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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 13 maggio 2015 (1)

Cause riunite C-72/14 e C-197/14

X

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch (Paesi Bassi)]

e

T.A. van Dijk

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad (Paesi Bassi)]

«Sicurezza sociale dei lavoratori migranti – Normativa applicabile – Regolamento (CEE) n. 1408/71 – Articoli 6 e 7 – Battellieri del Reno – Certificato E 101 – Reciproco riconoscimento – Articolo 267, terzo comma, TFUE – Dottrina dell’acte clair»





1.        Il procedimento pregiudiziale trova applicazione da oltre mezzo secolo eppure continua a ingenerare dubbi. Come evidenziato dalle fattispecie in esame, questioni attinenti al suddetto procedimento spesso si accompagnano alla questione sostanziale di diritto dell’Unione.

2.        La questione di merito al centro delle presenti cause riunite, che vertono sull’interpretazione del regolamento (CEE) n. 1048/71 (2), è essenzialmente la stessa: se gli «accordi del Reno» (3) siano applicabili nel procedimento principale in ragione del diritto dell’UE o indipendentemente da esso. La questione è stata sollevata a seguito del rifiuto delle autorità olandesi di riconoscere determinati certificati di sicurezza sociale (modelli E 101) emessi, forse erroneamente, dalle autorità lussemburghesi ai sensi del regolamento n. 1408/71. I giudici del rinvio non sono concordi sul fatto che le autorità olandesi possano agire in tal senso.

3.        Il Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch (Corte di appello di Hertogenbosch) decideva di chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla questione. La decisione in parola induceva lo Hoge Raad (Corte suprema) a fare lo stesso. Tuttavia, lo Hoge Raad ha tentato di conseguire un duplice risultato chiedendo alla Corte di esprimersi sulla portata dei suoi obblighi ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE. Nello specifico desidera sapere se il fatto che un giudice di grado inferiore nella sua area di competenza e con esso in disaccordo gli impedisca di sostenere che la risposta alla questione sollevata in un procedimento pendente dinanzi ad esso s’impone con tale evidenza da non dare adito a ragionevoli dubbi. La Corte è così chiamata, ancora una volta, a chiarire la sua famosa dottrina dell’acte clair.

4.        Nel merito, per le ragioni indicate in prosieguo, ritengo che i modelli E 101 emessi erroneamente in una fattispecie rientrante negli accordi del Reno non abbiano alcun effetto vincolante. Per quanto attiene alla questione procedurale poi, una diversità di opinioni tra un giudice di ultimo grado e uno di grado inferiore all’interno del medesimo Stato membro non dovrebbe, a mio avviso, escludere l’applicazione della dottrina dell’acte clair.

I –    Contesto normativo

5.        L’articolo 6 del regolamento n. 1408/71 «Convenzioni di sicurezza sociale cui il presente regolamento si sostituisce» dispone quanto segue:

«Nel quadro del campo di applicazione quanto alle persone e del campo di applicazione quanto alle materie del presente regolamento, quest’ultimo si sostituisce, fatte salve le disposizioni degli articoli 7, 8 e 46, paragrafo 4, [a] qualsiasi convenzione di sicurezza sociale che vincola:

a)      esclusivamente due o più Stati membri, oppure

b)      almeno due Stati membri e un altro Stato o diversi altri Stati, purché si tratti di casi per il cui regolamento non debba intervenire nessuna istituzione di uno di questi ultimi Stati».

6.        Fatto salvo l’articolo 6 del regolamento n. 1408/71, le disposizioni degli accordi del 27 luglio 1950 e del 30 novembre 1979 concernenti la sicurezza sociale dei battellieri del Reno devono tuttavia continuare a trovare applicazione a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento in parola «Disposizioni internazionali non pregiudicate dal presente regolamento».

II – Fatti, procedimenti e questioni pregiudiziali

7.        Nel 2006 e in parte del 2007, rispettivamente, i sig.ri X e van Dijk, cittadini dei Paesi Bassi e ivi residenti, lavoravano a bordo di navi impiegate per uso commerciale sul Reno (benché non esclusivamente su questo fiume).

8.        Nella causa C-72/14 concernente il sig. X, l’imbarcazione era registrata nei Paesi Bassi come nave da navigazione sul Reno con l’indicazione, quale proprietario, di una società con sede nei Paesi Bassi. Nella registrazione suddetta la voce «Operatore» inizialmente non era stata compilata. Nel 2006 le autorità lussemburghesi rilasciavano una licenza di esercizio alla AAAA, una società con sede in Lussemburgo alle cui dipendenze era impiegato il sig. X. Nel 2007 la suddetta società era indicata come operatore dell’imbarcazione nella registrazione olandese (4).

9.        Il sig. van Dijk lavorava dal 1° gennaio al 30 giugno 2007 per una compagnia navale con sede in Lussemburgo.

10.      In entrambi i casi la competente autorità lussemburghese rilasciava modelli E 101 indicanti che i sig.ri X e van Dijk erano soggetti, entrambi, alla normativa in materia di sicurezza sociale lussemburghese. I suddetti modelli però non venivano riconosciuti dalle autorità olandesi che – presumendo che si trattasse di battellieri del Reno - ritenevano che il sig. X e il sig. van Dijk fossero invece soggetti alla normativa in materia di sicurezza sociale olandese e dovessero versare i contributi previdenziali in tale paese. Le autorità fiscali olandesi emettevano a nome di entrambi avvisi di pagamento, che essi successivamente impugnavano.

11.      Nella causa C-72/14, il sig. X agiva dinanzi al Rechtbank Breda (tribunale di Breda) e proponeva in seguito appello contro la sentenza del giudice di primo grado dinanzi al Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch. Nutrendo dubbi circa l’interpretazione del regolamento n. 1407/71, il giudice ha deciso, in data 7 febbraio 2014, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Nella [sentenza FTS, C-202/97, EU:C:2000:75] la Corte di giustizia ha dichiarato che un certificato E 101, rilasciato dall’istituzione competente di uno Stato membro, vincola gli enti previdenziali degli altri Stati membri, anche nel caso in cui il suo contenuto sia inesatto. Se detta decisione valga anche per casi come quello in esame, in cui non sono applicabili le regole di attribuzione del [regolamento n. 1408/71].

