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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 7 settembre 2017 (1)

Causa C-305/16

Avon Cosmetics Ltd

contro

The Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

[Domanda di pronuncia pregiudiziale del First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Tribunale di primo grado – Sezione tributaria, Regno Unito)]

«IVA – Deroga – Vendite mediante intermediari non soggetti ad IVA – Presa in considerazione dell’imposta a monte fittizia»






I.      Introduzione

1.        La Avon Cosmetics Limited (la «Avon») vende i suoi prodotti di bellezza nel Regno Unito a rappresentanti, comunemente noti come «presentatrici Avon» («Avon Ladies»), che a loro volta li vendono al minuto ai loro clienti («modello di vendita diretta»). Molte delle presentatrici Avon non sono titolari di partita IVA. Di conseguenza, i loro margini di profitto di norma non sono soggetti ad IVA.

2.        Siffatto problema dell’«IVA perduta» o dell’«elusione di IVA» nell’ultima fase della catena di distribuzione è tipico dei modelli di vendita diretta. Al fine di risolvere detto problema, il Regno Unito ha chiesto e ottenuto una deroga alla norma generale secondo la quale l’IVA è riscossa sul prezzo di vendita effettivo. Nel caso della Avon, la deroga consentiva in sostanza alla Her Majesty’s Revenue and Customs (autorità tributaria e delle dogane del Regno Unito; in prosieguo: gli «HMRC») di imporre IVA alla Avon non sul prezzo all’ingrosso pagato dalle presentatrici Avon non titolari di partita IVA, bensì sul prezzo al minuto al quale le presentatrici Avon avrebbero rivenduto i prodotti al consumatore finale.

3.        Tuttavia, la modalità di applicazione della deroga non tiene conto dei costi sostenuti dai rappresentanti non registrati nell’ambito delle loro attività di vendita al minuto e dell’imposta a monte che di norma avrebbero potuto detrarre se fossero titolari di partita IVA («l’imposta a monte fittizia»). Segnatamente, quando le presentatrici Avon acquistano prodotti a fini dimostrativi (non per la rivendita, ma per l’uso come supporto alle vendite), esse non possono detrarre l’IVA su tali acquisti come imposta a monte.

4.        Di conseguenza, l’imposta a monte fittizia non presa in considerazione, relativa a detti costi, è «irrecuperabile» nella catena di distribuzione e aumenta l’IVA complessiva riscossa in base a tale modello di vendita diretta rispetto a quella applicata nei punti di vendita ordinari.

5.        Nell’ambito di un’impugnazione da parte della Avon dell’IVA ad essa imposta, il giudice del rinvio pone alcune questioni relative all’interpretazione e alla validità della deroga. Segnatamente, il giudice del rinvio chiede: i) se esista un obbligo di tenere conto dell’imposta a monte fittizia dei rivenditori diretti come le presentatrici Avon; ii) se il Regno Unito fosse tenuto ad informare la Commissione europea della questione dell’imposta a monte fittizia quando ha chiesto l’autorizzazione alla deroga, e iii) quali sarebbero/sono le conseguenze del mancato rispetto di uno o di entrambi gli obblighi.

II.    Quadro normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

1.      Direttive IVA 77/388 e 2006/112

6.        Le disposizioni rilevanti della normativa dell’Unione applicabili all’epoca degli accordi di cui trattasi sono contenute nella direttiva IVA 77/388/CEE (2) (in prosieguo: la «sesta direttiva IVA») per i periodi precedenti il 1° gennaio 2007. Per i periodi successivi a tale data esse si trovano nella direttiva IVA 2006/112/CE (3) (in prosieguo: la «direttiva principale sull’IVA»).

7.        Fatte salve alcune differenze minori indicate in prosieguo, le disposizioni rilevanti della sesta direttiva IVA e quelle della direttiva principale sull’IVA sono identiche. In questa sezione, in prosieguo saranno citate le disposizioni della sesta direttiva IVA, mentre le corrispondenti disposizioni della direttiva principale sull’IVA saranno indicate nelle note. Per facilità di presentazione, solo le disposizioni rilevanti della sesta direttiva IVA saranno citate nella parte rimanente delle presenti conclusioni, fermo restando che le disposizioni corrispondenti della direttiva principale sull’IVA si applicano mutatis mutandis.

8.        Ai sensi dell’articolo 2 della sesta direttiva IVA (4).

«Sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;».

9.        Articolo 4 della sesta direttiva IVA così dispone (5):

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività».

10.      Articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA prevede quanto segue (6):

«A.      All’interno del paese

1.      La base imponibile è costituita:

a)      per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), c) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

11.      A norma dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA (7):

«1.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale.

2.      Lo Stato membro che desidera introdurre le misure di cui al paragrafo 1 invia una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari (…)

(…)

5.      Gli Stati membri che il 1° gennaio 1977 applicano misure particolari del tipo di quelle di cui al paragrafo 1 possono mantenerle purché le notifichino alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978 e purché tali misure siano conformi, se si tratta di misure destinate a semplificare la riscossione dell’imposta, al criterio definito al paragrafo 1».

2.      Decisione 89/534/CEE del Consiglio (in prosieguo: la «deroga»)

12.      I considerando da 3 a 5 della deroga (8) sono così formulati:

«considerando che taluni sistemi di commercializzazione basati sulla vendita da parte di soggetti passivi a persone che non siano soggetti passivi, ai fini della rivendita al dettaglio, consentono di eludere l’applicazione dell’imposta allo stadio del consumo finale;

considerando che, per evitare tali evasioni fiscali, il Regno Unito applica una misura che permette alle autorità fiscali, mediante l’adozione di decisioni amministrative, d’applicare l’IVA sulle cessioni dei soggetti passivi che praticano tali sistemi di commercializzazione, in base al valore normale del bene allo stadio della vendita al dettaglio;

considerando che tale misura costituisce una deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, secondo il quale, nel regime interno, la base imponibile è costituita, per le cessioni di beni, da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore per l’operazione da parte dell’acquirente o di un terzo;».

13.      I considerando 9 e 10 dispongono quanto segue:

«considerando che nella sentenza del 12 luglio 1988 la Corte ha affermato in diritto che l’articolo 27 della sesta direttiva consente l’adozione di una misura di deroga come quella in esame, a condizione che la disparità di trattamento che ne risulta sia giustificata da circostanze obiettive;

considerando che, per verificare che tale condizione sia soddisfatta, la Commissione deve essere informata delle decisioni amministrative che le autorità fiscali adotteranno, ove necessario, nell’ambito della misura di deroga in questione;».

14.      L’articolo 1 della deroga così dispone:

«In deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, il Regno Unito è autorizzato a prevedere, nei casi in cui un sistema di commercializzazione basato sulla cessione di beni tramite persone che non siano soggetti passivi conduce alla mancata tassazione allo stadio del consumo finale, che la base imponibile delle cessioni effettuate a tali persone sia il valore normale del bene determinato a quest’ultimo stadio».

B.      Diritto nazionale

1.      Value Added Tax Act 1994

15.      La sesta direttiva IVA, ed attualmente la direttiva principale sull’IVA, è stata trasposta in diritto nazionale del Regno Unito con il Value Added Tax Act 1994 (legge del 1994 relativa all’imposta sul valore aggiunto; il prosieguo: il «VATA 1994»), il cui articolo 1 stabilisce quanto segue:

«L’imposta sul valore aggiunto sarà riscossa conformemente alle disposizioni della presente legge:

a)      sulla cessione di beni e la prestazione di servizi nel Regno Unito (…)».

16.      Il valore della cessione di beni sul quale è dovuta l’IVA è stabilito all’articolo 19 e all’allegato 6 del VATA 1994. Tale articolo 19, paragrafo 2, precisa:

«Se la cessione è effettuata a titolo oneroso, il suo valore è dato dall’importo che, maggiorato dell’imposta sul valore aggiunto applicabile, è pari all’importo di detto corrispettivo».

