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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 4 settembre 2008 1(1)

Causa C-418/07

Société Papillon

contro

Ministère du budget, des comptes publics et de la fonction publique

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Libertà di stabilimento – Imposta sulle società – Tassazione dei gruppi di società – Società residente controllata tramite una società non residente dalla società madre residente»






I –    Introduzione

1.        Oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale del Conseil d’État sono talune disposizioni del Code général des impôts (codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI») relative alla tassazione dei gruppi di società.

2.        Il principio sul quale si fonda l’«integrazione fiscale» (intégration fiscale) che le dette disposizioni consentono è quello di porre un gruppo di società costituito da una società madre e da società controllate sullo stesso piano di un’impresa con più stabilimenti. La tassazione del gruppo consente ad una società madre di contabilizzare tutti gli utili e le perdite di tutte le società del gruppo e di essere quindi unico soggetto passivo dell’imposta sulle società per l’utile consolidato del gruppo.

3.        La ricorrente nel procedimento principale, una società francese, intenderebbe procedere a un’«integrazione fiscale» con le proprie società francesi controllate indirettamente. La particolarità del caso sta nel fatto che la detta società madre controlla tale società tramite un’altra società olandese. L’amministrazione finanziaria francese respingeva tale «integrazione fiscale» della società madre e della società indirettamente controllata in base al rilievo che risultava interposta una società non soggetta all’imposta sulle società in Francia.

4.        Sulla base di quanto sopra esposto, il giudice del rinvio si chiede se debba ravvisarsi in tale fattispecie un’ingiustificata limitazione della libertà di stabilimento.

5.        Per motivi di chiarezza va subito premesso che oggetto di tale domanda di pronuncia pregiudiziale non è la questione se anche la filiale olandese debba essere inclusa nell’«integrazione fiscale». La società madre francese ha semplicemente chiesto un’integrazione con la società francese indirettamente controllata. La presente fattispecie si differenzia quindi da quella oggetto, ad esempio, delle sentenze Oy AA (2) e Marks & Spencer (3). Queste ultime vertevano sulla questione del trattamento fiscale degli utili e delle perdite transfrontaliere di gruppi di società aventi sede in vari Stati membri. Nella specie, si discute soltanto, per contro, della questione se una società intermedia non residente possa dare luogo a quel necessario collegamento che consente l’integrazione tra la società madre e la società residente, indirettamente controllata.

II – Contesto normativo

6.        L’art. 223 A del CGI, nella versione applicabile alla fattispecie di cui al procedimento principale dispone quanto segue:

«Una società (...) può costituirsi come unica debitrice dell’imposta sulle società dovuta su tutti gli utili del gruppo formato dalla società stessa e dalle società di cui detenga almeno il 95% del capitale in maniera continuativa nel corso dell’esercizio, direttamente o indirettamente tramite società del gruppo (...). Le società del gruppo restano assoggettate all’obbligo di dichiarare i propri utili, che possono essere sottoposti a verifica secondo le modalità previste dagli artt. L. 13, L. 47 e L. 57 del Livre des Procédures Fiscales (Steuerverfahrensordnung). (...) Possono appartenere al gruppo solo le società che abbiano dato il proprio accordo e i cui utili siano stati assoggettati all’imposta sulle società (...)».

7.        La società madre può, in linea di principio, decidere liberamente l’ambito della consolidazione e, quindi, stabilire quali società debbano partecipare all’«integrazione fiscale». Secondo la decisione di rinvio, dalla formulazione dell’art. 223 A del CGI risulta, tuttavia, che la società madre del gruppo, all’atto di stabilire le dimensioni del gruppo, può ricomprendervi una società solo indirettamente controllata, qualora la società di cui detenga la partecipazione faccia essa stessa parte del gruppo e sia pertanto assoggettata ad imposta in Francia.

8.        L’art. 223 B del CGI prevede che «gli utili consolidati siano determinati dalla società madre mediante la somma algebrica degli utili di ciascuna delle società del gruppo, calcolata secondo le norme generali del diritto ovvero secondo le modalità previste dall’art. 217 bis (…)».

9.        Dalla decisione di rinvio risulta che gli artt. 223 B, 223 D e 223 F del CGI prevedono la neutralizzazione di operazioni interne al gruppo quali taluni accantonamenti a fronte di crediti insoluti o di rischi tra società del gruppo, cancellazioni di crediti o sovvenzioni interne al gruppo, accantonamenti per deprezzamento di quote di partecipazioni detenute in altre società del gruppo e cessioni di immobilizzazioni nell’ambito del gruppo.

III – Fatti e procedimento principale

10.      La ricorrente nel procedimento principale, la Société Papillon (in prosieguo: la «Papillon»), è una società con sede in Francia. La Papillon detiene il 100% del capitale della società olandese Artist Performance and Communication (APC) BV (in prosieguo: l’«APC»). L’APC a sua volta detiene il 99,99% delle quote della SARL Kiron (in prosieguo: la «Kiron»), che ha sede in Francia. La Kiron detiene a sua volta altre società francesi.

