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 SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

16 dicembre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali – Fondi comuni di investimento chiusi – Fondi comuni di investimento aperti – Investimenti in beni immobili – Imposte ipotecarie e catastali – Vantaggio fiscale riservato ai soli fondi immobiliari chiusi – Differenza di trattamento – Comparabilità delle situazioni – Criteri obiettivi di differenziazione»

Nelle cause riunite C-478/19C-479/19,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con decisioni del 21 dicembre 2018, pervenute in cancelleria il 19 giugno 2019, nei procedimenti

UBS Real Estate Kapitalanlagegesellschaft mbH

contro

Agenzia delle Entrate,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, I. Ziemele, T. von Danwitz, P.G. Xuereb (relatore) e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: G. Hogan

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la UBS Real Estate Kapitalanlagegesellschaft mbH, da S. Ricci e M. Serpieri, avvocati;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da W. Roels e F. Tomat, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 febbraio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 43 e 56 CE (divenuti, in seguito a modifica, articoli 49 e 63 TFUE).

2

Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra la UBS Real Estate Kapitalanlagegesellschaft mbH (in prosieguo: la «UBS Real Estate») e l’Agenzia delle Entrate (Italia), in merito alla limitazione del beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi di investimento chiusi, escludendo quelli aperti.

Diritto italiano

Decreto legislativo del 31 ottobre 1990, n. 347

3

Il decreto legislativo del 31 ottobre 1990, n. 347 – Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale (supplemento ordinario alla GURI n. 277, del 27 novembre 1990), nella versione applicabile ai procedimenti principali, prevede, da un lato, che le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari sono soggette all’imposta ipotecaria. La base imponibile di tale imposta è costituita dal valore dell’immobile trasferito o conferito e l’aliquota è fissata all’1,6%.

4

Dall’altro lato, l’imposta catastale è anch’essa regolata dal suddetto decreto legislativo del 31 ottobre 1990, n. 347, e si applica alla voltura, vale a dire il cambiamento del nome del titolare del diritto di proprietà o di un diritto reale su un immobile iscritto nel catasto. Detta imposta, la cui aliquota è dello 0,4%, è proporzionale al valore di tale immobile.

Decreto legislativo n. 58/1998

5

Il decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (supplemento ordinario alla GURI n. 71, del 26 marzo 1998), nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 58/1998»), all’articolo 1, intitolato «Definizioni», disponeva quanto segue:

«1.   Nel presente decreto legislativo si intendono per:

(...)

(k) “fondo aperto”: il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno il diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo;

(l) “fondo chiuso”: il fondo comune di investimento in cui il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate (...);

(...)».

6

L’articolo 36 di tale decreto legislativo, intitolato «Fondi comuni di investimento», era così formulato:

«1.   Il fondo comune di investimento è gestito dalla società di gestione del risparmio che lo ha istituito o da altra società di gestione del risparmio. Quest’ultima può gestire sia fondi di propria istituzione sia fondi istituiti da altre società.

(...)

3.   Il rapporto di partecipazione al fondo comune di investimento è disciplinato dal regolamento del fondo. La Banca d’Italia, sentita la CONSOB [Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, Italia], determina i criteri generali di redazione del regolamento del fondo e il suo contenuto minimo, a integrazione di quanto previsto dall’articolo 39.

(...)

6.   Ciascun fondo comune di investimento, o ciascun comparto di uno stesso fondo, costituisce patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della società di gestione del risparmio e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società. (...)».

7

L’articolo 37 di detto decreto legislativo così prevedeva:

«Il Ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la Banca d’Italia e la CONSOB, determina i criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento con riguardo:

a)

all’oggetto dell’investimento;

b)

alle categorie di investitori cui è destinata l’offerta delle quote;

c)

alle modalità di partecipazione ai fondi aperti e chiusi, con particolare riferimento alla frequenza di emissione e rimborso delle quote, all’eventuale ammontare minimo delle sottoscrizioni e alle procedure da seguire;

d)

all’eventuale durata minima e massima;

d-bis) alle condizioni e alle modalità con le quali devono essere effettuati gli acquisti o i conferimenti dei beni, sia in fase costitutiva che in fase successiva alla costituzione del fondo, nel caso di fondi che investano esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari;

(...)

2-bis.   Con il regolamento previsto dal comma 1, sono altresì individuate le materie sulle quali i partecipanti dei fondi chiusi si riuniscono in assemblea per adottare deliberazioni vincolanti per la società di gestione del risparmio. L’assemblea delibera in ogni caso sulla sostituzione della società di gestione del risparmio, sulla richiesta di ammissione a quotazione ove non prevista e sulle modifiche delle politiche di gestione. (...)».