17.      Sulla base di tale deroga, l’attuale paragrafo 2 dell’allegato 6 del VATA 1994 consente agli HMRC di disporre che il valore di una cessione di beni da parte di un soggetto passivo sia da considerarsi come il suo valore di mercato di vendita al minuto (segnatamente, una valutazione aggiornata rispetto a quella che risulterebbe ai sensi dell’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA), ove siffatti beni siano rivenduti da persone che non sono soggetti passivi, qualora:

«a)      l’attività svolta da un soggetto passivo consista in tutto o in parte nel fornire ad un certo numero di persone beni destinati ad essere venduti al minuto dalle stesse o da terzi, e

b)      tali persone non sono soggetti passivi e i Commissioners possono avvisare per iscritto il soggetto d’imposta, che dal ricevimento dell’avviso o da una data ulteriore specificata nell’avviso stesso, il valore delle merci da esso fornite sarà determinato in base al valore commerciale di vendita al minuto» (avviso di decisione).

2.      Avviso di decisione

18.      Il 27 giugno 1985 gli HMRC hanno emesso nei confronti della Avon un avviso di decisione che è tuttora vigente. Questo è così formulato:

«A norma [dell’allegato 6, paragrafo 2, del VATA 1994], i Commissioners of Customs & Excise DECIDONO con il presente avviso che, a decorrere dal 1° luglio 1985, il valore con riferimento al quale è applicata l’imposta sul valore aggiunto alle cessioni imponibili di beni:

a)      da parte vostra a persone che non sono soggetti passivi (...)

c)      destinati ad essere venduti al minuto alle persone indicate alla lettera a) di cui sopra o ad altri,

sarà determinato in base al valore commerciale di vendita al minuto».

III. Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

19.      La Avon ricorre ad un modello di vendita diretta nel Regno Unito. Secondo detto modello, la Avon vende i suoi prodotti ai suoi rappresentanti, le presentatrici Avon, che a loro volta rivendono i prodotti ai loro clienti ad un prezzo maggiorato. Ad esempio, se la Avon vende un prodotto alle presentatrici Avon per 75 lire sterline (GBP), questo può essere rivenduto dalle medesime per GBP 100.

20.      La soglia per la registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA nel Regno Unito è elevata – GBP 100 000. Alcune presentatrici Avon hanno scelto di registrarsi ai fini dell’IVA. Tuttavia, molte di esse restano al di sotto della soglia per la registrazione obbligatoria e hanno scelto di non registrarsi.

21.      Di conseguenza, i margini di profitto realizzati da siffatte presentatrici Avon non titolari di partita IVA di norma non sarebbero soggetti ad IVA. Così, nell’esempio di cui sopra, l’IVA viene applicata al prezzo «all’ingrosso» di GBP 75, ma non al GBP 25 pari al «margine di profitto al minuto», realizzato dalle presentatrici Avon non titolari di partita IVA. Il problema dell’IVA «perduta» nell’ultima fase della catena di distribuzione può presentarsi anche in altri modelli di vendita diretta (ad esempio alcuni tipi di vendita porta a porta).

22.      Al fine di risolvere il problema dell’IVA perduta derivante dall’uso del modello di vendita diretta, il Regno Unito ha ottenuto una deroga alla norma generale secondo la quale l’IVA deve essere riscossa sul prezzo effettivo di vendita [articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA].

23.      In sostanza, la deroga consente agli HMRC, nei casi in cui è utilizzato il modello di vendita diretta, di applicare l’IVA non sul prezzo all’ingrosso (nel caso di specie il prezzo pagato alla Avon), bensì sul prezzo al minuto (o sulla sua migliore stima) pagato dal consumatore finale al rivenditore, ossia alle presentatrici Avon.

24.      La deroga è stata trasposta in diritto nazionale e attuata mediante «avvisi di decisione». Gli avvisi di decisione sono stati emessi dalle autorità del Regno Unito nei confronti di circa 40 società, tra le quali la Avon.

25.      La deroga non si applica indiscriminatamente a tutte le vendite della Avon.

26.      Un numero ristretto di presentatrici Avon è titolare di partita IVA. Sulle loro vendite l’IVA viene riscossa con modalità normali. Pertanto, la Avon deve contabilizzare l’imposta a valle sul prezzo di vendita alle presentatrici Avon titolari di partita IVA. Tali presentatrici Avon devono contabilizzare l’imposta a valle sul prezzo di vendita al consumatore finale. Esse possono tuttavia detrarre l’IVA assolta a monte per i relativi acquisti dalla Avon.

27.      Gli HMRC e la Avon hanno convenuto anche due adeguamenti all’applicazione della deroga. Anzitutto, alcune presentatrici Avon trattengono (alcuni de)i prodotti che acquistano dalla Avon per uso personale. Per questi prodotti esse divengono dunque consumatori finali. In secondo luogo, le presentatrici Avon, offrono occasionalmente piccoli sconti. In entrambi i casi l’applicazione della deroga determinerebbe una riscossione indebita di IVA e pertanto la proporzione delle vendite effettuate in queste due categorie viene di volta in volta presa in considerazione dalla Avon e dagli HMRC. Secondo l’ordinanza di rinvio, sono presi in considerazione valori estremamente accurati che riflettono entrambi i punti.

28.      Quanto sopra descritto costituisce un esempio di situazioni in cui in linea di principio la mancata applicazione o l’applicazione modificata della deroga alle vendite della Avon non dà luogo ad alcuna contestazione. Il caso di specie verte su un aspetto controverso nell’applicazione della deroga, segnatamente: le vendite di campioni dimostrativi.

29.      La Avon vende taluni prodotti alle presentatrici Avon a scopo dimostrativo. Detti prodotti sono solitamente venduti con uno sconto maggiore del normale. Alcuni dei campioni dimostrativi sono usati per lo scopo originario, ad esempio come supporto alle vendite. Altri sono tenuti dalle presentatrici per il loro uso personale. La Avon e gli HMRC convengono che circa il 50% dei prodotti venduti come campioni dimostrativi finiscono per essere usati dalle stesse presentatrici Avon. Questo è apparentemente il motivo per il quale la Avon non cede i suoi campioni dimostrativi gratuitamente. In tali casi, le presentatrici Avon sono i consumatori finali e l’IVA viene riscossa sul prezzo pagato alla Avon secondo la norma generale di cui all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA. Per siffatti campioni dimostrativi non si presenta alcun problema.

30.      La controversia riguarda invece circa il 50% dei campioni dimostrativi che sono effettivamente usati per lo scopo voluto: essi non vengono rivenduti, ma sono utilizzati come strumento commerciale, destinato ad incrementare le altre vendite. Per i rivenditori al minuto titolari di partita IVA, l’IVA pagata sull’acquisto di detti prodotti avrebbe di norma garantito la detrazione dell’imposta assolta a monte. Tuttavia, tale costo non viene preso in considerazione ai fini dell’applicazione della deroga. Di conseguenza, l’incidenza dell’IVA sulle vendite effettuate mediante le presentatrici Avon non titolari di partita IVA è maggiore rispetto a quella dei pochi casi in cui le presentatrici Avon sono soggetti passivi IVA. Essa è anche maggiore del livello dell’imposta qualora le vendite ai consumatori finali fossero effettuate da venditori soggetti passivi di IVA.

31.      Secondo l’ordinanza di rinvio, per il periodo dal 1997 al 2013 i costi ignorati hanno determinato un aumento dell’IVA versata in eccesso pari a circa GBP 16 milioni.

