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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 10 settembre 2020(1)

Causa C-449/19

WEG Tevesstraße

contro

Finanzamt Villingen-Schwenningen

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Finanzgericht Baden-Württemberg (Tribunale tributario del Baden-Württemberg, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto – Esenzione per la locazione di beni immobili – Disposizione nazionale che esenta la fornitura di calore da parte di un’associazione di proprietari di beni immobili a tali proprietari»






I.      Introduzione

1.        Un’associazione di proprietari di beni immobili ha fornito calore a tali proprietari e ha richiesto l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») assolta a monte sulle spese connesse a tale attività. L’amministrazione tributaria competente ha respinto tale richiesta. Essa ha ritenuto che, secondo il diritto tedesco, la fornitura di calore ai proprietari di beni immobili sia esente dall’IVA.

2.        In tale contesto, il Finanzgericht Baden-Württemberg (Tribunale tributario del Baden-Württemberg, Germania) chiede di accertare se la direttiva 2006/112/CE (2) (in prosieguo: la «direttiva IVA») osti ad una normativa nazionale che esenta dall’IVA la fornitura di calore, da parte di associazioni di proprietari di beni immobili, a tali proprietari. In risposta a tale questione, la Corte avrà l’occasione di fornire indicazioni su quando una compensazione per una cessione di beni (quale il calore) sia considerata sufficientemente proporzionata al «vantaggio» tratto da tale operazione perché quest’ultima sia stata resa «a titolo oneroso», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        Il considerando 4 della direttiva IVA enuncia quanto segue:

«La realizzazione dell’obiettivo di instaurare un mercato interno presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di legislazioni relative alle imposte sul volume di affari che non falsino le condizioni di concorrenza e non ostacolino la libera circolazione delle merci e dei servizi. È pertanto necessario realizzare un’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sul volume di affari mediante un sistema d’imposta sul valore aggiunto (IVA), al fine di eliminare, per quanto possibile, i fattori che possono falsare le condizioni di concorrenza, tanto sul piano nazionale quanto sul piano comunitario».

4.        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva IVA:

«1.      Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a)      le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)

c)      le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

5.        L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, che si riferisce ai soggetti passivi, così recita:

«1.      Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

6.        L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA definisce la «cessione di beni» come «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario», mentre, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva IVA, il calore è assimilato a un bene materiale.

7.        L’articolo 135 della direttiva IVA, contenuto nel capo 3, intitolato «Esenzioni a favore di altre attività», prevede un certo numero di esenzioni dall’IVA. Nella parte pertinente è così formulato:

«1.      Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(...)

l)      l’affitto e la locazione di beni immobili».

B.      Diritto tedesco

1.      La legge tedesca relativa all’imposta sul valore aggiunto

8.        Gli articoli 1 e 4 dell'Umsatzsteuergesetz (legge tedesca relativa all’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: l’«UStG») prevedono le norme generali relative all’insorgenza dell’IVA e alle sue esenzioni, tra le quali figura l’esenzione della fornitura di calore, da parte delle associazioni di proprietari di beni immobili, a detti proprietari:

«Articolo 1 Operazioni imponibili

1)      Sono soggette all’imposta sul fatturato le seguenti operazioni:

1.      le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un operatore nell’ambito della propria attività d’impresa. Le operazioni non sono escluse dall’imposizione quando sono effettuate in base a un atto legislativo o amministrativo o sono considerate come effettuate in forza di una disposizione di legge;

(…)

Articolo 4 Esenzioni in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi

Sono esenti da imposta le seguenti operazioni disciplinate dall’articolo 1, paragrafo 1, punto 1:

(…)

13.      le prestazioni fornite dalle associazioni di proprietari di beni immobili ai sensi del Wohnungseigentumsgesetz (legge relativa alla proprietà di appartamenti e al diritto di abitazione permanente) (...) ai proprietari e ai comproprietari di beni immobili, nella misura in cui le prestazioni consistono nella messa a disposizione di beni comuni ai fini dell’utilizzo, della manutenzione, della riparazione e di altre attività amministrative nonché nella fornitura di calore e di servizi analoghi».

2.      Legge relativa alla proprietà di appartamenti e al diritto di abitazione permanente

9.        Il Wohnungseigentumsgesetz (legge relativa alla proprietà di appartamenti e al diritto di abitazione permanente) disciplina i principi sui quali si basa la ripartizione formale dei beni immobili tra i proprietari di tali beni. Nella parte pertinente, tale legge stabilisce quanto segue:

«Articolo 10 Principi generali

1)      Salvo espressa disposizione contraria, i proprietari degli appartamenti sono i titolari dei diritti ed obblighi, ivi compresi, in particolare, quelli relativi all’unità immobiliare di proprietà esclusiva e alle parti comuni in comproprietà, conformemente alle disposizioni della presente legge.

(...)

Articolo 16 Trattamento economico, oneri e spese

(...)

2)      Ogni proprietario di appartamento ha l’obbligo, nei confronti degli altri proprietari di appartamenti, di sostenere gli oneri relativi alle parti comuni in comproprietà nonché le spese relative alla manutenzione, alla riparazione e ad altre attività amministrative, nonché all’uso collettivo delle parti comuni in misura proporzionata alla sua quota (paragrafo 1, seconda frase).

3)      In deroga al paragrafo 2, i proprietari degli appartamenti possono deliberare a maggioranza che i costi di gestione (...) delle parti comuni in comproprietà o dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva, che non devono essere pagati direttamente a terzi, nonché le spese amministrative, siano contabilizzati con riferimento al consumo o alla causa e siano distribuiti con riferimento a questo ultimo criterio o a un altro criterio, purché ciò sia conforme a una buona amministrazione».