2)      Se, ai fini della risposta a questa questione, sia rilevante che l’istituzione competente non intendeva rilasciare un certificato E 101, ma per motivi amministrativi abbia consapevolmente e volontariamente utilizzato documenti che, quanto a forma e contenuto, si presentavano come un certificato E 101, mentre l’interessato riteneva, e poteva ragionevolmente ritenere, di aver ottenuto un certificato E 101.

12.      Nella causa C-197/14, il sig. van Dijk ha inizialmente proposto un’azione dinanzi al Rechtbank te ‘s-Gravenhage (Tribunale di Gravenhage), seguita da un’impugnazione dinanzi al Gerechtshof te ‘s-Gravenhage (Corte d’appello di Gravenhage). Egli presentava poi ricorso in cassazione allo Hoge Raad avverso la sentenza del Gerechtshof, che era quindi oggetto di un controricorso da parte dello Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle finanze). Sulla scia della decisione di proporre rinvio pregiudiziale nella causa C-72/14, lo Hoge Raad ha deciso il 28 marzo 2014 di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1      Se lo Hoge Raad, quale giudice nazionale supremo, debba essere indotto da una questione pregiudiziale presentata da un giudice nazionale di grado inferiore a presentare una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia o debba attendere la risposta alla questione posta dal giudice inferiore, anche qualora ritenga che la corretta applicazione del diritto dell’Unione europea sul punto che deve giudicare sia tanto evidente da non dare adito ad alcun ragionevole dubbio su come detta questione debba essere risolta.

2.      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se le autorità olandesi nel settore della previdenza sociale siano vincolate da un certificato E 101, rilasciato da un’autorità di un altro Stato membro, anche nel caso di un battelliere del Reno, cosicché non trovano applicazione le regole sulla normativa applicabile, di cui al regolamento n. 1408/71, su cui verte detto certificato, in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, parte iniziale e lettera a), del medesimo.

13.      Nella causa C-72/14, hanno presentato osservazioni scritte il sig. X, il governo dei Paesi Bassi, il governo ceco e la Commissione. Nella causa C-197/14, hanno presentato osservazioni scritte il sig. van Dijk, i governi dei Paesi Bassi, tedesco e greco e la Commissione.

14.      La cause C-72/14 e C-197/14 venivano riunite il 24 febbraio 2014. Lo stesso giorno la Corte ha deciso, a norma dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura di non tenere un’udienza di discussione.

III – Analisi

A –    Osservazioni preliminari

15.      Le cause in esame sollevano due questioni del tutto distinte l’una dall’altra. La mia valutazione sarà quindi divisa in due parti. Mi occuperò anzitutto della questione sostanziale del reciproco riconoscimento e dell’effetto vincolante dei modelli E 101. Solo in seguito tornerò sulla prima questione posta dallo Hoge Raad vertente sulla portata della dottrina dell’acte clair.

16.      So che lo Hoge Raad ha sollevato la sua seconda questione, riguardante il reciproco riconoscimento dei modelli E 101, solo per l’ipotesi in cui la Corte risponda alla sua prima questione nel senso che lo Hoge Raad era tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE. Tuttavia, rispondere soltanto alla prima questione dello Hoge Raad non aiuterà il Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch nel dirimere la controversia pendente dinanzi ad esso e il suddetto giudice resta libero di sottoporre una questione pregiudiziale nonostante la giurisprudenza di un giudice superiore (5). Ritengo quindi necessario in ogni caso fornire una risposta alla questione sostanziale attinente alla sicurezza sociale.

B –    Prima questione: il reciproco riconoscimento dei modelli E 101

1.      Osservazioni preliminari

17.      Con la prima e la seconda questione nella causa C-72/14 e con la seconda questione nella causa C-197/14 – che esaminerò congiuntamente – i giudici del rinvio desiderano essenzialmente sapere se, presumendo che le autorità di uno Stato membro abbiano erroneamente emesso nei confronti di un assicurato un certificato E 101 indicante che la normativa in materia di sicurezza sociale del suddetto Stato membro è a lui applicabile, le autorità di un altro Stato membro siano tenute a riconoscere tale certificato anche se la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile all’assicurato in parola è coordinata da uno strumento di diritto internazionale elencato all’articolo 7 del regolamento n. 1408/71, nel caso di specie dagli accordi del Reno. La seconda questione nella causa C-72/14 suggerisce che la risposta potrebbe dipendere dal fatto che l’errata emissione di un certificato E 101 sia stata accidentale o voluta.

18.      I sig.ri X e van Dijk ritengono, come il governo ceco e la Commissione, che un certificato E 101 emesso da uno Stato membro in tali circostanze vincoli le autorità di un altro Stato membro. Solo il governo dei Paesi Bassi è di opinione diversa (i governi tedesco e greco non affrontano la suddetta prima questione).

19.      Come osservato nella mia introduzione, sembra che il nodo di questa prima questione riguardante la sicurezza sociale sia se la deroga ammessa ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 1408/71 «coordini» anche la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile agli assicurati rispetto a talune disposizioni internazionali. La Commissione ritiene, in particolare, che nel caso di specie sia così. Ciò porta la Commissione a concludere che poiché, a suo avviso, la questione ricade nell’ambito di applicazione del regolamento si applica anche il principio del reciproco riconoscimento.

20.      Dal canto mio, non condivido tale posizione.

21.      La possibilità di riconoscere i modelli E 101 dipende chiaramente dal fatto se essi potessero giuridicamente essere emessi, il che dipende - a sua volta - dall’applicabilità del regolamento n. 1408/71. Tuttavia, prima di avviarmi in questo excursus analitico, è importante chiarire che alla Corte non è stato richiesto di pronunciarsi al riguardo.

22.      In primis, la Corte non è stata chiamata a pronunciarsi su quale sia la normativa in materia di sicurezza sociale effettivamente applicabile ai sig.ri X e van Dijk – vale a dire a stabilire se a tali persone sia applicabile la legge lussemburghese oppure quella olandese. Ciò ha senso in quanto gli accordi del Reno (ove applicabili) e in particolare il loro articolo 11, paragrafo 2, non sono atti delle istituzioni dell’Unione che la Corte è competente a interpretare (6).

23.      In secondo luogo, per la stessa ragione e anche alla luce della giurisprudenza consolidata in base alla quale spetta ai giudici nazionali raccogliere e valutare tutti i fatti rilevanti e applicare loro la legge, la Corte non può indicare se i sig.ri X e van Dijk siano in realtà battellieri del Reno. La sua risposta dovrà quindi semplicemente fondarsi sulla presunzione che lo siano, presunzione che spetterà ai giudici del rinvio verificare (7).

