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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 17 marzo 2016(1)

Causa C-18/15

Brisal – Auto Estradas do Litoral SA,

KBC Finance Ireland

contro

Fazenda Pública

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Supremo Tribunal Administrativo (Corte suprema amministrativa, Portogallo)]

«Normativa tributaria – Libera prestazione dei servizi (articolo 49 CE) – Imposta nazionale sulle società – Redditi da interessi – Assoggettamento parziale all’imposta di creditori di interessi non residenti – Ritenuta alla fonte – Spese professionali direttamente connesse all’attività gravata da imposta – Costi di finanziamento – Spese generali dell’attività»





I –    Introduzione

1.        Per la seconda volta giunge alla Corte la questione della compatibilità con le libertà fondamentali di una normativa portoghese relativa alla ritenuta alla fonte applicata sugli interessi. L’imposta non solo viene percepita a carico dei creditori di interessi non residenti come ritenuta alla fonte applicata al debitore degli interessi, ma è calcolata in maniera diversa rispetto ai creditori di interessi residenti.

2.        La prima volta, nella causa C-105/08, la Corte rigettava un ricorso della Commissione europea contro detta normativa sulla base dell’assunto che la Commissione non aveva sufficientemente chiarito in quale misura il regime speciale pregiudicasse effettivamente i non residenti (2). La domanda di pronuncia pregiudiziale ora pervenuta alla Corte sottopone nuovamente ad esame la normativa portoghese. In tale occasione, la Corte – non investita da questioni processuali inerenti all’onere dell’allegazione e della prova – dovrà pronunciarsi nel merito.

3.        A tal proposito, si dovrà chiarire quali aspetti dei regimi di ritenuta alla fonte applicabili ai non residenti possano differire dal normale sistema di imposizione previsto per i residenti. Ciò dovrebbe rivestire una grande importanza in particolare per la concorrenza tra istituti di credito nel mercato interno.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

4.        Per quanto concerne la libera prestazione dei servizi, l’articolo 49, paragrafo 1, CE (attualmente articolo 56, paragrafo 1, TFUE) dispone quanto segue:

«Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro non sia quello del destinatario della prestazione».

B –    Normativa nazionale

5.        In Portogallo un’imposta sulle società viene applicata sui redditi delle società, ai sensi del codice dell’imposta sulle società (Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Coletivas; in prosieguo: il «CIRC»).

6.        Secondo il giudice del rinvio le disposizioni portoghesi applicabili nella controversia principale per il periodo dal 2005 al 2007 corrispondono a quelle che avevano costituito oggetto del ricorso della Commissione contro la Repubblica portoghese nella causa C-105/08. Come si evince dalla sentenza della Corte in quella causa (3), le società non residenti in Portogallo erano soggette all’imposta sulle società solo in relazione ai redditi percepiti in Portogallo (assoggettamento parziale all’imposta). Tra tali redditi figuravano gli interessi corrisposti da debitori residenti in Portogallo.

7.        Conformemente all’articolo 80, paragrafo 2, lettera c), del CIRC, tali redditi sono soggetti all’aliquota del 20% o a quella risultante da un accordo sulla doppia imposizione stipulato con lo Stato di residenza della società parzialmente soggetta ad imposta. Nel caso di specie, l’aliquota ammontava, a quanto pare, al 15%. Non era ammessa una deduzione delle spese professionali. Ai fini della percezione dell’imposta, il debitore degli interessi tratteneva la parte corrispondente degli interessi dovuti, versandoli all’amministrazione tributaria portoghese (ritenuta alla fonte).

8.        Al contrario, ai sensi dell’articolo 80, paragrafo 1, del CIRC, tutti i redditi che dovevano essere dichiarati da società residenti nel territorio nazionale, dedotte le spese professionali, erano soggetti ad un’imposta sulle società con l’aliquota del 25% (assoggettamento integrale all’imposta).

III – Controversia principale

9.        Oggetto della controversia principale è l’applicazione dell’imposta portoghese sulle società ai redditi da interessi percepiti in Portogallo da parte di un istituto di credito residente in Irlanda.

10.      La società portoghese Brisal – Auto Estradas do Litoral S.A. (in prosieguo: la «Brisal») e la banca irlandese KBC Finance Ireland (in prosieguo: la «KBC») erano parti di un contratto di finanziamento (in prosieguo: il «prestito»), in forza del quale la Brisal, in determinati mesi degli anni dal 2005 al 2007, era tenuta a pagare gli interessi alla KBC per un valore globale di EUR 350 806. Da tali pagamenti la Brisal tratteneva importi per un totale di EUR 59 386, versandoli all’amministrazione tributaria portoghese a titolo di ritenuta alla fonte per conto della KBC.

11.      Sia la Brisal sia la KBC contestano tale obbligo di trattenere una parte degli interessi al fine di pagare l’imposta portoghese sulle società, in quanto essa discriminerebbe gli istituti di credito non residenti rispetto a quelli residenti in maniera illegale alla luce del diritto dell’Unione. In particolare, la KBC chiede che si tenga conto, sotto il profilo fiscale, dei costi di rifinanziamento da essa sopportati per il prestito.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

12.      In data 19 gennaio 2015, il Supremo Tribunal Administrativo (Corte suprema amministrativa, Portogallo), investito medio tempore della controversia, sottoponeva alla Corte le seguenti questioni sul fondamento dell’articolo 267 TFUE:

1.      Se l’articolo 56 TFUE osti ad una normativa tributaria interna secondo la quale gli istituti di credito non residenti nel territorio portoghese sono soggetti a imposta sul reddito da interessi percepiti in detto territorio mediante ritenuta alla fonte definitiva del 20% (o con aliquota minore ove esista un accordo volto ad evitare la doppia tassazione), imposta che si applica al reddito lordo, senza possibilità di deduzione delle spese professionali direttamente connesse all’attività finanziaria svolta, mentre gli interessi percepiti dagli istituti di credito residenti sono incorporati nel reddito imponibile globale, con una deduzione delle spese connesse all’attività svolta quando si calcola il profitto ai fini della tassazione tramite imposta sul reddito delle persone giuridiche, applicandosi in tal modo l’aliquota generale del 25% sul reddito da interessi netto.