III. Fatti, procedimento nazionale e questione pregiudiziale

10.      La WEG Tevesstraße (in prosieguo: la «ricorrente») è un’associazione di proprietari di beni immobili. Tali proprietari sono tre persone giuridiche (una società privata, una pubblica amministrazione e un comune; in prosieguo: i «proprietari»). Risulta che la ricorrente è stata incaricata della gestione di un bene immobile ad uso misto situato nel Land Baden-Württemberg (in prosieguo: l’«immobile»). L’immobile è composto da 20 appartamenti in locazione, da uffici della pubblica amministrazione, e da un organo del comune.

11.      Nel 2012 la ricorrente ha costruito un impianto di cogenerazione termoelettrica (in prosieguo: l’«impianto di cogenerazione») nell’immobile. Essa ha iniziato a produrre energia elettrica a partire dall’impianto di cogenerazione. Essa ha poi venduto l’energia elettrica a una società elettrica e ha fornito il calore così prodotto ai proprietari.

12.      Nello stesso anno la ricorrente ha presentato la propria dichiarazione relativa all’anticipo dell’IVA e ha chiesto un importo totale di EUR 19 765,17 a titolo di IVA assolta a monte in ragione delle spese di acquisto e di gestione connesse all’impianto di cogenerazione.

13.      Il 3 dicembre 2014, dopo aver valutato tale domanda, l’amministrazione finanziaria di Villingen-Schwenningen ha autorizzato soltanto la detrazione di un importo pari al 28% dell’IVA pagata a monte. Secondo il suo calcolo, tale importo rappresentava la quota dei costi summenzionati imputabile alla produzione di energia elettrica. Per quanto riguarda il 72% della detrazione dell’imposta versata a monte, imputabile alla produzione di calore, l’amministrazione finanziaria ha respinto la domanda della ricorrente con la motivazione che, in forza dell'articolo 4, paragrafo 13 dell’UStG, la fornitura di calore ai proprietari di beni immobili è esente dall’IVA.

14.      Dopo aver contestato senza successo tale avviso di accertamento dinanzi all’amministrazione finanziaria, la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al Finanzgericht Baden-Württemberg (Tribunale tributario del Baden-Württemberg, Germania). In particolare, la ricorrente ritiene che l’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG sia contrario al diritto dell’Unione in quanto l’esenzione da esso prevista non discende dalla direttiva IVA. Tenuto conto del primato del diritto dell’Unione, la fornitura di calore ai proprietari dovrebbe essere assoggettata all’IVA, cosicché la ricorrente ha diritto anche alla detrazione del rimanente 72% dell’IVA pagata a monte.

15.      Nutrendo dubbi sulla compatibilità della normativa nazionale applicabile con il diritto dell’Unione, il Finanzgericht Baden-Württemberg (Tribunale tributario del Baden-Württemberg, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le norme della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1) debbano essere interpretate nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro, che prevede l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto della fornitura di calore, da parte di associazioni di proprietari di appartamenti, ai proprietari».

16.      Il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Il 22 maggio 2020 essi hanno altresì risposto ai quesiti scritti posti alle parti.

IV.    Analisi

17.      Le presenti conclusioni sono articolate come segue: inizierò con osservazioni preliminari che espongono una serie di ipotesi quanto ai fatti del caso di specie e con le supposizioni da me fatte per fornire una risposta al giudice del rinvio (A). Esporrò poi il criterio giuridico che consente di stabilire se esista un’operazione imponibile ai sensi della direttiva IVA (B). Esaminerò successivamente gli argomenti dedotti dal governo tedesco e dalla Commissione, prima di applicare il criterio giuridico agli scenari ipotetici stabiliti (C).

A.      Precisazioni preliminari

18.      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva IVA ostino a che la normativa degli Stati membri esoneri dall’IVA la fornitura di calore da parte di un’associazione di proprietari di beni immobili a detti proprietari.

19.      Data la necessità di una base imponibile uniforme dell’IVA (3), l’esenzione di un’operazione dall’IVA può verificarsi in una delle due situazioni seguenti: i) anzitutto, quando non è presente alcuna operazione imponibile; o ii) quando si applica una delle esenzioni limitate elencate nel titolo IX della direttiva IVA.

20.      Entrambe le considerazioni richiedono un’esposizione dettagliata delle circostanze di fatto all’origine dell’operazione di cui trattasi. Nel caso di specie, la decisione di rinvio è relativamente poco dettagliata, il che rende difficile concludere per l’una o l’altra fattispecie senza avere conoscenza di diverse variabili di fatto. Ritengo pertanto necessario esporre i fatti, come da me intesi, nonché la necessità di talune supposizioni, che inquadreranno inevitabilmente la risposta che potrei fornire alla questione sollevata dal giudice del rinvio.

21.      Le presenti conclusioni si baseranno necessariamente su due serie di variabili. Si tratta delle seguenti variabili.

1.      Chi fornisce cosa a chi e cosa viene riscaldato?

22.      Il giudice del rinvio precisa, sia nella decisione di rinvio sia nella questione pregiudiziale, che è la ricorrente a fornire il calore derivante dalla produzione di energia elettrica ai «die Wohnungseigentümer» (i proprietari). Sottolineo il fatto che il calore è fornito a tali persone giuridiche per indicare che nessun elemento del fascicolo consente di ritenere che il calore sia fornito agli inquilini dei 20 appartamenti dati in locazione che fanno anch’essi parte dell’immobile (e la cui proprietà non è parimenti chiara). Infatti, nessun inquilino risulta coinvolto in tale operazione.

23.      Ciò comporta un’ulteriore complicazione: la decisione del giudice del rinvio dovrebbe essere intesa letteralmente? Tale interrogativo trae origine dal fatto che l’uso dell’articolo determinativo «die» dinanzi a «Wohnungseigentümer» indica l’uso del plurale, il che può far pensare che la Corte sia invitata a fornire un parere sulla fornitura di calore ai proprietari collettivamente, presumibilmente, quindi, per un uso collettivo nelle parti comuni. Oppure devo intendere il giudice del rinvio nel senso che il calore è fornito collettivamente a «die Wohnungseigentümer», ma per uso personale nelle aree di proprietà individuale dell’immobile?