32.      Nel caso presentato al giudice del rinvio, la Avon contesta le modalità di applicazione della deroga ad opera degli HMRC. Essa sostiene che la deroga dovrebbe essere applicata in modo da garantire che sulla Avon non gravi un’imposta eccessiva e in modo da allineare meglio l’importo riscosso ai sensi della deroga con l’IVA «elusa». La Avon fa valere che se la deroga non può essere interpretata in questo senso, essa è invalida. Infine, la Avon afferma anche, in sostanza, che quando ha richiesto la deroga il Regno Unito era tenuto a sollevare la questione dell’impossibilità di detrarre l’imposta a monte e dell’effetto sul livello dell’imposta «elusa». Anche l’omissione del Regno Unito a questo riguardo costituisce un motivo per dichiarare l’invalidità della deroga.

33.      Alla luce di quanto precede il First-tier Tribunale (Tax chamber) [Tribunale di primo grado (Sezione tributaria)] presenta a questa Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Laddove un venditore diretto venda beni (in prosieguo: “materiali di supporto alle vendite”) a rivenditori che non sono titolari di partita IVA o laddove il rivenditore non titolare di partita IVA acquisti beni e servizi da terzi (in prosieguo: “beni e servizi di terzi”) che in entrambi i casi sono utilizzati dai rivenditori non titolari di partita IVA per sostenere la loro attività economica di vendita di altri beni che sono parimenti acquistati presso il venditore diretto e assoggettati ad accordi amministrativi emessi ai sensi di una deroga autorizzata più recentemente dalla decisione 89/534/CEE del Consiglio, del 24 maggio 1989 (in prosieguo: la “deroga”), se le relative autorizzazioni, la normativa di attuazione e/o gli accordi amministrativi violino le pertinenti disposizioni e/o i principi del diritto dell’Unione europea dal momento che impongono al venditore diretto di contabilizzare l’imposta a valle sul prezzo di vendita degli altri beni dei rivenditori non titolari di partita IVA senza riduzioni per l’IVA sostenuta dal rivenditore non titolare di partita IVA su tali materiali di supporto alle vendite e/o sui beni e i servizi di terzi.

2.      Se il Regno Unito, quando ha chiesto l’autorizzazione del Consiglio ai fini della deroga, avesse l’obbligo di informare la Commissione del fatto che i rivenditori non titolari di partita IVA sostenevano l’IVA sugli acquisti di materiali di supporto alle vendite e/o sui beni e i servizi di terzi utilizzati ai fini delle loro attività economiche e che, di conseguenza, nella deroga dovesse essere previsto un adeguamento che riflettesse l’imposta a monte non detraibile, o l’imposta a valle versata in eccesso.

3.      In caso di soluzione affermativa alle prima e/o alla seconda questione di cui sopra:

a)      se alcuna delle relative autorizzazioni, la normativa di attuazione o gli accordi amministrativi, possano e debbano essere interpretati tenendo conto (i) dell’IVA non detraibile sui materiali di supporto alle vendite o sui beni e servizi di terzi a carico dei rivenditori non titolari di partita IVA e utilizzati da detti rivenditori ai fini delle proprie attività economiche; OPPURE (ii) dell’IVA versata in eccesso rispetto all’imposta dovuta che non è stata riscossa dall’Her Majesty’s Revenue & Customs OPPURE (iii) della potenziale concorrenza sleale che emerge tra i venditori diretti, i loro rivenditori non titolari di partita IVA e le attività di vendita indiretta.

b)      Se

(i)      l’autorizzazione della deroga del Regno Unito all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva fosse illegittima;

(ii)      insieme alla deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), sia necessaria una deroga all’articolo 17 della sesta direttiva. Se così fosse, se il Regno Unito abbia agito in modo illegittimo omettendo di chiedere alla Commissione o al Consiglio di autorizzare la deroga all’articolo 17;

(iii)      il Regno Unito stia agendo in modo illegittimo omettendo di amministrare l’IVA in modo da consentire ai venditori diretti di pretendere un credito per l’IVA sostenuta ai fini delle loro attività economiche dai rivenditori non titolari di partita IVA per i materiali di supporto alle vendite o i beni e servizi di terzi;

(iv)      le relative autorizzazioni, la normativa di attuazione o gli accordi amministrativi, siano pertanto, tutti o in parte, nulle e/o illegittime.

c)      Se il rimedio adeguato sia, da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea o del giudice nazionale:

(i)      una decisione che obbliga lo Stato membro a rendere efficace la deroga nel diritto nazionale prevedendo un adeguamento opportuno per (a) l’IVA non detraibile sui materiali di supporto alle vendite o sui beni e servizi di terzi a carico dei rivenditori non titolari di partita IVA e utilizzati da detti rivenditori ai fini delle proprie attività economiche; OPPURE (b) l’IVA versata in eccesso rispetto all’imposta dovuta che non è stata riscossa dall’Her Majesty’s Revenue & Customs OPPURE (c) la potenziale concorrenza sleale che emerge tra i venditori diretti, i loro rivenditori non titolari di partita IVA e le attività di vendita indiretta, o

(ii)      un provvedimento con cui l’autorizzazione alla deroga, e per estensione la deroga stessa, sia dichiarata invalida; o

(iii)      un provvedimento con cui la normativa nazionale sia dichiarata invalida; o

(iv)      un provvedimento con cui l’avviso di decisione sia dichiarato invalido; o

(v)      una dichiarazione secondo cui il Regno Unito è obbligato a presentare istanza di autorizzazione per un’ulteriore deroga così da prevedere un adeguamento opportuno per (a) l’IVA non detraibile sui materiali di supporto alle vendite o sui beni e servizi di terzi sostenuta dai rivenditori non titolari di partita IVA ed utilizzata da detti rivenditori ai fini delle proprie attività economiche; OPPURE (b) l’IVA versata in eccesso rispetto all’imposta dovuta che non è stata riscossa dall’Her Majesty’s Revenue & Customs; OPPURE (iii) la potenziale concorrenza sleale tra i venditori diretti, i loro rivenditori che non sono titolari di partita IVA e le attività di vendita diretta.

4.      Se, ai sensi dell’articolo 27 della sesta direttiva (articolo 395 della direttiva principale sull’IVA), le “frodi o le evasioni fiscali” debbano essere quantificate come la perdita netta per l’erario dello Stato membro (considerando sia l’imposta a valle versata sia l’imposta a monte detraibile nel contesto che dà luogo alla frode o all’evasione fiscale) o come la perdita lorda per l’erario dello Stato membro (considerando la sola imposta a valle nel contesto che dà luogo alla frode o all’evasione fiscale)».

34.      La Avon, il governo del Regno Unito, la Commissione europea e il Consiglio dell’Unione europea hanno depositato osservazioni scritte. Le parti interessate che hanno partecipato alla fase scritta hanno presentato conclusioni orali all’udienza tenutasi il 31 maggio 2017.

IV.    Valutazione

35.      Le presenti conclusioni sono così articolate: affronterò anzitutto la prima e la quarta questione come presentate dal giudice del rinvio. Atteso che la risposta che intendo suggerire alla prima questione è negativa (1), non occorre in concreto affrontare la quarta questione del giudice nazionale (2). Inoltre, è negativa anche la risposta che intendo proporre per la seconda questione del giudice nazionale (3). Pertanto, ancora una volta non occorre affrontare la terza questione (4).

1.      La prima questione

36.      La deroga o le misure nazionali che vi danno attuazione violano la sesta direttiva IVA e/o i principi generali che disciplinano la sua applicazione, in quanto esse applicano l’IVA sul valore di mercato di prodotti venduti tramite rivenditori non titolari di partite IVA, senza tenere conto dell’IVA a monte fittizia sui campioni dimostrativi o su altri prodotti e servizi che siffatti rivenditori acquistano da terzi? È questa, in sostanza, la prima questione posta dal giudice del rinvio.

a)      Disposizioni generali che disciplinano le deroghe concesse ai sensi dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA

37.      L’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA prevede l’autorizzazione di «misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di (…) evitare talune frodi o evasioni fiscali».

