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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 27 novembre 2012 (1)

Causa C-480/10

Commissione europea

contro

Regno di Svezia

«IVA – Articolo 11 della direttiva 2006/112/CE – Normativa nazionale che limita la registrazione dei gruppi IVA ai prestatori di servizi finanziari e assicurativi – Compatibilità con il diritto dell’Unione europea in materia di IVA»






I –    Introduzione

1.        Nel presente procedimento la Commissione chiede di dichiarare che il Regno di Svezia, limitando la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo ai settori di servizi finanziari e assicurativi, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 11 della direttiva del Consiglio 2006/112/CE, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2).

2.        L’articolo 11 della direttiva IVA stabilisce regole per trattare più persone come un unico soggetto passivo ai fini dell’amministrazione dell’IVA (spesso chiamato «IVA di gruppo»). Un analogo procedimento per inadempimento è stato avviato anche nei confronti della Repubblica di Finlandia (3).

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

3.        L’articolo 11 della direttiva stabilisce regole sull’IVA di gruppo nei seguenti termini:

«Previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (in seguito denominato “comitato IVA”), ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo comma può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione».

B –    Diritto nazionale

4.        L’articolo 1 del capitolo 6a della legge in materia di IVA 1994:200 (mervärdesskattelagen)1994:200 (in prosieguo: la «legge svedese in materia di IVA»), così dispone:

«Ai fini dell’applicazione della presente legge, due o più entità economiche possono, nelle circostanze di seguito indicate, essere considerate come un unico soggetto passivo (gruppo IVA) e l’attività esercitata dal gruppo può essere considerata come un’unica attività».

5.        L’articolo 2 del capitolo 6a della legge svedese in materia di IVA dispone quanto segue:

«Solo i soggetti di seguito elencati possono far parte di un gruppo IVA:

1. entità economiche poste sotto la sorveglianza dell’Ispettorato delle finanze che esercitano un’attività esente da IVA perché il fatturato di tale attività è esente ai sensi degli articoli 9 o 10 del capitolo 3, e

2. entità economiche il cui scopo principale consiste nel fornire beni o servizi alle entità economiche menzionate nel precedente paragrafo 1, oppure

3. entità economiche commissionari o committenti che abbiano un rapporto di commissione come nei casi di cui al capitolo 36 della legge relativa alle imposte sui redditi (1999:1229)».

6.        L’articolo 9 del capitolo 3 della legge svedese in materia di IVA esenta da imposta la fornitura di servizi bancari e finanziari nonché le operazioni che consistono nella compravendita di titoli obbligazionari e azionari o operazioni simili.

7.        L’articolo 10 del capitolo 3 della stessa legge esenta inoltre da imposta la fornitura di servizi di assicurazione e riassicurazione. Da tutte le precedenti disposizioni deriva che, in generale, solo gli operatori economici del settore finanziario ed assicurativo possono formare un gruppo IVA.

III – Fase precontenziosa e procedimento dinanzi alla Corte

8.        Il 23 settembre 2008 la Commissione ha inviato al Regno di Svezia una lettera di diffida, in cui ha considerato le disposizioni della normativa svedese che limitavano la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo ai prestatori di servizi finanziari e assicurativi incompatibili con l’articolo 11 della direttiva IVA.

9.         Il Regno di Svezia ha risposto con lettera del 19 novembre 2008 in cui ha sostenuto che, a suo giudizio, la normativa svedese sui gruppi IVA era conforme alla direttiva IVA.

10.      Il 20 novembre 2009 la Commissione ha inviato un parere motivato al Regno di Svezia, confermando la sua posizione. Il Regno di Svezia ha risposto con lettera del 20 gennaio 2010, sostenendo che la sua interpretazione della direttiva IVA era corretta.

11.      Ritenendo insoddisfacente tale risposta, la Commissione ha proposto il presente ricorso, che è pervenuto presso la cancelleria della Corte il 1º ottobre 2010. La Commissione chiede alla Corte di dichiarare che il Regno di Svezia è venuto meno ai propri obblighi in forza dell’articolo 11 della direttiva IVA, avendo limitato la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo ai fornitori di servizi finanziari e assicurativi.

12.      Il Regno di Svezia chiede alla Corte di dichiarare il ricorso irricevibile, poiché l’oggetto del ricorso va oltre gli addebiti formulati dalla Commissione durante il procedimento amministrativo. In subordine, il Regno di Svezia chiede di respingere il ricorso per infondatezza.

13.      La Repubblica di Finlandia e l’Irlanda sono intervenute a sostegno del Regno di Svezia. Tali Stati membri e la Commissione hanno preso parte all’udienza svoltasi il 6 settembre 2012.