24.      La decisione di rinvio non fornisce indicazioni chiare in un senso o nell’altro. L’articolo 4, paragrafo 13 dell’UStG è anch’esso poco chiaro. Nella parte pertinente esso si limita a prevedere, senza ulteriori precisazioni, che la fornitura di calore da parte di un’associazione di proprietari di beni immobili a «die Wohnungseigentümer» sia esente dall’IVA.

25.      Tale mancanza di dettagli dà luogo, di conseguenza, all’esistenza di due possibili scenari. In primo luogo, esiste il riscaldamento delle parti comuni. In tale scenario la ricorrente fornisce calore ai proprietari collettivamente, nel senso che o i proprietari o la ricorrente (o forse anche direttamente la ricorrente per conto dei proprietari) riscaldano le parti comuni dell’immobile per il consumo e il godimento collettivo. In secondo luogo, esiste il riscaldamento delle aree ad uso individuale. In tale scenario la ricorrente fornirebbe il calore anche ai proprietari, ma in modo alquanto diverso. In tal caso, i proprietari ricevono calore per le proprie unità immobiliari designate dell’immobile direttamente e lo consumano individualmente.

2.      Quale compenso (se del caso) viene fornito e come si calcola?

26.      Come sottolineato correttamente dal governo tedesco e dalla Commissione, la decisione del giudice del rinvio tace anche sulla questione del compenso. Infatti, nulla indica che venga fornita un qualsivoglia compenso. Non esistono neppure precisazioni sul modo in cui il compenso sarebbe, eventualmente, calcolato.

27.      Infatti, senza compenso, non esiste un’operazione imponibile (4).

28.      Ai fini della mia analisi, presumerò tuttavia che i proprietari forniscano un certo compenso alla ricorrente per la fornitura di calore, dal momento che è poco probabile che il giudice del rinvio sollevi persino siffatta questione in assenza di qualsivoglia compenso.

29.      Inoltre, rileva ugualmente il modo in cui il sistema del compenso viene concepito e calcolato. Da un lato, può esservi una fattura specifica per spese specifiche. In altri termini, qualsiasi pagamento per la fornitura di calore è destinato e quindi direttamente fornito per coprire tale spesa specifica. D’altro lato, la fornitura di calore potrebbe far parte di un insieme più ampio di attività fornito dalla ricorrente. I proprietari pagherebbero quindi, presumibilmente, una somma forfettaria periodica per coprire diversi costi di gestione, compresa la fornitura di calore. In tal caso, il metodo di fatturazione riguarderebbe la totalità (o una parte) di tali attività correnti, potenzialmente con una ripartizione dei costi. Il compenso sarebbe fornito indirettamente per coprire spese «generali».

30.      In sintesi, le due variabili a me ignote, ma, a mio avviso, importanti per l’eventuale valutazione della causa, sono non solo se devono ricevere calore le parti comuni o le aree ad uso individuale dell’immobile, ma anche se il compenso quale contropartita di tale fornitura sia versato per coprire una spesa specifica («direttamente») o una spesa generale («indirettamente»).

B.      Criterio giuridico

31.      Affinché un’operazione sia imponibile ai sensi della direttiva IVA, deve esistere un’operazione effettuata a titolo oneroso (rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 della direttiva IVA) nel territorio di uno Stato membro (come richiesto dall’articolo 5 di quest’ultima) da un soggetto passivo che agisce in tale qualità (ai sensi dell’articolo 9 della medesima direttiva). Ciò è quanto avviene, a meno che non si applichi una delle esenzioni di cui al titolo IX della direttiva IVA.

32.      Nel caso di specie, il soddisfacimento del criterio dell’ambito di applicazione territoriale non è contestato. Non approfondirò pertanto l’esame di tale criterio e focalizzerò la mia analisi sui restanti elementi.

1.      Cessione di beni a titolo oneroso?

33.      L’articolo 2 della direttiva IVA stabilisce quali operazioni siano soggette all’IVA. Esso precisa, in particolare, che le «cessioni di beni effettuate a titolo oneroso» costituiscono operazioni soggette all’IVA. Ciò è stato interpretato nel senso che l’intento del legislatore dell’Unione era di tassare solo i consumi «a titolo oneroso», vale a dire in presenza di un compenso fornito come corrispettivo della cessione di beni (5). Tale «corrispettivo» è ritenuto il valore (almeno un certo valore, talvolta anche soggettivo) del bene in questione, e non il valore stimato secondo criteri oggettivi (6).

34.      Il «corrispettivo» deve anche essere «direttamente e immediatamente collegato» all’attività soggetta a imposizione di cui trattasi (7). Interpreto la giurisprudenza nel senso che prescrive due condizioni cumulative al riguardo. In primo luogo, deve esistere una sorta di «nesso di causalità» nel pagamento. In altri termini, si deve poter considerare che una persona paghi per un bene o servizio particolare (8). In secondo luogo, il pagamento effettuato deve essere riferito a un «rapporto giuridico» tra le due parti dell’operazione (9).

35.      Occorre rilevare, a questo punto, che l’uso dell’espressione «rapporto giuridico» nella giurisprudenza mi sembra piuttosto infelice. Possono esistere operazioni soggette a un «rapporto giuridico» che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 della direttiva IVA. Infatti, la causa Apple and Pear Development Council riguardava indubbiamente un «rapporto giuridico» tra i produttori commerciali di mele e pere in Inghilterra e nel Galles e l’ente incaricato per legge di tutelare i loro interessi (a cui era obbligatorio iscriversi), anche se la Corte ha dichiarato che il contributo annuale versato da ciascun produttore di mele e di pere non era sufficientemente proporzionato al «vantaggio» individuale tratto dalle attività dell’ente (10). Ciò implica che la nozione di «rapporto giuridico» è più ampia di quanto appaia a prima vista.

