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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 2 marzo 2017 ( 1 )

Causa C-38/16

Compass Contract Services Limited

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, Sezione tributaria, Regno Unito)]

«IVA — Imposta indebitamente versata — Modalità di rimborso — Normativa nazionale che introduce un termine di decadenza — Differenza rispetto al termine previsto per il rimborso della detrazione indebitamente negata — Principi di parità di trattamento, neutralità fiscale ed effettività»

1. 

Il diritto dell’Unione consente che i termini di decadenza applicabili alle domande di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) indebitamente versata siano diversi, per quanto riguarda la loro data di entrata in vigore, da quelli previsti per le domande di detrazione di detta imposta? È questa, in sintesi, la questione sollevata da un giudice britannico nella controversia che oppone la società Compass Contract Services (UK) Ltd. (in prosieguo: la «Compass») alle autorità fiscali del suo paese.

2. 

Nella sentenza dell’11 luglio 2002, Marks & Spencer ( 2 ), la Corte ha statuito che i principi di effettività e di tutela del legittimo affidamento ostano a una normativa [quale il Finance Act 1997 (legge finanziaria per il 1997)] che aveva ridotto, retroattivamente, da sei a tre anni il termine per chiedere il rimborso dell’IVA riscossa in violazione della direttiva 77/388/CEE ( 3 ).

3. 

Successivamente, alla luce di detta sentenza, il legislatore britannico ha stabilito che tale riduzione del termine non si sarebbe applicata alle domande di rimborso dell’IVA relative ad esercizi anteriori alla data in cui era stato introdotto il termine abbreviato. La medesima regola è stata introdotta un secondo tempo per le domande (tardive) di detrazione dell’IVA assolta a monte.

4. 

Tuttavia, la prassi amministrativa e i successivi interventi legislativi hanno determinato nel Regno Unito una disparità di trattamento tra due tipi di domande (quelle di rimborso dell’IVA e quelle di detrazione dell’IVA) per quanto riguarda la data di decorrenza del relativo termine di presentazione. Il giudice del rinvio chiede alla Corte se tale disparità sia compatibile con i principi del diritto dell’Unione, segnatamente con il principio di uguaglianza.

I – Ambito normativo

A – Diritto dell’Unione

Sesta direttiva

5.

Sotto la rubrica «Origine e portata del diritto a [detrazione]», l’articolo 17 così dispone:

«1.   Il diritto a [detrazione] sorge quando l’imposta [detraibile] diventa esigibile.

2.   Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)

l’[IVA] dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

b)

l’[IVA] dovuta o assolta per le merci importate;

c)

l’[IVA] dovuta ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), e dell’articolo 6, paragrafo 3.

(…)».

6.

L’articolo 18, rubricato «Modalità di esercizio del diritto a [detrazione]», precisa quanto segue:

«1.   Per poter esercitare il diritto a [detrazione], il soggetto passivo deve:

a)

per la [detrazione] di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3;

b)

per la [detrazione] di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera b), essere in possesso di un documento che lo indichi quale destinatario o importatore e che menzioni l’ammontare dell’imposta dovuta o ne consenta il calcolo;

c)

per la [detrazione] di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), assolvere le formalità stabilite da ogni Stato membro;

d)

quando è tenuto al pagamento dell’imposta quale acquirente o destinatario, in caso d’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, assolvere le formalità fissate da ogni Stato membro.

2.   Il soggetto passivo opera la [detrazione] sottraendo dall’importo totale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato periodo fiscale l’ammontare dell’imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle disposizioni del paragrafo 1 il diritto a [detrazione].

(…)

3.   Gli Stati membri fissano le condizioni e le modalità secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una [detrazione] cui non ha proceduto conformemente alle disposizioni dei paragrafi 1 e 2.

4.   Qualora, per un dato periodo fiscale, l’importo delle [detrazioni] autorizzate superi quello dell’imposta dovuta, gli Stati membri possono procedere a rimborso o riportare l’eccedenza al periodo successivo, secondo modalità da essi stabilite.

(…)».

B – Diritto nazionale

7.

L’evoluzione legislativa in materia, fino al Finance Act 1997 (legge finanziaria per il 1997), è stata illustrata come segue nella sentenza M&S I ( 4 ).

8.

L’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva è stato trasposto correttamente nell’ordinamento del Regno Unito soltanto a partire dal 1o agosto 1992, per effetto del Finance (n. 2) Act 1992 (seconda legge finanziaria per l’anno 1992), che ha modificato l’articolo 10, paragrafo 3, del Value Added Tax Act 1983 (legge del 1983 sull’IVA).

9.

Quest’ultima disposizione risulta attualmente formulata nei seguenti termini:

«Se la cessione o la prestazione avviene per un corrispettivo non consistente o non interamente consistente in denaro, il valore della cessione o della prestazione sarà dato dall’importo in denaro che, con l’aggiunta dell’imposta dovuta, equivale al corrispettivo».

10.

Per quanto riguarda la normativa relativa al rimborso delle somme indebitamente pagate a titolo di IVA, le pertinenti disposizioni dell’articolo 24 del Finance Act 1989 (legge finanziaria per il 1989) erano formulate (con effetto a partire dal 1o gennaio 1990) come segue:

«1)

Nel caso in cui taluno abbia pagato ai Commissioners [ ( 5 )], a titolo di imposta sul valore aggiunto, una somma ad essi non dovuta, questi sono tenuti alla sua restituzione.

2)

I Commissioners sono tenuti alla restituzione di importi ai sensi di questo articolo soltanto se è stata presentata una richiesta a questo fine.

(…)

4)

Nessuna somma può essere richiesta ai sensi del presente articolo una volta trascorso un periodo di sei anni dalla data in cui è stata versata, fatto salvo quanto previsto al seguente paragrafo 5.

