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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

25 ottobre 2012 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Articoli 49 TFUE e 63 TFUE – Articoli 31 e 40 dell’Accordo SEE – Assoggettamento ad imposta dei redditi da capitali e da beni mobili – Società d’investimento residenti e non residenti – Ritenuta alla fonte – Imputazione della ritenuta alla fonte – Esenzione dei redditi da capitali e da beni mobili – Discriminazione – Giustificazioni»

Nella causa C-387/11,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 19 luglio 2011,

Commissione europea, rappresentata da W. Mölls e C. Soulay, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato da J.-C. Halleux e M. Jacobs, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da S. Behzadi-Spencer, in qualità di agente,

interveniente,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, facente funzione di presidente della Prima Sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, E. Levits (relatore), J.-J. Kasel e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, mantenendo norme diverse riguardo all’assoggettamento ad imposta dei redditi da capitali e da beni mobili a seconda che siano percepiti da società d’investimento belghe o da società d’investimento estere, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE nonché degli articoli 31 e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»).

 Contesto normativo belga

2        L’articolo 1 del codice delle imposte sui redditi del 1992 (in prosieguo: il «CIR 1992») prevede quanto segue:

«§ 1. Sono fissate a titolo di imposte sui redditi:

      1      un’imposta sul reddito complessivo degli abitanti del Regno, denominata imposta sul reddito delle persone fisiche;

      2      un’imposta sul reddito complessivo delle società residenti, denominata imposta sul reddito delle società;

      3      un’imposta sui redditi delle persone giuridiche belghe diverse dalle società, denominata imposta sul reddito delle persone giuridiche;

      4      un’imposta sui redditi dei non residenti, denominata imposta sul reddito dei non residenti.

§ 2.      Le imposte sono riscosse mediante ritenute alla fonte nei limiti e alle condizioni di cui al titolo VI, primo capo».

 Il regime fiscale applicabile alle società d’investimento residenti in Belgio

3        Risulta dall’articolo 179 del CIR 1992 che le società residenti, ovverosia le società la cui sede sociale, il centro di attività principale o la sede della direzione o della amministrazione si trovi in Belgio, sono assoggettate all’imposta sul reddito delle società.

4        Infatti, l’articolo 185, paragrafo 1, del CIR 1992 precisa che dette società sono soggette ad imposta sull’importo totale dei loro utili, ivi inclusi i dividendi distribuiti.

5        L’articolo 185 bis, paragrafo 1, del CIR 1992 enuncia, tuttavia, che le società d’investimento «sono soggette ad imposta soltanto sull’importo totale dei benefici straordinari o senza contropartita ricevuti e sull’importo delle spese e oneri non deducibili a titolo di spese professionali diverso dalle riduzioni di valore e dalle minusvalenze su azioni o quote, fatto salvo, tuttavia, il loro obbligo di pagare il contributo speciale di cui all’articolo 219».

6        A tal riguardo, l’articolo 219 del CIR 1992 prevede un contributo separato stabilito, segnatamente, in funzione delle spese della società, ovverosia delle commissioni, delle mediazioni, degli sconti commerciali o di altra natura, che non sono comprovati mediante presentazione di singoli documenti giustificativi e di un estratto ricapitolativo, nonché in funzione degli utili occultati, ovverosia gli utili accertati dall’amministrazione non iscritti nel conto economico della società.

7        Ai sensi degli articoli 249 e 261 del CIR 1992, l’imposta sui redditi delle società è percepita in forma di ritenuta alla fonte sui redditi da capitali e da beni mobili percepiti dagli abitanti del Regno del Belgio, dalle società residenti nonché dai contribuenti soggetti all’imposta sul reddito dei non residenti che hanno un centro di attività in Belgio.

8        L’articolo 269 del CIR 1992 fissa la ritenuta alla fonte al 15% per i redditi da capitali e da beni mobili e al 25% per i dividendi.

9        L’articolo 276 del CIR 1992 è così formulato:

«Le imposte previste all’articolo 1 sono assolte nella misura di seguito indicata, mediante imputazione delle ritenute alla fonte sui beni immobili, mobili e attività professionale, della quota forfetaria dell’imposta estera e del credito d’imposta».

10      L’articolo 279 del CIR 1992 precisa quanto segue:

«A titolo della ritenuta alla fonte è imputato l’importo della ritenuta alla fonte fissato conformemente all’articolo 269».

11      L’articolo 304, paragrafo 2, secondo comma, del CIR 1992 così prevede:

«In capo alle società residenti, l’eventuale eccedenza della ritenuta alla fonte, di cui all’articolo 279 (…) è imputata, se ricorrono le condizioni, ai contributi separati fissati ai sensi degli articoli 219 e 219 bis e l’eccedenza è restituita se raggiunge l’importo di EUR 2,50».