36.      A mio avviso, il «rapporto giuridico» in questo tipo di situazioni riguarda piuttosto la «proporzionalità del vantaggio» connesso al pagamento effettuato. Ciò significa che il requisito del «rapporto giuridico» sussiste solo quando la parte che fornisce il compenso riceve anche un determinato «vantaggio» proporzionato a tale compenso. Nella causa Apple and Pear Development Council tale «proporzionalità del vantaggio» era inesistente in quanto le funzioni dell’ente riguardavano gli interessi comuni dei produttori intesi collettivamente, cosicché qualsiasi vantaggio tratto da tali funzioni, da parte del singolo produttore, derivava «indirettamente da quelli di cui gode in generale il settore nel suo complesso» (11).

37.      La stessa logica risulta anche nella causa Commissione/Finlandia, in cui la Corte ha dichiarato che i servizi di assistenza legale prestati in cambio di un modesto onorario, calcolato in base al reddito del beneficiario dell’assistenza legale, non erano adeguatamente collegati ai servizi ricevuti, pur in presenza di un rapporto giuridico (12). Analogamente, nella causa Tolsma, una fattispecie priva in realtà di un «rapporto giuridico», la Corte ha dichiarato che non vi era neanche proporzionalità tra le oblazioni versate dai passanti a un musicista di strada e il vantaggio ricavato dal fatto che quest’ultimo suonasse musica in una strada pubblica (13).

38.      Per contro, la «proporzionalità del vantaggio» è stata riscontrata sia nella causa Kennemer Golf che nella causa Le Rayon D’Or, in cui il pagamento di un forfait come corrispettivo della disponibilità di un servizio «di riserva» (la possibilità di utilizzare il campo da golf o di ricevere cure su richiesta) era considerato «a titolo oneroso», anche se tali servizi non erano stati realmente utilizzati (14).

39.      In definitiva, il criterio del «rapporto giuridico» sembra quindi presentare aspetti sia formali che sostanziali. Al di là (o nell’ambito) del requisito formale relativo all’esistenza di una sorta di rapporto giuridico strutturato tra le parti di un’operazione, la nozione di rapporto giuridico si ricollega all’idea di corrispettivo. Essa mira a cogliere qualsiasi scambio di vantaggi reciproci almeno di un certo valore economico, nell’ambito del quale sussiste un nesso di causalità rintracciabile tra le cessioni effettuate dall’una o dall’altra parte.

2.      Un’attività economica?

40.      L’articolo 9 della direttiva IVA riguarda esso stesso i «soggetti passivi». Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, comma 1, per soggetto passivo si intende «chiunque esercita, in modo indipendente e “in qualsiasi luogo”, “un’attività economica”, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività». Il secondo comma di tale disposizione precisa poi la nozione di «attività economica».

41.      Data l’ampia formulazione di tale disposizione, è un «soggetto passivo» chiunque in qualsiasi luogo sia impegnato in un’attività economica (15). Analogamente, l’espressione «attività economica» è stata interpretata estensivamente ed è di carattere obiettivo, nel senso che l’attività è considerata di per sé e indipendentemente dai suoi scopi e dai suoi risultati (16).

42.      Dopo aver chiarito il criterio giuridico derivante dagli articoli 2 e 9 della direttiva IVA, passerò ora all’esame del caso di specie.

C.      Il caso di specie

43.      Ai sensi dell’articolo 15 della direttiva IVA, il «calore» è considerato un bene materiale.

44.      Il caso di specie potrebbe riguardare, in sostanza, due diversi scenari: da un lato, quando il calore è fornito per le parti comuni dell’immobile e, dall’altro, quando è fornito per le aree ad uso individuale dell’immobile. In entrambi i casi, suppongo che i proprietari versino, in qualche modo, alla ricorrente un compenso per la fornitura del bene (il calore), direttamente o indirettamente (17).

45.      Prima di procedere alla valutazione separata di tali scenari, occorre commentare due linee argomentative trasversali elaborate nella causa in esame che si applicano indipendentemente dallo scenario considerato.

46.      La prima linea argomentativa riguarda la natura di un’«attività economica». Il governo tedesco e la Commissione ritengono che, tenuto conto dell’identità di soggetti tra le parti che compongono l’associazione dei proprietari di beni immobili (la ricorrente, di fatto, è costituita dai proprietari) e le parti beneficiarie del calore (parimenti i proprietari), tale operazione non potrebbe essere considerata un’«attività economica». Secondo la Commissione, ciò si estenderebbe anche alla manutenzione generale, alle riparazioni e agli altri servizi che la ricorrente fornirebbe ai proprietari. Tutto quanto precede esulerebbe dall’ambito di applicazione della direttiva IVA.

47.      Non posso condividere tale linea argomentativa.

48.      In primo luogo, per quanto riguarda la natura della prestazione, l’articolo 9, paragrafo 1, prima frase, della direttiva IVA utilizza l’aggettivo sufficientemente chiaro «qualsiasi» per indicare che «si deve considerare “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi». Inoltre, l’interazione tra le definizioni astratte e tipologiche di cui al primo e al secondo comma di tale disposizione implica, a mio avviso, che il legislatore dell’Unione abbia inteso la nozione di «attività economica» nel senso che include una serie più ampia possibile  di attività(18).

