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61998C0034

Conclusioni riunite dell'avocato generale La Pergola del 7 settembre 1999. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Cause C-34/98 e C-169/98. - Sicurezza sociale - Finanziamento - Legislazione applicabile.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-00995


Conclusioni dell avvocato generale


I - Oggetto dei presenti procedimenti

1 La Commissione delle Comunità europee (in prosieguo: la «Commissione»), con ricorsi distinti depositati in data 12 febbraio 1998 (procedimento C-34/98) e 7 maggio 1998 (procedimento C-169/98) ha chiesto a codesto Collegio di voler dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), che la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 48 e 52 del Trattato CE (rispettivamente divenuti, a seguito di modifica, artt. 39 CE e 43 CE) e dell'art. 13 del regolamento (CEE) n. 1408/71 (1),

1) applicando la contribution pour le remboursement de la dette sociale (contributo per il rimborso del debito sociale; in prosieguo: il «CRDS») ai redditi da attività e ai redditi sostitutivi dei lavoratori subordinati e autonomi che risiedono in Francia, ma lavorano in un altro Stato membro, e che, ai sensi del regolamento, non sono soggetti alla legislazione francese in materia di previdenza sociale; e

2) applicando la contribution sociale généralisée (contributo sociale generalizzato; in prosieguo: il «CSG») ai redditi da attività e ai redditi sostitutivi dei lavoratori che risiedono in Francia, ma che, in virtù del regolamento, non sono soggetti alla legislazione francese in materia di previdenza sociale.

In entrambi i procedimenti la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica francese alle spese.

2 Le odierne controversie toccano la tematica della progressiva fiscalizzazione del finanziamento dei regimi di sicurezza sociale. Il finanziamento della protezione sociale ammonta ad importi non indifferenti, rappresentando circa il 20-30% del prodotto interno lordo nella maggior parte degli Stati membri, e proviene in gran parte (ma in proporzioni molto diverse, a seconda degli Stati interessati) dai contributi obbligatori che colpiscono i redditi da attività lavorativa e dal gettito fiscale (2). Secondo le prospettive emerse da un dibattito iniziato negli anni '70, il crescente ricorso al gettito fiscale (fiscalità diretta, generale o di scopo, e indiretta) è dovuto a più di una ragione: la necessità di far fronte all'aumento delle spese per la protezione sociale (si pensi al graduale invecchiamento della popolazione combinato con la riduzione della durata della vita attiva e con l'incremento delle prestazioni previdenziali) (3) e l'esigenza di rendere più eque le modalità di quel finanziamento. Come vedremo, le due normative oggetto dei presenti procedimenti costituiscono una risposta a dette problematiche. In apertura, ho scritto che le due cause di cui tratto oggi «toccano» la fiscalizzazione del finanziamento dei regimi di sicurezza sociale. Qui si impone una precisazione. Nei presenti giudizi viene in considerazione la libertà degli Stati membri di provvedere a detto finanziamento con disposizioni di natura «fiscale» che gravano sulla generalità dei contribuenti. L'oggetto dei due procedimenti non investe, tuttavia, la libertà «impositiva» nel suo complesso, ma la interessa limitatamente al caso in cui essa insiste su redditi di una ben specifica cerchia di contribuenti: quella dei lavoratori migranti cittadini di uno degli Stati membri, i quali, fruendo di una delle fondamentali libertà di circolazione, garantita dal Trattato, sono o sono stati sottoposti alla legislazione (previdenziale) di uno o più Stati membri.

II - Le pertinenti disposizioni comunitarie

3 Gli artt. 48 e 52 del Trattato CE garantiscono la libera circolazione dei lavoratori subordinati e autonomi. Il regolamento è stato adottato dal Consiglio anche sulla base dell'art. 51 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 42 CE) (4) al fine di coordinare in larga misura le legislazioni nazionali in materia di sicurezza sociale e così ridurre per quanto possibile gli ostacoli frapposti da tali legislazioni alla libera circolazione di tutti i lavoratori, subordinati ed autonomi (5).

Ai sensi dell'art. 1 («Definizioni»), lett. j), del regolamento, «il termine "legislazione" indica, per ogni Stato membro, le leggi, i regolamenti, le disposizioni statutarie e ogni altra misura di applicazione, esistenti o future, concernenti i settori e i regimi di sicurezza sociale di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2 (...)».

L'art. 2, n. 1, del regolamento («Campo d'applicazione quanto alle persone») dispone che «Il presente regolamento si applica ai lavoratori subordinati o autonomi che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini di uno degli Stati membri, oppure apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonché ai loro familiari e ai loro superstiti».

Ai sensi dell'art. 4, n. 1, del regolamento («Campo d'applicazione "rationae materiae"»), «Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

a) le prestazioni di malattia e di maternità;

b) le prestazioni d'invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno;

c) le prestazioni di vecchiaia; d) le prestazioni ai superstiti; e) le prestazioni per infortunio sul lavoro e malattie professionali; f) gli assegni in caso di morte; g) le prestazioni di disoccupazione; h) le prestazioni familiari».

Ai sensi dell'art. 4, n. 2, del regolamento, «Il presente regolamento si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi (...)».

L'art. 13, n. 1, del regolamento («Norme generali»), compreso nel Titolo II relativo alla «Determinazione della legislazione applicabile», prevede che «Le persone cui è applicabile il presente regolamento sono soggette alla legislazione applicabile di un solo Stato membro (...)».

Fatto salvo quanto previsto dagli artt. 14-17 del regolamento (che disciplinano casi particolari), l'art. 13, n. 2, del regolamento prevede, infine, che

«a) la persona che esercita un'attività subordinata nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l'impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro;

b) la persona che esercita un'attività autonoma nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro».

III - La normativa nazionale in questione nella causa C-34/98: il CRDS

4 Il CRDS è stato istituito con l'art. 14, n. I, dell'ordonnance n. 96-50, del 24 gennaio 1996, relative au remboursement de la dette sociale (ordinanza relativa al rimborso del debito sociale; in prosieguo: l'«ordinanza 96-50») (6). Al pagamento del CRDS sono tenute tutte le persone fisiche considerate come fiscalmente residenti in Francia ai fini della percezione dell'imposta sul reddito (7), relativamente (per quanto qui interessa) a certi redditi da attività (per esempio, i salari) e ad alcuni redditi sostitutivi (per esempio, pensioni ed indennità di disoccupazione) (8). Ai sensi dell'art. 15, n. III, punto 1_, dell'ordinanza 96-50, sono colpiti dal CRDS anche i redditi da attività ed i redditi sostitutivi aventi origine all'estero e soggetti in Francia all'imposta sul reddito, naturalmente nel rispetto delle convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni. I moduli prestampati per la dichiarazione dei redditi delle persone fisiche recano apposita menzione dei redditi «esteri» soggetti al CRDS (9). Il CRDS sui redditi aventi origine all'estero viene liquidato, prelevato e controllato dall'amministrazione fiscale della Repubblica francese con le medesime regole, e con le medesime garanzie, privilegi e sanzioni, previste per l'imposta sul reddito (10). Il CRDS, la cui aliquota è fissata nella misura dello 0,5% del reddito imponibile (11), è prelevato sui redditi (nazionali e non) percepiti dal 1_ febbraio 1996 al 31 gennaio 2009 (12).

5 In forza dell'art. 6, n. I, dell'ordinanza 96-50, il gettito del CRDS viene destinato alla Caisse d'amortissement de la dette sociale (Cassa per il ripianamento del debito sociale; in prosieguo: la «CADES») (13), ente pubblico sottoposto al controllo del Ministro per l'Economia e le Finanze e del Ministro per la Sicurezza sociale (14). Ai sensi dell'art. 2 dell'ordinanza 96-50, la CADES è investita principalmente del compito di ripianare il debito sociale di FRF 137 miliardi (15) dell'Agence centrale des organismes de sécurité sociale (Agenzia centrale degli enti di sicurezza sociale; in prosieguo: l'«ACOSS») in essere alla data del 31 dicembre 1995 nei confronti della Caisse des dépôts et consignations (Cassa depositi e prestiti; in prosieguo: la «CDC») (16). Detto debito risulta dal finanziamento da parte della CDC delle perdite risultanti dalla gestione del regime generale di sicurezza sociale nel 1994 e nel 1995, oltre che di quelle attese per l'esercizio 1996. Per assolvere al proprio compito, è stato previsto che la CADES, cui a decorrere dal 1_ gennaio 1996 è stato trasferito il debito dell'ACOSS (v. art. 4, n. I), effettui una serie di versamenti intesi a ripianare il debito sociale; in particolare, dal 1996 al 2008 la CADES deve versare annualmente al bilancio generale dello Stato l'importo di FRF 12,5 miliardi (17). Inoltre, nel corso del solo anno 1996, la CADES aveva il compito di versare un massimo di FRF 3 miliardi (18) alla Caisse nationale d'assurance maladie et maternité des travailleurs non salariés des professions non agricoles (Cassa nazionale per le assicurazioni malattia e maternità dei lavoratori autonomi delle professioni non agricole; in prosieguo: la «CANAM») per il ripianamento (quantomeno parziale) del debito esistente alla data del 31 dicembre 1995 e per il finanziamento del risultato negativo d'esercizio previsto per l'anno 1996 (v. art. 4, n. II). I proventi di cui si avvale la CADES per effettuare detti versamenti non si limitano al CRDS sui redditi da attività e sui redditi sostitutivi (ovvero l'imposta che forma l'oggetto del presente procedimento), ma comprendono altresì, per esempio, quelli derivanti dal CRDS sui redditi da patrimonio (art. 15, n. I), dal CRDS sulle vendite di determinati metalli preziosi, gioielli e oggetti d'arte (art. 17, n. I), dall'emissione di titoli obbligazionari (art. 5, n. I) nonché dalla gestione e dalla vendita del patrimonio immobiliare di organismi di sicurezza sociale (art. 9) (19).

IV - La normativa nazionale in questione nella causa C-169/98: il CSG

6 Il CSG è stato istituito con l'art. 127 della legge finanziaria per il 1991 n. 90-1168 del 29 dicembre 1990 (20). Al pari del CRDS, sono soggette al pagamento del CSG tutte le persone fisiche considerate come fiscalmente residenti in Francia ai fini della percezione dell'imposta sul reddito (21). Il CSG, applicato a decorrere dalla data del 1_ febbraio 1991 (v. art. 127 legge 90-1168), colpisce (per quanto qui interessa) il complesso dei redditi da attività e dei redditi sostitutivi (ivi compresi quelli di provenienza estera o percepiti all'estero) indicati agli artt. L. 136-2 e ss. del CSS (ex artt. 128 e ss. della legge 90-1168): ciò significa che, a seguito dell'estensione della base imponibile introdotta in un secondo tempo dalla legge 96-1160 (v. nota 8), il CSG insiste su di una base imponibile oggi quasi coincidente con quella prevista per il CRDS. Naturalmente, i redditi su cui incide il CSG sono redditi imponibili in Francia, nel rispetto, nel caso di redditi percepiti all'estero, delle pertinenti convenzioni fiscali internazionali contro le doppie imposizioni.

7 Diversamente dal CRDS, il CSG sui redditi da attività e sui redditi sostitutivi è prelevato direttamente dagli organismi incaricati della percezione dei contributi obbligatori del regime generale di sicurezza sociale, secondo le regole e con le garanzie e le sanzioni applicabili al prelievo dei contributi al regime generale per le medesime categorie di redditi (22). Secondo quanto risulta dal ricorso introduttivo della Commissione, al fine di rendere possibile l'applicazione delle disposizioni sul CSG ai lavoratori non iscritti al regime previdenziale francese in quanto esercitanti la propria attività professionale in un altro Stato membro, questi sono stati invitati a registrarsi presso le Unions de recouvrement des cotisations de sécurité sociale et d'allocations familiales (Unioni per il recupero dei contributi di previdenza sociale e per gli assegni familiari; in prosieguo: le «URSSAF») (23). In conseguenza delle difficoltà incontrate nella percezione dell'imposta e in attesa di perfezionare le relative modalità, il 28 novembre 1994 la Repubblica francese ha unilateralmente sospeso il prelievo del CSG nei confronti di coloro che percepiscono redditi da attività o redditi sostitutivi aventi origine all'estero (24).

8 L'aliquota ordinaria del CSG, inizialmente pari all'1,1% del reddito imponibile, è stata successivamente elevata al 2,4% nel 1993, al 3,4% nel 1996 ed al 7,5% (il 6,2% per i redditi sostitutivi) nel 1997 (25). In un primo momento, il gettito del CSG veniva interamente versato alla Caisse nationale des allocations familiales (Cassa nazionale per le prestazioni familiari; in prosieguo: la «CNAF») (26). Ai sensi dell'art. L. 136-8, n. IV, del CSS, il gettito del CSG sui redditi (da attività e sostitutivi) viene ora versato rispettivamente alla CNAF per la parte corrispondente ad un'aliquota dell'1,1%, al Fonds de solidarité vieillesse (Fondo di solidarietà per la vecchiaia; in prosieguo: l'«FSV») (27) per la parte corrispondente ad un'aliquota dell'1,3%, ed ai regimi obbligatori di assicurazione malattia per la parte corrispondente ad un'aliquota del 5,1% (CSG sui redditi da attività), ovvero del 3,8% (CSG sui redditi sostitutivi). La legge finanziaria per il 1997 ha reso parzialmente deducibile dal reddito imponibile lordo il CSG sui redditi da attività e sui redditi sostitutivi (28).

