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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

30 gennaio 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali e libertà dei pagamenti – Restrizioni – Tassazione dei dividendi versati agli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) – Rimborso dell’imposta trattenuta sui dividendi – Presupposti – Criteri di differenziazione obiettivi – Criteri favorevoli, per loro natura o di fatto, ai contribuenti residenti»

Nella causa C-156/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), con decisione del 3 marzo 2017, pervenuta in cancelleria il 27 marzo 2017, nel procedimento

Köln-Aktienfonds Deka

contro

Staatssecretaris van Financiën,

con l’intervento di:

Nederlandse Orde van Belastingadviseurs,

Loyens en Loeff NV,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da P.G. Xuereb (relatore), presidente di sezione, T. von Danwitz e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 maggio 2019,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Köln-Aktienfonds Deka, da R. van der Jagt, in qualità di partner;

–        per il Nederlandse Orde van Belastingadviseurs, da F.R. Herreveld e J.J.A.M. Korving, in qualità di agenti;

–        per la Loyens en Loeff NV, da A.C. Breuer, advocaat, e S. Daniëls, consulente fiscale;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, inizialmente da T. Henze, J. Möller e R. Kanitz, successivamente da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e N. Gossement, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 settembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Köln-Aktienfonds Deka (in prosieguo: il «KA Deka») e lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle Finanze, Paesi Bassi), in merito al rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta a carico del KA Deka sui dividendi di azioni di società dei Paesi Bassi versati per gli esercizi dal 2002/2003 al 2007/2008.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        La direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) (GU 1985, L 375, pag. 3), era intesa, conformemente al suo quarto considerando, a prevedere per gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) situati negli Stati membri norme minime comuni per quanto riguarda la loro autorizzazione, il loro controllo, la loro struttura, la loro attività e le informazioni che sono tenuti a pubblicare. La direttiva 85/611 è stata ripetutamente modificata prima di essere abrogata, con effetto dal 1° luglio 2011, dalla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU 2009, L 302, pag. 32), che ha proceduto alla sua rifusione.

 Diritto dei Paesi Bassi

4        Nei Paesi Bassi, la disciplina concernente gli organismi di investimento collettivo a carattere fiscale (in prosieguo: gli «OICF») mira a consentire alle persone fisiche e, in particolare, ai piccoli risparmiatori di effettuare investimenti collettivi in determinati tipi di attivi. L’obiettivo perseguito da tale disciplina è quello di assimilare il trattamento fiscale applicabile alle persone fisiche che effettuano investimenti tramite un OICF a quello riservato alle persone fisiche che effettuano investimenti individualmente.

5        A tal fine, gli OICF sono assoggettati a un’aliquota d’imposta sulle società pari a zero. Essi beneficiano altresì del rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta sui dividendi percepiti nei Paesi Bassi. In tal senso, l’articolo 10, paragrafo 2, del Wet op de dividendbelasting 1965 (legge del 1965 relativa all’imposta sui dividendi), nella versione applicabile alla controversia principale, precisa quanto segue:

«Una società qualificata come organismo di investimento ai fini della riscossione dell’imposta sulle società può chiedere all’ispettore di adottare una decisione, impugnabile, che le riconosca il rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta a suo carico nel corso di un anno civile (...)».

6        Gli OICF hanno altresì diritto a una compensazione a titolo della ritenuta alla fonte prelevata a loro carico su prodotti di investimento all’estero.

7        Gli OICF, quando distribuiscono dividendi, sono tenuti a trattenere l’imposta dei Paesi Bassi sui dividendi, a carico del beneficiario dei dividendi medesimi.

8        La disciplina degli OICF è stabilita principalmente dall’articolo 28 del Wet op de vennootschapsbelasting 1969 (legge del 1969 relativa all’imposta sulle società), che fissa i requisiti che un organismo di investimento deve soddisfare per poter essere qualificato come OICF.

9        Tra tali requisiti figura l’obbligo a carico dell’organismo di investimento di distribuire, entro un determinato termine, ai propri azionisti o detentori di partecipazioni gli utili percepiti. In tal senso, l’articolo 28, paragrafo 2, lettera b), della legge del 1969 relativa all’imposta sulle società prevede che la parte dell’utile definita mediante decreto di portata generale sia versata agli azionisti e ai detentori di certificati di partecipazione entro otto mesi dalla chiusura dell’esercizio e che l’utile da versare sia ripartito in modo uguale tra le azioni e i certificati di partecipazione.

10      A tal riguardo, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, conformemente al Besluit beleggingsinstellingen (decreto sugli organismi di investimento collettivo) (Stb. 1970, n. 190), come modificato dal decreto del 20 dicembre 2007 (Stbl. 2007, n. 573) (in prosieguo: il «decreto sugli organismi di investimento collettivo»), gli importi non deducibili sono presi in considerazione ai fini del calcolo dell’utile distribuibile dell’organismo di investimento. Inoltre, un OICF può costituire una riserva di reinvestimento e una riserva di tesoreria per arrotondare gli importi da esso distribuiti.

11      La natura dell’azionariato dell’organismo di investimento figura altresì tra i requisiti ai quali è subordinata la qualifica di OICF, dovendo beneficiare del regime degli OICF soltanto gli investitori ai quali esso è destinato.