IV – Ricevibilità

14.      Nella controreplica, il Regno di Svezia sostiene che la Commissione non ha menzionato una violazione del principio della parità di trattamento in nessuna fase del procedimento amministrativo. La censura formulata da tale istituzione si limitava piuttosto ad una violazione del principio di neutralità fiscale. Il principio della parità di trattamento è stato invocato per la prima volta nel procedimento per inadempimento dinanzi alla Corte, pertanto ampliando e modificando illegittimamente l’oggetto della controversia.

15.      Secondo una giurisprudenza costante, il ricorso deve basarsi sugli stessi argomenti e motivi del parere motivato (4). Una censura che non sia stata menzionata nel parere motivato non può essere dichiarata ricevibile nel procedimento dinanzi alla Corte.

16.      Tuttavia, come ha osservato la Corte nella causa Commissione/Portogallo, C-458/08, tale esigenza non può giungere fino al punto di imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nel dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato, non sia stato ampliato o modificato (5).

17.      L’articolo 38, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura della Corte di giustizia, in combinato disposto con l’articolo 21 dello Statuto della Corte indica, tra le condizioni per la ricevibilità, che un ricorso per inadempimento deve contenere l’oggetto della controversia ed un’esposizione sommaria dei motivi sui quali è fondato il ricorso (6). Ciò che si richiede è quanto meno un’esposizione sommaria degli elementi di diritto e di fatto sui quali si fondano le censure (7). La regolarità di tale procedimento precontenzioso costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato non soltanto a tutela dei diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita (8).

18.      Secondo la mia opinione, qualora una censura mossa per la prima volta dinanzi alla Corte differisca materialmente dai motivi esposti nel procedimento precontenzioso, si deve inevitabilmente concludere che la Commissione ha ampliato o modificato l’oggetto della controversia. In tali circostanze non si può sostenere che la Commissione ha semplicemente aggiunto alcuni dettagli agli argomenti dedotti in termini generali in una fase precedente del procedimento (9), ma, piuttosto, che l’architettura della controversia è cambiata radicalmente.

19.      Tuttavia, ciò non si verifica in relazione al principio della parità di trattamento nel contesto del presente procedimento per inadempimento. La censura della Commissione è rimasta invariata durante la procedura amministrativa e il procedimento dinanzi alla Corte. Ossia, limitando la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo prevista dall’articolo 11 della direttiva IVA a determinati settori mentre tutti gli altri operatori economici stabiliti in Svezia sono esclusi, situazioni analoghe sono trattate in maniera differente.

20.      La differenza tra la neutralità fiscale e il principio più generale della parità di trattamento si riallaccia alla questione se gli operatori economici che non sono direttamente in concorrenza tra loro si trovino in situazioni analoghe. Ciò in quanto la neutralità fiscale è applicabile soltanto in un tale ambito concorrenziale. La violazione del principio della parità di trattamento può comunque sorgere se situazioni analoghe sono trattate in maniera diversa (10). Tuttavia, secondo me, ogni eventuale distinzione tra la neutralità fiscale e la parità di trattamento può avere solo un’importanza secondaria se non addirittura terziaria, al fine di risolvere la controversia che ci occupa.

21.      Sono pervenuto a tale conclusione perché l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA svolge un ruolo primario al fine di stabilire se la Svezia stia agendo in conformità del diritto dell’Unione, limitando la disponibilità dell’IVA di gruppo ai settori finanziario ed assicurativo. Secondo una costante giurisprudenza della Corte di giustizia, si deve anzitutto considerare il significato letterale dell’articolo 11. Soltanto se i termini rilevanti dell’articolo 11 si prestassero a diverse interpretazioni potremmo tenere conto del contesto e della finalità di quest’ultimo (11). In questa fase, i principi della neutralità fiscale e della parità di trattamento diventano rilevanti quali argomenti atti a chiarire l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva IVA (12). Tali principi non svolgono di per sé un ruolo indipendente dall’articolo 11, come elementi rientranti negli obblighi del Regno di Svezia che possono incidere sulla ricevibilità del presente ricorso per inadempimento.

22.      Perciò, il fatto che il parere motivato della Commissione non si riferisca esplicitamente al principio della parità di trattamento in un senso più ampio rispetto alla neutralità fiscale non significa che la Commissione abbia introdotto una nuova censura sulla quale la Corte non debba pronunciarsi.