9 Il CSG intende stabilire, sostituendola progressivamente ai contributi previdenziali di carattere degressivo, una sorta di progressività «contributiva» in funzione del reddito imponibile (ossia della capacità contributiva di ciascuno). L'ottica della legge istitutiva dell'imposta è quella di rafforzare l'equità, la solidarietà e la giustizia sociale. All'universalità dei diritti nella copertura dei rischi assicurati viene così a corrispondere l'universalità degli obblighi di finanziamento: «[con il CSG] lo Stato ha cercato di accentuare le tendenze redistributive del sistema» (29). Fondandosi sul principio secondo il quale a pari reddito deve corrispondere un pari contributo, il CSG costituisce pertanto lo strumento per adattare i metodi di finanziamento della sicurezza sociale ad una nuova visione dei principi di solidarietà, ora definita «universale», su cui si fonda il sistema previdenziale francese. Il CSG si sostituisce così in parte a contributi previdenziali che sino alla sua istituzione pesavano eccessivamente sui redditi meno elevati e, contemporaneamente, ha per effetto di incrementare le entrate destinate alla spesa previdenziale (30). Del resto, la progressività che caratterizza il CSG consente di ridurre l'aliquota dei contributi previdenziali (31). Come ha rilevato il governo francese, il CSG rappresenta la prima tappa di una fiscalizzazione parziale del finanziamento della sicurezza sociale, segnando così un momento di transizione rispetto ad un regime tradizionalmente caratterizzato dalla scarsa rilevanza dell'intervento statale, dovuta alla scelta del legislatore di astenersi da ogni iniziativa anche in caso di risultato negativo del regime generale (32).

10 Vorrei ora brevemente riassumere le caratteristiche essenziali del CRDS e del CSG. Secondo la normativa interna, si tratta in entrambi i casi di imposte. Esse sono «dirette», al pari dell'imposta sui redditi delle persone fisiche, e «di scopo», poiché il loro gettito è soggetto ad uno specifico vincolo di destinazione. Entrambi i contributi vanno, seppure in modo diverso, ad «alimentare» il regime previdenziale francese: in via generale il CRDS, in quanto destinato ad appianare il passivo accumulato da quel regime nel suo complesso (33), ed in modo più specifico il CSG, il quale interessa i settori delle prestazioni familiari (di cui si occupa la CNAF), delle prestazioni di vecchiaia (delle quali è responsabile l'FSV) e delle prestazioni di malattia. CRDS e CSG insistono (in modo quasi coincidente) sull'insieme (per quanto qui interessa) dei redditi da attività e dei redditi sostitutivi aventi origine (o percepiti) in un altro Stato membro (e soggetti all'imposta in Francia, tenuto conto sia della normativa interna sia delle previsioni delle convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni) di tutti coloro che sono considerati come fiscalmente residenti in Francia ai fini del pagamento dell'imposta sul reddito. Infine, mentre la percezione del CRDS sui redditi aventi origine all'estero viene effettuata dall'amministrazione fiscale, con le modalità e le sanzioni previste per l'imposta sul reddito, il CSG viene prelevato direttamente dagli organismi previdenziali, secondo le procedure e con le sanzioni previste per il prelievo dei contributi obbligatori. Questo specifico aspetto del CSG, tuttavia, non ha impedito al Conseil Constitutionnel di considerarlo, a più riprese, come una vera e propria imposta. In considerazione delle evidenti similarità delle due fattispecie, ho ritenuto opportuno procedere al loro esame in modo congiunto, formulando una sola serie di conclusioni per entrambi i procedimenti.

V - Sintesi degli argomenti delle parti

11 Per le cose già dette, sia i due ricorsi prodotti ex art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE) dalla Commissione sia le difese avanzate dalla Repubblica francese presentano inevitabilmente diversi aspetti comuni, com'è qui di seguito spiegato.

12 La fonte principale di contrasto fra le parti risiede nell'assenza in seno al regolamento di una definizione dei termini «contributo previdenziale». La Commissione ritiene che CRDS e CSG non siano tanto imposte (secondo la qualificazione fornitane dalla normativa interna, e difesa dal governo francese nei due procedimenti) quanto ordinari contributi previdenziali e che, come tali, rientrino nel campo d'applicazione del regolamento. La Commissione fonda la propria tesi su elementi oggettivi, quali l'oggetto e la destinazione delle prestazioni pecuniarie in questione (34). Quanto all'oggetto, la Commissione ricorda che la base imponibile è costituita da quegli stessi redditi (da attività o sostitutivi), frutto della mobilità dei lavoratori all'interno della Comunità, su cui già insistono i contributi previdenziali obbligatori versati in un altro Stato membro in virtù dell'art. 13 del regolamento. Quanto alla loro destinazione, pur con le opportune distinzioni, i due «contributi» sono l'uno e l'altro specificamente diretti ad alimentare il regime previdenziale. Secondo la Commissione, il CRDS interessa questo regime nel suo complesso e, quindi, avvantaggia certamente i settori individuati all'art. 4, n. 1, del regolamento (35). E' bensì vero, essa dice, che il CSG concerne determinati settori soltanto della previdenza della Repubblica francese, ma questi coincidono con alcuni di quelli indicati al medesimo art. 4, n. 1, del regolamento: le prestazioni di malattia [lett. a)], le prestazioni di vecchiaia [lett. c)], e le prestazioni familiari [lett. h)]. La Commissione deduce, poi, che, oltre ad essere parzialmente deducibile dal reddito imponibile lordo ai fini della liquidazione dell'imposta sui redditi, il CSG è addirittura percepito dagli stessi organismi previdenziali, con le medesime modalità previste per il prelievo dei contributi obbligatori.

13 Sempre ad avviso della Commissione, questi contributi, prelevati sui redditi da attività e sui redditi sostitutivi aventi origine (o percepiti) all'estero di chiunque sia considerato come fiscalmente residente in Francia ai fini della percezione dell'imposta sul reddito, vengono a incidere sui redditi di lavoratori che rientrano nel campo personale d'applicazione del regolamento, e perciò di tutti quei lavoratori che «sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini di uno degli Stati membri» (art. 2, n. 1, del regolamento). Si tratta, in sostanza, di quei lavoratori che, pur essendo residenti in Francia, ottengono i propri redditi (da attività o sostitutivi) da un altro Stato membro presso il quale prestano (o hanno prestato) attività professionali, essendosi avvalsi della libertà di circolazione loro garantita dal Trattato. Dopodiché, la Commissione osserva che l'insieme dei lavoratori coperti dal regolamento ed interessati dai procedimenti da essa avviati non si esaurisce certo nei lavoratori frontalieri come definiti all'art. 1, lett. b), del regolamento (36), o, come vorrebbe il governo francese (v. infra), nelle categorie di lavoratori «frontalieri» previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dalla Francia con gli Stati membri confinanti (37).

14 In virtù del citato art. 13 del regolamento - norma di conflitto, sottolinea la Commissione, per la determinazione della legislazione applicabile - i lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del regolamento sono soggetti esclusivamente alla legislazione dello Stato membro presso il quale esercitano la propria attività (o, nel caso dei lavoratori subordinati, dove ha la propria sede o il proprio domicilio l'impresa o il datore di lavoro da cui si dipende). Ai sensi di tale disposizione, pertanto, i lavoratori fiscalmente residenti in Francia, ma che esercitano (o hanno esercitato) la propria attività (ovvero sono, o sono stati, impiegati da impresa con sede o domicilio) in un altro Stato membro, possono essere soggetti al prelievo di contributi obbligatori sui relativi redditi esclusivamente presso quest'ultimo. Invece, secondo la Commissione, la percezione del CRDS e del CSG, aggiungendosi ai contributi già corrisposti in un altro Stato membro con riferimento alla medesima base imponibile (38), interferisce nel coordinamento risultante dall'art. 13 del regolamento, poiché costituisce un doppio prelievo «contributivo» e come tale contrario al principio dell'unicità della legislazione applicabile ivi sancito. In sostanza, la Francia, assoggettando a prelievo «contributivo» i redditi «esteri» di lavoratori «migranti», eserciterebbe un potere che non le spetta (v. art. 13, n. 2, del regolamento). Infine, l'applicazione indifferenziata delle medesime disposizioni a persone - i residenti francesi non migranti ed i residenti francesi che esercitano o hanno esercitato un'attività professionale in un altro Stato membro - che si trovano in situazioni oggettivamente differenti dal punto di vista della legislazione di natura previdenziale (ivi comprese le disposizioni sui prelievi contributivi) loro applicabile comporterebbe, secondo la Commissione, una discriminazione contraria agli artt. 48 e 52 del Trattato.

15 Da parte sua, il governo francese osserva che il regolamento, adottato sulla base dell'art. 51 del Trattato, si limita a disporre il coordinamento delle legislazioni nazionali in materia di sicurezza sociale, senza con questo privare gli Stati membri della libertà organizzativa in materia, di cui essi comunque dispongono, in difetto di misure comunitarie di armonizzazione (ciò che vale altresì, aggiunge il governo francese, per quanto riguarda la fiscalità). Com'esso è configurato, il coordinamento lascerebbe infatti sussistere importanti differenze tra le varie legislazioni nazionali. A tale proposito la Francia osserva che il regolamento fornisce definizioni per quanto concerne il campo d'applicazione materiale e personale del coordinamento dei diversi regimi nazionali di sicurezza sociale, mentre non contiene alcuna definizione del termine «contributi previdenziali». Posto che «l'art. 51 lascia sussistere diversità sostanziali e procedurali tra i regimi di previdenza sociale degli Stati membri» (39), l'omissione or ora ricordata è significativa, rileva il governo francese, in quanto dimostra la volontà del Consiglio, in sede di adozione del regolamento, di non intervenire nella materia delle modalità di finanziamento di detti regimi, cosa che altrimenti lo avrebbe condotto a sussumere nel regolamento tutta una serie di disposizioni di carattere fiscale. Si dovrebbe perciò necessariamente concludere che le disposizioni in esame, di carattere squisitamente fiscale, seppure intese al finanziamento in senso lato di un regime di sicurezza sociale, non rientrano nel campo d'applicazione del regolamento, ma restano affidate alle competenze proprie degli Stati membri. Così, il governo francese difende la natura propriamente fiscale del CRDS e del CSG e, quindi, la loro estraneità ai settori previdenziali indicati all'art. 4 del regolamento, ricordando che il loro fatto generatore è esclusivamente costituito dalla residenza fiscale, in modo da prescindere dallo stato di «lavoratore» dei contribuenti, oltre che dall'appartenenza (o iscrizione) di questi ultimi al regime francese di sicurezza sociale (40). Per quanto riguarda il CRDS, in particolare, il relativo pagamento, peraltro effettuato con modalità identiche a quelle previste per l'ordinaria imposta sui redditi, non darebbe diritto ad alcuna contropartita (tipica degli ordinari contributi obbligatori), in quanto non solo il suo gettito è meramente destinato al ripianamento del debito sociale in generale (esso non contribuisce, pertanto, a finanziare concretamente alcun settore previdenziale specifico in vista dell'erogazione di prestazioni previdenziali), ma è in ultima analisi versato nel bilancio statale dopo essere semplicemente «transitato» per la CADES. Inoltre, la CADES, prima destinataria del CRDS, non è un organismo previdenziale, ma un ente a carattere finanziario, che non ha certo come obiettivo quello di erogare prestazioni, di qualunque genere esse siano. In relazione al CSG, il governo francese deduce, in modo del tutto simile, l'assenza di una qualsiasi diretta contropartita, in termini di prestazioni previdenziali (situazione corrispondente a quella conseguente al pagamento dell'imposta sul reddito).

16 La Francia, inoltre, sostiene che l'effetto delle imposte in questione sulla circolazione delle persone è assai ridotto, in considerazione del limitato importo dell'aliquota, soprattutto del CRDS. Sempre per quanto concerne l'«ambito soggettivo» dei prelievi oggetto dei presenti procedimenti, il governo francese, infine, esclude che il CRDS ed il CSG interessino tutti i lavoratori migranti che abbiano mantenuto la residenza fiscale in Francia (come vorrebbe la Commissione), in quanto la gran parte di essi sfugge comunque alle imposte francesi (tra queste CRDS e CSG) sui redditi di fonte estera per via del principio generale, previsto dalle convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni, secondo il quale lo Stato di imposizione è quello presso il quale viene esercitata l'attività professionale. Dal che, mi pare di capire, risulta una coincidenza per quanto riguarda la legislazione fiscale applicabile, che si allinea a quella prevista, in via generale, dall'art. 13 del regolamento. E' soltanto in via di eccezione, e peraltro a seguito di specifica richiesta degli interessati in considerazione del favorevole regime fiscale francese, che le convenzioni fiscali bilaterali di cui è parte la Francia prevedono che i lavoratori «frontalieri» (v. nota 37), i quali risiedono in Francia ma svolgono la loro attività lavorativa in un altro Stato, siano soggetti all'imposta in Francia per quanto concerne i redditi derivanti da tale attività: questi soltanto, dunque, sono i lavoratori «migranti» interessati dalle imposte in questione. Peraltro, secondo il governo francese, il fatto che il regime fiscale previsto dalle convenzioni contro le doppie imposizioni sia naturalmente applicabile al CRDS ed al CSG costituisce una conferma della loro natura propriamente fiscale e non contributiva. Infine il CRDS ed il CSG non sarebbero discriminatori perché, pur interessando sia i lavoratori «sedentari», sia quelli «migranti», sono prelievi operati in funzione di un elemento obiettivo comune a tutti gli interessati, quale è la residenza fiscale nel territorio francese (il fatto generatore dell'imposta), ed a prescindere dalla nazionalità dei contribuenti (41).

VI - Analisi giuridica

A - Irrilevanza della sospensione della percezione del CSG da parte delle autorità francesi

17 Un rilievo va fatto, in via preliminare, su un aspetto che, pur se accennato dalla Commissione, non figura tra le difese del governo francese in merito al CSG. Ci troviamo di fronte ad un procedimento avviato ai sensi dell'art. 169, ed è assolutamente inconferente il fatto che lo Stato membro interessato abbia unilateralmente deciso di sospendere il prelievo di detta imposta presso i lavoratori «frontalieri» (v. paragrafo 7) all'indomani della ricezione della lettera di messa in mora della Commissione, con cui è stato dato avvio alla procedura amministrativa che precede il procedimento C-169/98. La sospensione del prelievo fiscale non varrebbe comunque a sanare l'eventuale illecito commesso dallo Stato membro interessato se nell'ordinamento giuridico permanesse una normativa in contrasto con disposizioni comunitarie aventi effetto diretto. Si manterrebbe in essere una situazione di fatto ambigua, che pone gli aventi diritto in uno stato di incertezza circa la possibilità di fare appello al diritto comunitario (42). Osservo, poi, che il governo francese ha motivato la sospensione della percezione del CSG facendo riferimento all'intento di fissare nuove modalità per la sua percezione (il che lascia supporre che il prelievo avrà comunque luogo, presto o tardi), e non in quanto si sia convinto della fondatezza nel merito delle osservazioni della Commissione, cui del resto esso si oppone fermamente nelle memorie depositate nei presenti procedimenti. D'altra parte, ancora nella controreplica, la Repubblica francese conferma che la proroga disposta negli ultimi cinque anni della sospensione della percezione del CSG si deve in realtà all'attesa della pronunzia della Corte sull'odierna questione. Detta sospensione, disposta nel 1994, non vuole, dunque, né può, essere la soluzione per venire incontro alle obiezioni mosse dalla Commissione.