8

Ai sensi dell’articolo 39 del medesimo decreto legislativo, intitolato «Regolamento del fondo»:

«1.   Il regolamento di ciascun fondo comune di investimento definisce le caratteristiche del fondo, ne disciplina il funzionamento, indica la società promotrice, il gestore, se diverso dalla società promotrice, e la banca depositaria, definisce la ripartizione dei compiti tra tali soggetti, regola i rapporti intercorrenti tra tali soggetti e i partecipanti al fondo.

2.   Il regolamento stabilisce in particolare:

a)

la denominazione e la durata del fondo;

b)

le modalità di partecipazione al fondo, i termini e le modalità dell’emissione ed estinzione dei certificati e della sottoscrizione e del rimborso delle quote nonché le modalità di liquidazione del fondo;

c)

gli organismi competenti per la scelta degli investimenti e i criteri di ripartizione degli investimenti medesimi;

d)

il tipo di beni, di strumenti finanziari e di altri valori in cui è possibile investire il patrimonio del fondo;

(...)».

Decreto-legge n. 223/2006

9

L’articolo 35, intitolato «Misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale», del decreto-legge del 4 luglio 2006 n. 223 – Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale (GURI n. 153, del 4 luglio 2006), nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: il «decreto-legge n. 223/2006»), convertito in legge con modificazioni dalla legge del 4 agosto 2006, n. 248 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale (supplemento ordinario alla GURI n. 186, dell’11 agosto 2006), al comma 10-ter, prevede quanto segue:

«Per le volture catastali e le trascrizioni relative alle cessioni di beni immobili strumentali di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 [Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972)], anche se assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, di cui siano parte fondi immobiliari chiusi disciplinati dall’articolo 37 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo [n. 58/1998], e successive modificazioni, e dall’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86 [Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi (supplemento ordinario alla GURI n. 29, del 5 febbraio 1994)], ovvero imprese di locazione finanziaria, ovvero banche e intermediari finanziari (...), limitatamente all’acquisto ed al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria, le aliquote delle imposte ipotecaria e catastale, come modificate dal comma 10-bis, del presente articolo, sono ridotte della metà. L’efficacia della disposizione di cui al periodo precedente decorre dal 1o ottobre 2006».

Decreto ministeriale n. 228/1999

10

Il decreto ministeriale del 24 maggio 1999, n. 228 – Regolamento recante norme per la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni di investimento (GURI n. 164, del 15 luglio 1999), nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: il «decreto ministeriale n. 228/1999»), all’articolo 1, primo comma, lettera d)-bis, dispone quanto segue:

«[sono] “fondi immobiliari”: i fondi che investono esclusivamente o prevalentemente in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari».

11

Ai sensi dell’articolo 12-bis, primo comma, del decreto ministeriale n. 228/1999:

«I fondi immobiliari sono istituiti in forma chiusa».

Procedimenti principali e questione pregiudiziale

12

La UBS Real Estate, una società di gestione del risparmio per fondi comuni di investimento con sede legale in Germania e avente una società figlia in Italia, gestisce, in particolare, due fondi di investimento immobiliare aperti, costituiti secondo il diritto tedesco, ossia UBS (D) 3 Sector Real Estate Europe [in precedenza UBS (D) 3 Kontinente Immobilien]) e UBS (D) Euroinvest Immobilien Real Estate Investment Fund (in prosieguo, congiuntamente: i «fondi UBS»).

13

Il 4 ottobre 2006, detta società di gestione ha acquistato, per conto dei fondi UBS, due complessi immobiliari strumentali, situati in San Donato Milanese (Italia) e, all’atto della registrazione di questi ultimi, ha dovuto pagare all’Agenzia delle Entrate imposte ipotecarie e catastali, il cui importo complessivo ammontava, rispettivamente, ad EUR 802400 e ad EUR 820900 per ciascuno di tali complessi immobiliari.

14

Successivamente, detta società di gestione ha appreso che il decreto-legge n. 223/2006 era entrato in vigore prima degli acquisti così effettuati, vale a dire il 1o ottobre 2006, e che tale decreto-legge prevedeva, al suo articolo 35, comma 10-ter, la riduzione della metà delle imposte ipotecarie e catastali per gli acquisti di beni immobili, effettuati da o per conto di fondi immobiliari chiusi, disciplinati dall’articolo 37 del decreto legislativo n. 58/1998.

15

Ritenendo che i fondi di investimento aperti avessero anch’essi diritto di beneficiare di tale riduzione, la medesima società di gestione ha chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso della metà delle somme versate a titolo di tali imposte, per quanto riguarda i due complessi immobiliari che essa aveva acquistato per conto dei fondi UBS.

16

In mancanza di risposta da parte dell’Agenzia delle Entrate, la UBS Real Estate ha presentato ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano (Italia) contro le due rispettive decisioni implicite di rigetto. Con sentenze del 21 dicembre 2009 (n. 282/05/09 e n. 283/05/09), tale giudice ha respinto i ricorsi, dichiarando che, con il decreto-legge n. 223/2006, il legislatore italiano aveva inteso limitare il beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali alla sola categoria dei fondi di investimento chiusi.

