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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 giugno 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali – Dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso – Rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata da una società non residente – Presupposti – Libera circolazione dei capitali – Principio di proporzionalità»

Nella causa C-572/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), con decisione del 20 maggio 2020, pervenuta in cancelleria il 3 novembre 2020, nel procedimento

ACC Silicones Ltd

contro

Bundeszentralamt für Steuern,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, S. Rodin, J.-C. Bonichot (relatore), L.S. Rossi e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la ACC Silicones Ltd., da B. Pignot, Rechtsanwalt, e A. Linn, Steuerberater;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e V. Uher, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 gennaio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la ACC Silicones Ltd e il Bundeszentralamt für Steuern (Ufficio federale centrale delle imposte, Germania), in merito al rimborso dell’imposta sui redditi da capitale trattenuta alla fonte, per gli anni dal 2006 al 2008, sui dividendi distribuiti a tale società dalla Ambratec GmbH, società stabilita in Germania.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 1990, L 225, pag. 6), come modificata dalla direttiva 2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003 (GU 2004, L 7, pag. 41) (in prosieguo: la «direttiva 90/435»), tale direttiva si applicava alle società madri che detenevano nel capitale delle loro società figlie una partecipazione minima del 20%, percentuale di partecipazione minima che è stata ridotta al 15% a partire dal 1° gennaio 2007 e al 10% a partire dal 1° gennaio 2009. La direttiva 90/435 è stata abrogata dalla direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 2011, L 345, pag. 8).

 Diritto tedesco

4        L’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’Einkommensteuergesetz (legge in materia di imposta sui redditi), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«EStG»), stabilisce che i redditi da capitale comprendono le quote di utili (dividendi).

5        L’articolo 43, paragrafo 1, prima frase, punto 1, dell’EStG prevede che, nel caso, in particolare, dei redditi da capitale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’EStG, «l’imposta sul reddito è riscossa mediante ritenuta sul reddito da capitale (imposta sui redditi da capitale)».

6        Ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 1, prima frase, del Körperschaftsteuergesetz (legge in materia di imposta sugli enti societari), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «KStG»), relativo alle partecipazioni in altre società e associazioni, i redditi percepiti ai sensi, segnatamente, dell’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’EStG non sono presi in considerazione ai fini della determinazione del reddito e non sono quindi soggetti all’imposta sugli enti societari.

7        Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi distribuiti a una società con sede in Germania, dal combinato disposto dell’articolo 31, paragrafo 1, prima frase, del KStG e dell’articolo 36, paragrafo 2, punto 2, dell’EStG risulta che l’imposta sui redditi da capitale prelevata mediante ritenuta alla fonte viene integralmente imputata all’imposta sugli enti societari dovuta da tale società e può, se del caso, esserle rimborsata. L’imputazione e l’eventuale rimborso dell’imposta presuppongono che l’imposta sia stata oggetto di ritenuta alla fonte e contestuale versamento, il che deve essere dimostrato mediante presentazione di una certificazione dell’amministrazione ai sensi dell’articolo 45a, paragrafo 2 o paragrafo 3, dell’EStG.

8        Per quanto riguarda la tassazione dei dividendi distribuiti a una società non avente sede in Germania, l’articolo 32, paragrafo 5, prima frase, del KStG è così formulato:

«(5)      Nel caso in cui l’imposta sugli enti societari dovuta dal creditore per redditi da capitale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, punto 1, dell’[EStG] sia assolta in via definitiva ai sensi del paragrafo 1 [del presente articolo], al creditore dei redditi da capitale viene rimborsata, su domanda, l’imposta sui redditi da capitale trattenuta e versata, con le modalità previste dall’articolo 36, paragrafo 2, punto 2, dell’[EStG], qualora

1.      il creditore dei redditi da capitale sia una società limitatamente soggetta ad imposizione ai sensi dell’articolo 2, punto 1, la quale

a)      sia al tempo stesso una società ai sensi dell’articolo 54 [TFUE] o dell’articolo 34 dell’[Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3)],

b)      abbia la propria sede e il luogo della propria direzione amministrativa all’interno del territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato cui si applica l’[Accordo sullo Spazio economico europeo],

c)      soggiaccia senza possibilità di scelta, nello Stato in cui si trova la sua direzione amministrativa, ad un obbligo tributario illimitato paragonabile a quello di cui all’articolo 1 della presente legge, senza beneficiare di alcuna esenzione da tale obbligo, e

2.      il creditore detenga una partecipazione diretta al capitale iniziale o al capitale sociale della debitrice dei redditi da capitale e non soddisfi il presupposto della partecipazione minima di cui all’articolo 43b, paragrafo 2, dell’[EStG].