12      I requisiti relativi all’azionariato erano disciplinati, dal 2002 al 2006, all’articolo 28, paragrafo 2, lettere da c) a g), della legge del 1969 relativa all’imposta sulle società. Tali disposizioni distinguevano tra gli organismi di investimento le cui azioni o le cui partecipazioni erano collocate presso un ampio pubblico e gli altri soggetti, i quali erano assoggettati a requisiti più rigorosi. La distinzione tra tali organismi si basava sul fatto che le loro azioni o i loro certificati di partecipazione fossero o meno ufficialmente quotati presso la Borsa di Amsterdam.

13      Un organismo di investimento le cui azioni o partecipazioni erano quotate presso la Borsa di Amsterdam era in sostanza escluso dal regime degli OICF se il 45% o più delle sue azioni o delle sue partecipazioni erano detenute da un’entità assoggettata a un’imposta sugli utili, ad eccezione di un OICF con azioni o partecipazioni quotate presso la Borsa di Amsterdam, o erano detenute da un’entità avente un utile assoggettato ad un’imposta sugli utili gravante sui suoi azionisti o detentori di partecipazioni. Inoltre, un organismo di investimento non poteva beneficiare del regime previsto per gli OICF se una sola persona fisica deteneva almeno il 25% delle azioni o delle partecipazioni.

14      Un organismo di investimento le cui azioni o le cui partecipazioni non erano quotate presso la Borsa di Amsterdam era soggetto a requisiti più rigorosi e, per poter beneficiare del regime degli OICF, almeno il 75% delle sue azioni o delle sue partecipazioni dovevano in sostanza essere detenute da persone fisiche, da entità non assoggettate a un’imposta sull’utile, come i fondi pensione e gli organismi di beneficenza, o da altri OICF. Un organismo di investimento non poteva beneficiare del regime degli OICF se una o più persone fisiche detenevano partecipazioni pari ad almeno il 5% delle azioni o delle partecipazioni in tale organismo. Qualora il fondo di investimento disponesse di un’autorizzazione ai sensi del Wet houdende bepalingen inzake het toezicht op beleggingsinstellingen (legge recante disposizioni sulla sorveglianza dei fondi di investimento), del 27 giugno 1990 (Stb. 1990, n. 380), quest’ultimo divieto veniva meno a favore della regola ai sensi della quale nessuna persona fisica poteva detenere azioni nell’organismo pari o superiori al 25%.

15      A seguito di modifiche legislative, dal 1° gennaio 2007, al fine di poter beneficiare del regime degli OICF, le azioni o le partecipazioni di un organismo di investimento devono essere ammesse alla negoziazione su un mercato di strumenti finanziari, come quello di cui all’articolo 1:1 del Wet houdende regels met betrekking tot de financiële markten en het toezicht daarop (legge recante disposizioni sui mercati finanziari e sulla loro vigilanza), del 28 settembre 2006 (Stb. 2006, n. 475), o il fondo o il suo gestore devono disporre di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 2:65 di detta legge o esserne dispensati conformemente all’articolo 2:66, paragrafo 3, della medesima legge.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      Il KA Deka è un fondo di investimento di diritto tedesco (Publikums-Sondervermögen) con sede in Germania. Esso costituisce un OICVM ai sensi delle direttive 85/611 e 2009/65, di tipo aperto, quotato in Borsa, privo di personalità giuridica e personalmente esentato dall’imposta sugli utili in Germania. Esso effettua investimenti per conto di privati. Le sue azioni sono quotate presso la Borsa tedesca, ma la loro negoziazione avviene mediante un sistema detto «global stream system».

17      Durante gli esercizi dal 2002/2003 al 2007/2008, il KA Deka ha percepito dividendi distribuiti da società aventi sede nei Paesi Bassi, delle quali deteneva azioni. Tali dividendi erano assoggettati a un’imposta del 15%, ritenuta alla fonte, conformemente alla convenzione volta ad evitare la doppia imposizione nel settore dell’imposta sul reddito e dell’imposta sul patrimonio e varie altre imposte, nonché a disciplinare ulteriori questioni fiscali, conclusa il 16 giugno 1959 tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania (Trb. 1959, 85), come modificata dal terzo protocollo addizionale del 4 giugno 2004 (Trb. 2004, 185) (in prosieguo: la «convenzione fiscale tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania»). Il KA Deka, a differenza di un fondo di investimento stabilito nei Paesi Bassi avente i requisiti per essere qualificato come OICF, non ha potuto beneficiare del rimborso di detta imposta in base all’articolo 10, paragrafo 2, della legge del 1965 relativa all’imposta sui dividendi.

18      Il KA Deka non è assoggettato nei Paesi Bassi all’obbligo di effettuare una ritenuta obbligatoria dell’imposta sui dividendi da esso stesso distribuiti.

19      Il giudice del rinvio espone che, secondo le norme di diritto tributario tedesco, i privati che hanno investito in un fondo comune di investimento sono considerati beneficiari di un importo minimo teorico di dividendi. Gli importi che, di conseguenza, sono tassati oltre all’importo effettivamente distribuito sono denominati «prodotti equiparati a una distribuzione» (ausschüttungsgleiche Erträge). Nel corso degli anni di cui trattasi nel procedimento principale, i privati tedeschi che avevano investito in simili fondi beneficiavano di un’esenzione d’imposta applicabile alla metà della loro base imponibile, che corrispondeva agli utili effettivamente distribuiti maggiorati degli eventuali «prodotti equiparati a una distribuzione».

20      Fino al 2004, la normativa tedesca consentiva a tali privati di imputare integralmente – sull’imposta tedesca riscossa su metà della base imponibile tassata – l’importo dell’imposta dei Paesi Bassi sui dividendi a carico del fondo comune di investimento. A seguito di una modifica della normativa tedesca tale imputazione è stata limitata, dal 2004 al 2008, a metà dell’imposta dei Paesi Bassi ritenuta alla fonte e l’imputazione non poteva più essere effettuata se il fondo comune di investimento aveva scelto di dedurre dagli utili l’imposta estera ritenuta alla fonte.