B - CRSD e CSG: imposte dirette o contributi previdenziali? Non pertinenza della questione

18 Passo ora al merito. Dall'esame delle argomentazioni prospettate dalle parti si deduce che il principale punto di divergenza sta nella qualificazione del CRDS e del CSG ai fini della loro sussunzione o meno al regolamento. A mio giudizio, però, il problema di cui è investita la Corte va impostato diversamente da come lo hanno, per poi pervenire ad opposte soluzioni, posto le parti.

19 Anzitutto, non mi pare corretta l'impostazione difensiva del governo francese. Certo, non ignoro il principio secondo cui «il diritto comunitario non menoma la competenza degli Stati membri ad organizzare i loro sistemi previdenziali» (43). Devo però ricordare una consolidata giurisprudenza della Corte, secondo la quale, «se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario» (44). A parte ciò, nell'esercizio del potere di organizzazione dei loro regimi previdenziali gli Stati membri devono osservare le vigenti disposizioni comunitarie (45), nonostante che la normativa previdenziale (al pari della fiscalità diretta) non sia stata armonizzata (46). Inoltre, sempre secondo la Corte, perfino «il fatto che una disposizione faccia parte di una legge estranea all'ambito d'applicazione del regolamento non comporta necessariamente che la disposizione stessa vi si sottragga» (47). Pertanto, non mi pare condivisibile l'asserzione secondo la quale le imposte dirette, in quanto tali, non possono in alcun modo interferire con l'art. 13 del regolamento. Tale disposizione stabilisce una regola cardine del coordinamento comunitario dei regimi previdenziali quale è attuato mediante il regolamento diretto ad instaurare la libera circolazione dei lavoratori (v. art. 51), principio che costituisce uno dei fondamenti della Comunità (48). Gli Stati membri non possono adottare misure fiscali o previdenziali che lo contraddicano, ostacolando o scoraggiando l'esercizio di questa fondamentale libertà del lavoratore (49). Diversamente dal governo francese, escluderei quindi che nel campo della previdenza sociale possa configurarsi una sorta di «immunità fiscale» degli Stati membri.

20 D'altra parte, mi lascia perplesso anche la linea argomentativa prospettata dalla Commissione per dimostrare che, in determinati casi, l'applicazione del CRDS e del CSD da parte del legislatore francese risulta incompatibile con l'art. 13 del regolamento. La Commissione giunge a tale conclusione attribuendo ai prelievi di cui si controverte natura contributiva invece che fiscale. E, però, così ragionando, si introduce nell'analisi del caso che ci concerne un'inutile complicazione. La nozione di contributo previdenziale non è infatti definita dal regolamento. La natura contributiva degli oneri previsti dalla normativa francese in base ad elementi di giudizio quale, appunto, sarebbe la destinazione degli importi versati si ispira sotto tale riguardo ad una certa giurisprudenza della Corte in materia di prestazioni previdenziali o di imposta sulla cifra d'affari. Tale giurisprudenza si poggia però su definizioni dettate dallo stesso legislatore comunitario (50). Comunque, il configurare una prestazione imposta come contributo sociale o previdenziale in ragione dello scopo al quale il gettito dell'imposizione è destinato è un criterio che non può dirsi sicuramente confortato dalla giurisprudenza di codesto Collegio. Nel caso AGF Belgium (51) la Corte ha invero statuito che il semplice fatto che imposte indirette quali i supplementi obbligatori dei premi dell'assicurazione autoveicoli siano destinate a contribuire al finanziamento di enti che perseguono finalità d'ordine sociale non consente di considerarli contributi sociali (punto 15). Non solo la tesi qui sostenuta dalla Commissione è priva di quel sostegno definitorio in ambito normativo, che invece troviamo alla base delle pronunzie rese dalla Corte, sulle quali la stessa Commissione fa affidamento. Siamo altresì di fronte ad un problema che interessa un settore assai complesso della normativa, nel quale il coordinamento è previsto, ma non è certo giunto al punto di eliminare profonde diversità sostanziali e procedurali fra le soluzioni attestate in sede nazionale (52). Il principio della sicurezza giuridica, peraltro spesso evocato dal governo francese, sconsiglia che l'interprete possa foggiare tipologie, giovandosi di criteri quale sarebbe, nel nostro caso, quello dell'oggetto o della destinazione del prelievo per qualificare il caso di specie e modellare di conseguenza il campo di applicazione del regolamento secondo lo schema classificatorio preferito. Non perdiamo di vista, del resto, che i modi di finanziamento dei regimi previdenziali formano una casistica nutrita e assai varia: il tentativo di incasellare singole figure di prelievo in categorie generali può qui ben rivelarsi infruttuoso (53). Basta ricordare alcune pronunzie rese al riguardo da questo Collegio. In Klomp (54), la Corte ha invero riconosciuto che «contributi destinati al finanziamento di un sistema previdenziale [possono essere prelevati] nelle forme proprie della riscossione degli oneri fiscali». In Wilmot/Organic (55), la Corte ha qualificato come «imposta di natura non fiscale» un «contributo sociale di solidarietà» istituito a fini prettamente previdenziali e posto a carico di società commerciali con un'aliquota pari allo 0,1% del fatturato annuo. Più di recente, in AGF Belgium, la Corte ha qualificato come «oneri fiscali» determinati prelievi che il giudice remittente tendeva a considerare piuttosto come «previdenziali» (56). Gli studiosi che si sono occupati della materia del finanziamento dei regimi previdenziali hanno, inoltre, constatato che gli Stati adottano «tecniche "di confine tra contributi e tasse (...) al punto da rendere complessa la loro distinzione"» (57), precisando che «esempi di tali tendenze si trovano in Gran Bretagna, Francia e Olanda» (58). Si aggiunga che la Corte, perfettamente edotta del fatto che prestazioni di tipo previdenziale non sono finanziate esclusivamente mediante contributi obbligatori (59), ha giudicato che le modalità di finanziamento di prestazioni previdenziali non incidono sulla qualificazione di queste ultime al fine di ricondurle nell'ambito del regolamento (60).

21 Quale conclusione si può trarre dalle osservazioni che precedono? Gli Stati membri devono comunque esercitare i propri poteri in materia di fiscalità diretta nel rispetto del diritto comunitario. Non vedo quindi la necessità di procedere, in via preliminare rispetto all'eventuale constatazione di un'offesa all'art. 13 del regolamento, alla dimostrazione che un'imposta diretta costituisce in realtà un contributo in senso proprio, quando, in virtù dell'inequivoca giurisprudenza della Corte ricordata al paragrafo 19, l'esame circa l'eventuale sussistenza di una violazione alla disposizione richiamata non ha riguardo alla qualificazione - «impositiva» o «contributiva» - del prelievo in questione. Detta giurisprudenza, infatti, prescrive in ogni caso l'obbligo per gli Stati membri di rispettare il diritto comunitario (ivi compreso il regolamento) a prescindere dal fatto che essi esercitino le proprie competenze nel campo della fiscalità diretta piuttosto che in quello della sicurezza sociale.

C - Ambito d'applicazione del regolamento e, quindi, dell'art. 13

22 Ciò posto, mi sembra che la soluzione della problematica che oppone la Commissione alla Repubblica francese debba piuttosto rinvenirsi in un'altra lettura del regolamento nel suo complesso, e dell'art. 13 in particolare, che pure affiora nei ricorsi introduttivi dei presenti procedimenti. La stessa Commissione, pur insistendo sulla natura «contributiva» dei prelievi in questione, non manca, tuttavia, di far riferimento altresì all'ampia nozione di «legislazione» sancita nel regolamento, alla ratio legis che ispira l'art. 13 del regolamento e al fatto che, stante la sua base giuridica (v., in particolare, art. 51), il regolamento si propone di contribuire all'attuazione della libera circolazione delle persone. Questo con l'evidente risultato che ogni contrasto con lo spirito (oltre che con la lettera) dell'art. 13 si risolve, in ultima analisi, in un'infrazione agli artt. 48 e 52 (61). In passato, la Corte ha seguito un simile approccio ermeneutico proprio per indagare fattispecie riguardo alle quali, come oggi, il regolamento era silente. Mi riferisco, in particolare, alla pronunzia Aldewereld, relativa alla situazione - non prevista direttamente da alcuna delle disposizioni del titolo II del regolamento, fra cui figura l'art. 13 - di un lavoratore che esercita la propria attività fuori del territorio della Comunità. La Corte ha in quel giudizio risolto la questione di quale legislazione fosse applicabile sulla base dello «scopo perseguito» da quelle stesse disposizioni (62). Ciò posto, ritengo di dover verificare se - a prescindere dalla loro qualifica - i due prelievi in questione possano in qualche misura farsi rientrare nel campo d'applicazione del regolamento e, quindi, dell'art. 13. Avverto che il fatto che il regolamento (e, di conseguenza, dell'art. 13) non detti alcuna definizione utile a risolvere in modo diretto le questioni che oppongono la Commissione alla Repubblica francese non esclude certo che la Corte possa accertare il compimento dell'illecito contestato allo Stato membro resistente. «Il ricorso per inadempimento ha [infatti] natura oggettiva e, nell'ambito di un ricorso siffatto, spetta alla Corte accertare se l'inadempimento addebitato sussista o meno» (63), ovviamente sulla base degli elementi concreti forniti dalla ricorrente.

23 Tra le disposizioni comunitarie invocate dalla Commissione vi è l'art. 1, lett. j), del regolamento. Ivi è accolta una definizione alquanto generale del termine «legislazione», che costituisce il perno del disposto dell'art. 13 (v., supra, paragrafo 3). In sostanza, si tratta di ogni misura che «concerne» i settori della previdenza sociale cui si applica il regolamento. Per di più, secondo la Corte, «la definizione [di legislazione] si caratterizza per il suo contenuto ampio (...) e va intesa come riferentesi al complesso dei provvedimenti nazionali vigenti in materia» (64). A ciò si aggiunga che, sempre secondo la costante giurisprudenza della Corte, oltre ad essere «intese ad evitare la simultanea applicazione di più normative nazionali e le complicazioni che possono derivarne» (65), le disposizioni del titolo II del regolamento (cui appartiene l'art. 13) «costituiscono un sistema di norme di conflitto il cui carattere completo ha l'effetto di sottrarre al legislatore di ciascuno Stato membro il potere di determinare la portata e le condizioni di applicazione della propria normativa nazionale, ratione personae et ratione loci» (66).

24 Occorre, pertanto, tener conto: dell'obbligo degli Stati membri di rispettare - nell'esercizio del potere di organizzazione dei loro regimi previdenziali - le vigenti disposizioni comunitarie (v. nota 45); del carattere assai ampio della nozione di «legislazione» di cui all'art. 1, lett. j), del regolamento; dello scopo dell'art. 13 consistente nell'evitare che il lavoratore migrante debba sopportare, per via dell'accavallarsi di più normative, una qualunque complicazione (che ne ostacolerebbe la libertà garantita dal Trattato) (67); oltre che del menzionato «effetto» che le norme di conflitto hanno sulle competenze degli Stati membri in materia previdenziale. Se così è, sono incline a ritenere che vada ricompresa nel campo d'applicazione del regolamento (e, quindi, dell'art. 13) una misura la quale, nonostante la qualifica «fiscale» attribuitale dall'ordinamento nazionale, presenti, in ipotesi, elementi di collegamento con il regime previdenziale, ovvero lo «concerna» come previsto dall'art. 13. A ciò si aggiunga che, al contrario di altre fattispecie ivi previste (68), l'art. 1, lett. j), del regolamento non esclude le misure di finanziamento dalla nozione di «legislazione»; tali misure non formano d'altra parte oggetto di altre specifiche disposizioni del regolamento (69). In altre parole, non mi sembra corretto escludere le misure di finanziamento «fiscale» dalla cerchia di quelle, senza dubbio comprese nel campo d'applicazione del regolamento, di organizzazione di un determinato regime previdenziale, tra cui la stessa Francia ammette figurino quelle di finanziamento «contributivo»: la corretta applicazione del regolamento impone di interpretare, nei limiti del possibile, in modo coerente le disposizioni relative alla determinazione della legislazione applicabile (70). Come si vede, prescindo dalla qualifica attribuita dall'ordinamento nazionale a dette misure di finanziamento. A questa ricostruzione dell'art. 13 non si oppone certo la giurisprudenza della Corte, la quale tende ad interpretare le disposizioni del regolamento in modo tutt'altro che restrittivo (v. nota 64). Non solo. La stessa giurisprudenza della Corte ha spesso precisato, proprio con riferimento all'interpretazione del regolamento, che «l'esigenza dell'uniforme applicazione del diritto comunitario nell'ambito della Comunità implica che le nozioni cui detto diritto si riferisce non variino a seconda delle particolarità di ciascun diritto nazionale, bensì si basino su criteri obiettivi, definiti sul piano comunitario» (71). Nella specie, in considerazione delle difficoltà cui la materia espone l'interprete (v. paragrafo 20), il criterio obiettivo da adottare consiste a mio parere nell'individuazione di un collegamento diretto tra le misure in questione ed il regime previdenziale francese.