 Il regime fiscale applicabile alle società d’investimento non residenti in Belgio

12      In forza degli articoli 227 e 228 del CIR 1992, le società estere nonché le associazioni, gli istituti o gli enti di qualsiasi tipo senza personalità giuridica che sono costituiti in una forma giuridica analoga a quella di una società di diritto belga e che non hanno in Belgio la loro sede sociale, il loro centro di attività principale o la sede della loro direzione o amministrazione sono soggetti all’imposta sul reddito dei non residenti, riscossa esclusivamente sui redditi imponibili prodotti o percepiti in Belgio.

13      Tali disposizioni sono applicabili alle società non residenti che dispongono di un centro di attività nel territorio belga.

14      Ai sensi dell’articolo 294 del CIR 1992, le ritenute alla fonte sono imputate all’imposta sul reddito dei non residenti.

15      Per quanto riguarda le società non residenti che non dispongono di un centro di attività nel territorio belga, l’articolo 248 del CIR 1992 prevede che l’imposta relativa ai redditi che non figurano negli articoli 232-234 del CIR 1992 è pari alle diverse ritenute alla fonte e al contributo speciale di cui all’articolo 301 del CIR 1992.

 Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

16      Ritenendo che le norme sull’assoggettamento ad imposta dei redditi da capitali e da beni mobili percepiti da società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile nel territorio belga siano meno favorevoli di quelle relative all’assoggettamento ad imposta dei redditi delle società d’investimento stabilite in Belgio, il 17 ottobre 2008 la Commissione ha inviato una lettera di diffida alle autorità belghe, sottolineando l’incompatibilità di tale normativa con gli articoli 49 TFUE, 54 TFUE e 63 TFUE.

17      Poiché le autorità belghe non hanno risposto a tale lettera, la Commissione ha inviato al Regno del Belgio un parere motivato datato 4 giugno 2010, nel quale si ordinava a tale Stato membro di conformarsi a detti articoli entro due mesi dal ricevimento di tale parere.

18      Non essendo soddisfatta dalla risposta fornita dalle autorità belghe il 17 settembre 2010, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

19      Con ordinanza del presidente della Corte del 9 gennaio 2012, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno del Belgio.

 Sul ricorso

 Sull’esistenza di restrizioni alle disposizioni del Trattato FUE

 Argomenti delle parti

20      La Commissione afferma che la differenza tra l’assoggettamento ad imposta delle società d’investimento residenti e quella delle società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile nel territorio belga comporta una differenza di trattamento tra questi due tipi di società che integra una violazione degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE.

21      Infatti, se è vero che i redditi di tali due categorie di contribuenti sono gravati allo stesso modo dalla ritenuta alla fonte, tuttavia le società residenti beneficerebbero di un regime più favorevole.

22      Da un lato, l’articolo 185 bis del CIR 1992 prevederebbe un’esenzione di tali redditi e limiterebbe l’imposizione delle società residenti a talune ipotesi eccezionali nonché al contributo separato, previsti dall’articolo 219 del CIR 1992.

23      Dall’altro lato, l’articolo 304 del CIR 1992 istituirebbe un meccanismo che neutralizzerebbe la ritenuta versata alla fonte. Infatti, il paragrafo 2, secondo comma, di tale articolo consentirebbe di imputare l’eventuale eccedenza di tale ritenuta ai contributi separati dovuti ai sensi dell’articolo 219 del CIR 1992, oppure di ricevere l’eccedenza se la stessa raggiunge l’importo di EUR 2,50.

24      Secondo la Commissione, detta differenza di trattamento configura un ostacolo alla libera circolazione dei capitali nonché una restrizione alla libertà di stabilimento. Infatti, riservando alle sole società residenti la facoltà di imputare la ritenuta alla fonte all’imposta da esse dovuta e di esentare i redditi da capitali e da beni mobili percepiti dalle stesse, la normativa nazionale renderebbe meno interessante l’investimento in società belghe da parte delle società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio.

25      Il Regno del Belgio, riconoscendo che esiste una differenza di trattamento tra il regime d’imposizione delle società residenti e quello delle società non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio, sottolinea che tali due categorie di società si trovano in situazioni di diritto e di fatto oggettivamente diverse che giustificano una siffatta differenza di trattamento.

26      In primo luogo, le società residenti sono soggette all’imposta sul reddito delle società conformemente agli articoli 185, 185 bis e 219 del CIR 1992. Quanto alle società non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio, la Commissione non effettuerebbe, nel suo ricorso, alcuna distinzione in base al regime fiscale al quale sono assoggettate nel loro Stato di residenza. Infatti, negli Stati in cui esse non siano soggette ad imposta sui redditi oppure qualora i loro utili siano esentati, le società non residenti non sarebbero in una situazione analoga a quella delle società residenti.