2.      Se detta disposizione osti alla suddetta normativa nazionale anche nell’ipotesi in cui alla base imponibile degli istituti di credito residenti venga applicata o possa venire applicata, dedotti i costi di finanziamento connessi ai redditi da interessi o le spese direttamente sostenute in funzione di tali redditi, un’imposta più elevata rispetto a quella ritenuta alla fonte per gli istituti non residenti e applicata al loro reddito lordo.

3.      Se, a tal fine, possa essere data prova dei costi di finanziamento connessi ai prestiti concessi o delle spese direttamente sostenute in funzione dei redditi da interessi maturati mediante dati forniti dall’EURIBOR («Euro Interbank Offered Rate») e dal LIBOR («London Interbank Offered Rate»), che rappresentano i tassi di interesse medi praticati nei finanziamenti interbancari cui le banche ricorrono per svolgere la loro attività.

13.      Hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte le ricorrenti nella controversia principale, il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica portoghese e la Commissione. All’udienza del 13 gennaio 2016 hanno partecipato solo il Regno del Belgio, la Repubblica portoghese e la Commissione.

V –    Valutazione giuridica

14.      Con le sue tre questioni, che esaminerò congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un regime di ritenuta fiscale relativa agli interessi corrisposti a creditori stranieri, come quello alla base della controversia principale, sia compatibile con la libera prestazione dei servizi.

15.      Dato che alla controversia principale è applicabile la normativa vigente negli anni dal 2005 al 2007, la disposizione che deve essere interpretata è l’articolo 49 CE e non – come indicato nelle questioni pregiudiziali – l’articolo 56 TFUE.

16.      L’articolo 49, paragrafo 1, CE, vieta, a favore dei residenti degli Stati membri, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi, qualora il prestatore e il destinatario del servizio siano residenti in diversi Stati membri. Ciò si applica, conformemente all’articolo 55 CE in combinato disposto con l’articolo 48 CE, anche ai servizi forniti da società. Come ho già esposto al riguardo in maniera più dettagliata altrove, la libera prestazione dei servizi costituisce la libertà fondamentale che deve essere applicata nella presente situazione di un prestito transfrontaliero (4).

17.      Devono considerarsi restrizioni alla libera prestazione dei servizi tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno allettante il suo esercizio (5). Una restrizione alla libera prestazione dei servizi del fornitore (nel caso di specie, la KBC) deve considerarsi sussistente laddove una normativa nazionale renda la prestazione dei servizi tra Stati membri più difficile della prestazione dei servizi puramente interna ad uno Stato membro (6). Inoltre, anche il destinatario di un servizio (nel presente caso, la Brisal) può del pari invocare la libera prestazione dei servizi (7).

18.      Nel presente caso, un aggravio delle prestazioni dei servizi transfrontalieri potrebbe risultare dal fatto che in Portogallo la società KBC, avente sede in Irlanda, è soggetta ad un’imposizione dei suoi redditi da interessi meno favorevole rispetto ad operatori nazionali che offrono prestiti, in quanto a tali redditi viene applicata un’imposta calcolata in maniera particolare attraverso la ritenuta alla fonte.

19.      A tal riguardo, occorre distinguere ed esaminare separatamente due aspetti peculiari del regime speciale relativo ai creditori non residenti in confronto con l’imposizione dei redditi da interessi nel caso di creditori residenti: da un lato, le diverse tecniche della percezione dell’imposta (a tal riguardo, sub A), dall’altro lato, le differenze nel calcolo dell’importo dell’imposta accertata (a tal riguardo, sub B).

A –    Violazione commessa attraverso il meccanismo di percezione dell’imposta

20.      In primo luogo, si pone pertanto la questione se gli svantaggi occasionati alla Brisal e alla KBC dal meccanismo di percezione di una ritenuta alla fonte costituiscano una violazione della libera prestazione dei servizi. Infatti, per effetto di tale procedura, al destinatario del servizio è addossato quantomeno un onere amministrativo aggiuntivo rispetto all’assunzione di un prestito presso creditori nazionali di interessi, i quali versano essi stessi l’imposta sui redditi da interessi, e ciò incide negativamente, nel contempo, sull’attività del prestatore del servizio (8).

21.      Tale questione è chiarita dalla giurisprudenza (9).

22.      La Corte ha già affermato in diverse occasioni che il particolare meccanismo di percezione della ritenuta alla fonte applicabile ai prestatori di servizi non residenti non viola, in linea di principio, la libera prestazione dei servizi. Infatti, la restrizione di detta libertà implicata da tale meccanismo di percezione è giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta (10). Nella sentenza Truck Center la Corte ha motivato la medesima conclusione in relazione alla libertà di stabilimento affermando che non sussisterebbe una restrizione di tale libertà per il solo fatto che le situazioni dei soggetti passivi residenti e non residenti non sarebbero, a tal riguardo, oggettivamente analoghe (11).

23.      Nel presente caso non si riscontrano caratteristiche eccezionali che giustifichino una deroga a detti principi elaborati dalla giurisprudenza. Pertanto, la normativa portoghese, controversa nel procedimento principale, non viola la libera prestazione dei servizi avuto riguardo al particolare meccanismo di percezione applicabile ai creditori di interessi non residenti.

B –    Violazione commessa attraverso il calcolo dell’imposta

24.      Occorre distinguere dagli svantaggi derivanti dal particolare meccanismo di percezione la questione se il diverso calcolo dell’imposta applicabile sui redditi da interessi di residenti e non residenti costituisca una violazione della libera prestazione dei servizi (12).

25.      Mentre negli anni dal 2005 al 2007, i redditi da interessi di soggetti passivi residenti in Portogallo erano assoggettati ad un’aliquota del 25% all’interno del computo dei loro redditi complessivi a seguito di deduzione delle spese professionali, i redditi da interessi di soggetti passivi non residenti erano sottoposti ad un’aliquota massima del 20%, senza però la possibilità di dedurre le spese professionali.

