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61998C0251

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 14 ottobre 1999. - C. Baars contro Inspecteur der Belastingen Particulieren/Ondernemingen Gorinchem. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Gerechtshof 's-Gravenhage - Paesi Bassi. - Libertà di stabilimento - Patrimonio investito in azioni di società stabilite nello Stato membro di imposizione - Esenzione dall'imposta sul patrimonio - Patrimonio investito in azioni di società stabilite in un altro Stato membro - Insussistenza dell'esenzione. - Causa C-251/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-02787


Conclusioni dell avvocato generale


A - Introduzione

1 Il Gerechtshof di 's-Gravenhage chiede alla Corte di giustizia di interpretare gli artt. 6, 52, 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 12, 43, 56 e 58 CE) rispetto ad una normativa olandese in materia di imposta sul patrimonio in base alla quale una partecipazione sostanziale in un'impresa gode in una determinata misura di un'esenzione dall'imposta sul patrimonio, qualora l'impresa abbia la propria sede nei Paesi Bassi.

2 L'attore nella causa a qua (in prosieguo: l'«attore») è cittadino olandese ed ha la propria residenza nei Paesi Bassi. E' azionista unico della società Ballyard Foods Limited (in prosieguo: la «Ballyard») che ha sede a Dublino, Irlanda, e produce formaggi. L'attore, essendo azionista unico della società, desidererebbe, in sede in accertamento del suo imponibile nei Paesi Bassi, far valere un'esenzione di impresa.

3 In sede di procedimento per la determinazione dell'imposta sul patrimonio per l'anno 1994, l'attore ha dichiarato un patrimonio di NLG 2 650 600 al 1_ gennaio 1994. Al 1_ gennaio 1994 il valore della partecipazione nella Ballyard ammontava a NLG 749 800. In considerazione della propria partecipazione nella Ballyard l'attore ha chiesto di detrarre dal suo patrimonio imponibile nei Paesi Bassi un importo a titolo di esenzione d'impresa di NLG 442 400, calcolato nel modo di seguito descritto al paragrafo 4. A tal fine ha invocato l'art. 7, secondo e terzo comma, della legge olandese sull'imposta sul patrimonio del 1964 (1).

4 L'art. 7, secondo comma, della legge sull'imposta sul patrimonio prevede, a favore del contribuente che eserciti una o più imprese, che in sede di accertamento del patrimonio imponibile il capitale investito in tale o tali imprese goda di un abbattimento pari a:

a) se il patrimonio ammonta a non più di NLG 135 000: 100%;

b) se il patrimonio ammonta a più di NLG 135 000: NLG 135 000, più il 50% del patrimonio eccedente tale somma, fino ad un massimo di NLG 1 541 000.

5 L'art. 7, terzo comma, della legge sull'imposta sul patrimonio prevede che il secondo comma trovi analoga applicazione qualora il patrimonio investito in una o più imprese ai sensi del secondo comma non superi NLG 2 947 000, oppure qualora nessuna delle imprese venga gestita dal contribuente; a tal fine viene considerato patrimonio investito in un'impresa il patrimonio che, secondo la lett. c) della norma, si riferisce ad azioni e quote che costituiscono, ai sensi della legge sull'imposta sul reddito del 1964 (2), una partecipazione sostanziale in una società con sede nei Paesi Bassi (sempre che non si tratti di una società di investimenti ai sensi dell'art. 28 della legge sul'imposta sulle società (3)) (4).

6 Le autorità fiscali olandesi hanno rifiutato il riconoscimento dell'esenzione d'impresa determinando il patrimonio imponibile in NLG 2 650 000. L'attore ha presentato ricorso contro tale decisione.

7 Il governo olandese giustifica la normativa oggetto di causa con l'intento di tutelare il capitale delle piccole società, le cui quote sono sostanzialmente detenute da persone fisiche. In casi simili si perverrebbe ad una doppia imposizione tributaria, e precisamente in base alle norme sulla tassazione delle società ed a quelle sull'imposta sul patrimonio. Poiché però nei casi in questione il capitale della società costituirebbe allo stesso tempo patrimonio del titolare ed una distinzione tra le due masse patrimoniali non sarebbe possibile, l'esenzione di impresa dovrebbe servire ad impedire la doppia imposizione sulla medesima massa patrimoniale. Nel caso di società con sede all'estero, non vi sarebbe alcun motivo, da questo punto di vista, di accordare l'esenzione di impresa, giacché nei Paesi Bassi tali società sarebbero soggette unicamente alla tassazione del patrimonio del titolare delle quote, sfuggendo invece all'applicazione dell'imposta olandese sulle società. Sarebbe pertanto preclusa a priori la possibilità di una doppia imposizione da parte del fisco olandese.

8 Il Gerechtshof di 's-Gravenhage sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 6 e/o 52 del Trattato CE vadano interpretati nel senso che è incompatibile con tali articoli una restrizione derivante da una disposizione contenuta nella legislazione tributaria di uno Stato membro che, in caso di patrimonio investito in azioni di un'impresa - qualora le azioni configurino una partecipazione sostanziale -, esonera il titolare dall'imposta sul patrimonio, ma limita l'esenzione alle azioni di società stabilite in tale Stato membro.