La prima frase del presente paragrafo vale soltanto se e in quanto

1.      non sia previsto alcun rimborso della relativa imposta sui redditi da capitale in base ad altre norme;

2.      i redditi da capitale non verrebbero presi in considerazione in sede di accertamento del reddito ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 1;

3.      i redditi da capitale, sulla base di norme estere, non vengano imputati ad alcun soggetto che non avrebbe alcun diritto al rimborso in base alle disposizioni del presente paragrafo qualora esso avesse percepito direttamente i redditi da capitale,

4.      in caso di corrispondente applicazione dell’articolo 50d, paragrafo 3, dell’[EStG], non sarebbe escluso un diritto al rimborso integrale o parziale dell’imposta sui redditi da capitale, e

5.      l’imposta sui redditi da capitale non possa, a livello del creditore o di un soggetto titolare di partecipazioni dirette o indirette nel creditore stesso, essere imputata ovvero essere detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio; all’imputazione è equiparata la possibilità di un riporto dell’imputazione.

Il creditore dei redditi da capitale deve dimostrare la sussistenza dei presupposti per il rimborso. Egli deve in particolare dimostrare, mediante una certificazione delle autorità tributarie del suo Stato di residenza, che egli in questo Stato viene considerato come fiscalmente residente, che è ivi illimitatamente assoggettato all’imposta sugli enti societari e che non è esentato dall’imposta sugli enti societari, nonché che egli è l’effettivo percettore dei redditi da capitale. Dalla certificazione dell’amministrazione tributaria estera deve risultare che l’imposta sui redditi da capitale tedesca non può essere imputata, detratta o riportata, e che neppure di fatto hanno avuto luogo un’imputazione, una detrazione o un riporto. Il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale viene effettuato per tutti i redditi da capitale percepiti in un anno civile ai sensi della prima frase del presente paragrafo sulla base di un decreto di esenzione ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 1, terza frase, della Abgabenordnung [codice tributario tedesco]».

 Convenzione contro la doppia imposizione

9        La convenzione del 26 novembre 1964, tra la Repubblica federale di Germania e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, relativa all’eliminazione della doppia imposizione e alla prevenzione dell’evasione fiscale, come modificata con addendum del 23 marzo 1970 (BGBl. 1966 II, pag. 359; BGBl. 1967 II, pag. 828, BGBl. 1971 II, pag. 46; in prosieguo: la «convenzione contro la doppia imposizione»), all’articolo VI, paragrafo 1, stabilisce quanto segue:

«(1)      I dividendi distribuiti da una società residente nel territorio di uno Stato ad un soggetto residente nel territorio dell’altro Stato possono essere oggetto di imposizione anche nel primo Stato. Tuttavia, l’imposta non sarà applicata in detto primo Stato con un’aliquota superiore al 15 per cento sull’importo lordo di tali dividendi, purché questi ultimi siano assoggettati all’imposta nel territorio dell’altro Stato o, trattandosi di dividendi distribuiti da una società residente nel Regno Unito, siano esentati dall’imposta della Repubblica federale in base a quanto disposto dall’articolo XVIII, paragrafo 2, lettera a)».

