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Causa C-487/08

Commissione europea

contro

Regno di Spagna

«Inadempimento di uno Stato — Libera circolazione dei capitali — Artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE — Differenza di trattamento — Dividendi distribuiti a società residenti e a società non residenti»

Massime della sentenza

Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sulle società — Tassazione dei dividendi

(Art. 56, n. 1, CE)

Viene meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 56, n. 1, CE lo Stato membro che subordini l’esenzione dei dividendi distribuiti da società residenti in tale Stato membro ad un livello di partecipazione delle società beneficiarie al capitale delle società distributrici superiore per le società beneficiarie residenti in un altro Stato membro rispetto alle società beneficiarie residenti in tale Stato membro.

Infatti, una disparità di trattamento di questo tipo può dissuadere le società stabilite in altri Stati membri dall’effettuare investimenti nello Stato membro di cui trattasi e costituisce, di conseguenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 56, n. 1, CE.

Siffatta disparità di trattamento non può essere giustificata dalla diversa situazione delle società residenti e delle società residenti in un altro Stato membro. Certamente, con riguardo ai provvedimenti adottati da uno Stato membro al fine di prevenire o attenuare l’imposizione a catena ovvero la doppia imposizione economica di utili distribuiti da una società residente, gli azionisti beneficiari residenti non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella di azionisti beneficiari che risiedono in un altro Stato membro. Tuttavia, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o per via convenzionale, assoggetti all’imposta sul reddito non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione di tali azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti. È infatti il solo esercizio della competenza tributaria da parte di questo stesso Stato a generare, indipendentemente da ogni imposizione in un altro Stato membro, un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In un caso siffatto, affinché i beneficiari non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali vietata, in via di principio, dall’art. 56 CE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, i non residenti siano assoggettati ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano i residenti. Orbene, applicando la citata normativa, uno Stato membro sceglie di esercitare la sua competenza tributaria sui dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri. Le società non residenti beneficiarie di tali dividendi si trovano, di conseguenza, in una situazione analoga a quella delle società residenti per quanto riguarda il rischio di imposizione a catena dei dividendi distribuiti dalle società residenti, ragion per cui le società beneficiarie non residenti non possono essere trattate diversamente dalle società beneficiarie residenti.

Del resto, sebbene le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte dei diversi Stati membri delle loro competenze tributarie, se e in quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscano restrizioni vietate dal Trattato, ciò non si verifica tuttavia se il trattamento svantaggioso dei dividendi distribuiti alle società beneficiarie residenti in un altro Stato membro deriva dal solo esercizio, da parte dello Stato di residenza della società distributrice, della sua competenza tributaria ed è pertanto imputabile a quest’ultimo.

Inoltre, tale disparità di trattamento non è rimessa in discussione dall’applicazione di convenzioni contro la doppia imposizione. È certamente vero che non può escludersi che uno Stato membro garantisca il rispetto dei suoi obblighi derivanti dal Trattato stipulando una convenzione contro la doppia imposizione con un altro Stato membro. A tal fine è tuttavia necessario che l’applicazione di una tale convenzione permetta di compensare gli effetti della disparità di trattamento derivante dalla normativa nazionale. Infatti, solo nell’ipotesi in cui l’imposta trattenuta alla fonte, in applicazione della normativa nazionale, possa essere detratta dall’imposta, dovuta nell’altro Stato membro, per un ammontare pari alla differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale, la disparità di trattamento tra i dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri e i dividendi distribuiti alle società residenti scompare. Al fine di raggiungere tale obiettivo di neutralizzazione, l’applicazione di un metodo di detrazione previsto in convenzioni contro la doppia imposizione dovrebbe quindi consentire che l’imposta sui dividendi prelevata da uno Stato membro sia interamente detratta dall’imposta dovuta nello Stato di residenza della società beneficiaria, in modo che, se i dividendi percepiti da detta società fossero alla fine tassati in maniera più onerosa rispetto ai dividendi versati alle società residenti del primo Stato membro, tale maggior onere fiscale non potrebbe più essere imputato a tale Stato, bensì allo Stato di residenza della società beneficiaria che ha esercitato il suo potere impositivo.