27      In secondo luogo, la Commissione avrebbe omesso di menzionare il fatto che l’importo pagato a titolo della ritenuta alla fonte potrebbe essere imputato all’importo dovuto a titolo dell’imposta sul reddito delle società o dell’imposta dei non residenti, oppure potrebbe essere rimborsato, per quanto riguarda rispettivamente le società residenti o le società non residenti che hanno un centro di attività stabile in Belgio, soltanto a determinate condizioni ed entro certi limiti, segnatamente previsti agli articoli 281 e 282 del CIR 1992.

28      In terzo luogo, il Regno del Belgio sottolinea che i fondi comuni di investimento di diritto belga non sono considerati come entità giuridiche distinte e non sono, in quanto tali, assoggettati all’imposta sul reddito delle società. Pertanto, la ritenuta alla fonte che grava sui redditi da capitali e da beni mobili distribuiti a tali fondi è definitivamente percepita, allo stesso titolo di quella delle società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio.

29      In quarto luogo, se dovesse essere accertata una situazione di doppia imposizione dei redditi di siffatte società non residenti, essa sarebbe la conseguenza della mancata armonizzazione delle normative fiscali degli Stati membri, in quanto sarebbe generalmente riconosciuto che lo Stato di residenza è tenuto in linea di principio a neutralizzare una doppia imposizione del genere.

30      In quinto luogo, si dovrebbe tenere conto del fatto che le società d’investimento agiscono come intermediari finanziari per conto di investitori. Orbene, se si confrontassero le situazioni dei detentori delle quote, si dovrebbero necessariamente constatare complesse disparità.

31      In sesto luogo, la modalità di riscossione dell’imposta sarebbe differente per le società residenti rispetto alle società non residenti. Nel primo caso, l’imposta sarebbe liquidata mediante ruolo, mentre, nel secondo caso, lo sarebbe mediante riscossione dell’imposta tramite ritenute alla fonte.

32      In settimo luogo, le società d’investimento non residenti, esercitando le loro attività di gestione collettiva del risparmio all’estero, non effettuerebbero necessariamente le stesse operazioni delle società d’investimento residenti, quali, ad esempio, la distribuzione, in Belgio, di quote senza appello al pubblico risparmio.

Giudizio della Corte

–       Sull’applicabilità degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE

33      In via preliminare, poiché la Commissione deduce una violazione, da parte del Regno del Belgio, tanto dell’articolo 49 TFUE quanto dell’articolo 63 TFUE, occorre ricordare che, per sapere se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra di tali libertà fondamentali, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione (v., in particolare, sentenze del 24 maggio 2007, Holböck, C-157/05, Racc. pag. I-4051, punto 22; del 26 marzo 2009, Commissione/Italia, C-326/07, Racc. pag. I-2291, punto 33, dell’11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, C-543/08, Racc. pag. I-11241, punto 40, e del 10 novembre 2011, Commissione/Portogallo, C-212/09, Racc. pag. I-10889, punto 41).

34      A tale riguardo, è stato già dichiarato che una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima ricade nella sfera di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento (v. sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, Racc. p. I-11753, punto 37, e del 21 ottobre 2010, Idryma Typou, C-81/09, Racc. p. I-10161, punto 47). Per contro, disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni acquisite al solo scopo di realizzare un investimento finanziario, senza l’intento di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali (sentenza del 15 settembre 2011, Accor, C-310/09, Racc. pag. I-8115, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

35      Occorre constatare che, nel presente ricorso per inadempimento, non è escluso che le disposizioni nazionali in questione possano incidere tanto sulla libertà di stabilimento quanto sulla libera circolazione dei capitali. Pertanto, occorre esaminare tali disposizioni dal punto di vista degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE.

–      Sull’inadempimento degli obblighi derivanti dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE

36      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono comunque esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, C-374/04, Racc. pag. I-11673, punto 36; dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, Racc. pag. I-9569, punto 16; del 19 novembre 2009, Commissione/Italia, C-540/07, Racc. pag. I-10983, punto 28; del 3 giugno 2010, Commissione/Spagna, C-487/08, Racc. pag. I-4843, punto 37, e del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, Racc. pag. I-9879, punto 44).

37      In particolare, spetta a ciascuno Stato membro organizzare, in osservanza del diritto dell’Unione, il proprio sistema di tassazione degli utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta da applicare all’azionista beneficiario (v., in particolare, sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 50; del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit., punto 47; del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund, C-194/06, Racc. pag. I-3747, punto 30; del 16 luglio 2009, Damseaux, C-128/08, Racc. pag. I-6823, punto 25, e Commissione/Germania, cit., punto 45).