24.      In quest’ottica, la risposta alla questione di diritto sostanziale in materia di sicurezza sociale consegue, a mio avviso, da una corretta lettura degli articoli 6 e 7 del regolamento n. 1408/71 unitamente alla giurisprudenza della Corte.

2.      Valutazione

a)      Applicabilità del regolamento n. 1408/71

25.      Per giurisprudenza consolidata, l’articolo 6 del regolamento n. 1408/71 si sostituisce, nel quadro del suo campo di applicazione quanto alle persone e del campo di applicazione quanto alle materie, e con talune eccezioni, a qualsiasi convenzione di sicurezza sociale che vincoli due o più Stati membri (o due o più Stati membri e uno o più Stati terzi nei confronti della situazione interna agli Stati membri). Tale sostituzione ha una portata tassativa e non ammette alcuna deroga salvo i casi ricordati dal regolamento (8).

26.      Qui, l’articolo 7 del regolamento n. 1408/71 completa talune delle eccezioni indicate supra. In particolare, l’articolo 7, paragrafo 2, stabilisce che, fermo restando l’articolo 6, taluni trattati (tra cui gli accordi del Reno) «rimangono applicabili». Vale la pena di osservare che la Corte ha ritenuto che quando una disposizione di un trattato internazionale soddisfa i requisiti dell’articolo 7, essa «rimane pienamente applicabile nonostante l’emanazione del regolamento n. 1408/71 e (…) continua a produrre i suoi effetti nei confronti di tutte le situazioni che riguarda (…)» (9).

27.      La Corte non ha precedentemente interpretato l’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1408/71. La giurisprudenza riguardante l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento e, nello specifico, l’effetto congiunto degli articoli 6 e 7, paragrafo 2, lettera c) (10) sugli accordi bilaterali conclusi dagli Stati membri (11) non sembra inoltre aver attribuito alcuna importanza al fatto che il regolamento n. 1408/71 stesso contiene talune «clausole sulla legge applicabile»; tale questione sembra semplicemente non essere stata oggetto di contenzioso. Due sentenze appaiono tuttavia qui di qualche interesse.

28.      Nella sentenza Grana-Novoa (12), la Corte ha ritenuto che le convenzioni internazionali in campo previdenziale concluse da un solo Stato membro e uno o più Stati terzi non ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71. Ora, sarebbe errato leggere la sentenza nel senso che essa significa, a contrario, che le convenzioni concluse da almeno due Stati membri (e, possibilmente, uno o più Stati non membri nella misura in cui riguardano i rapporti tra Stati membri) ricadono sempre nel suo ambito di applicazione. Nella suddetta sentenza infatti la Corte ha avuto cura di specificare che il regolamento «contiene espressamente alcune riserve circa la sua applicazione alle convenzioni stipulate tra due o più Stati membri» (13). Nel caso in cui operi una tale riserva ho difficoltà a vedere una qualche differenza tra i suddetti tipi di convenzioni.

29.      Inoltre, la sentenza Callemeyn (14) riguardava una situazione particolare che implicava segnatamente l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1408/71. La disposizione in parola stabilisce che il regolamento non pregiudica gli obblighi derivanti dagli accordi provvisori europei dell’11 dicembre 1953 concernenti la sicurezza sociale, conclusi tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa. Posto che detto stesso accordo multilaterale permetteva delle deroghe nel caso in cui ciò fosse stato più favorevole per l’avente diritto, la Corte ha ritenuto che l’applicazione del regolamento n. 1408/71 non fosse contraria all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), nella misura in cui era così (15). Erano quindi più gli accordi provvisori europei concernenti la sicurezza sociale a determinare l’applicazione del regolamento che viceversa.

30.      A supporto di tale posizione, la Commissione cita tuttavia la sentenza Torrekens (16) dove la Corte ha stabilito che il predecessore del regolamento n. 1408/71, ossia il regolamento n. 3 (17) «rimane applicabile nei limiti in cui tali convenzioni non ostano alla sua applicazione». La Commissione ne deduce che la Corte avrebbe presumibilmente confermato un principio di applicazione congiunta delle disposizioni del regolamento n. 1408/71 con quelle dei trattati internazionali applicabili.

31.      Tuttavia, anche presumendo che il ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza Torrekens — che riguardava una disposizione certamente simile del regolamento n. 3 — debba essere esteso agli articoli 6 e 7 del regolamento n. 1408/71, dubito che ciò dovrebbe avere gli effetti suggeriti dalla Commissione. Se un certificato E 101 emesso in base al regolamento n. 1408/71 indica una normativa diversa da quella applicabile secondo gli accordi del Reno, questi ultimi dovrebbero sicuramente ostare a un’applicazione del suddetto regolamento. Al contrario, non riesco a vedere come potrebbe compromettere l’effet utile del regolamento n. 1408/71 il fatto che gli Stati membri possano non riconoscere i modelli E 101 emanati in situazioni disciplinate da una particolare convenzione in materia di sicurezza sociale che non è interessata dal regolamento in parola.

32.      Non mi convince neppure l’argomento della Commissione secondo cui gli accordi del Reno continuerebbero a trovare applicazione solo in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1408/71. Benché ciò sia indubbiamente corretto da un punto di vista formale, metaforicamente parlando è come entrare dalla porta solo per uscire immediatamente dalla finestra. A mio avviso, ciò ha a che fare più che altro con la tecnica normativa e non dovrebbe avere comunque un peso decisivo.

33.      Per dimostrare quest’ultimo aspetto, può essere utile un esempio. Si consideri che, nell’ambito di un procedimento in materia di commercio internazionale, una convenzione sulla legge applicabile, come la convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (18), è diretta a stabilire la normativa applicabile e ciò non significa che una volta che è stata individuata la normativa nazionale applicabile i principi generali di diritto internazionale continuano ad applicarsi alla definizione sostanziale della controversia sottostante. Per continuare con tale esempio – solo usando questa volta il regolamento n. 593/2008 (19) – la stessa logica impone che, una volta che sia stata individuata la legge nazionale indicata da tale regolamento, ciò non comporti di per sé la conseguente applicazione dei principi generali del diritto dell’Unione nella controversia sottostante. Il fatto che la scelta della legge applicabile sia disciplinata da un regolamento è quindi in realtà irrilevante.