A tale proposito, se la maggior parte delle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione concluse da uno Stato membro prevede che l’importo detratto o imputato a titolo dell’imposta prelevata in tale Stato non possa eccedere la frazione dell’imposta dello Stato membro di residenza della società beneficiaria, calcolata prima della detrazione, corrispondente ai redditi imponibili nel primo Stato, la disparità di trattamento può essere neutralizzata solo se i dividendi provenienti dallo Stato membro di cui trattasi sono sufficientemente tassati nell’altro Stato membro. Orbene, se tali dividendi non sono tassati o se non lo sono a sufficienza, la somma dell’imposta prelevata nello Stato membro di cui è causa o una frazione di essa non può essere detratta. In tal caso, la disparità di trattamento derivante dall’applicazione della normativa nazionale non può essere compensata dall’applicazione delle previsioni di una convenzione contro la doppia imposizione. Tale constatazione può essere svolta anche quando una convenzione del genere non preveda la limitazione della detrazione alla frazione dell’imposta dello Stato membro di residenza della società beneficiaria, calcolata prima della detrazione, corrispondente ai redditi imponibili nello Stato di residenza della società distributrice, bensì precisi che l’imposta prelevata in tale Stato è detratta dall’imposta relativa a tali redditi nello Stato di residenza della società beneficiaria. Infatti, se tali dividendi non sono tassati o se non lo sono a sufficienza, la somma prelevata nello Stato di residenza della società distributrice o una frazione di essa non può essere detratta. Orbene, la scelta di tassare nell’altro Stato membro i redditi provenienti dallo Stato di residenza della società distributrice o il livello di tassazione degli stessi non dipende da quest’ultimo Stato, ma dalle modalità di imposizione definite dall’altro Stato membro. Pertanto, la detrazione dell’imposta riscossa dall’imposta dovuta nell’altro Stato membro, in applicazione delle disposizioni delle convenzioni contro la doppia imposizione, non consente di compensare in tutti i casi la disparità di trattamento derivante dall’applicazione della normativa nazionale.

(v. punti 43, 50-53, 56, 64, 67, 69 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

3 giugno 2010 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Libera circolazione dei capitali – Artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE – Disparità di trattamento – Dividendi distribuiti a società residenti e a società non residenti»

Nella causa C-487/08,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto l’11 novembre 2008,

Commissione europea, rappresentata dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra I. Martinez del Peral, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente,

convenuto,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. E. Levits (relatore), A. Borg Barthet, J.-J. Kasel e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che il Regno di Spagna, avendo applicato trattamenti differenti ai dividendi distribuiti agli azionisti residenti e a quelli distribuiti agli azionisti non residenti, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»).

 Contesto normativo

 L’accordo SEE

2        L’art. 40 dell’accordo SEE così dispone:

«Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono fra le Parti contraenti restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri della [Comunità europea] o negli Stati dell’[Associazione europea di libero scambio (EFTA)] né discriminazioni di trattamento fondate sulla nazionalità o sulla residenza delle parti o sul luogo del collocamento dei capitali. L’allegato XII contiene le disposizioni necessarie ai fini dell’applicazione del presente articolo».

 Il diritto dell’Unione

3        Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 2003, 2003/123/CE (GU 2004, L 7, pag. 41; in prosieguo: la «direttiva 90/435»):

«Quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione:

–        si astengono dal sottoporre tali utili ad imposizione, o

–        li sottopongono ad imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta».

4        L’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 dispone quanto segue:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

 Normativa nazionale

5        Conformemente all’art. 30, n. 2, del testo consolidato della legge relativa all’imposta sulle società (Ley del Impuesto sobre Sociedades), adottato dal regio decreto legge 5 marzo 2004, n. 4 (BOE n. 61, dell’11 marzo 2004, pag. 10951; in prosieguo: la «legge sulla tassazione delle società»), una società residente che ha detenuto per un periodo continuativo di almeno un anno una partecipazione, diretta o indiretta, pari o superiore al 5% nel capitale di un’altra società residente può dedurre dal suo reddito imponibile l’intero importo lordo percepito.

6        I dividendi cui si riferisce l’art. 30, n. 2, della legge sulla tassazione delle società sono esentati dalla ritenuta alla fonte, conformemente all’art. 140, n. 4, lett. d), di tale legge.

7        L’art. 14, n. 1, del testo consolidato della legge relativa all’imposta sul reddito delle società non residenti (Ley del Impuesto sobre la Renta de no Residentes), adottato con regio decreto legge 5 marzo 2004, n. 5 (BOE n. 62, del 12 marzo 2004, pag. 11176), come modificato dalla legge 18 novembre 2005, n. 22 (BOE n. 277, del 19 novembre 2005, pag. 37821; in prosieguo: la «legge sulla tassazione delle società non residenti»), prevede quanto segue:

«Sono esenti da imposta i seguenti redditi:

(…)

h)      Gli utili distribuiti da società controllate residenti sul territorio spagnolo alle loro controllanti stabilite in altri Stati membri dell’Unione europea o alle stabili organizzazioni di queste ultime situate in altri Stati membri, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:

1.      La società madre e la controllata sono assoggettate, e non esenti, in uno Stato membro dell’Unione europea, ad una delle imposte sugli utili delle persone giuridiche di cui all’art. 2, [n. 1, lett.] c), della direttiva 90/435 (...), e le stabili organizzazioni sono soggette ad imposta, e non esenti, nello Stato in cui hanno la propria sede.

2.      La distribuzione degli utili non risulta dalla liquidazione della società controllata.

3.      La società madre e la controllata assumono una delle forme giuridiche previste dall’allegato alla direttiva 90/435 (...).

Per “società madre” si intende una società che detiene nel capitale di un’altra società una partecipazione diretta pari almeno al 20%; la seconda società è quindi considerata come controllata della prima. Tale percentuale sarà ricondotta al 15% a decorrere dal 1° gennaio 2007 e al 10% a partire dal 1° gennaio 2009.