1.      Deduzione delle spese professionali

26.      Una violazione della libera prestazione dei servizi potrebbe derivare, in primo luogo, dal fatto che la normativa portoghese neghi ai creditori di interessi non residenti ogni tipo di deduzione delle spese professionali, nell’ambito del calcolo dell’imposta. Per tale motivo, la KBC non può far valere i costi di finanziamento che si reputano sorti a suo carico per effetto della concessione del prestito alla Brisal.

27.      In effetti, secondo costante giurisprudenza della Corte a partire dalla sentenza Gerritse, il fatto che venga negata a persone non residenti (parzialmente) soggette ad imposta – contrariamente alle persone residenti (integralmente) soggette ad imposta – la deduzione di spese direttamente connesse con l’attività gravata da imposta è in contrasto, in linea di principio, con la libera prestazione dei servizi (13).

28.      Secondo la giurisprudenza, le spese sono direttamente connesse con l’attività gravata da imposta nel caso in cui esse siano originate dall’attività e dunque siano necessarie per lo svolgimento della medesima (14). Il luogo ed il momento in cui le spese sono state assunte sono irrilevanti (15).

29.      Nel presente caso, è controverso se esista, ai sensi della giurisprudenza, un nesso diretto tra i costi di finanziamento della KBC e la concessione del prestito alla Brisal. Occorre pertanto chiarire, in primo luogo, se meri oneri di finanziamento possano presentare, in via generale, un nesso diretto con un’attività gravata da imposta [a tal riguardo, infra, sub a)].

30.      Sebbene però quanto ora affermato sia possibile, in linea di principio, nel presente caso è necessario tener conto della peculitarità che – come pare sia usuale nel settore bancario – la KBC non ha finanziato il suo prestito alla Brisal accettando a sua volta un prestito di uguale importo per tale fine (cosiddetti costi diretti). Piuttosto, i costi di finanziamento per la KBC derivano dal fatto che tutta la sua attività è gravata da siffatti oneri. La KBC intende, pertanto, far valere una parte dei costi di finanziamento come spese professionali, derivanti a suo carico dall’esercizio globale della sua attività (cosiddette spese generali). In tale contesto, si pone dunque l’ulteriore questione se i costi di finanziamento debbano essere presi in considerazione solo in quanto costi diretti oppure anche nell’ammontare di una parte delle spese generali di un soggetto passivo [a tal riguardo, infra, sub b)].

a)      Esclusione generale dei costi di finanziamento?

31.      Occorre dunque chiarire se i costi di finanziamento relativi ad un’attività gravata da imposta possano presentare, in via generale, un nesso diretto con la medesima.

32.      Da ultimo, nella sentenza Miljoen, la Corte non ha riconosciuto un siffatto nesso tra i costi di finanziamento per l’acquisto di una partecipazione e la percezione dei dividendi provenienti da detta partecipazione, in quanto tali costi si riferirebbero esclusivamente al possesso della partecipazione come tale (16). Tale approccio si può applicare ugualmente al presente caso, in cui si tratta dei costi di finanziamento di un prestito e gli interessi che ne derivano.

33.      Tuttavia, depone a sfavore di quanto precede il fatto che, in base alla definizione generale sviluppata dalla giurisprudenza, ogni spesa necessaria per l’esercizio dell’attività gravata da imposta è direttamente connessa con detta attività (17). Pertanto, la nozione di nesso diretto non deve essere interpretata restrittivamente (18). Ne consegue che, in linea di principio, esso sussiste anche con riguardo ai costi di finanziamento necessari per l’esercizio di un’attività.

34.      Ciò è confermato dalla giurisprudenza della Corte in materia di rendite corrisposte ai precedenti proprietari per l’acquisto di una partecipazione o di un bene immobile. In tale fattispecie, la Corte constatava, in linea di principio, l’esistenza di un nesso diretto tra le rendite da corrispondere e i redditi provenienti dalla partecipazione ovvero dal bene immobile (19). Siffatte rendite non sono però nient’altro che oneri di acquisto e finanziamento della partecipazione ovvero del bene immobile. Inoltre, in un’altra sentenza, la Corte constatava, del pari, l’esistenza di un nesso diretto tra gli oneri di acquisto di una partecipazione e il provento di un rimborso di quote assoggettato ad imposta nello Stato membro interessato a titolo di percezione di dividendi (20).

35.      In tale contesto, la sentenza Miljoen non può essere interpretata in modo tale che i costi di finanziamento inerenti ad una fonte di reddito non possano presentare, in generale, alcun nesso con la medesima. In ogni caso, tuttavia, le considerazioni contenute in detta sentenza, riguardanti i redditi provenienti da una partecipazione, non sono applicabili al presente caso concernente redditi provenienti da un prestito. Infatti, sul punto, anche la giurisprudenza in materia di legislazione sull’imposta sul valore aggiunto mostra che la Corte rileva una differenza sostanziale tra i dividendi e gli interessi. Solo gli interessi sono invero da essa considerati come redditi provenienti da un’attività economica, mentre i dividendi rappresenterebbero esclusivamente la conseguenza del possesso di una partecipazione (21).

36.      Per quanto precede, i costi di finanziamento inerenti alla concessione di un prestito, in linea di principio, possono costituire spese che, ai sensi della giurisprudenza, presentano un nesso diretto con detta attività.

b)      Solo costi diretti o anche spese generali?

37.      Successivamente si pone però la questione di stabilire se presentano un nesso diretto con una determinata concessione di prestito soltanto quei costi di finanziamento rappresentati dai costi diretti o anche quelli che si possono imputare a detta operazione in quanto quota dei costi di finanziamento di un’impresa nella loro globalità (spese generali).