21      Il KA Deka ha chiesto all’amministrazione fiscale dei Paesi Bassi il rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta a suo carico su dividendi distribuiti da società dei Paesi Bassi per gli esercizi dal 2002/2003 al 2007/2008.

22      Poiché l’Inspecteur van de Belastingdienst (Ispettore del servizio tributario; in prosieguo: l’«Inspecteur») ha respinto tali domande, il KA Deka ha adito il rechtbank Zeeland-West-Brabant (Tribunale di Zeeland-West-Brabant, Paesi Bassi) affinché si pronunciasse sulla legittimità della decisione dell’Ispettore del servizio tributario. Dinanzi a tale giudice il KA Deka ha sostenuto di poter essere equiparato a un fondo di investimento stabilito nei Paesi Bassi avente lo status di OICF, quale previsto all’articolo 28 della legge del 1969 relativa all’imposta sulle società, e di avere, di conseguenza, diritto al rimborso dell’imposta sui dividendi in applicazione dell’articolo 56 CE (divenuto articolo 63 TFUE).

23      Il rechtbank Zeeland-West-Brabant (Tribunale di Zeeland-West-Brabant), chiedendosi se il KA Deka fosse oggettivamente paragonabile a un OICF alla luce dei criteri di raffronto tra tali fondi stabiliti dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), e in considerazione del numero importante di cause dalle quali possono avere origine questioni analoghe a quelle oggetto della controversia principale, ha deciso di sottoporre a quest’ultimo giudice cinque questioni pregiudiziali.

24      Lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) constata, in via preliminare, che il KA Deka, nella sua forma giuridica, potrebbe essere qualificato come un OICF ed è sotto questo profilo oggettivamente paragonabile ad un OICF stabilito nei Paesi Bassi. Tale giudice precisa che, mentre un OICF stabilito nei Paesi Bassi avrebbe avuto diritto al rimborso dell’imposta sui dividendi richiesto dal KA Deka, a quest’ultimo non è riconosciuto alcun diritto al rimborso dell’imposta sui dividendi né dalla normativa dei Paesi Bassi né dalla convenzione fiscale tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania.

25      Ritenendo che possano sussistere ragionevoli dubbi sulle risposte da fornire alle questioni sollevate dal rechtbank Zeeland-West-Brabant (Tribunale di Zeeland-West-Brabant), lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 56 CE (attualmente divenuto articolo 63 TFUE) osti a che ad un fondo d’investimento stabilito al di fuori dei Paesi Bassi non venga concesso il rimborso dell’imposta olandese sui dividendi, trattenuta sui dividendi ad esso versati da enti stabiliti nei Paesi Bassi, per il motivo che esso non è sostituto d’imposta ai fini dell’imposta olandese sui dividendi, mentre tale rimborso è concesso ad un organo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nei Paesi Bassi che distribuisce annualmente ai suoi soci o ai suoi detentori di partecipazioni i suoi redditi d’investimento previa detrazione dell’imposta olandese sui dividendi dovuta.

2)      Se l’articolo 56 CE (attualmente divenuto articolo 63 TFUE) osti a che ad un fondo d’investimento stabilito al di fuori dei Paesi Bassi non venga concesso il rimborso dell’imposta olandese sui dividendi, trattenuta su dividendi percepiti da enti stabiliti nei Paesi Bassi, per il motivo che esso non dimostra che i suoi soci o i suoi detentori di partecipazioni soddisfano le condizioni previste dalla normativa dei Paesi Bassi.

3)      Se l’articolo 56 CE (attualmente divenuto articolo 63 TFUE) osti a che ad un fondo d’investimento stabilito al di fuori dei Paesi Bassi non venga concesso il rimborso dell’imposta olandese sui dividendi, trattenuta su dividendi percepiti da enti stabiliti nei Paesi Bassi, per il motivo che esso non distribuisce integralmente ogni anno ai suoi soci o i suoi detentori di partecipazioni gli utili percepiti dai suoi investimenti al più tardi entro l’ottavo mese dopo la chiusura dell’esercizio, anche se nel paese in cui tale fondo d’investimento è stabilito, in forza della normativa ivi vigente, gli utili percepiti dai suoi investimenti che non sono stati distribuiti a) sono considerati come distribuiti o b) sono inclusi nell’imposta che detto paese preleva da detti soci o detentori di partecipazioni come se tali utili fossero stati distribuiti, mentre il rimborso in questione viene concesso ad un organo di investimento collettivo a carattere fiscale stabilito nei Paesi Bassi che distribuisce annualmente gli utili percepiti dai suoi investimenti ai suoi soci o ai suoi detentori di partecipazioni previa detrazione dell’imposta olandese sui dividendi».

  Procedimento dinanzi alla Corte

26      Con decisione del presidente della Corte del 5 aprile 2017, la presente causa è stata riunita alla causa C-157/17 ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

27      In seguito alla pronuncia della sentenza del 21 giugno 2018, Fidelity Funds e a. (C-480/16, EU:C:2018:480), il giudice del rinvio ha informato la Corte, con lettera del 3 dicembre 2018, di voler ritirare la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-157/17 e la prima questione nella causa C-156/17, ma di mantenere le questioni seconda e terza sollevate nella causa C-156/17.