10      L’articolo XVIII, paragrafo 1, lettera a), della suddetta convenzione così dispone:

«(1)      Nel contesto delle disposizioni dell’ordinamento del Regno Unito relative all’imputazione dell’imposta dovuta in un territorio al di fuori del Regno Unito all’imposta del Regno Unito (il che non pregiudica il relativo principio generale) è concessa la seguente imputazione:

a)      l’imposta della Repubblica federale [di Germania] che, in forza della normativa della Repubblica federale [di Germania] e conformemente alla presente convenzione, deve essere pagata, direttamente o mediante ritenuta, sugli utili, sui ricavi o sulle plusvalenze imponibili provenienti da fonti situate nella Repubblica federale [di Germania] (ad eccezione, nel caso dei dividendi, dell’imposta sugli utili in forza dei quali sono distribuiti i dividendi) è imputata alle imposte del Regno Unito che vengono conteggiate sulla base degli stessi utili, redditi o plusvalenze imponibili che servono per il calcolo dell’imposta della Repubblica federale [di Germania]».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      La ACC Silicones Ltd è una società con sede nel Regno Unito che deteneva, tra il 2006 e il 2008, il 5,26% del capitale della Ambratec, una società con sede in Germania. La ACC Silicones era a sua volta detenuta al 100% da un’altra società, con sede nel Regno Unito e quotata in borsa.

12      Nel corso degli anni dal 2006 al 2008, la Ambratec ha distribuito dividendi alla ACC Silicones, sui quali è stata prelevata, mediante ritenuta alla fonte, l’imposta sui redditi da capitale con aliquota del 20%, oltre al contributo di solidarietà con aliquota del 5,5%.

13      Il 29 dicembre 2009 la ACC Silicones ha chiesto il rimborso dell’imposta così versata. Essa ha chiesto, da un lato, la limitazione dell’aliquota della ritenuta alla fonte al 15%, sulla base, segnatamente, dell’articolo VI, paragrafo 1, della convenzione contro la doppia imposizione. Invocando le libertà fondamentali del mercato interno, e in particolare la libera circolazione dei capitali, essa ha chiesto, dall’altro lato, la restituzione del resto delle somme versate.

14      Con decisione del 7 ottobre 2010, l’Ufficio federale centrale delle imposte ha accolto la prima parte di tale domanda e ha proceduto alla restituzione alla ACC Silicones della ritenuta alla fonte eccedente l’aliquota del 15% prevista dalla convenzione contro la doppia imposizione. Con decisioni dell’8 giugno 2015, esso ha, invece, rifiutato di rimborsare a tale società il resto dell’imposta versata, in quanto non erano stati soddisfatti i presupposti di cui all’articolo 32, paragrafo 5, del KStG, volti a tener conto della sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C-284/09, EU:C:2011:670).

15      Dopo aver invano richiesto il rimborso dell’imposta versata, la ACC Silicones ha proposto un ricorso avverso le decisioni dell’8 giugno 2015 dinanzi al giudice del rinvio, il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), sostenendo di aver soddisfatto tutti i presupposti per beneficiare di tale rimborso e, in particolare, di aver fornito gli elementi di prova richiesti dall’articolo 32, paragrafo 5, del KStG.

16      Il giudice del rinvio ritiene che la ACC Silicones soddisfi i presupposti richiesti dalla normativa nazionale, ad eccezione di quello previsto dall’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, del KStG, ai sensi del quale il rimborso è negato se l’imposta sui redditi da capitale trattenuta alla fonte può essere imputata al creditore o al soggetto titolare di partecipazioni dirette o indirette nel capitale del creditore, o se può essere detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio, laddove la mera possibilità di un riporto dell’imputazione è assimilata a un’imputazione. Da tale disposizione discenderebbe che il rimborso può essere riconosciuto soltanto nel caso in cui la penalizzazione sofferta, rispetto ai residenti, dai non residenti percettori di dividendi non sia compensata mediante imputazione, detrazione dalla base imponibile o riporto di imputazione all’estero.

17      Il giudice del rinvio espone che, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, quinta frase, del KStG, la ACC Silicones deve dimostrare il soddisfacimento di tale presupposto mediante la presentazione di una certificazione dell’amministrazione tributaria estera dalla quale risulti che l’imposta tedesca sui redditi da capitale non può essere imputata, detratta o riportata e che, neanche in concreto, ha avuto luogo un’imputazione, una detrazione o un riporto.

18      Orbene, secondo il giudice del rinvio, sarebbe impossibile assicurarsi che il suddetto presupposto sia soddisfatto nel caso di specie. Infatti, il trattamento dell’imposta sui redditi da capitale trattenuta alla fonte dalla Repubblica federale di Germania a livello della società stabilita nel Regno Unito quotata in borsa che deteneva il 100% del capitale della ACC Silicones nel corso degli anni dal 2006 al 2008 non sarebbe materialmente verificabile, cosicché la domanda della ACC Silicones sarebbe destinata ad essere respinta.

