione è escluso.

3.        Nella specie, la Corte è chiamata, in particolare, a fornire un certo numero di chiarimenti sulla portata della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) nonché sulla possibilità per uno Stato membro di imporre, a seguito di una modifica legislativa, una rettifica della detrazione iniziale dell’IVA per gli esercizi precedenti all’entrata in vigore della modifica stessa, anche per quelle parti dell’immobile il cui utilizzo non differisce da quello inizialmente previsto.

4.        Osservo fin da subito che, sulla base della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), le questioni deferite dal giudice del rinvio potrebbero, a mio avviso, ricevere una risposta relativamente semplice nel senso che gli articoli 17, paragrafo 5, primo comma, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva ostano a che uno Stato membro privilegi, in maniera sistematica e indifferenziata per tutti i beni e i servizi ad uso promiscuo, un metodo di calcolo della portata del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte diverso dal criterio di ripartizione secondo la cifra di affari previsto dalle menzionate disposizioni.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 17 della sesta direttiva, rubricato «Origine e portata del diritto a [detrazione]», così dispone:

«1.      Il diritto a [detrazione] sorge quando l’imposta [detraibile] diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)

5.      Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la [detrazione] è ammessa soltanto per il prorata dell’imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono:

(…)

c)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

(…)».

6.        L’articolo 19, paragrafo 1, della sesta direttiva, intitolato «Calcolo del prorata di [detrazione]», così recita:

«Il prorata di [detrazione] previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

–        al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a [detrazione] ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3,

–        al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a [detrazione].

(…)».

7.        L’articolo 20 della sesta direttiva, intitolato «Rettifica delle [detrazioni]», dispone, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

«1.      La rettifica della [detrazione] iniziale è effettuata secondo le modalità fissate dagli Stati membri, in particolare:

a)      quando la [detrazione] è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto;

b)      quando, successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle [detrazioni], in particolare in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo; (…)

2.      Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell’imposta che grava sui beni in questione. Essa è eseguita secondo le variazioni del diritto a [detrazione] che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

In deroga al comma precedente, gli Stati membri possono basare la rettifica su un periodo di cinque anni interi a decorrere dalla prima utilizzazione dei beni.

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobili, il periodo da assumere come base per il calcolo della rettifica può essere portato fino a venti anni».

B –    Normativa tedesca

8.        Le disposizioni rilevanti della normativa tedesca applicabile in materia di IVA sono contenute nella legge del 1999 relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz 1999, BGBl. 1999 I, pag. 1270; in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari»).

9.        L’articolo 4 della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, intitolato «Esenzione di cessioni di beni e altre prestazioni», dispone quanto segue:

«Fra le operazioni disciplinate dall’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, sono esenti:

(…)

12. a) la locazione e l’affitto di beni immobili, (…)».

10.      L’articolo 15 della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari prevede:

«(1)      L’imprenditore può detrarre i seguenti importi di imposta assolta a monte:

1.      l’imposta dovuta per legge per cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli sono state fornite da altri imprenditori per la sua attività imprenditoriale.

(…)

(2)      È esclusa dalla detrazione dell’imposta assolta a monte l’imposta sulla cessione, l’importazione e l’acquisto intracomunitario di beni nonché sulle altre prestazioni di servizi utilizzati dall’imprenditore per svolgere le seguenti operazioni:

1.      operazioni esenti;

(…)

(4)      Qualora l’imprenditore utilizzi un bene ceduto, importato o acquistato all’interno della Comunità per la sua impresa o un altro servizio prestatogli, soltanto in parte per lo svolgimento di operazioni per le quali sia esclusa la detrazione, è indetraibile la quota di imposta assolta a monte imputabile, da un punto di vista economico, alla conclusione di tali operazioni che non consentono la detrazione. L’imprenditore può determinare gli importi parzialmente non detraibili attraverso un’adeguata stima».

11.      La legge fiscale di modifica del 2003 (Steueränderungsgesetz 2003, BGBl. 2003 I, pag. 2645), entrata in vigore il 1° gennaio 2004, ha aggiunto un terzo periodo a tale disposizione, che così recita:

«La determinazione della quota indetraibile di imposta assolta a monte sulla base del rapporto fra le operazioni che escludono la detrazione e le operazioni che la consentono è ammissibile solo qualora non sia possibile nessun altro tipo di collegamento economico».

12.      Le ragioni di tale aggiunta da parte del legislatore, come risultano dalla summenzionata legge, sono le seguenti:

«Questa disposizione è volta a realizzare una ragionevole ripartizione, per le cessioni di beni o altre prestazioni, delle imposte assolte a monte. Tale nuovo regime restringe l’utilizzo del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari come unico criterio di ripartizione. Detto criterio di ripartizione è ammesso esclusivamente quando non sono possibili altre imputazioni economiche. Tale modifica si rende necessaria in quanto il Bundesfinanzhof [(Suprema Corte tributaria federale)] ha affermato, con sentenza del 17 agosto 2001 (…), che la ripartizione degli importi di imposta assolta a monte in ragione del rapporto tra le cifre d’affari a valle doveva essere riconosciuta come una stima adeguata ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari. Tuttavia, l’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari in quanto criterio generale di ripartizione porterebbe, in particolare nel caso della realizzazione di immobili ad uso promiscuo, a ripartizioni inesatte; (…) Orbene, l’applicazione di tale criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari in quanto criterio generale di ripartizione non è prescritta imperativamente dalla sesta direttiva. Un siffatto regime di “prorata” (…) non è obbligatorio per gli Stati membri, dal momento che gli stessi possono, in virtù dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, fissare criteri di ripartizione che si discostano da detto regime. Per l’acquisto di immobili, è anche possibile una ripartizione dell’imposta assolta a monte in funzione del rapporto tra i valori produttivi e i valori di mercato (…)».

13.      L’articolo 15a della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, intitolato «Rettifica dell’imposta assolta a monte», dispone, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

«(1)      Qualora, nei primi cinque anni dalla prima utilizzazione di un bene, siano mutati gli elementi assunti ai fini della determinazione dell’importo delle detrazioni iniziali, dovrà essere effettuata una compensazione per ogni anno civile corrispondente a tali mutamenti, operando una rettifica della detrazione degli importi dell’imposta a monte che hanno gravato sui costi di acquisto o di realizzazione. Nel caso di beni immobili, comprese le loro componenti essenziali, di rettifiche cui si applicano le disposizioni del diritto civile in materia di immobili e di costruzioni sul suolo altrui, in luogo del termine di cinque anni si deve prendere in considerazione il termine di dieci anni.

(2)      Ai fini della regolarizzazione prevista al paragrafo 1, dovrà essere trattenuto, per ogni anno civile corrispondente ai mutamenti intervenuti, nei casi previsti al primo periodo del paragrafo medesimo una percentuale di un quinto, e nei casi previsti al secondo periodo di un decimo, delle somme versate a titolo di imposta a monte sul bene (…)».

III – Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

14.      Nel periodo compreso tra gli anni 1999 e 2004, la società immobiliare Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR eseguiva, su un terreno di sua proprietà, dei lavori di demolizione di un vecchio edificio e di costruzione di un immobile residenziale e commerciale. Tale immobile veniva completato nel 2004 ed è composto da sei unità abitative e commerciali e dieci aree di parcheggio sotterranee. Alcune di tali unità e parcheggi venivano concessi in locazione dal mese di ottobre 2002.

15.      Con riguardo agli esercizi fiscali relativi al periodo intercorrente dall’anno 1999 all’anno 2003, la Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR determinava il proprio diritto alla detrazione dell’IVA assolta per i lavori di demolizione e di costruzione applicando un criterio di ripartizione calcolato in base al rapporto tra la cifra d’affari che doveva essere generata dalla locazione delle unità commerciali (soggetta a IVA) e quella prodotta dalle altre operazioni di locazione (esenti da IVA) (in prosieguo: il «criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari»). In virtù di tale criterio di ripartizione, la quota detraibile dell’IVA corrispondeva alla percentuale del 78,15%. Nei due ricorsi presentati relativi all’importo dell’IVA che poteva essere detratta per gli esercizi 2001 e 2002, l’Ufficio delle imposte di Krefeld accettava detto criterio di ripartizione.

16.      Nel 2004, talune parti dell’immobile, di cui inizialmente era prevista la destinazione ad un uso soggetto ad IVA, venivano concesse in locazione in esenzione da imposta. Ai fini della rettifica delle detrazioni operate a monte, la Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR calcolava, nella propria dichiarazione per l’esercizio 2004, un importo compensativo determinato applicando il criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari. In totale, l’importo dell’IVA da rimborsare alla Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR ammontava a circa EUR 3 500.