V –    Argomenti delle parti

23.      La Commissione sostiene che limitare la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo ai prestatori di servizi finanziari ed assicurativi è contrario all’articolo 11 della direttiva IVA poiché ogni regime classificatorio nazionale previsto da uno Stato membro deve essere accessibile a tutti gli operatori stabiliti in tale Stato membro, indipendentemente dal loro settore. Ciò emerge chiaramente, secondo la Commissione, dalla formulazione dell’articolo 11, secondo cui «ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

24.      La Commissione ritiene che siffatta interpretazione sia corroborata anche dalla finalità dell’articolo 11 della direttiva IVA, che mira a permettere agli Stati membri di considerare come un unico soggetto passivo gli operatori economici che costituiscono entità separate solo dal punto di vista tecnico. L’articolo 11 semplifica le operazioni amministrative e combatte gli abusi. Tali obiettivi, secondo la Commissione, riguardano tutti gli operatori economici e non solo quelli appartenenti ad un dato settore.

25.      La Commissione sostiene inoltre che le pertinenti normative svedesi sono incompatibili con il principio della parità di trattamento perché trattano in maniera diversa situazioni analoghe senza una giustificazione obiettiva (13). La Commissione ritiene inoltre che, in materia tributaria, una violazione del principio della parità di trattamento possa essere accertata anche attraverso una discriminazione nei confronti di operatori che non siano necessariamente in concorrenza tra loro ma che si trovino comunque in situazioni analoghe.

26.      La Commissione adduce che, rispetto all’applicazione dell’articolo 11 della direttiva IVA, tutti gli operatori economici stabiliti in Svezia si trovano in posizione analoga, ma il fatto di limitare la disponibilità dell’IVA di gruppo ai prestatori di servizi finanziari ed assicurativi implica che tali operatori ricevono un trattamento più favorevole rispetto agli operatori economici di altri settori. La Commissione ritiene che non esistano ragioni oggettive per giustificare siffatta disparità di trattamento.

27.      Il Regno di Svezia sostiene che il regime svedese è conforme al testo letterale dell’articolo 11 della direttiva IVA. In mancanza di una formulazione più precisa dell’articolo 11, gli Stati membri rimangono liberi di decidere quali persone stabilite nel loro territorio possano avvalersi dell’IVA di gruppo.

28.      Il Regno di Svezia considera particolarmente opportuno introdurre l’IVA di gruppo all’interno del settore finanziario perché si tratta di un settore in cui le attività sono spesso divise tra persone giuridiche diverse. Ciò è dovuto ai requisiti normativi. Inoltre, il settore finanziario è fortemente esposto alla concorrenza degli operatori economici stabiliti in altri Stati membri e poiché tali operatori hanno accesso ad un regime dell’IVA di gruppo, gli operatori economici svedesi che forniscono servizi finanziari sarebbero svantaggiati rispetto agli altri operatori qualora non disponessero dell’opzione dell’IVA di gruppo.

29.      Inoltre, il Regno di Svezia sostiene che il fatto di limitare la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo agli operatori economici dei settori finanziario ed assicurativo mira ad impedire l’evasione fiscale che si produce, per esempio, quando un gruppo di società iscrive nel bilancio, come operazioni interne, operazioni avvenute tra membri del gruppo e società esterne.

30.      Il Regno di Svezia ritiene che la disciplina svedese sull’IVA di gruppo sia conforme tanto al principio della parità di trattamento quanto al principio della neutralità fiscale. La giurisprudenza della Corte sul principio della parità di trattamento stabilisce i requisiti per la neutralità della concorrenza e la normativa svedese sull’IVA di gruppo soddisfa tali requisiti, perché gli operatori del settore finanziario sono sostanzialmente in concorrenza solamente gli uni con gli altri. La normativa svedese non sarebbe neppure in contrasto con il principio della parità di trattamento nella sua accezione più ampia, poiché gli operatori del settore finanziario non si trovano in una situazione analoga a quella degli operatori economici degli altri settori. Ciò deriva dal fatto che gli operatori del settore finanziario sono spesso suddivisi in persone giuridiche diverse per ragioni normative.

31.      Infine, il Regno di Svezia ritiene che, per interpretare l’articolo 11 della direttiva IVA si possa trarre ispirazione dalle disposizioni della direttiva stessa riguardanti le esenzioni e le riduzioni delle aliquote d’imposta (14). Poiché l’articolo 11 permette di esentare da IVA le operazioni che si svolgono all’interno di uno stesso gruppo, e quindi in deroga al regime generale dell’IVA, la sua portata deve essere interpretata restrittivamente.

VI – Analisi

A –    Osservazioni preliminari

32.      Secondo me, la questione fondamentale è la seguente: uno Stato membro che ha scelto di introdurre un regime di IVA di gruppo, ha il diritto di limitare l’applicazione di tale regime a determinati operatori economici che soddisfano i requisiti di cui all’articolo 11 della direttiva IVA, senza estendere l’accesso al regime dell’IVA di gruppo a tutti gli operatori economici che soddisfano i requisiti medesimi?