34.      Da ultimo, l’interpretazione da me proposta risulta suffragata da un confronto con il regime introdotto dal regolamento n. 883/2004 (20) (benché il regolamento in parola non sia applicabile ratione temporis). L’articolo 8 del suddetto regolamento («Relazioni fra il presente regolamento e altri strumenti di coordinamento») ha unificato gli articoli 6 e 7 del regolamento n. 1408/71, tuttavia con una grande differenza: le convenzioni multilaterali elencate nell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, lettere a) e b), del regolamento n. 1408/71 non sono più presenti. L’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 («Eccezioni agli articoli da 11 a 15») stabilisce invece che due o più Stati membri, le autorità competenti di detti Stati membri o gli organismi designati da tali autorità possono prevedere di comune accordo, nell’interesse di talune persone o categorie di persone, eccezioni agli articoli da 11 a 15. Come rileva la Commissione nelle sue osservazioni, gli Stati membri che sono anche parti contraenti degli accordi del Reno hanno stipulato un siffatto accordo (21). L’evoluzione legislativa suddetta indica che da qui in avanti, il coordinamento operato dagli accordi del Reno potrebbe ricadere nell’ambito di applicazione del titolo II del regolamento n. 883/2004 («Determinazione della legislazione applicabile»).

35.      Tuttavia, la Commissione osserva che l’esito in base al regolamento n. 883/2004 sarebbe stato lo stesso che in passato nella vigenza del regolamento n. 1408/71. Benché ci si possa legittimamente chiedere se il regolamento n. 883/2004 mantenga lo status quo o modifichi il precedente regime su tale punto, ritengo indicativo che i suddetti Stati membri non abbiano precedentemente fatto ricorso all’articolo 17 del regolamento n. 1408/71, formulato in termini pressoché identici all’articolo 16 del regolamento n. 883/2004. Ciò detto, ove la Corte dovesse ritenere che il regime istituito dal regolamento n. 883/2004 conferma semplicemente lo status quo, le cause in esame dovrebbero, alla luce delle argomentazioni esposte di seguito, essere trattate nello stesso modo di quelle rientranti nell’ambito di applicazione del titolo II del regolamento n. 1408/71 (22). Ciò comporterebbe l’applicazione dei principi tratti dalla sentenza FTS (23) e le questioni sottoposte (come riformulate) dovrebbero in tali circostanze trovare risposta affermativa.

36.      Tuttavia, continuo a ritenere in via principale che, presumendo che i sig.ri X e van Dijk siano battellieri del Reno, essi non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71.

b)      Conseguenze per i modelli E 101

37.      La posizione da me assunta in merito all’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 mi porta a suggerire di rispondere ai giudici del rinvio nel senso che i modelli E 101 emessi dalle autorità lussemburghesi e indicanti la normativa lussemburghese in materia di sicurezza sociale come applicabile ai sig.ri X e van Dijk sono privi di effetti giuridici.

38.      La nostra Unione si fonda infatti sullo Stato di diritto. Il principio di attribuzione delle competenze che costituisce parte della struttura costituzionale dell’Unione europea è di enorme importanza. Quando un’istituzione o un’agenzia dell’Unione è giuridicamente incompetente, qualsiasi «atto» da essa adottato in tale ambito è privo di effetti vincolanti. Lo stesso vale quando sono le autorità degli Stati membri ad essere responsabili di garantire l’amministrazione pratica della politica dell’UE e quando tali autorità adottano misure sulla base delle disposizioni dell’Unione. Questo è qui il caso, dato che i modelli di cui trattasi sono stati emessi dalle competenti autorità lussemburghesi ai sensi dei regolamenti n. 1408/71 e n. 574/72 (24) al fine di individuare la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile.

39.      Per la stessa ragione, e in risposta alla seconda questione di cui alla causa C-72/14, non ritengo assuma un qualche rilievo il fatto che l’autorità che ha emesso il certificato E 101 lo abbia fatto per ragioni di praticità o per altri motivi.

40.      Concordo quindi con il governo dei Paesi Bassi che i modelli E 101 emessi nelle circostanze delle cause in esame non hanno effetto vincolante. La sentenza pronunciata nella causa FTS (25), che verteva anch’essa sul mancato riconoscimento - da parte di un’autorità competente di uno Stato membro – di un certificato E 101 emesso dalle autorità di un altro Stato membro, non inficia tale conclusione. Nel suddetto caso, il disaccordo era circoscritto all’individuazione della disposizione del titolo II del regolamento n. 1408/71 indicante correttamente la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile ai lavoratori interessati – vale a dire, all’interno del coordinamento fornito dal regolamento.

41.      Su tale base, propongo alla Corte di rispondere alla prima e alla seconda questione nella causa C-72/14 e alla seconda questione nella causa C-197/14 nel senso che, qualora le autorità di uno Stato membro abbiano rilasciato a un assicurato un certificato E 101 indicante, quale normativa in materia di sicurezza sociale a lui applicabile, quella del suddetto Stato membro ma la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile debba piuttosto essere coordinata dagli accordi del Reno – aspetto questo che spetta ai giudici del rinvio verificare – l’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1408/71 deve essere interpretato nel senso che non richiede alle autorità di un altro Stato membro di riconoscere il suddetto certificato.

c)      Riflessioni sussidiarie

42.      Ove la Corte non concordi con me quanto all’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71, si rendono necessarie talune osservazioni aggiuntive.

43.      Anche se gli articoli 6 e 7 del regolamento n. 1408/71 dovessero essere interpretati nel senso che il primato (o l’applicabilità) degli accordi del Reno deriva dal regolamento stesso e, di conseguenza, che anche il regolamento in parola è esso stesso applicabile, rimane aperta la questione di cosa ciò comporti in concreto. L’articolo 7 prevede infatti che gli accordi del Reno rimangano applicabili. Da questo punto di vista, è dubbio che il principio del reciproco riconoscimento del certificato E 101, come indicato nella sentenza FTS (26), incida su tale conclusione.

44.      Per essere certi, non si può ritenere che un certificato erroneamente emesso in base al titolo II del regolamento n. 1408/71 debba essere riconosciuto automaticamente se la materia è adeguatamente disciplinata dal titolo I del regolamento («Disposizioni generali»). La giurisprudenza nella scia della sentenza FTS non si è occupata di una tale situazione (27). Quello che la Corte ha chiarito è il carattere sussidiario del titolo II del regolamento n. 1408/71 (28). È vero che un certificato E 101, creando una presunzione di verità di quanto ivi affermato, è vincolante per l’ente competente dello Stato membro ospitante (29). Tuttavia, la Corte ha anche indicato che la presunzione collegata a una dichiarazione certificata dall’istituzione competente di uno Stato membro non si estende necessariamente al di fuori dell’ambito di applicazione del titolo II del regolamento (benché, è vero, un certificato E 101 non è usato di norma per tali fini) (30).