38.      A tal riguardo, nel procedimento dinanzi alla Corte, il Regno del Belgio e la Repubblica portoghese hanno sostenuto che nel settore bancario i costi di finanziamento non potrebbero essere imputati direttamente ad un prestito e dunque non dovrebbero essere presi in considerazione, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, come spese.

39.      La nostra giurisprudenza non esclude però in alcun modo che anche una quota delle spese generali inerenti all’attività di una persona parzialmente soggetta ad imposta possa essere direttamente connessa con la sua attività gravata da imposta nello Stato di origine. Ciò si evince anche dalla circostanza che la Corte, nella sentenza Centro Equestre da Lezíria Grande, non abbia fornito al relativo giudice del rinvio alcuna indicazione in base alla quale le spese generali inerenti ad un’attività fatte valere nel procedimento principale non possano presentare un nesso diretto con la medesima (22).

40.      In effetti, solo se si prende in considerazione anche la quota delle spese generali che deve essere imputata ad un’attività gravata da imposta può essere realizzata, in ordine alle spese professionali, una parità di trattamento tra soggetti passivi non residenti e residenti e dunque possono essere instaurate condizioni di concorrenza praticamente omogenee.

41.      Le spese generali non devono essere poste sullo stesso piano della «situazione personale» di un soggetto passivo, la cui considerazione dal punto di vista fiscale pertiene solo allo Stato di residenza e non a quello di origine (23). Le spese risultanti dalla situazione personale di un soggetto passivo sono, infatti, solo quelle connesse con lo status privato di un soggetto passivo e non con un’attività gravata da imposta (24). Ciò vale in particolare per la considerazione dal punto di vista fiscale del suo status familiare (25) e delle particolari spese relative al suo personale stile di vita (26). È già dubbio se tale giurisprudenza, sviluppata con riguardo alle persone fisiche, possa essere applicata, in via generale, alle società, in quanto queste ultime non possono avere una «situazione personale». In ogni caso, le spese generali inerenti all’attività economica di una società non possono però essere poste sullo stesso piano delle spese relative allo stile di vita personale di un soggetto passivo, le quali non sono affatto dirette a generare reddito.

42.      Il fatto che anche le spese generali possano presentare un nesso diretto con un’attività gravata da imposta è suffragato, d’altro canto, dalla giurisprudenza costante in materia di legislazione sull’imposta sul valore aggiunto. In tale ambito, le spese sostenute da un soggetto passivo d’imposta ai sensi dell’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE (27) devono essere imputate ad un’attività gravata da imposta al fine di consentire l’esercizio di un diritto alla deduzione. La Corte riconosce, in tal caso, non solo l’esistenza di un «nesso diretto e immediato» tra costi diretti e operazioni soggette ad imposta, ma anche tra spese generali del complesso dell’attività economica di un soggetto passivo (28).

c)      Conclusione intermedia

43.      Pertanto, una normativa come quella di cui al presente caso, che, nell’ambito dell’assoggettamento ad imposta di un’attività, non consente alle persone parzialmente soggette ad imposta la deduzione dei costi di finanziamento imputabili direttamente all’attività soggetta ad imposta come quota delle spese generali del soggetto passivo, viola, in linea di principio, la libera prestazione dei servizi.

44.      Stabilire in quale misura nel caso di specie le spese generali siano imputabili direttamente all’attività soggetta ad imposta è una questione di fatto che deve essere chiarita dal giudice del rinvio (29). A tal riguardo, il giudice deve però prendere in considerazione, in linea di principio, le spese effettivamente sostenute – come nel caso dei soggetti passivi residenti. Il ricorso a tassi di interessi medi, impiegati nell’ambito del prestito interbancario – come assunto dal giudice del rinvio con la sua terza questione pregiudiziale – non può essere preso in considerazione, almeno nel presente caso. Infatti, come esposto concordemente dalla Brisal e dalla KBC nel procedimento dinanzi alla Corte, l’attività della KBC non è finanziata solo da altre banche, ma anche dai depositi dei clienti.

2.      Compensazione attraverso un’aliquota fiscale minore?

45.      Anche se dunque, nel presente caso, l’impossibilità della deduzione di qualsiasi spesa professionale rappresenta, in linea di principio, una violazione della libera prestazione dei servizi, si pone tuttavia la questione se detto svantaggio possa essere compensato attraverso un’aliquota fiscale minore applicabile alle persone parzialmente soggette ad imposta (nel caso di specie, il 15%) rispetto alle persone integralmente soggette ad imposta (il 25%).

46.      A favore di tale conclusione sembra deporre, in particolare, la motivazione della recente sentenza Hirvonen, in cui la Corte, in relazione alla sentenza Gerritse, ha constatato, per quanto di pertinenza, che l’imposizione dei redditi lordi di una persona parzialmente soggetta ad imposta è compatibile con il diritto dell’Unione purché non sia, in definitiva, superiore all’imposizione dei redditi netti con l’aliquota fiscale applicabile alle persone integralmente soggette ad imposta (30). Pertanto, è solo il risultato finale dell’imposizione fiscale ad essere decisivo per stabilire se debba essere constatata una violazione di una libertà fondamentale. In tal modo, l’impossibilità di dedurre le spese professionali potrebbe essere compensata attraverso un’aliquota fiscale comparativamente minore. Le spese professionali verrebbero in qualche modo stabilite a forfait per le persone parzialmente soggette ad imposta attraverso una riduzione dell’aliquota fiscale applicabile alle persone integralmente soggette ad imposta (31).

47.      Una siffatta interpretazione delle considerazioni contenute nella sentenza Hirvonen non può essere però accolta, in quanto esse non sono conformi alla restante giurisprudenza della Corte ed è evidente che quest’ultima non abbia avuto l’intenzione di allontanarsene in quella sentenza.