2) In caso di soluzione negativa della questione sub 1, se gli artt. 73 B e 73 D del Trattato CE vadano interpretati nel senso che è con essi incompatibile una disposizione restrittiva come indicato nella questione 1».

9 Sono intervenuti nel procedimento il governo olandese e la Commissione. Si dovrà ritornare sulle loro argomentazioni in sede di analisi in punto di diritto.

B - Presa di posizione

I - Questione preliminare circa il rapporto di concorrenzialità tra libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali

10 Le due questioni sottoposte dal giudice a quo paiono stare in un rapporto di subordinazione l'una rispetto all'altra. Mentre la prima questione si riferisce alla compatibilità della normativa dello Stato membro con le norme comunitarie in materia di libertà di stabilimento, la seconda questione viene formulata in subordine alla soluzione offerta alla prima. Qualora la normativa nazionale fosse compatibile con le regola in materia di libertà di stabilimento, il giudice a quo desidererebbe sapere se detta normativa sia altresì compatibile con le regole in materia di libera circolazione dei capitali.

11 Le parti del procedimento assumono posizioni differenti rispetto alle norme comunitarie applicabili.

Il governo olandese, in merito all'art. 52 del Trattato CE, che disciplina la libertà di stabilimento, sostiene che tale norma non sarebbe applicabile al caso in esame. La titolarità di azioni in una società sarebbe soggetta soltanto alle norme sulla circolazione dei capitali. Ciò risulterebbe anche dall'art. 52, secondo comma, del Trattato CE, il quale conterrebbe un'espressa riserva a favore delle norme sulla circolazione dei capitali.

La Commissione ritiene invece che la partecipazione sostanziale al capitale di una società con sede in un altro Stato membro ricada in primo luogo sotto le norme in materia di libertà di stabilimento ai sensi dell'art. 52, secondo comma, del Trattato CE. La riserva a favore delle norme sulla circolazione dei capitali, che si troverebbe anche nell'art. 61, n. 2, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 51 CE), nel capitolo sulla libera prestazione dei servizi, avrebbe riguardato soltanto il periodo transitorio fino alla completa realizzazione della libera circolazione dei capitali, e sarebbe pertanto nel frattempo divenuta priva di oggetto.

Valutazione

12 Le norme sulla libertà di stabilimento ricomprendono, ai sensi dell'art. 52, secondo comma, del Trattato CE, la costituzione e la gestione di imprese, in particolare di società ai sensi dell'art. 58 del Trattato CE. Pertanto tali attività non possono di per sé essere escluse dal campo di applicazione della libertà di stabilimento e soggiacere soltanto alle norme sulla circolazione dei capitali.

13 Tra le norme sulla libertà di stabilimento e quelle sulla circolazione dei capitali sussiste uno stretto rapporto. Tale rapporto risulta già per effetto delle reciproche riserve di cui all'art. 73 D, n. 2 (5), e all'art. 52, secondo comma (6). Tali riserve non significano tuttavia che un comportamento possa essere tutelato soltanto ai sensi di una di queste due libertà fondamentali. Se un qualsiasi riferimento alla circolazione dei capitali dovesse già di per sé escludere l'applicazione del capitolo sulla libertà di stabilimento, quest'ultima libertà fondamentale perderebbe la propria importanza pratica, giacché lo stabilimento in un altro Stato membro è di regola collegato con un trasferimento di capitali.

14 Le norme sulle libertà fondamentali disciplinano la libertà di un comportamento sotto un determinato aspetto economico. A tale riguardo, un unico comportamento può essere meritevole di tutela sotto diversi aspetti e di conseguenza ricadere contemporaneamente nell'ambito di più libertà fondamentali.

15 Nella giurisprudenza sviluppata fino ad oggi la Corte è partita dal presupposto di un'applicabilità parallela, da un lato, delle norme sulla circolazione dei capitali e, dall'altro, di quelle sulla libertà di prestazione dei servizi o di stabilimento. Tale giurisprudenza è fondata sul presupposto che le norme sulla circolazione dei capitali escludano la parallela applicazione di altre libertà fondamentali soltanto allorché ci si trova in presenza di misure che disciplinano in maniera specifica i flussi di capitali. Tuttavia, qualora i flussi di capitali vengano indirettamente influenzati dal fatto che l'esercizio di un'attività economica in un altro Stato membro venga reso più difficile, diventa in ogni caso determinante anche la libertà fondamentale relativa all'attività in questione (7).

16 Nella sentenza Bachmann (8) la Corte ha deciso che le norme sulla circolazione dei capitali non comprendono quelle restrizioni che derivino indirettamente dalle restrizioni di altre libertà fondamentali.

17 Nella sentenza nella causa Svensson e Gustavsson (9) la Corte ha ritenuto che una norma che impedisca la concessione di crediti da parte delle banche può violare sia l'art. 59 del trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE), sia l'art. 67 del Trattato CE (abrogato dal Trattato di Amsterdam).

18 La sentenza 9 luglio 1997 nella causa Parodi (10) è partita dal presupposto di una parallela applicabilità delle norme sulla libera prestazione dei servizi e sulla circolazione dei capitali. L'interpretazione della Corte è stata nel senso di escludere l'applicazione della libera prestazione dei servizi in presenza di una restrizione ai movimenti di capitali collegati con questi servizi, soltanto «in presenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali relativi a siffatte operazioni che sia compatibile con il diritto comunitario» (11).

