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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CRUZ VILLALÓN

presentate il 12 dicembre 2013 (1)

Causa C-464/12

ATP PensionService A/S

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca)]

«Imposta sul valore aggiunto – Articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della direttiva 77/388/CEE del Consiglio – Esenzione della gestione di fondi comuni d’investimento – Nozione di “fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri” – Regimi pensionistici professionali – Regimi pensionistici a contributi definiti»





1.        L’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per la gestione di fondi comuni d’investimento prevista dall’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva (2) è stata trattata dalla Corte in diverse occasioni (3). La causa in esame offre alla Corte l’opportunità di affinare la propria giurisprudenza rispetto all’espressione «fondi comuni d’investimento», in particolare nel contesto dei fondi pensione professionali. La causa pone inoltre questioni vertenti su cosa debba intendersi per «gestione» di fondi comuni d’investimento e sull’esenzione fiscale per le operazioni relative ai depositi di fondi e ai conti correnti, ai pagamenti e ai giroconti prevista dall’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva.

2.        Le questioni traggono origine da una controversia tra l’ATP PensionService A/S (in prosieguo: l’«ATP») e lo Skatteministeriet (Ministro delle Finanze danese) circa il trattamento in materia di IVA dei servizi dell’ATP. Quest’ultima fornisce servizi ai fondi pensione professionali.

I –  Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione europea

3.        Ai sensi dell’articolo 2 della sesta direttiva, le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale sono soggette all’IVA.

4.        L’articolo 13 della sesta direttiva prevede alcune esenzioni dall’IVA. Due di esse, in particolare quelle previste dall’articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 6, sono pertinenti nella fattispecie in esame. Esse sono formulate nei termini seguenti:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: (…)

d)      le operazioni seguenti:

(…)

3.      le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti;

(...)

6.      la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri».

5.        In considerazione della data dei fatti della presente causa si applica la sesta direttiva. Tuttavia, è opportuno menzionare che le disposizioni citate sono state riprodotte, senza variazioni che rilevino per il presente procedimento, nell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e nell’articolo 135, paragrafo 1, lettere d) et g), della direttiva 2006/112/CE (4).

B –    Diritto nazionale

6.        Le citate disposizioni del diritto dell’Unione sono trasposte dall’articolo 13, paragrafo 1, punto 11, lettere c) e f), della legge danese sull’IVA (momsloven). Tale articolo recita:

«I seguenti beni e servizi sono esenti dall’imposta:

(…)

11.      Le seguenti attività finanziarie: (…)

c)      Le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del ricupero dei crediti; (...)

f)      La gestione di fondi comuni d’investimento».

7.        Come indica il giudice del rinvio, alcuni di tali termini sono stati interpretati in istruzioni amministrative («juridiske vejledning») (5).

II –  Fatti e procedimento principale

8.        L’ATP fornisce servizi ai fondi pensione. Il suo cliente più importante, PensionDanmark, è un fondo pensione professionale che gestisce regimi pensionistici in base ad accordi collettivi e ad accordi aziendali.

9.        I regimi pensionistici professionali costituiscono un elemento essenziale del sistema pensionistico danese. Tale sistema si fonda su tre pilastri: un regime pensionistico pubblico finanziato tramite le imposte, un regime pensionistico professionale e piani pensionistici individuali (6).

10.      I regimi pensionistici professionali danesi, che, a causa delle attività dell’ATP, sono al centro della presente causa, sono generalmente regimi «a contributi definiti», forniti in un ambito professionale. I datori di lavoro versano un contributo definito all’ente che fornisce il regime pensionistico (normalmente un fondo pensione) per ciascuno dei propri lavoratori (7), i quali possono versare contributi supplementari facoltativi (8). I contributi versati in tali regimi sono fiscalmente deducibili, entro certi limiti, ai sensi della normativa fiscale danese sull’imposta sul reddito. La pensione che sarà pagata dipende dall’importo versato nel regime e dal risultato dell’investimento effettuato dal fondo pensione (dopo la detrazione dei costi). Essa è normalmente pagata con una combinazione di tre tipi di versamento (soggetti a imposta), una volta che il beneficiario abbia maturato il diritto al pagamento: una rendita vitalizia, pagamenti scaglionati per un determinato periodo e il pagamento di una somma forfettaria. Le condizioni dettagliate di un regime pensionistico professionale sono determinate da un accordo collettivo concluso tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati che rappresentano i singoli datori di lavoro e i lavoratori (9).

11.      Benché l’ATP non sia coinvolta nell’investimento dei contributi (compito che è svolto dagli stessi fondi pensione), essa fornisce tre tipi di servizi ai fondi pensione. In primo luogo, l’ATP fornisce servizi relativi alla manutenzione e allo sviluppo del sistema, e cioè lo sviluppo e la manutenzione della piattaforma su cui sono forniti i servizi dell’ATP. In secondo luogo, essa svolge compiti amministrativi, come ad esempio fornire informazioni e consulenza ai datori di lavoro e ai lavoratori in relazione ai regimi pensionistici. In terzo luogo, l’ATP fornisce servizi relativi ai versamenti nei regimi pensionistici e ai pagamenti effettuati da questi ultimi.

12.      Semplificando, questi ultimi servizi possono essere descritti nel modo seguente. Il datore di lavoro versa periodicamente i contributi che deve in base al regime pensionistico professionale collettivamente per tutti i propri lavoratori con una somma globale nel conto bancario del fondo pensione. L’ATP apre conti individuali (10) per i singoli affiliati sulla base delle informazioni che riceve dal datore di lavoro. Essa distribuisce su tali conti la somma globale versata dal datore di lavoro in conformità con le disposizioni dell’accordo collettivo o dell’accordo aziendale. L’affiliato può accedere al conto, che è regolarmente aggiornato dall’ATP, tramite Internet. Quando i pagamenti diventano esigibili, l’ATP inizia a prelevare le somme dando istruzioni all’istituto finanziario di pagare l’importo dovuto all’affiliato.