38.      Il caso di specie verte su una deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA, che definisce la «base imponibile». Non sono previste deroghe alle altre disposizioni della sesta direttiva IVA o ai suoi principi generali. Entrambi restano dunque integralmente applicabili (9).

39.      Una deroga alle norme generalmente applicabili per definizione si discosta da tali norme. Pertanto, è del tutto logico che il risultato finale possa differire da quello che sarebbe derivato dall’applicazione integrale di dette norme generali (10).

40.      Tuttavia, come per tutte le eccezioni, le deroghe concesse ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, devono essere interpretate restrittivamente. Esse sono concesse relativamente a specifiche disposizioni della direttiva (11) ed unicamente al fine di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Inoltre, esse «non possono derogare al rispetto della base imponibile dell’IVA di cui all’art. 11 se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo» (12). Esse devono poi essere necessarie e idonee alla realizzazione degli obiettivi specifici perseguiti ed incidere nella minore misura possibile sulle finalità e sui principi della sesta direttiva (13).

41.      L’articolo 27, paragrafo 1, stabilisce inoltre che le deroghe «non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo complessivo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale» (il corsivo è mio). L’articolo 27, paragrafo 1, prevede esplicitamente che dette restrizioni relative all’importo complessivo dell’imposta e alla misura trascurabile si applicano alle misure di semplificazione. La giurisprudenza della Corte ha chiarito che siffatte restrizioni sono «conform[i] al principio fondamentale della sesta direttiva» e sono parimenti valide «per quel che riguarda i provvedimenti destinati ad evitare talune frodi o evasioni fiscali» (14).

b)      Il principale problema della mancata considerazione dell’imposta a monte «fittizia»

42.      Nel caso di specie, il Regno Unito ha ottenuto la deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), al fine di evitare frodi o evasioni fiscali. In questo modo, esso cercava di reagire ad una caratteristica del modello commerciale della vendita diretta utilizzato dalla Avon e da altri, segnatamente la mancata applicazione dell’IVA all’ultima fase della catena di distribuzione, che determina una relativa riduzione nell’imposta a valle.

43.      Nelle sue osservazioni scritte e orali, la Avon ha insistito sul fatto che la deroga era rivolta anche a prevenire la distorsione della concorrenza. Tuttavia, posto che l’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA, prevede l’autorizzazione alle deroghe soltanto al fine di perseguire gli obiettivi della frode e dell’evasione fiscali (senza accennare alla semplificazione) esso deve essere valutato anzitutto alla luce di detto obiettivo.

44.      Non è controverso che il modello di vendita diretta utilizzato dalla Avon e da altri possa condurre ad un’evasione fiscale allo stadio del consumo finale. Pertanto in linea di principio può essere giustificata una deroga ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1.

45.      Tuttavia, la Avon sostiene che la deroga non è stata correttamente applicata. Gli HMRC prendono in considerazione soltanto l’imposta a valle che sarebbe di norma assolta dalle presentatrici Avon sul loro margine qualora queste fossero titolari di partita IVA. Gli HMRC non considerano l’imposta a monte che le presentatrici Avon potrebbero di norma detrarre se fossero titolari di partita IVA (segnatamente l’imposta a monte sui supporti alle vendite). La Avon sostiene che siffatta omissione determina una «correzione eccessiva» del problema originale (ossia, la mancata applicazione dell’IVA allo stadio finale nella catena di distribuzione). Detta correzione eccessiva determina una violazione del principio di proporzionalità e viola anche il principio della neutralità fiscale, dato che l’eccessiva imposizione determina uno svantaggio concorrenziale rispetto ai negozianti. Infine, essa va oltre i limiti imposti dall’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA.

46.      Per i seguenti motivi, non concordo con l’affermazione della Avon secondo la quale il rifiuto degli HMRC di considerare l’imposta a monte fittizia sia necessariamente problematico.

47.      Anzitutto, la deroga semplicemente non prevede né consente di prendere in considerazione l’imposta a monte fittizia. In tal senso dunque la deroga non può essere applicata con modifiche tali da prendere in considerazione l’imposta a monte fittizia in parola [sezione c)].

48.      In secondo luogo, al di là del suo testo, la deroga non è destinata ad essere applicata in modo da emulare la situazione fiscale che prevarrebbe qualora tutte le presentatrici Avon fossero titolari di partita IVA [sezione d)].

49.      In terzo luogo, la circostanza che la deroga non prevede né consente di tenere conto dell’imposta a monte fittizia di per sé non viola i principi della neutralità fiscale o della proporzionalità, né eccede i limiti imposti dall’articolo 27 della sesta direttiva IVA. È ipotizzabile che l’applicazione della deroga possa sollevare questioni alla luce di detti principi e disposizioni se il fatto di non considerare l’imposta a monte fittizia dovesse influire in misura non trascurabile sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale. Tuttavia, a mio avviso e sempre fatta salva la valutazione finale della Corte, questa sembra una possibilità piuttosto teorica nell’ambito del presente caso di specie [sezione e)].

c)      Portata della deroga

50.      Conformemente alla formulazione dell’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA e alla norma generale secondo la quale le eccezioni devono essere interpretate restrittivamente (15), le deroghe sono concesse relativamente a disposizioni specifiche di detta direttiva.

51.      Nel caso di specie la deroga è stata esplicitamente concessa in relazione all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), che consente di discostarsi dalle disposizioni generali applicabili per calcolare la «base imponibile», ossia l’importo sul quale viene prelevata l’IVA a valle. Pertanto, il testo dell’articolo 1 della deroga dispone che «la base imponibile delle cessioni [effettuate a rivenditori non soggetti passivi] è il valore di mercato dei beni determinato a quest’ultimo stadio».

52.      Come spiegato al precedente paragrafo 27, mediante due adeguamenti gli HMRC cercano di assicurare che la base imponibile calcolata ai sensi della deroga rifletta quanto possibile il prezzo di acquisto effettivamente pagato dal consumatore finale. Ciò è in linea con la conclusione della Corte nella sentenza Direct Cosmetics IIin relazione alla norma che ha preceduto la deroga (16), secondo la quale il «valore normale ai sensi del regime di deroga in esame va inteso come il valore più vicino possibile al (…) prezzo effettivamente pagato dal consumatore finale» (17).

53.      Per contro, nessuna deroga è stata richiesta riguardo alle disposizioni regolarmente applicabili alla detrazione dell’imposta a monte, segnatamente ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA (18). Ai fini del calcolo del valore di mercato dei prodotti venduti, nella deroga non è fatta menzione della presa in considerazione dei costi sostenuti dai rivenditori non soggetti passivi. Se le presentatrici Avon non sono soggetti passivi ai fini dell’IVA, non esiste un diritto alla detrazione. Applicando le disposizioni ordinarie, l’imposta a monte relativa ai costi da esse sostenuti, come il costo dei supporti alle vendite, non è recuperabile. Inoltre, riguardo al paragrafo precedente, è chiaro che l’esistenza e l’importo di qualsiasi imposta a monte fittizia gravante sui rivenditori non può incidere sul prezzo effettivo pagato dal consumatore finale.

54.      Pertanto, alla luce della portata esplicita della deroga, considero che essa non preveda né consenta nessun adeguamento per l’imposta a monte fittizia. Tale conclusione discende dalla natura stessa di una deroga ristretta. Oltre a detto argomento testuale e sistematico, allargare la portata delle deroghe nel modo suggerito potrebbe sollevare questioni di certezza del diritto, qualora una deroga richiesta e concessa unicamente riguardo all’imposta a monte o a valle lasciasse agli Stati membri l’opzione di prendere in considerazione anche l’altra imposta.