33.      La risposta dipende in larga misura dalla portata dell’articolo 11 della direttiva IVA. Esercitando il loro diritto di considerare come «un unico soggetto passivo» le persone stabilite nel loro territorio che siano giuridicamente indipendenti ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, gli Stati membri possono operare una distinzione in base alla natura del settore in cui sono impegnati gli operatori interessati, talché alcune operazioni o determinate categorie di soggetti passivi rimangano escluse (15)? La Svezia ha rispettato i limiti imposti dall’articolo 11 (16)?

34.      Occorre ricordare fin dall’inizio che, in base ad una giurisprudenza costante della Corte, per delimitare la portata di una disposizione di diritto dell’Unione, bisogna tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (17). Come ho già accennato, esaminerò in primo luogo il tenore letterale dell’articolo 11 per poi analizzarne, se necessario, il contesto e l’obiettivo.

B –    Interpretazione letterale dell’articolo 11 della direttiva IVA

35.      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, gli Stati membri hanno il diritto di fare affidamento sulla formulazione della direttiva (18). Come risulta chiaramente dal tenore dell’articolo 11 della direttiva IVA, si tratta di una disposizione facoltativa. Tuttavia, se uno Stato membro opta a favore dell’IVA di gruppo, le relative condizioni di applicazione devono essere conformi alla direttiva IVA.

36.      L’articolo 11 della direttiva IVA prevede che l’IVA di gruppo sia accessibile alle persone stabilite nel territorio degli Stati membri, sempreché tali persone siano strettamente legate tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Tale disposizione non prevede altre limitazioni. Al contrario, si potrebbe dedurre che l’uso dell’espressione «le persone» limiti il potere discrezionale degli Stati membri di applicare ulteriori restrizioni nell’attuazione di tale disposizione. A mio avviso, l’espressione «le persone» comprende tutte le persone, a prescindere dal settore economico in cui operano. Pertanto, un’interpretazione letterale dell’articolo 11 della direttiva IVA esclude che la portata di quest’ultimo venga limitata a determinati settori economici.

37.      Qualora la Corte accettasse la suddetta analisi basata su un’interpretazione letterale dell’articolo 11, non sarebbe necessario procedere all’esame del contesto e degli obiettivi della disposizione in parola (19). Tuttavia, prenderò in esame tale questione, per il caso in cui la mia conclusione in merito alla formulazione dell’articolo 11 non venisse accolta.

C –    L’opzione dell’IVA di gruppo nel più ampio contesto del regime IVA

38.      La costituzione di un gruppo IVA comporta l’individuazione di un unico soggetto passivo a fini IVA che è, sotto tutti gli aspetti, assimilabile ad un soggetto passivo composto da una sola entità (20). Nonostante la sua natura speciale, il regime dell’IVA di gruppo non limita né amplia i diritti di un soggetto passivo secondo la definizione di cui all’articolo 9 della direttiva IVA.

39.      Un sistema d’IVA raggiunge la maggior semplicità e neutralità se l’imposta è riscossa nel modo più generale possibile e se il suo ambito d’applicazione abbraccia tutte le fasi della produzione e della distribuzione, nonché il settore delle prestazioni di servizi (21). Il sistema dell’IVA dovrebbe portare ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza, nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione (22). Quando funziona a livello ottimale, il cosiddetto principio della neutralità dell’imposizione non dovrebbe incidere sulla concorrenza né sulle decisioni prese dagli operatori economici per organizzare le loro attività, come la forma giuridica o la struttura organizzativa (23).

40.      La costituzione di un gruppo IVA determina l’assoggettamento ad imposta del gruppo e pone fine all’imposizione separata dei suoi membri, che erano soggetti passivi dell’IVA prima di unirsi al gruppo (24). Il trattamento delle operazioni del gruppo, sia destinate ad entità esterne che provenienti da queste ultime, è assimilabile al trattamento di un unico soggetto passivo che opera individualmente. Le operazioni effettuate tra i singoli membri del gruppo, e che quindi rimangono interne al gruppo, sono considerate come operazioni effettuate dal gruppo stesso. Di conseguenza, le operazioni interne ad un gruppo IVA non esistono a fini IVA.

41.      Quando un gruppo IVA agisce conformemente alle regole del regime IVA, il diritto dei membri del gruppo di detrarre l’IVA sugli acquisiti non viene ampliato (25). Tale diritto continua ad applicarsi solo alle cessioni realizzate per le attività del gruppo soggette ad IVA. I membri del gruppo IVA non hanno neppure il diritto di detrarre l’IVA sulle cessioni effettuate per le attività esenti da IVA.