13.      Fino al 30 giugno 2002, l’ATP ha fatturato l’IVA sui propri servizi. Tuttavia, in considerazione della sentenza SDC (11), essa ha mutato avviso e ha sostenuto che i propri servizi relativi ai versamenti nei regimi pensionistici e ai pagamenti effettuati da questi ultimi dovrebbero essere esenti da IVA ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva. Essa ha informato della sua posizione l’amministrazione fiscale danese (in prosieguo: la «SKAT») il 26 giugno 2002. La SKAT ha deciso che i servizi dell’ATP relativi alle somme pagate per le pensioni fossero effettivamente esenti da IVA, ma ha negato l’applicazione dell’esenzione alla maggior parte dei servizi relativi ai versamenti in entrata, e precisamente: la registrazione dei datori di lavoro tenuti al versamento dei contributi pensionistici, l’apertura dei conti individuali, la fornitura di prestazioni per la gestione dei versamenti da parte dei datori di lavoro, in maniera tale che tutti i contributi possano essere versati nel conto del fondo pensione utilizzando un servizio online o una carta di pagamento, la ricezione e la registrazione di rapporti da parte dei datori di lavoro sulla ripartizione dell’importo totale tra i singoli lavoratori, l’accreditamento dei contributi sui conti individuali e l’aggiornamento di tali conti, la registrazione dei versamenti mancanti, l’informazione ai beneficiari dei fondi pensione sui contributi versati e l’invio degli estratti conto. La decisione è stata confermata dalla suprema autorità amministrativa danese in materia fiscale, il Landsskatteretten (tribunale fiscale nazionale) con ordinanza del 13 maggio 2009.

14.      L’ATP ha impugnato la decisione davanti al Retten i Hillerød (tribunale di Hillerød), il quale a sua volta ha rinviato la causa, ritenendola di importanza generale, all’Østre Landsret (corte d’appello della regione Est). L’ATP sostiene che i servizi che sono stati ritenuti soggetti all’IVA ne sono esenti in quanto costituiscono «la gestione di fondi comuni d’investimento» di cui all’articolo 13, paragrafo 1, punto 11, lettera f), del momsloven, che traspone l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e/o in quanto «operazioni (...) relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti (...)» ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, punto 11, lettera c), del momsloven, che traspone l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva. Lo Skatteministeriet ha contestato che i servizi forniti dall’ATP siano esenti da IVA.

III –  Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Dopo aver sentito le parti e deliberato, l’Østre Landsret ha deciso, con ordinanza dell’8 ottobre 2012, di deferire alla Corte, a norma dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni:

«1)      Se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che la nozione di “fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri” comprende casse pensioni come quelle di cui trattasi nel procedimento principale con le seguenti caratteristiche, allorché lo Stato membro riconosce gli istituti elencati nella sezione 2 della decisione di rinvio come fondi comuni d’investimento:

a)      il rendimento al lavoratore (beneficiario della pensione) dipende dal rendimento degli investimenti delle casse pensioni;

b)      il datore di lavoro non deve effettuare versamenti ulteriori per assicurare al beneficiario della pensione un determinato rendimento;

c)      le casse pensioni investono collettivamente le somme accantonate applicando il principio della ripartizione del rischio;

d)      la parte essenziale dei versamenti alle casse pensioni dipende da contratti collettivi di lavoro tra il singolo lavoratore e il singolo datore di lavoro, e non dalle decisioni individuali del singolo lavoratore;

e)      il singolo lavoratore può decidere individualmente di effettuare ulteriori versamenti alle casse pensioni;

f)      lavoratori autonomi, datori di lavoro e dirigenti possono scegliere di versare contributi pensionistici alle casse pensioni;

g)      una parte predeterminata del risparmio previdenziale integrativo, stabilito con contratto collettivo, viene utilizzata per acquistare una rendita vitalizia;

h)      i beneficiari della pensione sostengono le spese delle casse pensioni;

i)      i versamenti alle casse pensioni sono deducibili entro massimali fissati dalla normativa nazionale sulla tassazione del reddito;

j)      i versamenti ad una pensione integrativa individuale, tra cui una pensione costituita presso un istituto finanziario, in cui gli importi possono essere piazzati in un fondo di investimento, sono deducibili ai sensi della normativa nazionale sulla tassazione del reddito nella misura indicata alla lettera i);

k)      il diritto all’esenzione per i versamenti di cui alla lettera i) corrisponde alla tassazione delle erogazioni; e

l)      gli importi accantonati saranno erogati di regola dopo il compimento dell’età pensionabile.

2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione, se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la nozione di “gestione” comprende un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale (v. sezione 1.2 della decisione di rinvio).

3)      Se un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale concernente versamenti pensionistici (v. sezione 1.2 della decisione di rinvio) debba essere considerato, con riferimento all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva, come un servizio unico o come una serie di servizi specifici, da valutarsi separatamente.

4)      Se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, stabilita nella disposizione per operazioni relative ai pagamenti o ai giroconti, comprende un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale riguardante versamenti pensionistici (v. sezione 1.2. della decisione di rinvio).

5)      In caso di soluzione negativa della quarta questione, se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva, debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, stabilita nella disposizione per operazioni relative ai depositi di conti o ai conti correnti, comprende un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale riguardante versamenti pensionistici (v. sezione 1.2. della decisione di rinvio)».

16.      L’ATP, il Regno di Danimarca e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.

17.      Queste tre parti e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord hanno esposto osservazioni all’udienza del 2 ottobre 2013.

IV –  Analisi

A –    Considerazioni preliminari

18.      Le questioni poste dal giudice del rinvio presentano tre problemi distinti: il significato di «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri» nel contesto dei regimi pensionistici professionali (prima questione), la nozione di «gestione» di tali fondi (seconda questione) e l’applicazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva a servizi come quelli forniti dall’ATP (questioni dalla terza alla quinta).

19.      La giurisprudenza della Corte sulle tre questioni suddette è già abbastanza estesa (12). In considerazione di tale giurisprudenza, ritengo che la Corte disponga di elementi sufficienti per esaminare la seconda e la terza questione. Concentrerò pertanto la mia analisi sulla prima questione, cioè sul significato di «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri», e in particolare sulla questione se (e quando) un fondo pensione professionale come quello a cui l’ATP fornisce servizi debba essere considerato un fondo comune d’investimento. Tale questione è stata recentemente sollevata due volte, nelle cause che hanno dato origine alle sentenze Wheels e PPG Holdings (13), ma queste ultime differiscono notevolmente da quella in esame.