28      Con decisione del presidente della Corte del 4 dicembre 2018, la causa C-156/17 è stata separata dalla causa C-157/17 e quest’ultima è stata cancellata dal ruolo della Corte il 12 dicembre 2018.

 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

29      In seguito alla pronuncia delle conclusioni dell’avvocato generale, il KA Deka, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 18 settembre 2019, ha chiesto che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento, in applicazione dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.

30      A sostegno della sua domanda, il KA Deka fa valere che le conclusioni dell’avvocato generale contengono un’inesattezza in merito all’interpretazione dell’articolo 7, lettera e), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31). Contrariamente a quanto affermato dall’avvocato generale ai paragrafi da 79 a 81 delle sue conclusioni, l’articolo 7, lettera e), della direttiva 95/46 non sarebbe accompagnato da un effetto diretto orizzontale che autorizzi un organismo non pubblico a chiedere o a fornire dati personali a un altro organismo non pubblico. Detta inesattezza sarebbe tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte e, pertanto, da giustificare la riapertura della fase orale del procedimento.

31      A tal proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale presenta pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione in base alla quale quest’ultimo giunge alle proprie conclusioni (sentenza del 22 giugno 2017, Federatie Nederlandse Vakvereniging e a., C-126/16, EU:C:2017:489, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

32      Occorre altresì rilevare, in tale contesto, che né lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea né il regolamento di procedura della Corte prevedono la facoltà per le parti in causa o per gli interessati menzionati all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C-106/16, EU:C:2017:804, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). Il disaccordo di tale parte o di tale interessato con le conclusioni dell’avvocato generale, qualunque siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di conseguenza, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (sentenze del 25 ottobre 2017, Polbud – Wykonawstwo, C-106/16, EU:C:2017:804, punto 24, nonché del 29 novembre 2017, King, C-214/16, EU:C:2017:914, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

33      Ne consegue che la domanda di riapertura della fase orale del procedimento presentata dal KA Deka, nei limiti in cui è diretta a consentire a quest’ultimo di rispondere alle constatazioni fatte dall’avvocato generale nelle sue conclusioni in merito all’interpretazione della direttiva 95/46, non può essere accolta.

34      Ai sensi dell’articolo 83 del proprio regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

35      Tuttavia, nell’ambito della presente causa, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio.

36      Alla luce delle suesposte considerazioni non occorre disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

37      Occorre rilevare che, come risulta dalla decisione di rinvio, i dividendi versati dalle società stabilite nei Paesi Bassi a beneficiari stabiliti in tale Stato membro sono assoggettati a un’imposta sui dividendi. Qualora, come nel procedimento principale, il beneficiario dei dividendi abbia sede in un altro Stato membro, nel caso di specie in Germania, tali dividendi possono essere assoggettati nei Paesi Bassi a un’aliquota del 15% in forza della convenzione fiscale tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale di Germania.

38      Dalle indicazioni contenute in tale decisione risulta altresì che, per essere qualificati come OICF, possono chiedere e ottenere il rimborso dell’imposta sui dividendi versata solo i fondi di investimento che soddisfano i requisiti di cui all’articolo 28 della legge del 1969 relativa all’imposta sulle società per essere qualificati come OICF.

39      Un simile rimborso non è concesso ai fondi di investimento che non dimostrino di soddisfare detti requisiti, ivi compresi i fondi non residenti.

40      Di conseguenza, mentre i dividendi versati ai fondi qualificati come OICF non sono assoggettati ad imposta a loro carico, i dividendi versati ad altri organismi, compresi i fondi di investimento stabiliti in altri Stati membri, sono assoggettati a siffatta imposta.

41      Pertanto, un fondo di investimento che soddisfa i requisiti relativi agli OICF beneficia, per quanto riguarda i dividendi percepiti, di un trattamento fiscale più favorevole di quello al quale sono assoggettati i fondi di investimento che non soddisfano tali requisiti, ivi compresi i fondi di investimento non residenti.

42      A tal riguardo occorre ricordare che spetta a ciascuno Stato membro organizzare, in osservanza del diritto dell’Unione, il proprio sistema di tassazione degli utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta da applicare all’azionista beneficiario (v., in particolare, sentenze del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund, C-194/06, EU:C:2008:289, punto 30; del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 45, nonché del 30 giugno 2016, Riskin e Timmermans, C-176/15, EU:C:2016:488, punto 29).

43      Ne consegue che gli Stati membri sono liberi di prevedere, al fine di incoraggiare il ricorso agli organismi d’investimento collettivo, un regime impositivo particolare applicabile a tali organismi e ai dividendi da essi percepiti, nonché di definire i requisiti sostanziali e formali che debbano essere rispettati per beneficiare di tale regime (v., in tal senso, sentenze del 9 ottobre 2014, van Caster, C-326/12, EU:C:2014:2269, punto 47, e del 24 ottobre 2018, Sauvage e Lejeune, C-602/17, EU:C:2018:856, punto 34).

44      Inoltre, è inerente al principio dell’autonomia fiscale degli Stati membri che questi ultimi determinino gli elementi di prova necessari per dimostrare che i requisiti richiesti per beneficiare di un siffatto regime sono rispettati (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 37; del 9 ottobre 2014, van Caster, C-326/12, EU:C:2014:2269, punto 47, nonché del 24 ottobre 2018, Sauvage e Lejeune, C_602/17, EU:C:2018:856, punto 34).

45      Ciò nondimeno, gli Stati membri devono esercitare la loro autonomia tributaria nel rispetto degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, segnatamente quelli imposti dalle disposizioni del Trattato afferenti alla libera circolazione dei capitali (sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 38).