19      In tali circostanze, il giudice del rinvio dubita che i presupposti previsti dall’articolo 32, paragrafo 5, seconda frase, punto 5, e quinta frase, del KStG siano compatibili con la libertà di circolazione dei capitali.

20      Esso si chiede, in primo luogo, se il fatto che il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale alle società non residenti che percepiscono dividendi provenienti da partecipazioni inferiori alle soglie previste dalla direttiva 90/435 (in prosieguo: i «dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso») è assoggettato a condizioni più rigorose rispetto al rimborso di tale imposta a società residenti sia contrario alla libera circolazione dei capitali. Il giudice del rinvio rileva infatti che, in forza dell’articolo 32, paragrafo 5, del KStG, alle società non residenti può essere rimborsata l’imposta trattenuta alla fonte su tali dividendi percepiti da società tedesche soltanto qualora tale imposta non possa essere imputata o beneficiare di un riporto di imputazione a livello di tali società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale delle stesse, o essere detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio, circostanza che deve essere da esse dimostrata mediante una certificazione dell’amministrazione tributaria estera. Orbene, presupposti così rigorosi non sarebbero richiesti per quanto riguarda le società residenti. Più precisamente, il giudice del rinvio si chiede se la restrizione ai movimenti di capitali istituita, a suo avviso, dalla normativa tedesca, sia giustificata, in particolare alla luce dei criteri stabiliti dalla Corte nella sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta (C-379/05, EU:C:2007:655).

21      In secondo luogo, in caso affermativo, il giudice del rinvio chiede se il principio di proporzionalità e il principio dell’effetto utile ostino a una disposizione nazionale che impone alle società non residenti, per fornire la prova menzionata al punto precedente della presente sentenza, di presentare una certificazione dell’amministrazione tributaria estera da cui risulti che l’imposta sui redditi da capitale trattenuta alla fonte non può essere imputata o beneficiare di un riporto di imputazione a livello di tali società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale delle stesse, o essere detratta, e che tale imposta non è stata, neanche in concreto, imputata, detratta o riportata.

22      In tale contesto, il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 56 CE, divenuto articolo 63 TFUE, osti ad una norma tributaria nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, da una società con sede all’estero che percepisce dividendi da partecipazioni che non raggiungono la soglia di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva [90/435], pretenda, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi di capitale, la prova, da fornirsi mediante certificazione dell’amministrazione tributaria estera, del fatto che l’imposta sui redditi di capitale non può, a livello di detta società estera o di un soggetto che detiene in essa una partecipazione diretta o indiretta, essere imputata ovvero essere detratta quale spesa di gestione o costo di esercizio, nonché la prova del fatto che anche in concreto un’imputazione, una detrazione o un riporto non hanno avuto luogo, quando invece una prova siffatta non viene richiesta, ai fini del rimborso dell’imposta sui redditi di capitale, ad una società residente che detenga una partecipazione della stessa entità.

2)      In caso di soluzione negativa della questione sub 1): se il principio di proporzionalità e il principio dell’effetto utile ostino al requisito della presentazione della certificazione indicata nella questione sub 1), nel caso in cui per il percettore, residente all’estero, di dividendi derivanti da […] partecipazioni a titolo di azionariato diffuso sia di fatto impossibile fornire tale certificazione».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

23      Il governo tedesco rileva che il procedimento principale verte unicamente sul trattamento fiscale dei dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso versati a una società avente sede in un altro Stato membro dell’Unione. In tali circostanze, esso ritiene che le questioni sollevate siano irricevibili nei limiti in cui esse riguardano il rimborso della ritenuta alla fonte sui redditi da capitale gravante su dividendi versati a società di Stati terzi.

24      In forza di una giurisprudenza costante, le domande di pronuncia pregiudiziale rivolte alla Corte sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di diritto o di fatto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 24 novembre 2020, Openbaar Ministerie (Falso in atti), C-510/19, EU:C:2020:953, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].