20.      La questione rientra nel campo estremamente complesso e controverso del trattamento dei servizi finanziari (compresi i servizi pensionistici) ai fini dell’IVA. Tali servizi hanno conosciuto una notevole diversificazione (14), a cui la direttiva attuale sull’IVA, in particolare le esenzioni nel campo dei servizi finanziari, non rende giustizia. Ciò causa una mancanza di certezza del diritto per gli operatori di tale settore nonché applicazioni divergenti delle esenzioni in questione da parte degli Stati membri (15).

21.      La Commissione ha presentato una proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2006/112 per quanto riguarda il trattamento dei servizi assicurativi e finanziari (16) nonché una proposta di regolamento recante disposizioni di applicazione per quanto riguarda il trattamento dei servizi assicurativi e finanziari, che include definizioni dell’ambito di applicazione dei servizi esenti (17). Entrambe tali proposte sono state oggetto di approfonditi lavori preparatori (18), nel corso dei quali sono stati discussi anche i fondi pensione e il loro trattamento ai fini dell’IVA (19). Tuttavia, sulla riforma non si è raggiunto un accordo (20). Né, secondo le dichiarazioni della Commissione in udienza, è possibile attendersi un tale accordo in tempi brevi. A prescindere dalla situazione relativa a possibili modifiche della normativa applicabile, la Corte deve decidere sulla base del diritto vigente all’epoca dei fatti in questione.

22.      Inizierò la mia analisi riassumendo le argomentazioni sostenute dalle parti del procedimento. Successivamente, descriverò l’interpretazione che ha dato finora la giurisprudenza dell’espressione «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri». Infine, analizzerò le conseguenze della giurisprudenza per i fondi pensione professionali.

B –    Osservazioni presentate alla Corte

23.      Il Regno di Danimarca ritiene che rientri nella competenza degli Stati membri definire l’espressione «fondi comuni d’investimento» contenuta nell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva ed escludere dalla loro definizione i fondi pensione con le caratteristiche descritte dal giudice del rinvio.

24.      Secondo il Regno di Danimarca, gli Stati membri devono facilitare l’investimento nei fondi comuni d’investimento e rispettare il principio di neutralità riguardo all’IVA imposta sui fondi in concorrenza con i fondi comuni d’investimento. Tale Stato membro ritiene che i fondi oggetto della presente causa differiscano dai fondi comuni d’investimento in misura sufficiente per giustificare un diverso trattamento: i contributi sono versati dal datore di lavoro, il loro obiettivo è quello di fornire una pensione piuttosto che di risparmiare denaro, essi forniscono inoltre assicurazioni quali l’assicurazione sulla vita e quella per inabilità al lavoro (21), in caso di morte del beneficiario, i contributi non vengono acquisiti (o non vengono acquisiti per intero) dai suoi eredi e sono generalmente esenti dall’imposta sui redditi. Secondo il Regno di Danimarca, il datore di lavoro che versa i contributi non effettua un investimento, ma effettua un versamento perché è tenuto a farlo in virtù dell’accordo collettivo che istituisce il regime pensionistico.

25.      L’ATP ritiene che i fondi pensione con le caratteristiche descritte dal giudice del rinvio rientrino nell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e siano pertanto esenti da IVA. Essa sostiene che anche se gli Stati membri dispongono di un certo ambito di discrezionalità nel definire i «fondi comuni d’investimento», essi devono rispettare gli obiettivi dell’esenzione e il principio di neutralità fiscale. Lo scopo dell’esenzione dall’IVA in questione è quello di permettere alle persone di investire i loro risparmi collettivamente, ripartendone così il rischio, senza subire l’aggravio dell’IVA. Secondo l’ATP, anche i regimi pensionistici di cui trattasi perseguono tali obiettivi. Il semplice fatto che i regimi pensionistici abbiano lo scopo preciso di finanziare una pensione non giustifica un trattamento diverso.

26.      L’ATP invoca il principio di neutralità a sostegno della propria posizione, poiché gli altri fondi comuni d’investimento sono in concorrenza con i fondi pensione. Se i contributi prelevati dallo stipendio normale del lavoratore non fossero versati nel fondo, detto lavoratore dovrebbe risparmiare in un altro modo. Il rapporto di concorrenza è particolarmente evidente rispetto ai contributi supplementari o ai contributi versati da persone che non sono inizialmente coperte da regimi pensionistici professionali. Il fatto che una parte del rendimento di un fondo pensione sarà pagata sotto forma di rendita vitalizia (22) è irrilevante, secondo l’ATP, poiché una tale rendita può semplicemente essere acquistata per una somma forfettaria. Parimenti irrilevanti, secondo l’ATP, sono il fatto che i contributi ai fondi pensione siano deducibili fiscalmente e che i fondi pensione comprendano generalmente un elemento di assicurazione. Inoltre, l’ATP sostiene che la stipulazione dei fondi pensione professionali con accordo collettivo è irrilevante, poiché i lavoratori prendono le relative decisioni rappresentati dai sindacati.

27.      In udienza l’ATP ha osservato che i fondi pensione oggetto della presente causa differiscono in modo significativo da quelli oggetto delle citate cause Wheels e PPG Holdings. Tali cause concernevano regimi a prestazioni definite, in cui il datore di lavoro adempiva a un obbligo giuridico pagando la pensione. Solo i lavoratori potevano partecipare al regime. Al contrario, la presente causa concerne un regime a contributi definiti, in cui il rischio è a carico dei beneficiari e degli investitori. Il datore di lavoro deve soltanto versare i contributi. Un pubblico più ampio, e cioè chiunque sia collegato al mercato del lavoro, può partecipare ai regimi pensionistici.

28.      In udienza il Regno Unito ha sostenuto che i fondi pensione a contributi definiti come quelli descritti dal giudice del rinvio non sono sufficientemente comparabili ai fondi comuni d’investimento da essere in concorrenza con gli stessi, e pertanto non possono beneficiare dell’esenzione dall’IVA in questione per cinque motivi: i fondi pensione professionali non possono essere venduti a volontà; non attribuiscono alcun diritto ai fondi investiti prima del raggiungimento dell’età pensionabile da parte del beneficiario e vengono perduti in caso di morte; sono oggetto di un accordo collettivo e sono finanziati dal datore di lavoro, piuttosto che costituire investimenti del lavoratore; sono disponibili esclusivamente ai lavoratori, piuttosto che al pubblico in generale; e, infine, non rientrano nel regime della direttiva 85/611/CEE (23) (in prosieguo: la «direttiva OICVM»).