11.      A far data dal 1º gennaio 1989 la Papillon optava per il modello dell’«integrazione fiscale». Nel gruppo, di cui la Papillon aveva assunto la direzione, venivano incluse varie controllate francesi della Kiron. Successivamente, l’amministrazione finanziaria negava, tuttavia, l’applicazione del regime dell’«integrazione fiscale». Motivava tale diniego con il fatto che la Papillon non poteva costituire alcun gruppo con società detenute tramite una società avente sede in Olanda, dal momento che quest’ultima non era soggetta ad imposta in Francia e, quindi, non poteva essere essa stessa componente dell’«integrazione fiscale». La Papillon veniva quindi tassata sulla base dei suoi propri utili, senza che essa li potesse contabilizzare in forza dell’«integrazione fiscale» consolidandoli con gli utili delle altre società del gruppo.

12.      La Papillon si opponeva agli accertamenti di maggiore imposta richiesti nonché alle sanzioni altresì inflitte. Con sentenza 9 febbraio 2004 il Tribunal administratif de Paris (4) respingeva il ricorso della Papillon nei limiti in cui non accertava il parziale non luogo a procedere per gli importi per i quali l’amministrazione finanziaria aveva disposto lo sgravio nel corso del giudizio. Anche la Cour administrative d’appel de Paris (5) respingeva il ricorso in secondo grado, dopo aver nuovamente rilevato il non luogo a procedere per gli importi per i quali l’amministrazione finanziaria aveva disposto lo sgravio nel corso del giudizio e dichiarava lo sgravio parziale delle imposte e delle sanzioni controverse.

13.      La Papillon adiva il Conseil d’État, giudice del presente rinvio, con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Cour administrative d’appel de Paris.

IV – Questioni pregiudiziali

14.      Con sentenza 10 luglio 2007, pervenuta nella cancelleria della Corte il 12 settembre 2007, il Conseil d’État ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia delle Comunità europee le seguenti questioni affinché si pronunci in via pregiudiziale:

«1)      Se l’impossibilità, risultante dal regime definito dall’art. 223 A e segg. del Code général des impôts, di includere nell’ambito di un gruppo fiscale integrato una controllata indiretta della società madre, controllata tramite una società controllata la quale, avendo sede in un altro Stato membro della Comunità europea e non esercitando alcuna attività in Francia, non è assoggettata all’imposta francese sulle società e non può pertanto appartenere al gruppo – in quanto il beneficio fiscale risultante dal regime dell’“integrazione fiscale” produce i suoi effetti sul regime impositivo della società madre del gruppo, che può compensare gli utili e le perdite realizzati da tutte le società del gruppo integrato e beneficiare della neutralizzazione fiscale delle operazioni interne al gruppo – costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento a causa della conseguenza fiscale della scelta della società madre di detenere una controllata indiretta tramite una controllata francese ovvero tramite una controllata avente sede in un altro Stato membro.

2)      Nell’ipotesi di soluzione affermativa, se una restrizione siffatta si possa giustificare, vuoi per la necessità di preservare la coerenza del sistema dell’“integrazione fiscale”, segnatamente i meccanismi di neutralizzazione fiscale delle operazioni interne al gruppo, in considerazione delle conseguenze di un sistema che considererebbe la società controllata stabilita in un altro Stato membro come appartenente al gruppo ai soli fini del suo controllo indiretto, pur restando necessariamente esclusa dall’applicazione del regime del gruppo, atteso che non rientra nel regime impositivo francese, vuoi per qualsiasi altra esigenza imperativa di interesse generale».

15.      Nel procedimento dinanzi alla Corte di giustizia hanno presentato osservazioni scritte e orali il governo francese, quello olandese e quello tedesco nonché la Commissione europea. Il governo spagnolo ha inoltre presentato osservazioni orali.

V –    Analisi

16.      Con le due questioni pregiudiziali il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la controversa disposizione francese costituisca una limitazione della libertà di stabilimento e, nel caso in cui una siffatta limitazione sussistesse, se questa sia giustificabile.

A –    Osservazioni preliminari

17.      Le disposizioni controverse hanno ad oggetto l’imposta sulle società e, quindi, un’imposta diretta. Va innanzitutto ricordata la costante giurisprudenza della Corte di giustizia secondo la quale, se è vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza residua degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (6).

18.      Va inoltre rilevato che il giudice del rinvio è giustamente partito dall’assunto secondo cui la fattispecie in esame rientra nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento di cui all’art. 43 CE e non in quello della libera circolazione dei capitali di cui all’art. 56, n. 1, CE.

19.      Ai fini della soluzione della questione se una normativa nazionale ricada nella sfera dell’una o dell’altra libertà fondamentale, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa nazionale di cui trattasi (7).