38      Nel caso di specie, è pacifico che la normativa belga assoggetta a ritenuta alla fonte i dividendi e gli interessi distribuiti da una società stabilita in Belgio tanto alle società d’investimento residenti di questo stesso Stato membro quanto alle società d’investimento aventi sede in un altro Stato membro. Tuttavia, per quanto riguarda i dividendi e gli interessi distribuiti alle società d’investimento stabilite in Belgio, questi ultimi, essendo redditi da capitali e da beni mobili, sono esentati dall’imposta sul reddito delle società, ai sensi dell’articolo 185 bis del CIR 1992. Inoltre, l’articolo 304, paragrafo 2, secondo comma, del CIR 1992, consente di imputare la ritenuta alla fonte all’imposta sul reddito delle società dovuta da tali società d’investimento, oppure di percepire la differenza tra l’importo della ritenuta alla fonte e l’imposta effettivamente dovuta sempreché tale differenza raggiunga l’importo di EUR 2,50. Ai sensi dell’articolo 304, paragrafo 2, quinto comma, del CIR 1992, lo stesso avviene per quanto riguarda le società d’investimento non residenti, ma soggette all’imposta dei non residenti conformemente all’articolo 233 del CIR 1992, ovverosia quelle che hanno un centro di attività stabile in Belgio. Ne consegue che le società d’investimento residenti possono non sopportare onere fiscale risultante della ritenuta alla fonte che grava sui redditi da capitali e da beni mobili che esse ricevono da società belghe.

39      Se è vero che il diritto all’esenzione e alla detrazione riconosciuto alle società d’investimento residenti è subordinato a determinate condizioni e limiti, segnatamente quelli previsti agli articoli 281 e 282 del CIR 1992, resta pur sempre il fatto che tale facoltà non è riconosciuta alle società d’investimento non residenti e che non hanno un centro di attività stabile in Belgio, e che, pertanto, la ritenuta alla fonte sui redditi da capitali e da beni mobili che le stesse società ricevono da società belghe nelle quali hanno effettuato un investimento costituisce, ai sensi dell’articolo 248 del CIR 1992, una tassazione definitiva.

40      Di conseguenza, occorre constatare che la normativa tributaria belga instaura un trattamento fiscale meno favorevole dei redditi da capitali e da beni mobili percepiti dalle società di investimenti non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio rispetto a quelli percepiti dalle società d’investimento residenti o non residenti, ma che hanno un centro di attività stabile in Belgio.

41      Il Regno del Belgio afferma tuttavia che, ai fini della normativa tributaria di cui trattasi, una società d’investimento residente si trova in una situazione diversa rispetto a quella di una società d’investimento non residente che non ha un centro di attività stabile in tale Stato membro.

42      Va ricordato in proposito che, a norma dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, «[l]e disposizioni dell’articolo 63 [TFUE] non pregiudicano il diritto degli Stati membri (...) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale».

43      Tale disposizione, costituendo una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva. Pertanto, essa non può essere interpretata nel senso che sia automaticamente compatibile con il Trattato qualsiasi normativa tributaria operante una distinzione tra i contribuenti in base al luogo in cui essi risiedono o allo Stato in cui investono i loro capitali (v. sentenze dell’11 settembre 2008, Eckelkamp e a., C-11/07, Racc. pag. I-6845, punto 57; del 22 aprile 2010, Mattner, C-510/08, Racc. pag. I-3553, punto 32, del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, Racc. pag. I-305, punto 56, nonché del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11, punto 21).

44      Infatti, la deroga prevista da tale disposizione subisce a sua volta una limitazione per effetto dell’articolo 65, paragrafo 3, TFUE, il quale prevede che le disposizioni nazionali contemplate dal citato paragrafo 1 «non [debbano] costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63».

45      Le differenze di trattamento autorizzate dall’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE devono pertanto essere mantenute distinte dalle discriminazioni vietate dal paragrafo 3 del medesimo articolo. Orbene, dalla giurisprudenza risulta che, perché una normativa tributaria nazionale possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili o sia giustificata da ragioni imperative di interesse generale (v. sentenze del 6 giugno 2000, Verkooijen, C-35/98, Racc. pag. I-4071, punto 43; del 7 settembre 2004, Manninen, C-319/02, Racc. pag. I-7477, punto 29; del 1° dicembre 2011, Commissione/Belgio, C-250/08, Racc. pag. I-12341, punto 51, nonché Santander Asset Management SGIIC e a. cit., punto 23).

46      A tal proposito, il Regno del Belgio deduce vari elementi che dimostrerebbero la diversità di situazione tra le società d’investimento residenti e le società non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio.

47      In primo luogo, è pacifico che la normativa tributaria in questione mira a evitare l’eccesso di tassazione dei redditi delle società d’investimento considerata la loro qualità di intermediario tra le società nelle quali esse investono e i detentori di quote di dette società d’investimento.