46      Di conseguenza, la previsione di un regime particolare applicabile agli organismi d’investimento collettivo, segnatamente la natura dei requisiti richiesti per beneficiare di esso e gli elementi di prova che devono essere forniti a tal fine, non deve costituire una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

47      Occorre rispondere alle questioni seconda e terza tenendo conto di tali considerazioni.

 Sulla seconda questione

48      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 63 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale ad un fondo di investimento non residente non è concesso, per il motivo che non fornisce la prova del fatto che i suoi azionisti o detentori di partecipazioni soddisfano i requisiti stabiliti da tale normativa, il rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta su dividendi da esso percepiti da entità stabilite in tale Stato membro.

49      A tal riguardo risulta dalla giurisprudenza della Corte che le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, includono quelle tali da dissuadere i non residenti dall’effettuare investimenti in uno Stato membro o da dissuadere i residenti di detto Stato membro dal compierne in altri Stati (v., in particolare, sentenze del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company, C-190/12, EU:C:2014:249, punto 39, nonché del 22 novembre 2018, Sofina e a., C-575/17, EU:C:2018:943, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

50      Occorre pertanto verificare, in primo luogo, se i requisiti relativi agli azionisti o detentori di partecipazioni di un fondo di investimento stabiliti da uno Stato membro, ai quali è subordinata la possibilità per tale fondo di chiedere il rimborso dell’imposta sui dividendi da esso versata, siano tali da dissuadere un fondo di investimento non residente dal compiere investimenti in tale Stato membro. Occorrerà verificare, in secondo luogo, se le prove che i fondi di investimento non residenti devono a tal fine fornire abbiano l’effetto di dissuaderli dal compiere investimenti in detto Stato membro.

51      In primo luogo, per quanto riguarda tali requisiti, dalla decisione di rinvio risulta che dal 2002 al 2006 i requisiti relativi all’azionariato prevedevano soglie di partecipazione che non dovevano essere superate dai detentori di azioni o di certificati di partecipazione di un fondo affinché quest’ultimo potesse essere qualificato come OICF. Tali soglie variavano in funzione del fatto che le azioni o i certificati di partecipazione del fondo fossero o meno ufficialmente quotati presso la Borsa di Amsterdam.

52      Infatti, quando le azioni o i certificati di partecipazione del fondo erano ufficialmente quotati presso la Borsa di Amsterdam, erano esclusi dal regime degli OICF i fondi le cui azioni o partecipazioni fossero detenute in misura pari o superiore al 45% da un’entità assoggettata a un’imposta sugli utili o da un entità il cui utile fosse assoggettato all’imposta sugli utili a carico dei suoi azionisti o dei suoi partecipanti, nonché i fondi nei quali una persona fisica deteneva da sola una partecipazione pari o superiore al 25%. Invece, quando le azioni o i certificati di partecipazione del fondo non erano ufficialmente quotati presso la Borsa di Amsterdam, almeno il 75% di questi ultimi doveva essere detenuto da persone fisiche, da entità non assoggettate a un’imposta sugli utili, come fondi pensione e organismi di beneficenza, o da altri OICF, senza che una persona fisica detenesse da sola una partecipazione pari o superiore al 5% o, qualora un organismo fosse stato autorizzato in base alla legge recante disposizioni sulla vigilanza nei confronti dei fondi di investimento, pari o superiore al 25%.

53      Dalla decisione di rinvio risulta altresì che, secondo la normativa nazionale applicabile dal 1° gennaio 2007, per poter beneficiare del regime degli OICF, le azioni o le partecipazioni di un organismo di investimento devono essere ammesse alla negoziazione su un mercato di strumenti finanziari, come previsto dalla legge recante disposizioni sui mercati finanziari e sulla loro vigilanza, o il fondo o il suo gestore devono disporre di un’autorizzazione o esserne dispensati in base a tale legge. Il giudice del rinvio precisa che è ormai irrilevante il fatto che le azioni o le partecipazioni in un fondo di investimento siano quotate presso la Borsa di Amsterdam.

54      Occorre rilevare che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, applicabile nel periodo 2002-2006, così come quella applicabile dal 1° gennaio 2007, non distingueva i fondi di investimento residenti dai fondi di investimento non residenti, nel senso che i requisiti ai quali era subordinato il rimborso dell’imposta sui dividendi si applicavano indistintamente a entrambi tali tipi di fondi.

55      Tuttavia, una normativa nazionale che è indistintamente applicabile agli operatori residenti e agli operatori non residenti può costituire una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che anche una distinzione basata su criteri obiettivi può, di fatto, svantaggiare le situazioni transfrontaliere (v., in tal senso, sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi, C-385/12, EU:C:2014:47, punti da 37 a 39).

56      Così avviene quando una normativa nazionale che è indistintamente applicabile agli operatori residenti e non residenti riserva il beneficio di un vantaggio fiscale alle situazioni in cui un operatore soddisfa requisiti o obblighi che sono, per loro natura o di fatto, propri del mercato nazionale, sicché solo gli operatori residenti sul mercato nazionale sono in grado di soddisfarli e gli operatori non residenti aventi caratteristiche comparabili generalmente non li soddisfano (v., in tal senso, sentenze del 9 ottobre 2014, van Caster, C-326/12, EU:C:2014:2269, punti 36 e 37, nonché dell’8 giugno 2017, Van der Weegen e a., C-580/15, EU:C:2017:429, punto 29).