20.      Le disposizioni nazionali che sono applicabili solo alle partecipazioni che consentono di influire sicuramente sulle decisioni della società determinandone l’attività rientrano pertanto nella libertà di stabilimento (8). In tal senso, le disposizioni che disciplinano soltanto le relazioni nell’ambito di uno stesso gruppo societario incidono prevalentemente sulla libertà di stabilimento (9). Laddove siffatte disposizioni si ricolleghino ad effetti sulla libera circolazione di capitali, ciò non giustifica un esame autonomo dell’art. 56 e seguenti CE, poiché tali effetti sono semplicemente da considerare quale inevitabile conseguenza di un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento (10).

21.      Di conseguenza, nella specie rileva unicamente la libertà di stabilimento. Infatti, sulla base delle disposizioni controverse, un’«integrazione fiscale» viene in considerazione solo per quelle società nelle quali la società madre, direttamente o indirettamente, detenga almeno il 95% del capitale. Una partecipazione così elevata rende possibile esercitare un’influenza sicura e decisiva sulle società controllate.

B –    Limitazioni alla libertà di stabilimento

22.      Alla libertà di stabilimento è connesso il diritto per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità europea, di svolgere la loro attività in altri Stati membri mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (11).

23.      Anche se, in base al loro tenore letterale, le disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento intendono assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro di stabilimento, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita conformemente alla propria legislazione (12).

24.      Occorre nuovamente precisare che il giudice del rinvio non chiede se una limitazione alla libertà di stabilimento sia da ravvisare nel fatto che sia stata negata la partecipazione all’«integrazione fiscale» alla società controllata olandese. Oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale è piuttosto se una limitazione debba essere ravvisata nel fatto che una società madre francese non possa costituire alcuna «integrazione fiscale» con le proprie controllate indirette francesi qualora sia interposta una società controllata non residente.

25.      Come risulta dalla questione pregiudiziale, la disciplina dell’«integrazione fiscale» implica, grazie alla possibilità di contabilizzare gli utili e le perdite di tutte le società, un vantaggio fiscale nella tassazione della società madre. Grazie a tale contabilizzazione, il gruppo societario può infatti trarre immediato profitto dalle perdite di singole società. Senza l’integrazione, tali perdite potrebbero essere soltanto riportate ed essere, quindi, utilizzate solo nel successivo esercizio tributario.

26.      Secondo le disposizioni di cui all’art. 223 A e seguenti del CGI, tale vantaggio fiscale non viene peraltro concesso se la società madre francese in esercizio della sua libertà di stabilimento detiene la propria controllata, parimenti residente in Francia, tramite una controllata con sede in un altro Stato membro e che non esercita attività in Francia.

27.      L’applicazione del regime dell’«integrazione fiscale» è, infatti, subordinata a due presupposti. Da un lato, le società nelle quali la società madre detiene una partecipazione indiretta possono essere inserite nell’«integrazione fiscale» qualora la partecipazione venga esercitata tramite una società controllata, anch’essa partecipante all’«integrazione fiscale». Deve quindi sussistere una «concatenazione ininterrotta» di partecipazioni. Dall’altro, all’integrazione possono prendere parte solo le società soggette all’imposta francese sulle società.

28.      Pertanto, una società madre francese che detiene le proprie controllate francesi indirette tramite una società controllata non residente non può quindi mai soddisfare le condizioni di un’«integrazione fiscale». Dal momento che la società controllata non residente non è soggetta all’imposta sulle società in Francia, essa non può di per sé partecipare all’«integrazione fiscale». In tal modo la società madre e le società controllate non integrano peraltro sostanzialmente la prima condizione. Con il controllo intermedio della società non residente esse non formano alcuna «ininterrotta concatenazione».

29.      Per contro, una società madre francese ha la possibilità di formare un’«integrazione fiscale» con le proprie controllate indirette francesi se la società direttamente controllata ha sede in Francia.

30.      Le disposizioni controverse nel procedimento principale determinano pertanto, per quanto riguarda la possibilità di optare per l’«integrazione fiscale», una disparità di trattamento, a seconda che la società madre detenga la propria partecipazione indiretta tramite una società direttamente controllata residente o non residente.

31.      È vero che il governo dei Paesi Bassi ha giustamente sottolineato che la condizione dell’«ininterrotta concatenazione» vale anche per i gruppi societari puramente francesi. Tuttavia, una società madre francese che detenga indirettamente le proprie società francesi tramite una società francese direttamente controllata ha la libera scelta di inserire nell’«integrazione fiscale» anche la società indirettamente controllata e, quindi, di chiudere la concatenazione. Se, invece, il controllo indiretto della società è detenuto tramite una società non residente, le è preclusa, in via di principio, la possibilità di chiudere la concatenazione con l’inserimento della società direttamente controllata. Infatti, la società direttamente controllata non può essere inserita nell’integrazione dal momento che non è soggetta ad imposta francese.

32.      Per tale motivo, il governo olandese è del parere che la limitazione non derivi dalla condizione dell’«ininterrotta concatenazione», bensì dal fatto che una società non residente non può essere attratta nell’«integrazione fiscale».