17.      L’Ufficio delle imposte di Krefeld respingeva tale modalità di calcolo sostenendo che, a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, si poteva ricorrere al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari unicamente nel caso in cui non fosse stato possibile utilizzare nessun altro metodo di imputazione dei beni e dei servizi ad uso promiscuo. Essendo possibile e più preciso determinare l’imputazione dei beni e servizi utilizzati per la demolizione o la costruzione di un immobile facendo riferimento al rapporto tra la superficie (metri quadrati) dei locali commerciali e quella dei locali residenziali (in prosieguo: il «criterio di ripartizione secondo la superficie»), l’Ufficio delle imposte di Krefeld riteneva che la Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR avrebbe dovuto applicare tale criterio di ripartizione. Di conseguenza, l’Ufficio delle imposte di Krefeld ripartiva gli importi dell’IVA assolta a monte, dovuti per il periodo intercorrente dall’anno 1999 all’anno 2004, per i costi di costruzione tra i diversi locali commerciali e quelli residenziali e determinava, per ciascun locale, un importo di rettifica, incluso per quei locali il cui uso effettivo non differiva da quello previsto inizialmente, in applicazione del criterio di ripartizione secondo la superficie. L’Ufficio delle imposte di Krefeld fissava la percentuale di detrazione al 38,74%, corrispondente al totale della superficie dell’immobile la cui locazione era imponibile e fissava l’importo dell’IVA da rimborsare alla Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR in EUR 950 per il 2004.

18.      Il Finanzgericht Düsseldorf (sezione tributaria del tribunale di Düsseldorf) annullava parzialmente tale avviso di accertamento in rettifica poiché il criterio di ripartizione secondo la superficie poteva essere applicato esclusivamente per l’IVA dovuta per i costi di manutenzione dell’immobile in questione sostenuti dal 2004. Pertanto, fissava a poco più di EUR 1 700 l’importo dell’IVA da restituire alla Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR per il 2004.

19.      Avverso tale sentenza entrambe le parti del procedimento principale presentavano ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinazhof (Suprema Corte tributaria federale).

20.      Secondo il giudice del rinvio, la controversia solleverebbe, in primo luogo, questioni inerenti all’interpretazione che la Corte ha dato, nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva.

21.      Detto giudice ricorda anzitutto che, nella causa sfociata nella sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304), la Corte ha dichiarato, al punto 21 della sentenza, che «la ripartizione [del prezzo di vendita] fra la parte destinata all’esercizio delle attività professionali e quella riservata all’uso privato del soggetto passivo deve essere effettuata in base alle proporzioni di uso professionale e di uso privato durante l’anno d’acquisto e non in base alla ripartizione geografica».

22.      Nel solco di tale orientamento, il Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale) dichiarava, con sentenza del 17 agosto 2001, che «[laddove] si proceda (…) all’acquisto o alla realizzazione di un immobile (…) adibito [ad] uso “promiscuo”, [l’]imputazione degli importi dell’imposta assolta a monte non è ammessa né secondo un “criterio di ripartizione fondato sull’investimento” (…), né secondo un elemento di collegamento spaziale (“geografico”); occorre invece fare riferimento alla ripartizione “in percentuale” dell’utilizzo del complesso dell’immobile ai fini di operazioni esenti e di operazioni imponibili (…)».

23.      A seguito di tale sentenza, l’Amministrazione finanziaria tedesca modificava parzialmente la propria prassi precedente fissando una distinzione a seconda che l’IVA in questione attenga ai costi di acquisto o di realizzazione di un immobile ovvero ai costi di utilizzo, di conservazione e/o di manutenzione del medesimo. Nel primo caso, la detrazione è calcolata in base alla proporzione dell’immobile utilizzata ai fini delle operazioni soggette ad imposta. Nel secondo, la detrazione continua ad essere calcolata in funzione della parte dell’immobile per la quale l’IVA è stata assolta, mentre un criterio di ripartizione è utilizzato solo per determinare la portata del diritto alla detrazione dell’IVA assolta per concessioni o prestazioni che non potevano essere riferite a una parte precisa dell’immobile o che sono inerenti alle parti comuni.

24.      È questo il contesto in cui il giudice del rinvio si chiede se la sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) non abbia, a sua volta, rimesso in discussione la prassi fiscale esistente.

25.      Da un lato, tale giudice osserva che, in detta sentenza, la Corte ha dichiarato che è possibile ricorrere ad un criterio di ripartizione, e quindi ad un metodo d’imputazione dei beni e dei servizi ad uso promiscuo, diverso da quello previsto dalla sesta direttiva, basato sulla cifra d’affari, solo se siffatto metodo non si applichi all’insieme dei casi di uso promiscuo e se consenta una più precisa determinazione del diritto a detrazione. Secondo il giudice nazionale, la Corte avrebbe statuito che l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari non era conforme alla sesta direttiva nella misura in cui adotterebbe un regime di calcolo delle detrazioni dei beni ad uso promiscuo che derogherebbe in modo generale al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari. Tuttavia, per quanto riguarda la condizione secondo la quale il metodo considerato deve garantire una ripartizione più precisa della detrazione da operare, il giudice del rinvio rileva che nel caso di specie essa sarebbe soddisfatta poiché l’applicazione del criterio di ripartizione secondo la superficie sarebbe, in generale, più preciso di quello secondo la cifra d’affari. Ne deriverebbe che il metodo applicato dall’amministrazione e dai giudici tedeschi prima della pronuncia della sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304), avente ad oggetto l’accertamento delle parti dell’immobile su cui è stata assolta l’IVA e l’applicazione di un criterio di ripartizione solo per gli importi restanti relativi alle parti dell’immobile effettivamente oggetto di un uso promiscuo, sarebbe da preferire perché consentirebbe risultati più precisi del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

26.      Dall’altro, il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 19), la Corte ha precisato che la possibilità per uno Stato membro di ricorrere a un metodo d’imputazione dei beni e dei servizi ad uso promiscuo diverso da quello previsto dalla sesta direttiva è possibile solo per una «determinata operazione, quale la realizzazione di un immobile ad uso promiscuo». Di conseguenza, il giudice medesimo, che ritiene che lo stesso metodo, vale a dire quello fondato sulla superficie, debba essere applicato per gli importi di IVA relativi alla costruzione o all’acquisizione di un immobile e per gli importi relativi alle spese di utilizzo, di conservazione o di manutenzione del medesimo, si chiede se un siffatto allineamento dei regimi sia conforme alla menzionata sentenza.

27.      In secondo luogo, il giudice del rinvio constata che, se da un lato la Corte ha già avuto l’occasione di ammettere che una modifica legislativa possa comportare l’obbligo di rettificare talune detrazioni IVA, dall’altro la medesima si sarebbe, fino ad ora, unicamente pronunciata sulle modifiche legislative inerenti all’esistenza stessa del diritto alla detrazione. In tali circostanze, vi sarebbero dubbi circa la questione se l’articolo 20 della sesta direttiva autorizzi uno Stato membro a imporre a un soggetto passivo di procedere ad una rettifica dell’IVA alla luce della modifica, da parte di tale Stato, del metodo d’imputazione dei beni e dei servizi ad uso promiscuo che deve essere applicato, anche laddove il soggetto passivo abbia continuato ad utilizzare le parti dell’immobile per la realizzazione di operazioni imponibili conformemente al proprio intendimento iniziale e non abbia commesso inesattezze nel calcolo delle detrazioni iniziali, né abbia tratto vantaggi ingiustificati dalle detrazioni inizialmente effettuate.

28.      In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede se, in circostanze come quelle del procedimento principale, i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto non ostino a che si proceda ad una rettifica dell’IVA. Infatti, tale giudice osserva, anzitutto, che l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari potrebbe non essere sufficientemente preciso perché derogherebbe per tutti i casi di uso promiscuo alla regola generale dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva. Poi, esso indica che il metodo d’imputazione dei beni e servizi ad uso promiscuo utilizzato dalla Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR era stato approvato, per alcuni anni, dalle autorità amministrative e giudiziarie competenti. Inoltre, il giudice del rinvio precisa che la legislazione nazionale non contiene disposizioni esplicite che prevedono che l’entrata in vigore dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari possa comportare rettifiche dell’IVA e che essa non ha previsto alcun regime transitorio. Infine, esso sottolinea che la modifica del metodo d’imputazione dei beni e servizi ad uso promiscuo non ha carattere imperativo, dal momento che il criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari è sempre riconosciuto quale stima adeguata, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, quand’anche, a decorrere dal 1° gennaio 2004, sia applicabile in subordine.