5)

Se una somma è stata pagata ai Commissioners per errore, una domanda di rimborso ai sensi del presente articolo può essere presentata in qualsiasi momento entro un termine di sei anni dalla data in cui il richiedente ha scoperto l’errore o avrebbe potuto scoprirlo usando l’ordinaria diligenza.

(…)

7)

Fatto salvo quanto previsto in questo articolo, i Commissioners non sono tenuti a restituire la somma ad essi versata a titolo di imposta sul valore aggiunto per il fatto che non era loro dovuta.

(…)».

11.

L’articolo 24 del Finance Act 1989 (legge finanziaria per il 1989) è stato abrogato e sostituito dall’articolo 80 del Value Added Tax Act 1994 (legge del 1994 sull’IVA), con effetto a partire dal 1o settembre 1994. Le pertinenti disposizioni dell’articolo 80 sono formulate in termini quasi identici rispetto a quelle dell’articolo 24.

12.

Il 18 luglio 1996 un membro del governo britannico, il Paymaster General (Tesoriere generale), annunciava al Parlamento che, dati i crescenti rischi per l’Erario determinati dalle domande di rimborso di somme erroneamente riscosse a titolo di imposte, il governo intendeva modificare, nell’ambito del Finance Bill 1997 (progetto di legge finanziaria per il 1997), il termine di decadenza per la presentazione delle domande di rimborso relative all’IVA ed alle altre imposte indirette riducendolo a tre anni. Tale nuovo termine di decadenza doveva applicarsi immediatamente alle domande di rimborso pendenti alla data del detto annuncio, al fine di evitare che la prevista modifica legislativa venisse vanificata a causa del tempo necessario alla conclusione della procedura parlamentare.

13.

Il 4 dicembre 1996 la Camera dei Comuni approvava il progetto di bilancio del governo, compresa la proposta annunciata il 18 luglio 1996, divenuta l’articolo 47 del progetto di legge finanziaria per il 1997.

14.

La legge finanziaria per il 1997 veniva adottata definitivamente il 19 marzo 1997. L’articolo 47, paragrafo 1, di tale legge ha riformulato l’articolo 80 del Value Added Tax Act 1994 (legge del 1994 sull’IVA), abrogandone il paragrafo 5 e modificandone il paragrafo 4, il quale, dopo tale intervento, così dispone:

«I Commissioners, in presenza di una domanda proposta ai sensi del presente articolo, non sono tenuti a restituire alcuna somma che sia stata ad essi versata più di tre anni prima della presentazione della domanda».

15.

L’articolo 47, paragrafo 2, della legge finanziaria per il 1997 prevede quanto segue:

«(…) il paragrafo 1 del presente articolo si reputa entrato in vigore il 18 luglio 1996 e si applica, ai fini dei rimborsi effettuati a tale data o successivamente ad essa, a tutte domande presentate ai sensi dell’articolo 80 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto, ivi comprese le domande presentate prima di tale data e quelle relative a pagamenti effettuati prima della medesima data».

16.

Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 6, della legge del 1994 sull’IVA, la detrazione dell’imposta a monte ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, e il pagamento di un credito IVA possono essere effettuati solo a seguito di istanza presentata nel modo e nei tempi stabiliti dalla normativa o sulla base di quest’ultima.

17.

L’articolo 29, paragrafo 1A, dei Value Added Tax Regulations 1995 (regolamento del 1995 sull’IVA), nella versione vigente tra il 1o maggio 1997 e il 31 marzo 2009 ( 6 ), stabilisce che l’amministrazione tributaria non può accogliere le domande di detrazione dell’imposta a monte che siano presentate oltre tre anni dopo la data entro la quale avrebbe dovuto essere depositata la dichiarazione corrispondente all’esercizio contabile interessato.

18.

L’articolo 121, paragrafo 1, del Finance Act 2008 (legge finanziaria per il 2008) prevede che il requisito di cui all’articolo 80, paragrafo 4, della legge del 1994 sull’IVA non si applica a domande anteriori al 1o aprile 2009 relative a importi contabilizzati o versati a titolo di un esercizio contabile chiuso prima del 4 dicembre 1996.

19.

Ai sensi dell’articolo 121, paragrafo 2, della legge finanziaria per il 2008, l’articolo 25, paragrafo 6, della legge del 1994 sull’IVA non si applica alle domande di detrazione dell’imposta a monte divenuta esigibile in un periodo contabile chiuso prima del 1o maggio 1997, qualora le domande siano presentate entro il 1o aprile 2009.

20.

In virtù dell’articolo 121, paragrafo 4, della legge finanziaria per il 2008, detta disposizione è entrata in vigore il 19 marzo 2008.

II – Fatti

21.

La Compass è un’impresa che fornisce servizi di ristorazione fredda. Nel giugno 2006 è stato accertato in sede giurisdizionale che alcune prestazioni per le quali essa aveva applicato e contabilizzato l’IVA nel corso di esercizi precedenti erano in realtà esenti da tale imposta.

22.

In particolare, i giudici britannici hanno ritenuto che dette prestazioni godessero dell’esenzione di cui all’articolo 28, paragrafo 2, della sesta direttiva. Di conseguenza, i Commissioners hanno riconosciuto che la Compass aveva versato somme in eccesso a titolo di IVA.

23.

Nel gennaio 2008, la Compass ha presentato istanze di rimborso dell’IVA a valle versata in eccesso tra il 1o aprile 1973 e il 2 febbraio 2002.

24.

I Commissioners hanno accordato il rimborso degli importi versati indebitamente tra il 1o aprile 1973 e il 31 ottobre 1996, ma respinto le domande che si riferivano ai rimanenti periodi sostenendo che il diritto di chiedere il rimborso era prescritto.

25.