25      Nel caso di specie, secondo il giudice del rinvio, se la normativa nazionale in questione si applica a società aventi la propria sede sociale o il luogo della propria direzione amministrativa nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, essa dovrebbe applicarsi anche alle società aventi la propria sede sociale o il luogo della propria direzione amministrativa in paesi terzi.

26      Occorre rilevare, al riguardo, che la compatibilità con il diritto dell’Unione delle modalità di rimborso della ritenuta alla fonte applicata ai dividendi distribuiti a società stabilite in paesi terzi dovrebbe dar luogo a una valutazione specifica in quanto, sebbene l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE vieti in via generale le restrizioni ai movimenti di capitali, anche tra Stati membri e paesi terzi, la giurisprudenza vertente sulle restrizioni apportate alla libertà di circolazione dei capitali in seno all’Unione non può essere integralmente trasposta ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi, i quali si collocano in un contesto giuridico diverso [v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punto 90 e giurisprudenza ivi citata].

27      Tuttavia, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il procedimento principale riguarda unicamente il rimborso della ritenuta alla fonte sui redditi da capitale prelevata sui dividendi provenienti dalla Germania distribuiti a una società non residente stabilita nel Regno Unito, quando tale Stato era membro dell’Unione.

28      Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni, chiarire se, nel caso di dividendi distribuiti a società con sede in un paese terzo, i presupposti previsti dalla normativa tedesca di cui trattasi per ottenere il rimborso dell’imposta trattenuta alla fonte sui redditi da capitale siano in contrasto con il diritto dell’Unione in materia di libera circolazione dei capitali è una questione che non ha alcuna relazione con l’oggetto del procedimento principale.

29      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pertanto irricevibile limitatamente a tale profilo.

 Sulla prima questione

30      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 63 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione della normativa tributaria di uno Stato membro che subordina il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso percepiti da una società stabilita in un altro Stato membro alla prova che tale imposta non possa essere imputata o essere oggetto di un riporto di imputazione a livello di tale società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale della stessa, né essere detratta da detta società quale costo di esercizio o spesa di gestione, mentre siffatto presupposto non è previsto allorché si tratti del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata da una società residente che percepisce lo stesso tipo di redditi.

31      Secondo costante giurisprudenza della Corte, costituiscono, in particolare, restrizioni alla libera circolazione dei capitali le misure che sono idonee a dissuadere i non residenti dal compiere investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di uno Stato membro dal compierne in altri Stati (sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a., C-575/17, EU:C:2018:943, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

32      Per le partecipazioni inferiori alle soglie fissate dalla direttiva 90/435, spetta agli Stati membri determinare se, ed in quale misura, la doppia imposizione economica o l’imposizione a catena degli utili distribuiti debba essere evitata e introdurre, a tale effetto, in modo unilaterale o mediante convenzioni concluse con altri Stati membri, meccanismi che mirino ad attenuare o a prevenire tale doppia imposizione economica o tale imposizione a catena, senza tuttavia che ciò li autorizzi ad adottare misure contrarie alle libertà di circolazione (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, C-374/04, EU:C:2006:773, punto 54, e dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, EU:C:2007:655, punto 24).

33      Come la Corte ha già dichiarato nella sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C-284/09, EU:C:2011:670, punti 72 e 73), una normativa nazionale che prevede, per quanto riguarda partecipazioni non rientranti nell ’ambito di applicazione della direttiva 90/435, il rimborso della ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi versati a società residenti, introduce una restrizione alla libertà di circolazione laddove non sia prevista alcuna possibilità di rimborso per quanto riguarda la ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi versati a società situate in altri Stati membri, senza che tale differenza di trattamento sia neutralizzata in via convenzionale.

34      Lo stesso vale per una normativa nazionale che estenda tale possibilità di rimborso alla ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi versati a società non residenti stabilite in altri Stati membri, ma assoggettandola a condizioni supplementari rispetto a quelle previste per il rimborso della ritenuta alla fonte gravante sui dividendi versati a società residenti, senza che tale differenza di trattamento sia neutralizzata in via convenzionale. Una normativa siffatta ha infatti la conseguenza di rendere più difficile l’esercizio del diritto al rimborso da parte di tali società non residenti rispetto alle società residenti, e quindi di assoggettare i dividendi ad esse versati a un trattamento fiscale sfavorevole rispetto a quello riservato ai dividendi versati alle società residenti.