19 L'avvocato generale Tesauro, nelle sue conclusioni del 23 settembre 1997 nella causa Safir (12), ha proposto di procedere alla delimitazione tra libera circolazione dei capitali e libera prestazione dei servizi verificando se una misura nazionale ostacoli direttamente il trasferimento di capitali rendendolo impossibile o più difficoltoso, ed ha per questa ipotesi ritenuto che sussista un rapporto di specialità tra la libera circolazione dei capitali e la libera prestazione dei servizi.

20 L'avvocato generale Mischo, nelle sue conclusioni del 14 maggio 1998 nella causa Ambry (13), ha scelto un'impostazione simile. Egli ha escluso l'applicazione delle norme sulla circolazione dei capitali ad una normativa che consentiva soltanto a istituti di credito nazionali la prestazione di determinate garanzie, sulla base dell'argomento che in tal modo non si sarebbe creato alcun ostacolo alla circolazione dei capitali tra gli Stati membri. Nella propria sentenza la Corte ha ritenuto anch'essa sussistente una violazione della libera prestazione dei servizi lasciando impregiudicata la questione «se una tale normativa sia incompatibile con l'art. 73 B del Trattato» (14).

21 Nella sentenza 1_ giugno 1999, Konle (15), vertente su una norma del diritto austriaco che rendeva più difficile per gli stranieri l'acquisto di proprietà immobiliari, la Corte ha ritenuto applicabili sia la libertà di stabilimento, sia le norme sulla circolazione dei capitali. In conclusione, tuttavia, la Corte ha ritenuto sussistere una violazione dell'art. 56 CE (già art. 73 B del Trattato CE) e non ha perciò esaminato la questione della compatibilità con le norme in materia di libertà di stabilimento. In questo caso l'avvocato generale La Pergola aveva invece riscontrato una violazione della libertà di stabilimento, ed aveva perciò ritenuto non necessario assumere una posizione sull'aspetto relativo alla circolazione dei capitali (16). Tuttavia, sia la sentenza sia le conclusioni partono dal presupposto di una parallela applicabilità di entrambe le libertà fondamentali.

22 Un rapporto generale di esclusione tra le norme sulla circolazione dei capitali e le altre libertà fondamentali - quale vorrebbe il governo olandese nel presente caso - non è compatibile con la giurisprudenza sopra illustrata. Nelle cause Svensson e Gustavsson, Parodi, Ambry e Konle, la Corte ha ritenuto possibile l'applicazione parallela delle norme sulla circolazione dei capitali e delle altre libertà fondamentali. A questo proposito, la causa Konle riguardava proprio il rapporto, determinante nel presente caso, tra libera circolazione dei capitali e libertà di stabilimento.

23 A favore di questa giurisprudenza depongono argomenti convincenti. Nei Trattati di Roma inizialmente soltanto la libera circolazione delle merci e delle persone e la libera prestazione dei servizi erano compiutamente configurate come libertà fondamentali. Invece, la libera circolazione dei capitali doveva inizialmente essere realizzata mediante le fonti normative secondarie, ed è soltanto col trattato di Maastricht che essa è stata recepita nel Trattato CE come libertà fondamentale in senso pieno. Se ora, insieme col governo olandese, si aderisse ad un'interpretazione in senso ampio delle norme sulla circolazione dei capitali, tale da sconfinare anche in settori in origine tutelati da altre libertà fondamentali e da comprimere questi ultimi, l'introduzione della libera circolazione dei capitali avrebbe come conseguenza una limitazione delle altre libertà fondamentali, giacché le riserve in termini di restrizioni alla circolazione dei capitali dovrebbero in qualche modo essere trasposte alle altre libertà fondamentali. Sicuramente, tuttavia, l'inserimento della circolazione dei capitali tra le libertà fondamentali non deve dar luogo a una tale restrizione delle libertà fondamentali già esistenti e direttamente applicabili. Piuttosto, accanto alle altre già esistenti, dovrebbe essere aggiunta un'ulteriore libertà fondamentale, estendendo così il campo delle attività economiche transnazionali tutelate.

24 D'altra parte, gli artt. 73 D, n. 2, e 52, secondo comma, del Trattato sembrano deporre a favore di un limite alla parallela applicabilità in casi determinati. In tal senso, l'art. 52, secondo comma, del Trattato CE si può intendere soltanto nel senso che una restrizione alla circolazione dei capitali non vìola di per sé la libertà di stabilimento. Una misura nazionale la quale disciplini direttamente soltanto il trasferimento di capitali e non lo stabilimento in un altro Stato, non ricade nell'ambito di applicazione della libertà di stabilimento neppure qualora le maggiori difficoltà imposte al trasferimento di capitali provochino indirettamente un ostacolo allo stabilimento in un altro Stato. L'art. 52, secondo comma, del Trattato CE stabilisce chiaramente, con la tecnica del rinvio, che i movimenti di capitali non ricadono nell'ambito di azione della libertà di stabilimento solo per il fatto che essi sono importanti ai fini dello stabilimento stesso.