25 Nel caso di specie, la Commissione ha sufficientemente provato che tra il CSG ed il CRDS, da una parte, ed il regime previdenziale francese, dall'altra, esiste un rapporto grazie al quale essi appartengono a pieno diritto alla «legislazione» previdenziale francese ai sensi dell'art. 1, lett. j), del regolamento. Tale rapporto consiste, essenzialmente, nella specifica destinazione dei proventi del CSG e del CRDS. La destinazione è chiarissima. Proprio in considerazione del preciso scopo cui servono, entrambe le imposte possono dirsi «concernere» settori previdenziali che rientrano nel campo materiale d'applicazione del regolamento. Ai fini della corretta applicazione del regolamento, del resto, la stessa Corte ha fatto riferimento agli «scopi perseguiti» da una determinata disposizione nazionale quando questa sfuggiva ad una rigida classificazione che ne consentisse con certezza l'inquadramento nelle previsioni del regolamento (72). Per illustrare ulteriormente il fatto che, per determinare l'applicabilità del regolamento, la Corte prescinde dalle classificazioni e mira piuttosto alla sostanza delle misure nazionali sottoposte alla sua attenzione, è bene ricordare che essa ha statuito che neppure una disposizione nazionale estranea all'ambito di applicazione del regolamento può sottrarsi all'applicazione della normativa comunitaria, sempre che fra la disposizione in questione e «le leggi che disciplinano i settori di previdenza sociale elencati dall'art. 4 del regolamento n. 1408/71 [esista un] rapporto diretto e sufficientemente rilevante» (73). Nella specie, per i motivi già indicati, ritengo che un rapporto di tal genere sussista effettivamente.

26 A proposito del legame che corre fra i prelievi in questione ed il regime previdenziale dedotto in giudizio, tuttavia, il governo francese ha operato dei distinguo. Pur ammettendo, in sostanza, che il CSG contribuisce alle disponibilità finanziarie attuali di determinati settori previdenziali, esso ha precisato che lo stesso non può dirsi per il CRDS, in quanto imposta in ultima analisi destinata al bilancio generale allo scopo di ripianare il passivo accumulato dal complesso del sistema previdenziale francese (un «mero meccanismo di rimborso di un debito finanziario»). La tesi avanzata dalla resistente non mi lascia persuaso. E' bensì vero che la CADES è un ente puramente finanziario, non risponde della gestione di fondi previdenziali in senso stretto ed è tenuta a versare ogni anno i proventi del CRDS sul bilancio statale; detti versamenti, però, hanno lo scopo di ripianare un passivo finanziario di enti previdenziali o comunque responsabili della gestione di fondi previdenziali e pensionistici, quali l'ACOSS e la CSC, e quel passivo, trasferito ope legis alla CADES contestualmente all'istituzione del CRDS, risulta, in particolare, dall'erogazione di prestazioni previdenziali nel corso degli anni '90. In difetto di un finanziamento «fiscale», quel passivo avrebbe dovuto verosimilmente essere coperto mediante un finanziamento «contributivo» (aumento dei contributi previdenziali) oppure, mantenendo costante quel finanziamento, attraverso una riduzione o una limitazione nell'erogazione delle prestazioni previdenziali. Del resto, ciò è proprio quanto accade nel caso del CSG: esso ha in parte sostituito contributi previdenziali (che hanno subito una riduzione) e, soddisfacendo le crescenti esigenze finanziarie della previdenza francese, ha al contempo evitato l'introduzione di aumenti di quegli stessi contributi (v. paragrafo 9). A mio parere, dunque, l'«accorgimento» di trasferire alla CADES il debito sociale accumulato dall'ACOSS non vale a mutare la sostanza sottostante il «meccanismo finanziario» in questione e non può, né deve, sottrarre il CRDS al campo d'applicazione del regolamento: una tale riorganizzazione degli strumenti di finanziamento di un sistema previdenziale soggiace sempre alla disciplina generale posta dall'art. 13 del regolamento, che altrimenti rimarrebbe priva di ogni effetto utile. Considerare totalmente estranei al regolamento mezzi di finanziamento quali il CSG ed il CRDS darebbe luogo all'attuazione di un sistema «contributivo» alternativo che rimetterebbe in questione gli obiettivi del regolamento stesso.

27 E' poi da osservare che l'ordinanza 96-50, con la quale è stato istituito il CRDS, si inserisce nel quadro di una generale riforma del sistema previdenziale francese, resasi indispensabile in considerazione del passivo accumulato negli anni '90. Orbene, per espressa indicazione del legislatore, questa riforma, come ha fatto osservare la Commissione, ha consentito di assicurare il «futuro equilibrio» e l'«efficacia sociale ed economica» della previdenza francese (v. nota 19): ciò significa che, oggi, senza iniziative strutturali quali l'istituzione del CRDS, detto regime previdenziale non sarebbe più in grado di assolvere efficacemente i propri compiti. A me pare che il risultato ottenuto tramite l'istituzione del CRDS - l'aver reso possibile il corretto funzionamento di un regime previdenziale e la continua erogazione delle relative prestazioni agli aventi diritto - sia la prova del legame diretto che esiste tra lo specifico strumento di finanziamento in questione (imposta con un preciso vincolo di destinazione) ed il regime previdenziale francese nel suo complesso. Del resto, perché uno strumento quale il CRDS rientri nel campo d'applicazione del regolamento è sufficiente che esso «concerna» i settori ed i regimi di sicurezza sociale di cui all'art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento stesso. Devo, infine, respingere recisamente l'obiezione mossa dal governo francese secondo il quale il CRDS sfugge comunque al regolamento in quanto non riguarda specificamente alcuno dei settori di cui all'art. 4, ma interessa il sistema previdenziale nel suo complesso. Ancora una volta, l'approccio della resistente mi pare formalistico. Piuttosto, a me sembra evidente che, se una misura interessa il sistema previdenziale nel suo complesso, essa «concerne» necessariamente anche i singoli settori indicati nel regolamento ai fini della determinazione del suo campo d'applicazione «ratione materiae». Ritenere il contrario consentirebbe una troppo facile elusione di disposizioni quali l'art. 13. In conclusione, dunque, il CRDS e il CSG sono, in buona sostanza ed ai fini del regolamento, «oneri sociali» appartenenti alla «legislazione» francese in materia di previdenza sociale (74).

D - Il difetto di contropartita diretta al prelievo del CRDS e del CSG

28 Sempre al fine di dimostrare la natura genuinamente fiscale del CRDS e del CSG e, quindi, la loro estraneità al regolamento, la Francia sottolinea la mancanza di una qualsiasi contropartita diretta in termini di prestazioni previdenziali: solo i veri e propri contributi darebbero diritto ad una contropartita di questo genere. Sono, per parte mia, di diverso avviso.

29 Come ho già detto, cadono sotto il disposto dell'art. 13 del regolamento anche le misure di organizzazione di un dato regime previdenziale istituite ai fini del suo finanziamento, siano esse di natura propriamente fiscale piuttosto che contributiva, ovvero si collochino al confine tra l'una e l'altra specie. Ora, la sussistenza o meno di una contropartita diretta non ha rilievo; è vero che nel caso della «fiscalizzazione» del suddetto finanziamento non vi è, rispetto al prelievo in questione, una vera e propria contropartita diretta, non per questo però una misura fiscale che interessi o «concerna» la previdenza sociale nel senso sopra indicato può sfuggire alle norme di conflitto per la determinazione della legge applicabile. A ciò non osta in alcun senso la giurisprudenza della Corte, pure richiamata dal governo francese, secondo la quale sono da considerare come «contributi» solo i prelievi che costituiscono la contropartita di un determinato servizio (75). Ciò per più di una ragione. In primo luogo, la giurisprudenza AGF Belgium citata dalla Repubblica francese non sembra pertinente: essa, nel trattare la distinzione fra un'imposta destinata a far fronte agli oneri generali della pubblica amministrazione e una tassa che costituisce la contropartita di un determinato servizio, non si riferisce affatto a «contributi previdenziali» (76), bensì a differenti specie di prelievo, tutte di natura fiscale. In secondo luogo, come ho indicato sopra, le misure nazionali che istituiscono «prelievi contributivi» non esauriscono, per quanto concerne gli strumenti di finanziamento dei regimi previdenziali, la specie «legislazione» di cui all'art. 13 del regolamento. In terzo luogo, stante il fatto che il CSG si sostituisce in parte a dei contributi in senso proprio e permette di evitare incrementi di quelli esistenti e il CRDS consente, presumibilmente, di evitare incrementi contributivi o riduzioni o limitazioni nell'erogazione di prestazioni previdenziali (v. paragrafo 26), condividere la tesi del governo francese condurrebbe, paradossalmente, a legittimare l'imposizione ex novo di «oneri sociali» ai lavoratori migranti non iscritti al regime previdenziale francese (precedentemente non tenuti in Francia a versare alcun contributo), con il risultato che i lavoratori migranti protetti dal regolamento potrebbero essere assoggettati a imposte (senza contropartita) destinate, in via generale, ad alleggerire i contributi (con contropartita) dovuti dai lavoratori francesi sedentari (77).

30 Con particolare riguardo al CSG, inoltre, la tesi del governo francese è contraddittoria. Da un canto, si vuol dimostrare la natura fiscale del prelievo in considerazione del fatto che esso, contrariamente ad un normale contributo previdenziale, non dà diritto ad alcuna contropartita diretta, dall'altro, si fa però valere che quest'imposta costituisce uno «strumento di solidarietà nazionale tale per cui i redditi di ciascuno sono destinati a contribuire alla protezione sociale di tutti e di ciascuno», il tutto in un'ottica complessiva tendente a ristabilire una progressività «contributiva» in funzione del reddito imponibile di ciascuno («a pari reddito corrisponde pari contributo»; v. paragrafo 9) (78). Ma se così è, la protezione sociale si caratterizza sempre meno per il nesso diretto che la Repubblica francese insiste a individuare tra i contributi corrisposti dai lavoratori francesi e le relative prestazioni (79).

E - Esame della compatibilità del CRDS e del CSG con l'art. 13 del regolamento

31 Ciò posto, è chiaro che gli oneri sociali in questione sono incompatibili con l'art. 13. Da una parte, essi interessano, come ha precisato la Commissione, tutti coloro che sono fiscalmente residenti in Francia, ivi compresi i lavoratori migranti che rientrano nel campo d'applicazione «ratione personae» del regolamento. Dall'altra, il CRDS e il CSG insistono sulla medesima base imponibile su cui hanno già inciso i prelievi contributivi dello Stato membro presso il quale quegli stessi lavoratori esercitano (o hanno esercitato) un'attività professionale. Quella base imponibile costituisce il frutto dell'esercizio della libertà di circolazione garantita dal Trattato. In Perenboom, la Corte ha statuito che «il fatto che il lavoratore sia gravato, in ragione di una medesima retribuzione, da oneri sociali imposti in forza di diverse legislazioni nazionali, mentre egli può assumere la qualità di assicurato rispetto ad una sola di tali legislazioni, espone il lavoratore stesso ad una doppia imposizione, il che è in contrasto con [l'art. 13 del regolamento]. (...) La retribuzione percepita in ragione di [un lavoro compiuto in un altro Stato membro] non può costituire, nemmeno parzialmente, la base imponibile per la riscossione di contributi in forza d[ella legislazione dello Stato membro di residenza], ed è quindi sottratta agli oneri sociali previsti dalle relative norme» (80). Per quanto concerne, poi, i lavoratori che hanno definitivamente cessato ogni attività lavorativa (e che hanno diritto ad un reddito sostitutivo, ugualmente soggetto sia al CRDS sia al CSG), vale il principio secondo cui, sempre sulla base delle disposizioni del titolo II del regolamento, «il titolare di una pensione o di una rendita non può vedersi reclamare, in ragione della sua residenza nel territorio di uno Stato membro, contributi all'assicurazione obbligatoria per la copertura di prestazioni prese a carico da un ente previdenziale di un altro Stato membro» (81).

32 Ripeto, ritenere i prelievi in questione estranei al campo d'applicazione del regolamento e, quindi, non soggetti ai vincoli posti dall'art. 13 priverebbe detta disposizione, come interpretata in Perenboom ed in Noij, di ogni effetto utile (82). Le disposizioni per la determinazione della legge applicabile in materia previdenziale (tra cui figura l'art. 13) «devono essere interpretate alla luce del loro scopo, che consiste nel contribuire, segnatamente in materia di previdenza sociale, all'istituzione della libertà di circolazione più completa possibile dei lavoratori migranti, principio che costituisce uno dei fondamenti della Comunità» (83). D'altra parte, secondo la costante giurisprudenza della Corte, disposizioni nazionali in materia di previdenza che hanno per effetto di sfavorire o di porre in condizione di svantaggio l'esercizio di attività lavorative al di fuori del territorio dello Stato membro interessato sono contrarie agli artt. 48 e 52 (84); ciò, ovviamente, vale anche per le discipline nazionali che riguardano il finanziamento della previdenza sociale (85). Detto ciò, mi sembra indubitabile che la percezione di «oneri sociali» - di qualunque genere essi siano - da parte di uno Stato membro diverso da quello ove il lavoratore migrante presta (o ha prestato) un'attività professionale costituisce automaticamente un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, in quanto li scoraggia dal valersi delle prerogative garantite loro dal Trattato.

F - Misura degli effetti del CRDS e del CSG

33 Secondo la Repubblica francese è necessario relativizzare il peso di qualsiasi ostacolo si voglia individuare come risultato dell'applicazione dei due prelievi in questione. A questo proposito essa sottolinea il limitato importo dell'aliquota (quella del CRDS è pari allo 0,5%, mentre quella del CSG, pari al 7,5% o al 6,2%, a seconda della base imponibile, è assai inferiore all'aliquota dei normali contributi) ed il fatto che le due imposte colpiscono solo una minima parte dei lavoratori migranti che, pur prestando un'attività professionale all'estero, hanno conservato la residenza fiscale in Francia. Le convenzioni fiscali internazionali contro le doppie imposizioni stipulate dalla Francia, seguendo il modello di convenzione fiscale sul reddito e sul patrimonio predisposto dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, prevedono, in linea generale, che i redditi da lavoro subordinato o autonomo siano imponibili nello Stato contraente presso il quale essi hanno origine, ovvero presso lo Stato nel quale viene svolta l'attività lavorativa (v. artt. 14 e 15). Ciò significa che i redditi da attività lavorativa prestata in un altro Stato membro da parte di lavoratori che hanno mantenuto la residenza fiscale in Francia non possono essere assoggettati alle due imposte in questione. Solo in via di eccezione le convenzioni fiscali stipulate dalla Francia con gli Stati membri confinanti prevedono che i redditi di una particolare categoria di contribuenti migranti, i «frontalieri» (v. nota 37), siano imponibili nello Stato di residenza e non in quello presso il quale l'attività lavorativa viene esercitata (v. paragrafo 13). Secondo il governo francese, pertanto, il CRDS ed il CSG interessano solo una minima parte dei lavoratori coperti dal regolamento, con il che, mi pare di capire, si pretende che le due imposte debbano andare esenti da ogni critica.