D –    L’obiettivo del regime dell’IVA di gruppo

42.      Alla luce dell’obiettivo e del contenuto dell’IVA di gruppo, che ho delineato poc’anzi, non posso condividere l’argomento del Regno di Svezia, secondo cui gli Stati membri hanno potere discrezionale nella scelta dei settori economici ai quali rendere accessibile l’IVA di gruppo. Tale conclusione si basa sui seguenti motivi.

43.      Il regime dell’IVA di gruppo non produce vantaggi economici allorché un acquisto viene effettuato per le attività soggette ad IVA, poiché l’acquirente ha diritto a detrarre l’IVA a monte. In tale situazione è irrilevante, in principio, la circostanza che l’acquisto sia effettuato all’interno del gruppo senza prelievo dell’IVA a monte oppure esternamente al gruppo con prelievo dell’IVA a monte.

44.      In determinate situazioni, i membri di un gruppo IVA possono ricevere vantaggi economici dall’appartenenza al gruppo (26). Per esempio, l’appartenenza ad un gruppo IVA può risultare vantaggiosa in una situazione in cui il membro del gruppo che effettua un acquisto soggetto ad IVA non abbia alcun diritto alla detrazione dell’IVA o abbia diritto ad una detrazione parziale, a causa dell’esenzione da IVA delle sue attività. Qualora tale membro effettui l’acquisto da un prestatore esterno al gruppo, vi sarà prelievo dell’IVA. Tuttavia, qualora realizzi un acquisto da un altro membro del gruppo IVA, non vi sarà prelievo dell’IVA.

45.      Qualora un operatore economico non abbia diritto a detrarre l’IVA a monte prelevata su un acquisto, potrebbe risultargli economicamente vantaggioso produrre direttamente i beni o i servizi. Per esempio, una banca che non ha diritto a detrazione dell’IVA potrebbe trarre vantaggi economici producendo internamente i sistemi informatici richiesti per le sue attività bancarie piuttosto che acquistandoli da un terzo. Tuttavia, qualora sia disponibile l’opzione dell’IVA di gruppo, la banca può esternalizzare la fornitura dei servizi informatici rivolgendosi ad una controllata appartenente al gruppo e trarne vantaggio.

46.      La motivazione economica poc’anzi descritta può far sembrare logico ad uno Stato membro, qualora l’opzione dell’IVA di gruppo non sia generalmente accessibile a tutti gli operatori, rendere comunque disponibile tale opzione per i prestatori di servizi finanziari ed assicurativi, che siano soggetti passivi impegnati soprattutto in attività esenti da IVA. Ciò tuttavia non significa che tale decisione sia legittima sul piano del diritto dell’Unione in materia di IVA.

E –    È possible limitare l’opzione dell’IVA di gruppo a determinati settori economici?

47.      È ovvio che le normative degli Stati membri sull’IVA di gruppo devono conformarsi agli obiettivi del regime dell’IVA di gruppo perseguiti dalla direttiva IVA. A tal fine gli Stati membri non hanno alcun margine discrezionale.

48.      Si deve tenere presente che, dall’esigenza dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione nonché dal principio di uguaglianza, discende che una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa in questione (27).

49.      Come ho ricordato in precedenza, il Regno di Svezia sostiene che il fatto di limitare la disponibilità dell’opzione dell’IVA di gruppo ai settori economico e finanziario si giustifica in base all’esigenza di instaurare pari condizioni di concorrenza per gli operatori economici di tali settori rispetto agli operatori internazionali. Inoltre, tale Stato membro adduce che detta limitazione è giustificata dal fatto che la regolamentazione e la supervisione vigenti nei settori finanziario ed assicurativo sono più rigorose che non negli altri settori. L’IVA di gruppo è fondamentale per tali settori, poiché, per ragioni normative, i singoli operatori che vi appartengono devono organizzarsi in persone giuridiche separate.

50.      Senza negare l’importanza di tali considerazioni, ricordo che l’IVA di gruppo ha lo scopo di semplificare le operazioni amministrative e di evitare gli abusi. Siffatti obiettivi non sono limitati a taluni settori, ma si applicano a tutti gli operatori economici, a prescindere dal loro settore di appartenenza.

51.      Quanto alla tendenza dei settori dei servizi finanziari ed assicurativi a distribuire le proprie attività tra diverse persone giuridiche, si deve altresì osservare che attualmente la struttura dei gruppi a catena è comunemente usata anche in molti altri settori. Per esempio, nell’ambito della prestazione dei servizi sociali e sanitari o nel settore immobiliare, l’IVA di gruppo può essere altrettanto vantaggiosa (28). Per effetto della normativa svedese, i soggetti passivi che realizzano prestazioni esenti da imposta e per le quali è ammessa l’IVA di gruppo si trovano in una posizione più vantaggiosa rispetto ad altri gruppi di operatori che effettuano prestazioni esentate senza avere accesso a tale opzione.