29.      La Commissione ritiene che i fondi pensione in oggetto rientrino nella nozione di «fondi comuni d’investimento». Essa distingue tra i regimi a contributi definiti e i regimi a prestazioni definite, sostenendo che, nei primi, i lavoratori beneficiano dei propri investimenti e sono pertanto in una situazione simile a quella dei piccoli investitori rispetto ai fondi comuni d’investimento (24).

C –    La giurisprudenza sui «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri»

30.      La giurisprudenza relativa all’articolo 13 della sesta direttiva comprende sia enunciazioni generali pertinenti sull’interpretazione delle esenzioni, sia considerazioni importanti sull’interpretazione dell’espressione «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri». Tratterò queste due questioni nell’ordine, e successivamente esporrò le mie considerazioni sull’approccio della Corte nell’analisi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

1.      Considerazioni generali sull’interpretazione delle esenzioni dall’IVA

31.      Nell’interpretare le esenzioni previste dall’articolo 13 della sesta direttiva, la Corte ha costantemente dichiarato che, in via di principio, i termini di tali esenzioni hanno un proprio significato autonomo nel diritto dell’Unione, poiché «mirano ad evitare divergenze nell’applicazione da uno Stato membro all’altro del sistema dell’IVA» (25). Tuttavia, ciò non vale per i termini la cui definizione è esplicitamente attribuita agli Stati membri dal diritto dell’Unione (26). In tali casi, spetta agli Stati membri definire la nozione in questione nel loro diritto interno (27). Nel definire tali concetti, comunque, essi non possono «pregiudicare gli scopi perseguiti dalla sesta direttiva o ledere i principi generali alla base di tale direttiva, con particolare riguardo al principio di neutralità fiscale» (28).

32.      Inoltre, la Corte ha costantemente dichiarato che le esenzioni previste dall’articolo 13 della sesta direttiva devono essere interpretate in modo restrittivo, poiché in via di principio l’IVA deve essere applicata su tutte le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo (29).

2.      L’espressione «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri»

33.      Come risulta dal tenore letterale di tale espressione, il diritto dell’Unione riserva agli Stati membri la definizione di «fondi comuni d’investimento». Esaminerò anzitutto il significato di tale potere discrezionale degli Stati membri, e poi riassumerò la giurisprudenza della Corte su tre limiti del suddetto potere discrezionale: la formulazione della disposizione e la direttiva OICVM, lo scopo dell’esenzione e il principio di neutralità fiscale.

a)      Il potere discrezionale degli Stati membri

34.      Come ho già rilevato, il principio secondo cui i termini delle esenzioni previste dall’articolo 13 della sesta direttiva devono essere interpretati in modo autonomo rinviene i propri limiti quando la definizione è espressamente riservata agli Stati membri. La Corte ha ritenuto che ciò avvenga nel caso dell’espressione «fondi comuni d’investimento» (30). Tuttavia, non può ritenersi che gli Stati siano liberi di definire qualsiasi cosa come «fondi comuni d’investimento». Un potere discrezionale illimitato comporterebbe il rischio di abusi, confonderebbe le diverse esenzioni e contravverrebbe al principio secondo cui le esenzioni sono generalmente interpretate in modo restrittivo. Di conseguenza, l’espressione «fondi comuni d’investimento» deve pur avere un significato nel diritto dell’Unione, malgrado il fatto che la formulazione dell’esenzione ne lasci la definizione agli Stati membri.

35.      Tale tensione nel diritto dell’Unione, che lascia agli Stati membri il compito di definire un’espressione pur dovendo porre dei limiti a tale definizione (31) è evidente nella seguente enunciazione della Corte: «il compito di definire il contenuto della nozione di “fondi comuni d’investimento” non consente in alcun modo agli Stati membri di limitare a taluni fondi presenti nel loro territorio il beneficio dell’esenzione e di escluderne altri. (…) [I] termini “fondi comuni d’investimento” devono essere il punto di partenza per il potere discrezionale attribuito agli Stati membri» (32). Ciò che la Corte ha inteso dire è che, logicamente, il diritto dell’Unione deve stabilire sia limiti interni che limiti esterni alla nozione di «fondi comuni d’investimento», nell’ambito dei quali gli Stati membri sono liberi di scegliere la loro definizione di tale espressione. Pertanto, il potere discrezionale degli Stati membri nel determinare il contenuto della suddetta nozione è limitato. La Corte deduce tali limiti dalla formulazione (e dai successivi sviluppi legislativi) della disposizione, dallo scopo della stessa e dai principi generali che sottendono la direttiva, tra cui il principio di neutralità (33).

36.      In pratica, l’applicazione di tali limiti ha ridotto in modo considerevole il potere di definizione degli Stati membri. Tale evoluzione può essere criticata, ma la certezza del diritto, che è di fondamentale importanza in materia di trattamento dei prodotti finanziari ai fini dell’IVA, impone di rispettare la continuità della giurisprudenza della Corte.

b)      La formulazione della disposizione e la direttiva OICVM

37.      La formulazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva fornisce comparativamente poche indicazioni sul contenuto dell’espressione «fondi comuni d’investimento», specialmente quando si considerino i diversi termini utilizzati nelle varie lingue. Così, mentre la versione inglese della sesta direttiva parla di «special investment funds», la versione francese si esprime in termini di «fonds communs de placement», quella spagnola di «fondos communes de inversión» (34), quella tedesca di «Sondervermögen», e quella olandese di «gemeenschappelijke beleggingsfondsen».

38.      Tuttavia, sviluppi successivi hanno dato corpo a tale espressione. Nel 1985 la direttiva OICVM è entrata in vigore al fine di coordinare le normative nazionali disciplinanti gli organismi d’investimento collettivo. Il rapporto preciso tra tale direttiva e l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva non è immediatamente evidente. Come ha rilevato la Corte, le versioni spagnola, francese, italiana e portoghese dell’espressione usata dalla direttiva per designare gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari («OICVM») costituiti in forma contrattuale coincidono con l’espressione che appare nell’esenzione, ma lo stesso non vale per altre lingue come l’inglese, il tedesco e il danese (35).