34 La tesi del governo francese si espone tuttavia a due serie di obiezioni. Anzitutto, secondo la costante giurisprudenza della Corte, una misura nazionale che frappone soltanto un ostacolo «minore» alla libera circolazione delle persone, o ad un'altra delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, non cessa per questo di essere incompatibile con il diritto comunitario (v. nota 67). In secondo luogo, l'argomento incentrato sulle disposizioni convenzionali di cui è parte la Francia omette di considerare la differenza di trattamento riservata, in sede convenzionale, ai redditi sostitutivi rispetto a quelli da attività lavorativa. Al contrario di questi ultimi, i redditi sostitutivi sono, di norma, imponibili nello Stato contraente di residenza. Questo è il caso delle pensioni o di un qualunque reddito diverso da quelli (da attività) specificamente previsti in altre disposizioni convenzionali (86). Ciò significa che il CRDS ed il CSG colpiscono i redditi sostitutivi di tutti i lavoratori che hanno conservato la propria residenza fiscale in Francia, e non soltanto quelli dei lavoratori «frontalieri».

G - Il profilo discriminatorio del CRDS e del CSG

35 La Commissione, infine, sostiene che i prelievi in questione, applicati in modo identico a tutti coloro che sono fiscalmente residenti in Francia, risultano discriminatori nei confronti dei lavoratori migranti in quanto non si tiene conto della situazione oggettivamente diversa che li caratterizza. Questi lavoratori, infatti, al contrario di coloro che non hanno lasciato la Francia per prestare altrove un'attività professionale, rientrano nel campo d'applicazione del regolamento. A me sembra che la Commissione non faccia altro che prospettare, nell'ottica degli artt. 48 e 52, la medesima infrazione già rilevata con riferimento all'art. 13 del regolamento.

36 La disposizione regolamentare qui richiamata, infatti, mira a differenziare la posizione del lavoratore migrante da quella del lavoratore sedentario ed evitare così che il primo possa essere assoggettato al regime previdenziale dello Stato di residenza, se diverso dallo Stato in cui viene prestata l'attività lavorativa. In sostanza, prescrivendo il divieto del cumulo delle legislazioni di più Stati membri, il regolamento intende distinguere chiaramente la situazione del lavoratore migrante. Ciò, ovviamente, al fine di evitare le complicazioni che possono interessarlo in considerazione del fatto che esso, avendo prestato la propria attività professionale in più Stati membri, è, o è stato, soggetto a più legislazioni (v. art. 2, n. 1, del regolamento), al contrario di colui che non ha lasciato il proprio paese di origine. E' lo stesso regolamento, quindi, ad operare una differenziazione, predisponendo un apposito coordinamento normativo in considerazione della specifica situazione in cui si trova il lavoratore migrante. In merito, il decimo `considerando' del regolamento è chiarissimo: «per garantire nel modo migliore la parità di trattamento di tutti i lavoratori occupati sul territorio di uno Stato membro è opportuno determinare come legislazione applicabile, in via generale, la legislazione dello Stato membro sul territorio del quale l'interessato esercita la sua attività subordinata o autonoma» (il corsivo è mio). La situazione presa in considerazione dal legislatore comunitario ai fini della determinazione della legge applicabile non è tanto la «residenza fiscale», quanto piuttosto il luogo dove è (o è stata) prestata l'attività professionale. E' evidente, perciò, che l'applicazione indistinta del CRDS e del CSG a tutti i lavoratori con residenza fiscale in Francia, compresi i lavoratori migranti che esercitano la propria attività in un altro Stato membro, conduce a discriminare questi ultimi, in violazione dell'art. 13 - che proibisce il cumulo di legislazioni - e, in ultima analisi, degli artt. 48 e 52, cui il regolamento si ispira in quanto strumento per la loro attuazione (v. art. 51, la base giuridica).

37 A questo proposito, infine, è da osservare che nella specie può soccorrere in via analogica la giurisprudenza della Corte in tema di imposizioni interne discriminatorie [vietate dall'art. 95 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 90 CE)] (87). Più precisamente: se è vero che per il CRDS come per il CSG il fatto generatore dell'imposta è oggettivo e indistinto per tutti i residenti francesi, è altrettanto vero che costringere i lavoratori migranti a contribuire al finanziamento di un regime previdenziale cui non sono iscritti ha per effetto di discriminarli rispetto ai lavoratori non migranti, i quali soltanto possono beneficiare delle prestazioni erogate da quel regime.

VII - Conclusioni

38 Alla luce delle considerazioni sopra svolte propongo, perciò, alla Corte di:

«- accogliere entrambi i ricorsi, dichiarando che la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 48 e 52 del Trattato CE (rispettivamente divenuti, a seguito di modifica, artt. 39 CE e 43 CE) e dell'art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità,

1) applicando la contribution pour le remboursement de la dette sociale ai redditi da attività e ai redditi sostitutivi dei lavoratori subordinati e autonomi che risiedono in Francia, ma lavorano in un altro Stato membro, e che, ai sensi del regolamento, non sono soggetti alla legislazione francese in materia di previdenza sociale; e

2) applicando la contribution sociale généralisée ai redditi da attività e ai redditi sostitutivi dei lavoratori che risiedono in Francia, ma che, in virtù del regolamento, non sono soggetti alla legislazione francese in materia di previdenza sociale; e

- condannare la Repubblica francese alle spese».

(1) - Regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU L 149, pag. 2; in prosieguo: il «regolamento»), consolidato dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1). Successivamente al suo consolidamento, il regolamento è stato ulteriormente modificato dai regolamenti (CE) n. 1223/98 del Consiglio del 4 giugno 1998 (GU L 168, pag. 1), n. 1606/98 del Consiglio del 29 giugno 1998 (GU L 209, pag. 1), e n. 307/99 del Consiglio dell'8 febbraio 1999 (GU L 38, pag. 1).

(2) - A titolo di esempio, nel 1988 le entrate di natura fiscale rappresentavano, rispetto al totale degli elementi di finanziamento della protezione sociale, il 77,5% in Danimarca, il 18,2% in Francia, il 25,2% in Germania, il 14,6% nei Paesi Bassi e il 43,4% nel Regno Unito (v. A. Euzeby, Le financement de la protection sociale dans les pays de la CEE: problèmes et perspectives, in Atti del convegno «Quel avenir pour l'Europe sociale: 1992 et aprés?», Bruxelles, 16 e 17 novembre 1990, ed. Ciaco, 1992, pag. 133, tavola 3, in particolare pag. 157).

(3) - Le prestazioni della protezione sociale sono fra le spese che più determinano le oscillazioni del «peso» della spesa pubblica globale rispetto al prodotto interno lordo degli Stati membri della Comunità (G. Sigillò Massara, Il finanziamento della sicurezza sociale nella CEE: problemi e prospettive, in Il sistema previdenziale europeo, a cura di R. Pessi, CEDAM, Milano, 1993, pag. 135, in particolare pag. 136, citando dati OCSE).

(4) - Il regolamento è stato altresì adottato sulla base dell'art. 235 del Trattato CE (divenuto art. 308 CE).

(5) - Il regolamento, inizialmente relativo ai soli lavoratori subordinati, è stato successivamente esteso ai lavoratori autonomi con il regolamento (CEE) n. 1390 del Consiglio, del 12 maggio 1981, che estende ai lavoratori non salariati e ai loro familiari il regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU L 143, pag. 1). Tenuto conto che il Trattato CE non ha previsto poteri d'azione specifici all'uopo richiesti per una tale estensione, la base giuridica del regolamento n. 1390/81 è costituita dagli artt. 2 (divenuto, a seguito di modifica, art. 2 CE), 7 (abrogato dal Trattato di Amsterdam), 51 e 235 del Trattato CE.

(6) - Journal Officiel de la République française (Gazzetta ufficiale della Repubblica francese; in prosieguo: «JORF») del 25 gennaio 1996, pag. 1226.

(7) - V. art. 14, n. I, dell'ordinanza 96-50, che rinvia all'art. L. 136-1 del code de la securité sociale (codice della sicurezza sociale; in prosieguo: il «CSS»); l'attuale art. L. 136-1 del CSS (ex art. 127 della legge 90-1168 istitutiva del CSG: v. infra, nota 20) è stato modificato dalla legge finanziaria rettificativa per il 1993 n. 93-859 del 22 giugno 1993.

Sono fiscalmente residenti in Francia le persone che soddisfano le condizioni previste dall'art. 4 B del codice generale delle imposte, vale a dire: «le persone che in Francia hanno il loro domicilio o il luogo di soggiorno principale; quelle che esercitano in Francia un'attività professionale, dipendente o autonoma, a meno che non si fornisca la prova che detta attività vi è esercitata a titolo accessorio; quelle che in Francia hanno il centro delle loro attività economiche» (la traduzione è mia).

Al pari del CSG (v. nota 21), pertanto, il CRDS non si applica ai redditi da attività professionali prestate in Francia da lavoratori (subordinati o autonomi) che, pur essendo soggetti alla legislazione previdenziale francese, hanno la propria residenza fiscale in un altro Stato membro.

(8) - I redditi su cui incide il CRDS sono in larga misura quegli stessi che sono sottoposti anche al CSG [v. art. 14, n. I, secondo paragrafo, dell'ordinanza 96-50, che rinvia ai redditi da attività ed ai redditi sostitutivi indicati agli artt. da L. 136-2 a L. 136-4 del CSS, relativi al CSG. Gli artt. da L. 136-1 a L. 136-5 del CSS rappresentano l'integrazione in seno al CSS delle disposizioni legislative che hanno istituito il CSG (v. art. 7 della legge n. 93-936 del 22 luglio 1993, JORF 23 luglio 1993, pag. 10374; in prosieguo: la «legge 93-936»)].

Inizialmente, il CRDS interessava tutta una serie di redditi non soggetti al CSG. Tra i redditi da attività esenti dal CSG ma colpiti dal CRDS vi erano, per esempio, i contributi dovuti dai datori di lavoro ai regimi previdenziali e pensionistici supplementari, le indennità versate al momento della modifica o della risoluzione del contratto di lavoro e gli assegni supplementari per i lavoratori con figli, mentre tra i redditi sostitutivi colpiti esclusivamente dal CRDS figuravano gli assegni contributivi di disoccupazione, di pensione o di invalidità dei contribuenti esenti dall'imposta sul reddito, le indennità giornaliere di malattia, di maternità e per incidenti sul lavoro e gli assegni per l'alloggio (v. art. 14 dell'ordinanza 96-50 e la relazione presentata al Presidente della Repubblica relativa all'ordinanza 96-50 del 24 gennaio 1996 sul rimborso del debito sociale; JORF 25 gennaio 1996, pag. 1225, in particolare pag. 1226). Successivamente, per effetto degli artt. 9 e ss. della legge n. 96-1160, del 27 dicembre 1996, sul finanziamento della sicurezza sociale per il 1997 (JORF 29 dicembre 1996, pag. 19369; in prosieguo: la «legge 96-1160»), la base imponibile ai fini del calcolo del CSG è stata estesa mediante l'introduzione di modifiche agli artt. L. 136-1 e ss. del CSS. Per quanto riguarda i redditi da attività, tale estensione ha portato a far coincidere detta base con quella prevista per il CRDS, mentre per i redditi sostitutivi l'estensione attuale della base imponibile prevista per il CSG è meno larga di quella del CRDS, restandone escluse le prestazioni familiari e gli aiuti per l'alloggio (v. la relazione del governo che illustra gli orientamenti della politica in materia di salute e di sicurezza sociale e gli obiettivi che determinano le condizioni generali dell'equilibrio finanziario allegata alla legge 96-1160; JORF 29 dicembre 1996, pag. 19376, paragrafo 3.2.1). Il pressoché totale allineamento della base imponibile del CSG con quella del CRDS ha consentito di semplificare le operazioni di ritenuta alla fonte sugli stipendi dei lavoratori subordinati di spettanza delle imprese (ibidem).

(9) - Art. 15, n. III, punto 1_, dell'ordinanza 96-50.

(10) - V. art. L. 136-6, n. III, del CSS, cui rinvia il terzo paragrafo dell'art. 15, n. I, dell'ordinanza 96-50 (disposizione in sé relativa al CRDS sul reddito da patrimonio, imposta che non forma oggetto del procedimento C-34/98), cui rinvia, a sua volta, l'art. 15, n. III, concernente il CRDS sui redditi «esteri».

(11) - Art. 19 dell'ordinanza 96-50.

(12) - V. artt. 14, n. I, e 15, n. III, punto 1_, dell'ordinanza 96-50. La Commissione ha dedotto che la legge per il finanziamento della sicurezza sociale per il 1998 avrebbe prorogato l'ambito temporale di applicazione del CRDS sino al gennaio 2014.

(13) - La CADES è stata istituita con l'art. 1 dell'ordinanza 96-50.

(14) - L'organizzazione e la gestione amministrativa, finanziaria e contabile della CADES sono disciplinate in dettaglio dal decreto n. 96-353, del 24 aprile 1996, relativo alla cassa per il ripianamento del debito sociale (JORF 26 aprile 1996, pag. 6395; in prosieguo: il «decreto 96-353»).

(15) - Pari a circa 20,6 miliardi di euro. Nel 1996 gli interessi passivi di tale debito sono stati di FRF 8,2 miliardi, pari a circa 1,25 miliardi di euro (v. la relazione al Presidente della Repubblica, citata alla nota 8, pag. 1225).