48      Orbene, la Corte ha dichiarato che rispetto ai provvedimenti adottati da uno Stato membro al fine di prevenire o di attenuare l’imposizione a catena oppure la doppia imposizione economica dei redditi distribuiti da una società residente, le società beneficiarie residenti non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella delle società beneficiarie aventi sede in un altro Stato membro (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 55 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Tuttavia, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o mediante convenzioni, assoggetta all’imposta sul reddito non soltanto le società residenti, ma anche quelle non residenti, per i redditi che esse ricevono da una società residente, la situazione di tali società non residenti si avvicina a quella delle società residenti (Commissione/Germania, cit., punto 56 e la giurisprudenza ivi citata).

50      Infatti, è solo l’esercizio da parte di questo stesso Stato della propria competenza tributaria che genera, indipendentemente da qualsiasi imposizione in un altro Stato membro, un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In un caso siffatto, affinché le società beneficiarie non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’articolo 63 TFUE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o di attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società non residenti siano assoggettate ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società residenti (v. citate sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, punto 70; Amurta, punto 39; del 19 novembre 2009, Commissione/Italia, punto 53; Commissione/Spagna, punto 52, e Commissione/Germania, punto 57).

51      Orbene, nel caso di specie si deve necessariamente constatare che il Regno del Belgio ha scelto di esercitare la sua competenza tributaria sui redditi percepiti da società d’investimento stabilite in altri Stati membri. Le società non residenti beneficiarie di tali redditi si trovano, di conseguenza, in una situazione analoga a quella delle società residenti per quanto riguarda il rischio di imposizione a catena dei redditi da capitali e da beni mobili, ragion per cui le società beneficiarie non residenti non possono essere trattate in maniera diversa rispetto alle società beneficiarie residenti (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Spagna, punto 53, e Commissione/Germania, punto 58).

52      Non inficia tale constatazione l’argomento del Regno del Belgio secondo cui le società d’investimento non residenti beneficiarie di redditi da capitali e da beni mobili provenienti da società belghe non sono assoggettate a un onere fiscale superiore a quello delle società d’investimento residenti ai sensi dell’articolo 219 del CIR 1992.

53      Infatti, da un lato, per quanto riguarda l’onere fiscale dovuto al pagamento del contributo speciale previsto dal citato articolo 219 del CIR 1992 a cui sono assoggettate soltanto le società d’investimento residenti, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere considerato compatibile con il diritto dell’Unione per l’esistenza di altri vantaggi, ammesso che tali vantaggi esistano (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 71 e la giurisprudenza ivi citata).

54      Pertanto, il Regno del Belgio non può invocare tale elemento come criterio di distinzione per giustificare una differenza di trattamento tra le società d’investimento residenti e le società d’investimento non residenti.

55      Per quanto riguarda, dall’altro lato, i meccanismi risultanti da convenzioni per la prevenzione della doppia imposizione, in primo luogo, occorre osservare che l’applicazione del metodo dell’imputazione dovrebbe consentire che l’imposta sui redditi prelevata in Belgio sia interamente imputata all’imposta dovuta nello Stato di residenza della società d’investimento beneficiaria di modo che, se i redditi da capitali e da beni mobili percepiti da detta società subissero, in definitiva, una tassazione più pesante rispetto ai redditi versati alle società residenti in Belgio, tale maggior onere fiscale non potrebbe più essere attribuito al Regno del Belgio, bensì allo Stato in cui ha sede la società beneficiaria che ha esercitato la sua potestà impositiva (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Spagna, punto 60, e Commissione/Germania, punto 67).

56      In secondo luogo, occorre precisare che la scelta di tassare, nell’altro Stato membro, i redditi provenienti dal Belgio o il livello di tassazione degli stessi non dipende dal Regno del Belgio, bensì dalle modalità di tassazione definite dall’altro Stato membro (citate sentenze, Commissione/Spagna, punto 64, e Commissione/Germania, punto 69).

57      Di conseguenza, il Regno del Belgio non può validamente sostenere che l’imputazione dell’imposta assolta in Belgio all’imposta dovuta nell’altro Stato membro, in applicazione delle convenzioni relative alla prevenzione della doppia imposizione, consente in ogni caso di compensare la differenza di trattamento derivante dall’applicazione delle disposizioni della normativa tributaria nazionale o delle disposizioni delle suddette convenzioni che hanno l’effetto di ridurre l’aliquota della ritenuta alla fonte (v. citate sentenze del 19 novembre 2009, Commissione/Italia, punto 39; Commissione/Spagna, punto 64, e Commissione/Germania, punto 70).