39.      Di conseguenza, la Corte e i suoi avvocati generali si sono sforzati di definire il rapporto tra la direttiva OICVM e il suddetto articolo 13, parte B, lettera d), punto 6 (36). Tuttavia, nella sentenza Wheels la Corte ha statuito chiaramente che «i fondi che costituiscono organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari ai sensi della direttiva OICVM costituiscono fondi comuni d’investimento» (37). Essi costituiscono pertanto un contenuto minimo dell’espressione «fondi comuni d’investimento».

c)      Lo scopo dell’esenzione

40.      Come ha rilevato l’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa Abbey National, lo scopo dell’esenzione è quello di «incoraggiare l’investimento di capitali dei piccoli investitori in fondi d’investimento» (38). Tali fondi sono concepiti per mettere in comune il denaro di diversi investitori (39) al fine di consentire loro di ripartire il rischio su una serie di titoli. L’esenzione dall’IVA consente ai suddetti investitori di effettuare tali investimenti senza subire il costo aggiuntivo dell’IVA (40). La Corte ha confermato tale scopo (41).

41.      Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che l’esenzione riguarda i fondi comuni d’investimento «indipendentemente dalla loro forma giuridica» (42). Che tali fondi siano costituiti in forma contrattuale, in forma di trust o per legge è irrilevante ai fini del perseguimento dello scopo descritto. La Corte ha chiarito che una diversa interpretazione contravverrebbe al principio di neutralità fiscale, che vieta la differenza di trattamento tra operatori economici che effettuano le stesse operazioni (43).

42.      Analogamente, la Corte ha statuito che le modalità operative utilizzate dal fondo sono irrilevanti: che un fondo sia «di tipo aperto» (cioè a capitale variabile, e quindi tenuto a riacquistare le sue quote dagli investitori che intendono vendere) oppure «di tipo chiuso» (cioè a capitale fisso, le cui quote possono essere vendute soltanto in un mercato secondario) è irrilevante ai fini della classificazione del fondo rispetto all’esenzione dall’IVA prevista dall’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. Ancora una volta, tale conclusione può essere basata anche sul principio di neutralità fiscale (44).

d)      Il principio di neutralità fiscale

43.      Il principio di neutralità fiscale, secondo la Corte, «osta a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni siano trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA». Beni o servizi in concorrenza tra loro a causa della reciproca similarità non possono essere trattati diversamente ai fini dell’IVA (45).

44.      Il criterio del rapporto di concorrenza è un criterio delicato. L’avvocato generale Sharpston ha commentato i rischi di tale criterio nelle sue conclusioni nella citata causa Deutsche Bank, rilevando che vi è sempre un certo grado di sovrapposizione tra diverse attività, e che se tutte le attività «parzialmente in concorrenza tra loro dovessero godere dello stesso trattamento IVA (...) si finirebbe per eliminare tutte le differenze di trattamento IVA» (46).

45.      Il rischio individuato dall’avvocato generale Sharpston può essere eliminato applicando una corretta metodologia di confronto. In primo luogo, è necessario stabilire un termine di paragone che rientri nella nozione di «fondo comune d’investimento». Il fondo in esame sarà comparato soltanto con tale termine di paragone. Secondo quanto ho affermato poc’anzi, i fondi che costituiscono organismi d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM rientrano nella nozione di «fondo comune d’investimento» e possono quindi servire da termine di paragone (47).

46.      Se anche il fondo in esame debba essere ricompreso o meno nella nozione di «fondo comune d’investimento» dipende dal fatto che tale fondo e il termine di paragone siano sufficientemente comparabili da essere in concorrenza tra loro (48). I parametri dei fondi da comparare al fine di stabilire una sufficiente similarità perché vi sia concorrenza non sono scelti a caso. E la relativa analisi non è di tipo esclusivamente economico. Essa deve piuttosto basarsi sullo scopo dell’esenzione. I criteri pertinenti sono quindi, ad esempio, accertare se il fondo costituisca un metodo di ripartizione del rischio, se gli investitori beneficino dei profitti dell’investimento, ecc.

3.      Considerazioni sull’approccio della Corte

47.      Secondo la giurisprudenza della Corte, il potere discrezionale degli Stati membri nel definire l’espressione «fondi comuni d’investimento» è così limitato dallo scopo dell’esenzione, dalla direttiva OICVM e dal principio di neutralità. Un esame più approfondito consente forse di affermare che la Corte applica tali limiti (che si sovrappongono) (49) in maniera tale che essi costituiscono due criteri alternativi.

48.      Talvolta la Corte fa riferimento agli scopi dell’esenzione, desumendone ciò che costituisce una definizione dell’espressione «fondi comuni d’investimento», utilizzando il principio di neutralità per confermare il risultato (50). In altri casi la Corte ha ritenuto l’OICVM come il contenuto essenziale dei «fondi comuni d’investimento» e ha quindi applicato il principio di neutralità (51).

49.      Propongo di utilizzare (e affinare ulteriormente) il secondo di tali approcci. Pertanto, un fondo deve essere considerato come un «fondo pensione speciale» se rientra nella direttiva OICVM oppure se è sufficientemente comparabile a un OICVM da essere in concorrenza con quest’ultimo. Le caratteristiche pertinenti per la comparazione sono quelle inerenti agli scopi dell’esenzione analizzata, che consistono nel consentire a più investitori di mettere in comune i loro fondi ripartendo così il rischio su una serie di titoli.

D –    I fondi pensione professionali come fondi comuni d’investimento

50.      Dopo tali considerazioni procederò ora all’applicazione dei princìpi descritti al caso in esame. La questione che si pone nella presente causa è quella di determinare in quale misura i fondi pensione professionali debbano considerarsi fondi comuni d’investimento. Il diritto dell’Unione contiene alcune norme su tali fondi, ma non li armonizza (52). In base a quanto ho affermato poc’anzi, dovrò esaminare se i fondi di cui trattasi sono OICVM e, se non lo sono, in quale misura il principio di neutralità fiscale imponga di includerli nell’esenzione.

1.      La direttiva OICVM

51.      I fondi pensione professionali come quelli oggetto della presente causa non rientrano nella direttiva OICVM (53). Come ha osservato il Regno di Danimarca, le quote dei fondi oggetto della presente causa non possono essere riacquistate o rimborsate su richiesta dei titolari, come avviene per gli OICVM ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva OICVM.