29.      Alla luce di tali considerazioni, il Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale) decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della [sesta direttiva] consente agli Stati membri di privilegiare, ai fini del calcolo del prorata di detrazione dell’IVA dovuta a monte per una determinata operazione, quale la costruzione di un immobile ad uso promiscuo, un criterio di ripartizione diverso da quello fondato sul volume d’affari di cui all’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva medesima, subordinatamente alla condizione che il metodo accolto garantisca una determinazione più precisa del suddetto prorata di detrazione (sentenza BLC Baumarkt, C-511/10, EU:C:2012:689).

a)      Se, ai fini di una più precisa determinazione dell’imposta detraibile, le prestazioni effettuate a monte all’atto dell’acquisto o della costruzione di un immobile ad uso promiscuo, la cui base imponibile attenga ai costi di acquisto e costruzione, debbano essere imputate in primo luogo alle operazioni (imponibili o esenti) per l’uso dell’edificio e se solo la rimanente imposta a monte debba essere poi ripartita in base ad un criterio fondato sulla superficie o sul volume d’affari.

b)      Se i criteri enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), e la risposta alla questione precedente siano applicabili anche all’imposta dovuta relativamente a prestazioni effettuate a monte per l’uso, la conservazione o la manutenzione di un immobile ad uso promiscuo.

2.      Se l’articolo 20 della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che la rettifica della detrazione iniziale prevista da tale disposizione trovi parimenti applicazione in una fattispecie in cui un soggetto passivo abbia ripartito l’imposta a monte per la costruzione di un immobile ad uso promiscuo secondo il metodo basato sul volume d’affari, previsto all’articolo 19, paragrafo 1, della sesta direttiva medesima nonché consentito dal diritto nazionale, e, successivamente, uno Stato membro privilegi un altro criterio di ripartizione durante il periodo di rettifica.

3.      In caso di risposta affermativa alla precedente questione: se i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento ostino all’applicazione dell’articolo 20 della [sesta direttiva], qualora lo Stato membro, in casi del genere precedentemente illustrato, non prescriva espressamente una rettifica dell’imposta dovuta a monte né adotti una normativa transitoria e qualora la ripartizione dell’imposta a monte secondo il metodo fondato sul volume d’affari applicata dal soggetto passivo sia stata riconosciuta in generale come adeguata dal Bundesfinanzhof [(Suprema Corte tributaria federale)]».

30.      Tali questioni sono state oggetto di osservazioni scritte presentate dai governi tedesco e del Regno Unito nonché dalla Commissione europea. Le suddette parti interessate sono state anche sentite all’udienza, svoltasi il 9 luglio 2015.

IV – Analisi

A –    Considerazioni preliminari

31.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, precisazioni sulla portata della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) per quanto riguarda le modalità di calcolo della detrazione dell’IVA relativamente, da un lato, a costi di costruzione e di realizzazione di un immobile detto ad «uso promiscuo», vale a dire destinato ad un uso che include sia operazioni che danno diritto a detrazione (come locazioni commerciali concluse per talune parti dell’immobile) sia operazioni che non vi danno diritto (quali le locazioni a fini residenziali) [prima questione, lettera a)] e, dall’altro, a costi di utilizzo e di manutenzione dell’immobile [prima questione, lettera b)]. Tale questione verte, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva.

32.      Con la seconda e terza questione, che ritengo sia opportuno analizzare congiuntamente, il giudice del rinvio si interroga sui limiti imposti o dall’articolo 20, paragrafo 2, della sesta direttiva ovvero dai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento al diritto di uno Stato membro di esigere da un soggetto passivo, a seguito di una modifica legislativa delle modalità di calcolo della detrazione dell’IVA, una rettifica dell’IVA relativamente alle detrazioni effettuate anteriormente all’entrata in vigore della modifica.

33.      Sebbene tali questioni si incentrino soprattutto sul trattamento fiscale di un immobile ad uso promiscuo, come quello oggetto del procedimento principale, occorre comunque osservare che, come risulta dai motivi della domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle osservazioni delle parti interessate, la causa in esame solleva un certo numero di preoccupazioni sotto il profilo della compatibilità di una disposizione nazionale, quale l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2004, sia con l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, sia con i principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento.

34.      Tali preoccupazioni sono in parte identiche a quelle emerse nella causa sfociata nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), nella quale il rinvio proveniva sempre dal Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale) in circostanze analoghe. Anche detta causa, vertente di fatto sulle modalità di calcolo della detrazione dell’IVA relativa ai costi di costruzione di un immobile ad uso promiscuo, riguardava già la modifica legislativa apportata dall’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari alle modalità di calcolo della detrazione dell’IVA applicabile a tutti i beni e servizi ad uso promiscuo, che relega il criterio di ripartizione sulla base della cifra d’affari ad una «posizione decisamente subordinata» (4) mentre, secondo le disposizioni e la finalità della sesta direttiva, tale criterio deve, in linea di principio, essere privilegiato, come ricorderò più nel dettaglio in prosieguo.

35.      Nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punti 17 e 18), la Corte ha sì dichiarato che «il fatto di consentire ad uno Stato membro di adottare una normativa, come quella descritta dal giudice del rinvio, che derogherebbe in termini generali alle regole istituite dagli articoli 17, paragrafo 5, primo e secondo comma, nonché 19, paragrafo 1, della sesta direttiva risulterebbe contrario alla direttiva medesima», precisando che questa «interpretazione risulta d’altronde conforme alla finalità dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva le cui disposizioni sono volte a trovare applicazione in fattispecie determinate (…)».

36.      Tuttavia, né il governo tedesco, né, sembra, il Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale) ne hanno tratto conclusioni da tale constatazione che si riferiva espressamente all’adozione, da parte del legislatore tedesco, dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, la cui applicazione è ancora una volta al centro del procedimento principale.

37.      Data questa situazione, come spiegherò più avanti, la constatazione effettuata dalla Corte ai punti da 17 a 19 della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) implica che la Repubblica federale tedesca ha violato le disposizioni rilevanti della sesta direttiva, cosa che, a sua volta, deve comportare l’inopponibilità dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari ai privati. Tale conseguenza rende allora in gran parte superflua una risposta ad ognuna delle questioni deferite dal giudice nazionale, questioni che esaminerò pertanto nel dettaglio solo in subordine.

B –    In via principale, sull’interpretazione degli articoli 17, paragrafo 5, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva e l’inopponibilità dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari

38.      L’IVA, il cui peso grava interamente sul consumatore finale, è caratterizzata dalla sua neutralità in ogni fase di produzione e di commercializzazione. Fino a livello del consumatore finale, i soggetti passivi che partecipano al processo di produzione e di commercializzazione versano all’amministrazione finanziaria gli importi dell’IVA addebitata ai propri clienti (IVA prelevata a valle), previa detrazione degli importi dell’IVA versata ai rispettivi fornitori (IVA detraibile a monte).

39.      In virtù dell’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva, quando un soggetto passivo acquista beni o servizi per la realizzazione di operazioni soggette ad imposta a valle, ha diritto di detrarre l’IVA che ha gravato l’acquisto di tali beni o servizi. Come ripetutamente indicato dalla Corte, il diritto a detrazione, che si esercita immediatamente per la totalità dell’IVA che ha gravato le operazioni imponibili effettuate a monte, è parte integrante del meccanismo dell’IVA e non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni (5).

40.      Difficoltà possono sorgere tuttavia nel caso di beni o servizi ad uso «promiscuo», vale a dire quando un soggetto passivo, dopo avere acquistato beni o servizi nell’ambito della sua attività economica, li utilizzi in parte per proprie operazioni imponibili e in parte per altri scopi.

41.      Come ho già avuto l’occasione di osservare, la sesta direttiva presenta due categorie di disposizioni relative all’uso promiscuo (6).

42.      Nella presente causa, tuttavia, è presente solo una categoria, vale a dire quella cui appartiene l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva (7).

43.      Il regime previsto da tale disposizione verte sull’IVA a monte che grava sulle spese relative esclusivamente ad operazioni economiche a valle, di cui alcune danno diritto a detrazione e altre, in quanto beneficiano di un’esenzione, non vi danno diritto (8). Questo è il caso, come nel procedimento principale, dei costi inerenti ad operazioni di locazione di un immobile utilizzato sia a fini commerciali (soggetti a imposizione) che a fini residenziali (esenti).