58      In secondo luogo, il Regno del Belgio sottolinea che, per quanto riguarda la normativa tributaria in questione, la base di raffronto della Commissione sarebbe erronea. Infatti, anzitutto, per le loro peculiari caratteristiche, le società d’investimento non residenti si troverebbero in una situazione paragonabile a quella dei fondi comuni di investimento belgi e non a quella delle società d’investimento residenti. Inoltre, le attività delle società d’investimento residenti sarebbero differenti da quelle delle società d’investimento non residenti. Infine, dovrebbe essere preso in considerazione il regime fiscale applicato ai detentori di quote delle società d’investimento residenti e delle società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio.

59      Per quanto riguarda, in primo luogo, la comparabilità tra la situazione delle società d’investimento non residenti e i fondi comuni di investimento belgi, occorre osservare che, se i primi sono dotati di personalità giuridica, ciò non vale per i secondi. Pertanto, il Regno del Belgio non può asserire che la situazione delle società d’investimento non residenti deve essere paragonata a quella dei fondi comuni di investimento, unicamente in ragione del fatto che la normativa tributaria belga tratta tali due categorie di contribuenti, che peraltro non hanno la stessa forma giuridica, in modo identico.

60      Inoltre, occorre sottolineare che l’argomento di tale Stato membro muove dalla premessa secondo la quale le società d’investimento non residenti sono esenti da imposta nello Stato in cui sono stabilite.

61      Orbene, dalla normativa belga risulta che il prelievo della ritenuta alla fonte sui redditi della società beneficiaria non dipende dall’eventuale esenzione dall’imposta sulle società di cui beneficerebbe detta società. Pertanto, la circostanza che i fondi comuni di investimento belgi siano istituti fiscalmente trasparenti che, in quanto tali, non sono soggetti all’imposta sul reddito delle società, non consente di ritenere che la situazione delle società d’investimento non residenti non sia paragonabile a quella delle società d’investimento residenti.

62      In secondo luogo, per quanto riguarda le attività delle società d’investimento residenti e quelle delle società d’investimento non residenti, si deve constatare che l’argomento del Regno del Belgio non sottolinea tanto le differenze intrinseche tra tali attività, quanto il fatto che queste ultime siano esercitate in Stati membri differenti.

63      A tal riguardo, detto Stato membro muove dalla premessa che le società d’investimento non residenti si rivolgono soltanto a detentori di quote non residenti in Belgio.

64      Tuttavia, non si può escludere che una società d’investimento non residente proponga i propri servizi ad investitori residenti, di modo che essa svolge in definitiva le medesime attività di una società d’investimento residente.

65      In terzo luogo, quanto alla asserita necessità di prendere in considerazione il regime fiscale applicato ai detentori di quote, occorre ricordare che allorché una normativa nazionale fissa un criterio distintivo per l’assoggettamento ad imposta dei redditi corrisposti, la valutazione della comparabilità delle situazioni va effettuata tenendo conto di tale criterio (v., in tal senso, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 28).

66      Nel caso di specie, da un lato, l’articolo 185 bis del CIR 1992 prevede, tuttavia, a favore delle sole società d’investimento residenti, che queste ultime siano soggette ad imposta soltanto sull’importo totale dei vantaggi straordinari o senza contropartita ricevuti e delle spese e oneri non deducibili a titolo di spese professionali. Dall’altro, ai sensi degli articoli 248 e 304, paragrafo 2, secondo comma, del CIR 1992, la ritenuta alla fonte sui beni mobili è una tassazione definitiva soltanto per quanto riguarda le società non residenti.

67      Considerato il criterio distintivo stabilito da tale normativa, basato unicamente sul luogo di residenza della società d’investimento, la valutazione della comparabilità delle situazioni ai fini della determinazione del carattere discriminatorio o meno della normativa di cui trattasi va effettuata unicamente a livello della società d’investimento (v., in tal senso, sentenza Santander Asset Management SGIIC e a., cit., punto 39).

68      Pertanto, tenuto conto delle osservazioni precedenti, si deve concludere che la differenza di trattamento dei redditi a seconda che questi ultimi siano distribuiti a società d’investimento residenti o a società non residenti, quale istituita dalla normativa tributaria belga, può dissuadere le società aventi sede in altri Stati membri dall’effettuare investimenti in Belgio e può altresì costituire un ostacolo alla raccolta di capitali da parte di società residenti presso società stabilite in altri Stati membri.

69      Di conseguenza, detta normativa integra una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

 Sulle giustificazioni delle restrizioni

–       Argomenti delle parti

70      Il Regno del Belgio deduce due motivi idonei a giustificare la restrizione alla libera circolazione dei capitali derivante dalla normativa nazionale controversa.

71      In primo luogo, e al fine di tutelare la ripartizione equilibrata dei poteri impositivi tra gli Stati membri, non può esigersi che il Regno del Belgio accordi alle società non residenti che non hanno un centro di attività stabile nel suo territorio l’imputazione della ritenuta riscossa sui loro redditi. Una pretesa del genere equivarrebbe infatti ad imporre a tale Stato membro di rinunciare a prelevare imposte sui redditi percepiti sul proprio territorio.