2.      Il principio di neutralità fiscale

52.      In una seconda fase, occorre applicare il principio di neutralità fiscale. Tale principio richiede di accertare se i fondi in questione siano sufficientemente comparabili agli OICVM da essere in concorrenza con questi ultimi (54). Nella sentenza Wheels, la Corte ha dovuto compiere tale accertamento per altri tipi di fondi pensione professionali. Essa ha ritenuto che tali fondi non rientrassero nell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. Tali fondi mettevano in comune le attività di un regime di pensione di anzianità e non erano aperti al pubblico, ma si limitavano a concedere prestazioni legate al rapporto di lavoro. Significativamente, i suddetti fondi erano del tipo «a prestazioni definite», e cioè i partecipanti al regime non si assumevano il rischio derivante dalla gestione del fondo, poiché l’importo della loro pensione era fisso e quindi non dipendeva dal risultato dell’investimento. Secondo la Corte, il fondo non era un fondo comune d’investimento neanche dal punto di vista del datore di lavoro, poiché per quest’ultimo i contributi costituivano un mezzo per adempiere i suoi obblighi di legge. Nella causa PPG Holdings, l’avvocato generale Sharpston ha seguito tale ragionamento, individuando tre criteri pertinenti: se il regime mette in comune le attività di un regime di pensione di anzianità, se i partecipanti al regime pensionistico sopportano il rischio derivante dalla gestione del fondo, e se il datore di lavoro versa i contributi per adempiere i propri obblighi di legge nei confronti dei lavoratori (55).

53.      Senza mettere in discussione l’esito delle predette cause, propongo di affinare l’analisi in relazione alla fattispecie in esame. Nel diritto dell’Unione, alcuni criteri sono pertinenti e altri sono irrilevanti al fine di comparare fondi con gli OICVM per determinare se siano sufficientemente simili a questi ultimi da essere in concorrenza con essi. Spetta ai giudici nazionali esaminare i fatti pertinenti, applicare i suddetti criteri e decidere se il fondo pensione di cui trattasi debba essere considerato un «fondo comune d’investimento».

a)      Punto di vista della comparazione

54.      Prima di elencare i criteri pertinenti e non pertinenti, occorre evidenziare che i regimi pensionistici possono essere analizzati come strumenti di raccolta delle attività dei datori di lavoro o dei lavoratori. Quale dei due modelli si applichi dipende dal fatto che i beneficiari dell’investimento siano i datori di lavoro oppure i lavoratori. Secondo la descrizione effettuata dal giudice del rinvio, nel caso di specie i beneficiari del fondo sono i lavoratori.

b)      I criteri non pertinenti

55.      Posto che l’analisi della comparabilità dei fondi in esame con gli OICVM deve essere effettuata in vista dell’applicabilità dell’esenzione, un certo numero di elementi discussi nella presente causa non sono pertinenti ai fini della comparazione.

56.      Ciò, contrariamente a quanto asserito dal Regno di Danimarca, vale per quanto riguarda lo scopo dell’investimento. Che l’investitore risparmi per la pensione o per altri scopi non rileva ai fini del rapporto di concorrenza. Pertanto, il fatto che i fondi di cui trattasi siano fondi pensione non impedisce che gli stessi costituiscano «fondi comuni d’investimento». Di conseguenza, discostandomi dalla sentenza Wheels, credo si debba negare la pertinenza dell’obbligo giuridico del datore di lavoro rispetto al pagamento di prestazioni pensionistiche definite, trattandosi di uno «scopo» non pertinente dell’investimento.

57.      Il fatto che i fondi pensione professionali non siano oggetto di un accordo individuale, ma di un accordo collettivo, non è pertinente. In primo luogo, i rappresentanti dei lavoratori negoziano le caratteristiche dei fondi con i rappresentanti dei datori di lavoro. Benché un accordo collettivo possa significare che vi è una concorrenza economica molto ridotta tra i fondi e gli OICVM al di fuori dei contributi supplementari facoltativi versati dai lavoratori, ciò non è pertinente per lo scopo dell’esenzione. A tal riguardo, la Corte ha già deciso che l’esenzione si applica ai fondi indipendentemente dalla loro forma giuridica. In considerazione di ciò, la possibilità di effettuare versamenti supplementari o l’adesione volontaria di alcune persone ai fondi professionali sono ugualmente irrilevanti.

58.      La stessa conclusione vale per la questione se i contributi a un fondo siano deducibili dall’imposta sul reddito o meno. Un trattamento favorevole dei contributi ad alcuni fondi rispetto ad altri ai fini dell’imposta sul reddito potrebbe avere un’incidenza notevole sul rapporto di concorrenza economica, ma non rileva per quanto concerne gli scopi dell’esenzione e non deve pertanto essere preso in considerazione.

59.      Analogamente, le modalità dei pagamenti effettuati dal fondo pensione (rendita vitalizia o somma forfettaria) non rilevano ai fini della qualificazione del fondo, poiché sono possibili passaggi tra le varie opzioni mediante una semplice operazione finanziaria.

60.      Qualora i fondi pensione professionali includano un elemento di assicurazione e i due elementi non possano essere separati, come nel caso in esame, spetta ai giudici nazionali determinare quale sia l’elemento prevalente.

c)      I criteri pertinenti

61.      Come ho osservato in precedenza, i criteri pertinenti ai fini della comparazione devono essere desunti dallo scopo dell’esenzione, che è quello di consentire la messa in comune di fondi di diversi investitori, e di ripartire il rischio su una serie di titoli.

62.      In base a tale premessa, solo un numero limitato di elementi sono essenziali per comparare i fondi pensione professionali con gli OICVM ai fini della neutralità fiscale con riferimento all’esenzione in esame. In primo luogo, diversi beneficiari devono mettere in comune i propri fondi al fine di ripartire il rischio su una serie di titoli. Il fondo può essere considerato come una messa in comune dei fondi dei beneficiari solo se questi ultimi dispongono di un diritto incondizionato sul proprio investimento. Essi possono non essere in grado di realizzare tale diritto a loro discrezione (cioè vendere la propria quota) e possono ricevere la prestazione legata al loro investimento solo al momento del pensionamento. Tuttavia, quando l’investimento è perduto in caso di morte e non è acquisito dagli eredi del beneficiario è difficile parlare di messa in comune dei fondi dei beneficiari.

63.      Infine, i beneficiari devono assumersi sia il costo del fondo, sia i rischi dell’investimento, anche se i contributi possono essere versati dal loro datore di lavoro come parte della loro retribuzione. Ciò avviene generalmente per i regimi a contributi definiti, ma non per i regimi a prestazioni definite. Come ho già rilevato, l’applicazione di tali criteri spetta ai giudici nazionali.