45.      Nelle cause in esame, le competenti autorità lussemburghesi hanno emesso dei modelli E 101 indicanti, quale normativa in materia di sicurezza sociale applicabile ai sig.ri X and van Dijk, quella lussemburghese. Le autorità competenti olandesi non concordano. La Commissione afferma che, in base alle informazioni a sua disposizione, le parti contraenti agli accordi del Reno, emettono, per ragioni di praticità, modelli E 101 indicanti la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile in quanto non esistono modelli a tal fine (31). Tuttavia, posto che la Corte deve fornire la sua risposta sulla base della presunzione che entrambi gli uomini siano battellieri del Reno — aspetto questo che la Commissione non contesta — e che essa non ha alcuna competenza a dirimere le controversie tra le parti contraenti vertenti sulla corretta interpretazione degli accordi del Reno (v. supra, paragrafi 22 e 23), si può ritenere, ai fini dei presenti procedimenti, che il titolo II del regolamento n. 1408/71 non trovi applicazione. Non dovrebbe quindi essere riconosciuto ai certificati lussemburghesi peso maggiore rispetto ad un altro certificato emesso dalla competente istituzione di uno Stato membro rispetto a una materia che non ricade nel titolo II del regolamento. La possibilità che una tale dichiarazione assuma, per ragioni di praticità, la forma di un certificato E 101 non dovrebbe mettere in ombra tale aspetto.

46.      Ribadisco quindi la risposta da me proposta al paragrafo 41 anche nell’ipotesi in cui la Corte ritenga che la questione ricada nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71.

C –    Seconda questione: i limiti alla dottrina dell’acte clair

1.      Osservazioni preliminari

47.      La prima questione posta nell’ambito della causa C-197/14 solleva problematiche importanti in merito alla dottrina dell’acte clair. Visto l’ampio numero di scritti in materia, la dottrina in parola non necessita di ulteriore introduzione. Alla Corte è stato qui richiesto di pronunciarsi in particolare sul requisito secondo cui «il giudice nazionale deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte di giustizia» (32). La questione principale sollevata dallo Hoge Raad è se al giudice di ultimo grado sia precluso il ricorso alla dottrina dell’acte clair nel caso in cui un giudice di grado inferiore dello stesso Stato membro abbia sottoposto alla Corte una questione identica o simile vertente sul diritto dell’Unione.

48.      Lo Hoge Raad teme che una risposta affermativa alla prima questione nella causa C-197/14 comporterebbe che il giudice di ultimo grado di uno Stato membro che intende revocare la decisione di un giudice di grado inferiore in quanto interpreta in modo diverso il diritto dell’UE rispetto a tale giudice sia in ogni caso anche vincolato a chiedere prima il parere della Corte su tale punto.

49.      Il sig. van Dijk afferma che i requisiti della dottrina dell’acte clair non sono soddisfatti nel procedimento principale. Tuttavia, a suo avviso, è sufficiente che il giudice di ultimo grado attenda la decisione della Corte sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice di grado inferiore. Il governo greco e la Commissione condividono essenzialmente tale posizione.

50.      Il governo dei Paesi Bassi sostiene che il solo fatto che un tribunale o un giudice di uno Stato membro possa aver chiesto chiarimenti alla Corte non significa automaticamente che sussiste un «ragionevole dubbio» ai sensi della giurisprudenza. Il governo tedesco, essenzialmente della stessa opinione, osserva inoltre che occorre tener conto della qualità dell’approccio interpretativo adottato da un giudice di grado inferiore e che sarebbe inaccettabile che una posizione manifestamente scorretta di un tale giudice potesse paralizzare l’efficienza procedurale ottenuta grazie alla dottrina dell’acte clair.

51.      Ricordo, fin da subito, che l’obiettivo specifico dell’articolo 267, terzo comma, TFUE è quello di evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme di diritto dell’Unione (33). Ciò si riflette nella formulazione dell’articolo 267, terzo comma, TFUE che, letteralmente, lascia poco spazio di manovra in capo ai giudici nazionali di ultimo grado.

52.      Tuttavia, la sentenza Cilfit e a. (34) ha riconosciuto ai giudici nazionali di ultimo grado – quali massime istanze giudiziarie responsabili dell’applicazione decentrata del diritto dell’UE (35) – la possibilità, in determinate circostanze, di assumersi in proprio la responsabilità di pronunciarsi su aspetti del diritto dell’UE.

53.      Prima facie, le condizioni che accompagnano la dottrina dell’acte clair richiedono risolutezza. Il requisito principale, ossia che «la corretta applicazione del diritto dell’Unione s’impon[ga] con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi in merito alla decisione sulla questione posta» non è formulata in maniera approssimativa. Inoltre, il requisito in parola è doppiamente qualificato. In primo luogo, il giudice nazionale di ultimo grado «deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte di giustizia». In secondo luogo, occorre tener conto delle caratteristiche del diritto dell’Unione (36). Ciò ha portato un commentatore, poco dopo la nascita della dottrina dell’acte clair, a sostenere che essa fosse «straordinariamente ristretta», una «mossa tattica» e uno strumento per «valorizzare e accrescere il controllo [della Corte]» (37).

54.      Anche in seno alla Corte i termini in cui era formulata la sentenza Cilfit e a. (38) sono stati descritti come «sfumati» (39). Critiche ancora maggiori sono state sollevate anche rispetto all’obbligo in quanto tale di rivolgersi alla Corte che inquadra la dottrina dell’acte clair e alla luce del quale tale dottrina dovrebbe essere compresa. È famoso ad esempio il caso dell’avvocato generale Jacobs che, in una causa vertente sulla questione se determinati indumenti femminili dovessero essere classificati a fini doganali come pigiami, ha suggerito di rivedere radicalmente il suddetto obbligo con un maggiore ricorso da parte della Corte all’autolimitazione (40). L’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer è andato talmente oltre da equiparare l’obbligo di rinvio pregiudiziale al mito di Sisifo (41). Al contrario, pur riconoscendo che i criteri dell’acte clair non sono infallibili, l’avvocato generale Tizzano invocava il mantenimento della dottrina così com’è (42).