La predetta partecipazione deve essere stata detenuta per un periodo continuativo nell’anno precedente il giorno in cui l’utile distribuito diventa esigibile. In mancanza, essa deve essere mantenuta per tutto il tempo necessario per completare l’anno richiesto. In questo secondo caso, l’imposta percepita è rimborsata una volta raggiunta la durata della detenzione richiesta.

(…).

Indipendentemente da quanto precede, il Ministro dell’Economia e delle Finanze può dichiarare, con riserva di trattamento reciproco, che la lett. h) si applichi alle società controllate che assumono una forma giuridica diversa da quelle previste dall’allegato alla direttiva [90/435] nonché ai dividendi distribuiti ad una società madre che detiene nel capitale di una controllata avente sede in Spagna una partecipazione diretta di almeno il 10%, purché siano soddisfatte le altre condizioni di cui a detta lett. h)».

8        Le altre società non residenti che detengono una partecipazione nel capitale di una società residente sono soggette all’imposta sui dividendi versati da quest’ultima.

 Fase precontenziosa del procedimento

9        Il 18 ottobre 2005 la Commissione ha inviato al Regno di Spagna una lettera di diffida, facendo valere che la legislazione spagnola di cui trattasi, laddove richiede alle società non residenti una soglia di partecipazione superiore a quella imposta alle società residenti onde beneficiare dell’esenzione fiscale dei dividendi, potrebbe essere incompatibile con gli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE.

10      Il Regno di Spagna ha risposto con lettera 3 gennaio 2006, sostenendo, in particolare, che la prevenzione della doppia imposizione economica incombeva allo Stato membro di residenza e che la legislazione spagnola in esame non accresce la pressione fiscale sui dividendi distribuiti a società non residenti, poiché, al fine di valutare la pressione fiscale gravante su un investimento, occorre tenere conto dell’imposizione definitiva dell’operazione nel suo insieme.

11      Non avendo giudicato soddisfacente la risposta del Regno di Spagna, in data 13 luglio 2006 la Commissione ha emesso un parere motivato, invitando tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro un termine di due mesi dal suo ricevimento.

12      Il Regno di Spagna ha risposto a detto parere con lettera 4 ottobre 2006, negando qualunque discriminazione o restrizione alla libera circolazione dei capitali. La Commissione, non soddisfatta di una siffatta risposta, ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

13      La Commissione fa valere che, subordinando l’esenzione dei dividendi distribuiti da società residenti in Spagna ad un livello di partecipazione delle società beneficiarie al capitale delle società distributrici superiore per le società beneficiarie non residenti, pari cioè al 20%, rispetto alle società beneficiarie residenti, per le quali tale livello è pari al 5%, la legislazione spagnola di cui trattasi viola gli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE.

14      Il Regno di Spagna opererebbe una disparità di trattamento discriminatoria a danno delle società non residenti rispetto alle società residenti. Infatti, qualora la partecipazione della società beneficiaria residente nella società distributrice raggiunga il 5%, i dividendi che le sono distribuiti sarebbero esenti da imposta, mentre, nel caso di una società beneficiaria non residente, l’esenzione si applicherebbe solo se venisse raggiunta la soglia di partecipazione del 20%.

15      Secondo la Commissione, la giurisprudenza derivante dalla sentenza 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta (Racc. pag. I-9569), nella quale la Corte ha dichiarato che, riguardo alle partecipazioni che non rientrano nella direttiva 90/435, gli artt. 56 CE e 58 CE ostano a che una ritenuta alla fonte venga applicata ai dividendi distribuiti alle società non residenti, pur esonerando da tale ritenuta i dividendi versati alle società residenti, è pienamente trasponibile alla situazione che costituisce l’oggetto del presente ricorso ed è sufficiente ad assicurarne la fondatezza.

16      Inoltre, una simile disparità di trattamento potrebbe dissuadere gli investitori non residenti dall’investire nel capitale delle società residenti in Spagna, e ciò anche se essi potessero beneficiare delle detrazioni previste dal diritto interno del loro Stato o da una convenzione volta ad evitare la doppia imposizione.

17      Benché la Corte abbia dichiarato nella citata sentenza Amurta che non può escludersi che uno Stato membro garantisca il rispetto dei suoi obblighi derivanti dal Trattato CE stipulando una convenzione volta ad evitare la doppia imposizione con un altro Stato membro, dalla sentenza della Corte dell’EFTA 23 novembre 2004, causa E-1/04, Fokus Bank (EFTA Court Report, pag. 15, punti 37 e 38) risulta, a parere della Commissione, che lo Stato della fonte del reddito non può giustificare un trattamento discriminatorio anche concludendo una convenzione che conceda un vantaggio fiscale nello Stato di residenza. Uno Stato membro non può trasferire il suo obbligo di rispettare quanto impostagli dal Trattato ad un altro Stato membro e rimettersi a quest’ultimo per ovviare alla discriminazione.

18      Anche ammettendo che una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione sia idonea a neutralizzare un trattamento discriminatorio effettuato da uno Stato membro, non si avrebbe nella fattispecie una simile neutralizzazione. Infatti, le convenzioni concluse dal Regno di Spagna non garantirebbero il recupero dell’intera imposta versata in tale Stato membro, in particolare a motivo dell’esenzione applicata frequentemente dallo Stato di residenza della società beneficiaria ai dividendi in generale o a quelli provenienti da altri Stati membri, rendendo impossibile il recupero dell’imposta versata in Spagna.