17

La UBS Real Estate ha presentato appello contro entrambe le suddette decisioni dinanzi alla Commissione tributaria regionale per la Lombardia (Italia). Con sentenze del 3 aprile 2012, tale giudice ha respinto detti appelli, affermando, in sostanza, che, a causa delle notevoli differenze tra i fondi di investimento chiusi riconosciuti e operanti in Italia e i fondi di investimento aperti, riconosciuti e operanti in Germania, non vi era motivo di ravvisare una violazione, in particolare, del diritto dell’Unione sulla base di una differenza di trattamento, in quanto a fattispecie diverse può corrispondere una disciplina tributaria diversa.

18

Ritenendo che il giudice d’appello avesse erroneamente considerato che l’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006 era conforme alle disposizioni degli articoli 12, 43 e 56 CE (divenuti, in seguito a modifica, articoli 18, 49 e 63 TFUE), la UBS Real Estate ha proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio. A sostegno delle sue impugnazioni, essa afferma, in particolare, che, poiché in appello era stato considerato che i due tipi di fondi di investimento menzionati al punto precedente corrispondevano a situazioni diverse che potevano essere trattate in maniera diversa, mentre siffatte differenze non erano rilevanti rispetto alla ratio legis dell’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006, erano state violate le disposizioni dei Trattati relative alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento.

19

Il giudice del rinvio sottolinea, anzitutto, che il regime fiscale italiano dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi era stato oggetto di numerosi interventi del legislatore nazionale nel corso degli ultimi anni. Tali interventi sarebbero stati ispirati da due finalità diverse, vale a dire quella di incentivare lo sviluppo di un peculiare strumento del risparmio gestito e quella di limitarne l’utilizzo a fini di elusione della normativa tributaria.

20

Il giudice del rinvio fornisce poi chiarimenti sulle caratteristiche specifiche dei due tipi di fondi di investimento interessati. A tale riguardo, esso spiega, da un lato, che la normativa italiana relativa ai fondi comuni di investimento prevede, per i fondi di investimento chiusi, il rimborso, da parte della società di gestione del risparmio che li ha istituiti, delle sole quote sottoscritte nel corso di periodi specifici. Tali fondi sono, pertanto, caratterizzati da un numero di quote prestabilite, che non varia nel tempo. Poiché il patrimonio, di natura fissa, di detti fondi è ad essi conferito all’atto della loro costituzione, è possibile sottoscrivere tali strumenti di investimento collettivo solo nel corso di un determinato periodo prestabilito e la restituzione del capitale così investito può essere richiesta solo alla scadenza degli stessi fondi o dopo la scadenza di un certo numero di anni successivi alla loro costituzione. Al di fuori di tali periodi, le quote di un fondo di investimento chiuso potrebbero essere acquistate e vendute solo in Borsa. Poiché la durata di un fondo del genere varia tra 10 anni e 30 anni, il patrimonio di quest’ultimo sarebbe diviso al suo termine tra i diversi partecipanti o, nel caso in cui fosse venduto, l’eventuale ricavato sarebbe distribuito a questi ultimi.

21

Dall’altro lato, dalla normativa italiana applicabile risulterebbe che i fondi di investimento aperti sono caratterizzati dalla natura variabile del loro patrimonio, il quale può aumentare o diminuire su base giornaliera, in funzione di nuove sottoscrizioni o domande di rimborso di quote. Sarebbe così possibile sottoscriverli in qualsiasi momento, così come ottenere il rimborso, totale o parziale, del capitale conferito. A questo proposito, il giudice nazionale precisa che, mentre l’investitore di un fondo chiuso che intende dismettere il suo investimento non ha alternativa alla cessione delle sue quote a un terzo, il detentore di quote di un fondo aperto può, invece, chiedere a quest’ultimo la restituzione dell’importo corrispondente alle sue quote.

22

Infine, il giudice del rinvio rileva che l’eventuale insorgere di una crisi del mercato, che potrebbe intervenire a seguito di una diminuzione dei prezzi degli immobili, potrebbe indurre numerosi partecipanti ai fondi di investimento aperti a chiedere il rimborso anticipato delle loro quote, il che avrebbe la conseguenza di provocare l’assorbimento delle riserve di liquidità di tali fondi. Questi ultimi sarebbero quindi costretti a vendere una parte dei beni immobili acquistati al di sotto del loro valore normale, al fine di poter soddisfare tali domande di rimborso. In quest’ottica, l’obiettivo del legislatore italiano sotteso alla scelta di limitare la riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi di investimento chiusi potrebbe essere consistito nel tutelare e nell’avvantaggiare la costituzione di fondi di investimento non connotati da «intenti fortemente speculativi». Un approccio simile non sarebbe tuttavia esente da critiche, in quanto creerebbe, di fatto, un ostacolo agli investimenti provenienti da altri Stati membri, dal momento che i fondi di investimento aperti, originari di tali Stati, sarebbero dissuasi dall’acquistare beni immobili strumentali in Italia.