La Compass ha impugnato la decisione dei Commisioners dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria, Regno Unito), lamentando la disparità di trattamento fra le domande di rimborso dell’IVA indebitamente versata, da un lato, e le domande di detrazione di detta imposta, dall’altro.

26.

Tale disparità di trattamento consisterebbe nel fatto che le prime possono essere accolte solo se si riferiscono a periodi fiscali chiusi prima del 4 dicembre 1996, mentre il termine per le seconde si estende fino al 1o maggio 1997.

27.

Pertanto, il procedimento a quo verte unicamente sul rimborso dell’IVA indebitamente versata tra il 1o novembre 1996 e il 30 aprile 1997 (trimestri fiscali 04/96 e 01/97).

28.

Il tale contesto, il giudice chiamato a dirimere la controversia ha sottoposto alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.

III – Questioni pregiudiziali

29.

Le questioni pregiudiziali, presentate il 25 gennaio 2016, sono così formulate:

«1)

Se il diverso trattamento previsto nel Regno Unito per i crediti IVA (cosiddetti “Fleming claim”) a valle (per i quali è possibile presentare domanda di rimborso per periodi contabili chiusi prima del 4 dicembre 1996) e a monte (per i quali è possibile presentare domanda di rimborso per periodi contabili chiusi prima del 1o maggio 1997 – vale a dire a una data posteriore rispetto ai primi) – costituisca:

a)

una violazione del principio della parità di trattamento sancito dal diritto dell’Unione; e/o

b)

una violazione del principio di neutralità fiscale sancito dal diritto dell’Unione; e/o

c)

una violazione del principio di effettività sancito dal diritto dell’Unione; e/o

d)

una violazione di qualsiasi altro principio pertinente sancito dal diritto dell’Unione.

2)

In caso di risposta affermativa a uno dei punti da a) a d) della prima questione, quale trattamento debba essere riservato alle domande relative ai crediti IVA a valle che si riferiscono al periodo dal 4 dicembre 1996 al 30 aprile 1997».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte e argomenti delle parti

30.

La Compass, il governo del Regno Unito e la Commissione sono intervenuti nel procedimento presentando osservazioni scritte e partecipando all’udienza tenutasi l’8 dicembre 2006.

31.

Secondo la Compass, si dovrebbe rispondere alla prima questione in senso affermativo. La disparità di trattamento denunciata non sarebbe giustificabile alla luce del principio di uguaglianza, in quanto entrambe le situazioni poste a confronto riguardano il rimborso di un «credito di IVA». A suo parere, la logica sottesa alle norme nazionali sulla decadenza retroattiva dimostrerebbe che i Commissioners intendevano applicare quest’ultima a tutte le richieste di rimborso di eccedenze di IVA.

32.

Per quanto riguarda il principio di neutralità, la Compass sostiene di ricevere un trattamento meno favorevole rispetto ai suoi ipotetici concorrenti che beneficiano del diritto di detrazione dell’IVA nel periodo controverso.

33.

Sulla seconda questione, la Compass afferma che, conformemente alla sentenza del 10 aprile 2008, Mark & Spencer ( 7 ), il giudice del rinvio dovrebbe applicare nei suoi confronti il medesimo termine di decadenza vigente per le domande di detrazione dell’IVA, in quanto disposizione più favorevole. Omettendo di farlo, detto giudice violerebbe il principio di effettività.

34.

Secondo il governo del Regno Unito, tenuto conto delle questioni sollevate, l’unico principio pertinente sarebbe quello di uguaglianza. Nelle circostanze del caso di specie, tale principio non osterebbe alla differenza di trattamento denunciata dalla Compass, poiché la situazione di quest’ultima non sarebbe comparabile con quella di coloro che presentino una domanda «tardiva» di detrazione dell’IVA. A parere di detto governo, le due situazioni sarebbero diverse, sia per le loro circostanze, sia per la loro natura giuridica.

35.

Per quel che riguarda le circostanze, il governo britannico afferma che la disparità è dovuta al fatto che i rispettivi termini (in entrambi i casi di tre anni) sono stati introdotti in momenti parimenti diversi, dopo che nella sentenza M&S I era stata constatata una violazione del diritto dell’Unione ( 8 ). Per porre rimedio a tale violazione, l’articolo 121 della legge finanziaria per il 2008 ha introdotto un periodo transitorio, assumendo come date di riferimento le prime a partire dalle quali il Regno Unito poteva ridurre i termini di decadenza con effetto immediato, poiché erano quelle nelle quali erano state applicate le disposizioni relative alla riduzione del termine di decadenza da sei a tre anni.

36.

Quanto alla natura giuridica dei due tipi di domande, il governo del Regno Unito sostiene che il diritto di ottenere il rimborso di una somma versata indebitamente a titolo di IVA non discende, per definizione, dal regime dell’IVA né dalle direttive che lo riguardano, bensì dal diritto generale dell’Unione. Per contro, il diritto a detrazione trae origine esclusivamente da dette direttive, secondo le quali il soggetto passivo che abbia pagato l’imposta o la debba pagare ad un terzo, parimenti soggetto a tale imposta, dal quale ha ricevuto beni o servizi, può detrarre l’IVA versata (o ottenere un credito per la stessa somma). La prova della differenza giuridica tra questi due casi sarebbe data dal fatto che il diritto dell’Unione riconosce all’amministrazione fiscale la possibilità di far valere l’arricchimento senza causa nel primo caso, ma non nel secondo.

37.

Il governo del Regno Unito osserva inoltre che l’espressione «credito di IVA», utilizzata nella sentenza M&S II, non corrisponde, in realtà, a una definizione giuridica, ma costituisce semmai una risorsa espressiva.

38.

Detto governo osserva inoltre che la sentenza M&S II non riguarda le norme nazionali modificate nel 2005 e applicate alla Compass. A partire da tale riforma, i due tipi di domande sono stati trattati allo stesso modo e la Compass non ha dimostrato che altri nella sua stessa situazione abbiano ricevuto un trattamento più favorevole.