19      In ogni caso, uno Stato membro non può invocare l’esistenza di un vantaggio concesso unilateralmente da un altro Stato membro per sottrarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato (v. citata sentenza Amurta, punto 78). Pertanto, il Regno di Spagna non potrebbe in alcun caso avvalersi dell’esenzione dei dividendi provenienti da altri Stati membri concessa unilateralmente dalla Repubblica di Cipro, non avendo esso concluso con tale Stato membro alcuna convenzione contro la doppia imposizione.

20      Il Regno di Spagna non potrebbe nemmeno invocare l’argomento in base al quale spetta allo Stato di residenza eliminare la doppia imposizione giuridica. Infatti, anche se occorre distinguere la competenza dello Stato della fonte del reddito da quella dello Stato di residenza, nessuno dei due Stati può esercitare tale competenza in modo discriminatorio.

21      Il Regno di Spagna contesta l’inosservanza addebitatagli degli artt. 56 CE e 40 dell’accordo SEE.

22      Detto Stato membro fa valere, in primo luogo, che non sono paragonabili le situazioni disciplinate dall’art. 14, n. 1, lett. h), della legge sulla tassazione delle società non residenti, applicabile alla distribuzione di dividendi da parte di società aventi sede in Spagna a società con sede in un altro Stato membro, e gli artt. 30, n. 2, e 140, n. 4, lett. d), della legge sulla tassazione delle società, applicabili ai dividendi distribuiti tra società stabilite in Spagna.

23      Infatti, ancorché per i dividendi distribuiti alle società con sede in Spagna il combinato disposto degli artt. 30, n. 2, e 140, n. 4, lett. d), della legge sulla tassazione delle società intenda prevenire la doppia imposizione interna, non spetta al Regno di Spagna, in quanto Stato in cui è prodotto il reddito e che dispone, conformemente alle norme di diritto tributario internazionale generalmente accettate, della priorità d’imposizione di un reddito siffatto, prevenire la doppia imposizione internazionale dei dividendi versati alle società non residenti. Tale compito spetterebbe allo Stato di residenza della società beneficiaria dei dividendi.

24      La Corte, in particolare, avrebbe confermato nelle sue sentenze 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (Racc. pag. I-11673, punto 58), e 22 dicembre 2008, causa C-282/07, Truck Center (Racc. pag. I-10767, punto 42), la distinzione tra le competenze dello Stato di residenza della società beneficiaria e quelle dello Stato della fonte dei dividendi. Del pari, l’art. 4, n. 1, della direttiva 90/435 obbligherebbe lo Stato membro di residenza della società madre, la quale percepisce i benefici distribuiti da una controllata con sede in un altro Stato membro, a prevenire la doppia imposizione.

25      In secondo luogo, il Regno di Spagna afferma che la legislazione spagnola di cui trattasi non comporta un trattamento sfavorevole delle società non residenti, poiché si deve considerare l’imposizione definitiva dell’operazione nel suo insieme. Orbene, quest’ultima dipenderebbe dal fatto di considerare l’imposta versata sui dividendi nell’ambito dell’imposta da assolvere nello Stato di residenza della società beneficiaria nonché dal meccanismo dell’eliminazione della doppia imposizione. Anche se la legislazione spagnola concedesse un trattamento fiscale identico ai dividendi percepiti dalle società residenti e dalle società non residenti, non sarebbe garantita una tassazione finale identica dei dividendi. Pertanto, la legislazione spagnola di cui trattasi non condurrebbe, di per sé, alla tassazione più elevata dei dividendi versati alle società non residenti e non assoggetterebbe queste ultime ad un trattamento discriminatorio.

26      Inoltre, dato che il Regno di Spagna intende prevenire, tramite un’esenzione, l’imposizione a catena dei dividendi percepiti dalle società residenti, tale Stato membro avrebbe anche previsto lo stesso vantaggio nelle convenzioni contro la doppia imposizione da esso concluse per quanto riguarda i dividendi percepiti dalle società non residenti. Infatti, il Regno di Spagna avrebbe concluso accordi volti ad evitare la doppia imposizione attraverso un metodo di detrazione, i quali, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, erano in vigore in tutti gli Stati membri, ad eccezione della Repubblica di Cipro, e in tutti gli Stati dell’EFTA con i quali sussistono scambi d’informazioni.

27      Se una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione, quale la convenzione conclusa con il Regno dei Paesi Bassi, non consente di neutralizzare la tassazione realizzata dal Regno di Spagna, non avendo il Regno dei Paesi Bassi attuato un regime di esenzione dei dividendi, ciò è dovuto all’esercizio parallelo delle potestà tributarie dei due Stati membri. Orbene, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le conseguenze svantaggiose risultanti dalle disparità tra le normative degli Stati membri non possono essere criticate, per tale motivo, dal diritto dell’Unione (sentenze 14 novembre 2006, causa C-513/04, Kerckhaert e Morres, Racc. pag. I-10967, punto 20, nonché 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punto 43).