33.      Il criterio dell’«ininterrotta concatenazione» determina peraltro uno svantaggio per le società francesi che detengono una partecipazione tramite una società straniera. E questo è – come già sopra detto – l’oggetto della questione pregiudiziale. Infatti, solo le società madri francesi con una controllata diretta straniera si troveranno, di regola, nella situazione di richiedere la tassazione di gruppo escludendo la detta società controllata, dal momento che per le società controllate straniere l’attrazione nel gruppo resta del tutto esclusa. Solo i gruppi societari puramente nazionali possono, per contro, formare senz’altro un’«ininterrotta concatenazione».

34.      Il governo francese è del parere che le due fattispecie, che la normativa francese tratta in modo differente, non siano paragonabili, in base al rilievo che in un caso come quello oggetto del procedimento principale la società controllata sarebbe residente all’estero e quindi non assoggettata a imposta in Francia.

35.      Tale differenza di trattamento non può essere peraltro motivata solo con il fatto che la controllata, tramite la quale viene detenuta la partecipazione, non abbia la sua sede in Francia. Se uno Stato membro potesse differenziare ad libitum il trattamento di una società per il sol fatto che la sua sede è situata in un altro Stato membro, le disposizioni della libertà di stabilimento risulterebbero lettera morta (13).

36.      Il semplice fatto che la società direttamente controllata a motivo della sua sede nei Paesi Bassi non sia assoggettata ad imposta in Francia non può pertanto essere di ostacolo alla equiparabilità delle due fattispecie. Decisiva deve piuttosto risultare la questione se i due gruppi societari possano essere paragonabili alla luce degli obiettivi perseguiti dalle disposizioni francesi sulla tassazione dei gruppi societari (14).

37.      L’obiettivo delle disposizioni qui controverse è quello di equiparare, nella misura del possibile, un gruppo societario costituito dalla società madre e dalle società controllate ad un’impresa con più stabilimenti. A tal fine viene consentita la possibilità di procedere ad una consolidazione dei risultati di esercizio delle singole società. Tale interesse sussiste nel caso di una società madre francese che intenda consolidare le proprie società francesi indirettamente controllate, a prescindere dalla questione se queste siano detenute tramite una società controllata residente o non residente. Di conseguenza, le due situazioni sono confrontabili l’una con l’altra.

38.      In conclusione, si può a tale riguardo affermare che in base alla normativa francese la situazione fiscale di una società madre che detenga una società indirettamente controllata tramite una società controllata non residente è meno favorevole della situazione di una società madre che detenga una società indirettamente controllata tramite una società controllata residente. La scelta della società madre di detenere la sua società indirettamente controllata tramite una società controllata residente in Francia o non residente può pertanto comportare svantaggi fiscali.

39.      Tale disparità di trattamento sulla base del luogo della sede della società controllata pone una limitazione della libertà di stabilimento, dal momento che rende meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento, con la conseguenza che la società madre potrebbe rinunciare a promuovere, a costituire o a mantenere una società controllata in un altro Stato membro (15).

C –    Giustificazione della limitazione

40.      Una limitazione della libertà di stabilimento è consentita solo se è giustificata da ragioni imperative di interesse generale. In un siffatto caso la limitazione deve essere peraltro adatta al raggiungimento dell’obiettivo di cui trattasi e non deve eccedere quanto sia a tal fine necessario (16).

1.      Garanzia delle ripartizioni delle competenze in materia tributaria tra gli Stati membri

41.      I governi tedesco e olandese sono del parere che una limitazione della libertà di stabilimento come quella risultante dalle disposizioni francesi possa essere giustificata solo dalla necessità di garantire la ripartizione delle competenze in materia tributaria tra gli Stati membri. Essa sarebbe inoltre necessaria per evitare la doppia detrazione fiscale delle perdite e il pericolo di evasione.

42.      La Corte di giustizia nella sentenza Marks & Spencer ha riconosciuto la legittimità di tale giustificazione (17). In questa e in altre sentenze che vi hanno fatto seguito si trattava tuttavia della possibilità di prendere fiscalmente in considerazione perdite e profitti transfrontalieri.

43.      La fattispecie in esame differisce peraltro da quelle oggetto di detta giurisprudenza. Oggetto della questione del giudice del rinvio non è se la società olandese debba partecipare al sistema dell’«integrazione fiscale», vale a dire se le sue perdite e i suoi profitti debbano essere contabilizzati in una consolidazione fiscale. Sotto tal profilo sarebbe indubbia la rilevanza della ripartizione della competenza fiscale degli Stati membri e la doppia detraibilità delle perdite quali motivi di giustificazione.

44.      I governi tedesco e olandese ritengono opportuno esaminare, nella presente fattispecie, anzitutto la questione se l’«integrazione fiscale» debba essere consentita anche in termini transfrontalieri, esaminando se la libertà di stabilimento consenta, in linea di principio, di inserire nell’«integrazione fiscale» anche la società controllata olandese. Ai fini della soluzione della questione pregiudiziale vera e propria, un siffatto esame non fornisce però alcuna risposta conclusiva. Oggetto della questione pregiudiziale è anzi solo se sia in contrasto con la libertà di stabilimento il fatto che le disposizioni francesi non consentano alcuna «integrazione fiscale» tra due società francesi tra le quali si interpone una società non residente. La società non residente non dev’essere essa stessa inserita nell’«integrazione fiscale», bensì deve solo consentire il collegamento tra la società madre e la società indirettamente controllata.