64.      Concludo pertanto che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che l’espressione «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri» deve includere i fondi pensione professionali qualora tali fondi mettano in comune le attività di diversi beneficiari e consentano la ripartizione del rischio su una serie di titoli. Ciò avviene esclusivamente quando sono i beneficiari a sopportare il rischio dell’investimento. Il fatto che i contributi siano versati dai loro datori di lavoro per loro conto in base a un accordo collettivo concluso tra le organizzazioni che rappresentano i lavoratori e quelle che rappresentano i datori di lavoro, e che i pagamenti siano effettuati dal fondo solo al momento del pensionamento, non è pertinente, fintantoché il beneficiario disponga di una situazione giuridica sicura rispetto alle proprie attività. Spetta ai giudici nazionali accertare se un fondo soddisfi tali condizioni.

V –  Conclusione

65.      In base alle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione posta dall’Østre Landsret nel modo seguente:

L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che l’espressione «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri» deve includere i fondi pensione professionali qualora tali fondi mettano in comune le attività di diversi beneficiari e consentano la ripartizione del rischio su una serie di titoli. Ciò avviene esclusivamente quando sono i beneficiari a sopportare il rischio dell’investimento. Il fatto che i contributi siano versati dai loro datori di lavoro per loro conto in base a un accordo collettivo concluso tra le organizzazioni che rappresentano i lavoratori e quelle che rappresentano i datori di lavoro, e che i pagamenti siano effettuati dal fondo solo al momento del pensionamento, non è pertinente, fintantoché il beneficiario disponga di una situazione giuridica sicura rispetto alle proprie attività. Spetta ai giudici nazionali accertare se un fondo soddisfi tali condizioni.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata (in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 –      Sentenze del 4 maggio 2006, Abbey National (C-169/04, Racc. pag. I-4027); del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05, Racc. pag. I-5517; in prosieguo: la «sentenza JP Morgan»); del 19 luglio 2012, Deutsche Bank (C-44/11); del 7 marzo 2013, GfBk (C-275/11), nonché del 7 marzo 2013, Wheels Common Investment Fund Trustees e a. (C-424/11; in prosieguo: la «sentenza Wheels»); v. anche le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa PPG Holdings (sentenza del 18 luglio 2013, C-26/12).


4 –      Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), come modificata.


5 –      L’esenzione dall’IVA per le operazioni relative ai depositi di fondi o ai conti correnti è interpretata nell’istruzione amministrativa D.A.5.11.6. I fondi comuni d’investimento sono descritti nell’istruzione amministrativa D.A.5.11.9.2. La loro gestione è oggetto dell’istruzione amministrativa D.A.5.11.9.3.


6 –      Per una panoramica sui regimi pensionistici comuni, v. OCSE, Pensions at a Glance, 2005; aggiornato in OCSE, Pensions at a Glance, 2011.


7 –      Le persone non coperte in base alla loro situazione lavorativa, come ad esempio i commercianti indipendenti, i datori di lavoro e gli amministratori, possono scegliere di effettuare versamenti in un regime pensionistico professionale se quest’ultimo è stato oggetto di un accordo per i lavoratori dell’impresa in questione.


8 –      In pratica, questi rappresentano una parte notevolmente più ridotta dei fondi, come dichiarato dall’ATP in udienza.


9 –      I regimi pensionistici individuali seguono un modello in gran parte simile, ma sono gli stessi beneficiari a concludere un contratto per beneficiare di un tale regime e a pagare per esso.


10 –      Tali conti sono conti di pensione piuttosto che conti bancari distinti.


11 –      Sentenza del 5 giugno 1997 (C-2/95, Racc. pag. I-3017).


12 –      Sulle prime due questioni, v. la giurisprudenza citata alla nota 3. Sulla terza questione, v. sentenze SDC, cit.; del 26 giugno 2003, MKG-Kraftfahrzeuge-Factoring (C-305/01, Racc. pag. I-6729); ordinanza del 14 maggio 2008, Tiercé Ladbroke (C-231/07 e C-232/07); sentenze del 22 ottobre 2009, Swiss Re Germany Holding (C-242/08, Racc. pag. I-10099); del 28 ottobre 2010, Axa UK (C-175/09, Racc. pag. I-10701), e del 28 luglio 2011, Nordea Pankki Suomi (C-350/10, Racc. pag. I-7359), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Granton Advertising (C-461/12), pendente davanti alla Corte. Discuto del secondo problema nelle mie conclusioni nella citata causa GfBk.


13 –      Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston.


14 –      La Commissione stima che il numero di prodotti assicurativi e finanziari disponibili nel mercato superi i 5 000. Direzione generale Fiscalità e unione doganale, Harmonisation of Turnover Taxes, 5 marzo 2008, TAXUD/2414/08, pag. 3.


15 –      La differenza nel trattamento dei servizi finanziari ai fini dell’IVA risulta immediatamente evidente in una relazione redatta da PricewaterhouseCoopers per la Commissione europea: Study to Increase the Understanding of the Economic Effects of the VAT Exemption for Financial and Insurance Services, 2 novembre 2006. Per una panoramica sull’attuazione delle esenzioni nel diritto nazionale degli Stati membri v. l’allegato a IBFD, VAT Survey Financial Services, 2006. V. anche il commento di Wessels, J., Highlights & Insights on European Taxation, 2012, n. 4, pag. 62.


16 –      COM(2007) 747 def./2 del 20 febbraio 2008.


17 –      COM(2007) 746 def./2 del 20 febbraio 2008.


18 –      V. Direzione generale Fiscalità e Unione doganale, op. cit. alla nota 14.


19 – V. nota della Presidenza, Proposals for a Council Directive and Regulation as regards the VAT treatment of insurance and financial services, doc. 13577/10 FISC 92, del 16 settembre 2010, pag. 20. L’ATP ha citato tale documento a sostegno della propria tesi secondo cui i fondi pensione devono intendersi rientrare nella nozione di «fondi comuni d’investimento».


20 –      Dai documenti pubblicati emerge che il disaccordo permane anche sulla questione del trattamento dei fondi pensione. Nota del segretariato generale, Proposals for a Council Directive and Regulation as regards the VAT treatment of insurance and financial services, doc. 18650/11 FISC 170, del 14 dicembre 2011, pag. 5. L’esigenza di approvare la riforma è sottolineata da Dahm, J., e Hamacher, R., Vermögensverwaltung und Umsatzsteuer, UR 2012, 817.