25 Inversamente, l'art. 73 D, secondo comma, mostra che una lesione diretta nei confronti della libertà di stabilimento deve essere valutata alla luce di tale libertà fondamentale, e che le norme relative alla circolazione dei capitali non si applicano in subordine. Questa limitazione vale unicamente per il diritto di stabilimento. L'art. 73 D, n. 2, non prevede invece alcuna limitazione in caso di concorrenza tra circolazione dei capitali ed altre libertà fondamentali. Ciò spiega l'applicazione delle norme in materia di circolazione dei capitali nelle cause Svensson e Gustavsson e Ambry, le quali vertevano su violazioni dirette della libera prestazione di servizi.

26 Le considerazioni che precedono circa il rapporto di concorrenza tra libera circolazione dei capitali e libertà di stabilimento si possono riassumere come segue:

1) Nel caso sussista una diretta lesione della libera circolazione dei capitali, la quale comporti solo indirettamente un ostacolo allo stabilimento, sono applicabili soltanto le norme relative alla circolazione dei capitali.

2) Nel caso sussista una diretta lesione della libertà di stabilimento, la quale, ostacolando lo stabilimento, comporti indirettamente una riduzione dei flussi di capitali tra gli Stati membri, sono applicabili unicamente le norme in materia di libertà di stabilimento.

27 Detto questo, rimangono da qualificare i casi nei quali una misura nazionale ostacoli direttamente i flussi di capitali ed allo stesso modo direttamente concerna la libertà di stabilimento. La causa Konle, che verteva sull'acquisto di un immobile a fini abitativi in un altro Stato, concerneva un'ipotesi di questo tipo.

28 L'acquisto di un immobile a fini abitativi è un complemento necessario dello stabilimento e costituisce perciò una forma di esercizio di tale libertà fondamentale. L'esercizio di detta libertà era proibito dalla normativa austriaca. Sussisteva pertanto una restrizione diretta al diritto di stabilimento.

29 D'altra parte, l'acquisto di immobili costituisce sempre un investimento di capitali e pertanto, indipendentemente dagli scopi del medesimo, è sempre tutelato in base alle norme sulla circolazione dei capitali. Perciò, il divieto austriaco incideva in eguale misura sull'esercizio di un diritto garantito dalle norme sulla circolazione dei capitali, e costituiva una diretta violazione di tale libertà fondamentale.

30 In conclusione, la Corte ha ritenuto applicabili sia le norme in materia di libera circolazione dei capitali, sia la libertà di stabilimento. Vi è dunque una terza regola relativa al rapporto di concorrenza da tenere presente:

3) Allorché sussiste una lesione sia della libera circolazione dei capitali sia del diritto di stabilimento, sono applicabili entrambe le libertà fondamentali e la misura nazionale deve soddisfare le condizioni poste a tutela di entrambe.

II - Sull'applicabilità nella fattispecie dei principi elaborati

1. Quanto alla prima questione

31 Con la prima questione sollevata il giudice richiede una decisione sul punto se la limitazione dell'esenzione d'impresa alle imprese stabilite nei Paesi Bassi sia compatibile con gli artt. 6 e 52 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 12 e 43 CE).

a) Ambito di applicazione della libertà di stabilimento

32 La normativa oggetto della presente causa concerne unicamente la partecipazione sostanziale («aanmerkelijk belang») in un'impresa straniera. Il senso e lo scopo di questo riferimento al carattere sostanziale della partecipazione diviene chiaro alla luce del contesto normativo nazionale. In primo luogo l'esenzione spetta al titolare dell'impresa. L'azionista viene equiparato al titolare di un'impresa non in quanto tale, bensì soltanto nel caso in cui detenga una partecipazione sostanziale nella società, partecipazione che gli assicuri anche una certa influenza sulle decisione imprenditoriali. La normativa, pertanto, in base al suo senso ed al suo scopo, non concerne in generale l'investimento di capitale effettuato al fine di trarne un profilo, bensì riguarda in maniera specifica l'attività d'impresa in quanto tale. Il diritto di costituire in un altro Stato un'impresa in forma di società per azioni viene direttamente pregiudicato dal rifiuto di concedere l'agevolazione fiscale. Pertanto, la libertà di stabilimento è in ogni caso applicabile alla fattispecie in base alle regole di delimitazione sopra proposte.

33 Il confine tra il semplice investimento di capitali in forma di acquisizione di azioni in un'impresa stabilita in un altro Stato membro e lo stabilimento in questo Stato membro potrebbe essere individuato nel fatto che l'azionista non cerca più di trarre utili sostenendo, mediante il semplice impiego di capitali, un'attività imprenditoriale diretta da altre persone, bensì diviene egli stesso attivo come imprenditore. Una tale attività imprenditoriale presuppone, oltre al semplice diritto di voto dell'azionista, che quest'ultimo detenga una partecipazione in misura tale da assicurargli un'incidenza sostanziale sulle decisioni imprenditoriali della società. A tal fine occorre fare riferimento alle norme di diritto societario dello Stato in cui l'impresa è stabilita (17).