52.      Si deve sottolineare che un gruppo IVA, dopo la sua registrazione, diventa un unico, normale soggetto d’imposta. Non si applicano ulteriori limitazioni, anche se, indubbiamente, l’IVA di gruppo costituisce un regime speciale (29).

53.      Secondo me, alla luce dell’esigenza di interpretare in maniera coerente ed uniforme il diritto dell’Unione in materia di IVA, non è giustificabile una misura che limiti l’assoggettamento ad imposta di una persona in base al settore in cui opera. Sono di vario tipo gli obiettivi pratici, sociali ed economici di un settore da prendere in considerazione nel contesto di disposizioni specifiche in materia di IVA regolanti detto settore. Tuttavia, tali fattori non devono influire sulla definizione dei soggetti passivi ai sensi dell’articolo 11 della direttiva IVA (30).

54.      Per tale ragione l’analogia tra l’articolo 11 della direttiva IVA e le disposizioni della direttiva sulle esenzioni e sulle aliquote ridotte (31), che lo Stato membro convenuto sembra derivare dal carattere facoltativo dell’IVA di gruppo, non può essere accolta. Infatti, le disposizioni della direttiva IVA sulle esenzioni e sulle aliquote ridotte si basano su specifici obiettivi di politica settoriale che sono riconosciuti, o almeno tollerati, dal legislatore dell’Unione europea. Come ha stabilito la Corte con una costante giurisprudenza, gli Stati membri sono liberi di alleggerire l’onere fiscale dell’IVA per determinate categorie di consumatori (32).

55.      D’altra parte, le disposizioni sull’IVA di gruppo disciplinano lo status di un gruppo di persone quale soggetto passivo unico, quando ricorrono determinate condizioni. La direttiva IVA non contempla alcun obiettivo specifico di politica non fiscale che potrebbe essere promosso attraverso tale regime. Pertanto, un’analogia maggiormente utile con l’articolo 11 della direttiva IVA si può rinvenire nella giurisprudenza relativa all’applicazione di misure facoltative nell’ambito del mercato interno (33). In tale contesto, la Corte ha concluso nel senso che il carattere facoltativo di una misura non significa che uno Stato membro possa limitarne la portata in un modo che non sia contemplato dalla relativa disposizione del diritto dell’Unione.

F –    Osservazioni finali

56.      La censura della Commissione è espressamente circoscritta alla limitazione dell’opzione dell’IVA di gruppo ai prestatori di servizi finanziari ed assicurativi. Pertanto l’osservazione che mi accingo a svolgere non serve per confermare la soluzione del presente ricorso per inadempimento contro la Svezia. Ciononostante, tale osservazione fornisce un esempio utile dei problemi che possono derivare dalla limitazione dell’opzione dell’IVA di gruppo e certamente è una questione che è stata discussa dalle parti all’udienza.

57.      In realtà, la legge svedese in materia di IVA non esclude dai gruppi VAT tutte le persone giuridiche indipendenti che operano in settori diversi da quello finanziario ed assicurativo. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 2 e 3, all’interno del capitolo 6a della legge svedese sull’IVA, possono far parte di un gruppo IVA anche le seguenti persone: (i) entità economiche il cui scopo principale consiste nel fornire beni o servizi alle entità economiche che prestano servizi finanziari e assicurativi e (ii) entità economiche commissionari o committenti che abbiano un rapporto di commissione come nei casi di cui al capitolo 36 della legge relativa alle imposte sui redditi.

58.      Come è stato chiarito all’udienza, i due tipi di entità che ho menzionato sub i) e ii) possono destinare una parte delle loro attività economiche a clienti esterni al gruppo. Si deve aggiungere che, in base alle informazioni fornite dal rappresentante del governo svedese, in pratica, la quota di attività destinate a clienti esterni è limitata al 20% (34). Tale dato è rilevante poiché dimostra che il regime svedese sull’IVA di gruppo può causare problemi in termini di neutralità della concorrenza – che è un aspetto della neutralità fiscale – e che tali problemi sono stati riconosciuti e, in un certo senso, affrontati dallo Stato membro interessato.

59.      Dato che la restrizione dell’IVA di gruppo ai prestatori di servizi finanziari ed assicurativi non costituisce una limitazione assoluta ai sensi della normativa svedese, i membri di un gruppo IVA possono ottenere vantaggi dall’IVA di gruppo anche in relazione alle attività esterne ai settori finanziario ed assicurativo.