28      Riguardo alla Repubblica di Cipro, con la quale i negoziati relativi alla conclusione di una convenzione contro la doppia imposizione sono in una fase avanzata, tale Stato membro prevede nella propria legislazione interna un’esenzione generale dei dividendi provenienti da altri Stati membri in modo da escludere la doppia imposizione.

29      In terzo luogo, la giurisprudenza risultante dalle citate sentenze Amurta e Fokus Bank non sarebbe applicabile nella fattispecie nel senso invocato dalla Commissione.

30      Per quanto concerne, in particolare, la citata sentenza Amurta, dai punti 79 e 80 di quest’ultima risulterebbe che, nonostante una disparità di trattamento, una restrizione alla libera circolazione dei capitali non si produrrebbe nel caso in cui gli effetti della tassazione dei dividendi da parte dello Stato della fonte dei redditi siano neutralizzati nello Stato di residenza della società beneficiaria. Orbene, i meccanismi contenuti nelle convenzioni contro la doppia imposizione concluse dal Regno di Spagna neutralizzerebbero gli effetti della tassazione dei dividendi effettuata in Spagna e non dovrebbero essere qualificati come vantaggi fiscali effettivamente o eventualmente esistenti in altri Stati membri.

31      Non si potrebbe nemmeno affermare che la conclusione di una convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione presupponga il trasferimento allo Stato membro contraente dell’obbligo di osservare gli obblighi imposti dal Trattato, poiché si tratta di un accordo tra due Stati membri riguardante la ripartizione delle loro rispettive competenze tributarie e che è volto ad eliminare la doppia imposizione. Orbene, spetta agli Stati membri adottare le misure necessarie per prevenire le doppie imposizioni utilizzando, in particolare, i criteri di ripartizione seguiti nella prassi fiscale internazionale.

32      Riguardo alla citata sentenza Fokus Bank, quest’ultima non può essere intesa nel senso che lo Stato della fonte non possa, in linea di principio, invocare le disposizioni di una convenzione contro la doppia imposizione per ridurre la doppia tassazione imposta da detto Stato, poiché un’interpretazione siffatta è contraria alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla predetta sentenza Amurta sulla base della quale la Commissione ha fondato il proprio ricorso.

33      In quarto luogo, il rifiuto di prendere in considerazione le convenzioni volte ad evitare la doppia imposizione metterebbe in discussione la potestà tributaria del Regno di Spagna quanto alla tassazione dei dividendi distribuiti a società non residenti.

 Giudizio della Corte

34      In via preliminare occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la sussistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6129, punto 7; 14 aprile 2005, causa C-519/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-3067, punto 18, e 6 ottobre 2009, causa C-562/07, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-9553, punto 23).

35      Nella fattispecie, questo termine è scaduto due mesi dopo il ricevimento da parte del Regno di Spagna del parere motivato inviatogli il 13 luglio 2006 e, conformemente ad una giurisprudenza costante, la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenza 14 luglio 2005, causa C-135/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6909, punto 31).

36      Pertanto, non rileva nel caso di specie la circostanza che, ai sensi dell’art. 14, n. 1, lett. h), punto 3, secondo comma, della legge sulla tassazione delle società non residenti, la percentuale di partecipazione richiesta nel capitale della società distributrice sia stata ricondotta al 15% a decorrere dal 1° gennaio 2007 e al 10% a partire dal 1° gennaio 2009.

 Sulla violazione dell’art. 56, n. 1, CE

37      Si deve rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 36; Amurta, cit., punto 16, e 19 novembre 2009, causa C-540/07, Commissione/Italia, Racc. pag. I-10983, punto 28).

38      Va altresì rilevato che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione a livello dell’Unione, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, in particolare, al fine di eliminare le doppie imposizioni (sentenze 12 maggio 1998, causa C-336/96, Gilly, Racc. pag. I-2793, punti 24 e 30; 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN, Racc. pag. I-6161, punto 57; Amurta, cit., punto 17, e Commissione/Italia, cit., punto 29).

39      Come risulta, in particolare, dal terzo ‘considerando’ della direttiva 90/435, quest’ultima mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra le società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra le società di uno stesso Stato membro e a facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello dell’Unione (sentenze 4 ottobre 2001, causa C-294/99, Athinaïki Zythopoiïa, Racc. pag. I-6797, punto 25; 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I-11753, punto 103, e Amurta, cit., punto 18).

40      Quanto alle partecipazioni non rientranti nell’ambito della direttiva 90/435, spetta agli Stati membri determinare se, ed in quale misura, la doppia imposizione economica o a catena degli utili distribuiti debba essere evitata e introdurre a tale effetto, in modo unilaterale o mediante convenzioni concluse con altri Stati membri, meccanismi che mirino a prevenire o ad attenuare questa doppia imposizione economica o a catena. Tuttavia, tale unico fatto non consente loro di applicare misure contrarie alle libertà di circolazione garantite dal Trattato (v. citate sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 54; Amurta, punto 24, e Commissione/Italia, punto 31).