55.      In un’ottica più ampia, molti dubbi circa l’infelice obbligo di rinvio pregiudiziale sono fortunatamente stati rimossi con il tempo. Per procedere in ordine cronologico, già ben prima della sentenza Cilfit e a. (43) la Corte è stata solerte nel chiarire che l’articolo 267, terzo comma, TFUE ha i suoi limiti. Nella sentenza Da Costa e a., facendo riferimento in particolare a situazioni «materialmente identic[he] ad altr[e] question[i] sull[e] qual[i] la Corte si sia già pronunciata in via pregiudiziale con riguardo ad analoga fattispecie», la Corte ha ritenuto che l’autorità della sua pronuncia può «far cadere la causa di tale obbligo [di deferire] e così renderlo senza contenuto» (44), riconoscendo così il valore legale del precedente. Non si tratta comunque dell’unica sentenza anteriore alla Cilfit e a. a incarnare una lettura ragionevole del suddetto obbligo (45).

56.      Inoltre, come tutti sappiamo, quando l’avvocato generale Capotorti, qualche anno più tardi, ha ammonito la Corte dall’affievolire l’obbligo di rinvio pregiudiziale riconoscendo, dal punto di vista del diritto dell’Unione, una dottrina dell’acte clair (46), la Corte si è discostata.

57.      Anche un ultimo caso (47) testimonia il fatto che l’obbligo di rinvio pregiudiziale è stato temperato – taluni dicono eroso – lentamente ma inesorabilmente nel tempo. Nella sentenza Intermodal Transports, la Corte ha confermato che il fatto che le autorità amministrative possono avere una posizione diversa rispetto all’approccio corretto da adottare in un caso pendente dinanzi a un giudice di ultimo grado non esclude la possibilità di richiamarsi alla dottrina dell’acte clair (48).

58.      Tuttavia, la Corte non è stata certamente altrettanto flessibile quando si è trattato di verificare la validità degli atti adottati dalle istituzioni dell’UE. Nonostante la posizione rigida assunta dal suo avvocato generale nella causa Gaston Schul, la Corte ha affermato che le ragioni che possono esonerare un giudice nazionale di ultimo grado dai suoi obblighi ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE non si estendono alle questioni attinenti alla validità degli atti dell’UE (49). E ciò anche se, in una causa precedente, la Corte aveva dichiarato invalide disposizioni analoghe di una parte simile della normativa dell’UE.

59.      Chiarito quindi il contesto di riferimento, vengo ora ad esaminare la questione sollevata dinanzi alla Corte dallo Hoge Raad.

2.      Valutazione

a)      Sull’eventuale esclusione dell’acte clair quando un giudice di grado inferiore nello stesso Stato membro abbia chiesto alla Corte di pronunciarsi su una questione simile

60.      Data la ritaratura intervenuta nel tempo dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, come ricordata sopra, mi chiedo se non sarebbe appropriato, a questo punto, per la Corte fare chiarezza, per così dire, sulla dottrina dell’acte clair.

61.      Personalmente sono persuaso che a un giudice nazionale di ultimo grado non è impedito di rifarsi alla dottrina dell’acte clair solo per il fatto che un giudice di grado inferiore del medesimo Stato membro ha sottoposto alla Corte una questione attinente a una problematica identica o simile. Tre premesse di base ne spiegano le ragioni.

62.      In primo luogo, da un punto di vista strutturale, la situazione è radicalmente cambiata da quando è stata pronunciata la sentenza Cilfit e a. Nel 1982 la Comunità economica europea si componeva di 10 Stati membri con 7 lingue di lavoro ufficiali. Nel 2015, l’UE rappresenta però un’unione più sofisticata con oltre 28 sistemi giuridici, 24 lingue di lavoro ufficiali, ambiti di competenza molto più ampi e, evidente novità introdotta con il Trattato di Lisbona, una maggiore attenzione al ruolo dei giudici (supremi) nazionali ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, TUE. Se si volesse aderire a una rigida interpretazione della giurisprudenza, incontrare un «vero» caso di acte clair sarebbe probabile, nella migliore delle ipotesi, quanto l’incontro con un unicorno.

63.      In secondo luogo, anche il sistema di controlli e bilanciamenti riferito all’articolo 267, terzo comma, TFUE si è evoluto. La Commissione riconosce un obbligo di vigilare sull’uso da parte dei giudici nazionali di ultimo grado della dottrina dell’acte clair (50). La sentenza Cilfit e a. è stata inoltre pronunciata quasi un decennio prima della sentenza nella causa Francovich e a. (51). La sentenza Köbler (52) sarebbe stata pronunciata oltre 20 anni dopo. Oggi, la Corte (53) – e la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte eur. D.U.») (54) – sono regolarmente investite di procedimenti vertenti sull’asserito mancato rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE.

64.      In terzo luogo, la verità è semplicemente che i giudici nazionali di ultimo grado non escludono, nella prassi, di avere accesso (esplicitamente o implicitamente) alla dottrina dell’acte clair neppure quando la decisione impugnata – o una minoranza del collegio giudicante – si esprime in senso diverso (55). Alla luce di quanto precede, ritengo non sia saggio per la Corte difendere le più rigide tra le interpretazioni dell’ambito di applicazione delle condizioni previste per tale dottrina. Farlo si porrebbe in contrasto sia con la realtà dei fatti che con lo spirito di cooperazione che caratterizza il rapporto tra la Corte di giustizia e i giudici (supremi) nazionali.

65.      Per ritornare alla questione in esame, la Corte non è stata chiamata a chiarire la nozione di «dubbio» (né tanto meno di «ragionevole dubbio») o di «evidenza». Dal tenore della decisione di rinvio nella causa C-197/14 è chiaro che lo Hoge Raad non nutre alcun dubbio quanto all’approccio da adottare nel procedimento dinanzi ad esso pendente (56). Alla Corte è stato semplicemente chiesto di chiarire se il fatto che un giudice di grado inferiore manifesta dubbi significhi effettivamente che un giudice di ultimo grado, deve anch’esso di conseguenza nutrirli. Le esitazioni del giudice di grado inferiore comporterebbero quantomeno che il giudice di ultimo grado non potrebbe più assumersi la responsabilità di dirimere, esso stesso, una questione di diritto dell’Unione.

66.      Tuttavia, come affermato dall’avvocato generale Stix-Hackl in passato, l’evidenza di un’interpretazione corretta non viene generalmente contraddetta dal fatto che esistano evidentemente due opzioni interpretative (57).