44.      In un caso di questo tipo, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva, la detrazione è ammessa soltanto per la quota parte dell’IVA proporzionale all’importo relativo alla prima categoria di operazioni (9).

45.      Il diritto a detrazione è calcolato, in forza dell’articolo 17, paragrafo 5, secondo comma, della sesta direttiva, secondo un prorata determinato ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, di questa stessa direttiva (10), vale a dire un criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

46.      Eppure, così come precisato dalla Corte, l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, che inizia con il termine «tuttavia», autorizza una deroga alla regola enunciata nei primi due commi di tale articolo (11).

47.      Detto articolo consente in effetti agli Stati membri di optare per uno degli altri metodi di determinazione del diritto a detrazione elencati al suo terzo comma, tra cui in particolare la possibilità di «autorizzare o [di] obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi» [articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c)] e che includono, secondo la Corte, il criterio di ripartizione secondo la superficie delle parti di un immobile ad uso promiscuo (12).

48.      L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva deve tuttavia essere considerato una disposizione di natura derogatoria rispetto al primo e al secondo comma di tale articolo (13).

49.      Nell’esercizio della facoltà offerta da questa disposizione, gli Stati membri devono rispettare l’effetto utile dell’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva, la finalità e l’economia della stessa nonché dei principi su cui si fonda il sistema comune di IVA, in particolare quelli di neutralità fiscale e di proporzionalità (14).

50.      La competenza degli Stati membri nell’adozione di un metodo di calcolo della detrazione dell’VA diverso da quello della cifra d’affari è quindi limitata.

51.      Come risulta segnatamente dalle sentenze BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) e Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056), l’esercizio della facoltà offerta agli Stati membri sembra essere subordinata alla soddisfazione di due condizioni cumulative.

52.      In primo luogo, lo Stato membro deve avere optato per uno dei metodi di calcolo alternativi a quello fondato sulla cifra d’affari, per «una determinata operazione» (15) o, tuttalpiù, per «fattispecie determinate» (16) o per tenere conto di «caratteristiche specifiche proprie di talune attività» (17). In altri termini e in ogni caso, il metodo di calcolo alternativo non deve assurgere a metodo derogatorio generale a quello della cifra d’affari (18).

53.      In secondo luogo, il metodo alternativo utilizzato deve garantire una determinazione della portata del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte «più precisa» (19) di quella risultante dall’applicazione del metodo fondato sul fatturato (20).

54.      Nel ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), sembra che queste due condizioni concretizzino il rispetto della finalità, degli obiettivi e dei principi della sesta direttiva; esse permettono, infatti, di garantire il rispetto del principio di neutralità e di conseguire una maggiore precisione nel calcolo della portata del diritto a detrazione ogni volta che ciò è giustificato, senza snaturare la struttura di fondo del regime di calcolo della detrazione IVA che si basa sulla priorità di principio accordata al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari (21).

55.      Ritengo che soltanto rispettando tali condizioni uno Stato membro sia autorizzato a optare per un metodo di calcolo della portata del diritto a detrazione di beni o servizi ad uso promiscuo diverso da quello della cifra d’affari, come quello previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva.

56.      Benché il giudice del rinvio dedichi alcune osservazioni alla prima di queste condizioni, esso si è astenuto dall’interrogare la Corte, in modo diretto, sulle conseguenze da trarre dalla mancata soddisfazione di tale condizione da parte della Repubblica federale tedesca, constatazione che risulta comunque dai punti da 17 a 19 della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689).

57.      Più precisamente, da un lato, è solo sotto il profilo del calcolo del diritto a detrazione relativo alle spese di conservazione e manutenzione di un immobile ad uso promiscuo che il giudice del rinvio si chiede se, nell’ipotesi che si possa applicare un metodo di calcolo della detrazione dell’IVA diverso da quello del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari, inerenti a tali spese, come il metodo applicabile ai costi di costruzione dell’immobile, di cui alla causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), detta estensione soddisfi sempre la condizione di riguardare «una determinata operazione».

58.      Dall’altro lato, se pur è vero che, nel contesto della terza questione deferita alla Corte, il giudice del rinvio rileva il carattere eccessivamente generale dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, i suoi interrogativi al riguardo sono circoscritti al rispetto del principio di certezza del diritto, nell’ipotesi in cui tale disposizione includa una regola implicita e retroattiva di rettifica della detrazione iniziale dell’IVA effettuata dal soggetto passivo.

59.      Al contrario, il giudice del rinvio non chiede alcun chiarimento in merito alla circostanza che la Repubblica federale di Germania ha mantenuto, di fatto, le disposizioni dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari e il carattere marcatamente subordinato del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari risultante da tale disposizione, dopo la pronuncia della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689).

60.      In altri termini, sembra che il giudice del rinvio legga la sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) prescindendo dalla redazione generale dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, «come se» la Corte avesse autorizzato il legislatore tedesco a privilegiare un metodo di calcolo diverso dal criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari, senza altra condizione se non quella del carattere più preciso del metodo di calcolo alternativo applicabile.

61.      È ben vero che la sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) è caratterizzata da un certo numero di ambiguità.

62.      Sotto il profilo che ci interessa a questo punto, è importante rilevare come, mentre il dispositivo della sentenza indica che gli Stati membri sono autorizzati a privilegiare un criterio di ripartizione diverso da quello della cifra d’affari per una determinata operazione, come la costruzione di un immobile ad uso promiscuo, «subordinatamente alla condizione che il metodo accolto garantisca una determinazione più precisa del (…) prorata di detrazione», il punto 19 aggiunge che detta autorizzazione vale «nel rispetto dei principi sottesi al sistema comune dell’IVA».

63.      Tale precisazione sembra sottintendere, in merito ai punti da 16 a 18 della sentenza, il rispetto della struttura di base del regime di calcolo della detrazione dell’IVA, che si fonda sulla priorità del principio accordato per tutti i casi di uso promiscuo al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari o, in ogni caso, l’esclusione del carattere puramente subordinato di questo criterio, carattere che risulta comunque dall’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari.

64.      Trattare, come fa il legislatore tedesco, il criterio della cifra d’affari come «l’ultima opzione sussidiaria» (22) dopo che tutti gli altri metodi d’imputazione sono stati esauriti senza distinguere le operazioni ad uso promiscuo interessate, equivale a violare la regola generale prevista all’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva e «l’obiettivo di quest’ultima, indicato al suo dodicesimo considerando, secondo cui il calcolo del prorata di detrazione deve essere effettuato in modo analogo in tutti gli Stati membri» (23).

65.      Non vi è dubbio che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva prevede che uno Stato membro possa «autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la detrazione dell’IVA in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi».

66.      A pena di privare di qualsiasi effetto utile l’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva, tale autorizzazione non significa tuttavia che il calcolo della detrazione dell’IVA debba essere effettuato in funzione dell’effettiva utilizzazione di tutti i beni e servizi ad uso promiscuo. L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva intende semplicemente consentire, come affermato in sostanza dal governo del Regno Unito nelle proprie osservazioni scritte, che il ricorso al metodo dell’effettiva utilizzazione possa interessare un determinato bene o servizio in toto o solo in parte, in funzione dell’uso diverso che ne venga fatto nelle operazioni a valle.

67.      L’autorizzazione concessa dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva implica quindi, a mio avviso, una scelta preventiva chiara e precisa da parte dello Stato membro delle operazioni interessate. Orbene, l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari si applica indistintamente a tutti i beni e servizi ad uso promiscuo e prevede genericamente che il criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari sia «autorizzato solo qualora non sia possibile nessun altro collegamento economico», senza altro specificare, violando dunque la sesta direttiva, come sostenuto a ragione dalla Commissione.

68.      Secondo il governo tedesco, il Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale) procederebbe, dopo la sentenza del 7 maggio 2014, all’interpretazione conforme dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari alla sesta direttiva nel senso che il criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari sarebbe autorizzato solo qualora non sia possibile nessun altro collegamento economico più preciso.