48.      Così, la Commissione ha osservato correttamente che la Corte, nella sentenza Gerritse, con riguardo alle persone parzialmente soggette ad imposta, abbia significativamente differenziato le ipotesi, da un lato, della possibilità di far valere le spese professionali e, dall’altro, del livello dell’aliquota fiscale. Pertanto, il diniego della deduzione di spese professionali direttamente connesse con l’attività gravata da imposta di una persona parzialmente soggetta ad imposta viola già, in quanto tale, la libera prestazione dei servizi. In base alla sentenza Gerritse, soltanto la risposta all’ulteriore questione se lo stesso valga anche per il livello dell’aliquota fiscale dipenderebbe dal fatto se il carico fiscale gravante su persone parzialmente soggette ad imposta con un’aliquota unica sia superiore a quello gravante su persone integralmente soggette ad imposta, cui è applicata una tabella progressiva, tenendo conto dell’abbattimento di base (32).

49.      Tale questione supplementare concernente la compatibilità dello scaglione fiscale con la libera prestazione dei servizi non ha alcun rilievo nel presente procedimento, in quanto sia le persone parzialmente soggette ad imposta sia le persone integralmente soggette ad imposta sono sottoposte ad un’aliquota costante senza franchigia e l’aliquota fiscale applicabile alle persone parzialmente soggette ad imposta è minore di quella applicabile alle persone integralmente soggette ad imposta. Tuttavia, nel contesto della sentenza Gerritse, tale circostanza è irrilevante ai fini dell’accertamento di una violazione della libera prestazione dei servizi in ragione del diniego di deduzione di spese professionali direttamente connesse con l’attività gravata da imposta.

50.      Tale interpretazione della sentenza Gerritse, nonché della successiva giurisprudenza, non solo è condivisa da molti avvocati generali (33), ma è altresì coerente con la costante giurisprudenza della Corte, secondo la quale un regime fiscale sfavorevole contrario ad una libertà fondamentale non può essere giustificato dall’esistenza di altri vantaggi fiscali (34).

51.      Va inoltre sottolineato che il diniego di deduzione di spese non può mai essere compensato attraverso l’applicazione di un’aliquota fiscale minore in quei casi in cui le spese eccedono i proventi di un’attività gravata da imposta. Infatti, se l’importo delle spese direttamente connesse con l’attività produce, in definitiva, una perdita, la persona parzialmente soggetta ad imposta subisce un pregiudizio a prescindere dal livello dell’aliquota fiscale, in quanto versa un’imposta sulla base dei suoi redditi netti, mentre la persona integralmente soggetta ad imposta non dovrebbe versare alcuna imposta nella medesima situazione – in virtù della mancanza di una base imponibile con valore positivo per effetto della perdita.

52.      Sebbene nella giurisprudenza della Corte sia ormai altresì riconosciuto che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare in materia fiscale dei regimi forfettari, nonostante siano caratterizzati da una certa approssimazione, tuttavia, la condizione cui essi sono sottoposti è che non determinino una sistematica disparità di trattamento (35). Qualora però il diniego della deduzione di spese professionali direttamente connesse con un’attività produca l’effetto, in caso di perdita, di pregiudicare sempre la prestazione dei servizi transfrontaliera rispetto a quella resa all’interno dello Stato, dovrà essere constatata già per questo motivo una disparità di trattamento che impedisce un calcolo forfettario delle spese professionali attraverso il ricorso ad un’aliquota fiscale minore.

53.      Il fatto che, in tal modo, la deduzione di spese e il livello dell’aliquota fiscale debbano essere esaminate sempre separatamente in riferimento alla loro compatibilità con le libertà fondamentali non è stato messo in dubbio dalla sentenza Commissione/Portogallo che si è già occupata della normativa portoghese di cui al presente caso. È vero che la Corte ha dichiarato in quella sentenza che, ai fini dell’accertamento di un’imposizione più alta dei non residenti, occorre prendere in considerazione sia il margine di profitto dipendente dall’importo delle spese professionali sia l’aliquota fiscale (36). Tuttavia, tale considerazione si basava sui motivi del ricorso della Commissione, in cui si era censurato (37) un’imposizione finale più alta dei non residenti e non il diniego della deduzione di spese professionali in quanto tali (38).

54.      Pertanto, la violazione, in via di principio, della libera prestazione dei servizi dei non residenti in ragione dell’impossibilità di dedurre i costi di finanziamento direttamente connessi con l’attività gravata da imposta, non può essere compensata con un’aliquota fiscale comparativamente minore rispetto ai residenti. A tal riguardo, non occorre esaminare, nel presente caso, se una siffatta violazione possa essere evitata con la concessione, alle persone parzialmente soggette ad imposta, del diritto di scegliere il medesimo trattamento applicabile alle persone integralmente soggette ad imposta. Infatti, non sussiste un siffatto diritto di scelta nei periodi d’imposta rilevanti per il presente caso.

3.      Giustificazione

55.      Da ultimo si pone la questione se la violazione della libera prestazione dei servizi, che deve essere accertata in via di principio, possa essere giustificata.

a)      Ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri

56.      Talune parti del procedimento hanno tentato di invocare, al fine di giustificare la normativa portoghese, il sistema internazionale di prevenzione della doppia imposizione. Secondo quanto da loro prospettato, sarebbe usuale, in particolare con riguardo agli interessi, applicare un’imposta alla fonte sui redditi lordi – dunque senza tener conto delle spese. Pertanto, un obbligo di imposizione dei soli redditi netti inciderebbe sulla ripartizione dei poteri impositivi tra gli Stati membri.

57.      Invero, la giurisprudenza costante della Corte riconosce la salvaguardia della ripartizione dei poteri impositivi tra gli Stati membri come causa di giustificazione della restrizione di una libertà fondamentale (39). Infatti, gli Stati membri, in base al diritto dell’Unione, conservano la competenza a stabilire, in via convenzionale oppure unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo al fine di eliminare le doppie imposizioni (40).

58.      Nondimeno, in linea di principio, gli Stati membri non possono invocare il contenuto di convenzioni volte a prevenire la doppia imposizione al fine di sottrarsi, nell’esercizio del loro potere impositivo, agli obblighi previsti dal diritto dell’Unione (41).