41      Nella fattispecie, conformemente all’art. 30, n. 2, della legge sulla tassazione delle società, i dividendi distribuiti da una società avente sede in Spagna ad un’altra società con sede nello stesso Stato membro, la quale ha detenuto per un periodo continuativo di almeno un anno una partecipazione diretta o indiretta, pari o superiore al 5% nel capitale della società distributrice, possono essere integralmente dedotti dal reddito imponibile della società beneficiaria e sono peraltro esentati dalla ritenuta alla fonte, in base all’art. 140, n. 4, lett. d), della legge sulla tassazione delle società. Per contro, riguardo ai dividendi distribuiti da una società con sede in Spagna ad una società stabilita in un altro Stato membro, questi ultimi, ai sensi dell’art. 14, n. 1, della legge sulla tassazione delle società non residenti, erano esentati solo se la società beneficiaria deteneva nel capitale della società distributrice una partecipazione diretta pari almeno al 20%.

42      Va pertanto rilevato che, per quanto concerne le società beneficiarie che detengono tra il 5% ed il 20% del capitale della società distributrice, la legislazione spagnola di cui trattasi procede ad un trattamento differenziato tra le società beneficiarie con sede in Spagna e le società beneficiarie stabilite in un altro Stato membro, dato che solo i dividendi versati alle prime sono esenti da imposta.

43      Una tale disparità di trattamento può dissuadere le società aventi sede in altri Stati membri dall’effettuare investimenti in Spagna e costituisce, di conseguenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’art. 56, n. 1, CE.

44      Tuttavia, occorre esaminare se tale restrizione alla libera circolazione dei capitali possa essere giustificata con riferimento alle disposizioni del Trattato.

45      Conformemente all’art. 58, n. 1, lett. a), CE, «[l]’articolo 56 non pregiudica il diritto degli Stati membri (…) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza (…)».

46      Occorre altresì rilevare che la deroga prevista dall’art. 58, n. 1, lett. a), CE è a sua volta limitata dall’art. 58, n. 3, CE, il quale stabilisce che le disposizioni nazionali di cui all’art. 58, n. 1, «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56».

47      Le differenze di trattamento autorizzate dall’art. 58, n. 1, lett. a), CE devono essere pertanto distinte dalle discriminazioni vietate dal n. 3 di questo stesso articolo. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, perché una normativa tributaria nazionale, quale quella di cui alla causa principale, possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la disparità di trattamento riguardi situazioni che non siano oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale (v. sentenze 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen, Racc. pag. I-4071, punto 43; 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen, Racc. pag. I-7477, punto 29; Amurta, cit., punto 32, e Commissione/Italia, cit., punto 49).

48      Di conseguenza si deve verificare se, con riferimento all’obiettivo della normativa nazionale di cui trattasi, le società beneficiarie di dividendi residenti in Spagna e quelle stabilite in un altro Stato membro si trovino o meno in situazioni analoghe.

49      Secondo il Regno di Spagna, l’obiettivo della legislazione nazionale in esame applicabile alle società con sede in Spagna consiste nel prevenire la doppia imposizione. Orbene, relativamente ad un tale obiettivo, le società con sede in un altro Stato membro non si troverebbero in una situazione simile, poiché la prevenzione della doppia imposizione dei dividendi versati a queste società non è compito del Regno di Spagna, in quanto Stato della fonte di detti redditi, bensì dello Stato di residenza di tali società.

50      Va ricordato che la Corte ha già dichiarato che, riguardo ai provvedimenti adottati da uno Stato membro al fine di prevenire o attenuare l’imposizione a catena ovvero la doppia imposizione economica sugli utili distribuiti da una società residente, gli azionisti beneficiari residenti non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella di azionisti beneficiari che risiedono in un altro Stato membro (sentenze 14 dicembre 2006, causa C-170/05, Denkavit Internationaal e Denkavit France, Racc. pag. I-11949, punto 34; Amurta, cit., punto 37, nonché Commissione/Italia, cit., punto 51).

51      Tuttavia, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o mediante accordi, assoggetta all’imposta sui redditi non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione di tali azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti (citate sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 68; Denkavit Internationaal e Denkavit France, punto 35; Amurta, punto 38, nonché Commissione/Italia, punto 52).

52      È infatti l’esercizio della competenza tributaria da parte di questo stesso Stato a generare, in quanto tale, indipendentemente da ogni imposizione in un altro Stato membro, un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In un caso siffatto, affinché le società beneficiarie non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società non residenti siano assoggettate ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società residenti (v. citate sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 70; Amurta, punto 39, e Commissione/Italia, punto 53).

53      Orbene, nella fattispecie occorre constatare che il Regno di Spagna ha scelto di esercitare la sua competenza tributaria sui dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri. Le società non residenti beneficiarie di tali dividendi si trovano, di conseguenza, in una situazione analoga a quella delle società residenti per quanto riguarda il rischio di imposizione a catena dei dividendi distribuiti dalle società residenti, ragion per cui le società beneficiarie non residenti non possono essere trattate diversamente dalle società beneficiarie residenti.