23

In tali circostanze, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, formulata in termini identici nelle cause C-478/19C-479/19:

«Se il diritto [dell’Unione] – ed in particolare le disposizioni [dei Trattati] in materia di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali, come interpretate da codesta Corte – ostino all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale, come quella di cui all’articolo 35, comma 10-ter del decreto-legge n. 223/2006, nella parte in cui limita ai fondi di investimento immobiliare chiusi l’agevolazione delle imposte ipotecarie e catastali».

24

Con decisione del presidente della Corte del 22 luglio 2019, le cause C-478/19C-479/19 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

Sulla questione pregiudiziale

25

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 43 e 56 CE (divenuti, in seguito a modifica, articoli 49 e 63 TFUE) debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che limita il beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi immobiliari chiusi, escludendo quelli aperti.

Sulla libertà di circolazione applicabile

26

In via preliminare, per quanto riguarda l’applicabilità delle disposizioni del Trattato FUE e l’argomento del governo italiano secondo cui, in sostanza, la risposta alla questione pregiudiziale sollevata in ciascuno dei procedimenti riuniti dovrebbe essere fondata sulle pertinenti disposizioni della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU 2011, L 174, pag. 1), è sufficiente constatare che tale direttiva non era applicabile alla data dei fatti che hanno dato luogo ai procedimenti principali.

27

Ciò precisato, dato che la questione pregiudiziale di cui trattasi fa riferimento, al contempo, alle disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali, occorre individuare quale sia la libertà applicabile nei procedimenti principali (sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth, C-52/16C-113/16, EU:C:2018:157, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

28

A tale riguardo, da giurisprudenza consolidata risulta che, per determinare se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2018, Fidelity Funds e a., C-480/16, EU:C:2018:480, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak, C-323/18, EU:C:2020:140, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

29

Occorre altresì ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, i provvedimenti nazionali che disciplinano le operazioni mediante le quali dei non residenti effettuano investimenti immobiliari nel territorio di uno Stato membro possono rientrare tanto nell’ambito di applicazione dell’articolo 43 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 49 TFUE), relativo alla libertà di stabilimento, quanto nell’ambito di applicazione dell’articolo 56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE), relativo alla libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, sentenza del 1o giugno 1999, Konle, C-302/97, EU:C:1999:271, punto 22).

30

Orbene, il diritto di acquistare, gestire e alienare beni immobili nel territorio di un altro Stato membro, che costituisce il complemento necessario della libertà di stabilimento genera, quando viene esercitato, movimenti di capitali (v., in tal senso, sentenze del 25 gennaio 2007, Festersen, C-370/05, EU:C:2007:59, punto 22 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 ottobre 2007, ELISA, C-451/05, EU:C:2007:594, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

31

I movimenti di capitali comprendono, infatti, le operazioni con cui soggetti non residenti effettuano investimenti immobiliari nel territorio di uno Stato membro, come risulta dalla nomenclatura dei movimenti di capitali di cui all’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (GU 1988, L 178, pag. 5), nomenclatura che conserva il valore indicativo che le era proprio per definire la nozione di movimenti di capitali (sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth, C-52/16C-113/16, EU:C:2018:157, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

32

Nel caso di specie, la normativa nazionale di cui ai procedimenti principali verte sulla riduzione delle imposte ipotecarie e catastali relative alle cessioni di beni immobili strumentali di cui siano parte, in particolare, fondi immobiliari chiusi.

33

Benché tale normativa possa, a priori, rientrare nell’ambito di applicazione tanto dell’articolo 43 CE quanto dell’articolo 56 CE (divenuti, in seguito a modifica, articoli 49 e 63 TFUE), resta il fatto che, nelle circostanze che caratterizzano i procedimenti principali, le eventuali limitazioni della libertà di stabilimento che detta normativa comporta sarebbero una conseguenza inevitabile della limitazione della libera circolazione dei capitali e non giustificherebbero, quindi, un’analisi autonoma della medesima normativa alla luce dell’articolo 43 CE (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth, C-52/16C-113/16, EU:C:2018:157, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

34

Inoltre, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che l’acquisto dei due complessi immobiliari in questione è stato effettuato dalla UBS Real Estate, per conto dei fondi UBS, soltanto come investimento passivo, al solo scopo di realizzare un investimento finanziario e non per stabilirvi un’attività economica.

35

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre esaminare la misura nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali esclusivamente alla luce delle disposizioni del diritto primario relative alla libera circolazione dei capitali, vale a dire l’articolo 56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE).

Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

36

Occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, le misure vietate dall’articolo 56, paragrafo 1, CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63, paragrafo 1, TFUE), in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, includono quelle tali da dissuadere i non residenti dall’effettuare investimenti in uno Stato membro o da dissuadere i residenti di detto Stato membro dal compierne in altri Stati (v., segnatamente, sentenze del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C-252/14, EU:C:2016:402, punto 27 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

37

Nel caso di specie, poiché la questione sollevata nell’ambito dei procedimenti principali è se le differenze esistenti tra i fondi di investimento chiusi e quelli aperti siano tali da consentire che questi due tipi di fondi siano trattati diversamente da un punto di vista fiscale, occorre esaminare se il criterio relativo al tipo «aperto» o «chiuso» del fondo immobiliare possa costituire una restrizione, vietata, in linea di principio, dall’articolo 56, paragrafo 1, CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63, paragrafo 1, TFUE).

38

A questo proposito, si deve rilevare che il criterio relativo alla forma del fondo immobiliare non dà luogo di per sé a una disparità di trattamento tra i fondi immobiliari residenti e quelli non residenti.

39

Tuttavia, una normativa nazionale che è indistintamente applicabile agli operatori residenti e agli operatori non residenti può costituire una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che anche una distinzione basata su criteri obiettivi può, di fatto, svantaggiare le situazioni transfrontaliere (sentenza del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

40

Così avviene laddove una normativa nazionale che è indistintamente applicabile agli operatori residenti e non residenti riserva il beneficio di un vantaggio fiscale alle situazioni in cui un operatore soddisfa requisiti o obblighi che sono, per loro natura o di fatto, propri del mercato nazionale, sicché solo gli operatori residenti sul mercato nazionale sono in grado di soddisfarli e gli operatori non residenti aventi caratteristiche comparabili generalmente non li soddisfano (sentenza del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

41

A tale riguardo, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, conformemente all’articolo 12-bis del decreto ministeriale n. 228/1999, i fondi immobiliari possono essere istituiti, in Italia, solo come fondi di investimento chiusi.

42

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 75 e 76 delle sue conclusioni, dal momento che solo i fondi immobiliari soggetti al diritto di Stati membri diversi dalla Repubblica italiana possono essere istituiti sotto forma di fondi di investimento aperti e possono, di conseguenza, vedersi negare il beneficio del vantaggio fiscale conferito dall’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006, l’applicazione del criterio distintivo basato sulla natura «aperta» o «chiusa» dei fondi di investimento crea una situazione di svantaggio per i fondi immobiliari soggetti al diritto di Stati membri diversi dalla Repubblica italiana, dando così luogo a una disparità di trattamento a loro danno.

43

Pertanto, si deve ritenere che, come sostenuto dal giudice del rinvio, tale disparità di trattamento sia tale da dissuadere i fondi di investimento aperti soggetti al diritto di Stati membri diversi dalla Repubblica italiana dall’acquistare beni immobili strumentali nel territorio di quest’ultimo Stato e costituisca, pertanto, una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’articolo 56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE).

44

Ciò premesso, a norma dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE [divenuto, in seguito a modifica, articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE], l’articolo 56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE) non pregiudica il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale.

45

Tale disposizione, costituendo una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve essere oggetto di interpretazione restrittiva. Pertanto, essa non può essere interpretata nel senso che qualsiasi legislazione tributaria che operi una distinzione tra i contribuenti in base al luogo in cui essi risiedono o allo Stato membro in cui investono i loro capitali è automaticamente compatibile con i Trattati. Infatti, la deroga prevista all’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE [divenuto, in seguito a modifica, articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE] subisce essa stessa una limitazione per effetto dell’articolo 58, paragrafo 3, CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 65, paragrafo 3, TFUE), il quale stabilisce che le disposizioni nazionali di cui al paragrafo 1 di detto articolo 58 (divenuto, in seguito a modifica, articolo 65 TFUE) «non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo [56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE)]» [v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2021, Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö (Redditi versati dagli OICVM), C-480/19, EU:C:2021:334, punto 29 e giurisprudenza ivi citata)].

46

La Corte ha altresì statuito che occorre, pertanto, distinguere le differenze di trattamento consentite dall’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE [divenuto, in seguito a modifica, articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE] dalle discriminazioni vietate dall’articolo 58, paragrafo 3, CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 65, paragrafo 3, TFUE). Orbene, affinché una normativa tributaria nazionale possa considerarsi compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento che ne risulta riguardi situazioni che non siano oggettivamente paragonabili, o sia giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale [v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2021, Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö (Redditi versati dagli OICVM), C-480/19, EU:C:2021:334, punto 30 e giurisprudenza ivi citata)].