57      In proposito, per quanto riguarda la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, applicabile nel periodo 2002-2006, dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio, come riassunte al punto 52 della presente sentenza, risulta che i fondi di investimento le cui azioni o le cui partecipazioni non erano quotate presso la Borsa di Amsterdam dovevano soddisfare requisiti più rigorosi rispetto ai fondi di investimento le cui azioni o partecipazioni erano state quotate presso tale Borsa.

58      Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se il requisito concernente gli azionisti, basato sulla quotazione delle azioni o delle partecipazioni del fondo di investimento presso la Borsa di Amsterdam, fosse tale, per sua natura o di fatto, da poter essere soddisfatto principalmente solo da fondi di investimento residenti, mentre i fondi di investimento non residenti, le cui azioni e partecipazioni non erano quotate presso la Borsa di Amsterdam, bensì presso un’altra Borsa, generalmente non soddisfacevano tale requisito.

59      Per quanto concerne la normativa nazionale applicabile a partire dal 1° gennaio 2007, dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio, come riassunte al punto 53 della presente sentenza, risulta che, per poter beneficiare del regime degli OICF, le azioni o le partecipazioni di un organismo di investimento devono essere ammesse alla negoziazione su un mercato di strumenti finanziari, quale previsto dalla legge recante disposizioni sui mercati finanziari e sulla loro vigilanza. Conformemente a tale normativa, rientra in detto regime anche il fondo o il suo gestore che disponga di un’autorizzazione o che ne sia dispensato in base a detta legge.

60      A tal riguardo spetta al giudice del rinvio verificare se i requisiti posti da quest’ultima normativa siano tali, per loro natura o di fatto, da poter essere soddisfatti principalmente solo da fondi di investimento residenti e non escludano, di fatto, dal beneficio di tale regime i fondi di investimento non residenti che soddisfano requisiti analoghi nel loro Stato membro di stabilimento.

61      In secondo luogo, per quanto riguarda le prove che devono essere fornite dai fondi di investimento non residenti al fine di dimostrare che soddisfano i presupposti per poter beneficiare del regime degli OICF e, pertanto, ottenere il rimborso dell’imposta sui dividendi da essi versata, si deve ricordare che le autorità fiscali di uno Stato membro hanno il diritto di esigere dal contribuente le prove a loro avviso necessarie per valutare se siano soddisfatti i presupposti per la concessione di un vantaggio fiscale previsto dalla normativa di cui trattasi e, di conseguenza, se si debba o meno concedere tale vantaggio (sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 95 nonché giurisprudenza ivi citata). Il contenuto, la forma e il livello di precisione cui devono rispondere le informazioni fornite dal contribuente al fine di poter beneficiare di un vantaggio fiscale sono stabiliti dallo Stato membro che conferisce tale vantaggio al fine di consentire al contribuente stesso la corretta applicazione dell’imposta (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2014, van Caster, C-326/12, EU:C:2014:2269, punto 52).

62      Tuttavia, al fine di non rendere impossibile o eccessivamente difficile per un contribuente non residente ottenere un vantaggio fiscale, non si può esigere che egli produca documenti conformi sotto ogni profilo alla forma e al livello di precisione dei documenti giustificativi previsti dalla normativa nazionale dello Stato membro che conferisce tale vantaggio, qualora, peraltro, i documenti forniti da tale contribuente consentano a detto Stato membro di verificare, in modo chiaro e preciso, se siano soddisfatti i presupposti per la concessione del vantaggio fiscale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 46). Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, i contribuenti non residenti non possono essere assoggettati ad oneri amministrativi eccessivi che li mettano in una condizione di effettiva impossibilità di beneficiare di un vantaggio fiscale.

63      Nel procedimento principale, il giudice del rinvio afferma che il KA Deka non può soddisfare i requisiti relativi all’azionariato a causa del sistema di negoziazione delle azioni scelto, che non gli consentirebbe di conoscere i suoi detentori di partecipazioni.

64      Pertanto, l’impossibilità di fornire la prova dei requisiti relativi all’azionariato non sembra risiedere né nella complessità intrinseca delle informazioni richieste, né nel mezzo di prova richiesto, né, ancora, nell’impossibilità giuridica di raccogliere detti dati a causa dell’applicazione della normativa sulla protezione dei dati che ha attuato la direttiva 95/46, ma discende dalla scelta del modello di negoziazione delle quote operata dal fondo di cui trattasi.

65      Orbene, in tali circostanze, il venir meno del flusso di informazioni verso l’operatore non è un problema di cui debba occuparsi lo Stato membro interessato (v. sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 98, nonché del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 48).

66      Nei limiti in cui i requisiti di prova di cui trattasi nel procedimento principale sembrano essere imposti anche a fondi di investimento residenti che abbiano scelto un sistema di negoziazione delle quote analogo a quello adottato dal KA Deka nel procedimento principale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, il rifiuto di concedere a un fondo di investimento non residente il rimborso dell’imposta sui dividendi da esso versata, per il motivo che quest’ultimo non ha potuto dimostrare in modo sufficiente di soddisfare detti requisiti, non costituisce un trattamento sfavorevole di un fondo di investimento non residente.