45.      Dal momento che nella presente fattispecie la società non residente non dev’essere fatta rientrare nell’«integrazione fiscale», non si pone alcun problema diretto sotto il profilo della ripartizione delle competenze fiscali tra i vari Stati membri. Nella presente fattispecie non è dato ravvisare alcun elemento per cui gli utili e le perdite della società olandese non residente dovrebbero essere presi in considerazione in Francia.

46.      In particolare, la società olandese non deve essere ricompresa nell’«integrazione fiscale» francese. Pertanto, non si ravvisa il rischio di doppia contabilizzazione delle perdite ai sensi della giurisprudenza Marks & Spencer. Laddove nella giurisprudenza della Corte di giustizia si è trattato sinora di impedire una doppia contabilizzazione delle perdite, si è trattato di una contabilizzazione delle stesse perdite in due differenti Stati membri. Ciò è anche coerente, in quanto la giustificazione intesa ad evitare che le perdite vengano prese doppiamente in considerazione si pone in stretto rapporto con la ripartizione delle competenze in materia tributaria (18). In tal caso si tratta del fatto che le stesse perdite vengono prese in considerazione da due diverse amministrazioni finanziarie. Nella specie il governo francese fa però riferimento solo al rischio che le perdite di società francesi possono essere prese in considerazione più volte in Francia.

47.      Dal momento che nella specie non si discute appunto dell’integrazione finanziaria della società olandese, non emergono elementi che consentano di affermare che le disposizioni controverse siano necessarie per evitare l’evasione fiscale.

48.      Alla luce di quanto esposto si può pertanto affermare che nessun elemento depone nel senso che le disposizioni controverse consentirebbero, per effetto della giustificazione della ripartizione delle competenze tributarie, la doppia contabilizzazione delle perdite o l’evasione fiscale. Il giudice del rinvio, il governo francese e il governo spagnolo giustamente non si richiamano principalmente a tali giustificazioni, bensì invocano, quale possibile giustificazione, la garanzia della coerenza fiscale.

2.      Coerenza del sistema fiscale

49.      Il governo francese si richiama al fatto che le disposizioni controverse sarebbero necessarie per salvaguardare la coerenza del sistema dell’«integrazione fiscale», deducendo che il sistema dell’«integrazione fiscale» prevederebbe il consolidamento fiscale delle società. Tale sistema disporrebbe peraltro, a titolo di compensazione, che determinate operazioni tra le società del gruppo a norma degli artt. 223 B, 223 D e 223 F del CGI vengano neutralizzate. L’inserimento di una società non residente nella concatenazione delle società integrate impedirebbe che le operazioni all’interno del gruppo vengano corrispondentemente neutralizzate e comporterebbe il rischio che, ad esempio nell’elaborazione del bilancio del gruppo, le perdite vengano prese in considerazione più volte.

50.      La Corte di giustizia ha riconosciuto, in linea di principio, che la necessità di garantire la coerenza di un regime fiscale può giustificare una limitazione dell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (19), applicando, però, tale giustificazione in modo molto restrittivo, per cui talvolta è stato addirittura espresso il timore che la Corte di giustizia abbia abbandonato tale giustificazione. Peraltro, in decisioni più recenti (20) la Corte di giustizia l’ha nuovamente esaminata.

51.      Ai fini dell’applicabilità di tale giustificazione, la Corte di giustizia richiede quale presupposto la sussistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale vantaggio mediante un determinato onere tributario (21). L’immediatezza di tale nesso dev’essere realizzata in considerazione della finalità della normativa fiscale di cui trattasi a livello dei contribuenti interessati mediante una stretta correlazione tra il criterio della detraibilità e quello dell’imponibilità (22).

52.      L’ulteriore presupposto, vale a dire che l’imposizione e l’esenzione devono riguardare un unico e medesimo soggetto passivo d’imposta (23), sembra essere stato abbandonato dalla Corte nella sentenza Manninen (24). Tale ulteriore criterio dovrebbe peraltro risultare soddisfatto anche nella specie, dal momento che rappresenterebbe una ripartizione artificiosa considerare le società di un gruppo – le quali aspirano proprio ad essere trattate come un soggetto fiscale unitario – non come un «solo ed unico» soggetto fiscale ai sensi di tale giurisprudenza.

53.      Come giustamente rilevato dall’avvocato generale Poiares Maduro nelle conclusioni relative alla causa Marks & Spencer, l’osservanza della coerenza del sistema fiscale nazionale è intesa a garantire l’integrità di tale sistema della cui organizzazione gli Stati membri sono esclusivamente competenti, nella misura in cui il mercato interno non risulti pregiudicato oltre il necessario (25). La coerenza dev’essere pertanto valutata innanzi tutto in considerazione della finalità e della logica della normativa fiscale di cui trattasi (26).