60.      Per tali ragioni sono dell’opinione che, qualora uno Stato membro decida di offrire l’opzione dell’IVA di gruppo, tale opzione deve essere accessibile agli operatori economici dello Stato membro interessato attivi in tutti i settori, purché soddisfino le condizioni stabilite dall’articolo 11 della direttiva IVA (35). Limitazioni di tale principio possono essere ammesse solo per rispondere all’esigenza di intervenire contro eventuali abusi in relazione ad operazioni chiaramente identificate. In mancanza di ciò, non è accettabile il fatto di limitare l’opzione dell’IVA di gruppo ai settori finanziario ed assicurativo.

VII – Conclusione

61.      Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di:

«1) dichiarare che, limitando l’accesso al regime dell’IVA di gruppo ai settori finanziario ed assicurativo, il Regno di Svezia è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 11 della direttiva del Consiglio 2006/112/CE, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto;

2) condannare il Regno di Svezia alle spese;

3) ordinare alla Repubblica di Finlandia di sopportare le proprie spese».


1 – Lingua originale: l’inglese.


2–      GU L 347, pag. 1.


3–      Causa C-74/11. Oggi stesso presenterò anche le mie conclusioni nella causa C-85/11, Commissione/Irlanda, che riguarda la questione se gli Stati membri possano legittimamente includere nei gruppi IVA i soggetti non imponibili e indubbiamente tale questione rileva anche ai fini della causa C-74/11, Commissione/Finlandia. La Commissione ha inoltre contestato l’inclusione nei gruppi IVA dei soggetti non imponibili in una serie di altri casi, in particolare, nella causa C-109/11, Commissione/Repubblica ceca; C-95/11, Commissione/Danimarca; C-65/11, Commissione/Paesi Bassi, e C-86/11, Commissione/Regno Unito. Tuttavia, la Corte ha chiesto la presentazione di conclusioni da parte dell’avvocato generale limitatamente alla causa presente e alla causa C-85/11, Commissione/Irlanda.


4–      Sentenze dell’11 luglio 2002, Commissione/Spagna (C-139/00, Racc. pag. I-6407, punto 18 e la giurisprudenza ivi citata).


5–      Sentenza del 18 novembre 2010 (Racc. pag. I-11599, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, la sentenza del 10 maggio 2012, Commissione/Estonia (C-39/10, punti 24-26).


6 – La disposizione corrispondente nel testo rifuso del regolamento di procedura entrato in vigore il 1º novembre 2012 è l’articolo 120, lettera c), (GU L 265, pag. 1).


7–      Sentenza del 16 giugno 2005, Commissione/Italia (C-456/03, Racc. pag. I-5335, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).


8–      Sentenza Commissione/Italia, cit. (punto 37).


9 – Sentenza Commissione/Portogallo, cit. (punto 47).


10 – V., per esempio, la sentenza del 13 luglio 2000, Idéal Tourisme SA (C-36/99, Racc. pag. I-6049). Indubbiamente, si potrebbe mettere in questione la validità delle stesse disposizioni della direttiva IVA per violazione del principio della parità di trattamento. V. sentenza del 23 aprile 2009, Puffer (C-460/07, Racc. pag. I-3251). Come esempio recente di un caso in cui la Corte ha esaminato se uno Stato membro avesse violato il principio della neutralità fiscale dando attuazione alla direttiva IVA, v. l’ordinanza del 19 gennaio 2012, Purple Parking Limited (C-117/11).


11–      Sentenza del 15 luglio 2010, Commissione/Regno Unito (C-582/08, Racc, pag. I-7195, punto 51). V. inoltre, il paragrafo 52 delle mie conclusioni in quella causa.


12–      Sentenza del 12 gennaio 2006, Turn- und Sportunion Waldburg (C-246/04, Racc. pag. I-589, punto 31); v., inoltre, sentenza del 27 aprile 2006, Solleveld (C-443/04 e C–444/04, Racc. pag. I-3617, punto 36).


13 – Su questo punto la Commissione si riferisce alla sentenza del 10 aprile 2008, Marks&Spencer (C-309/06, Racc. pag. I-2283, punti 49 e 51).


14 – V., rispettivamente, il titolo IX e l’articolo 98 della direttiva IVA.


15 – Per una problematica simile, v. la sentenza Turn- und Sportunion Waldburg, cit. (punto 30).


16 – V., per analogia, la sentenza del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming (C-363/05, Racc. pag. I-5517, punto 44).


17 – Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Denmark (C-174/08, Racc. pag. I-10567, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata); v. anche sentenza del 19 luglio 2012, A Oy (C-33/11, punto 27).


18–      Sentenza Commissione/Regno Unito, cit. (punti 49-51).


19 – Sentenza Commissione/Regno Unito, cit. (soprattutto punto 51). V., inoltre, le mie conclusioni in tale causa (lette il 20 maggio 2010; paragrafo 52).