21 –      In udienza il Regno di Danimarca ha dichiarato di trattare i fondi come quelli oggetto della causa come compagnie di assicurazione.


22 –      Lo Skatteministeriet ha ritenuto che questa sia una differenza importante tra i fondi pensione e i fondi comuni d’investimento.


23 –      Direttiva del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) (GU L 375, pag. 3), come modificata. La direttiva OICVM è stata sostituita dalla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302, pag. 32) il 1° luglio 2011.


24 –      La Commissione considera le caratteristiche a), b), c) e h) di cui alla prima questione come particolarmente pertinenti ai fini del confronto con i fondi comuni d’investimento.


25 –      Sentenze JP Morgan, cit., punto 19, Wheels, cit., punto 16, Abbey National, cit., punto 38; del 26 maggio 2005, Kingscrest Associates e Montecello (C-498/03, Racc. pag. I-4427, punto 22); del 3 marzo 2005, Fonden Marselisborg Lystbådehavn (C-428/02, Racc. pag. I-1527, punto 2), e del 12 settembre 2000, Commissione/Irlanda (C-358/97, Racc. p. I-6301, punto 51).


26 –      Sentenze JP Morgan, cit., punto 20; Abbey National, cit., punto 39; Wheels, cit., punto 16, e del 28 marzo 1996, Gemeente Emmen (C-468/93, Racc. pag. I-1721, punto 25).


27 –      Sentenze JP Morgan, cit., punto 21, e del 27 aprile 2006, Solleveld e van den Hout-van Eijnsbergen (C-443/04 e C-444/04, Racc. pag. I-3617, punto 29).


28 –      Sentenza JP Morgan, cit., punto 22; v. anche sentenze Gemeente Emmen, cit., punto 25, e del 12 gennaio 2006, Turn- und Sportunion Waldburg (C-246/04, Racc. pag. I-589, punto 31).


29 –      Sentenza Abbey National, cit., punto 60; sentenze del 1° dicembre 2005, Ygeia (C-394/04 e C-395/04, Racc. pag. I-10373, punto 15); del 6 novembre 2003, Dornier (C-45/01, Racc. pag. I-12911, punto 42), e del 15 giugno 1989, Stichting Uitvoering Financiële Acties (C-348/87, Racc. pag. 1737, punto 13).


30 –      Sentenza Abbey National, cit., punto 41.


31 –      Rossi, P., L’Avvocato generale della Corte UE – Chiarita la portata dell’esenzione Iva per le operazioni di gestione dei fondi comuni di investimento, Il fisco n. 38/2005, 14422.


32 –      Sentenza JP Morgan, cit., punto 41.


33 –      Sentenze JP Morgan, cit., punti 45 e 46, e Wheels, punto 18; v. anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa JP Morgan, paragrafi 15 e 17.


34 –      Analogamente, le versioni italiana e portoghese parlano rispettivamente di «fondi comuni d’investimento» e di «fundos comuns de investimento».


35 –      Sentenze JP Morgan, cit., punto 33, e Abbey National, cit., punto 55.


36 –      Sentenza Abbey National, cit., punti 55, 61, 64 e 65, e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella stessa causa, paragrafi 38, da 41 a 43, 50 e da 73 a 83; sentenza JP Morgan, cit., punti da 31 a 34, e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella stessa causa, paragrafi 32 e 33; sentenza Deutsche Bank, cit., punto 32, e conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella stessa causa, paragrafo 74.


37 –      Sentenza Wheels, cit., punto 23.


38 –      Paragrafo 68 delle conclusioni.


39 –      Il riferimento ai «piccoli» investitori, presente nella citata sentenza Abbey National, è stato omesso nella successiva sentenza JP Morgan, cit., punto 45, come rilevato dall’avvocato generale Sharpston nella nota 21 delle sue conclusioni nella citata causa Deutsche Bank.


40 –      Paragrafi da 27 a 29 delle conclusioni. La Corte si riferisce a quest’ultima considerazione anche sotto il profilo della «neutralità fiscale». Citate sentenze Abbey National, punto 62, e Wheels, punto 19.


41 –      Citate sentenze Abbey National, punto 62, JP Morgan, punto 45, e Deutsche Bank, punto 33. V. sentenza Wheels, cit., punto 23.


42 –      Sentenze Abbey National, cit., punto 53, e JP Morgan, cit., punto 26.


43 –      Sentenza Abbey National, cit., punto 56.


44 –      Sentenza JP Morgan, cit., punti da 28 a 30 e 35.


45 –      Sentenze Wheels, cit., punti 20 e 21, e JP Morgan, cit., punto 46; v. anche sentenze dell’8 giugno 2006, L.u.P. (C-106/05, Racc. pag. I-5123, punto 32); del 17 febbraio 2005, Linneweber e Akritidis (C-453/02 e C-462/02, Racc. pag. I-1131, punto 24); del 16 settembre 2004, Cimber Air (C-382/02, Racc. pag. I-8379, punto 24); del 23 ottobre 2003, Commissione/Germania (C-109/02, Racc. pag. I-12691, punto 20).


46 –      Paragrafo 60 delle conclusioni.


47 –      Sentenza Wheels, cit., punto 24.


48 –      Sentenza JP Morgan, cit., punti 50 e 51.


49 –      Jaster, E., e Murchner, I., Die umsatzsteuerliche Behandlung von Vermögensverwaltungsleistungen (Teil 2), UStB 2013, 54, osservano che i criteri sviluppati nella sentenza JP Morgan e quelli della direttiva OICVM sono simili.


50 –      Questa è la mia interpretazione delle citate sentenze Abbey National e JP Morgan.


51 –      La più chiara applicazione di tale approccio può essere rinvenuta nella sentenza Wheels, e la sua prima enunciazione può forse ravvisarsi nella sentenza Deutsche Bank.


52 –      Il 23 settembre 2003 è entrata in vigore la direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235, pag. 10).


53 –      Lo stesso valeva nel caso della sentenza Wheels, cit., punto 25. Si noti che la direttiva 2003/41 non si applica agli OICVM ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 2, lettera b).


54 –      Sentenza Wheels, cit., punti 24 e 26.


55 –      Conclusioni nella citata causa PPG Holdings, paragrafi 16 e 17.