(16) - V. art. 4, n. I, dell'ordinanza 96-50. La CDC è un ente pubblico nazionale a statuto speciale, in origine depositario e gestionario - «legale, unico e obbligatorio» - di fondi privati ed in seguito responsabile, in proprio o per conto di altri enti, della gestione e dell'amministrazione di tutta una serie di fondi la cui salvaguardia è considerata di interesse generale (fondi di risparmio, previdenziali, pensionistici, a carattere sociale, notarili ecc.; v. M. Pomey, Le régime juridique de la Caisse des dépôts et consignations, in La Revue Administrative, 1974, n. 157, pag. 18). La CDC è anche responsabile dell'erogazione diretta di determinate prestazioni assistenziali (v. sentenze 6 giugno 1985, causa 157/84, Frascogna I, Racc. pag. 1739, e 9 luglio 1987, causa 256/86, Frascogna II, Racc. pag. 3431).

(17) - Pari a circa 1,9 miliardi di euro; v. art. 4, n. III, dell'ordinanza 96-50.

(18) - Pari a circa 0,45 miliardi di euro.

(19) - Per il dettaglio dei proventi e delle spese della CADES v. gli artt. 9 e 10 del decreto 96-353. Il CRDS ha fatto seguito a tutta una serie di misure straordinarie, rivelatesi insufficienti, intese a colmare il passivo della previdenza sociale creatosi nel corso degli anni '90, e, nel quadro di una generale riforma del sistema previdenziale francese, è stato accompagnato da misure strutturali e urgenti di riequilibrio, quali l'ordonnance n. 96-51, del 24 gennaio 1996, recante misure urgenti intese al ristabilimento dell'equilibrio finanziario della sicurezza sociale (JORF 25 gennaio 1996, pag. 1230; l'ordinanza 96-51 ha ad oggetto l'equilibrio finanziario dei settori malattia e famiglia). Secondo la relazione presentata al Presidente della Repubblica su questa ordinanza, «la riforma della protezione sociale presentata dal governo comporta delle misure strutturali destinate a rafforzare su solide basi l'equilibrio futuro dei regimi di sicurezza sociale. Infatti, tale equilibrio è la garanzia della longevità di quei regimi e della loro efficacia sociale ed economica» (JORF 25 gennaio 1996, pag. 1229; la traduzione è mia).

(20) - JORF 30 dicembre 1990 (l'art. 127 è a pag. 16387); in prosieguo: la «legge 90-1168». Successivamente all'istituzione dell'imposta, le disposizioni legislative sul CSG sono state codificate in seno al CSS (artt. L. 136-1 e ss.) per effetto della legge 93-936 (v. nota 8).

In ben due occasioni il Conseil Constitutionnel (il giudice costituzionale della Repubblica francese) ha avuto occasione di confermare, sulla base del diritto interno, la natura propriamente fiscale del CSG [v. pronunzie n. 90-285 del 28 dicembre 1990 (JORF del 30 dicembre 1990, pag. 16609) e n. 96-384 del 19 dicembre 1996 (JORF del 29 dicembre 1996, pag. 19380)].

(21) - V. art. L. 136-1 del CSS (ex art. 127 della legge 90-1168). A proposito dei soggetti cui incombe il pagamento del CSG, il governo francese precisa che (al pari del CRDS, v. nota 7) l'imposta non incide sui redditi da attività professionali prestate in Francia da lavoratori (subordinati o autonomi) che, pur essendo soggetti alla legislazione previdenziale francese, hanno la propria residenza fiscale in un altro Stato membro.

(22) - V. art. L. 136-5, n. I, del CSS (ex art. 131, n. I, della legge 90-1168).

(23) - Ai sensi dell'art. L. 136-5, n. I, paragrafo 2, del CSS (ex art. 131, n. I, paragrafo 2, della legge 90-1168), le URSSAF e le casse generali di sicurezza sociale sono abilitate ad effettuare controlli sul versamento del CSG secondo le modalità previste dal CSS.

(24) - Il prelievo del CSG presso: a) i lavoratori frontalieri, b) i lavoratori subordinati unici rappresentanti dei propri datori di lavoro non stabiliti in Francia e c) i titolari di pensioni derivanti da attività prestate all'estero aveva evidenziato - secondo il governo francese - alcune particolari difficoltà quali il fatto di doversi iscrivere appositamente presso un ente previdenziale francese (mentre il CRDS è versato direttamente presso l'amministrazione fiscale, cui è fatta pervenire un'unica dichiarazione dei redditi) e di effettuare una dichiarazione periodica sui redditi percepiti all'estero convertiti in franchi francesi.

(25) - Le varie aliquote del prelievo fiscale sono state di volta in volta fissate, rispettivamente, dall'art. 134, n. I, della legge 90-1168; dall'art. 8, n. III, della legge 93-936; dall'art. 17 della legge 96-1160, e dall'art. L. 136-8, nn. I e II, del CSS. Per l'anno fiscale 1997, la citata relazione del governo di accompagnamento della legge 96-1160 prevede che il gettito complessivo del CSG giunga a FRF 44,2 miliardi (pari a circa 6,7 miliardi di euro), derivanti per il 74% dal CSG sui redditi da attività, per il 19% dal CSG sui redditi sostitutivi e per il 7% dal CSG sui redditi patrimoniali (JORF 29 dicembre 1996, pag. 19378).

(26) - V. art. 134, n. II, della legge 90-1168.

(27) - L'FSV è stato istituito con l'art. 1 della legge 93-936 ed ora è previsto dall'art. L. 135-1 del CSS.

(28) - V. art. 94 della legge n. 96-1181 del 30 dicembre 1996 (JORF 31 dicembre 1996, pag. 19490).

(29) - G. Sigillò Massara, cit., pag. 166, con specifico riferimento al CSG. Il caso francese non sembra isolato. Secondo Williams, «nel corso dell'ultima parte di questo secolo le tecniche relative all'imposta sul reddito sono state adottate per prelevare denaro a scopi previdenziali» (D. Williams, Asscher: the European Court and the power to destroy, in EC Tax Review, 1997, pag. 4, in particolare pag. 6; la traduzione è mia).

(30) - V. Commissione europea, La protezione sociale in Europa, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo, 1994, pag. 32.

(31) - Per esempio, l'aumento di un punto percentuale dell'aliquota del CSG (dal 2,4% al 3,4%, v. supra, paragrafo 8) destinato all'assicurazione malattia è stato accompagnato da una contemporanea riduzione dell'1,3% dei relativi contributi previdenziali sui redditi da attività (v. la citata relazione del governo sulla legge 96-1160, punto 3.2.2, riferentesi agli artt. 17-26 di detta legge).

(32) - V. G. Sigillò Massara, cit., pagg. 144 e 145, il quale rileva che «la tendenza ad utilizzare fondi pubblici per il finanziamento di prestazioni erogate a tutti i cittadini si va affermando, per ciò che concerne le prestazioni familiari, in numerosi paesi, quali Germania, Danimarca, Italia, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito. La Francia ha solo parzialmente adottato tale logica, istituendo - con la legge finanziaria del 1991 - la Contribution Sociale Généralisée (CSG), un'imposta di scopo prelevata su un'ampia base imponibile, il cui gettito viene versato al Regime delle Prestazioni Familiari [la CNAF], unitamente al contributo dovuto dai datori di lavoro» (pag. 163, note omesse).

Nella ricerca di una maggiore razionalità nella scelta delle forme di prelievo delle risorse, in alcuni Stati si è altresì fatto ricorso, in modo più o meno ampio, a forme di fiscalità indiretta, in genere con un vincolo di destinazione. Per esempio, «In Grecia il 27% del finanziamento delle casse di previdenza degli avvocati (...) proviene da imposte indirette prelevate sui tabacchi, sulle vincite delle lotterie e della patente automobilistica. In Belgio una quota delle imposte indirette sul tabacco e un supplemento del 10% sui premi assicurativi dei veicoli viene versato a favore dei sistemi previdenziali dei lavoratori subordinati (v. sentenza 28 marzo 1996, causa C-191/94, AGF Belgium, Racc. pag. I-1859), mentre in Francia i lavoratori dell'agricoltura beneficiano di una quota delle tasse imposte sulle bevande alcoliche» (Sigillò Massara, cit., pag. 160, note omesse), e, sempre in Francia, nel 1997 sono state introdotte delle imposte indirette sui tabacchi e sugli alcolici destinate ad alimentare la CNAMTS (Caisse nationale de l'assurance maladie des travailleurs salariés, cioè la Cassa nazionale di assicurazione malattia per i lavoratori subordinati) e l'FSV (v. artt. 27 e ss. della legge 96-1160 e la relativa relazione del governo, JORF, pag. 19380).

(33) - Un simile ripianamento è previsto, sempre in via generale, per la CANAM, cui è destinata soltanto una minima parte degli introiti della CADES (v. paragrafo 5). Come vedremo, il governo francese si oppone all'affermazione secondo cui il CRDS va ad «alimentare» la previdenza sociale, in quanto sostiene che il gettito di tale contributo, «transitando» dalla CADES, un ente finanziario, è comunque destinato, in ultima analisi, al bilancio generale dello Stato.

(34) - Il criterio interpretativo suggerito dalla Commissione si ispira a quello utilizzato dalla Corte per verificare se determinate prestazioni previdenziali rientrano nel campo materiale d'applicazione del regolamento: «la distinzione tra prestazioni escluse dalla sfera di applicazione del regolamento 1408/71 e prestazioni che vi rientrano è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi della prestazione, in particolare le sue finalità ed i presupposti per la sua attribuzione, e non sul fatto che essa sia o no qualificata previdenziale da una normativa nazionale» (v., ex multis, sentenze 31 maggio 1979, causa 207/78, Even, Racc. pag. 2019, punto 11; 27 marzo 1985, causa 249/83, Hoeckx, Racc. pag. 973, punto 11; 27 marzo 1985, causa 122/84, Scrivner e Cole, Racc. pag. 1027, punti 18 e 19; 3 giugno 1992, causa C-45/90, Paletta e a./Brennet, Racc. pag. I-3423, punto 16; 16 luglio 1992, causa C-78/91, Hughes, Racc. pag. I-4839, punto 14; 10 marzo 1993, causa C-111/91, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-817, punto 28; 2 agosto 1993, causa C-66/92, Acciardi, Racc. pag. I-4567, punto 13; 10 ottobre 1996, cause riunite C-245/94 e C-312/94, Hoever e Zachow, Racc. pag. I-4895, punto 17; 5 marzo 1998, causa C-160/96, Molenaar, Racc. pag. I-843, punto 19).

Un approccio simile, fondato sull'analisi delle «caratteristiche essenziali» dell'imposta (quali la base imponibile ed il fatto che si applichi a tutte le fasi della produzione e della distribuzione), viene seguito dalla Corte per verificare l'eventuale violazione da parte degli Stati membri del divieto - previsto dall'art. 33 della sesta direttiva IVA (sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulle cifre di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, GU L 145, pag. 1) - di introdurre imposte, accise, diritti o tasse che abbiano il «carattere di imposta sulla cifra di affari» (v., per esempio, sentenze 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading, Racc. pag. I-2217, punti 12-14; 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi, Racc. pag. I-2497, punti 14-17; 1_ dicembre 1993, causa C-234/91, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-6273, punto 6; 19 febbraio 1998, causa C-318/96, SPAR, Racc. pag. I-785, punti 22-29).

(35) - Quanto alla CANAM (v. paragrafo 5), le prestazioni di malattia e di maternità sono coperte dall'art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento.

(36) - Ai sensi del quale, «il termine "lavoratore frontaliero" designa qualsiasi lavoratore subordinato o autonomo che esercita un'attività professionale nel territorio di uno Stato membro e risiede nel territorio di un altro Stato membro dove, di massima, ritorna ogni giorno o almeno una volta alla settimana; tuttavia, il lavoratore frontaliero che è distaccato dall'impresa da cui dipende normalmente o che fornisce una prestazione di servizi nel territorio dello stesso o di un altro Stato membro, conserva la qualità di lavoratore frontaliero per un periodo non superiore a quattro mesi, anche se in questo periodo non può ritornare ogni giorno o almeno una volta alla settimana nel luogo di residenza».

(37) - La definizione di lavoratore frontaliero contenuta in dette convenzioni bilaterali non solo non è omogenea, ma non coincide neppure con quella indicata all'art. 1, lett. b), del regolamento. A titolo di esempio, la Commissione ha osservato che la convenzione con la Germania riconosce la qualifica di «frontaliero» al lavoratore francese che risiede in Francia a non più di 20 km dalla frontiera tedesca e che esercita un'attività professionale in Germania a non più di 30 km dalla frontiera francese.

(38) - I presenti procedimenti non concernono pertanto il CRDS e il CSG nella misura in cui questi vengono prelevati sui redditi da attività e sui redditi sostitutivi percepiti (ovvero derivanti dall'esercizio di attività professionali prestate) in Francia. Quanto al CRDS, in particolare, il procedimento C-34/98 non lo interessa nei casi in cui questo è prelevato su altri tipi di redditi, quali quelli da patrimonio (v. paragrafo 5).

(39) - Sentenza 15 gennaio 1986, causa 41/84, Pinna/Caisse d'allocations familiales de la Savoie (Racc. pag. 1, punto 20).

(40) - A questo proposito, a conferma del carattere fiscale e non contributivo del CRDS e del CSG, il governo francese osserva che ne vanno esenti i lavoratori che, pur prestando la propria attività professionale in Francia, sono residenti fiscalmente in un altro Stato membro. Ciò appare significativo, in quanto il trattamento riservato a questi prelievi diverge nettamente da quello fissato per i contributi obbligatori che, secondo il governo francese, sono i soli a dover rispettare i principi di cui all'art. 13, nn. 1 e 2, del regolamento (ove si prevede che i contributi siano pagati nello Stato dove si lavora), in quanto rientrano nel suo campo d'applicazione.

(41) - Conformemente al principio fiscale generalmente riconosciuto in tutti gli ordinamenti giuridici e fatta salva l'applicazione delle pertinenti disposizioni delle convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni, coloro che hanno la residenza fiscale in un determinato Stato sono ivi soggetti ad un obbligo fiscale cosiddetto «universale» su tutti i propri redditi a livello mondiale, al contrario dei non residenti che sono esclusivamente soggetti al pagamento di imposte in relazione ai redditi prodotti nello Stato interessato.

(42) - V., ex multis, sentenza 29 ottobre 1998, causa C-185/96, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-6601, punti 30 e 32).