55.      Alla luce di quanto precede, ritengo che l’applicazione della deroga non possa essere modificata al fine di tenere conto dell’imposta a monte fittizia sostenuta dai rivenditori che non sono titolari di partita IVA.

d)      La struttura di modelli commerciali alternativi e la mancanza di soluzioni perfette

56.      La posizione della Avon è, sostanzialmente, che gli adeguamenti attualmente applicati alla «base imponibile» in applicazione della deroga potrebbero essere ulteriormente perfezionati. Tale perfezionamento dovrebbe tenere conto dell’imposta a monte fittizia assolta dalle presentatrici Avon che non sono titolari di partita IVA e che non sono soggetti passivi (segnatamente con riguardo ai supporti alle vendite). Secondo la Avon, questo «lo avvicinerebbe il più possibile ad una catena di distribuzione interamente imponibile». Essendo possibili, gli adeguamenti in parola devono essere applicati al fine di rispettare i principi di proporzionalità e di neutralità fiscale e i limiti imposti dall’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA.

57.      Infatti, è corretto affermare che prendere in considerazione il costo dei supporti alle vendite avvicinerebbe il risultato all’imposta fittizia «netta» evasa nell’ipotesi in cui tutte le presentatrici Avon fossero in realtà registrate ai fini dell’imposta. Tuttavia, per i motivi indicati nella sezione c), a mio avviso il testo della deroga non consente le modifiche in parola.

58.      Inoltre, non corrisponde neppure all’obiettivo della deroga cercare di ricostruire una specie di realtà virtuale, parallela, più vicina possibile a quella che si avrebbe se le presentatrici Avon non titolari di partita IVA invece lo fossero, e quindi disciplinare gli effetti di quella che in tal caso sarebbe la posizione ai fini dell’IVA. Lo scopo della deroga è quello di evitare l’evasione fiscale, tenendo debitamente conto del fatto che le disposizioni sull’IVA devono essere applicate ad una situazione specifica in un modo inconsueto.

59.      La Avon osserva che, cercando di risolvere un problema (la non tassazione allo stadio finale della catena di distribuzione e la violazione della neutralità fiscale a scapito dei concorrenti della Avon), la deroga (19) ne crea un’altra (violazione del principio di neutralità fiscale a scapito della Avon, che è penalizzata da un’«eccessiva correzione» della sua fattura IVA).

60.      È vero che la deroga implica problemi specifici. Tuttavia, essa mira a risolvere i problemi sollevati dal modello di vendita diretta, segnatamente quello che l’IVA è un’imposta sul consumo ma le vendite al consumatore finale ad opera di persone che non sono soggetti passivi sfuggono alla rete dell’IVA. Inoltre, la deroga ha il merito di consentire di tenere in debito conto all’interno del sistema dell’IVA il modello della vendita diretta e di continuare ad utilizzarlo. Come ampiamente dimostrato dalla Avon il risultato non è «perfetto», nel senso di riflettere esattamente la situazione che si creerebbe se non fosse per la mancanza di registrazione delle presentatrici Avon. Tuttavia, siffatte differenze sono inerenti alla coesistenza di due modelli commerciali alternativi e alquanto diversi. Mentre è possibile tenere conto di modelli diversi all’interno del sistema dell’IVA, ciò non può estendersi sino a creare di fatto dettagliati sistemi paralleli.

61.      Ciò mi porta al punto successivo, che considero critico nel caso di specie: la scelta del modello commerciale. Le presentatrici Avon possono scegliere se registrarsi o meno. Sebbene la soglia per la registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA nel Regno Unito sia elevata, le presentatrici Avon possono registrarsi anche al di sotto di detta soglia. La Avon può anche scegliere se avvalersi di rivenditori registrati o non registrati. La Avon e le presentatrici Avon avranno i loro motivi per scegliere una via o l’altra, ad esempio seguire il modello commerciale più competitivo o evitare il gravoso onere amministrativo connesso alla registrazione ai fini dell’IVA.

62.      Tuttavia, il fatto di non essere un soggetto passivo ha anche altre conseguenze, compresa l’impossibilità di detrarre l’imposta a monte. Come confermato dalla Corte in diverse occasioni, per quanto riguarda l’IVA l’operatore economico ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale (20). Ciononostante, la libertà di scelta non include quella di optare per uno specifico modello commerciale e avvalersi quindi di un accesso «à la carte» alle disposizioni in materia di IVA normalmente applicabili agli altri modelli.

63.      All’udienza la Avon ha ricordato che, se le disposizioni fossero applicate normalmente alle sue vendite, non avrebbe luogo nessun adeguamento dell’imposta a valle. La deroga serve di fatto ad aumentare l’onere fiscale della Avon. In altri termini, la Avon non chiederebbe un’applicazione «à la carte» delle norme in materia di IVA. Come ribadito in udienza, la Avon non chiede di avere «la botte piena e la moglie ubriaca». Sarebbero invece gli HMRC a cercare un’applicazione selettiva delle norme sull’IVA mediante una deroga specifica, ed sono dunque gli HMRC a volere la botte piena e la moglie ubriaca.

64.      La disputa su chi esattamente, nel caso di specie, voglia avere la botte piena e la moglie ubriaca denota un disaccordo più profondo: in reazione all’iniziativa di chi è nata la necessità di adeguare il regime ordinario dell’IVA? La Avon suggerisce che i problemi sono imputabili alla deroga e/o alla sua applicazione non corretta. Se il Regno Unito non ne avesse fatto richiesta, sarebbero applicabili senza alcun problema le norme ordinarie sull’IVA. Per contro, la posizione del Regno Unito è che la deroga è stata chiesta soltanto in reazione al modello di vendita diretta, ossia al fine di porre rimedio ad un problema già esistente, inerente al funzionamento di detto modello. Pertanto, la logica sottesa a tale posizione del Regno Unito è che detto modello potesse essere mantenuto, purché fosse assoggettato agli adeguamenti consentiti dalla deroga.

65.      Questa discussione ci riporta al punto sollevato supra, ossia che talune differenze nell’applicazione dell’IVA sono inevitabili data la coesistenza di due modelli commerciali alternativi e alquanto diversi. Non esiste una soluzione perfetta. Il fatto che la deroga non ne cerchi una e venga applicata con risultati «imperfetti» non è di per sé problematico (21).

66.      Tenendo a mente queste osservazioni generali, affronterò adesso i problemi specifici sollevati dalla Avon: la proporzionalità, l’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA e la neutralità fiscale.

e)      Nessuna violazione del principio di proporzionalità, dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA o del principio di neutralità fiscale

1)      La proporzionalità e l’articolo 27, paragrafo 1

67.      Al fine di rispettare il principio di proporzionalità, le misure devono essere necessarie e idonee alla realizzazione degli obiettivi perseguiti e incidere nella minore misura possibile sulle finalità e sui principi della sesta direttiva (22).

68.      È già stato osservato (23) che la deroga persegue l’obiettivo legittimo di evitare l’evasione fiscale (24). Essa consente anche di limitare le distorsioni della concorrenza che possono emergere a scapito di imprese che adottano un modello di distribuzione diverso (25).

69.      Inoltre, alla base imponibile sono applicati adeguamenti al fine di tenere conto di situazioni nelle quali il prezzo pagato dal consumatore finale è inferiore al pieno «prezzo di catalogo» (26). In questi limiti, l’imposta a valle applicata è proporzionata. Essa non è né inferiore né superiore a quanto di norma richiesto dalla natura dell’IVA come imposta sul consumo.