34 Nel presente caso questa delimitazione non presenta problemi. Poiché tutte le azioni sono detenute da un unico titolare, non vi è alcun dubbio che si è in presenza di uno stabilimento. Il titolare unico di tutte le quote di una società può determinare le attività di questa, senza a tal fine dover prendere in considerazione altri soggetti ugualmente legittimati a prendere tali decisioni. Dal titolare di un'impresa individuale lo distingue unicamente la forma giuridica prescelta e, tuttavia, come quest'ultimo egli può dirigere le attività economiche dell'impresa.

b) Restrizione della libertà di stabilimento

35 La libertà di stabilimento comprende l'attività professionale del lavoratore autonomo in un altro Stato membro. Essa ricomprende in particolare il diritto di costituire un'impresa in un altro Stato membro ed ivi dirigerla. A tale proposito non ha alcuna rilevanza il fatto che tale impresa sia organizzata come impresa individuale ovvero come società, come dimostra l'art. 52, secondo comma, del Trattato CE.

36 In base alla giurisprudenza della Corte, la libertà fondamentale di cui trattasi offre una tutela non solo contro le restrizioni frapposte dallo Stato nel quale deve essere costituito uno stabilimento, ma anche contro le restrizioni apportate dallo Stato di origine (18).

37 Vero è che all'interno della Comunità l'imposta sul patrimonio non è stata armonizzata e, pertanto, gli Stati membri continuano ad avere competenza esclusiva in materia di legislazione fiscale. Tuttavia, essi sono tenuti ad esercitare questa competenza in maniera tale da non violare il diritto comunitario. In particolare, non possono essere applicate imposte che impediscano l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (19).

38 Il rifiuto di accordare un'esenzione d'impresa in sede di tassazione del patrimonio del proprietario di quote che detenga una partecipazione sostanziale in un'impresa insediata in uno Stato membro diverso dai Paesi Bassi è idoneo a rendere meno attraente e, quindi, ad ostacolare l'esercizio di attività imprenditoriali in altri Stati membri. Si tratta in questo caso di un'obiettiva disparità di trattamento a danno dell'imprenditore e/o del proprietario di quote, operata a seconda dello Stato membro nel quale l'impresa è stabilita.

c) Giustificazione

39 In considerazione del carattere discriminatorio della normativa descritta, una giustificazione della stessa è possibile soltanto ai sensi degli artt. 55 e 56 del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, art. 45 CE e, in seguito a modifica, art. 46 CE) ovvero alla luce di necessità cogenti. L'argomento sollevato dal governo olandese, vale a dire che mediante la possibilità di ridurre l'imposta sul patrimonio attraverso un'esenzione di dovrebbe impedire un'imposizione multipla da parte del fisco olandese sui medesimi valori patrimoniali - per effetto dell'applicazione successiva dell'imposta sulle società e dell'imposta sul patrimonio -, non è idoneo a giustificare la disparità di trattamento. Infatti, il rifiuto dell'esenzione d'impresa per le società stabilite all'estero è indipendente dal fatto che nello Stato ospitante vi sia o meno una tassazione delle società. Dunque, il governo olandese elimina la doppia imposizione in maniera discriminatoria, avendo riguardo soltanto al capitale di società nazionali. Se l'imposta sul patrimonio per partecipazioni sostanziali in una società deve essere ridotta in ragione dell'imposta che la società deve corrispondere, tale riduzione non può dipendere dal fatto che la tassazione della società abbia luogo nei Paesi Bassi o in un altro Stato.

40 Una disciplina non discriminatoria mirante ad evitare una duplice imposizione sarebbe possibile qualora l'esenzione d'impresa fosse disciplinata in relazione all'imposta dovuta dalla società nello Stato in cui questa è stabilita, prescindendo da quale sia lo Stato membro nel quale tale imposta viene versata. Poiché dunque lo scopo del legislatore potrebbe essere raggiunto tramite una normativa non discriminatoria, la disciplina oggetto del presente giudizio non trova giustificazione.

41 Anche la circostanza che l'imposta dovuta dalla società non affluisce al fisco olandese non è di per sé idonea a giustificare la normativa olandese in materia di imposta sul patrimonio nella sua configurazione attuale, poiché le eventuali minori entrate tributarie che da ciò derivano non rientrano tra i motivi indicati all'art. 56 del Trattato CE, né possono essere considerate come imperative ragioni di interesse generale (20).

d) Divieto generale di discriminazione

42 In relazione al generale divieto di discriminazione per motivi di nazionalità, stabilito dall'art. 6 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 12 CE) ed evocato nella prima questione, la Commissione a giusto titolo sottolinea il carattere espressamente sussidiario di tale norma rispetto alle norme specifiche del Trattato. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, il divieto generale di discriminazione è applicabile soltanto nei casi in cui il Trattato non prevede specifici divieti di discriminazione (21). Pertanto, non vi è spazio nel presente caso per applicare il divieto generale di discriminazione.

43 La prima questione sollevata dal giudice a quo va dunque risolta come segue:

L'art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) osta ad una normativa di uno Stato membro in materia di imposta sul patrimonio la quale limiti la concessione di un'esenzione per la partecipazione sostanziale in una società al solo caso di partecipazione in società stabilite in tale Stato membro.