59.      Nel caso di specie, non si comprende il motivo per cui dalla ripartizione dei poteri impositivi tra gli Stati membri debba discendere un trattamento meno favorevole delle persone parzialmente soggette ad imposta, per quanto attiene alla deduzione delle spese professionali.

60.      Sebbene il giudice del rinvio non abbia fornito informazioni sufficienti in relazione alla convenzione volta a prevenire la doppia imposizione, stipulata dalla Repubblica portoghese e l’Irlanda e applicabile nel caso specifico, non può discendere dal modello di convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (42) (in prosieguo: il «modello OCSE») che lo Stato di origine debba essere obbligato, in via generale, all’imposizione dei redditi lordi. L’articolo 11, paragrafo 2, del modello OCSE dispone unicamente che lo Stato di origine – parallelamente allo Stato di residenza del creditore degli interessi – può sottoporre ad imposizione gli interessi, ma tale imposizione non può eccedere una determinata percentuale della somma lorda degli interessi. In tal modo, viene però fissata solo una soglia massima relativa al risultato dell’imposizione, ma non è fornita allo Stato di origine alcuna istruzione su come essa debba aver luogo.

61.      Al contrario, dal commento al modello OCSE (43) risulta che, proprio nel caso di specie relativo al pagamento di interessi alle banche, molti Stati di origine rinunciano all’imposizione. Infatti, in ragione dei costi di rifinanziamento, neanche mediante l’imputazione delle ritenute alla fonte nello Stato di residenza della banca si potrebbe evitare un carico fiscale eccessivo, in quanto lo Stato di residenza, in tal caso, applicherebbe un’imposta bassa o non l’applicherebbe affatto. Ai sensi dell’articolo 23A, paragrafo 2, secondo periodo, e dell’articolo 23B, paragrafo 1, secondo periodo, del modello OCSE, l’imputazione è infatti limitata all’imposta che lo Stato di residenza applica ai corrispondenti redditi netti (44). Per tale motivo neanche nel presente caso si può riconoscere che la Repubblica portoghese, nell’ambito di una convenzione volta a prevenire la doppia imposizione, possa compensare lo svantaggio delle persone parzialmente soggette ad imposta attraverso un obbligo di imputazione da parte dello Stato di residenza, come ammesso dalla Corte, in linea di principio, nel caso di ritenute alla fonte sui dividendi (45).

62.      La stessa tendenza alla ripartizione dei poteri impositivi tra gli Stati membri si può del resto ricavare dalla normativa fiscale dell’Unione. Discende, infatti, dai considerando 3 e 4 della direttiva 2003/49/CE (46), applicabile ai pagamenti degli interessi all’interno di un gruppo, che lo Stato di origine dovrebbe rinunciare in toto ad un’imposizione degli interessi a favore dello Stato di residenza del relativo creditore.

63.      Pertanto, una giustificazione del trattamento meno favorevole delle persone parzialmente soggette ad imposta in ordine all’imposizione degli interessi non può derivare dal diritto degli Stati membri di salvaguardare la ripartizione dei loro poteri impositivi.

b)      Doppia deduzione di spese professionali

64.      Ugualmente, una giustificazione non può trarsi dal fatto che – come è stato sostenuto, in particolare, dalla Repubblica portoghese – gli Stati membri, nell’ambito dell’imposizione alla fonte, dovrebbero evitare che le spese professionali vengano fatte valere due volte.

65.      A prescindere dall’ammissibilità di una siffatta causa di giustificazione, è peraltro evidente che, in ogni caso, le spese professionali possano essere fatte valere due volte laddove due Stati membri – segnatamente, sia lo Stato di origine, sia lo Stato di residenza – sottopongano ad imposta i redditi in questione (47).

c)      Efficace applicazione delle imposte

66.      È stato altresì sostenuto, nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte, che la normativa portoghese sarebbe giustificata dalla necessità di assicurare l’efficacia dell’applicazione di un’imposta (48).

67.      Nella misura in cui tale argomento si riferisce al meccanismo di applicazione delle imposte, è stato già constatato che detta causa di giustificazione esclude, a tal riguardo, che la normativa in questione violi la libera prestazione dei servizi (49).

68.      Per quanto attiene al trattamento meno favorevole delle persone parzialmente soggette ad imposta in ordine al calcolo dell’imposta, non si può negare che una presa in considerazione di tutte le spese professionali direttamente connesse con la percezione di redditi da interessi possa determinare un maggior onere amministrativo per l’amministrazione tributaria, il prestatore del servizio e, in certe circostanze, anche per il destinatario della prestazione. Rispetto a tale meccanismo, l’applicazione dell’imposta esclusivamente sulla base dell’importo degli interessi dovuti è molto più semplice per tutte le parti.

69.      Nondimeno, nel presente caso, un maggior onere amministrativo non può giustificare, in definitiva, il diniego della deduzione delle spese professionali per le persone parzialmente soggette ad imposta.

70.      In primo luogo, va preso in considerazione anche l’onere amministrativo per le autorità di uno Stato membro (50). Nell’ambito della deduzione di spese professionali, si configura però, del pari, un onere amministrativo anche per le persone residenti integralmente soggette ad imposta.

71.      In secondo luogo, si può evitare un maggior onere amministrativo a carico del destinatario della prestazione, tenuto al versamento dell’imposta sugli interessi, qualora il prestatore del servizio possa far valere solo a posteriori le sue spese professionali nei confronti dell’amministrazione tributaria. Inoltre, la Corte sembra considerare il destinatario della prestazione addirittura obbligato a tener conto delle spese professionali già dall’inizio, qualora il prestatore del servizio gliele debba comunicare (51).

72.      In terzo luogo, un siffatto metodo di deduzione differita delle spese professionali permetterebbe al prestatore del servizio non solo di preservare la segretezza commerciale (52), ma, in tal caso, anche di evitare, all’occorrenza, l’aggravio relativo all’onere amministrativo collegato ad una presa in considerazione delle spese professionali, in quanto avrebbe la possibilità di scegliere se farle valere a posteriori oppure no.