70.      Ho anche spiegato perché, a mio avviso, non sembra giustificato attendersi che la deroga sia applicata in modo tale da avvicinarsi il più possibile alla posizione fiscale che si avrebbe nel caso di una catena di distribuzione interamente imponibile. Pertanto, il semplice fatto che l’imposta a monte fittizia venga «ignorata», determinando una posizione contributiva diversa da quella applicabile nel caso di una catena di distribuzione interamente imponibile, non è di per sé in contrasto con il principio di proporzionalità (27).

71.      Ciò nonostante, è possibile che l’ammontare dell’imposta a monte fittizia non presa in considerazione sia tanto rilevante che l’applicazione della deroga determinerebbe una violazione del principio di proporzionalità?

72.      A mio avviso ciò è teoricamente possibile, e se si accertasse una siffatta violazione la soluzione sarebbe che la deroga non può essere applicata alla Avon. Tuttavia, sempre fatta salva la valutazione finale del giudice del rinvio, ciò sembra estremamente improbabile nel caso di specie. A questo riguardo faccio presenti i seguenti punti relativi a i) rischio e prova, ii) complessità e onere amministrativo, e iii) rilevanza.

73.      Anzitutto, con riguardo a rischio e prova, è importante ricordare che lo scopo della deroga è quello di evitare la frode e l’evasione fiscali. Le presentatrici Avon non sono soggetti passivi ai fini dell’IVA e semplicemente non hanno i relativi obblighi di documentazione e di giustificazione, che consentirebbero loro di dimostrare che avrebbero un diritto alla detrazione (e la portata di detto diritto) qualora fossero titolari di partita IVA. Qualsiasi potenziale presa in considerazione dell’imposta a monte fittizia sarebbe soggetta alla produzione da parte della Avon di prova documentale accettabile (28), che dimostri che tali costi sono stati sostenuti.

74.      In secondo luogo, nella causa Sudholzla Corte ha dichiarato che un’eccessiva complicazione del processo di applicazione di una deroga potrebbe produrre l’effetto di neutralizzarne i vantaggi (29). Tentare di prendere in considerazione l’imposta a monte fittizia aumenta senza dubbio il livello di complessità connesso all’applicazione della deroga, specialmente data l’assenza di registrazioni complete relative ai costi rilevanti. È vero che la causa Sudholz verteva su una deroga volta alla semplificazione. Tuttavia, a mio avviso, la problematica legata ad una maggiore complessità, di cui alla causa Sudholz, si pone ugualmente riguardo alla deroga in esame nel caso di specie. Uno dei vantaggi del modello di vendita diretta è costituito, segnatamente, dalla ridotta complessità sul piano amministrativo. Reintrodurre in pratica siffatta complessità «dalla porta posteriore», delegando (parzialmente) alla pubblica amministrazione un onere amministrativo che le presentatrici Avon hanno scelto di non assumere (30), a mio avviso, è problematico proprio come nella causa Sudholz.

75.      In terzo luogo, alla luce dei due paragrafi precedenti, è necessaria una prova chiara e inequivocabile dei costi che danno luogo all’imposta a monte fittizia superiore ad una soglia sostanziale prima di poter sostenere che è sproporzionato un rifiuto assoluto di prendere in considerazione siffatti costi.

76.      Cos’è una soglia di rilevanza?

77.      Il punto di partenza per rispondere a questa questione è l’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA, che riflette il principio di proporzionalità nel contesto di detta disposizione specifica (31), disponendo che le deroghe «non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale».

78.      A mio avviso, qualsiasi soglia di rilevanza deve essere oggettiva. Al fine di rispettare la parità di trattamento fiscale e rispettando il tenore letterale dell’articolo 27, paragrafo 1, sopra citato, essa non può variare a seconda delle circostanze specifiche di un dato soggetto passivo, ma deve essere valutata con riferimento alle entrate IVA dello Stato membro.

79.      Tuttavia, non è chiaro quale sia il termine di paragone per determinare quale misura sia «trascurabile» o meno. Pertanto una serie di significati di ordine di grandezza alquanto diverso può essere potenzialmente attribuita all’espressione «importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale».

80.      Si possono ipotizzare almeno tre opzioni, a seconda che il raffronto di quale misura non sia trascurabile venga effettuato riguardo a:

–        il totale delle risorse proprie dell’Unione derivanti dall’IVA. Questa lettura è confortata dal preambolo della direttiva 2004/7/CE (32), che ha aggiunto il termine «complessivo» all’articolo 27, paragrafo 1, e che ha esplicitamente stabilito che la valutazione deve essere «effettuata globalmente in riferimento alle previsioni macroeconomiche relative all’impatto prevedibile delle misure sulle risorse proprie IVA della Comunità» (33);

–        il totale delle risorse proprie IVA dello Stato membro derivanti dall'IVA. Questa lettura si avvicina al significato più naturale dell’espressione «importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale», dato che è chiaramente spiegato che l’obiettivo sono le entrate fiscali dello Stato membro e non quelle della Comunità.

–        le entrate IVA di una specifica catena di distribuzione o di singoli prodotti o operazioni. Si può sostenere che questa lettura trova qualche supporto, ad esempio, nella sentenza della Corte nella causa Vandoorne (34). In tale sentenza la Corte ha effettivamente dichiarato che il rimborso dell’IVA non sarebbe trascurabile perché rappresenterebbe il 100% dell’IVA prelevata su cessioni ad un singolo cliente (35).

81.      A mio avviso, sia la lettera che la logica sottesa all’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA e della direttiva 2004/7 indicano piuttosto nella direzione del raffronto sotto il profilo macroeconomico, ossia a livello dell’Unione o a livello del singolo Stato membro. A mio parere, l’approccio della sentenza «Vandoorne» si spinge troppo avanti nella direzione opposta e sembra quasi chiedere un approccio dettagliato del tipo che abbiamo respinto ai precedenti paragrafi 60 e 61. Detto approccio potrebbe effettivamente compromettere seriamente l’applicazione di qualsiasi deroga. È anche importante sottolineare che le circostanze nella causa Vandoorne erano alquanto specifiche, segnatamente il fatto che l’IVA era pagata anticipatamente dal fornitore.

82.      Tuttavia, ritengo che sostanzialmente non occorra che la Corte affronti in dettaglio questo problema nel caso di specie, in quanto (fatti salvi gli accertamenti di fatto ad opera del giudice del rinvio) nessuna delle soglie sopra indicate sembra essere raggiunta. Pertanto, a livello macro-economico, le cifre interessate sono insignificanti. Anche a livello più microeconomico, a livello di operazione per operazione, secondo le cifre fornite, gli importi interessati risultano estremamente marginali.

83.      Alla luce di quanto precede, a mio avviso non è possibile sostenere che il rifiuto di prendere in considerazione l’imposta a monte fittizia connessa ai supporti alle vendite avrebbe un impatto non trascurabile sull’«importo [complessivo] delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale». Pertanto, e fatta salva la valutazione finale ad opera del giudice del rinvio, ritengo che non si configuri alcuna violazione del principio di proporzionalità o dei limiti imposti dall’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA.

2)      Neutralità fiscale

84.      Con riguardo alla neutralità fiscale, tale principio osta a che merci o prestazioni di servizi simili siano trattate in modo diverso ai fini dell’IVA (36).

85.      Presumiamo, a questo fine, che i prodotti venduti tramite strutture di vendita diretta come quella della Avon e punti di vendita al dettaglio più tradizionali possano effettivamente essere considerati come «simili» ai sensi della giurisprudenza della Corte, il che, a mio parere non così scontato.

86.      Tuttavia, anche se così fosse, un potenziale problema di neutralità fiscale si configurerebbe tanto con la deroga quanto senza la medesima, nel primo caso a svantaggio della Avon e nel secondo a svantaggio dei suoi concorrenti (37). Per usare l’espressione della Avon, per risolvere un problema se ne è creato un altro.