49.      In secondo luogo, e a mio avviso in modo alquanto cruciale, come rilevato dal giudice del rinvio, nel diritto tedesco la ricorrente è una persona giuridica distinta. Di conseguenza, il calore è fornito da un’entità giuridica ad altre tre entità giuridiche. Certamente, comprendo che, da un punto di vista economico, la ricorrente è costituita da alcune delle stesse persone che beneficiano delle sue attività. Tuttavia, la sovrapposizione degli interessi economici non è affatto un argomento per prescindere completamente da una chiara distinzione giuridica esistente nel diritto nazionale. Non vi è quindi identità di soggetti e non si configura alcuna autofornitura.

50.      Non vedo quindi come la fornitura di calore, effettuata da una persona giuridica distinta dal destinatario dei beni, non costituisca un’«attività economica» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA. Anche se si dovesse cambiare l’attività di cui trattasi, tale conclusione non sarebbe inficiata: se la ricorrente ricevesse un compenso per, ad esempio, la pulizia delle parti comuni, la manutenzione della facciata dell’edificio, o ancora per la riparazione dei citofoni all’ingresso principale, essa svolgerebbe singole «attività economiche», come fa, nel caso di specie, con la fornitura di calore. Nessuna di tali attività esula dall’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA (19).

51.      La seconda linea argomentativa riguarda la natura dell’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG. A tale riguardo, il governo tedesco presenta due osservazioni. In primo luogo, l’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG costituirebbe una trasposizione nel diritto nazionale dell’esenzione di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva IVA riguardante «l’affitto e la locazione di beni immobili». In secondo luogo, il governo tedesco sostiene che l’esenzione prevista all’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG troverebbe sostegno in una dichiarazione della Commissione e del Consiglio. Tale dichiarazione, contenuta nel verbale del Consiglio relativo all’adozione della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio (20) (in prosieguo: la «sesta direttiva»), rileva che gli Stati membri possono esentare dall’IVA, tra l’altro, la fornitura di calore.

52.      Non posso condividere nessuno di questi argomenti.

53.      L’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva IVA enuncia una delle attività che gli Stati membri possono esentare dall’IVA. Esso non può definire ciò che costituisce «affitto e locazione», né fa riferimento a tal fine al diritto nazionale (21). Tuttavia, tale disposizione costituisce un’esenzione dall’obbligo ordinario di pagamento dell’IVA e, in quanto tale, deve essere interpretata in senso restrittivo (22).

54.      In primo luogo, esaminando semplicemente il testo, non vedo alcun argomento a favore della posizione del governo tedesco secondo cui la fornitura di calore o, in effetti, la cessione di qualsiasi bene che non costituisca un bene immobile, da parte di un’associazione di proprietari di beni immobili a questi ultimi, dovrebbe rientrare in tale esenzione. Mi sfugge come la «fornitura di calore per il consumo presso l’immobile» possa mai essere sussunta, mediante un’interpretazione ragionevole (e certamente non restrittiva), nella nozione di «affitto e locazione di beni immobili». La prima è semplicemente un’attività del tutto diversa, che in effetti ha qualcosa a che fare con l’«immobile», ma non va oltre.

55.      In secondo luogo, presumibilmente, se i proprietari affittassero o prendessero in locazione beni immobili dalla ricorrente (quod non nel caso di specie) e la ricorrente dichiarasse che il consumo di calore fa parte del «pacchetto di locazione» obbligatorio, l’argomento potrebbe consistere nel fatto che la fornitura di calore fa parte dell’operazione di locazione. Tuttavia, la giurisprudenza esenta dall’IVA una prestazione «accessoria» solo nei limiti in cui essa condivide la disciplina fiscale della prestazione «principale» e quando non costituisce «un fine per la clientela, o un servizio ricercato autonomamente, ma il mezzo per fruire del servizio principale alle migliori condizioni» (23). Ciò richiede una valutazione degli elementi caratteristici dell’operazione (24).

56.      Sebbene tale verifica spetti quindi al giudice del rinvio, rilevo che nulla indica, nel caso di specie, che l’attività «accessoria» di fornitura di calore faccia parte dell’eventuale operazione di «affitto e locazione» che, in definitiva, costituisce l’attività «principale» ai fini dell’esenzione di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva IVA (25). Anche se così fosse, nutro seri dubbi sul fatto che, in generale, siffatto raggruppamento di attività sia possibile in forza della direttiva IVA. La fornitura di calore rientrerebbe quindi con difficoltà nella nozione di aspetto specifico di tale attività «principale» esente (26).

57.      In terzo luogo, e fatta salva la questione se la fornitura di calore possa, in determinate circostanze, essere considerata accessoria, si tratta, in ogni caso, di un’operazione «attiva». Come dichiarato dalla Corte, l’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva IVA ha soltanto inteso esentare dall’IVA l’operazione «passiva» di «affitto e locazione di beni immobili» (27). Come correttamente rilevato dalla Commissione, nella sentenza Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie viene chiaramente statuito che le operazioni «attive», quali «la fornitura di acqua, elettricità e riscaldamento nonché la raccolta dei rifiuti che accompagnano tale locazione devono, in linea di principio, essere considerate costitutive di più prestazioni distinte e indipendenti, da valutarsi separatamente dal punto di vista dell’IVA» (28).

58.      Per quanto riguarda la dichiarazione della Commissione e del Consiglio, relativa alla sesta direttiva, la risposta è ancora più semplice. La giurisprudenza è chiara nell’affermare che tali strumenti sono privi di valore giuridico e possono essere utilizzati solo quando il loro contenuto è menzionato nel testo della disposizione di cui trattasi (29). Ciò in quanto i destinatari delle norme di cui trattasi devono poter fare affidamento sul loro contenuto (30).

59.      L’articolo 135, paragrafo 1, lettera l), della direttiva IVA non fa alcun riferimento alla fornitura di calore. E neppure la disposizione che lo ha preceduto nella sesta direttiva, vale a dire l’articolo 13(B), lettera b), di quest’ultima, a cui si riferisce la dichiarazione. Esso non può essere quindi invocato nel caso di specie.