69.      È pur vero che un’interpretazione conforme di tal genere restringe il novero dei metodi di imputazione alternativi a quelli che garantiscono un risultato più preciso di quello derivante dall’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

70.      Cionondimeno, essa mira semplicemente a soddisfare la seconda condizione posta dalla giurisprudenza in BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689). Per contro, essa non attenua il carattere subordinato del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari, così come risulta dall’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari. Un tale carattere subordinato è contrario alla prima condizione presentata da detta sentenza con riguardo alla preminenza del summenzionato criterio di ripartizione, a meno di una scelta diversa e circoscritta di un altro metodo di detrazione da parte di uno Stato membro, in applicazione dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva.

71.      Dal momento che sembra particolarmente difficile conciliare l’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva e l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, tramite il metodo dell’interpretazione conforme, cosa che il giudice del rinvio deve però accertare (24), sarà compito di questo giudice garantire la piena efficacia della prima di queste disposizioni disapplicando, di propria iniziativa, la seconda (25).

72.      Ne consegue che, fino a quando il legislatore nazionale non avrà precisato senza ambiguità le fattispecie dei beni e servizi ad uso promiscuo cui si applica il metodo della destinazione reale e a condizione che tale metodo garantisca un risultato più preciso, dovrà essere opponibile alle autorità finanziarie tedesche il criterio di ripartizione fondato sulla cifra d’affari, utilizzato dalla ricorrente nel procedimento principale sulla base delle disposizioni chiare e incondizionate degli articoli 17, paragrafo 5, primo comma, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva.

73.      In altri termini, ritengo che, a fronte dell’incompatibilità dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari con la sesta direttiva, la Repubblica federale tedesca debba essere considerata come se non avesse adeguatamente esercitato la facoltà offerta dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, con la conseguenza che trova applicazione il criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari nello Stato membro medesimo.

74.      In tali circostanze, non sussistono più le questioni rivolte dal giudice nazionale in merito all’applicazione di un metodo di calcolo della portata del diritto a detrazione alternativo al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari, poiché quest’ultimo deve essere applicato in tutti i casi di uso promiscuo e indipendentemente dalle spese sostenute a monte. Inoltre, è evidente come non sia necessaria nessuna rettifica dell’IVA assolta a monte a causa dell’entrata in vigore dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari dal momento che l’applicazione di tale disposizione non è opponibile alla ricorrente nel procedimento principale.

75.      Propongo pertanto alla Corte di dichiarare che gli articoli 17, paragrafo 5, primo comma, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a che uno Stato membro privilegi, in maniera sistematica e indifferenziata, per tutti i beni e servizi detti ad uso promiscuo, metodi di calcolo della portata del diritto di detrazione dell’IVA assolta a monte diversi dal criterio della ripartizione secondo la cifra d’affari applicabile, in via prioritaria, in virtù dei summenzionati articoli. Non avendo chiaramente individuato le operazioni per le quali si applicano il o i metodi di calcolo alternativi, che devono, inoltre, garantire un risultato più preciso di quello che risulterebbe dall’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari, lo Stato membro interessato non può opporre ai soggetti passivi l’applicazione di questi altri metodi.

76.      Per il caso in cui la Corte non aderisca all’analisi che precede e alla risposta da me proposta, analizzerò, in subordine, le tre questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio.

C –    In subordine, sulla prima questione pregiudiziale

77.      Con la prima questione, il giudice del rinvio si chiede se l’IVA assolta a monte per un immobile ad uso promiscuo debba essere imputata rispettivamente alle operazioni, imponibili ed esenti, di utilizzazione dell’immobile, nel qual caso solo l’IVA relativa alle operazioni non imputate (in particolare le parti comuni dell’immobile) deve essere ripartita secondo un criterio di ripartizione generale (secondo la superficie o secondo la cifra d’affari) ovvero se, al contrario, il criterio di ripartizione (secondo la superficie o la cifra d’affari) si applichi al complesso delle operazioni inerenti l’immobile.

78.      Il giudice del rinvio suddivide tale questione a seconda che le spese a monte riguardino, da un lato, i costi di acquisto e di realizzazione dell’immobile ad uso promiscuo [già oggetto della causa sfociata nella sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689)] e, dall’altro, i costi di manutenzione dell’immobile [che non erano oggetto della questione deferita dal Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale) in quest’ultima causa].

79.      La summenzionata distinzione in funzione del tipo di costi sostenuti a monte sembra trovare origine, secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, nell’interpretazione che le autorità e le giurisdizioni fiscali tedesche hanno dato del punto 21 della sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304). Secondo questa interpretazione, i costi di acquisto o di realizzazione di un immobile ad uso promiscuo potrebbero essere ripartiti soltanto secondo un prorata di utilizzazione dell’immobile ai fini di operazioni imponibili o esenti e non in funzione delle superfici dell’immobile, mentre per i costi di manutenzione dell’immobile le prestazioni all’origine di questi importi presenterebbero generalmente un collegamento più stretto con le superfici dell’immobile piuttosto che con la cifra d’affari realizzata su tali superfici.

80.      Sembra inoltre che l’origine di detta questione si trovi in una ulteriore ambiguità, o quantomeno in un errore di redazione, della motivazione della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689).

81.      Infatti, mentre, in sostanza, i punti 24 e 26 nonché il dispositivo della summenzionata sentenza indicano che il metodo di calcolo della portata del diritto a detrazione scelto dallo Stato membro, in virtù dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, deve garantire una determinazione «più precisa» del prorata di detrazione dell’IVA assolta a monte rispetto a quello risultante dall’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari, il punto 23 della medesima sentenza indica che il calcolo del prorata deve essere «il più preciso possibile».

82.      Ora, malgrado ciò non traspaia in modo palese dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, sembra risultare dall’analisi del giudice del rinvio che la prima parte dell’alternativa che suggerisce, vale a dire l’applicazione di un criterio di ripartizione fondato sull’articolo 17, paragrafo 5, primo o terzo comma, della sesta direttiva solo alle parti dell’immobile che sono effettivamente oggetto di un uso promiscuo, possa offrire un risultato ancora più preciso di quello risultante da un calcolo basato sull’applicazione di un siffatto criterio al complesso dell’immobile interessato.

83.      Occorre pertanto precisare se, quando uno Stato membro esercita la facoltà offerta dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, debba optare per il metodo di calcolo il più preciso possibile o semplicemente per il metodo che garantisce una determinazione della portata del diritto a detrazione più precisa di quella risultante dal criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari (26).

84.      L’analisi del giudice del rinvio sollecita tre osservazioni da parte mia.

85.      In primo luogo, la distinzione effettuata dal giudice del rinvio fondata sull’interpretazione della sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304) non mi sembra trasferibile nel contesto dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, che, a differenza della situazione all’origine di tale sentenza, riguarda unicamente operazioni realizzate da soggetti passivi a fini professionali.

86.      Infatti, come giustamente evidenziato dal governo del Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, la sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304) verteva sulla questione se una persona che aveva venduto un immobile utilizzato sia a scopi commerciali che a scopi privati dovesse dichiarare l’IVA sulla parte dell’immobile utilizzato a scopi privati. Dopo aver ricordato che una persona che effettua un’operazione a titolo privato non agisce in quanto soggetto passivo dell’IVA, la Corte ha precisato, al punto 21 della sentenza, che «la ripartizione fra la parte destinata all’esercizio delle attività professionali e quella riservata all’uso privato del soggetto passivo deve essere effettuata in base alle proporzioni di uso professionale e di uso privato durante l’anno di acquisto e non in base alla ripartizione geografica», vale a dire, in altre parole, in funzione dell’utilizzo delle diverse superfici dell’immobile.

87.      Tale valutazione, così come risulta dal rinvio effettuato dal punto 21 della sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304) al paragrafo 50 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs in questa stessa causa (C-291/92, EU:C:1995:99), appare utile per eliminare, alla luce degli esempi riportati dall’avvocato generale, il rischio di doppia imposizione che causerebbe «la destinazione all’uso privato [in base ad] una ripartizione geografica fissa del bene», senza quindi permettere alla persona interessata di ricorrere al meccanismo della rettifica previsto all’articolo 20, paragrafo 2, della sesta direttiva, in caso di modifica ulteriore dell’utilizzo dello spazio.

88.      La Corte ha peraltro escluso, nella causa sfociata nella sentenza Breitsohl (C-400/98, EU:C:2000:304, punto 54), l’impossibilità di optare per una ripartizione in funzione delle superfici dell’immobile, di cui al punto 21 della sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304), motivando che la situazione di questa causa riguardava le frazioni e il suolo di un immobile «destinati ad essere utilizzati per fini professionali», vale a dire per operazioni appartenenti al campo di applicazione dell’IVA e per le quali la rettifica è sempre possibile.