39.

Il governo del Regno Unito conclude che la normativa nazionale controversa non contravviene al principio di effettività né al principio del legittimo affidamento, dal momento che è stato posto rimedio, mediante l’introduzione di un regime transitorio, all’incompatibilità con il diritto dell’Unione constatata nella sentenza M&S I.

40.

La Commissione sostiene che un regime fiscale (come quello di cui al caso di specie) può prevedere termini eterogenei senza con ciò violare il principio di neutralità o i principi generali del diritto dell’Unione. Per quanto riguarda il primo, la Commissione afferma che la sua violazione potrebbe essere accertata solo in presenza di una disparità di trattamento tra operatori concorrenti, ipotesi che ricorreva nel caso oggetto della sentenza M&S II, ma non in questo.

41.

Così come l’inesistenza di operatori concorrenti escluderebbe la violazione del principio di neutralità, l’eventuale presenza di operatori che si trovino in una situazione analoga potrebbe comportare l’esistenza di una violazione del principio di uguaglianza. Secondo la Commissione, tuttavia, nel caso in esame si contrappongono due situazioni non equiparabili: esiste una differenza sostanziale oggettiva fra i due tipi di domande, in quanto essi attengono a livelli diversi dell’attività economica e sono soggetti a norme parimenti diverse. Ciò risulta, a parere della Commissione, dalla giurisprudenza Reemtsma Cigarettenfabrike ( 9 ).

42.

Secondo la Commissione, infine, il riferimento al principio di effettività sarebbe fuori luogo, dato che, di nuovo, le domande come quella della Compass non sono assimilabili alle domande di detrazione. Quanto al principio di equivalenza, spetta al giudice del rinvio controllarne l’applicazione, tenendo a mente che, secondo la giurisprudenza, detto principio non può essere interpretato nel senso che obbliga uno Stato membro ad estendere il suo regime interno più favorevole a tutte le azioni proposte in un determinato settore del diritto.

V – Analisi

A – Osservazioni preliminari. Il contesto storico e normativo del caso di specie

43.

Come rilevato dal giudice del rinvio ( 10 ) e sottolineato dal governo britannico ( 11 ), per comprendere la differenza di trattamento prevista dall’articolo 121 della legge finanziaria per il 2008 tra le domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso, da un lato, e le domande di detrazione dell’IVA, dall’altro, occorre fare riferimento alla genesi del termine triennale di decadenza nonché alla cronologia dei procedimenti giudiziari di cui esso è stato oggetto.

44.

Secondo la descrizione dei fatti fornita dal giudice del rinvio e dal governo del Regno Unito, l’articolo 121 della legge finanziaria per il 2008 rappresenta il culmine di una serie di interventi normativi iniziati il 18 luglio 1996, allorché detto governo ha annunciato che intendeva modificare l’articolo 80 della legge del 1994 sull’IVA ( 12 ). La proposta del governo è stata approvata dal legislatore nazionale il 4 dicembre 1996.

45.

Inizialmente, i Commissioners hanno ritenuto che il nuovo termine di tre anni non fosse applicabile alle domande di detrazione dell’imposta. Tuttavia, il regolamento del 1995 sull’IVA è stato modificato, con effetto dal 1o maggio 1997, al fine di estendere tale termine anche alle suddette domande.

46.

Tenuto conto della sentenza M&S I ( 13 ), che ha considerato contraria al diritto dell’Unione la riduzione (da sei a tre anni), con effetto retroattivo, del termine per chiedere il rimborso dell’IVA indebitamente versata, i giudici britannici hanno deciso (cosiddetta «giurisprudenza Fleming») ( 14 ) che detta riduzione doveva essere applicata per un periodo transitorio ed estesa alle domande di detrazione.

47.

Sulla base di tale giurisprudenza, i Commissioners hanno stabilito:

che sarebbero state accolte le domande aventi ad oggetto pagamenti indebiti dell’IVA relativi ad esercizi anteriori al 4 dicembre 1996 (data in cui è stato modificato l’articolo 80 della legge del 1994 sull’IVA, inizialmente solo per questo tipo di domande), e

che sarebbero state parimenti accolte le domande di detrazione relative ad esercizi anteriori al 1o maggio 1997 (data in cui è stato modificato il regolamento del 1995 sull’IVA, che ha esteso il termine di tre anni a questo secondo tipo di domande).

48.

Tale prassi amministrativa è stata sancita dalla giurisprudenza e la legge finanziaria per il 2008 ha infine fornito un fondamento normativo per la soluzione raggiunta, stabilendo che essa doveva essere applicata alle domande presentate anteriormente al 1o aprile 2009.

49.

Il giudice del rinvio formula le sue questioni pregiudiziali in tale contesto. Con la seconda questione esso chiede, in caso di risposta affermativa alla prima, come debbano essere trattate le domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso nel periodo compreso tra le due date in questione.

B – Prima questione pregiudiziale

50.

Il giudice a quo intende sapere, in sintesi, se il diritto dell’Unione osti a un misura nazionale che, nel disciplinare il periodo transitorio applicabile ai termini di decadenza ridotti, riserva alle domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso un trattamento diverso rispetto alle domande di detrazione dell’IVA ( 15 ). A suo parere, vari principi di diritto dell’Unione potrebbero ostare a siffatto diverso trattamento.

51.

In particolare, il giudice del rinvio richiama i principi di parità di trattamento, neutralità fiscale ed effettività, nonché «qualsiasi altro principio pertinente sancito dal diritto dell’Unione», formula questa che consentirebbe di prendere in esame, se del caso, i principi di equivalenza ( 16 ) e di tutela del legittimo affidamento ( 17 ).

52.