35      Orbene, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, in forza della normativa nazionale di cui trattasi, i presupposti per il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale trattenuta alla fonte sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso variano a seconda che la beneficiaria di tali dividendi sia una società residente o una società non residente.

36      Infatti, in base agli elementi sottoposti alla Corte, nel caso di una società residente, la ritenuta alla fonte è integralmente imputata all’imposta sugli enti societari dovuta da quest’ultima, alla quale, se del caso, viene rimborsata l’eccedenza. Per contro, nel caso di una società non residente, il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale è subordinato alla condizione che tale imposta non possa essere imputata o essere oggetto di un riporto di imputazione a livello di tale società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale della stessa, e non possa neppure essere detratta quale costo di esercizio o spesa di gestione in capo a quest’ultima.

37      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, TFUE, una siffatta differenza di trattamento è ammissibile soltanto qualora essa riguardi situazioni che non siano obiettivamente paragonabili, o sia giustificata da un motivo imperativo d’interesse generale (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2020, Société générale, C-565/18, EU:C:2020:318, punto 24).

38      Al fine di accertare l’esistenza di una discriminazione, la comparabilità di una situazione transfrontaliera con una situazione interna allo Stato membro deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione (sentenza del 30 aprile 2020, Société Générale, C-565/18, EU:C:2020:318, punto 26 e giurisprudenza ivi citata), che, nel caso di specie, come indicato dal giudice del rinvio, consiste nel prevenire la doppia imposizione o l’imposizione a catena degli utili.

39      Certamente, rispetto ai provvedimenti adottati da uno Stato membro al fine di conseguire tale obiettivo, le società beneficiarie residenti non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella delle società beneficiarie non residenti stabilite in un altro Stato membro (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

40      Tuttavia, allorché uno Stato membro, in modo unilaterale o mediante accordi, assoggetti all’imposta sul reddito non soltanto le società residenti, ma anche quelle non residenti, per i dividendi che esse ricevono da una società residente, la situazione delle società non residenti si avvicina a quella delle società residenti (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

41      È, infatti, solo l’esercizio della competenza tributaria da parte di tale Stato membro a generare, indipendentemente da ogni imposizione in un altro Stato membro, un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In un caso siffatto, affinché le società beneficiarie non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’articolo 63 TFUE, lo Stato membro di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o di attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società non residenti siano assoggettate a un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società residenti (sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

42      Nel caso di specie, dagli elementi sottoposti alla Corte risulta che la Repubblica federale di Germania ha scelto di esercitare la propria competenza tributaria rispetto a tutti i dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso, a prescindere dal fatto che tali dividendi siano versati a società residenti o a società stabilite in altri Stati membri. Queste due categorie di società si trovano, già solo per questo, in una situazione analoga per quanto riguarda il rischio di doppia imposizione economica o di imposizione a catena di tali dividendi. Esse devono, di conseguenza, essere sottoposte a un trattamento equivalente (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

43      Per dimostrare che ciò si verifica nel caso di specie, il governo tedesco fa riferimento alla convenzione contro la doppia imposizione conclusa con il Regno Unito.

44      A tale riguardo, si deve rammentare che, sebbene uno Stato membro non possa invocare l’esistenza di un vantaggio concesso unilateralmente da un altro Stato membro per sottrarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato, l’obiettivo consistente nell’assicurare un trattamento equivalente dei dividendi versati a società residenti e non residenti può essere raggiunto mediante una convenzione volta ad evitare la doppia imposizione, conclusa con un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2007, Amurta, C-379/05, EU:C:2007:655, punti 78 e 79 nonché giurisprudenza ivi citata), a condizione che l’applicazione di quest’ultima consenta di compensare integralmente gli effetti della differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale.