20 – L’attuazione concreta dell’IVA di gruppo varia a seconda dei casi. In alcuni Stati membri che hanno introdotto tale regime, l’adesione all’IVA di gruppo è obbligatoria per chi soddisfi i relativi requisiti, in altri Stati è invece facoltativa.


21 – V. considerando 5 della direttiva IVA.


22 – V. considerando 7 della direttiva IVA.


23 – Terra, B. e Kajus, J. A Guide to the European VAT Directives, IBFD, 2012, capitolo 7.3.


24 – V. la sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica (C-162/07, Racc. pag. I-4019, punti 19 e 20).


25 – Una sintesi del sistema di detrazione si rinviene nella sentenza del 6 settembre 2012, Tóth (C-324/11, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata).


26 – V. la Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo sull’opzione di IVA di gruppo prevista all’articolo 11 della direttiva 2006/112 CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto [COM(2009) 325 def., pagg. 11 e 12].


27 – V. sentenza NCC Construction Denmark, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata.


28 – Per una discussione sul regime dell’IVA di gruppo all’interno del sistema svedese dell’IVA, v. Håkan Magnusson: Gruppregistrering till mervärdesskatt, Skattenytt 1998/11.


29 – Le parti hanno discusso la questione se l’articolo 11 della direttiva IVA preveda un’eccezione o una deroga che deve essere interpretata restrittivamente. Secondo me, tale approccio non è utile, specialmente perché, nella presente causa, la Commissione sembra sostenere che l’IVA di gruppo non è una deroga al regime generale dell’IVA, ma costituisce un regime speciale. Tuttavia, pare che in questo caso la Commissione abbia assunto la posizione opposta a quella difesa nella causa C-85/11, Commissione/Irlanda.


30 – Osservo che, al punto 2 dell’allegato A della seconda direttiva IVA [67/228/CEE], si leggeva che, «[s]e uno Stato membro intende non assoggettare all’imposta determinate attività, è opportuno che lo faccia mediante esenzioni anziché escludendo dal campo di applicazione dell’imposta le persone che esercitano le attività in questione». Quindi, nell’ambito del regime IVA dell’Unione europea, le disposizioni che definiscono la qualità di soggetto passivo non dovrebbero essere applicate al fine di perseguire specifici obiettivi di politica fiscale.


31–      Cit. supra.


32 – V., per esempio, la sentenza del 6 maggio 2010, Commissione/Francia (C-94/09, Racc. pag. I-4261, punto 28): «(…) quando uno Stato membro decide di utilizzare la possibilità offerta dall’art. 98, nn. 1 e 2, della direttiva 2006/112 di applicare un’aliquota IVA ridotta ad una categoria di prestazioni indicata nell’allegato III di tale direttiva, questo Stato membro, a condizione di rispettare il principio della neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA, può limitare l’applicazione di tale aliquota IVA ridotta ad elementi concreti e specifici di detta categoria». V., inoltre, le sentenze del 7 marzo 2002, Commissione/Finlandia (C-169/00, Racc. pag. I-2433, punto 30); dell’8 maggio 2003, Commissione/Francia (C-384/01, Racc. pag. I-4395, punto 24), e del 3 aprile 2008, Zweckverband zur Trinkwasserversorgung und Abwasserbeseitigung Torgau-Westelbien (C-442/05, Racc. pag. I–1817, punto 43).


33 – Per quanto riguarda l’interpretazione di una situazione analoga, relativa ad una disposizione del diritto dell’Unione che prevedeva un’opzione normativa, v. la sentenza del 23 ottobre 2003, Adidas-Salomon and Adidas Benelux (C-408/01, Racc. pag. I–12537), in cui, al punto 20, la Corte ha statuito che «(…) l’opzione dello Stato membro [nel trasporre l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104/CEE, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1)], riguarda pertanto lo stesso principio della concessione di una tutela rafforzata a vantaggio dei marchi notori, ma non le situazioni contraddistinte dalla detta tutela qualora lo stesso la accordi».


34 – Secondo la proposta di legge svedese sul regime dell’IVA di gruppo, una percentuale massima del 20-30% delle attività può essere destinata all’esterno del gruppo IVA. Nel caso delle imprese che prestano servizi di supporto al settore finanziario, il requisito che tale attività debba costituire il loro scopo principale è stato giustificato nel relativo documento del governo con riferimento all’esigenza di ridurre l’impatto negativo della concorrenza dell’IVA di gruppo in relazione ai fornitori esterni. V. Regeringens proposition 1997/98; 148 (pag. 37).


35 – Un regime nazionale dell’IVA di gruppo introdotto solo per alcuni settori potrebbe essere criticato anche dal punto di vista degli aiuti di Stato, in quanto implica un vantaggio selettivo per gli operatori economici attivi in tali settori.