54.      L’obiettivo delle disposizioni francesi relative all’«integrazione fiscale» è quello di neutralizzare dal punto di vista fiscale gli effetti della formazione di un gruppo, mettendolo, cioè, sullo stesso piano di un’impresa con una pluralità di stabilimenti. Il vantaggio risiede nella consolidazione dei risultati dei membri del gruppo: tutti gli utili e tutte le perdite delle singole società vengono contabilizzati al livello della società madre e formano a seguito di tale consolidazione la base imponibile. Il gruppo non deve peraltro ottenere alcun vantaggio ulteriore, nel senso che la consolidazione comporta che determinate perdite possano essere contabilizzate più volte. Secondo la disciplina francese, sistematicamente correlato a tale consolidazione sta il fatto che viene accertato che le medesime perdite non possono essere fatte valere più volte all’interno di un gruppo. Una doppia contabilizzazione delle perdite risulterebbe in contrasto con il principio della neutralità perseguito da tale regime. Al fine di evitare tale conseguenza, il regime francese prevede che determinate operazioni debbano essere neutralizzate.

55.      Il governo francese ha dedotto, inter alia, il seguente esempio a titolo di illustrazione di tali misure di neutralizzazione. Una società indirettamente controllata produce perdite. Ciò implica che la società direttamente controllata deve accantonare riserve per le perdite inerenti alla sua partecipazione nella società indirettamente controllata. La società madre costituisce a sua volta una riserva per tale motivo a fronte della sua partecipazione nella società direttamente controllata. Presso la società indirettamente controllata si realizza quindi una perdita che richiede a sua volta accantonamenti presso la società direttamente controllata e presso la società madre. Orbene, se la società madre e la società indirettamente controllata formassero un’«integrazione fiscale», tale perdita verrebbe presa in considerazione due volte all’atto della consolidazione dei risultati di bilancio. Una volta come perdita diretta presso la società indirettamente controllata e poi ancora una volta, per la stessa perdita, che questa volta viene presa in considerazione sotto forma di un accantonamento in ragione di una perdita della società direttamente controllata presso la società madre.

56.      Al fine di evitare tale doppia contabilizzazione delle perdite, la disciplina francese relativa all’«integrazione fiscale» prevede determinate misure di neutralizzazione, per effetto delle quali, nel caso del sopra esposto esempio, la perdita viene presa in considerazione una sola volta. Laddove venga invece interposta una società direttamente controllata non residente, si realizzerebbe una doppia contabilizzazione della perdita: una prima volta sotto forma di una perdita diretta presso la società indirettamente controllata e un’altra volta sotto forma di accantonamento presso la società madre per una perdita della propria partecipazione. Dal momento che la società direttamente controllata non residente non fa parte del gruppo, le operazioni interne non possono essere così neutralizzate.

57.      Alla luce di quanto sin qui esposto si deve ritenere che la finalità e la logica della disciplina francese relativa all’«integrazione fiscale» richiedono che determinate misure all’interno del gruppo vengano neutralizzate prima del consolidamento dei risultati di bilancio. Ci si chiede se sussista peraltro anche un nesso diretto tra il vantaggio fiscale, insito nell’imposizione del gruppo, e la compensazione di tale vantaggio mediante un onere fiscale ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia.

58.      Nella sentenza Bachmann la Corte di giustizia ha accertato un nesso diretto tra la deducibilità dei premi assicurativi e la tassazione degli importi dovuti dalle imprese assicurative in esecuzione dei rispettivi contratti assicurativi. Dal momento che il sig. Bachmann aveva stipulato un contratto di assicurazione in Germania, la cui esecuzione in Belgio non sarebbe stata imponibile, il diniego delle autorità belghe di garantire la detrazione fiscale dei premi corrisposti sulla base di tale contratto era giustificato.

59.      Nelle fattispecie sinora esaminate, nelle quali la coerenza del sistema fiscale è stata riconosciuta quale giustificazione, lo svantaggio ha costituito, in tal senso, un prelievo compensativo, vale a dire una tassazione. Nella specie, lo svantaggio sta nella neutralizzazione di determinate operazioni all’interno di un gruppo. A tal riguardo non può essere ravvisato alcun onere fiscale in senso stretto, dal momento che le disposizioni di neutralizzazione non costituiscono alcuna imposizione. In tali disposizioni va parimenti ravvisato uno svantaggio dal punto di vista fiscale, dal momento che determinate operazioni, come gli accantonamenti per le perdite delle partecipate, non vengono prese in considerazione, al contrario dell’imposizione autonoma di una società. Tra le disposizioni di neutralizzazione e l’integrazione fiscale vi è anche un nesso diretto, dal momento che una consolidazione degli utili delle varie società del gruppo viene garantita solo quando viene contemporaneamente accertato che la finalità perseguita non viene falsata prendendo più volte in considerazione determinate perdite.