72      In secondo luogo, la limitazione della presa in considerazione delle ritenute alla fonte percepite per quanto riguarda le società non residenti sarebbe giustificata con motivi legati all’efficacia dei controlli fiscali. Poiché le società d’investimento sono le debitrici legali delle ritenute alla fonte sui dividendi che esse versano ai detentori di quote, l’amministrazione belga non potrebbe esercitare alcun controllo su tali detentori, dal momento che essi non risiedono in Belgio.

73      La Commissione sostiene che nessuno dei motivi dedotti da Regno del Belgio può giustificare la differenza di trattamento esistente tra le società d’investimento residenti e le società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio.

–       Giudizio della Corte

74      Come risulta da una giurisprudenza consolidata, provvedimenti nazionali che limitano la libera circolazione dei capitali possono essere giustificati da ragioni imperative di interesse generale, purché, da un lato, non esista una misura di diritto dell’Unione di armonizzazione che indichi i provvedimenti necessari per garantire la tutela di tali interessi e, dall’altro, che tali provvedimenti siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v., in particolare, sentenze del 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, C-112/05, Racc. pag. I-8995, punti 72 e 73; del 1° luglio 2010, Dijkman e Dijkman-Lavaleije, C-233/09, Racc. pag. I-6649, punto 49, nonché del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, cit., punto 74).

75      Per quanto attiene, in primo luogo, all’asserita necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva, occorre ricordare che una giustificazione di questo tipo può essere ammessa qualora, in particolare, il regime fiscale nazionale sia inteso a prevenire comportamenti atti a violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza tributaria in relazione alle attività svolte sul suo territorio (v. sentenze del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz, C-347/04, Racc. pag. I-2647, punto 42; del 18 luglio 2007, Oy AA, C-231/05, Racc. pag. I-6373, punto 54; Amurta, cit., punto 58; del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha, C-303/07, Racc. pag. I-5145, punto 66, nonché del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, cit., punto 77).

76      Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta del pari che, qualora uno Stato membro abbia scelto di non tassare le società beneficiarie stabilite sul suo territorio in relazione a redditi del genere, esso non può invocare la necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta delle società beneficiarie stabilite in un altro Stato membro (citate sentenze Amurta, punto 59; Aberdeen Property Fininvest Alpha, punto 67, e del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, punto 78).

77      Orbene, è pacifico che le società d’investimento residenti, per i redditi da capitali e da beni mobili che esse percepiscono, beneficiano di una neutralizzazione dell’onere fiscale risultante dal prelievo della ritenuta alla fonte.

78      Vero è che la Corte ha dichiarato che esigere che lo Stato di residenza della società distributrice garantisca che gli utili pagati a un azionista non residente non siano colpiti da un’imposizione a catena o da una doppia imposizione economica, che ciò avvenga esentando tali utili dall’imposta in capo alla società distributrice o concedendo al detto azionista un’agevolazione fiscale corrispondente all’imposta versata su tali utili da parte della società distributrice, comporterebbe, di fatto, che detto Stato debba rinunciare al suo diritto di assoggettare ad imposta un reddito generato da un’attività economica esercitata sul suo territorio (v. sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 59; del 17 settembre 2009, Glaxo Wellcome, C-182/08, Racc. pag. I-8591, punto 83, e del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, cit., punto 80).

79      Tuttavia, nel caso di specie, l’esenzione dei redditi da capitali e da beni mobili e l’imputazione della ritenuta prelevata alla fonte dal Regno del Belgio, accordate alle società stabilite in un altro Stato membro e che non hanno in tale Stato un centro di attività stabile, non significherebbero di fatto che tale Stato membro debba rinunciare al diritto di assoggettare ad imposta un reddito generato da un’attività economica esercitata sul suo territorio. Infatti, i redditi percepiti dalle società residenti sono già stati tassati in capo alle società distributrici quali utili da loro realizzati.

80      In secondo luogo, se è vero che la Corte ha ammesso che l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce una ragione imperativa d’interesse generale idonea a giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v. sentenza Dijkman e Dijkman-Lavaleije, cit., punto 58), tuttavia, nel caso di specie si deve necessariamente constatare che un obiettivo siffatto non può essere validamente invocato per giustificare la restrizione di cui trattasi.

81      Infatti, è pacifico che le società d’investimento non residenti non possono in alcun caso beneficiare dell’esenzione dei redditi da capitali e da beni mobili per i redditi che le stesse ricevono da società belghe né dell’imputazione o del rimborso della ritenuta alla fonte, e ciò indipendentemente dalle garanzie in materia di controllo fiscale che esse potrebbero presentare.

82      Pertanto, occorre constatare che i motivi dedotti dal Regno del Belgio non possono giustificare la restrizione alla libera circolazione dei capitali derivante dalla normativa controversa.