Tuttavia, concordo con il governo britannico ( 18 ) nel considerare la controversia del procedimento principale incentrata (e credo che dovrebbe esserlo anche la risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale) sulla differenza tra i regimi applicati rispettivamente all’uno e all’altro tipo di domande, vale a dire sull’eventuale violazione del principio di uguaglianza. Mi sembra che, nella fattispecie, gli altri principi evocati dal giudice del rinvio abbiano un’incidenza meramente marginale.

53.

Il principio di neutralità, fondamentale nel sistema comune dell’IVA ( 19 ), vieta che merci o prestazioni di servizi simili – che, proprio a motivo di tale somiglianza, sono considerati in concorrenza tra loro - ( 20 ) siano trattati in modo diverso ai fini di tale imposta ( 21 ). Orbene, condivido la posizione della Commissione ( 22 ) e del Regno Unito ( 23 ), secondo cui questa ipotesi non ricorre nel caso di specie.

54.

In particolare, non è stato dimostrato che i Commissioners abbiano trattato le prestazioni della Compass in modo diverso rispetto a prestazioni analoghe dei suoi concorrenti. A tutti, compresa la Compass, sono state uniformemente applicate le norme relative ai termini, in funzione della natura delle domande (di rimborso o di detrazione).

55.

Orbene, il principio di neutralità fiscale non è altro che la traduzione nell’ambito dell’IVA del principio della parità di trattamento ( 24 ). Quest’ultimo non opera solo tra operatori economici concorrenti, ma anche tra soggetti che, senza essere necessariamente concorrenti, versano in una situazione comparabile per altri rapporti ( 25 ), il che riporta l’analisi al principio di uguaglianza.

56.

In definitiva, occorre stabilire:

se la situazione di coloro che, al pari della Compass, chiedono il rimborso dell’IVA versata in eccesso sia equiparabile a quella di coloro che, senza essere necessariamente in concorrenza con i primi, chiedono la detrazione di tale imposta; e

nel caso in cui i due tipi di domanda siano equivalenti, se la differenza di trattamento sia giustificata quando la legge prevede per uno di essi un termine di decadenza che, pur essendo identico a quello previsto per l’altro tipo, tuttavia decorre da una data diversa.

1. Sulla diversa natura dei diritti al rimborso e alla detrazione dell’IVA

57.

Il governo del Regno Unito e la Commissione affermano che, concettualmente, una domanda di rimborso dell’IVA versata in eccesso non è equiparabile a una domanda di detrazione di tale imposta. Ritengo che abbiano ragione e, in realtà, neppure la Compass nega che esistano differenze tra l’una e l’altra, essendo queste così evidenti che difficilmente le si potrebbe mettere in discussione ( 26 ).

58.

Il diritto alla detrazione dell’IVA è un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dall’Unione. La Corte ha dichiarato che il regime delle detrazioni «mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche». Viene così garantita «la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all’IVA» ( 27 ).

59.

Dal canto suo, il diritto al rimborso dell’IVA versata in eccesso - che invece non trae origine dalle direttive sull’IVA, bensì dal diritto generale dell’Unione - ( 28 )«è inteso a rimediare alle conseguenze dell’incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’Unione, neutralizzando l’onere economico che ha indebitamente gravato l’operatore che, in definitiva, lo ha effettivamente sopportato» ( 29 ).

60.

È logico che tali differenze di principio portino a un regime giuridico di ciascuno di tali diritti che ne rispecchia la diversità. Pertanto, essi possono essere configurati differenziandone sia il contenuto sia le condizioni di esercizio, tenendo conto dello scopo per il quale sono stati istituiti dall’ordinamento.

61.

Questa stessa diversità giustifica, ad esempio, il fatto che il diritto dell’Unione non osti, a determinate condizioni, a che un ordinamento giuridico nazionale rifiuti la restituzione di tasse indebitamente riscosse a condizioni tali da causare un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto ( 30 ), criterio che non è applicabile alla detrazione dell’IVA.

62.

Allo stato attuale del diritto dell’Unione, data la mancanza di norme armonizzate in materia, spetta a ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali possono essere presentate le domande di rimborso delle imposte, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività ( 31 ). Per contro, nell’ambito dell’IVA, la sesta direttiva definisce, all’articolo 20, le condizioni che devono essere soddisfatte affinché la detrazione delle imposte a monte possa essere regolarizzata presso il destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi ( 32 ).

63.

Pertanto, tenuto conto di tali differenze, le rispettive posizioni dei titolari di questi due tipi di diritti non sono comparabili e, conseguentemente, non si possono applicare loro le esigenze connesse al principio di uguaglianza. Gli Stati membri hanno facoltà di stabilire regole diverse (per quanto riguarda, tra l’altro, i termini delle rispettive domande e la decadenza dal diritto di presentarle) per il rimborso dell’IVA versata in eccesso, che possono differire da quelle applicabili alla detrazione dell’IVA assolta a monte. Il diritto dell’Unione non richiede, ripeto, che le rispettive norme nazionali siano identiche.

64.

Orbene, nonostante le loro particolarità e specificità, si può certamente affermare che le due situazioni presentano un denominatore comune: si tratta in entrambi i casi di diritti che consentono ai rispettivi titolari di esigere la realizzazione del loro contenuto da parte di un medesimo soggetto obbligato, l’Amministrazione fiscale.

65.

La Compass fa riferimento a tale circostanza, quale elemento di parificazione, servendosi dell’espressione «credito di IVA», che è stata utilizzata nella sentenza M&S II ( 33 ). Il governo del Regno Unito ( 34 ) sottolinea l’inadeguatezza di tale locuzione, che, a suo parere, la Corte non ha impiegato in quanto definizione giuridica, bensì come una semplice risorsa espressiva di natura pratica per descrivere sia la situazione di coloro che chiedono la ripetizione dell’IVA versata in eccesso, sia quella di coloro che chiedono la detrazione dell’IVA ( 35 ), ma non la situazione comparata degli uni e degli altri.