Sull’esistenza di situazioni oggettivamente comparabili

47

Dalla giurisprudenza della Corte risulta che la comparabilità o meno di una situazione transfrontaliera con una situazione interna dello Stato membro deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione (v., segnatamente, sentenza del 30 aprile 2020, Société Générale, C-565/18, EU:C:2020:318, punto 26 e giurisprudenza ivi citata), nonché dell’oggetto e del contenuto di queste ultime (v., segnatamente, sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C-252/14, EU:C:2016:402, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

48

Inoltre, solo i criteri distintivi pertinenti fissati dalla normativa di cui trattasi devono essere presi in considerazione al fine di valutare se la differenza di trattamento risultante da tale normativa rispecchi una differenza di situazioni oggettiva (v., in tal senso, sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C-252/14, EU:C:2016:402, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

49

A tale riguardo, come sostenuto dall’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni, occorre rilevare, in primo luogo, che, al fine di verificare se esista una differenza oggettiva tra la situazione dei fondi immobiliari aperti e quella dei fondi chiusi, la principale difficoltà risiede nel fatto che il giudice del rinvio non ha ben chiarito il motivo per cui il beneficio fiscale di cui trattasi nei procedimenti principali è stato previsto nel diritto italiano.

50

Infatti, per quanto riguarda la finalità del vantaggio fiscale conferito dalla normativa nazionale, il giudice del rinvio ha usato soltanto termini generici per indicare che, nel corso degli ultimi anni, la disciplina tributaria dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi è stata oggetto di numerosi interventi legislativi ispirati da due opposte finalità, ossia quella di incentivare lo sviluppo di un peculiare strumento del risparmio gestito e quella di limitarne l’utilizzo con finalità elusive. Detto giudice ha osservato che l’eventuale insorgere di una crisi del mercato, che potrebbe intervenire a seguito di un calo delle quotazioni immobiliari, sarebbe idoneo a indurre numerosi partecipanti ai fondi di investimento aperti a chiedere il rimborso anticipato delle loro quote, il che avrebbe la conseguenza di provocare l’assorbimento delle riserve di liquidità di tali fondi. Questi ultimi sarebbero quindi costretti a vendere una parte dei beni immobili acquistati al di sotto del loro valore normale, al fine di poter soddisfare tali domande di rimborso. In tali circostanze, il giudice del rinvio indica che l’obiettivo del legislatore italiano sotteso al vantaggio fiscale conferito dall’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006 ai fondi immobiliari chiusi potrebbe consistere nel tutelare e nell’avvantaggiare la costituzione di fondi di investimento non connotati da intenti fortemente speculativi e aleatori.

51

In secondo luogo, occorre rilevare che le posizioni espresse dalle diverse parti che hanno presentato osservazioni scritte divergono notevolmente in merito all’obiettivo del vantaggio fiscale conferito dall’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006, consistente in una riduzione del 50% dell’aliquota delle imposte ipotecarie e catastali per gli acquisti di beni immobili effettuati da o per conto di fondi chiusi disciplinati dall’articolo 37 del decreto legislativo n. 58/1998.

52

Anzitutto, la UBS Real Estate contesta il presupposto sul quale si fonda il giudice del rinvio e sostiene che la ratio legis di una disposizione come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che riduce della metà l’importo da pagare a titolo di imposte ipotecarie e catastali, risiede nell’esigenza di evitare che soggetti che svolgono professionalmente e ripetutamente compravendite di beni immobili siano penalizzati da tale attività, dovendo pagare due volte la stessa imposta, vale a dire tanto al momento dell’acquisto di un immobile quanto al momento della vendita di quest’ultimo, il che sarebbe confermato, in particolare, da uno studio del Consiglio nazionale del Notariato (Italia) e da una circolare dell’Associazione fra le società italiane per azioni (Assonime).

53

Inoltre, il governo italiano ritiene che le differenze di ordine funzionale e strutturale che esisterebbero tra i fondi immobiliari chiusi e quelli aperti, per quanto riguarda sia le procedure di sottoscrizione e le modalità di riscatto delle partecipazioni sia le caratteristiche di ciascuno di questi tipi di fondi, attestino che i fondi immobiliari aperti non si trovano in una situazione oggettivamente paragonabile a quella dei fondi chiusi. Tale conclusione sarebbe, inoltre, corroborata dalla genesi della disposizione nazionale, dalla quale risulterebbe che il legislatore italiano aveva inteso riservare il suddetto vantaggio fiscale unicamente agli investimenti a carattere effettivamente immobiliare, escludendo quelli a carattere mobiliare, sia pure valorizzati attraverso l’acquisizione temporanea di beni immobili, e tale normativa mirerebbe, in sostanza, ad agevolare lo stabilimento in Italia di fondi chiusi che effettuino investimenti di tipo immobiliare.

54

Infine, la Commissione europea rileva che il diritto italiano detta un’unica disciplina sostanziale applicabile a tutti i fondi comuni di investimento, ma conferisce un trattamento fiscale favorevole all’acquisto di immobili strumentali da parte dei fondi immobiliari chiusi sotto forma di riduzione delle imposte ipotecaria e catastale. Orbene, poiché l’obiettivo principale dei fondi chiusi, così come dei fondi aperti, è quello di fornire al sottoscrittore la possibilità di effettuare un investimento finanziario, esisterebbe una perfetta comparabilità tra i fondi immobiliari chiusi e quelli aperti. Inoltre, anche in considerazione dell’obiettivo del fondo consistente nell’acquistare beni immobili per rivenderli successivamente, i fondi immobiliari chiusi e i fondi immobiliari aperti sarebbero comparabili.