(43) - Sentenze 28 aprile 1998, causa C-158/96, Kohll (Racc. pag. I-1931, punto 17), e causa C-120/95, Decker (Racc. pag. I-1831, punto 21); v. anche sentenze 12 luglio 1979, causa 266/78, Brunori (Racc. pag. 2705); 7 febbraio 1984, causa 238/82, Duphar/Paesi Bassi (Racc. pag. 523, punto 16); 28 novembre 1991, causa C-186/90, Durighello (Racc. pag. I-5773, punto 14); 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91 e C-160/91, Poucet e Pistre (Racc. pag. I-637, punto 6); 17 giugno 1997, causa C-70/95, Sodemare e a. (Racc. pag. I-3395, punto 27).

(44) - Sentenza 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 19); v. anche sentenze 4 ottobre 1991, causa C-246/89, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4585, punto 12); 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker (Racc. pag. I-225, punto 21); 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx (Racc. pag. I-2493, punto 16); 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher (Racc. pag. I-3089, punto 36); 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer (Racc. pag. I-2471, punto 19); 28 aprile 1998, causa C-118/96, Safir (Racc. pag. I-1897, punto 21); 16 luglio 1998, causa C-264/96, Imperial Chemical Industries (Racc. pag. I-4695, punto 19).

(45) - V., per esempio, sentenze 23 settembre 1982, causa 275/81, Koks (Racc. pag. 3013, punto 10); di pari data, causa 276/81, Kuijpers (Racc. pag. 3027, punto 14); 12 giugno 1986, causa 302/84, Ten Holder (Racc. pag. 1821, punto 21); 10 luglio 1986, causa 60/85, Luijten (Racc. pag. 2365, punto 14); Decker (punto 23) e Kohll (punto 19) nonché le relative conclusioni congiunte dell'avvocato generale Tesauro (paragrafi 17-25); 26 gennaio 1999, causa C-18/95, Terhoeve (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 34). Si vedano altresì le sentenze 24 settembre 1987, causa 43/86, De Rijke (Racc. pag. 3611, punto 12), 21 febbraio 1991, causa C-245/88, Daalmeijer (Racc. pag. I-555, punto 15), 30 gennaio 1997, causa C-340/94, De Jaeck (Racc. pag. I-461, punto 36), e 4 novembre 1997, causa C-20/96, Snares (Racc. pag. I-6057, punto 45), ove la Corte ha chiarito che le competenze degli Stati membri in materia previdenziale devono esercitarsi in modo tale da non effettuare discriminazioni tra cittadini nazionali e cittadini di altri Stati membri, ovvero nel rispetto di uno dei principi fondamentali dell'ordinamento comunitario, sancito negli artt. 6 del Trattato CE (divenuto art. 12 CE) e 3 del regolamento.

(46) - Con l'eccezione, per quanto concerne la fiscalità diretta, delle direttive del Consiglio 90/434/CEE, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1), e 90/435/CEE, di pari data, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6).

(47) - Sentenza 18 maggio 1995, causa C-327/92, Rheinhold & Mahla (Racc. pag. I-1223, punto 22; il corsivo è mio); nello stesso senso v. sentenza 10 gennaio 1980, causa 69/79, Jordens-Vosters (Racc. pag. 75, in particolare punto 8). In Commissione/Francia (sentenza 16 gennaio 1992, causa C-57/90, Racc. pag. I-75), poi, l'avvocato generale Lenz ha respinto recisamente la tesi della resistente secondo la quale il regolamento non riguarda le modalità di finanziamento dei sistemi previdenziali, in quanto dispone il semplice coordinamento delle normative nazionali. Questa tesi (in tutto simile a quella avanzata dal governo francese negli odierni procedimenti) si fondava sulla mancanza nel regolamento di qualsiasi definizione del termine «contributo» e, al contempo, sulle differenze di organizzazione e di finanziamento dei regimi previdenziali nazionali. L'avvocato generale Lenz condivise la tesi della Commissione in merito all'unicità della legislazione o del principio del parallelismo tra contributi e prestazioni (v. rispettivamente punti 18 e 19 del rapporto d'udienza ed il paragrafo 22 delle conclusioni del 19 settembre 1991). La Corte non prese posizione sul punto in quanto ritenne estranee al regolamento le indennità di prepensionamento e le pensioni integrative oggetto del finanziamento in questione, il quale ultimo pertanto non poteva dirsi interessato dalle disposizioni del titolo II del regolamento stesso (punto 14).

(48) - V. sentenza 7 marzo 1991, causa C-10/90, Masgio (Racc. pag. I-1119, punto 16).

(49) - Detto questo, non posso condividere la tesi del governo francese secondo la quale il Consiglio avrebbe coscientemente omesso di intervenire nella materia del finanziamento dei regimi previdenziali (v. paragrafo 15). Già al momento dell'adozione del regolamento lo strumento fiscale era piuttosto diffuso per poi acquistare sempre maggiore importanza (v. paragrafo 2); ciò è del resto testimoniato dalla giurisprudenza della Corte, la quale è stata più volte chiamata ad occuparsi di fattispecie rientranti nel settore previdenziale e caratterizzate dal finanziamento pubblico (v. infra, in questa nota). Pare quindi improbabile che - semplicemente omettendo di esplicitare una decisione in questo senso - il Consiglio (che pure nel corso degli anni è intervenuto più volte a modificare il regolamento stesso) abbia inteso escludere dal campo d'applicazione del regolamento un fenomeno di rilievo quale il finanziamento fiscale dei regimi previdenziali (del resto, quando il legislatore comunitario ha voluto escludere dal regolamento determinate fattispecie, lo ha fatto in modo esplicito [v., per esempio, artt. 1, lett. j), ultima parte, e 4, n. 2ter].

Tra le pronunzie della Corte in cui essa ha avuto occasione di esaminare prestazioni previdenziali (giudicate rientranti nel campo materiale d'applicazione del regolamento) alimentate dal gettito fiscale, segnalo le sentenze 24 febbraio 1987, cause riunite 379/85, 380/85, 381/85 e 93/86, CRAM Rhône-Alpes/Giletti, Racc. pag. 955, punto 3; 12 luglio 1990, causa C-236/88, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3163, punto 3; Acciardi già citata alla nota 34. V. inoltre Poucet e Pistre, in cui la Corte si è soffermata su due regimi previdenziali - in parte finanziati «con frazioni di tasse di diversa provenienza» ovvero «da un contributo statale il cui ammontare è stabilito dalla legge finanziaria» (v. conclusioni dell'avvocato generale Tesauro, rispettivamente paragrafi 4, quinto capoverso, e 5, quarto capoverso) - allo scopo di verificarne l'eventuale natura di «impresa» ai sensi degli artt. 85 e 86 del Trattato CE (rispettivamente, divenuti artt. 81 CE e 82 CE), e Duphar, pronunzia relativa ad un sistema previdenziale finanziato in parte da «partecipazioni finanziarie delle pubbliche autorità» (punto 16). Ricordo infine che, in Wilmot/Organic (sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84, Racc. pag. 3759), alla Corte è stato sottoposto il caso di un tributo, di natura parafiscale, istituito specificamente per alimentare fondi previdenziali.

(50) - Limitandoci al caso delle prestazioni previdenziali e tenuto conto del fatto che, secondo la Corte, «la distinzione tra prestazioni escluse dalla sfera di applicazione del regolamento n. 1408/71 e prestazioni che vi rientrano è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi della prestazione, in particolare le sue finalità ed i presupposti per la sua attribuzione» (v. nota 34), si pensi al combinato disposto degli artt. 1, lett. t), u) e v) (definizione di «prestazioni», «pensioni», «rendite», «prestazioni familiari», «assegni familiari» e «assegni in caso di morte»), e 4 («campo d'applicazione "ratione materiae"», con l'elencazione dettagliata dei settori previdenziali interessati) del regolamento; l'art. 4, in particolare, è risultato spesso fondamentale nella giurisprudenza della Corte per determinare l'appartenenza o meno al regolamento di una determinata prestazione (oltre alla giurisprudenza citata in nota 34, v. Frascogna I e Frascogna II per un caso in cui la Corte ha giudicato che una prestazione aveva carattere «assistenziale» piuttosto che «previdenziale»).

(51) - Cit., nota 32.

(52) - Per tutte, v. Pinna, cit., punto 20, e sentenza 27 settembre 1988, causa 313/86, Lenoir (Racc. pag. 5391, punto 13).

(53) - Del resto, la Corte stessa, quando ha dovuto esaminare la questione se nel regolamento rientrino o meno legislazioni nazionali con una duplice valenza, previdenziale e assistenziale, ha ammesso che - seppure sia auspicabile sul piano dell'attuazione della normativa comunitaria in materia di previdenza sociale lo stabilire una netta distinzione fra regimi legislativi che riguardano, rispettivamente, la previdenza e l'assistenza sociale - non si può escludere l'eventualità che, in ragione del campo d'applicazione soggettivo, degli scopi perseguiti e delle modalità d'attuazione, talune legislazioni nazionali possano rientrare al tempo stesso nell'una e nell'altra categoria sfuggendo così a qualsiasi classificazione generale (sentenza 9 ottobre 1974, causa 24/74, Biason, Racc. pag. 999, punto 9, e Giletti, punto 9).

(54) - Sentenza 25 febbraio 1969, causa 23/68, Klomp (Racc. pag. 43, punto 20).

(55) - Cit., nota 49.

(56) - V. punti 8 e 16; preciso che in questo caso la Corte ha proceduto ad una riqualificazione del prelievo (da previdenziale a fiscale), prescindendo dal dato ricavabile dall'ordinamento dello Stato membro interessato, in considerazione della nozione (ampia) di tributi contenuta nell'art. 3 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee (la disposizione di cui il giudice nazionale chiedeva l'interpretazione), ed effettuando in particolare un richiamo diretto ai «contributi o [alle] tasse di qualsiasi natura facenti parte delle imposizioni interne ai sensi del diritto comunitario» (punto 20; il corsivo è mio). Il riferimento al «diritto comunitario» deve intendersi come un rinvio a quella giurisprudenza della Corte sulle imposizioni interne contemplate dalle norme del Trattato secondo la quale «un onere o un contributo non può essere sottratto alla sfera d'applicazione di tali disposizioni [nel caso di specie, l'art. 95 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 90 CE)] per il fatto (...) di costituire una tassa speciale o avente una specifica destinazione (v. sentenza 22 marzo 1977, causa 74/76, Iannelli e Volpi, Racc. pag. 557, punto 19)» (AGF Belgium, cit., punto 18). Come si vede, in questo caso, al pari di quelli in cui si è esaminata la natura di prestazioni previdenziali o di imposte sulla cifra d'affari (v. nota 34), la Corte ha proceduto ad un'autonoma qualificazione del prelievo in questione in quanto si trovava in presenza di nozioni proprie dell'ordinamento comunitario.

(57) - G. Sigillò Massara, cit., pag. 165 (il corsivo è mio), citando P. Mouton, Methods of financing social security in industrial countries: an international analysis, in AA.VV., Financing social security: the options. An international analysis, Genova, ILO, 1984, pag. 29. Vi è poi chi ha scritto che «la consapevolezza della crescente interdipendenza tra i differenti strumenti di finanziamento della sicurezza sociale (...) e la ricerca complessiva dell'equità e della convergenza di prelievi ha condotto i Paesi della Comunità ad integrare fiscalità e contributi sociali in un nuovo aggregato, "il prelievo tributario complessivo", ai fini dei raffronti internazionali» (G. Tamburi, Welfare State, Sistemi di finanziamento. Politiche di convergenza dei sistemi di finanziamento della sicurezza sociale nei Paesi della Comunità europea, Atti dell'Assemblea del CNEL, Roma, 19 febbraio 1992, pag. 56, cit. in G. Sigillò Massara, cit., pag. 165).

Con riferimento, poi, al caso delle imposte indirette con specifica destinazione (tuttavia non interessate dai presenti procedimenti), sostanzialmente nello stesso senso si è espresso D. Pieters, secondo il quale è particolarmente difficile individuare di volta in volta la vera natura di prelievi destinati alla previdenza, in quanto, da una parte, le «etichette» utilizzate dagli Stati membri rispondono ad esigenze di convenienza politica e, dall'altra, la loro varietà sembra renderne difficile una categorizzazione (Social security, taxation and European integration, in De sociale zekerheid her-dacht, 1992, pag. 235, in particolare pag. 239).

(58) - G. Sigillò Massara, cit., pag. 165. Quanto ai Paesi Bassi, in particolare, «la riscossione dell'imposta sulle retribuzioni e quella dei contributi per le assicurazioni sociali generali sono (...) combinate, di modo che il primo scaglione dell'imposizione contiene un elemento imposta e un elemento contributi sociali» [paragrafo 3 delle conclusioni dell'avvocato generale Léger rese nel caso Asscher, sentenza 27 giugno 1996, causa C-107/94 (Racc. pag. I-3089)]. Commentando il caso Asscher, D. Williams ha osservato che «i contributi previdenziali olandesi sono di due tipi, contributi specifici e contributi generali. Qualunque sia la natura dei contributi specifici, i contributi generali appartengono - etichette a parte - al regime fiscale generale. [L'avvocato generale Ruiz-Arabo Colomer ha osservato che i contributi previdenziali generali dei Paesi Bassi "presentano alcune affinità con le imposte"; conclusioni del 30 aprile 1998 nel caso Terhoeve, cit., nota 45, paragrafo 30]. Abbiamo un sistema in cui il governo ha utilizzato un'imposta di scopo sul reddito come strumento di finanziamento di gran parte del bilancio previdenziale, mentre ha usato il gettito fiscale generale, inclusa la generale imposta sul reddito [senza vincolo di destinazione], per finanziare il resto di detto bilancio» (D. Williams, cit., pag. 4; la traduzione è mia). Williams precisa che un sistema simile viene impiegato in Svezia, dove è la stessa amministrazione fiscale a prelevare i contributi previdenziali (ibidem, pag. 5, nota 6).