67.      L’espressione «il giudice nazionale deve maturare il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte di giustizia» dovrebbe essere collocata, per quanto mi è dato comprendere, nella stessa luce degli altri fattori qualificanti elencati dalla Corte nella sentenza Cilfit e a. (v. paragrafo 53 supra). Il requisito in parola non potrebbe quindi essere inteso in termini assoluti. Esso dovrebbe essere piuttosto compreso nel senso che i giudici di ultimo grado chiamati a pronunciarsi sulla questione devono essere convinti, nella loro mente, che altri giudici concorderebbero con loro. A mio avviso, le circostanze menzionate nei punti da 16 a 20 della sentenza Cilfit e a. costituiscono un «kit di strumenti» per stabilire se sussistano o meno ragionevoli dubbi. Essi dovrebbero essere visti come dei segnali di avvertimento e non come criteri rigorosi e, a leggerli correttamente, non corrispondono che al senso comune (58). Diversamente da altri commentatori (59), non mi è possibile ritenere pertanto che la sentenza Cilfit e a. affermi che il ragionevole dubbio può essere misurato oggettivamente limitandosi a sottolineare le differenze di opinioni interpretative tra i membri della magistratura. La sentenza Cilfit e a. riguardava infatti una situazione in cui un giudice nazionale di ultimo grado aveva chiesto alla Corte se fosse immaginabile che non vi fosse un obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte in relazione a una questione irrisolta di diritto dell’Unione. Avendo risposto alla questione, in linea di principio, in senso affermativo, la Corte ha tentato di tracciare le relative condizioni in modo da evitare l’insorgere di divergenze giurisprudenziali. D’altro canto, la sentenza Cilfit e a. non si pronuncia sulle conclusioni da trarre ove una tale divergenza effettivamente insorga, come nell’ambito delle cause esaminate.

68.      In questo senso, mi sembra meno importante se un eventuale disaccordo possa provenire da un giudice di un altro Stato membro o da un giudice del medesimo Stato membro. Dopotutto, la Corte ha sottolineato il «rischio di divergenze di giurisprudenza all’interno della Comunità», (60) che – visto il particolare obiettivo dell’articolo 267, terzo comma, TFUE di evitare che in un qualsiasi Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme di diritto dell’Unione – comprenderebbe a priori, una situazione circoscritta a livello nazionale. Una posizione diversa avrebbe infatti poco senso rispetto agli Stati membri nelle cui parti costituenti vigono sistemi giuridici diversi, come nel caso del Regno Unito. Inoltre, benché evidentemente non siano trattati allo stesso modo nel contesto dell’articolo 267 TFUE, sembra auspicabile adottare un approccio coerente al rapporto tra giudici nazionali di grado inferiore e giudici di ultimo grado: se un giudice di grado inferiore non è vincolato alla pronuncia di un giudice nazionale di ultimo grado che reputa incompatibile con il diritto dell’Unione (61), perché quest’ultimo dovrebbe essere vincolato da un’opinione diversa espressa da un giudice di grado inferiore?

69.      La mia posizione si riduce essenzialmente a questo: se un giudice nazionale di ultimo grado è sufficientemente certo della sua interpretazione da assumersi la responsabilità (ed eventualmente anche la colpa) di definire una questione attinente al diritto dell’Unione senza l’aiuto della Corte, questi dovrebbe essere legalmente legittimato a farlo. In una tale situazione esiste però un problema: la prospettiva che possano essere adottate azioni legali nei confronti dello Stato membro del giudice di ultimo grado per il mancato rinvio pregiudiziale e/o per la scorretta applicazione del diritto dell’Unione. Si tratta di un rischio che il giudice deve assumersi da solo (62).

b)      Sull’esistenza di un obbligo di attendere l’esito della domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal giudice di grado inferiore

70.      Ora, benché io non ritenga che il dubbio manifestato da un giudice di grado inferiore all’interno dello stesso Stato membro escluda la prospettiva di un acte clair, la prima questione dello Hoge Raad, per come è strutturata, menziona la possibilità che esso stesso sia chiamato a proporre una questione pregiudiziale alla Corte o che sia tenuto ad attendere l’esito di una serie indipendente di procedimenti pregiudiziali avviati già da un giudice di grado inferiore e vertenti – presumo – essenzialmente sulla medesima questione di diritto dell’Unione.

71.      Una situazione siffatta presenta talune peculiarità. Ovviamente, il giudice di ultimo grado può continuare a ritenere che, malgrado la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice di grado inferiore, non sussista un ragionevole dubbio quanto all’approccio corretto e non sia necessario attendere pazientemente la decisione della Corte sul punto, che potrebbe richiedere un considerevole lasso di tempo. Posso comprendere una tale posizione.

72.      Resta poi aperta la questione se, in tali casi, il dovere dei giudici nazionali di ultimo grado di agire in leale cooperazione con la Corte di giustizia sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, possa tuttavia imporre al giudice di ultimo grado di attendere la decisione della Corte. Pur trattandosi di un raro caso in cui un’applicazione attenta della dottrina dell’acte clair dovrebbe essere vista in modo diverso dal Lussemburgo, tale rischio non può essere infatti escluso completamente.

73.      Il dovere di leale cooperazione non fornisce tuttavia una base giuridica chiara da cui si possa desumere un siffatto obbligo di attendere l’esito del procedimento dinanzi alla Corte. Dopo tutto, la questione sollevata dal giudice di grado inferiore potrebbe, ad esempio, essere manifestamente esclusa dall’ambito di competenza della Corte o essere dichiarata manifestamente inammissibile, in quanto, ad esempio, priva dei requisiti minimi posti dal regolamento di procedura. La questione potrebbe anche essere definita consensualmente durante il procedimento dinanzi alla Corte. Chiedere al giudice di ultimo grado di sospendere il procedimento rischierebbe quindi evidentemente di compromettere l’efficienza procedurale oltre che di rallentare l’amministrazione della giustizia. Ciò detto, però, alla luce della sentenza Köbler, non escluderei la possibilità che talvolta possa essere più saggio attendere la sentenza della Corte.