55

In tale contesto, spetterà al giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare il diritto nazionale, determinare, tenendo conto di tutti gli elementi della normativa tributaria oggetto dei procedimenti principali e del regime fiscale nazionale interessato nella sua globalità, l’obiettivo principale perseguito da detta normativa (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 79).

56

A tal riguardo, ove il giudice del rinvio concluda che l’obiettivo dell’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006 è quello di evitare che un fondo sia penalizzato da una doppia imposizione in occasione dell’acquisto di beni e della loro successiva rivendita, si deve ritenere che, alla luce di tale obiettivo e come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 81 delle sue conclusioni, i fondi aperti e quelli chiusi si trovino in situazioni oggettivamente comparabili.

57

Il giudice del rinvio potrebbe, per contro, concludere che gli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale di cui ai procedimenti principali sono diretti a tutelare ed avvantaggiare la costituzione di fondi di investimento non connotati da intenti fortemente speculativi e aleatori e a limitare i rischi sistemici sul mercato immobiliare, e che tali considerazioni costituiscono, pertanto, il fondamento sul quale i fondi aperti sono esclusi dal vantaggio fiscale conferito dall’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006. Orbene, occorre rilevare che considerazioni di tale natura non vertono specificamente sulle ragioni che differenziano i fondi aperti dai fondi chiusi rispetto al vantaggio fiscale in questione.

58

Occorre aggiungere, quanto all’oggetto e al contenuto di tale normativa, che essi consistono nel prevedere una riduzione del 50% dell’aliquota delle imposte ipotecarie e catastali per gli acquisti di beni immobili effettuati da o per conto di fondi chiusi disciplinati dall’articolo 37 del decreto legislativo n. 58/1998 e che, rispetto a tale vantaggio fiscale, un fondo chiuso e un fondo aperto, nei limiti in cui entrambi svolgono l’attività consistente nell’acquistare e rivendere successivamente beni immobili soggetti a una doppia imposizione, appaiono trovarsi in una situazione comparabile.

59

Ciò premesso, occorre esaminare se la differenza di trattamento istituita da detto articolo 37 possa essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

Sull’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale

60

Si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, una restrizione alla libera circolazione dei capitali può essere ammessa soltanto se è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito e non eccede quanto è necessario per raggiungerlo [v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2021, Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö (Redditi versati dagli OICVM), C-480/19, EU:C:2021:334, punto 56 e giurisprudenza ivi citata)].

61

Nel caso di specie, occorre constatare che, sebbene il giudice del rinvio non abbia invocato simili motivi nelle domande di pronuncia pregiudiziale, esso ha spiegato, come rilevato al punto 50 della presente sentenza, le finalità che hanno ispirato gli interventi del legislatore nel settore del trattamento fiscale dei fondi immobiliari chiusi, vale a dire quella di incentivare lo sviluppo di un peculiare strumento del risparmio gestito, quella di limitarne l’utilizzo a fini di elusione della normativa nonché quella di tutelare ed avvantaggiare la costituzione di fondi di investimento chiusi, non connotati da intenti fortemente speculativi e aleatori, interventi dettati da considerazioni relative alla necessità di limitare i rischi sistemici sul mercato immobiliare. Inoltre, vari motivi di giustificazione sono stati evocati, dinanzi alla Corte, dalla Commissione e dal governo italiano, vale a dire, rispettivamente, il contrasto all’evasione e all’elusione fiscale e l’esigenza di preservare la coerenza del regime fiscale in discussione nell’ambito dei procedimenti principali.

62

Per quanto riguarda, innanzitutto, il contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, è importante ricordare che la Corte ha dichiarato che una misura nazionale che limita la libera circolazione dei capitali può essere giustificata dalla necessità di prevenire l’evasione e l’elusione fiscale se concerne specificamente costruzioni artificiose, prive di effettività economica, create con lo scopo di eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale dello Stato membro interessato [sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermediarie stabilite in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punto 73 e giurisprudenza ivi citata]. Pertanto, una presunzione generale di evasione o di frode fiscale non può bastare a giustificare una misura fiscale che pregiudichi gli obiettivi dei Trattati (sentenza dell’11 ottobre 2007, ELISA, C-451/05, EU:C:2007:594, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

63

Orbene, è sufficiente rilevare, a tale riguardo, che, nei limiti in cui la normativa nazionale esclude dal beneficio del vantaggio fiscale tutti i fondi immobiliari aperti, essa manifestamente non soddisfa i requisiti enunciati al punto precedente e non può, pertanto, essere giustificata dalla necessità di prevenire l’evasione e l’elusione fiscale.