89.      Contrariamente a quanto suggerisce il giudice del rinvio, il punto 21 della sentenza Armbrecht (C-291/92, EU:C:1995:304) non costituisce un ostacolo a che uno Stato membro autorizzi o esiga una ripartizione dell’IVA assolta a monte in funzione dell’utilizzo delle diverse superfici dell’immobile in una situazione come quella del procedimento principale.

90.      In secondo luogo, a proposito dell’ambiguità risultante dalla redazione del punto 23 della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689), questa può essere agevolmente esclusa semplicemente leggendo il dispositivo della sentenza e gli altri punti concordanti dei suoi motivi. Questi ultimi richiedono difatti unicamente che il metodo di calcolo della detrazione dell’IVA scelto da uno Stato membro per una determinata operazione, in virtù della facoltà offerta dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, garantisca un risultato più preciso, e non il più preciso possibile, di quello che deriverebbe dall’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

91.      Nell’esercizio del potere discrezionale di cui godono gli Stati membri quando optano per uno dei metodi di calcolo previsti dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, non si può pretendere che essi ricorrano a quello che offre il risultato più preciso possibile, in quanto il metodo scelto assicura il rispetto del principio di neutralità e, inoltre, lo Stato membro ritiene che presenti dei vantaggi in termini di semplicità amministrativa.

92.      Infatti, nella misura in cui il criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari scelto dal legislatore dell’Unione europea si fonda già su talune semplificazioni e consente di effettuare un calcolo equo e ragionevolmente preciso dell’importo finale detraibile (27), l’esercizio da parte di uno Stato membro del diritto di optare per un altro criterio o metodo non può, a pena di privare di effetto utile questa opzione, essere subordinato all’obbligo di individuare il metodo che garantisce il risultato più preciso possibile, avuto anche riguardo alla molteplicità dei casi che devono affrontare le amministrazioni finanziarie nazionali.

93.      Ne consegue, come sostenuto sia dalla Commissione che dal governo del Regno Unito, che uno Stato membro può perfettamente optare per un criterio di ripartizione in funzione dell’utilizzo (soggetto a imposizione o esente) del complesso delle parti di un immobile ad uso promiscuo oppure, eventualmente, imputare le spese incorse a monte a parti determinate dell’immobile, poiché soltanto queste non possono essere imputate in quanto oggetto dell’applicazione di un criterio di ripartizione.

94.      Pertanto, occorre respingere la tesi del governo tedesco secondo cui la scelta di un’imputazione diretta dei costi a determinate parti di un immobile (ad uso promiscuo) non costituirebbe un altro «criterio di ripartizione» previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, così come interpretato dalla sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689) e che, in questo caso, solo l’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva sarebbe applicabile, dal momento che il suo paragrafo 5 si applica solo alle spese che non possono essere imputate a singole parti dell’immobile, come le spese sostenute per la manutenzione delle parti comuni.

95.      Riconosco che l’imputazione diretta non riflette una percentuale di utilizzo, contrariamente ai metodi fondati su un prorata di ripartizione. Tuttavia, occorre ricordare che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera c), della sesta direttiva accorda agli Stati membri la possibilità di obbligare o di autorizzare il soggetto passivo ad operare la detrazione mediante l’imputazione di tutti o parte dei beni e dei servizi interessati. Indipendentemente da quanto affermato dal governo tedesco, l’ipotesi dell’imputazione diretta dei costi inerenti determinate parti dell’immobile ad uso promiscuo ben si inserisce allora nel contesto dell’esercizio della facoltà prevista all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva.

96.      La mia terza ed ultima osservazione riguarda la portata della nozione di «determinata operazione» ai sensi della sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689).

97.      Ai punti 19 e 26 della summenzionata sentenza nonché nel suo dispositivo, la Corte ha precisato che costituisce un’operazione di tale tipo «la realizzazione di un immobile ad uso promiscuo». Come sostenuto segnatamente dalla Commissione, ciò non significa tuttavia che l’uso, la conservazione e la manutenzione di detto immobile siano esclusi dall’esercizio della facoltà offerta agli Stati membri dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva. Una distinzione tra costi di acquisto di un immobile ad uso promiscuo e costi inerenti al suo uso o alla sua manutenzione non risulta né dall’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, né dalla giurisprudenza della Corte.

98.      Non vedo neanche la ragione per la quale sarebbe vietato ad uno Stato membro, che ha già optato per l’applicazione di un metodo alternativo al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari per la detrazione dell’IVA assolta sui costi di realizzazione e acquisto di un immobile ad uso promiscuo, applicare un siffatto metodo per calcolare l’IVA detraibile relativamente ai costi dell’uso o della manutenzione dell’immobile.

99.      La condizione decisiva è, secondo me, nel rispetto dei principi sui quali si fonda il sistema comune dell’IVA della sesta direttiva, che il metodo scelto garantisca un risultato del calcolo della portata del diritto a detrazione più preciso di quello che discenderebbe dall’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

100. Pertanto, se uno Stato membro ritiene che ciò avvenga in generale per le operazioni di uso, di conservazione o di manutenzione di un immobile ad uso promiscuo, per il fatto, per esempio, che i costi inerenti a tali operazioni presentano un collegamento più stretto con le superfici dell’immobile che con la cifra d’affari generata dalle diverse parti dell’immobile, niente osta, a mio avviso, a che questo Stato membro eserciti, per questo tipo di operazioni, la facoltà offerta dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva.

101. A condizione che lo Stato membro abbia rispettato i principi sui quali si fonda il sistema comune di IVA, spetterà dunque al giudice del rinvio accertare se, per il calcolo della detrazione dell’IVA relativa ai costi di uso, conservazione e manutenzione di un immobile ad uso promiscuo, il metodo di calcolo secondo la superficie garantisce un risultato più preciso di quello offerto dal criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

D –    In subordine, sulla seconda e terza questione pregiudiziale

102. Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro sia autorizzato a pretendere che un soggetto passivo rettifichi, sul fondamento dell’articolo 20 della sesta direttiva, la detrazione iniziale dell’IVA, in un caso in cui lo Stato membro in questione privilegi, durante il periodo di rettifica, un criterio di ripartizione dell’IVA assolta a monte per la costruzione di un immobile ad uso promiscuo rispetto a quello applicabile al momento della detrazione iniziale.

103. Come risulta dai motivi della domanda di pronuncia pregiudiziale, le domande del giudice del rinvio si iscrivono in un contesto in cui la detrazione iniziale effettuata dalla ricorrente nel procedimento principale riguarda i cinque anni (vale a dire dal 1999 al 2003) precedenti quello a partire dal quale è entrato in vigore l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari (ossia il 1° gennaio 2004) e in cui, sia prima che dopo il giorno di entrata in vigore di questa disposizione, non cambiano le rispettive proporzioni di utilizzazione soggetta ad imposizione ed utilizzazione esente dell’immobile.

104. In caso di risposta affermativa alla seconda questione, il giudice del rinvio chiede, con la terza questione, se i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento ostino cionondimeno all’applicazione di una tale rettifica, laddove questa non risulti espressamente dal diritto nazionale e non sia accompagnata da un regime transitorio.

105. Indipendentemente dalla questione dell’applicazione retroattiva della rettifica, i governi tedesco e del Regno Unito ritengono che uno Stato membro abbia il diritto di imporre una rettifica a seguito di una modifica legislativa vertente sulle modalità di calcolo della portata del diritto di detrarre l’IVA assolta a monte. La Commissione sostiene il contrario in quanto non è attribuito alcun vantaggio ingiustificato al soggetto passivo e la neutralità dell’IVA è mantenuta.

106. Se il diritto a detrazione è esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte e in linea di principio non può essere soggetto a limitazioni (28), la sesta direttiva istituisce parimenti delle regole di rettifica della detrazione iniziale dell’IVA, che fanno anch’esse parte integrante del regime di detrazione dell’IVA istituito dalla direttiva in questione (29).

107. L’articolo 20, paragrafo 1, della sesta direttiva prevede così che la detrazione iniziale sia rettificata secondo le modalità fissate dagli Stati membri, in particolare quando la detrazione è superiore o inferiore a quella che il soggetto passivo aveva il diritto di operare oppure quando, successivamente alla dichiarazione, sono intervenute modifiche negli elementi presi in considerazione per la determinazione dell’importo delle detrazioni.