67      Di conseguenza, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 63 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale a un fondo di investimento non residente non è concesso il rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta su dividendi da esso percepiti da parte di entità stabilite in tale Stato membro, per il motivo che detto fondo non fornisce la prova del fatto che i suoi azionisti o detentori di partecipazioni soddisfano i requisiti fissati da tale normativa, a condizione che detti requisiti non svantaggino, di fatto, i fondi di investimento non residenti e che le autorità tributarie richiedano che la prova del rispetto di detti requisiti sia fornita anche da fondi di investimento residenti, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla terza questione

68      Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 63 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale a un fondo di investimento non residente non è concesso il rimborso dell’imposta sui dividendi che esso ha dovuto versare in tale Stato membro, per il motivo che esso non soddisfa i presupposti ai quali tale rimborso è subordinato, vale a dire che esso non distribuisce integralmente i redditi d’investimento ai suoi azionisti o detentori di partecipazioni ogni anno, entro otto mesi dalla chiusura del suo esercizio contabile, mentre nello Stato membro in cui esso è stabilito, in forza delle disposizioni normative vigenti, i redditi d’investimento non distribuiti sono considerati distribuiti o inclusi nell’imposta che tale Stato membro riscuote dagli azionisti o detentori di partecipazioni, come se detti utili fossero stati distribuiti.

69      Come risulta dalla decisione di rinvio, il requisito cui è subordinato il rimborso dell’imposta sui dividendi e che concerne la redistribuzione degli utili di un fondo è formulato in termini generali e non stabilisce alcuna distinzione tra i fondi di investimento residenti e i fondi di investimento non residenti. Infatti, tanto i fondi di investimento residenti quanto i fondi di investimento non residenti devono soddisfare tale requisito al fine di beneficiare del rimborso dell’imposta sui dividendi versata.

70      Tuttavia, tenuto conto della giurisprudenza ricordata ai punti 55 e 56 della presente sentenza, occorre verificare se il requisito in esame, pur essendo indistintamente applicabile, sia tale da svantaggiare, di fatto, i fondi di investimento non residenti.

71      Come ricordato al punto 43 della presente sentenza, in assenza di armonizzazione a livello dell’Unione europea, ciascuno Stato membro è libero di stabilire se, al fine di incoraggiare il ricorso agli organismi d’investimento collettivo, prevedere un regime impositivo particolare applicabile a tali organismi e ai dividendi da essi percepiti, nonché di definire i requisiti sostanziali e formali che devono essere rispettati al fine di beneficiare di un siffatto regime. Pertanto, i requisiti relativi a siffatti regimi sono necessariamente propri di ciascuno Stato membro e diversi tra loro.

72      Inoltre, la libera circolazione dei capitali non può essere intesa nel senso che uno Stato membro sia obbligato a stabilire le proprie norme tributarie in funzione di quelle di un altro Stato membro, al fine di garantire, in ogni situazione, una tassazione che elimini qualsivoglia disparità derivante dalle normative tributarie nazionali, considerato che le decisioni adottate da un contribuente riguardo agli investimenti in un altro Stato membro possono essere, a seconda dei casi, più o meno favorevoli o sfavorevoli per il contribuente medesimo (sentenza del 7 novembre 2013, K, C-322/11, EU:C:2013:716, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

73      Tuttavia, subordinare la possibilità di ottenere il rimborso della ritenuta alla fonte al rigoroso rispetto dei requisiti previsti dalla normativa nazionale, a prescindere dalle condizioni di legge alle quali i fondi di investimento non residenti sono assoggettati nel loro Stato di stabilimento, equivarrebbe a riservare ai soli fondi di investimento residenti la possibilità di beneficiare di un trattamento favorevole dei dividendi. Infatti, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, i fondi di investimento residenti sarebbero generalmente idonei a soddisfare tutti i requisiti stabiliti dalla legislazione del loro Stato di stabilimento, mentre i fondi di investimento non residenti potrebbero soddisfare in genere solo i requisiti fissati dallo Stato membro in cui sono stabiliti.

74      In tali condizioni, non si può escludere che un fondo d’investimento non residente che, a causa del quadro normativo vigente nel suo Stato di stabilimento, non soddisfi tutti i requisiti stabiliti dallo Stato membro che conferisce il vantaggio fiscale di cui trattasi, si trovi ciononostante in una situazione essenzialmente paragonabile a quella di un fondo d’investimento residente che soddisfi siffatti requisiti.

75      Pertanto, affinché i requisiti previsti dalla normativa di uno Stato membro, pur essendo indistintamente applicabili ai fondi di investimento residenti e non residenti, non svantaggino, di fatto, i fondi d’investimento non residenti, questi ultimi devono essere messi in grado di dimostrare che essi si trovano, segnatamente a causa del contesto normativo vigente nel loro Stato di stabilimento, in una situazione paragonabile a quella dei fondi d’investimento residenti che soddisfano tali requisiti.

76      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che la comparabilità o meno di una situazione transfrontaliera con una situazione interna dev’essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali di cui trattasi nonché dell’oggetto e del contenuto di queste ultime (v., in particolare, sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C-252/14, EU:C:2016:402, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

77      In proposito, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che il requisito relativo alla redistribuzione degli utili è legato all’obiettivo del regime degli OICF di far sì che il rendimento degli investimenti che un privato realizza tramite un organismo di investimento sia lo stesso del rendimento degli investimenti realizzati a titolo individuale. A tal fine, risulta altresì da tale fascicolo che il legislatore nazionale ha ritenuto essenziale che gli organismi di investimento facessero circolare al più presto gli utili derivanti dagli investimenti verso i risparmiatori di cui hanno investito i fondi.