64

Il governo italiano sostiene poi che la differenza di trattamento istituita dall’articolo 35, comma 10-ter, del decreto-legge n. 223/2006 è giustificata dalla necessità di preservare l’equilibrio e la coerenza del sistema nazionale, dato che il diritto italiano riconosce solo i fondi di investimento chiusi come unica categoria di fondi che possono procedere ad acquisti immobiliari.

65

A tale riguardo, occorre ricordare che, certamente, la Corte ha già dichiarato che la necessità di preservare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una normativa idonea a restringere le libertà fondamentali (v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11, EU:C:2012:286, punto 50 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 13 marzo 2014, Bouanich, C-375/12, EU:C:2014:138, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

66

Tuttavia, affinché un argomento fondato su una siffatta giustificazione possa essere accolto, secondo giurisprudenza costante occorre che sia dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra l’agevolazione fiscale di cui trattasi e la compensazione della stessa con un determinato prelievo fiscale, dovendosi determinare il carattere diretto del suddetto nesso alla luce della finalità della normativa in questione (sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a., da C-338/11 a C-347/11, EU:C:2012:286, punto 51 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 13 marzo 2014, Bouanich, C-375/12, EU:C:2014:138, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

67

Orbene, nel caso di specie, la Repubblica italiana non ha dimostrato che il vantaggio fiscale concesso ai fondi italiani chiusi fosse compensato da un prelievo fiscale determinato, giustificando così l’esclusione dei fondi immobiliari disciplinati dal diritto di Stati membri diversi dalla Repubblica italiana dal beneficio di tale vantaggio.

68

Per quanto concerne, infine, la necessità di incentivare lo sviluppo di un peculiare strumento del risparmio gestito, la costituzione di fondi di investimento non connotati da intenti fortemente speculativi e aleatori, nonché la necessità di limitare i rischi sistemici sul mercato immobiliare, occorre rilevare, in primo luogo, riguardo alla necessità di incentivare lo sviluppo di uno strumento peculiare, che detto obiettivo sembra conseguito dalla normativa nazionale che autorizza unicamente la creazione di fondi chiusi.

69

Tuttavia, un trattamento fiscale sfavorevole dei fondi di un altro tipo, costituiti secondo il diritto di un altro Stato membro, porta, in sostanza, a privilegiare sistematicamente i fondi nazionali.

70

Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, un obiettivo di natura puramente economica non può giustificare una restrizione a una libertà fondamentale garantita dai Trattati (sentenza del 25 febbraio 2021, Novo Banco, C-712/19, EU:C:2021:137, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

71

In secondo luogo, occorre osservare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 88 e 89 delle sue conclusioni, che la natura aperta o chiusa di un fondo non sembra essere legata al livello di speculazione degli investimenti effettuati da tale fondo o alla natura più o meno certa degli intenti al riguardo e che la caratteristica di fondo chiuso non obbliga un siffatto fondo a detenere la proprietà da esso acquisita per una durata più lunga che se si trattasse di un fondo aperto.

72

Pertanto, anche qualora la necessità di prevenire la speculazione immobiliare potesse essere considerata un motivo imperativo di interesse generale in grado di giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, essa non può essere invocata nei procedimenti principali, poiché l’applicazione di un vantaggio fiscale ai soli fondi chiusi, escludendo i fondi aperti, non appare appropriata per raggiungere l’obiettivo perseguito.

73

In terzo luogo, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 90 e 91 delle sue conclusioni, l’obiettivo di limitare rischi sistemici sul mercato immobiliare potrebbe costituire un motivo imperativo d’interesse generale. Tuttavia, affinché una restrizione alla libera circolazione dei capitali possa essere giustificata dalla necessità di limitare i rischi sistemici sul mercato immobiliare, la normativa nazionale che conferisce un vantaggio fiscale ai soli fondi immobiliari chiusi deve essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato e non eccedere quanto necessario per conseguirlo, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare.

74

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE) deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che limita il beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi immobiliari chiusi, escludendo quelli aperti, purché queste due categorie di fondi si trovino in situazioni oggettivamente comparabili, a meno che una siffatta differenza di trattamento non sia giustificata dall’obiettivo di limitare rischi sistemici sul mercato immobiliare.

Sulle spese

75

Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

L’articolo 56 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 63 TFUE) deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che limita il beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi immobiliari chiusi, escludendo quelli aperti, purché queste due categorie di fondi si trovino in situazioni oggettivamente comparabili, a meno che una siffatta differenza di trattamento non sia giustificata dall’obiettivo di limitare rischi sistemici sul mercato immobiliare.

 

Arabadjiev

Ziemele

von Danwitz

Xuereb

Kumin

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 dicembre 2021.

Il cancelliere

A. Calot Escobar

Il presidente

K. Lenaerts


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.