54      A tal proposito, il riferimento operato dal Regno di Spagna alla citata sentenza Truck Center è irrilevante. Infatti, la disparità di trattamento tra le società beneficiarie di redditi da capitale, prevista dalla normativa di cui trattasi nella controversia principale nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, consisteva nell’applicazione di tecniche impositive diverse a seconda che tali società fossero stabilite in Belgio o in un altro Stato membro (v. citata sentenza Truck Center, punto 41). Per contro, in forza della legislazione in oggetto nella presente causa, i dividendi versati alle società residenti in un altro Stato membro sono soggetti a tassazione, mentre i dividendi versati alle società aventi sede in Spagna ne sono esenti.

55      Il Regno di Spagna, inoltre, fa valere che la legislazione spagnola in esame non comporta un trattamento svantaggioso per le società residenti in un altro Stato membro, poiché si deve prendere in considerazione il trattamento dei dividendi percepiti nello Stato membro di residenza della società beneficiaria. Da un lato, ne conseguirebbe che l’eventuale maggior onere fiscale gravante sui dividendi versati alle società non residenti non è imputabile solo al Regno di Spagna, bensì deriva dall’esercizio parallelo delle potestà tributarie da parte del Regno di Spagna e dello Stato membro di residenza della società beneficiaria. Dall’altro, il metodo di detrazione stabilito dalle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione concluse dal Regno di Spagna consentirebbe di prevenire l’imposizione a catena in modo simile all’esenzione applicabile ai dividendi distribuiti alle società aventi sede in Spagna.

56      Su questo primo punto, la Corte ha già dichiarato che le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri delle loro competenze fiscali, se e in quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal Trattato (v., in tal senso, sentenze Kerckhaert e Morres, cit., punti 19, 20 e 24; 20 maggio 2008, causa C-194/06, Orange European Smallcap Fund, Racc. pag. I-3747, punti 41, 42 e 47, nonché 16 luglio 2009, causa C-128/08, Damseaux, Racc. pag. I-6823, punto 27).

57      Tuttavia, nella fattispecie, come dichiarato al punto 53 della presente sentenza, il trattamento svantaggioso dei dividendi distribuiti alle società beneficiarie residenti in un altro Stato membro deriva dal solo esercizio, da parte del Regno di Spagna, della sua competenza tributaria ed è pertanto imputabile a quest’ultimo.

58      Riguardo al secondo punto, la Corte ha effettivamente dichiarato che non può escludersi che uno Stato membro garantisca il rispetto dei suoi obblighi derivanti dal Trattato stipulando una convenzione contro la doppia imposizione con un altro Stato membro (v., in tal senso, citate sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 71; Amurta, punto 79, e Commissione/Italia, punto 36).

59      A tal fine è tuttavia necessario che l’applicazione di una tale convenzione permetta di compensare gli effetti della differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale. Pertanto, la Corte ha dichiarato che solo nell’ipotesi in cui l’imposta trattenuta alla fonte, in applicazione della normativa nazionale, possa essere detratta dall’imposta dovuta nell’altro Stato membro per un ammontare pari alla differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale, la differenza di trattamento tra i dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri e i dividendi distribuiti alle società residenti scompare (v. citata sentenza Commissione/Italia, punto 37).

60      Al fine di raggiungere l’obiettivo di neutralizzazione, l’applicazione del metodo di detrazione di cui si avvale il Regno di Spagna dovrebbe quindi consentire che l’imposta sui dividendi prelevata da tale Stato membro sia interamente detratta dall’imposta dovuta nello Stato di residenza della società beneficiaria, in modo che, se i dividendi percepiti da detta società fossero alla fine tassati in maniera più onerosa rispetto ai dividendi versati alle società residenti in Spagna, tale maggior onere fiscale non potrebbe più essere imputato al Regno di Spagna, bensì allo Stato di residenza della società beneficiaria che ha esercitato il suo potere impositivo.

61      Orbene, nella fattispecie, la maggior parte delle convenzioni dirette ad evitare la doppia imposizione concluse dal Regno di Spagna prevede che l’importo detratto o imputato a titolo dell’imposta prelevata in Spagna non possa eccedere la frazione dell’imposta dello Stato membro di residenza della società beneficiaria, calcolata prima della detrazione, corrispondente ai redditi imponibili in Spagna.

62      Pertanto, la disparità di trattamento può essere neutralizzata solo se i dividendi provenienti dalla Spagna sono sufficientemente tassati nell’altro Stato membro. Orbene, se tali dividendi non sono tassati o se non lo sono a sufficienza, la somma dell’imposta prelevata in Spagna o una frazione di essa non può essere detratta. In tal caso, la disparità di trattamento derivante dall’applicazione della normativa nazionale non può essere compensata dall’applicazione delle previsioni della convenzione contro la doppia imposizione (v. citata sentenza Commissione/Italia, punto 38).

63      Tale constatazione può essere svolta anche quando le convenzioni volte ad evitare la doppia imposizione concluse dal Regno di Spagna non prevedono la limitazione della detrazione alla frazione dell’imposta dello Stato membro di residenza della società beneficiaria, calcolata prima della detrazione, corrispondente ai redditi imponibili in Spagna, bensì precisano che l’imposta prelevata in Spagna è detratta dall’imposta relativa a tali redditi nello Stato di residenza. Infatti, se tali dividendi non sono tassati o se non lo sono a sufficienza, la somma prelevata in Spagna o una frazione di essa non può essere detratta.