73.      Pertanto, l’esclusione assoluta, nel caso di specie, di ogni possibilità di far valere le spese professionali direttamente connesse con i redditi da interessi non può essere giustificata dalla necessità di garantire un’efficace applicazione dell’imposta.

d)      Controllo fiscale

74.      Infine, quanto all’allegazione del Regno del Belgio, secondo cui, nel caso di persone parzialmente soggette ad imposta, il controllo fiscale (53) sulle spese professionali fatte valere non sarebbe sufficientemente garantito all’estero, occorre rinviare alla costante giurisprudenza della Corte, in base alla quale gli Stati membri dispongono, a tal riguardo, in linea di principio, di sufficienti possibilità di controllo (54).

C –    Conclusione

75.      Va pertanto constatato che una normativa come quella di cui al presente caso, la quale, nell’ambito della tassazione dei redditi da interessi, non consente ai non residenti – diversamente che ai residenti – in particolare, la deduzione dei costi di finanziamento direttamente imputabili all’attività gravata da imposta a titolo di quota di spese generali del contribuente, è in contrasto con la libera prestazione dei servizi.

VI – Conclusioni

76.      Tutto ciò considerato, le questioni pregiudiziali sottoposte dal Supremo Tribunal Administrativo (Corte suprema amministrativa, Portogallo) vanno risolte come segue:

1.      L’articolo 49, paragrafo 1, CE osta ad una normativa in materia fiscale nazionale come quella di cui al presente caso, ai sensi della quale gli istituti di credito non residenti sono assoggettati ad un’imposta sugli interessi percepiti nel territorio nazionale e, diversamente dagli istituti di credito residenti, non hanno alcuna possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse con l’esercizio dell’attività finanziaria.

2.      Fa parte degli oneri direttamente connessi con l’esercizio di un’attività anche una quota delle spese generali del contribuente, nella misura in cui tali oneri siano necessari ai fini dell’esercizio dell’attività. Gli oneri devono essere presi in considerazione secondo l’importo delle spese effettivamente sostenute.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Sentenza Commissione/Portogallo (C-105/08, EU:C:2010:345).


3 –      Sentenza Commissione/Portogallo (C-105/08, EU:C:2010:345, punti da 2 a 6).


4 –      V. le mie conclusioni presentate nella causa Commissione/Portogallo (C-105/08, EU:C:2010:162, paragrafi da 14 a 22).


5 –      V., inter alia, sentenze Urteile Säger (C-76/90, EU:C:1991:331, punto 12); Tankreederei I (C-287/10, EU:C:2010:827, punto 15), e Laezza (C-375/14, EU:C:2016:60, punto 21).


6 –      V., inter alia, sentenze Commissione/Francia (C-381/93, EU:C:1994:370, punto 17); X e Passenheim-van Schoot (C-155/08 e C-157/08, EU:C:2009:368, punto 32), nonché X (C-498/10, EU:C:2012:635, punto 20).


7 –      V., inter alia, sentenze Eurowings Luftverkehr (C-294/97, EU:C:1999:524, punto 34); FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:630, punto 32), nonché Strojírny Prostějov e ACO Industries Tábor (C-53/13 e C-80/13, EU:C:2014:2011, punto 26).


8 –       Sentenze FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:630, punto 33) e X (C-498/10, EU:C:2012:635, punto 28).


9 –      V., nella stessa prospettiva, le conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nelle cause riunite Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:429, paragrafo 53).


10 –       Sentenze FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:630, punti da 35 a 37), nonché X (C-498/10, EU:C:2012:635, punto 39).


11 –       Sentenza Truck Center (C-282/07, EU:C:2008:762, punti 41 e 50).


12 –      V. già, in tal senso, le sentenze Santander Asset Management SGIIC e a. (da C-338/11 a C-347/11, EU:C:2012:286, punto 43); X (C-498/10, EU:C:2012:635, punto 33), nonché Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punti 70 e 71).


13 –      Sentenze Gerritse (C-234/01, EU:C:2003:340, punti da 25 a 29); FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:630, punto 43), e Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2007:96, punto 23); v., analogamente, sulla libertà di stabilimento: sentenza Conijn (C-346/04, EU:C:2006:445, punto 20); v., analogamente, sulla libera circolazione dei capitali: sentenze Schröder (C-450/09, EU:C:2011:198, punto 40); Commissione/Finlandia (C-342/10, EU:C:2012:688, punto 37); Grünewald (C-559/13, EU:C:2015:109, punto 29), nonché Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 57); v., analogamente, al di fuori delle imposte sul reddito: sentenze Eckelkamp e a. (C-11/07, EU:C:2008:489, punto 50), nonché Arens-Sikken (C-43/07, EU:C:2008:490, punto 44).


14 –      Sentenze Schröder (C-450/09, EU:C:2011:198, punto 44) e Grünewald (C-559/13, EU:C:2015:109, punto 30).


15 –       Sentenza Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2007:96, punto 25).


16 –      Sentenza Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 60).


17 –      V. supra, paragrafo 28.


18 –      V. anche la sentenza Conijn (C-346/04, EU:C:2006:445, punto 22), secondo la quale perfino le spese di consulenza fiscale collegate alla dichiarazioni dei redditi provenienti da un’attività presentano un nesso diretto con la medesima attività.


19 –      Sentenze Schröder (C-450/09, EU:C:2011:198, punti da 43 a 46), e Grünewald (C-559/13, EU:C:2015:109, punti da 30 a 33).


20 –       Sentenza Bouanich (C-265/04, EU:C:2006:51, punti 21 e 40).


21 –      V. almeno sentenza Régie dauphinoise (C-306/94, EU:C:1996:290, punto 17).


22 –      Sentenza Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2007:96, punti 15, nonché 26 e 27); v. anche le conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate nella causa Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2006:418, paragrafo 56), il quale considera le spese generali come costi che possono presentare un nesso diretto con un’attività gravata da imposta.