2. Quanto alla seconda questione

44 La soluzione prospettata per la prima questione consente già al giudice a quo di adottare la decisione che è tenuto a rendere. In base alla soluzione che qui si sostiene, una risposta alla seconda questione non è necessaria, giacché quest'ultima è stata sollevata soltanto per il caso di risposta negativa alla prima questione. Per il caso che la Corte non dovesse condividere l'opinione qui sostenuta e ritenesse applicabili soltanto le norme sulla circolazione dei capitali, verrà qui di seguito trattata, in via subordinata, la seconda questione.

a) Ambito di applicazione delle norme sulla circolazione dei capitali

45 Il governo olandese ritiene applicabili nel presente caso soltanto le norme sulla circolazione dei capitali, e tuttavia sostiene che l'esenzione d'impresa non ostacolerebbe i flussi di capitali. Gli investimenti in società per azioni straniere da parte di persone residenti nei Paesi Bassi non sarebbero ostacolati e non sarebbero soggetti in quanto tali ad un'imposta particolare.

46 La Commissione, sostenendo la tesi che la normativa controversa vìola le norme del Trattato sulla libertà di stabilimento, prende posizione rispetto alla seconda questione soltanto in via subordinata.

In udienza, la Commissione ha svolto considerazioni in merito ai criteri interpretativi che dovrebbero trovare applicazione in base all'opinione da essa sostenuta. In primo luogo, con il Trattato di Maastricht si sarebbe mirato a realizzare un progresso nel campo della libera circolazione dei capitali. Condividere la posizione assunta dal governo olandese equivarrebbe a un regresso. In secondo luogo, sarebbe necessario pervenire ad un'interpretazione coerente dei singoli capitoli del Trattato. Bisognerebbe dunque mantenere una coerenza tra libertà di circolazione dei capitali e libertà di stabilimento. Se quindi una norma è incompatibile con la libertà di stabilimento, essa normalmente non potrebbe essere compatibile neppure con la libera circolazione dei capitali. Poiché nel presente caso, a rigore, non si tratterebbe di una questione di compatibilità di una normativa fiscale nazionale con la libera circolazione dei capitali in senso stretto, la questione posta sarebbe la medesima di quella relativa alla compatibilità della norma con la libertà di stabilimento.

Secondo la Commissione, le considerazioni svolte dal governo olandese per giustificare l'agevolazione fiscale controversa si riferirebbero esclusivamente alla situazione nei Paesi Bassi e non prenderebbero in considerazione in alcun modo la circostanza che le società devono pagare imposte anche all'estero. Vero è che l'art. 73 D, n. 1, lett. a), consentirebbe agli Stati membri di prevedere due tipi di norme tributarie, a condizione, però, che a questo riguardo si tenga conto anche delle differenti situazioni. Qualora venissero ignorate le particolarità dei singoli casi, si avrebbe una discriminazione arbitraria.

Valutazione

47 L'esenzione d'impresa controversa può avere indirettamente ripercussioni sui flussi di capitali tra gli Stati membri, in quanto essa va a beneficio esclusivamente degli imprenditori che esercitano la loro attività nei Paesi Bassi e rende in tal modo gli investimenti in una impresa stabilita fuori dei Paesi Bassi meno attraenti rispetto a quelli in un'impresa nazionale. Tuttavia, la circolazione dei capitali non viene direttamente colpita, giacché essa non viene ostacolata in quanto tale. Non è il trasferimento di capitali in un altro Stato a divenire meno attraente, bensì l'utilizzo dei capitali stessi.

48 In precedenza è già stato illustrato come una misura nazionale possa ricadere nel campo di applicazione di diverse libertà fondamentali. Pertanto, l'applicazione della libertà di stabilimento nel presente caso non osta alla simultanea applicazione delle norme sulla circolazione dei capitali.

49 L'acquisto di azioni di una società stabilita in un altro Stato membro rileva ai sensi degli artt. 73 A e seguenti del Trattato CE. Prima dell'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, la normativa di riferimento era costituita dalla direttiva 88/361/CEE (22). Per effetto del Trattato sull'Unione, la libera circolazione dei capitali, cui prima si era data attuazione mediante normativa secondaria, è stata incorporata nel Trattato CE. Perciò, ai fini della determinazione della portata di tale libertà fondamentale, si può continuare a fare riferimento a titolo indicativo alla precedente normativa di livello secondario.

50 A questo proposito, a differenza che per la libertà di stabilimento, non ha importanza la quantità di azioni acquistate. In base a queste norme risultano tutelati anche l'acquisto o la detenzione di tutte le azioni di una società, giacché in caso contrario la tutela dell'investitore diverrebbe tanto più debole quanto maggiore è il numero di azioni che questi detiene. Tuttavia, qualora la partecipazione in una società raggiunga una dimensione tale da consentire all'investitore di esercitare un'influenza determinante sulle decisioni imprenditoriali, la libertà di stabilimento interviene accanto alla libertà di circolazione dei capitali, integrando le norme relative a quest'ultima. Infatti, in questo caso, tale investimento concreta anche la fattispecie contemplata dall'art. 52, secondo comma, e risulta tutelato dal Trattato CE sotto due differenti aspetti.

b) Violazione delle norme sulla circolazione dei capitali

51 Il governo olandese, anche se la normativa controversa rappresenta una restrizione alla circolazione dei capitali, sostiene la legittimità della normativa stessa ai sensi dell'art. 73 D, n. 1, lett. a), del Trattato CE e della dichiarazione relativa al medesimo art. 73 D, allegata all'Atto finale del Trattato sull'Unione europea (23). Oltre a ciò, la normativa non conterrebbe alcuna discriminazione tra abitanti dei Paesi Bassi e abitanti di altri Stati membri.