78      Per quanto riguarda il nesso tra l’obbligo di ridistribuzione degli utili e l’imposizione a livello degli investitori, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta inoltre che l’obbligo di ridistribuzione comportava l’assoggettamento all’imposta sui redditi. Tuttavia, a causa dell’introduzione, nel 2001, della tassazione del rendimento annuo forfettario, calcolato per i privati indipendentemente dal rendimento effettivo che essi hanno ricavato dalle loro azioni e dai loro altri investimenti, il ricorrente nel procedimento principale, le intervenienti nel procedimento principale, nonché la Commissione europea si interrogano sul carattere indispensabile della ridistribuzione degli utili di un fondo al fine di conseguire l’obiettivo di neutralità dell’imposizione tra gli investimenti diretti e quelli effettuati tramite un fondo di investimento.

79      Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare il diritto nazionale, tenendo conto di tutti gli elementi della normativa tributaria oggetto del procedimento principale e del regime fiscale nazionale nella sua globalità, determinare l’obiettivo principale sotteso al requisito della ridistribuzione degli utili.

80      Se risulta che l’obiettivo perseguito è quello di far pervenire al più presto agli investitori che abbiano fatto ricorso ai servizi di un fondo di investimento gli utili da essi realizzati, la situazione di un fondo di investimento non residente che non distribuisce i redditi derivanti dai suoi investimenti, quand’anche tali redditi siano considerati distribuiti, non è oggettivamente comparabile a quella di un fondo di investimento residente che distribuisce i suoi redditi alle condizioni previste dalla normativa nazionale.

81      Se, invece, l’obiettivo perseguito consiste principalmente nella tassazione degli utili a carico dell’azionista di un fondo d’investimento, occorre considerare che un fondo di investimento residente che effettua una distribuzione effettiva dei suoi utili e un fondo di investimento non residente i cui utili non sono distribuiti, ma sono considerati distribuiti e sono assoggettati ad imposta, in quanto tali, a carico dell’azionista di detto fondo, si trovano in una situazione oggettivamente comparabile. Infatti, in entrambi i casi, il livello di tassazione è spostato dal fondo di investimento verso l’azionista.

82      In quest’ultima situazione, il rifiuto di uno Stato membro di concedere a un fondo di investimento non residente il rimborso dell’imposta sui dividendi da esso versata in tale Stato membro, per il motivo che esso non distribuisce integralmente ai suoi azionisti o detentori di partecipazioni gli utili derivanti dai suoi investimenti ogni anno, entro otto mesi dalla chiusura del suo esercizio contabile, mentre nello Stato membro in cui tale fondo è stabilito, in forza delle disposizioni di legge vigenti, l’utile derivante dai suoi investimenti che non sia stato distribuito è considerato distribuito o è incluso nell’imposta che tale Stato membro riscuote dagli azionisti o detentori di partecipazioni di detto fondo, come se detto utile fosse stato distribuito, costituirebbe una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

83      Orbene, tale restrizione può essere ammessa soltanto se è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e non eccede quanto è necessario per raggiungerlo (sentenza del 24 novembre 2016, SECIL, C-464/14, EU:C:2016:896, punto 56).

84      Si deve tuttavia rilevare che, nel procedimento principale, il governo dei Paesi Bassi non ha invocato simili motivi per quanto riguarda il requisito relativo alla ridistribuzione degli utili del fondo di investimento di cui trattasi.

85      In tali circostanze, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 63 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale a un fondo di investimento non residente non è concesso il rimborso dell’imposta sui dividendi che esso ha dovuto versare in tale Stato membro, per il motivo che esso non soddisfa i requisiti di legge ai quali è subordinato tale rimborso, vale a dire che esso non distribuisce integralmente ai suoi azionisti o detentori di partecipazioni gli utili derivanti dai suoi investimenti ogni anno, entro otto mesi dalla chiusura del suo esercizio contabile, mentre, nello Stato membro in cui è stabilito, l’utile derivante dai suoi investimenti che non sia stato distribuito è considerato distribuito o rientra nell’imposta che detto Stato membro riscuote dagli azionisti o detentori di partecipazioni come se tale utile fosse stato distribuito e che, tenuto conto dell’obiettivo sotteso a tali requisiti, un simile fondo si trovi in una situazione paragonabile a quella di un fondo residente che beneficia del rimborso di tale imposta, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

 Sulle spese

86      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 63 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale a un fondo di investimento non residente non è concesso il rimborso dell’imposta sui dividendi trattenuta su dividendi da esso percepiti da parte di entità stabilite in tale Stato membro, per il motivo che detto fondo non fornisce la prova che i suoi azionisti o detentori di partecipazioni soddisfano i requisiti fissati da tale normativa, a condizione che detti requisiti non svantaggino, di fatto, i fondi di investimento non residenti e che le autorità tributarie richiedano che la prova del rispetto di detti requisiti sia fornita anche da parte di fondi di investimento residenti, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare.

2)      L’articolo 63 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale a un fondo di investimento non residente non è concesso il rimborso dell’imposta sui dividendi che esso ha dovuto versare in tale Stato membro, per il motivo che esso non soddisfa i requisiti di legge ai quali è subordinato tale rimborso, vale a dire che esso non distribuisce integralmente ai suoi azionisti o detentori di partecipazioni gli utili derivanti dai suoi investimenti ogni anno, entro otto mesi dalla chiusura del suo esercizio contabile, mentre, nello Stato membro in cui è stabilito, l’utile derivante dai suoi investimenti che non sia stato distribuito è considerato distribuito o rientra nell’imposta che detto Stato membro riscuote dagli azionisti o detentori di partecipazioni come se tale utile fosse stato distribuito e che, tenuto conto dell’obiettivo sotteso a tali requisiti, un simile fondo si trovi in una situazione paragonabile a quella di un fondo residente che beneficia del rimborso di tale imposta, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.