60.      Dopo aver esaminato gli argomenti generali e trasversali, passerò ora all’analisi dei due scenari che possono presentarsi nel caso di specie.

1.      Scenario 1: riscaldamento delle parti comuni

61.      Va ricordato che il primo scenario presuppone che la ricorrente fornisca il calore ai proprietari collettivamente. Il calore viene quindi fornito per l’interesse comune dei proprietari ed è consumato nello stesso senso. I proprietari pagano la ricorrente, direttamente o indirettamente, per la fornitura del calore.

62.      Avendo suggerito che la fornitura di calore può costituire un’attività economica, si porrebbe allora la questione se il calore sia o meno fornito a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2 della direttiva IVA. Non avendo alcuna conoscenza delle modalità di pagamento o di fatturazione convenute tra la ricorrente e i proprietari, non posso che fornire alcune indicazioni, in realtà piuttosto vaghe, sui criteri che possono essere pertinenti per il giudice nazionale.

63.      In primo luogo, a seconda del tipo di compenso e di fatturazione, è probabile che esista un certo nesso di causalità con il corrispettivo versato(31), a meno che, naturalmente, la ricorrente non si ritrovi nello scenario alquanto improbabile in cui i proprietari non paghino assolutamente niente per il calore loro fornito.

64.      In secondo luogo, esiste un «rapporto giuridico» che comporta uno scambio strutturato di prestazioni dietro corrispettivo? Siffatto «rapporto giuridico» presuppone non solo una «comune volontà», ma anche un «vantaggio» proporzionato per il pagatore (32). Ciò significa, nel caso di specie, quanto segue.

65.      Per sua stessa natura, la ricorrente non agisce nell’interesse o sotto la direzione di un singolo proprietario. Nel fornire calore per il riscaldamento delle parti comuni dell’immobile, la ricorrente può svolgere le sue funzioni a vantaggio e nell’interesse comune dell’immobile nel suo complesso. Il corrispettivo percepito per lo svolgimento delle sue attività (come la fornitura di calore) è privo di qualsiasi concreta correlazione con il «vantaggio» proporzionato alla singola quota che il proprietario detiene nel «corrispettivo» complessivo fornito per tale operazione (33). Qualsiasi «vantaggio» ricevuto dal singolo proprietario deriverebbe indirettamente dal vantaggio ai proprietari collettivamente intesi, anche se non si può escludere che alcuni proprietari, in talune circostanze, possano beneficiare in misura maggiore della fornitura di calore rispetto ad altri (34).

66.      In altri termini, il «vantaggio» individuale è quindi non sufficientemente proporzionato al pagamento versato. Ciò rende il nesso tra il corrispettivo fornito e l’operazione ricevuta insufficientemente diretto perché esso rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA (35).

67.      È vero che, almeno secondo il diritto tedesco, e salvo verifica da parte del giudice del rinvio, i proprietari sono giuridicamente obbligati a coprire la loro quota di oneri e spese complessivi sostenuti dalla ricorrente (36). Tuttavia, non ritengo che l’esistenza di un obbligo giuridico di diventare parte di un’entità distinta (come nella causa Apple and Pear Development Council), o, in realtà, l’obbligo di pagare la propria quota proporzionale delle spese complessive di tale organismo (come sarebbe richiesto nel caso di specie in forza del diritto tedesco applicabile), sia determinante ai fini dell’esistenza o meno di una «proporzionalità del vantaggio». È vero che, a tutti gli effetti, la mancanza di controllo e l’assenza di elementi consensuali può essere considerata un «indizio» del fatto che l’operazione non costituisce «in effetti un pagamento per una determinata attività» (37), ma non caratterizza il rapporto tra l’attività di cui trattasi e il pagamento effettuato.

68.      Per questo motivo, a mio avviso, la fornitura di calore secondo il primo scenario, se destinata alle parti comuni dell’immobile, può anche essere priva della «proporzionalità del vantaggio» se i proprietari non erano giuridicamente obbligati a coprire gli oneri e le spese sostenuti dalla ricorrente. In tali circostanze, la fornitura di calore servirebbe all’interesse comune dei proprietari e non sarebbe quindi effettuata «a titolo oneroso» nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA.

69.      Pertanto, se fossero queste le circostanze di fatto del caso di specie, sarei del parere che la direttiva IVA non osti all’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG. Infatti, in tale fattispecie, ed entro tali limiti, l’articolo 4, paragrafo 13 dell’UStG potrebbe essere considerato come una mera precisazione nel diritto nazionale di un’attività in ogni caso non soggetta all’IVA.

2.      Scenario 2: riscaldamento delle aree ad uso individuale

70.      Nel secondo scenario la ricorrente fornisce calore ai proprietari individualmente, per loro uso personale all’interno delle proprie unità immobiliari. Tale fornitura viene quindi prestata nell’interesse individuale del proprietario. Il calore non viene consumato nelle parti comuni dell’immobile. I proprietari pagano la ricorrente direttamente o indirettamente.

71.      In tale scenario il criterio della «nesso di causalità», ai fini dell’esistenza del corrispettivo, può essere dimostrato, a maggior ragione che nel primo scenario. Infatti, mentre si possono immaginare diversi tipi di tariffa forfettaria, di somma forfettaria o altri tipi di pagamenti ibridi possibili, quando ciascun proprietario versa regolarmente la propria quota per il riscaldamento delle parti comuni, è piuttosto difficile immaginare che le stesse modalità siano anche applicabili a ciò che è essenzialmente consumo privato.