60.      In tal modo, in linea di principio, una disposizione intesa ad evitare che le perdite vengano prese più volte in considerazione risulta giustificata ai fini della garanzia della coerenza del sistema fiscale.

61.      Le disposizioni francesi dovrebbero però anche rispondere al principio di proporzionalità.

62.      In particolare non deve sussistere alcuno strumento meno gravoso idoneo a conseguire ugualmente l’obiettivo che le perdite non vengano contabilizzate più volte. Dovrebbe essere indubbio che, in una situazione nella quale tra la società madre e la società indirettamente controllata viene interposta una società direttamente controllata non residente, determinate operazioni non potrebbero essere neutralizzate come in una fattispecie puramente francese al fine di evitare la reiterata contabilizzazione delle perdite. Quale strumento meno gravoso si potrebbe pensare di neutralizzare le operazioni considerate proprio allo stesso modo di un rapporto puramente francese.

63.      La Francia rileva tuttavia vari problemi pratici che si porrebbero per accertare la duplice contabilizzazione di perdite nell’ipotesi di interposizione di una società non residente. Un’eventuale doppia contabilizzazione non sarebbe facile da individuare, dal momento che l’importo di una riserva di norma non corrisponde all’importo delle perdite della società controllata. Inoltre non sarebbe senz’altro possibile identificare l’esatta origine di una riserva. A tal fine, sarebbe inoltre necessaria una modifica della normativa.

64.      Al riguardo si deve considerare, anzitutto, che difficoltà pratiche non possono di per sé giustificare la lesione di una libertà garantita dal Trattato (27).

65.      Inoltre, la normativa comunitaria – alla quale anche la Commissione ha fatto riferimento –in particolare la direttiva 77/799/CEE (28) autorizza gli Stati membri a ottenere dalle competenti autorità, degli altri Stati membri qualsiasi informazione utile ai fini del calcolo esatto dell’imposta sulla società in oggetto.

66.      Si deve inoltre constatare che le competenti autorità finanziarie hanno la possibilità di chiedere alla società madre stessa la documentazione che sembra loro necessaria per valutare se le riserve costituite dalla società madre a fronte di perdite delle partecipate debbano indirettamente ricondursi alle perdite della società indirettamente controllata (29).

67.      Tali informazioni inducono a dubitare seriamente che un totale diniego dell’«integrazione fiscale» tra una società madre e una società indirettamente controllata tramite la partecipazione in una società non residente possa costituire lo strumento meno gravoso idoneo a evitare una doppia contabilizzazione delle perdite, preservando in tal modo la coerenza del sistema fiscale. Spetta pertanto al giudice del rinvio valutare, in definitiva, se la finalità perseguita, che consiste nell’evitare la doppia contabilizzazione delle perdite nell’ambito di un’«integrazione fiscale», possa essere raggiunta mediante lo strumento meno incisivo della neutralizzazione anche in situazioni transfrontaliere.

VI – Conclusioni

68.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di giustizia di risolvere le questioni sottoposte dal Consiglio di Stato nei seguenti termini:

«1)      Una normativa nazionale, come quella dell’«integrazione fiscale» francese, di cui agli artt. 223 A e seguenti del Code général des impôts, secondo la quale una società madre francese può costituire un’«integrazione fiscale» con la società francese indirettamente controllata solo qualora detenga la detta società tramite una società francese direttamente controllata e non tramite una società non residente costituisce una limitazione alla libertà di stabilimento.

2)      Tale limitazione può essere giustificata per motivi di coerenza del sistema fiscale solo qualora tale esclusione sia idonea, in caso di consolidamento dei risultati di bilancio della società madre e della società indirettamente controllata, a evitare una doppia contabilizzazione delle perdite e non ecceda quanto è necessario per il raggiungimento di tale fine. Tale valutazione è di competenza del giudice nazionale».


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Sentenza 18 luglio 2007, causa C-231/05, Oy AA (Racc. pag. I-6373).


3 – Sentenza 13 dicembre 2005, causa C-446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I-10837).


4 – Tribunale amministrativo di Parigi.


5 – Tribunale amministrativo di secondo grado di Parigi.


6 – V., inter alia, sentenze 26 giugno 2008, causa C-284/06, Burda (Racc. pag. I-4571, punto 66); Oy AA (cit. alla nota 2), punto 18; 12 dicembre 2006, causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (Racc. pag. I-11673, punto 35), e 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (Racc. pag. I-7995, punto 40).


7 – V., inter alia, sentenze 24 maggio 2007, causa C-157/05, Holböck (Racc. pag. I-4051, punti 22 e 23); 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (Racc. pag. I-2107, punti 26-34), e 3 ottobre 2006, causa C-452/04, Fidium Finanz (Racc. pag. I-9521, punti 34 e 44-49).


8 – Sentenze Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (cit. alla nota 6), punti 31 e 32; Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit. alla nota 7), punto 27; Oy AA (cit. alla nota 2), punto 20; 21 novembre 2002, causa C-436/00, X e Y (Racc. pag. I-10829, punto 37), e 13 aprile 2000, causa C-251/98, Baars (Racc. pag. I-2787, punto 22).