45      Solo nell’ipotesi in cui l’imposta trattenuta alla fonte, in forza di tale normativa, possa essere detratta dall’imposta dovuta nell’altro Stato membro per un ammontare pari alla differenza di trattamento istituita dalla normativa nazionale, la differenza di trattamento tra i dividendi distribuiti a società residenti e i dividendi distribuiti a società non residenti scompare (sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

46      Secondo le indicazioni fornite alla Corte, in applicazione della convenzione contro la doppia imposizione, l’aliquota della ritenuta alla fonte prelevata dalla Repubblica federale di Germania sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso versati a una società avente sede nel Regno Unito è limitata al 15% e tale ritenuta alla fonte può essere imputata all’imposta britannica. Tuttavia, ai sensi dell’articolo XVIII, paragrafo 1, lettera a), di detta convenzione, tale imputazione è limitata all’imposta britannica calcolata sulla base degli utili o dei redditi presi in considerazione per calcolare l’imposta tedesca.

47      Un siffatto meccanismo non appare idoneo a garantire, in ogni caso, la compensazione della differenza di trattamento risultante dalla normativa nazionale, dato che tale compensazione è effettivamente possibile soltanto nell’ipotesi in cui l’importo dell’imposta britannica calcolato sui dividendi distribuiti sia almeno pari a quello della ritenuta alla fonte prelevata dalla Repubblica federale di Germania (v., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punti 67 e 68, nonché del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 86).

48      Orbene, in mancanza di rimborso della ritenuta alla fonte, solo l’imputazione integrale di tale ritenuta all’imposta dovuta, nel suo Stato membro di stabilimento, dalla società non residente beneficiaria dei dividendi consentirebbe di eliminare la differenza di trattamento risultante dalla normativa nazionale, senza che occorra prendere in considerazione le eventuali possibilità di imputazione a livello dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale di tale società, aspetto di cui la normativa tedesca non tiene conto, del resto, per quanto riguarda le società residenti.

49      Né la detrazione della ritenuta alla fonte dalla base imponibile dell’imposta dovuta nello Stato membro di stabilimento della società beneficiaria dei dividendi quale costo di esercizio o spesa di gestione, né la possibilità per tale società di beneficiare di un riporto di imputazione, il cui esercizio è sempre incerto, mentre le società residenti beneficiano dell’imputazione immediata e, eventualmente, del rimborso dell’eccedenza della ritenuta alla fonte versata, sono invece idonee a consentire di neutralizzare interamente la suddetta differenza di trattamento (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a., C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608, punto 83, nonché, per analogia, sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a., C-575/17, EU:C:2018:943, punti da 28 a 34).

50      Fatte salve le verifiche che spettano al giudice del rinvio, una normativa come quella di cui al procedimento principale, che subordina il rimborso dell’imposta trattenuta alla fonte sui redditi da capitale a condizioni più rigorose nel caso in cui il beneficiario dei dividendi sia una società non residente rispetto al caso in cui si tratti di una società residente, senza che tale differenza di trattamento sia neutralizzata in via convenzionale, può dissuadere le società stabilite in altri Stati membri dall’investire in società dello Stato membro interessato ed è altresì idonea a costituire un ostacolo alla raccolta di capitali da parte delle società residenti nei confronti di società stabilite in altri Stati membri. Essa integra, di conseguenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

51      In base a costante giurisprudenza della Corte, una siffatta restrizione può tuttavia essere ammessa se è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito e non eccede quanto necessario per raggiungerlo [sentenze del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi), C-135/17, EU:C:2019:136, punto 70, e del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka, C-156/17, EU:C:2020:51, punto 83 e giurisprudenza ivi citata].

52      Secondo il governo tedesco, la normativa nazionale di cui trattasi sarebbe giustificata dall’obiettivo di preservare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e, dall’altro, dalla necessità di evitare che un’imposta trattenuta alla fonte venga considerata due volte.

53      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il mantenimento della ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri rientra tra i motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, quale una misura nazionale intesa a prevenire comportamenti tali da pregiudicare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul proprio territorio (v., in tal senso, sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 121, nonché del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company, C-190/12, EU:C:2014:249, punto 98).