108. L’articolo 20, paragrafo 2, della stessa direttiva precisa che, per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell’imposta che grava sui beni in questione. Tale rettifica è effettuata in funzione delle modifiche del diritto a detrazione intervenute negli anni successivi, rispetto a quella dell’anno in cui il bene è stato acquistato o fabbricato.

109. La medesima disposizione autorizza inoltre gli Stati membri, per quanto riguarda i beni d’investimento immobiliari, a portare fino a 20 anni il periodo di rettifica (30).

110. Secondo la giurisprudenza della Corte, le norme previste dalla sesta direttiva in materia di rettifica delle detrazioni mirano ad aumentare la precisione delle detrazioni al fine di assicurare la neutralità dell’IVA, di modo che le operazioni effettuate allo stadio precedente continuino a dar luogo al diritto di detrazione soltanto nei limiti in cui servono a fornire prestazioni soggette ad una tale imposta. Con le dette norme, tale direttiva ha così lo scopo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’IVA a monte e l’utilizzo dei beni e dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle (31).

111. La Corte ha altresì precisato, a proposito in particolare dei beni immobili che vengono spesso utilizzati per un certo numero di anni nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui essi sono destinati, che il periodo di rettifica delle detrazioni consente di evitare le inesattezze nel calcolo delle detrazioni e vantaggi o svantaggi ingiustificati per il soggetto passivo quando, in particolare, successivamente alla dichiarazione intervengono mutamenti degli elementi inizialmente presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni (32).

112. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, la rettifica della [detrazione] iniziale è effettuata quando la detrazione è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto oppure, secondo il paragrafo 2 applicabile ai beni immobili, in funzione delle variazioni del diritto a detrazione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

113. È segnatamente in base all’articolo 20, paragrafo 2, della sesta direttiva che la Corte ha ammesso, nella sentenza Gemeente Leusden e Holin Groep (C-487/01 e C-7/02, EU:C:2004:263, punto 53), che la rettifica della [detrazione] iniziale dell’IVA poteva discendere da una modifica del diritto a [detrazione] corrispondente ad una modifica del diritto di optare per l’imposizione di un’operazione a valle, in linea di principio esente.

114. Nelle sue osservazioni, la Corte sostiene, in sostanza, che una rettifica di questo tipo deve essere ammessa soltanto qualora la modifica alteri il carattere imponibile o non dell’operazione in questione, vale a dire quando riguarda l’esistenza stessa del diritto a detrazione. Solo in questi casi esisterebbe il rischio che il soggetto passivo benefici di un vantaggio o di uno svantaggio indebito.

115. Tale approccio, che tende a privilegiare una delle finalità della rettifica, sembra tuttavia prescindere dalle indicazioni della Corte secondo le quali la rettifica delle detrazioni mira ad aumentare la precisione delle detrazioni o permette di evitare inesattezze nel calcolo delle detrazioni.

116. È evidente che la rettifica deve intervenire quando uno Stato membro modifica il carattere imponibile o esente di una determinata operazione a valle, nel rispetto delle disposizioni della sesta direttiva. Non vi sono dubbi sul carattere vincolante di una siffatta rettifica (33).

117. L’articolo 20 della sesta direttiva non osta tuttavia a che uno Stato membro possa anche esigere l’effettuazione di una tale rettifica dal momento che quest’ultimo ha scelto di modificare le modalità di calcolo della portata del diritto a detrazione, optando, conformemente all’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva e ai principi del sistema comune dell’IVA, per un metodo che garantisce un risultato più preciso di quello che discenderebbe dall’applicazione del criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari.

118. Infatti, in un caso di questo tipo, la rettifica aumenta la precisione delle detrazioni che devono essere effettuate negli anni in cui i costi di acquisto del bene immobile sono ammortizzati (34).

119. Peraltro, come sostenuto anche dal governo del Regno Unito in udienza, permettere a un soggetto passivo, come afferma la Commissione, di continuare a ricorrere al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari su tutto il periodo di rettifica del bene immobile, anche quando lo Stato membro ha adottato una modifica legislativa che privilegia l’applicazione di un metodo di calcolo alternativo che garantisce un risultato più preciso, equivarrebbe ad avvantaggiare i soggetti passivi che hanno acquistato beni immobili prima dell’entrata in vigore di tale modifica legislativa. In un caso del genere, infatti, malgrado detta modifica legislativa, la rettifica annuale potrebbe sempre essere calcolata su tutto il periodo di rettifica (da 5 a 20 anni, a seconda degli Stati membri), in funzione del metodo, che dà un risultato meno preciso, precedentemente applicabile per le operazioni di acquisto o di realizzazione di questo tipo di beni.

120. Ritengo dunque che l’articolo 20 della sesta direttiva non osti a che uno Stato membro richieda a un soggetto passivo di effettuare la rettifica della detrazione iniziale dell’IVA a monte relativa ai costi di costruzione di un immobile ad uso promiscuo, in un caso in cui lo Stato membro privilegi, per via legislativa, nel periodo di rettifica, un criterio di ripartizione che garantisce un risultato più preciso della detrazione dell’IVA rispetto a quello che discenderebbe dal ricorso al criterio di ripartizione applicabile al momento della detrazione iniziale.

121. Tuttavia, l’esercizio di una tale prerogativa da parte di uno Stato membro in virtù della sesta direttiva non sfugge al rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento dei soggetti passivi, che fanno entrambi parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione (35).

122. Secondo il primo di tali principi, da un lato, le norme giuridiche devono essere chiare e precise e, dall’altro, la loro applicazione deve essere prevedibile per coloro che vi sono sottoposti (36).

123. Il principio della certezza del diritto deve essere poi osservato con rigore particolare quando si tratti di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro (37).

124. Inoltre, la Corte ha già statuito che il principio di certezza del diritto osta, salvo circostanze eccezionali giustificate da un obiettivo d’interesse generale, a che un legislatore nazionale fissi il decorso dell’efficacia nel tempo di un atto dell’Unione da una data anteriore alla sua pubblicazione (38).

125. Nel caso di specie, il giudice del rinvio indica una serie di circostanze che lo inducono a dubitare del rispetto di tale principio.

126. Oltre alle considerazioni esposte nella mia analisi in via principale, sottoscrivo in tutto e per tutto l’argomento del giudice del rinvio secondo cui l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari non è sufficientemente preciso per lasciare intendere che comporti una rettifica dell’IVA assolta a monte per quanto concerne le detrazioni già concesse per gli anni precedenti all’entrata in vigore di tale disposizione.

127. Infatti, come rilevato dal giudice del rinvio, detta disposizione non fa nessun riferimento all’articolo 15a della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, che rappresenta la normativa di recepimento nel diritto interno dell’articolo 20 della sesta direttiva(39).

128. Orbene, dal momento che la rettifica richiesta dall’Amministrazione finanziaria in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari non è imposta dall’articolo 20 della sesta direttiva, il soggetto passivo non può ragionevolmente aspettarsi che una rettifica sia imposta senza che ciò risulti chiaramente ed espressamente dalla modifica legislativa in questione.

129. Inoltre, il governo tedesco non può seriamente sostenere che la situazione di cui al procedimento principale sia analoga a quella all’origine della causa Gemeente Leusden e Holin Groep (C-487/01 e C-7/02, EU:C:2004:263).

130. Infatti, mentre in quest’ultima causa la Corte ha constatato che il legislatore olandese aveva preso provvedimenti al fine di evitare che i soggetti passivi fossero sorpresi dall’applicazione della legge per quanto riguarda le rettifiche del diritto a [detrazione], concedendo loro il tempo necessario per adattarsi alla nuova situazione (40), ciò non avviene affatto nel caso di specie, ove il giudice del rinvio rileva, a tale riguardo, che non è stato adottato alcun regime transitorio.

131. Infine, per quanto l’Amministrazione finanziaria abbia tentato, nella fattispecie, di dare un effetto retroattivo all’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari tramite la rettifica dell’IVA assolta a monte, occorre ricordare che un effetto siffatto può conciliarsi con il principio di certezza del diritto soltanto in circostanze eccezionali giustificate dal perseguimento di obiettivi di interesse generale, come la necessità di lottare contro artifici volti all’evasione fiscale (41) o di prevenire l’utilizzo su larga scala di frodi finanziari sgradite (42). Nel caso di specie, né il giudice del rinvio né il governo tedesco hanno menzionato che l’adozione dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari era motivata dal perseguimento di uno o più obiettivi analoghi.

132. Quanto al principio della tutela del legittimo affidamento, occorre ricordare che esso si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che gli avrebbe fornito (43).