(59) - «Il finanziamento degli enti che perseguono finalità d'ordine sociale può essere effettuato sia mediante contributi speciali sia grazie agli oneri fiscali» (AGF Belgium, punto 15); v. anche il caso delle prestazioni il cui onere finanziario incombe al datore di lavoro piuttosto che ad un ente previdenziale (Paletta, punti 3 e 18); si vedano, poi, le diverse sentenze indicate alla nota 49, ove la Corte si è occupata di prestazioni finanziate dal gettito fiscale.

(60) - V. Giletti, punto 7, Paletta, punto 18, e Acciardi, punto 18.

(61) - Per tutte, si veda la sentenza 29 giugno 1994, causa C-60/93, Aldewereld (Racc. pag. I-2991), ove la Corte ha deciso che «le norme del diritto comunitario che mirano a garantire la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, e in particolare le disposizioni relative alla determinazione della normativa nazionale da applicare, contenute nel titolo II del regolamento n. 1408/71, ostano» ad un duplice prelievo previdenziale (punto 26; il corsivo è mio).

(62) - V. punto 15. Per altri casi in cui la Corte si è fondata sulla ratio di norme comunitarie in materia di previdenza sociale al fine di una loro corretta applicazione, v., per esempio, Pinna, cit. punto 21, ultima frase, e Paletta, cit. punto 24. Del resto, «[s]econdo una giurisprudenza consolidata, ai fini dell'interpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche, eventualmente, del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte», sentenza 30 gennaio 1997, causa C-221/95, Hervein e Hervillier (Racc. pag. I-609, punto 15, ove si richiama la sentenza 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 3781, punto 12).

(63) - Sentenza 17 novembre 1993, causa C-73/92, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-5997, punto 19; il corsivo è mio); v. anche sentenza 14 dicembre 1971, causa 7/71, Commissione/Francia (Racc. pag. 1003), ove è precisato che «l'azione per inadempimento di uno Stato consente appunto di determinare l'esatta estensione degli obblighi degli Stati membri in caso d'interpretazioni divergenti» (punti 49-51), in linea con quanto suggerito dall'avvocato generale Roemer («l'azione [per inadempimento] ha finalità meramente oggettive; mira cioè a chiarire la situazione giuridica e prescinde da ogni valutazione morale»; pag. 1025; il corsivo è mio). In dottrina si veda, per tutti, D. Simon, Recours en constatation de manquement, in Juris Classeur - Europe, fascicolo 380, punto 1, ove si legge che tali «procedure [sono] oggettive, fondate sulla necessità di assicurare il rispetto di un "ordine pubblico comunitario"» (la traduzione è mia).

(64) - Sentenza 31 marzo 1977, causa 87/76, Bozzone (Racc. pag. 687, punto 10; il corsivo è mio). Nella filosofia che la ispira, questa pronunzia non è isolata. La Corte tende ad interpretare estensivamente le disposizioni del regolamento, tra queste l'art. 13 (v., per esempio, sentenze Biason, punti 12-16; 12 gennaio 1983, causa 150/82, Coppola, Racc. pag. 43, punto 11; Ten Holder, punti 13 a 15; Giletti, punto 11; Commissione/Francia, causa C-236/88, cit., punti 10 e 16).

Ricordo, poi, che in Blottner (sentenza 9 giugno 1977, causa 109/76, Racc. pag. 1141, punti 9-13) la Corte, pur constatando che la nozione di «legislazione» di cui all'art. 1, lett. j), del regolamento si riferisce esclusivamente alle leggi ed ai regolamenti previdenziali che siano «esistenti o futuri», ha interpretato la norma nel senso che essa non «esclude norme che, dopo essere state in vigore in un periodo precedente, non lo erano più alla data d'emanazione dei suddetti regolamenti comunitari», perché, diversamente, lo scopo dell'art. 51, base giuridica del regolamento, «non verrebbe raggiunto».

L'interpretazione «espansiva» effettuata dalla Corte risulta, a mio parere, tanto più significativa alla luce della giurisprudenza per cui financo «il fatto che una disposizione faccia parte di una legge estranea all'ambito d'applicazione del regolamento non comporta necessariamente che la disposizione stessa vi si sottragga» (Rheinhold & Mahla, punto 22; v. anche Jordens-Vosters, punto 8).

(65) - V. sentenza 3 maggio 1990, causa C-2/89, Kits van Heijningen (Racc. pag. I-1755, punto 12); v. anche, ex multis, Luijten, punto 12, e sentenza 4 ottobre 1991, causa C-196/90, De Paep (Racc. pag. I-4815, punto 18). Come rivela il suo tenore letterale, la giurisprudenza della Corte si è ispirata all'ottavo `considerando' del regolamento.

(66) - Luijten, punto 14; v. anche, per esempio, Kits van Heijningen, punto 12, e De Paep, punto 18.

(67) - Ho detto «qualunque» complicazione in quanto la costante giurisprudenza della Corte ha sancito il principio per cui anche il minimo ostacolo ad una delle libertà fondamentali è da considerarsi contrario al Trattato: sulla libera circolazione delle merci si vedano le sentenze 5 giugno 1986, causa 103/84, Commissione/Italia (Racc. pag. 1759, punto 18), e 5 aprile 1984, cause riunite 177/82 e 178/82, Van de Haar (Racc. pag. 1797, punto 13); sulla libera circolazione delle persone, si vedano le sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia («Avoir fiscal»; Racc. pag. 273, punto 21), e 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus (Racc. pag. I-1663, punto 32); sulla libera circolazione dei servizi, si vedano le sentenze 25 luglio 1991, causa C-76/90, Säger (Racc. pag. I-4221, punto 12), e 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler (Racc. pag. I-1039, punto 43); sulla libera circolazione dei capitali, si vedano le mie conclusioni del 24 giugno 1999, causa C-35/98, Verkooijen (non ancora pubblicate in Raccolta, paragrafo 17); sulle quattro libertà fondamentali, si veda la sentenza 13 dicembre 1989, causa C-49/89, Corsica Ferries France (Racc. pag. 4441, punto 8).

(68) - Ad esempio, le disposizioni previste da regimi speciali per lavoratori autonomi la cui creazione è lasciata all'iniziativa degli interessati.

(69) - V. sentenza 2 agosto 1993, causa C-23/92, Grana-Novoa (Racc. pag. I-4505, punto 16), in cui la Corte ha escluso che rientrassero nella nozione di «legislazione» di cui all'art. 1, lett. j), del regolamento le convenzioni internazionali in materia previdenziale in quanto queste «costituiscono oggetto di disposizioni specifiche del regolamento» quale l'art. 6, che fissa il principio per cui «[il regolamento] surroga qualsiasi convenzione in materia previdenziale vincolante unicamente due o più Stati membri (...)» (punto 17).

(70) - De Jaeck, punto 30, e Hervein e Hervillier, punto 20.

(71) - Jordens-Vosters, punto 6; il corsivo è mio.

(72) - V. Biason, punto 9, e Giletti, punto 9.

(73) - Rheinhold & Mahla, punto 23; il corsivo è mio; nello stesso senso v. le conclusioni dell'avvocato generale Gulmann, paragrafo 16.

(74) - Per quanto riguarda il CSG, ed a corollario dell'affermazione per cui esso «concerne» la previdenza francese, ricordo che questa imposta è prelevata da enti, e secondo modalità, tipici del sistema previdenziale. Inoltre, al pari dei normali contributi e diversamente da ogni tributo ordinario, esso risulta deducibile, seppure solo parzialmente, dal reddito lordo imponibile.

(75) - V. AGF Belgium, punti 25-28.

(76) - La questione circa la natura previdenziale o fiscale della tassa in questione aveva formato l'oggetto dell'esame della Corte in un'altra parte della sentenza, quella relativa al primo quesito pregiudiziale. La Corte decise che si trattava di un onere fiscale «in quanto gli oneri di cui trattasi [imposte indirette consistenti in supplementi obbligatori dei premi dell'assicurazione autoveicoli a beneficio di enti previdenziali] non possono essere equiparati ai contributi dovuti dalle persone soggette a un regime di previdenza sociale o aderenti ad enti sociali. Risulta infatti dagli elementi contenuti nell'ordinanza di rinvio che i detti sovrappremi si applicano a tutte le persone che sottoscrivono un'assicurazione autoveicoli, compresi coloro che non hanno legami di sorta con gli enti beneficiari, e quindi sono dovuti indipendentemente dallo status di soggetto a tali enti o di aderente ad essi» (punto 16).

(77) - Si aggiunga poi che non in tutti gli Stati membri il pagamento di contributi previdenziali dà diritto a prestazioni determinate [v. D. Williams, cit., pagg. 5 e 6, ove si fanno specifici esempi ricavati dai regimi previdenziali britannico, irlandese e svedese, e non si condivide l'avvocato generale Léger quando, nel caso Asscher, scrive che «[mentre] il versamento di contributi sociali rientra in un sistema di assicurazione: esso dà diritto a prestazioni determinate. Per contro, il pagamento di imposta, estraneo ad un meccanismo di assicurazione, non dà diritto a prestazioni in quanto tali» (paragrafo 82 delle conclusioni). Secondo Williams, pertanto, un'affermazione quale quella dell'avvocato generale Léger - in tutto simile alla tesi avanzata oggi dal governo francese - non può essere correttamente riferita ai regimi previdenziali della Comunità europea nel suo complesso].

(78) - Rilevo come, al pari del CSG, anche il CRDS, in fondo, abbia una vena solidaristica, in quanto impone a ciascuno di contribuire in funzione del proprio reddito e a prescindere dalla qualità e dall'entità delle prestazioni ricevute nel corso degli anni che hanno visto l'accumularsi del risultato negativo d'esercizio che il CRDS è destinato ad appianare.

(79) - La stessa Corte, esaminando le caratteristiche di un regime previdenziale che si ispiri al principio della solidarietà, è giunta a individuarne profili tali per cui i contributi tendono a sfumare in una categoria generale che comprende anche versamenti che non hanno un vero e proprio collegamento diretto e proporzionale con le prestazioni cui si ha diritto: «[la] solidarietà comporta una redistribuzione del reddito tra i più abbienti e quelli che, in mancanza di un regime del genere e in ragione dei loro mezzi e delle loro condizioni di salute, sarebbero privati della necessaria tutela previdenziale. (...) Altro aspetto della solidarietà è il conferimento di spettanze di pensione senza contropartita di contributi e di spettanze di pensione non commisurate ai contributi versati. (...) [L]a solidarietà interviene tra i vari regimi previdenziali, giacché i regimi eccedentari partecipano al finanziamento dei regimi che accusano difficoltà finanziarie strutturali» (Poucet e Pistre, punti 10-12; il corsivo è mio). Sempre in Poucet e Pistre, l'avvocato generale Tesauro ha rilevato che «regimi [legali di sicurezza sociale] sono caratterizzati, diversamente dai regimi assicurativi privati, dalla mancanza di un nesso diretto tra i contributi versati e le prestazioni erogate» (paragrafo 9, in fine, delle conclusioni).

(80) - Sentenza 5 maggio 1977, causa 102/76, Perenboom (Racc. pag. 815, dispositivo e punti 13 e 14 della motivazione; il corsivo è mio).

(81) - Sentenza 21 febbraio 1991, causa C-140/88, Noij (Racc. pag. 387, punti 15, 17 e dispositivo). Incidentalmente, la Corte ha fatto rientrare nel campo d'applicazione del regolamento il caso dei lavoratori che hanno definitivamente cessato ogni attività lavorativa nonostante il fatto che esso non sia previsto da alcuna delle disposizioni del regolamento stesso (v. punto 9). Tenuto conto dell'obiettivo del regolamento («contribuire all'instaurazione di una libertà di circolazione dei lavoratori migranti il più possibile completa»), la Corte ha ritenuto contrario a quest'obiettivo che «un lavoratore possa essere privato di una parte di pensione percepita a norma della legislazione di uno Stato membro, per il semplice fatto di essere andato a risiedere in un altro Stato membro» (punto 13).

(82) - In Kits van Hijningen, una considerazione in tutto simile è stata decisiva per giungere alla determinazione dell'incompatibilità di una misura nazionale con l'art. 13, n. 2, lett. a), del regolamento (v. punto 21).

(83) - Masgio (punto 16; il corsivo è mio); nello stesso senso v. sentenza 25 febbraio 1986, causa 284/84, Spruyt (Racc. pag. 685, punti 18 e 19); v. anche Noij, punto 13.

(84) - V. sentenze Spruyt, punto 19; 7 luglio 1988, causa 143/87, Stanton (Racc. pag. 3877, punto 14); 7 luglio 1988, cause riunite 154/87 e 155/87, Wolf e a. (Racc. pag. 3897, punto 14); Masgio, punti 16 e 17; 4 ottobre 1991, causa C-349/87, Paraschi (Racc. pag. I-4501, punto 22); sentenza 5 ottobre 1994, causa C-165/91, Van Munster (Racc. pag. I-4661, punto 27); sentenza 15 febbraio 1996, causa C-53/95, Kemmler (Racc. pag. I-703, punto 11).

(85) - Terhoeve, punto 35.

(86) - V. artt. 18 e 21 del modello di convenzione fiscale dell'OCSE.

(87) - Secondo la costante giurisprudenza della Corte (v., per esempio, sentenze 16 dicembre 1992, causa C-17/91, Lornoy e a., Racc. pag. I-6523; causa C-114/91, Claeys, Racc. pag. I-6559; cause riunite C-144/91 e C-145/91, Demoor e a., Racc. pag. I-6613; 2 agosto 1993, causa C-266/91, CELBI, Racc. pag. I-4337; 27 ottobre 1993, causa C-72/92, Scharbatke, Racc. pag. I-5509), «[p]er quanto riguarda un tributo che colpisca i prodotti nazionali e quelli importati in base a identici criteri, può essere necessario (...) tener conto della destinazione del gettito del tributo stesso. In effetti, quando il gettito di un tributo del genere è destinato a finanziare attività che giovano in modo specifico ai prodotti nazionali tassati, può derivarne che il tributo riscosso secondo gli stessi criteri costituisca nondimeno una tassazione discriminatoria nella misura in cui l'onere fiscale gravante sui prodotti nazionali è neutralizzato da vantaggi che esso serve a finanziare, mentre quello gravante sui prodotti importati rappresenta un onere netto» (Claeys, punto 16).