23 –      V., inter alia, sentenze Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31, punti da 32 a 34); D. (C-376/03, EU:C:2005:424, punti 27 e 28), nonché Kieback (C-9/14, EU:C:2015:406, punti 22 e 23).


24 –      V., analogamente, le conclusioni dell’avvocato generale Bot presentate nella causa Schröder (C-450/09, EU:C:2010:761, paragrafo 60); v., in tal senso, anche sentenza Gielen (C-440/08, EU:C:2010:148, punti da 43 a 46).


25 –      V., ad esempio, sentenze Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31), e Gschwind (C-391/97, EU:C:1999:409).


26 –      V., ad esempio, sentenze de Groot (C-385/00, EU:C:2002:750); Wielockx (C-80/94, EU:C:1995:271), e Kieback (C-9/14, EU:C:2015:406).


27 –      Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


28 –      V., almeno, sentenza Sveda (C-126/14, EU:C:2015:712, punti 27 e 28, nonché la giurisprudenza ivi citata).


29 –      V., in tal senso, inter alia, sentenze Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2007:96, punto 26), e Grünewald (C-559/13, EU:C:2015:109, punto 32).


30 –      Sentenza Hirvonen (C-632/13, EU:C:2015:765, punti 44 e 48); v., in tal senso, altresì sentenza Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punti 48 e 59), la quale statuiva, tuttavia, su questioni pregiudiziali aventi ad oggetto esplicitamente una comparazione dell’effettivo carico fiscale.


31 –      In ogni caso il motivo a favore dell’aliquota fiscale alla fonte di norma comparativamente minore per i redditi da interessi si spiega, in effetti, piuttosto con la volontà dello Stato di origine e dello Stato di residenza di ripartire la potestà tributaria in ordine a tali redditi (v. infra, paragrafi 60 e 61 delle presenti conclusioni).


32 –      Sentenza Gerritse (C-234/01, EU:C:2003:340, dispositivo 1 e 2).


33 –      V., inter alia, le conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate nella causa Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2006:418, paragrafi da 49 a 54); dell’avvocato generale Mazák presentate nella causa Arens-Sikken (C-43/07, EU:C:2008:170, paragrafo 79); dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer presentate nella causa Gielen (C-440/08, EU:C:2009:661, paragrafo 34), e dell’avvocato generale Sharpston presentate nella causa Commissione/Finlandia (C-342/10, EU:C:2012:474, paragrafo 50).


34 –      V., inter alia, sentenze Commissione/Francia (270/83, EU:C:1986:37, punto 21); de Groot (C-385/00, EU:C:2002:750, punto 97); Dijkman e Dijkman-Lavaleije (C-233/09, EU:C:2010:397, punto 41); Commissione/Belgio (C-387/11, EU:C:2012:670, punto 53), nonché van Caster (C-326/12, EU:C:2014:2269, punto 31).


35 –      V., in tal senso, sentenza Sopora (C-512/13, EU:C:2015:108, punti da 32 a 35).


36 –      Sentenza Commissione/Portogallo (C-105/08, EU:C:2010:345, punti 27 e 28).


37 –      V. le mie conclusioni presentate nella causa Commissione/Portogallo (C-105/08, EU:C:2010:162, paragrafi 11 e 28).


38 –      V., a tal riguardo, sentenza Commissione/Germania (C-600/10, EU:C:2012:737, punti 25 e 26), nella quale si è constatato tuttavia ugualmente un difetto di prova da parte della Commissione.


39 –      V., inter alia, sentenze Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763, punto 45); National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45), e Verder LabTec (C-657/13, EU:C:2015:331, punto 42).


40 –      V., inter alia, sentenze Gilly (C-336/96, EU:C:1998:221, punto 30); Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C-374/04, EU:C:2006:773, punto 52), e Finanzamt Linz (C-66/14, EU:C:2015:661, punto 41).


41 –      V., in tal senso, inter alia, sentenze de Groot (C-385/00, EU:C:2002:750, punto 94); Renneberg (C-527/06, EU:C:2008:566, punti 50 e 51), nonché Bukovansky (C-241/14, EU:C:2015:766, punto 37).


42 –      OCSE, Model Tax Convention on Income and on Capital, nella versione di luglio 2014.


43 –      OCSE, Commentaries on the Articles of the Model Tax Convention, nella versione di luglio 2014, articolo 11, paragrafi 7.1 e 7.7.


44 –      Ismer, in Vogel/Lehner, Doppelbesteuerungsabkommen, VI edizione, 2015, Articolo 23, paragrafo 147.


45 –       Sentenza Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punti 78 e 79, nonché la giurisprudenza ivi citata).


46 –      Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU 2003, L 157, pag. 49).


47 –      Appaiono pertanto equivoche le enunciazioni della Corte nella sentenza Centro Equestre da Lezíria Grande (C-345/04, EU:C:2007:96, punti da 33 a 36).


48 –      V., su tale causa di giutificazione, sentenze FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:630, punto 35); X (C-498/10, EU:C:2012:635, punto 39), e Commissione/Spagna (C-678/11, EU:C:2014:2434, punto 46).


49 –      V. supra, paragrafo 22.


50 –      V., in tal senso, sentenza Sopora (C-512/13, EU:C:2015:108, punto 33).


51 –       Sentenza FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:630, punto 48).


52 –      V., a tal riguardo, le conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate nella causa FKP Scorpio Konzertproduktionen (C-290/04, EU:C:2006:323, paragrafo 30).


53 –      V., su tale causa di giustificazione, inter alia, sentenze Rewe-Zentral, detta «Cassis de Dijon» (120/78, EU:C:1979:42, punto 8); Persche (C-318/07, EU:C:2009:33, punto 41), nonché Strojírny Prostějov e ACO Industries Tábor (C-53/13 e, EU:C:2014:2011, punto 55).


54 –      V., inter alia, sentenze Futura Participations e Singer (C-250/95, EU:C:1997:239, punto 41); A (C-101/05, EU:C:2007:804, punto 58), e van Caster (C-326/12, EU:C:2014:2269, punto 55).