66.

Ritengo che il Regno Unito abbia ragione a sottolineare il contesto in cui devono essere interpretati il senso e la portata della nozione di «credito di IVA». In tale contesto, tuttavia, tale nozione può considerarsi una licenza espressiva adeguata per indicare che sia coloro che chiedono il rimborso dell’IVA versata in eccesso sia coloro che chiedono la detrazione dell’IVA assolta a monte rivendicano un «credito» (vale a dire una somma di denaro che il creditore ha il diritto di esigere e riscuotere dal debitore) nei confronti dell’Amministrazione. La posizione creditoria che essi hanno in comune verso l’Erario è l’elemento che consente di confrontare le loro situazioni, in modo da poter valutare sulla base di detta posizione, sotto il profilo del diritto di uguaglianza, il diverso trattamento loro riservato dal diritto nazionale.

67.

Infatti, ai fini dell’esecuzione di ciascuno di tali «crediti» occorrerà attenersi a quanto risulta dal loro rispettivo regime legale. L’Amministrazione fiscale adempierà il suo obbligo conformandosi, per ognuno dei diritti fatti valere, a quanto previsto dal sistema fiscale. Pertanto, essa dovrà rispettare le condizioni di esercizio stabilite dalle norme che definiscono i rispettivi contesti normativi. Tali regole non solo non devono necessariamente essere identiche per tutti i diritti fatti valere, ma, al contrario, possono essere diverse proprio perché riguardano diritti diversi.

68.

Al di là delle condizioni particolari inerenti al contenuto di ciascuno dei diritti rivendicati, la questione fondamentale è se l’Amministrazione fiscale possa imporre condizioni temporali diverse per il loro esercizio. In altri termini, se la diversità tra il diritto al rimborso dell’IVA versata in eccesso, da un lato, e la detrazione dell’IVA, dall’altro, autorizzi ad assoggettare il loro esercizio a termini diversi.

2. Sulla giustificazione della disparità di trattamento tra i due diritti per quanto riguarda la data di decorrenza del termine di decadenza fissato per il loro esercizio

69.

Il problema posto dal giudice a quo è stato sollevato nel contesto di un intervento normativo finalizzato ad uniformare il trattamento dei due diritti in parola: l’obiettivo era estendere alle domande di detrazione la riduzione del termine che, inizialmente, il legislatore nazionale aveva istituito solo per il recupero dell’IVA pagata in eccesso.

70.

Come si è già rilevato, la pretesa unificazione temporale di questi due tipi di domande è stata realizzata stabilendo che la riduzione del termine (da sei a tre anni) introdotta nel dicembre 1996 per le domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso sarebbe stata applicata, a partire da maggio 1997, alle domande di detrazione ( 36 ).

71.

La volontà di applicare un trattamento uniforme ai due tipi di domanda è apertamente riconosciuta dal governo del Regno Unito. Nelle sue memorie, esso concorda sul fatto che la modifica, con effetto dal 1o maggio 1997, dell’articolo 29 del regolamento del 1995 sull’IVA era intesa a «rimediare all’anomalia accidentale» che determinava la disparità di trattamento tra le domande di rimborso e quelle di detrazione e «garantire che tutte [le suddette domande] fossero soggette al medesimo termine di tre anni» ( 37 ).

72.

Per non incorrere nella violazione del diritto dell’Unione constatata dalla Corte nella sentenza M&S I ( 38 ), il legislatore nazionale ha deciso di non applicare retroattivamente il nuovo termine triennale di decadenza, bensì di calcolarlo a partire dalla sua entrata in vigore, che è avvenuta in date diverse per i due tipi di domanda. A parte tale differenza, le due domande sono trattate allo stesso modo, conformemente peraltro alla volontà del legislatore nazionale.

73.

La differenza in discussione nel procedimento principale è dunque scaturita dagli sviluppi di un intervento legislativo il cui scopo era uniformare il regime di un tipo di domanda con quello dell’altro. Si trattava quindi una differenza basata su un dato oggettivo, vale a dire la diversa data di entrata in vigore della riduzione del termine di presentazione per i due tipi di domanda.

74.

A mio parere, la misura adottata non si discosta dalla sua finalità ispiratrice, poiché il termine è in ogni caso di tre anni per entrambi i tipi di domanda e l’unica differenza riguarda la data a partire dalla quale detto termine deve iniziare a decorrere. Con tale misura, ripeto, il legislatore britannico ha voluto fare in modo che il nuovo termine decorresse esattamente a partire dalla data in cui la misura era entrata in vigore, evitando qualsiasi effetto retroattivo sulle domande che fino a quel momento erano state soggette a un termine di sei anni. Poiché la modifica normativa non è entrata in vigore alla medesima data per i due tipi di domanda, è ragionevole che il limite alla retroattività del nuovo termine (tre anni) sia stato fissato ad una data cui in ancora operava il termine precedente (sei anni).

75.

La soluzione scelta dal legislatore nazionale ha neutralizzato la retroattività in peius della modifica del termine di decadenza, il che era imprescindibile dopo che la Corte aveva dichiarato nella sentenza M&S I ( 39 ) che, diversamente, sarebbe occorsa una violazione del diritto dell’Unione. Tenuto conto della differenza per quanto riguarda l’entrata in vigore del termine triennale, il divieto di retroattività corrispondeva, sotto il profilo del principio di uguaglianza, al trattamento diversificato dei due tipi di domande, poiché diverso era il momento a partire dal quale si poteva applicare il nuovo termine alle une e alle altre senza determinare un effetto retroattivo.

76.