83      Risulta da quanto precede che, mantenendo norme diverse riguardo all’assoggettamento ad imposta dei redditi da capitali e da beni mobili a seconda che essi siano percepiti da società d’investimento residenti o da società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 63 TFUE.

–       Sull’inadempimento degli obblighi derivanti dall’articolo 49 TFUE

84      Riguardo alla domanda della Commissione di dichiarare l’inadempimento degli obblighi che incombono al Regno del Belgio in forza dell’articolo 49 TFUE, è sufficiente rilevare che le considerazioni formulate ai punti precedenti si applicano allo stesso modo nel caso in cui una società d’investimento ha percepito redditi sulla base di una partecipazione che le conferisce una sicura influenza sulle decisioni della società in cui ha investito e le consente di determinarne le attività.

85      Infatti, la differenza di trattamento constatata al punto 40 della presente sentenza può avere l’effetto di dissuadere i potenziali investitori che, mediante una società d’investimento residente all’estero, intendono effettuare investimenti in società belghe al fine di avere una sicura influenza sulle loro decisioni e di determinarne le attività.

86      Pertanto, la differenza di trattamento operata dalla normativa censurata integra una restrizione alla libertà di stabilimento vietata dall’articolo 49 TFUE che non può essere giustificata per le ragioni esposte ai punti 74-81 della presente sentenza.

87      Risulta da quanto precede che, mantenendo norme diverse riguardo all’assoggettamento ad imposta dei redditi da capitali e da beni mobili a seconda che essi siano percepiti da società d’investimento residenti o da società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE.

 Sulla violazione dell’Accordo SEE

88      Poiché gli articoli 31 e 40 dell’Accordo SEE hanno la stessa portata giuridica delle disposizioni, sostanzialmente identiche, degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE (v. sentenze dell’11 giugno 2009, Commissione/Paesi Bassi, C-521/07, Racc. pag. I-4873, punto 33, e del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud, C-72/09, Racc. pag. I-10659, punto 22), tutte le considerazioni sopra esposte possono, in circostanze come quelle del presente ricorso, essere trasposte, per analogia, ai detti articoli 31 e 40 di tale Accordo.

 Sugli effetti della sentenza nel tempo

89      Il Regno del Belgio ha chiesto che, qualora la Corte accolga il ricorso della Commissione, gli effetti della sentenza siano limitati nel tempo «al fine di consentire l’efficace attuazione di tutte le eventuali modifiche». Detta limitazione temporale degli effetti della sentenza sarebbe giustificata, da un lato, dal fatto che tale Stato membro ha agito in buona fede nell’adottare le disposizioni nazionali che integrano le restrizioni constatate nel corso del 2007 e, dall’altro, dal rischio di gravi difficoltà che la sentenza della Corte potrebbe generare.

90      Anche ipotizzando che le sentenze pronunciate in forza dell’articolo 258 TFUE abbiano gli stessi effetti di quelle pronunciate in forza dell’articolo 267 TFUE e che ragioni di certezza del diritto possano rendere necessaria, in via eccezionale, la limitazione dei loro effetti nel tempo, qualora ricorrano le condizioni stabilite dalla giurisprudenza della Corte nell’ambito dell’articolo 267 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 2007, Commissione/Grecia, C-178/05, Racc. pag. I-4185, punto 67; del 15 dicembre 2009, Commissione/Italia, C-239/06, Racc. pag. I-11913, punto 59; Commissione/Finlandia, C-284/05, Racc. pag. I-11705, punto 58, Commissione/Italia, C-387/05, Racc. pag. I-11831, punto 59, e del 29 settembre 2011, Commissione/Irlanda, C-82/10, punto 63), si deve necessariamente constatare, in ogni caso, che tali condizioni non risultano comunque soddisfatte nel caso di specie.

91      Nella presente fattispecie, è sufficiente constatare che pur se il governo belga ha quantificato approssimativamente l’importo delle somme indebitamente riscosse dalle autorità belghe sulla base della normativa controversa, esso non ha tuttavia in alcun modo dimostrato l’esistenza di un rischio di gravi inconvenienti economici, mentre ciò costituisce una condizione sostanziale per la limitazione degli effetti delle sentenze della Corte nel tempo.

92      Pertanto, tale domanda non può essere accolta.

 Sulle spese

93      A norma dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno del Belgio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese. Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 4, primo comma, di detto regolamento, il Regno Unito, intervenuto nella causa, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Mantenendo norme diverse riguardo all’assoggettamento ad imposta dei redditi da capitali e da beni mobili a seconda che essi siano percepiti da società d’investimento residenti o da società d’investimento non residenti che non hanno un centro di attività stabile in Belgio, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 49 TFUE e 63 TFUE nonché 31 e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992.

2)      Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.