52 La Commissione sostiene invece la tesi secondo la quale sussisterebbe un trattamento discriminatorio ai danni degli operatori che investono in società per azioni di altri Stati membri, giacché costoro in ultima analisi subirebbero una tassazione più elevata rispetto a coloro che investono in società stabilite nei Paesi Bassi, i quali possono beneficiare dell'esenzione d'impresa controversa. Ciò renderebbe gli investimenti all'estero meno attraenti di quelli nei Paesi Bassi e costituirebbe una violazione dell'art. 1 della direttiva 88/361 (24) (e, nel presente caso, certamente dell'art. 73 B del Trattato CE).

53 La normativa relativa all'esenzione d'impresa certo non opera distinzioni in base alla cittadinanza o al luogo di residenza del beneficiario, come sottolinea esattamente il governo olandese. Piuttosto, essa distingue a seconda del luogo in cui il capitale deve essere investito. Persone che soggiacciono all'imposta olandese sul patrimonio e detengono una partecipazione sostanziale in una società vengono trattale in maniera differente. Il riconoscimento dell'esenzione d'impresa è subordinato al fatto che l'impresa in cui il soggetto interessato investe sia stabilita nei Paesi Bassi. L'operatore che investe in una società stabilita in un altro Stato membro subisce in definitiva una tassazione più elevata rispetto a quello che investe in una società olandese.

54 L'art. 67, n. 1, del Trattato CE (abrogato dal Trattato di Amsterdam) proibiva espressamente anche le discriminazioni sulla base del luogo di collocamento dei capitali. Ora, con la soppressione degli artt. da 67 a 73 del Trattato CE per effetto del trattato di Amsterdam, l'ambito di applicazione della libertà di circolazione dei capitali non doveva subire limitazioni. Vero è piuttosto che tali norme sono state abrogate perché nel loro contenuto normativo erano divenute superflue, una volta pienamente realizzata a livello di diritto primario la libera circolazione dei capitali nell'ambito del Trattato CE. Dette norme possono tuttavia ancora essere utilizzate quali indizi ai fini della determinazione dell'ampiezza di tale libertà fondamentale. Di conseguenza, occorre partire dal presupposto che nell'ambito della circolazione dei capitali anche le discriminazioni sulla base del luogo di collocamento dei capitali continuano ad essere vietate.

55 Il governo olandese vorrebbe giustificare il fatto che l'esenzione d'impresa è limitata alle società nazionali facendo leva sul fine di evitare una doppia imposizione sulla medesima massa patrimoniale, per effetto cioè dell'imposta sul patrimonio che l'azionista è tenuto a versare e dell'imposta alla quale soggiace la società. Poiché in caso di società stabilita in un altro Stato membro il fisco olandese non applica nessuna imposta sulla società, non vi sarebbe alcuna ragione di accordare l'esenzione d'impresa in sede di imposta sul patrimonio.

56 Questo argomento non è persuasivo. In base alla costante giurisprudenza della Corte di giustizia, una restrizione a carattere discriminatorio - come quella sussistente nel presente caso - può essere giustificata soltanto per effetto di eccezioni espressamente previste nel Trattato.

57 Anche qualora - in contrasto con la tesi qui sostenuta - si volesse ritenere la normativa controversa non discriminatoria, essa non potrebbe essere giustificata da imperative ragioni di pubblico interesse. L'esenzione d'impresa viene negata ai titolari e ai proprietari di quote in società straniere indipendentemente dalla tassazione della società nello Stato di stabilimento. Per cui, la doppia imposizione sulla medesima massa patrimoniale viene evitata soltanto se la società ha la propria sede nei Paesi Bassi; in caso contrario essa non viene meno. E' tale preferenza a favore di società stabilite sul territorio nazionale che costituisce l'ostacolo agli investimenti in un altro Stato membro.

58 Il rinvio da parte del governo olandese all'art. 73 D, n. 1, lett. a), del Trattato CE è parimenti senza pregio. Vero è che tale norma consente il trattamento fiscale differenziato degli investimenti a seconda del luogo di collocamento dei capitali. Tuttavia, ai sensi dell'art. 73 D, n. 3, tali misure non possono costituire né un mezzo di arbitraria discriminazione, né una restrizione dissimulata alla libera circolazione dei capitali e dei pagamenti. Pertanto, sono legittime soltanto quelle differenze che siano necessarie ai fini del mantenimento della coerenza del sistema fiscale nazionale (25).

59 Come già illustrato, il trattamento differenziato degli investimenti sul territorio nazionale e all'estero non è affatto necessario per raggiungere lo scopo di evitare la doppia imposizione sui medesimi valori patrimoniali. Il governo olandese non ha fatto valere ulteriori ragioni oggettive per giustificare la differenza di trattamento. Il rifiuto di accordare l'esenzione d'impresa va considerato pertanto una discriminazione arbitraria, che non può essere giustificata invocando l'art. 73 D, n. 1, lett. a).