87.      A tal riguardo, rinvio ai rilievi svolti al precedente paragrafo 60 nel senso che, in casi come quello in esame che vertono su modelli commerciali molto diversi, una perfetta parità di trattamento semplicemente non può essere raggiunta.

88.      Si potrebbe sostenere che, ciononostante, in questo caso è possibile una «parità di trattamento maggiore». Tuttavia, a mio avviso, questa sarebbe soltanto una ripetizione dell’argomento della proporzionalità, che ho già respinto in precedenza.

89.      Alla luce di quanto precede, la deroga e la sua applicazione ad opera delle autorità del Regno Unito non violano i principi della proporzionalità e della neutralità fiscale, né l’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA, nei limiti in cui essa non tiene conto dell’«imposta a monte fittizia», né in via generale né in relazione ai supporti alle vendite.

f)      Conclusione sulla prima questione

90.      Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima questione come segue:

Né la deroga né, fatta salva la valutazione finale del giudice del rinvio, le misure nazionali di attuazione di detta decisione – nei limiti in cui detta decisione e dette misure nazionali determinano l’imposizione dell’IVA sul valore di mercato di prodotti venduti tramite rivenditori non titolari di partite IVA senza tenere conto dell’IVA a monte irrecuperabile applicata ai campioni dimostrativi o ad altri beni e servizi che detti rivenditori acquistano da terzi – violano i principi di proporzionalità e di neutralità fiscale o l’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA o l’articolo 395 della direttiva 2006/112.

2.      Quarta questione

91.      In sintesi, la quarta questione del giudice del rinvio è se, ai sensi dell’articolo 27 della sesta direttiva IVA, la «frode o l’evasione fiscale» riguardi i) l’imposta netta, tenendo conto dell’imposta a valle e a monte nella struttura che determina la frode o l’evasione, o ii) l’imposta lorda, tenendo conto solo dell’imposta a valle.

92.      Alla luce della risposta negativa alla prima questione non occorre esaminare la quarta questione.

3.      Seconda questione

93.      L’articolo 27, paragrafo 2, della sesta direttiva IVA stabilisce che lo Stato membro che intende introdurre una deroga «ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione». Con la seconda questione il giudice nazionale chiede, essenzialmente, se detta disposizione imponesse al Regno Unito di sollevare la questione dell’IVA a monte irrecuperabile nel caso di specie, affinché essa potesse essere presa in considerazione nella deroga.

a)      Ricevibilità

94.      Il governo del Regno Unito sostiene che la seconda questione è irricevibile. A tal riguardo, esso considera che non è chiaro perché la questione sia stata sollevata, che la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondervi ed inoltre che la questione è ipotetica.

95.      Non concordo con questa tesi.

96.      Al riguardo, ricordo anzitutto che questioni presentate a questa Corte dai giudici nazionali godono, in generale, di una presunzione di rilevanza (38). Nel caso di specie, e contrariamente agli argomenti addotti dal governo del Regno Unito, mi sembra alquanto chiaro perché il giudice del rinvio presenti la seconda questione e perché la risposta potrebbe incidere sull’esito della controversia.

97.      Se l’articolo 27 della sesta direttiva IVA dovesse imporre ad uno Stato membro un obbligo giuridico di fornire informazioni specifiche alla Commissione nel contesto di una domanda di deroga, mi sembra chiaro perché il mancato rispetto di tale obbligo potrebbe anche avere incidenza sulla validità della deroga successivamente concessa.

98.      Relativamente alla mancanza di elementi sufficienti per consentire alla Corte di fornire una risposta utile, il governo del Regno Unito rinvia, segnatamente, ad una lettera inviata dalla Avon agli HMRC, in cui si sollevava la questione dell’«imposta a monte irrecuperabile», e sostiene che la Corte non è in grado di valutare il rilievo da attribuire alla lettera di cui trattasi. A mio avviso, tuttavia, la seconda questione del giudice del rinvio si pone piuttosto a livello di principio, in quanto esso chiede se esistesse un obbligo di sollevare taluni problemi dinanzi alla Commissione e non quali informazioni specifiche avrebbero dovuto essere trasmesse nel caso di specie.

99.      Infine, il governo del Regno Unito afferma che la seconda questione è ipotetica in quanto le informazioni sui costi sostenuti dai rivenditori diretti sarebbero rilevanti soltanto in relazione ad una deroga alle norme normalmente applicabili alla detrazione dell’imposta a monte, ai sensi dell’articolo 17 della sesta direttiva IVA. Tuttavia, nel caso di specie una siffatta deroga non è stata richiesta.

100. A tale riguardo, basti osservare che tale argomento invece «mette il carro davanti ai buoi». Al fine di stabilire se esista un obbligo giuridico di fornire talune informazioni ai sensi dell’articolo 27, la questione centrale è precisamente se le informazioni in parola siano davvero rilevanti.

101. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di respingere gli argomenti di irricevibilità addotti dal governo del Regno Unito e di dichiarare la seconda questione ricevibile.

b)      Nel merito

102. In via preliminare, è vero che nella sentenza Direct Cosmetics IIla Corte ha confermato la validità della decisione 85/369 del Consiglio – che ha provvisoriamente preceduto la deroga applicabile dal 1985 al 1987 – e così facendo ha dichiarato che «la comunicazione di cui sopra, inviata dal Regno Unito alla Commissione, faceva adeguato richiamo alle esigenze alle quali doveva rispondere il provvedimento richiesto e conteneva i dati essenziali per identificare lo scopo perseguito» (39).

103.  Tuttavia, tale sentenza non risolve definitivamente il problema sollevato dalla seconda questione del giudice nazionale, in quanto essa tecnicamente riguardava una deroga precedente – sebbene molto simile e correlata – richiesta dal Regno Unito. Inoltre, come osservato dalla Avon, la Corte non ha specificamente considerato l’adeguatezza delle informazioni sotto il profilo della neutralità fiscale.

104. Ad ogni modo, l’articolo 27, paragrafo 2, a mio avviso non impone un obbligo di fornire informazioni del tipo considerato nella seconda questione del giudice del rinvio.

105. L’articolo 27, paragrafo 2, della sesta direttiva IVA non impone espressamente siffatti specifici requisiti. Concordo inoltre con la Commissione che una domanda di deroga per sua natura deve essere formulata, almeno sino a un certo punto, in termini astratti.

106. Sebbene tali elementi non ostino di per sé ad un obbligo implicito di fornire informazioni specifiche che, ad esempio, potrebbero avere un’incidenza significativa sull’entità dei costi interessati dalla deroga, in ultima analisi non considero necessario discutere in dettaglio i contorni precisi dell’obbligo di informazione imposto dall’articolo 27, paragrafo 2.

107. La Avon sostiene, segnatamente, che il Regno Unito era tenuto ad informare la Commissione sul fatto che: i) i rivenditori non registrati assolvevano l’IVA sugli acquisti dei supporti alle vendite e/o di altri articoli rilevanti utilizzati ai fini delle loro attività economiche; o ii) l’interpretazione della deroga ad opera del Regno Unito era tale da non consentire ad un rivenditore diretto una detrazione per l’IVA assolta dai rivenditori non registrati per i supporti alle vendite e/o per altri prodotti rilevanti nel calcolo dell’imposta a valle dovuta dal rivenditore diretto in base al prezzo di vendita dei rivenditori non titolari di partita IVA.

108. A mio avviso il Regno Unito non era tenuto a sollevare esplicitamente nessuno di questi due punti al fine di soddisfare i requisiti imposti dall’articolo 27, paragrafo 2, della sesta direttiva IVA per un motivo piuttosto semplice: entrambi i punti sono ovvi, o in quanto inerenti al sistema dell’IVA (il primo punto) o in quanto del tutto logici e prevedibili in considerazione della portata della deroga richiesta (il secondo punto).