133. In un contesto come quello di cui al procedimento principale, occorre verificare se gli atti dell’autorità amministrativa abbiano generato un ragionevole affidamento in capo ad un operatore economico prudente ed accorto e, in tal caso, accertare la legittimità di tali aspettative (44).

134. A tale proposito, dalle spiegazioni fornite nella decisione di rinvio si evince che il criterio di ripartizione utilizzato dalla ricorrente nel procedimento principale è stato ammesso, per gli esercizi finanziari degli anni 2001 e 2002, dall’Amministrazione finanziaria, in occasione del giudizio davanti al Finanzgericht Düsseldorf (sezione tributaria del Tribunale di Düsseldorf).

135. Tale circostanza deve essere necessariamente presa in considerazione dal giudice del rinvio. In particolare, laddove, quantomeno per questi due anni, risulti acclarato il carattere definitivo del consenso dell’Amministrazione finanziaria, ciò dovrà, a mio avviso, ostare a qualsivoglia applicazione retroattiva dell’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari. Infatti, tale retroattività priverebbe il soggetto passivo del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte che questi ha definitivamente acquisito sulla base della normativa precedente (45). Il giudice del rinvio dovrà così valutare se il summenzionato consenso possa parimenti influenzare l’estensione del diritto a detrarre l’IVA per gli esercizi finanziari 1999 e 2000. In particolare, esso dovrà esaminare se il ricorrente nel procedimento principale abbia parimenti potuto ricevere l’assicurazione dell’Amministrazione finanziaria o abbia potuto legittimamente [detrarre] dal suo comportamento che tale consenso dovesse a fortiori valere per questi due esercizi finanziari.

136. Ricordo tuttavia che potrà soprassedersi a tale esame qualora la Corte accolga la mia tesi, svolta in via principale, ai sensi della quale l’articolo 15, paragrafo 4, terzo periodo, della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, non può essere opponibile alla ricorrente nel procedimento principale perché incompatibile con gli articoli 17, paragrafo 5, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva.

V –    Conclusione

137. Alla luce delle considerazioni svolte nell’ambito della mia tesi principale, propongo alla Corte di pronunciarsi nei termini seguenti sulla domanda di pronuncia pregiudiziale deferita dal Bundesfinanzhof (Suprema Corte tributaria federale):

«Gli articoli 17, paragrafo 5, primo comma, e 19, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, così come modificata dalla direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995, devono essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro privilegi in maniera sistematica e indifferenziata per tutti i beni e servizi detti “ad uso promiscuo”, qualsiasi metodo di calcolo della portata del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte diverso dal criterio di ripartizione basato sul rapporto esistente tra il volume d’affari prodotto dalla locazione delle unità ad uso commerciale (soggetta all’imposta sul valore aggiunto) e quello risultante dalle oltre operazioni di locazione (esenti dall’imposta sul valore aggiunto). Lo Stato membro interessato, laddove non abbia individuato in modo chiaro le operazioni per le quali trovino applicazione il o i metodi di calcolo alternativi, che devono, inoltre, garantire un risultato più preciso di quello che discenderebbe dall’applicazione di detto criterio di ripartizione, non potrà opporre ai soggetti passivi l’applicazione di tali altri metodi».


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU L 145, pag. 1.


3 –      GU L 102, pag. 18.


4 –      Per riprendere l’espressione utilizzata dall’avvocato generale Cruz Villalón al paragrafo 44 delle sue conclusioni nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245).


5 –      V., in particolare, sentenze Securenta (C-437/06, EU:C:2008:166, punto 25), nonché Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 22).


6 –      V. le mie conclusioni nella causa Vereniging Noordelijke Land- en Tuinbouw Organisatie (C-515/07, EU:C:2008:769, paragrafi da 23 a 30).


7 –      La seconda categoria, non interessata dalla presente causa, riguarda l’utilizzo di beni e servizi sia per operazioni economiche che danno diritto a detrazione che per scopi estranei all’impresa del soggetto passivo.


8 –      V. in tal senso, in particolare, sentenze Securenta (C-437/06, EU:C:2008:166, punto 33), nonché Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 26 e 27).


9 –      V., segnatamente, sentenze Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 53); Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 17); BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 13), e Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 28).


10 –      Sentenze Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 18), BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 14) e Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 29).


11 –      V. sentenze Royal Bank of Scotland (C-488/07, EU:C:2008:750, punto 19), BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 15).


12 –      V. sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 24).


13 – Sentenze BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, punto 16) e Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 18).


14 – V. sentenze BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, punti 16 e 22), Le Crédit Lyonnais (C-388/11, EU:C:2013:541, punto 52 e Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 27).


15 –      Sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punti 19 e 24).


16 – Idem (punti 18 e 20).


17 – Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 29).


18 –      Sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 17).


19 –      Sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punti 18, 24 e 26 nonché il dispositivo della sentenza).


20 –      V. anche sentenza Banco Mais (C-183/13, EU:C:2014:2056, punto 32).


21 –      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, paragrafo 44).


22 –      Secondo l’espressione dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, paragrafo 52).


23 –      Sentenza BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:689, punto 17).


24 –      Ricordo che l’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale rispetto al diritto dell’Unione non può, in particolare, servire da fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale: v., in particolare, sentenze Lopes Da Silva Jorge (C-42/11, EU:C:2012:517, punto 55), e Association de médiation sociale (C-176/12, EU:C:2014:2, punto 39).


25 –      V., in tal senso, sentenza Taricco e a. (C-105/14, EU:C:2015:555, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


26 –      È in questo senso che anche il governo del Regno Unito ha compreso il ragionamento all’origine della prima questione pregiudiziale deferita dal giudice del rinvio.


27 –      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa BLC Baumarkt (C-511/10, EU:C:2012:245, paragrafo 33).


28 –      V., in particolare, sentenza Enel Maritsa Iztok 3 (C-107/10, EU:C:2011:298, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


29 –      V., in particolare, sentenze Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 50), e Pactor Vastgoed (C-622/11, EU:C:2013:649, punto 33).


30 –      A termini dell’articolo 15a della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari, la Repubblica federale tedesca ha scelto un periodo di rettifica di dieci anni.


31 –      V., in particolare, sentenza Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 57), e Pactor Vastgoed (C-622/11, EU:C:2013:649, punto 34) (il corsivo è mio).


32 –      V., in tal senso, sentenza Uudenkaupungin kaupunki (C-184/04, EU:C:2006:214, punto 25), e ordinanza Gmina Międzyzdroje (C-500/13, EU:C:2014:1750, punto 20) (il corsivo è mio).


33 –      V., in tal senso, sentenza Uudenkaupungin kaupunki (C-184/04, EU:C:2006:214, punto 30), e ordinanza Gmina Międzyzdroje (C-500/13, EU:C:2014:1750, punto 23).


34 –      Come si ricorderà, il regime speciale di rettifica riservato ai beni d’investimento, in particolare immobili, si spiega con l’uso prolungato di detti beni ed il concomitante ammortamento dei loro costi d’acquisto: v. al riguardo, in particolare, sentenza Centralan Property (C-63/04, EU:C:2005:773, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).


35 –      V., in tal senso, sentenze Gemeente Leusden e Holin Groep (C-487/01 e C-7/02, EU:C:2004:263, punto 57), e «Goed Wonen» (C-376/02, EU:C:2005:251, punto 32), nonché Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 30).


36 –      Sentenza Traum (C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 28).


37 –      Ibidem (punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


38 –      V., in tal senso, sentenza «Goed Wonen» (C-376/02, EU:C:2005:251, punti 33 e 34).


39      L’articolo 15a della legge relativa alla cifra d’affari non prevede d’altronde regolarizzazioni se non nel caso di mutamenti degli elementi assunti ai fini della detrazione inizialmente operata, trasponendo in tal modo nell’ordinamento interno il paragrafo 1, e non il paragrafo 2, dell’articolo 20 della sesta direttiva.


40 –      Sentenza Gemeente Leusden e Holin Groep (C-487/01 e C-7/02, EU:C:2004:263, punto 81).


41 –      Ibidem (punti 71 e 77).


42 –      Sentenza «Goed Wonen» (C-376/02, EU:C:2005:251, punti 38 e 39).


43 –      V. al riguardo in particolare sentenza Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


44 –      Ibidem (punto 45 e giurisprudenza ivi citata).


45 –      V., in tal senso, sentenza Enel Maritsa Iztok 3 (C-107/10, EU:C:2011:298, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).