54      Tuttavia, un siffatto motivo non può giustificare l’assoggettamento ad imposta di società non residenti beneficiarie di dividendi da parte di uno Stato membro che abbia scelto di non tassare le società residenti in relazione a redditi di tal tipo (v., in questo senso, sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania, C-284/09, EU:C:2011:670, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nel caso di specie, sebbene la Repubblica federale di Germania abbia scelto di esercitare la propria competenza tributaria nei confronti di tutti i dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso, essa ha altresì scelto, come emerge dagli elementi sottoposti alla Corte, di neutralizzare integralmente l’onere della ritenuta alla fonte gravante su tali dividendi quando questi ultimi sono versati a società residenti. In tali circostanze, il mantenimento della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri non può giustificare l’assoggettamento ad imposta delle società stabilite in altri Stati membri rispetto a tale tipo di redditi.

56      Per quanto riguarda la giustificazione relativa alla necessità di evitare che venga considerata due volte la ritenuta alla fonte a livello delle società beneficiarie di dividendi stabilite in altri Stati membri o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale delle stesse, occorre rilevare che, nel caso delle società residenti, non esiste un obbligo equivalente a quello imposto alle società beneficiarie di dividendi stabilite in altri Stati membri di fornire la prova che l’imposta trattenuta alla fonte non è stata imputata né è stata oggetto di un riporto di imputazione in capo ad esse o ai soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale delle stesse, e non è stata detratta quale costo di esercizio o spesa di gestione. Ciononostante, nulla consente di escludere che tali società siano anch’esse detenute da titolari di partecipazioni non residenti soggetti a normative nazionali che consentono di prendere in considerazione, a livello di questi ultimi, la ritenuta alla fonte applicata alla società beneficiaria dei dividendi. Di conseguenza, la possibilità che sia presa in considerazione due volte l’imposta prelevata alla fonte non può essere esclusa per quanto riguarda le società residenti, e la circostanza che la normativa tedesca autorizzi a prendere in considerazione la ritenuta alla fonte solo a livello della società beneficiaria dei dividendi rimane, al riguardo, irrilevante.

57      Orbene, occorre ricordare che, per essere considerata idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito, una misura deve rispondere all’intento di conseguire tale obiettivo in modo coerente e sistematico (v. segnatamente, in tal senso, in materia di libertà di stabilimento, sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C-342/17, EU:C:2018:906, punto 52 e giurisprudenza ivi citata, nonché, in materia di libera prestazione di servizi, sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C-555/19, EU:C:2021:89, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

58      Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, tale situazione non si verifica, alla luce dell’obiettivo consistente nell’evitare che venga presa in considerazione due volte l’imposta assolta, nel caso di una normativa nazionale che assoggetti il rimborso dell’imposta trattenuta alla fonte sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso a condizioni più rigorose qualora le società beneficiarie di dividendi siano stabilite in altri Stati membri rispetto al caso in cui si tratti di società residenti, mentre nulla consente di escludere che venga presa in considerazione due volte l’imposta prelevata alla fonte per quanto riguarda le società residenti. Una siffatta normativa non può quindi, in ogni caso, essere giustificata dalla necessità di evitare che venga presa in considerazione due volte l’imposta trattenuta alla fonte.

59      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere al giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione della normativa tributaria di uno Stato membro che subordina il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata sui dividendi da partecipazioni a titolo di azionariato diffuso percepiti da una società stabilita in un altro Stato membro alla prova che tale imposta non possa essere imputata o essere oggetto di un riporto di imputazione a livello di tale società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale della stessa, né essere detratta da detta società quale costo di esercizio o spesa di gestione, mentre siffatto presupposto non è previsto allorché si tratti del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata da una società residente che percepisce lo stesso tipo di redditi.

 Sulla seconda questione

60      Alla luce della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

61      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione della normativa tributaria di uno Stato membro che subordina il rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata sui dividendi da partecipazioni inferiori alle soglie previste dalla direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, come modificata dalla direttiva 2003/123/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, percepiti da una società stabilita in un altro Stato membro alla prova che tale imposta non possa essere imputata o essere oggetto di un riporto di imputazione a livello di tale società o dei soggetti titolari di partecipazioni dirette o indirette nel capitale della stessa, né essere detratta da detta società quale costo di esercizio o spesa di gestione, mentre siffatto presupposto non è previsto allorché si tratti del rimborso dell’imposta sui redditi da capitale versata da una società residente che percepisce lo stesso tipo di redditi.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.