109. Quanto al primo punto, è difficile immaginare un operatore economico, per quanto modesta sia la sua attività, che non sostiene nessun costo a monte correlato al suo commercio. Inoltre, la compensazione dell’imposta a monte con l’imposta a valle è un elemento talmente fondamentale del sistema dell’IVA che non è certamente un aspetto che necessita di essere esplicitamente sollevato di fronte alla Commissione.

110. Quanto al secondo punto, la deroga è stata richiesta e concessa in relazione all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva IVA. Pertanto, e per i motivi enunciati ai precedenti paragrafi da 50 a 54, alla Commissione avrebbe dovuto essere chiaro che in base alla deroga ogni presa in considerazione dell’imposta a monte fittizia era esclusa.

111. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla seconda questione:

Quando ha chiesto l’autorizzazione per la deroga concessa in base alla decisione 89/534, il Regno Unito non era tenuto ad informare la Commissione del fatto che i rivenditori non titolari di partita IVA pagavano l’IVA sugli acquisti dei prodotti utilizzati per le loro attività economiche.

4.      La terza questione

112. Il giudice del rinvio presenta la terza questione solo in caso di risposta affermativa alla prima e/o alla seconda questione.

113. Poiché propongo di rispondere in senso negativo alla prima e alla seconda questione, non occorre affrontare la terza questione.

V.      Conclusione

114. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alle questioni presentate dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (Sezione tributaria)]:

Prima questione

Né la deroga autorizzata con decisione 89/534/CEE del Consiglio, del 24 maggio 1989, che autorizza il Regno Unito ad applicare a talune cessioni effettuate a rivenditori che non siano soggetti passivi una misura di deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto, né, fatta salva la valutazione finale del giudice del rinvio, le misure nazionali di attuazione di detta decisione – nei limiti in cui detta decisione e dette misure nazionali determinano l’imposizione dell’IVA sul valore di mercato di prodotti venduti tramite rivenditori non titolari di partita IVA senza tenere conto dell’IVA a monte irrecuperabile applicata ai campioni dimostrativi od altri beni e servizi che detti rivenditori acquistano da terzi – violano i principi di proporzionalità e di neutralità fiscale o l’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, o l’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto.

Seconda questione

Quando ha chiesto l’autorizzazione per la deroga concessa in base alla decisione 89/534 del Consiglio, il Regno Unito non era tenuto ad informare la Commissione del fatto che i rivenditori non titolari di partita IVA pagavano l’IVA sugli acquisti dei prodotti utilizzati per le loro attività economiche.

Terza e quarta questione

Alla luce delle risposte date alla prima e alla seconda questione, non occorre rispondere alla terza e alla quarta questione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1)


3      Direttiva 2006/112 del Consiglio, del 26 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


4      Articolo 2 della direttiva principale sull’IVA.


5      Articolo 9 della direttiva principale sull’IVA.


6      Articolo 73 della direttiva principale sull’IVA.


7      Articolo 395 della direttiva principale sull’IVA. La formulazione dell’articolo 395, paragrafo 1, della direttiva principale sull’IVA si discosta leggermente e in modo non sostanziale, da quella utilizzata all’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva.


8      Decisione 89/534/CEE del Consiglio, del 24 maggio 1989, che autorizza il Regno Unito ad applicare a talune cessioni effettuate a rivenditori che non siano soggetti passivi una misura di deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari (GU 1989, L 280, pag. 54).


9      V., al riguardo, le sentenze del 19 settembre 2000, Ampafrance e Sanofi (C-177/99 e C-181/99, EU:C:2000:470, punto 68), e del 27 gennaio 2011, Vandoorne (C-489/09, EU:C:2011:33, punto 33).


10      Ciò avviene per le misure di semplificazione, come già esplicitamente confermato dalla Corte. V., ad esempio, le sentenze del 29 aprile 2004, Sudholz(C-17/01, EU:C:2004:242, punto 62), e del 27 gennaio 2011, Vandoorne(C-489/09, EU:C:2011:33, punto 31). Tuttavia, ciò vale per qualsiasi deroga.


11      Per uno schema delle deroghe esistenti e delle relative disposizioni, predisposto dalla Commissione, v. https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/resources/documents/taxation/vat/key_documents/table_derogations/vat_index_derogations_en.pdf.


12      Sentenza del 10 aprile 1984, Commissione/Belgio(324/82, EU:C:1984:152, punto 29). V. anche la sentenza del 29 maggio 1997, Skripalle(C-63/96, EU:C:1997:263, punto 24).


13      Sentenze del 19 settembre 2000, Ampafrance e Sanofi (C-177/99 e C-181/99, EU:C:2000:470, punto 60), e del 29 aprile 2004, Sudholz(C-17/01, EU:C:2004:242, punto 46).


14      Sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs(138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 52).


15      V. supra, paragrafi 40 e 41 delle presenti conclusioni.


16      85/369/CEE: Applicazione dell’articolo 27 della sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977 sull’imposta sul valore aggiunto (Autorizzazione di una deroga richiesta dal Regno Unito per consentire di evitare taluni tipi di evasione fiscale) (GU 1985, L 199, pag. 60).


17      Sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs (138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 53).


18      Articolo 167 della direttiva principale sull’IVA.


19      O quanto meno l’applicazione della deroga ad opera del Regno Unito.


20      Sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121, punto 73).


21      V. anche la giurisprudenza citata supra alla nota 10.


22      Sentenze del 19 settembre 2000, Ampafrance e Sanofi (C-177/99 e C-181/99, EU:C:2000:47, punto 60), e del 29 aprile 2004, Sudholz (C-17/01, EU:C:2004:242, punto 46).


23      Supra, paragrafo 44 di queste conclusioni.


24      In tal senso, v. anche sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs (138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 48) in relazione alla deroga precedente a quella in esame (decisione 85/369 del Consiglio).


25      V. sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs (138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 39).


26      V. paragrafo 27 supra.


27      V. nota 10 supra.


28      V., in tal senso, il riferimento a «fatti oggettivi» nella sentenza del 29 maggio 1997, Skripalle (C-63/96, EU:C:1997:263, punto 26).


29      V., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2004, Sudholz(C-17/01, EU:C:2004:242, punto 63).


30      V. supra paragrafo 60 delle presenti conclusioni.


31      V., in tal senso, la sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs(138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 52).


32      Direttiva del Consiglio, del 20 gennaio 2004, che modifica la direttiva 77/388/CEE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, per quanto riguarda la procedura di adozione di provvedimenti di deroga e il conferimento di competenze di esecuzione (GU 2004, L 27, pag. 44).


33      Il corsivo è mio.


34      Sentenza del 27 gennaio 2011, Vandoorne (C-489/09, EU:C:2011:33).


35      La causa verteva su una deroga ai sensi della quale l’IVA sulle sigarette veniva pagata anticipatamente dal produttore sulla base del prezzo di vendita finale previsto (bollo fiscale). A seguito di insolvenza e di mancato pagamento da parte di uno dei suoi clienti, la Vandoorne chiedeva il rimborso dell’importo pagato al suo fornitore a titolo di IVA (tecnicamente non configurava IVA, in quanto questa era già stata pagata dal produttore, ma i costi di cui trattasi erano stati trasferiti nella catena di distribuzione alla Vandoorne).


36      Sentenza del 10 novembre 2011, Rank Group (C-259/10 e C-260/10, EU:C:2011:719, punti 41 e 42).


37      V., in tal senso, sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs(138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 49).


38      V., ad esempio, sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera (C-422/14, EU:C:2015:743, punto 20).


39      Sentenza del 12 luglio 1988, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs(138/86 e 139/86, EU:C:1988:383, punto 36).