64      Orbene, la scelta di tassare nell’altro Stato membro i redditi provenienti dalla Spagna o il livello di tassazione degli stessi non dipende dal Regno di Spagna, ma dalle modalità di imposizione definite dall’altro Stato membro. Il Regno di Spagna non può, di conseguenza, validamente sostenere che la detrazione dell’imposta riscossa in Spagna dall’imposta dovuta nell’altro Stato membro, in applicazione delle disposizioni delle convenzioni contro la doppia imposizione, consenta di compensare in tutti i casi la disparità di trattamento derivante dall’applicazione della normativa nazionale (v. citata sentenza Commissione/Italia, punto 39).

65      Peraltro, il Regno di Spagna ha sottolineato di non aver ancora concluso con la Repubblica di Cipro alcuna convenzione volta ad evitare la doppia imposizione, ma che tale Stato membro, nella propria legislazione interna, prevede un’esenzione generale per i dividendi provenienti da altri Stati membri in modo da escludere la doppia imposizione.

66      Orbene, da un lato, uno Stato membro non può invocare l’esistenza di un vantaggio concesso unilateralmente da un altro Stato membro per sottrarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato (citata sentenza Amurta, punto 78). Dall’altro, nella fattispecie, un’esenzione quale quella concessa dalla Repubblica di Cipro non può comunque neutralizzare la doppia imposizione derivante dall’esercizio da parte del Regno di Spagna del suo potere impositivo.

67      Alla luce di quanto precede occorre constatare, da un lato, che la disparità di trattamento cui il Regno di Spagna sottopone i dividendi versati alle società residenti in un altro Stato membro rispetto ai dividendi versati alle società aventi sede in Spagna non può essere giustificata dalla diversa situazione di dette società e, dall’altro, che gli svantaggi derivanti per le società residenti in altri Stati membri da tale disparità di trattamento non sono compensati dalle convenzioni contro la doppia imposizione concluse dal Regno di Spagna.

68      Dato che il Regno di Spagna non ha addotto alcun motivo imperativo d’interesse generale che consenta di giustificare la restrizione alla libera circolazione dei capitali così determinata, va constatata la fondatezza dell’addebito relativo alla violazione dell’art. 56, n. 1, CE.

69      Dal complesso delle argomentazioni sopra esposte discende che il Regno di Spagna, subordinando l’esenzione dei dividendi distribuiti da società residenti in Spagna ad un livello di partecipazione delle società beneficiarie al capitale delle società distributrici superiore per le società beneficiarie residenti in un altro Stato membro rispetto alle società beneficiarie residenti in Spagna, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 56, n. 1, CE.

 Sulla violazione dell’art. 40 dell’accordo SEE

70      In via preliminare, va ricordato che la Corte può esaminare d’ufficio se ricorrano i presupposti previsti dall’art. 226 CE per la proposizione di un ricorso per inadempimento (sentenze 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2353, punto 8; 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-305, punto 8; 4 maggio 2006, causa C-98/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-4003, punto 16, e 26 aprile 2007, causa C-195/04, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I-3351, punto 21).

71      In forza degli artt. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte, nonché della giurisprudenza relativa a tali disposizioni, il ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Di conseguenza, la Commissione è tenuta ad indicare, in ogni ricorso proposto ai sensi dell’art. 226 CE, le censure esatte sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi, nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali tali censure si fondano (v., in particolare, sentenza 10 dicembre 2009, causa C-390/07, Commissione/Regno Unito, punto 339).

72      Nella fattispecie, la Commissione, nel dedurre la violazione da parte del Regno di Spagna dell’art. 40 dell’accordo SEE, si limita a fare riferimento alla disparità di trattamento derivante dall’art. 14, n. 1, della legge sulla tassazione delle società non residenti rispetto al trattamento concesso ai dividendi versati alle società residenti in Spagna.

73      Orbene, è giocoforza constatare, come risulta dal tenore letterale di detto art. 14, n. 1, che tale disposizione si applica solo ai dividendi distribuiti alle società aventi sede in altri Stati membri.

74      In mancanza di indicazioni fornite dalla Commissione relativamente al regime giuridico dei dividendi distribuiti alle società con sede negli Stati dell’EFTA, la Corte non ha a disposizione elementi sufficienti che le consentano di conoscere esattamente la portata della violazione dell’art. 40 dell’accordo SEE contestata al Regno di Spagna e quindi di verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto dalla Commissione.

75      Di conseguenza, l’addebito attinente alla violazione dell’art. 40 dell’accordo SEE deve essere dichiarato irricevibile.

 Sulle spese

76      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 69, n. 3, dello stesso regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Considerato che il ricorso della Commissione è stato accolto solo in parte, occorre decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il Regno di Spagna, subordinando l’esenzione dei dividendi distribuiti da società residenti in Spagna ad un livello di partecipazione delle società beneficiarie al capitale delle società distributrici superiore per le società beneficiarie residenti in un altro Stato membro rispetto alle società beneficiarie residenti in Spagna, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 56, n. 1, CE.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Commissione europea e il Regno di Spagna sopportano le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.