72.      Ciò detto, a mio avviso, il fattore di distinzione dello scenario 2 è l’esistenza di un «vantaggio» proporzionato per il singolo proprietario. Infatti, se i proprietari ricevono la fornitura di calore per il loro uso individuale e perciò versano un compenso alla ricorrente, il compenso versato è destinato a un’attività che procura un vantaggio sufficientemente diretto e proporzionato al proprietario. Non intendo certamente affermare che un vantaggio debba essere proporzionato al valore monetario del pagamento effettuato. La direttiva IVA non controlla le decisioni economiche errate. Si tratta piuttosto di accertare se il vantaggio ricevuto sia sufficientemente diretto per essere realizzato «a titolo oneroso» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA. Se sì, esso sarà fornito «a titolo oneroso» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA.

73.      Tali conclusioni valgono indipendentemente dalla modalità di pagamento. Chiaramente, quando la fornitura di calore è compensata mediante un pagamento diretto destinato a coprire una specifica fattura, non vi è dubbio che essa sarà proporzionata al vantaggio ottenuto da tale calore. Si può cambiare il modo di versare il compenso, ma tale conclusione rimane probabilmente immutata. Un’operazione di fornitura di calore compensata indirettamente dal proprietario, ad esempio, mediante il pagamento di una tariffa forfettaria periodica, resta proporzionata al vantaggio ricevuto, ed è quindi «a titolo oneroso», in quanto copre, almeno in parte, un’attività svolta per il vantaggio individuale del proprietario.

74.      Come dimostrato delle sentenze Kennemer Golf e Le Rayon d’Or, ciò vale anche se non è possibile collegare la somma ad ogni uso personale del calore (38). L’elemento di «proporzionalità della prestazione» è quindi presente anche in un’operazione in cui sono sostenute «spese miste». Vale a dire in una situazione in cui la ricorrente esercita una serie di attività per i proprietari collettivamente e, inoltre, fornisce calore ai proprietari individualmente. Nel caso di specie, almeno una parte del compenso fornito è destinato a coprire una spesa individuale. L’operazione diviene quindi parzialmente proporzionata e, in tale misura, «a titolo oneroso» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA e soggetta all’IVA.

75.      In tali circostanze, l’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG esenterebbe un’operazione dall’obbligo ordinario di pagamento dell’IVA in Germania, mentre la stessa operazione sarebbe soggetta all’IVA in altri Stati membri, o forse anche nella stessa Germania (39), in violazione del principio di neutralità fiscale (40). La direttiva IVA osterebbe quindi a che l’articolo 4, paragrafo 13, dell’UStG esenti la fornitura di calore dall’IVA.

76.      Alla luce di quanto precede, spetta al giudice nazionale valutare i dettagli dell’accordo tra la ricorrente e i proprietari, tenendo debitamente conto delle precedenti considerazioni relative alla «proporzionalità del vantaggio» dei pagamenti eventualmente effettuati per la fornitura di calore. Qualora esista un elemento di proporzionalità nell’operazione di cui è investito il giudice del rinvio, l’elemento «a titolo oneroso» di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA può essere soddisfatto e l’operazione diviene, in tale misura, soggetta all’IVA.

V.      Conclusione

77.      Propongo alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal Finanzgericht Baden-Württemberg (Tribunale tributario del Baden-Württemberg, Germania) nei seguenti termini:

La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a disposizioni nazionali che esentano dall’imposta sul valore aggiunto la fornitura di calore, da parte di un’associazione di proprietari di beni immobili, a tali proprietari, nei limiti in cui il compenso percepito dall’associazione come corrispettivo della fornitura di calore tenga conto unicamente degli oneri e delle spese sostenuti per la fornitura di calore alle parti comuni del bene immobile.

Per contro, la direttiva 2006/112/CE deve essere interpretata nel senso che osta alle stesse disposizioni del diritto nazionale, nei limiti in cui il compenso percepito dall’associazione a fronte della fornitura di calore tenga conto, in tutto o in parte, della fornitura di calore alle parti del bene immobile di proprietà individuale.

Spetta al giudice del rinvio verificare in quali circostanze sia versato un compenso per la fornitura di calore nell’ambito del procedimento principale.


1      1 – Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


3      Il considerando 7 della direttiva IVA evoca la necessità, per il sistema comune dell’IVA, di «portare (...) ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza». V. anche sentenza del 3 maggio 2001, Commissione/Francia (C-481/98, EU:C:2001:237, punto 22).


4      Sentenze del 5 febbraio 1981, Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats (154/80, EU:C:1981:38, punto 14), e del 1° aprile 1982, Hong-Kong Trade Development Council (89/81, EU:C:1982:121, punto 10). Come ho suggerito in altra sede, senza conoscere l’elemento del titolo oneroso, non si può presumere la presenza di un qualsiasi elemento di corrispettivo per una «cessione di beni». V. le mie conclusioni presentate nella causa Gmina Wrocław (C-665/16, EU:C:2018:112, paragrafo 57).


5      V. giurisprudenza citata supra alla nota 4.


6      V. sentenza del 13 giugno 2018, Gmina Wrocław (C-665/16, EU:C:2018:431, punto 43).


7      V., ad esempio, sentenza del 3 luglio 2019, The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge (C-316/18, EU:C:2019:559, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).


8      V. sentenza del 5 febbraio 1981, Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats (154/80, EU:C:1981:38, punto 12).


9      V. sentenze del 3 marzo 1994, Tolsma (C--16/93, EU:C:1994:80, punto 17),e del 10 novembre 2016, Baštová (C-432/15, EU:C:2016:855, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


10      Sentenza dell’8 marzo 1988, Apple and Pear Development Council (102/86, EU:C:1988:120, punto 14).


11      Ibidem, punto 14.


12      Sentenza del 29 ottobre 2009, Commissione/Finlandia (C-246/08, EU:C:2009:671, punti da 50 a 51).


13      Sentenza del 3 marzo 1994, Tolsma (C-16/93, EU:C:1994:80, punto 17).


14      Sentenze del 21 marzo 2002, Kennemer Golf (C-174/00, EU:C:2002:200, punti da 40 a 42), e del 27 marzo 2014, Le Rayon d’Or (C-151/13, EU:C:2014:185, punto 37).