Orbene, a prescindere dall’obiettivo della riforma e dal maggiore o minore successo ( 40 ) nel conseguire il suo scopo di parificare il regime dei termini di decadenza, certamente si è determinato un disallineamento temporale fra il trattamento delle domande di rimborso dell’IVA e quello delle domande di detrazione della medesima imposta, durato solo pochi mesi (da dicembre 1996 a maggio 1997).

77.

Poiché il presente procedimento verte su una domanda di rimborso dell’IVA versata in eccesso dalla Compass, il disallineamento temporale, scaturito dagli sviluppi del procedimento legislativo nazionale, tra il regime di decadenza per questo tipo di domande e quello per le domande di detrazione dell’IVA assolta a monte non è censurabile sotto il profilo del diritto dell’Unione, in quanto:

da un lato, come si è già rilevato, nel diritto dell’Unione non esiste una normativa unificata, o armonizzata, che si sovrapponga alle norme nazionali che disciplinano l’esercizio del diritto al rimborso dell’IVA indebitamente versata, essendo sufficiente che tali norme rispettino i principi di equivalenza e di effettività ( 41 ), circostanza che non è in discussione nel caso di specie, e,

dall’altro, né la sesta direttiva né le altre disposizioni applicabili al sistema comune dell’IVA impongono di parificare il trattamento delle domande di rimborso di tale imposta (qualora sia stata versata per errore o, in generale, non sia dovuta) a quello delle domande di detrazione dell’IVA pagata a monte.

78.

In definitiva, ritengo che l’esistenza di due date a partire dalle quali doveva essere applicato il termine di tre anni per i due tipi di domanda non sollevi alcun problema di incompatibilità con il diritto dell’Unione. Le autorità britanniche avrebbero certamente potuto configurare in maniera diversa l’applicazione del nuovo regime temporale alle domande, ma il modo in cui è stata disciplinata, retroattivamente, la decadenza per le richieste di rimborso dell’IVA versata in eccesso non è in contrasto con il diritto dell’Unione, né lo è il fatto che tale modo sia diverso da quello stabilito per le richieste di rimborso.

79.

Pertanto, suggerisco di rispondere alla prima questione pregiudiziale che il diritto dell’Unione non osta a una misura nazionale, quale quella in discussione nel procedimento principale, che, nel prevedere un periodo transitorio per l’introduzione di termini di decadenza abbreviati applicabili sia alle domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso, sia alle domande di detrazione dell’IVA assolta a monte, dispone che per queste ultime il nuovo termine di decadenza inizi a decorrere da una data successiva a quella stabilita per la sua decorrenza con riferimento alle prime.

C – Seconda a questione pregiudiziale

80.

La seconda questione pregiudiziale è proposta in via subordinata, per il caso in cui si rispondesse affermativamente alla prima, vale a dire qualora si confermasse che il diverso trattamento applicato dal Regno Unito ai due tipi di domande è in contrasto con il diritto dell’Unione. Poiché ho proposto di rispondere nel senso opposto, ritengo che non sia necessario che la Corte esamini tale questione. In ogni caso, esporrò le mie osservazioni al riguardo.

81.

Il giudice del rinvio intende sapere, in sintesi, quale trattamento debba essere riservato alle domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso relative al periodo di riferimento (dal 4 dicembre 1996 al 30 aprile 1997), che corrisponde al tempo intercorso tra le date in cui ha iniziato a decorrere il termine triennale di decadenza per i due tipi di domanda (di rimborso o di detrazione dell’IVA).

82.

Come la Corte ha ricordato nella sentenza M&SII ( 42 ), «in mancanza di una disciplina comunitaria, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare il giudice competente e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario».

83.

Pertanto, spetta al giudice del rinvio trarre le possibili conseguenze dall’eventuale violazione del principio della parità di trattamento, quale valutata dalla Corte, sulla base delle indicazioni fornite da quest’ultima in ordine a taluni criteri o principi del diritto dell’Unione che devono essere rispettati nell’esercizio di tale compito ( 43 ).

84.

In particolare, il giudice del rinvio è tenuto a «disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone della categoria privilegiata» ( 44 ).

85.

In linea di principio, detto giudice dovrebbe disporre, conformemente alle regole del suo stesso diritto, la restituzione all’operatore economico vittima di una discriminazione dell’IVA pagata in eccesso, per ovviare alla violazione della parità di trattamento, salvo che l’ordinamento nazionale contempli altri strumenti che consentano di porre rimedio a siffatta violazione.

86.

Infine, a mio avviso, non sarebbe ammissibile che la disparità constatata fosse risolta assoggettando le domande di detrazione al termine previsto per le domande di rimborso, vale a dire anticipando la data stabilita inizialmente per le prime (30 aprile 1997) e facendola coincidere con quella fissata per le seconde (4 dicembre 1996). Così facendo si risolverebbe certamente la disparità di trattamento, ma con il corollario che le domande di detrazione subirebbero l’applicazione retroattiva di un termine che per esse è entrato in vigore solo il 1o maggio 1997. Ciò sarebbe in contrasto con la giurisprudenza della sentenza M&S I ( 45 ).

VI – Conclusione

87.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere nei termini seguenti alla questione sollevata dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado, sezione tributaria, Regno Unito):

«1)

Il diritto dell’Unione non osta a una misura nazionale che, nel prevedere un periodo transitorio per l’introduzione di termini di decadenza abbreviati, applicabili sia alle domande di rimborso dell’IVA versata in eccesso, sia alle domande di detrazione dell’IVA, dispone che per queste ultime il nuovo termine inizi a decorrere da una data successiva a quella stabilita per la sua decorrenza con riferimento alle prime.

2)

In subordine, qualora la Corte rispondesse in senso affermativo alla prima questione, il giudice del rinvio dovrebbe trarre le eventuali conseguenze dalla violazione del principio di uguaglianza, secondo le regole del suo diritto nazionale relative agli effetti nel tempo, provvedendo affinché le misure di riparazione da esso accordate non siano contrarie al diritto dell’Unione».