9 – Sentenze Burda (cit. alla nota 6), punto 68; 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation (Racc. pag. I-11753, punto 118); Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit. alla nota 7 ), punto 33, e Oy AA (cit. alla nota 2), punto 23.


10 – Sentenze Oy AA (cit. alla nota 2), punto 24; Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (cit. alla nota 6), punto 33, e Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit. alla nota 7), punto 34.


11 – V. per tutte sentenze 15 maggio 2008, causa C-414/06, Lidl Belgium (Racc. pag. I-3601, punto 18); 23 febbraio 2006, causa C-471/04, Keller Holding (Racc. pag. I-2107, punto 29); 14 dicembre 2000, causa C-141/99, AMID (Racc. pag. I-11619, punto 20), e 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN (Racc. pag. I-6161, punto 35).


12 – Sentenze Lidl Belgium (cit. alla nota 11), punto 19; 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services (Racc. pag. I-10451, punto 33), e 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI (Racc. pag. I-4695, punto 21).


13 – V., in tal senso, sentenze 8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a. (Racc. pag. I-1727, punto 42), e 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 18).


14 – V., in tal senso, sentenza Oy AA (cit. alla nota 2), punto 38, e sentenza Metallgesellschaft (cit. alla nota 13), punto 60.


15 – V., in tal senso, inter alia, sentenza Lidl Belgium (cit. alla nota 11), punto 25.


16 – V. sentenze Lidl Belgium (cit. alla nota 11), punto 27; Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit. alla nota 7), punto 64; Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (cit. alla nota 6), punto 47, e Marks & Spencer (cit. alla nota 3), punto 35.


17 – Sentenza Marks & Spencer (cit. alla nota 3), punto 51. Quanto alla questione se tali tre motivi di giustificazione debbano essere cumulativamente integrati per giustificare una limitazione, v. in senso negativo sentenza Lidl Belgium (cit. alla nota 11), punto 40 e le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston del 14 febbraio 2008 presentate in tale causa, paragrafo 18.


18 – V. le mie conclusioni presentate il 12 settembre 2006 nella causa Oy AA (cit. alla nota 2), paragrafo 54.


19 – Sentenze 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249, punto 28), e 28 gennaio 1992, causa C-300/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-305, punto 21). V. altresì sentenze 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen (Racc. pag. I-7477, punto 42), e 23 febbraio 2006, Keller Holding (cit. alla nota 11), punto 40.


20 – Sentenze 28 febbraio 2008, causa C-293/06, Deutsche Shell (Racc. pag. I-1129, punto 37); 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta (Racc. pag. I-9569, punto 46); 11 ottobre 2007, causa C-443/06, Hollmann (Racc. pag. I-8491, punto 56), e Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit. alla nota 7), punto 68.


21 – Sentenza 14 novembre 1995, causa C-484/93, Svensson e Gustavsson (Racc. pag. I-3955, punto 18), e ICI (cit. alla nota 12), punto 29. V. inoltre sentenze Manninen (cit. alla nota 19), punto 42; Keller Holding (cit. alla nota 11), punto 40, e sentenze citate alle note 19 e 20.


22 – Sentenza Deutsche Shell (cit. alla nota 20), punto 39, con rinvio alla sentenza 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx (Racc. pag. I-2493, punto 24).


23 – In senso critico rispetto alla pregressa giurisprudenza, v. le mie conclusioni 18 marzo 2004 nella causa Manninen (cit. alla nota 19), paragrafo 53 e segg..


24 – L’avvocato generale Geelhoed ha condiviso tali valutazioni nelle sue conclusioni presentate il 29 giugno 2006, relative alla causa Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (cit. alla nota 7), paragrafo 88.


25 – Conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro presentate il 7 aprile 2005 nella causa Marks & Spencer (cit. alla nota 3), paragrafo 66.


26 – Conclusioni nella causa Marks & Spencer (cit. alla nota 3), paragrafo 71.


27 – V., in tal senso, sentenze 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer (Racc. pag. I-8203, punto 48); 4 marzo 2004, causa C-334/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I-2229, punto 30); Test Claimants in the FII Group Litigation (cit. alla nota 9), punti 155-157, nonché conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate il 14 febbraio 2008 nella causa Lidl Belgium (cit. alla nota 11), paragrafo 31.


28 – Direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15).


29 – V., in tal senso, sentenze 29 marzo 2007, causa C-347/04, Rewe Zentralfinanz (Racc. pag. I-2647, punto 57); Centro di Musicologia Walter Stauffer (cit. alla nota 27), punto 49; 11 ottobre 2007, causa C-451/05, ELISA (Racc. pag. I-8251, punto 95), nonché 30 gennaio 2007, causa C-150/04, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-1163, punto 54). La sentenza Rewe rinvia in particolare al punto 58 al fatto che una società madre dev’essere in grado di richiedere le necessarie documentazioni direttamente dalla sua società controllata.