60 A questo proposito, il significato giuridico e la portata della dichiarazione sull'art. 73 D, del Trattato CE (26), allegata all'Atto finale del Trattato sull'Unione Europea, non hanno - in ultima analisi - alcun rilievo. La dichiarazione è formulata come segue:

«La conferenza afferma che il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni delle rispettive legislazioni tributarie di cui all'art. 73 D, paragrafo 1, lettera a), del presente Trattato si applica soltanto per quanto riguarda le pertinenti disposizioni vigenti alla fine del 1993. Tuttavia, la presente dichiarazione si applica soltanto ai movimenti di capitali ed ai pagamenti tra Stati membri».

In effetti il governo olandese ha fatto valere il fatto che la normativa controversa esisteva già alla fine del 1993. In nessun caso, tuttavia, la dichiarazione è idonea a giustificare una disciplina costituente «discriminazione arbitraria» ai sensi dell'art. 73 D del Trattato CE.

61 Pertanto, in caso di risposta negativa alla prima questione, occorre risolvere in via subordinata la seconda questione sollevata dal giudice a quo come segue:

Gli artt. 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 56 CE e 58 CE) vanno interpretati nel senso che una norma tributaria di uno Stato membro del tipo considerato nella prima questione è incompatibile con le predette disposizioni.

C - Conclusione

62 Sulla base delle considerazioni che precedono, propongo di risolvere come segue la questione pregiudiziale in esame:

«1) L'art. 52 del Trattato CE (divenuto in seguito a modifica, art. 43 CE) osta ad una normativa del diritto tributario di uno Stato membro in materia di imposta sul patrimonio la quale limiti la concessione di una esenzione in caso di partecipazione sostanziale in una società all'ipotesi in cui si tratti di partecipazione in società stabilite in tale Stato membro.

In via subordinata:

2) Gli artt. 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 56 e 58 CE) vanno interpretati nel senso che una norma tributaria di uno Stato membro del tipo considerato nella prima questione è incompatibile con le predette disposizioni».

(1) - Wet op de vermogensbelasting 1964 del 16 dicembre 1964, Stbl. 520.

(2) - Wet op de inkomstenbelasting 1964, Stbl. 1990, 103.

(3) - Wet op vennootschapsbelasting, 1969, Stbl. 469.

(4) - Ai sensi dell'art. 39, terzo comma, della legge sull'imposta sul reddito (Wet op de inkomstenbelasting 1964, citata alla nota 2), si ha partecipazione sostanziale qualora nel corso degli ultimi cinque anni il soggetto d'imposta, direttamente o indirettamente, da solo o insieme con il coniuge o con parenti (il cui grado di parentela viene determinato con precisione dalla norma), abbia detenuto una quota di almeno un terzo e, da solo o col proprio coniuge, di almeno sette centesimi del capitale nominale.

(5) - La norma recita:

«Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l'applicabilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con il presente trattato».

(6) - La norma recita:

«La libertà di stabilimento importa (...) fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».

(7) - Sentenza 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249, punto 34), e sentenza 14 novembre 1995, causa C-484/93, Svensson e Gustavsson (Racc. pag. I-3955).

(8) - Citata alla nota 7; punto 34.

(9) - Citata alla nota 7.

(10) - Causa C-222/95 (Racc. pag. I-3899).

(11) - Sentenza Parodi, citata alla nota 10 (punto 10).

(12) - Causa C-118/96 (Racc. 1998, pag. I-1897, in particolare pag. I-1899, paragrafo 17).

(13) - Causa C-410/96 (Racc. 1998, pag. I-7875, in particolare pag. I-7877, paragrafo 10).

(14) - Sentenza 1_ dicembre 1998, causa C-410/96, Ambry, citata alla nota 13 (punto 40).

(15) - Causa C-302/97 (Racc. pag. I-3099, punto 22).

(16) - Conclusioni dell'avocato generale La Pergola del 23 febbraio 1999 nella causa Konle, citata alla nota 15 (paragrafo 22).

(17) - V. la nomenclatura di cui all'allegato I della direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l'attuazione dell'art. 67 del Trattato (GU L 178, pag. 5), la quale distingue tra investimenti diretti (punto I), da una parte, e investimenti finanziari e/o in titoli (punto II e seguenti), dall'altra.

(18) - Sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI (Racc. pag. I-4695, punto 21), e 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail and General Trust plc (Racc. pag. 5483, punto 16).

(19) - V. sentenza Bachmann (citata alla nota 7).

(20) - V. sentenza ICI, citata alla nota 18 (punto 28).

(21) - V. sentenza 17 maggio 1994, causa C-18/93, Corsica Ferries Italia (Racc. pag. I-1783, punto 19). V. anche le conclusioni dell'avvocato generale La Pergola 24 giugno 1999 nella causa C-35/98, Verkooijen (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafo 37) e le decisioni ivi citate, nonché la sentenza 8 luglio 1999, causa C-203/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-4899, punto 11).

(22) - Citata alla nota 17; v. allegato I, punto III: «Operazioni in titoli normalmente trattati sul mercato dei capitali».

(23) - Dichiarazione n. 7 sull'art. 73 D del Trattato che istituisce la Comunità europea allegata all'Atto finale del Trattato sull'Unione europea (GU 1992, C 191, pag. 99).

(24) - Citata alla nota 17.

(25) - V. sentenza Bachmann (citata alla nota 7).

(26) - V. Dichiarazione sull'art. 73 D del Trattato CE (citata alla nota 23).