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) C-62/00, EU:C:2002:435; in prosieguo: la «sentenza M&S I».

( 3 ) Sesta direttiva del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

( 4 ) I paragrafi da 8 a 15 delle presenti conclusioni contengono una trascrizione quasi letterale dei punti da 4 a 11 della sentenza M&S I.

( 5 ) Amministrazione fiscale competente a riscuotere l’IVA nel Regno Unito.

( 6 ) Periodo in cui rientra la data dell’istanza di rimborso della Compass.

( 7 ) C-309/06, EU:C:2008:211; in prosieguo: la «sentenza M&S II».

( 8 ) C-62/00, EU:C:2002:435.

( 9 ) Sentenza del 15 marzo 2007 (C-35/05, EU:C:2007:167).

( 10 ) Punti da 8 a 26 dell’ordinanza di rinvio.

( 11 ) Punto 4 delle osservazioni del governo del Regno Unito.

( 12 ) Come già rilevato al paragrafo 12 delle presenti conclusioni, la proposta è stata formulata in considerazione dei «crescenti rischi per l’Erario determinati dalle domande di rimborso di somme erroneamente riscosse a titolo di imposte», rischio che si è voluto minimizzare riducendo da sei a tre anni il termine per il recupero di tali somme.

( 13 ) C-62/00, EU:C:2002:435.

( 14 ) Secondo le spiegazioni fornite dal giudice nazionale al punto 4 dell’ordinanza di rinvio, l’espressione «Fleming claim» deriva dalla sentenza della House of Lords nella causa Fleming c. HMRC. Un «Fleming claim a valle» è un credito ai sensi dell’articolo 80 della legge del 1994 sull’IVA per un importo contabilizzato o versato a titolo di imposta a valle che non era dovuto per un esercizio contabile chiuso prima del 4 dicembre 1996. L’espressione «Fleming claim a monte» si riferisce a un credito per detrazione dell’imposta a monte laddove il diritto a detrazione sia sorto nel corso di un esercizio contabile chiuso prima del 1o maggio 1997.

( 15 ) Come si è rilevato, mentre il termine di decadenza è lo stesso per entrambi i tipi di domanda, la data di decorrenza di tale termine è diversa nei due casi.

( 16 ) Osservazioni della Commissione, punti da 34 a 36.

( 17 ) Osservazioni del Regno Unito, punti da 28 a 34.

( 18 ) Osservazioni del Regno Unito, punto 8.

( 19 ) Sentenza del 19 dicembre 2000, Schmeink & Cofreth e Strobel (C-454/98, EU:C:2000:469, punto 59).

( 20 ) Sentenza del 10 novembre 2011, The Rank Group (C-259/10C-260/10, EU:C:2011:719, punti 33 e 34).

( 21 ) V., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2011, Commissione/Paesi Bassi (C-41/09, EU:C:2011:108, punto 66).

( 22 ) Osservazioni della Commissione, punto 20.

( 23 ) Osservazioni del Regno Unito, punti da 25 a 27.

( 24 ) Sentenza dell’8 giugno 2006, L.u.P. (C-106/05, EU:C:2006:380, punto 48).

( 25 ) Sentenza M&S II (C-309/06, EU:C:2008:211, punto 49).

( 26 ) In udienza, la Compass ha ammesso che si tratta di domande di tipo diverso, ancorché, a suo parere, dello stesso genere.

( 27 ) V., tra molte, sentenza del 6 dicembre 2012, Bonik (C-285/11, EU:C:2012:774, punti 25 e 27 e giurisprudenza citata).

( 28 ) Nella sentenza del 16 maggio 2013, Alakor Gabonatermelő és Forgalmazó (C-191/12, EU:C:2013:315, punto 22) è stato ricordato che «il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti agli amministrati dalle disposizioni del diritto dell’Unione, nell’interpretazione loro data dalla Corte».

( 29 ) Ibidem (punto 24).

( 30 ) Sentenza M&S II (C-309/06, EU:C:2008:211, punto 41).

( 31 ) Vale a dire, purché i requisiti in questione non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnate in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario. V., inter alia, sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken (C-35/05, EU:C:2007:167, punto 37).

( 32 ) Sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken (C-35/05, EU:C:2007:167, punto 38).

( 33 ) C-309/06, EU:C:2008:211, punto 50.

( 34 ) Osservazioni del Regno Unito, punti 18 e 19.

( 35 ) Ipotesi per la quale il governo britannico richiama, tra l’altro, la sentenza dell’8 maggio 2008, Ecotrade (C-95/07C-96/07, EU:C:2008:267).

( 36 ) La limitazione della retroattività della riduzione del termine per i due tipi di domanda poteva essere effettiva solo se l’istanza, dell’uno o dell’altro tipo, veniva presentata prima di una medesima data comune per i due diritti (il 1o aprile 2009).

( 37 ) Osservazioni del Regno Unito, punto 4, lettera b).

( 38 ) C-62/00, EU:C:2002:435.

( 39 ) C-62/00, EU:C:2002:435.

( 40 ) Mi chiedo se non sarebbe stato possibile un successivo intervento del legislatore che, dopo avere constatato l’effetto delle leggi precedenti, ponesse rimedio all’anomalia temporale rilevata, conformemente all’obiettivo di parificare i due tipi di domanda sotto tutti gli aspetti (anche per quanto riguarda il termine di decadenza).

( 41 ) V. supra, paragrafo 62 e nota 31.

( 42 ) C-309/06, EU:C:2008:211, punto 59.

( 43 ) Sentenza M&S II (C-309/06, EU:C:2008:211, punto 61).

( 44 ) Sentenza M&S II (C-309/06, EU:C:2008:211, punto 63).

( 45 ) C-62/00, EU:C:2002:435.