15      Come rilevato da Terra e da Kajus, ai fini della direttiva IVA, ciò significa che il «venditore ambulante di satay di Djarkarta» è considerato un soggetto passivo nello stesso senso di un «grande magazzino di Amsterdam». V. Terra, B.J.M., e Kajus, J., Introduction to European VAT, IBFD Publications 2018, pag. 371.


16       V., in particolare, sentenze del 5 luglio 2018, Marle Participations (C-320/17, EU:C:2018:537, punto 22), e del 10 aprile 2019, PSM ‘K’ (C-214/18, EU:C:2019:301, punti da 41 a 42).


17      Illustrati nei dettagli in precedenza, ai paragrafi da 22 a 30 delle presenti conclusioni.


18      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Posnania Investment (C-36/16, EU:C:2017:134, paragrafo 25).


19      La natura economica di tali attività può essere ulteriormente sottolineata da un esperimento mentale: tali attività sarebbero e potrebbero essere fornite da un’entità (assunta esternamente) (diversa dalla ricorrente) a titolo normalmente oneroso? La risposta a tale domanda deve essere affermativa: certamente il calore può essere (e spesso è) fornito da una società esterna a titolo oneroso, come avviene nel caso dell’assunzione di una società per la riparazione di un ascensore guasto all’interno della casa.


20      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).


21      Secondo costante giurisprudenza della Corte, ai termini di una disposizione di diritto dell’Unione che non contiene alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri deve di regola essere data un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi [v., ad esempio, sentenza del 16 novembre 2017, Kozuba Premium Selection (C-308/16, EU:C:2017:869, punto 38 e giurisprudenza ivi citata)].


22      V., più di recente, sentenza del 2 luglio 2020, Blackrock Investment Management (UK) (C-231/19, EU:C:2020:513, punto 22).


23      V. sentenza del 19 dicembre 2018, Mailat (C-17/18, EU:C:2018:1038, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


24      V. sentenza del 18 gennaio 2018, Stadion Amsterdam (C-463/16, EU:C:2018:22, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


25      V., in tal senso, sentenze del 25 febbraio 1999, CPP (C-349/96, EU:C:1999:93, punti da 7 a 10 e 31), del 27 settembre 2012, Field Fisher Waterhouse (C-392/11, EU:C:2012:597, punto 23), del 27 giugno 2013, RR Donnelley Global Turnkey Solutions Poland (C-155/12, EU:C:2013:434, punto 24), e del 19 dicembre 2018, Mailat (C-17/18, EU:C:2018:1038, punto 40).


26      V., analogamente, sentenza del 6 maggio 2010, Commissione/Francia (C-94/09, EU:C:2010:253, punto 34).


27      Sentenza del 4 ottobre 2001, ‘Goed Wonen’ (C-326/99, EU:C:2001:506, punto 52), e del 28 febbraio 2019, Sequeira Mesquita (C-278/18, EU:C:2019:160, punto 19). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak in RLRE Tellmer Property (C-572/07, EU:C:2008:697, paragrafo 32).


28      Sentenza del 16 aprile 2015, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie (C-42/14, EU:C:2015:229, punto 47).


29      V., in particolare, sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle (C-545/11, EU:C:2013:169, punto 52).


30      V. sentenza del 17 ottobre 1996, Denkavit e a. (C-283/94, C-291/94 e C-292/94, EU:C:1996:387, punto 29).


31      Come è stato esposto supra, i paragrafi da 26 a 30 delle presenti conclusioni.


32      Come è stato esposto supra, i paragrafi da 34 a 39 delle presenti conclusioni.


33       V. anche sentenza del 3 marzo 1994, Tolsma (C-16/93, EU:C:1994:80, punto 14), in cui ciò è definito come la mancanza di uno «scambio di reciproche prestazioni».


34       Lo scenario principale in questo caso sarebbe quello di un giardino comune ben curato al piano terra, di cui beneficerebbe indirettamente il proprietario di un appartamento al pianterreno in misura maggiore rispetto al proprietario di un appartamento all’ultimo piano. V., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 1988, Apple and Pear Development Council (102/86, EU:C:1988:120, punto 14).


35      In tal senso, infatti, conformemente alla decisione del Conseil d’État (Consiglio di Stato) del 7 dicembre 2001 nella causa n. 212273, ECLI:FR:CEORD:2001:212273.20011207, citata dal giudice del rinvio.


36      Deduco tale interpretazione dall’articolo 16, paragrafo 2, del Wohnungseigentumsgesetz (legge sulla proprietà di appartamenti e sul diritto di residenza permanente).


37       Conclusioni dell’avvocato generale Slynn nella causa Apple and Pear Development Council (102/86, non pubblicate, EU:C:1987:466, pag. 1461).


38      V., in particolare, sentenze del 21 marzo 2002, Kennemer Golf (C-174/00, EU:C:2002:200, punto 40), e del 27 marzo 2014, Le Rayon d’Or (C-151/13, EU:C:2014:185, punto 37).


39      Allo stesso modo, il consumo individuale di calore (o di energia elettrica o di acqua, a tale titolo) nei singoli appartamenti di proprietà o in locazione è normalmente fornito da terzi ed è soggetto all’IVA. Infatti, solo nella costellazione di fatti alquanto singolare del caso di specie un’associazione di proprietari inizia apparentemente, al di là delle sue normali funzioni (comuni), a prestare anche altre forniture commerciali, in realtà (individualizzate), creando così effettivamente una dissonanza tra la sua natura giuridica generalmente dichiarata, da un lato, e l’attività specifica, effettivamente economica, dall’altro.


40      V., ad esempio, sentenza del 19 dicembre 2019, SeglerVereinigung Cuxhaven (C-715/18, EU:C:2019:1138, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).