IV – Conclusione

74.      Alla luce delle considerazioni suesposte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch e dallo Hoge Raad (Paesi Bassi) nei seguenti termini:

–        Nel caso in cui le autorità di uno Stato membro abbiano rilasciato a un assicurato un certificato E 101 indicante, quale normativa in materia di sicurezza sociale a lui applicabile, quella del suddetto Stato membro, ma la normativa in materia di sicurezza sociale applicabile deve, a rigore, essere coordinata dall’accordo concernente la sicurezza sociale dei battellieri del Reno del 27 luglio 1950, riveduto il 13 febbraio 1961 e, successivamente, il 30 novembre 1979 – aspetto questo che spetta ai giudici del rinvio verificare – l’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, deve essere interpretato nel senso che non richiede alle autorità di un altro Stato membro di riconoscere il suddetto certificato.

–        Un giudice nazionale di ultimo grado che ritenga che la corretta applicazione del diritto dell’Unione europea su una questione che esso è chiamato a dirimere s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi, non è tenuto, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, a proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea solo perché un giudice di grado inferiore dello stesso Stato membro ha proposto un rinvio pregiudiziale sullo stesso punto di diritto dell’Unione.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Regolamento del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2), come modificato.


3 –      Accordo concernente la sicurezza sociale dei battellieri del Reno del 27 luglio 1950, riveduto il 13 febbraio 1961 e, successivamente, il 30 novembre 1979.


4 –      La decisione di rinvio nella causa C-72/14 fa riferimento ad un soggetto denominato sia «AAA» che «AAAA»; sembra trattarsi di un semplice errore.


5 –      V., a questo proposito, sentenza Elchinov (C-173/09, EU:C:2010:581, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata).


6 –      V., in particolare, sentenza Torrekens (28/68, EU:C:1969:17, punto 6); sentenza Brusse (101/83, EU:C:1984:187, punto 11). La Commissione sostiene tuttavia che i sig.ri X e van Dijk sono soggetti alla normativa lussemburghese a prescindere dal fatto che la suddetta valutazione sia fondata sugli accordi del Reno o sul regolamento n. 1408/71.


7 –      Il Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch condivide l’opinione secondo cui il sig. X è un battelliere del Reno. Lo Hoge Raad non indica quale sia la sua posizione rispetto al sig. van Dijk.


8 –      V. sentenza Balazs e Casa Judeţeană de Pensii Cluj (C-401/13 e C-432/13, EU:C:2015:26, punto 34 e giurisprudenza citata).


9 –      V. sentenza Hoorn (C-305/92, EU:C:1994:175, punto 10).


10 –      L’articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1408/71 stabilisce che, nonostante l’articolo 6, rimangono applicabili «talune disposizioni delle convenzioni di sicurezza sociale concluse dagli Stati membri prima della data di applicazione del presente regolamento, a condizione che siano più favorevoli per i beneficiari o se connesse a circostanze storiche specifiche e con un effetto limitato nel tempo, e purché siano menzionate nell’allegato III».


11 –      V., in particolare, sentenze Walder (82/72, EU:C:1973:62); Rönfeldt (C-227/89, EU:C:1991:52); Hoorn (C-305/92, EU:C:1994:175); Thévenon (C-475/93, EU:C:1995:371); Naranjo Arjona e a., (da C-31/96 a C-33/96, EU:C:1997:475); Gómez Rodríguez (C-113/96, EU:C:1998:203); Thelen (C-75/99, EU:C:2000:608); Kaske (C-277/99, EU:C:2002:74); Martínez Domínguez e a. (C-471/99, EU:C:2002:523); Habelt e a. (C-396/05, C 419/05 e C-450/05, EU:C:2007:810); Landtová (C-399/09, EU:C:2011:415); Wencel (C-589/10, EU:C:2013:303), e Balazs e Casa Judeţeană de Pensii Cluj (C-401/13 e C-432/13, EU:C:2015:26).


12 –      C-23/92, EU:C:1993:339, punti da 23 a 25.


13 –      Ibidem, punto 25 (il corsivo è mio). V. anche sentenza Walder (82/72, EU:C:1973:62, punti 6 e 9).


14 –      187/73, EU:C:1974:57.


15 –      Ibidem, punti da 18 a 21, confermati nella sentenza Frascogna (157/84, EU:C:1985:243, punto 13).


16 –      28/68, EU:C:1969:17.


17 –      Regolamento (CEE) n. 3, del Consiglio, del 25 settembre 1958, relativo alla sicurezza sociale dei lavoratori migranti (GU 1964, pag. 561).


18 –      Aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU L 266, pag. 1).


19 –      Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177, pag. 6).


20 –      Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1; rettifica in GU L 200, pag. 1). Il regolamento in parola abroga e sostituisce il regolamento (CEE) n. 1408/71 con effetti a decorrere dalla data di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 (1° maggio 2010).


21 –      Accordo in deroga del 23 dicembre 2010 relativo alla normativa applicabile ai battellieri del Reno, adottato in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004.


22 –      Nella sentenza Brusse (101/83, EU:C:1984:187), la Corte ha ritenuto che un lavoratore traesse, sulla base del regolamento (CEE) n. 1408/71, taluni diritti derivanti da un accordo bilaterale concluso ai sensi del suo articolo 17.


23 –      C-202/97, EU:C:2000:75.


24 –      Regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 74, pag. 1), come modificato.


25 –      C-202/97, EU:C:2000:75.


26 –      C-202/97, EU:C:2000:75.


27 –      V. sentenze Banks e a. (C-178/97, EU:C:2000:169); Herbosch Kiere (C-2/05, EU:C:2006:69), e Format Urządzenia i Montaże Przemysłowe (C-115/11, EU:C:2012:606).


28 –      V., a questo proposito, sentenza Bouman (C-114/13, EU:C:2015:81, punto 35 e giurisprudenza citata).


29 –      V., in particolare, sentenza FTS (C-202/97, EU:C:2000:75, punto 53).


30 –      V., a questo proposito, sentenza Bouman (C-114/13, EU:C:2015:81, punti da 25 a 27). In tale causa, la Commissione ha anche sostenuto invano che il documento considerato avesse efficacia vincolante; v. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Bouman (C-114/13, EU:C:2014:123, paragrafo 28). V. anche sentenza Adanez-Vega (C-372/02, EU:C:2004:705, punti 48; v. anche punto 36).


31 –      Ovviamente, tale affermazione non può essere verificata dalla Corte. Tuttavia non è sfuggito alla mia attenzione che il Centro amministrativo per la sicurezza sociale dei battellieri del Reno ha pubblicato taluni formulari standard basati sul regime istituito nel quadro degli accordi del Reno. Tali formulari sono allegati, in particolare, alla risoluzione n. 2 del 2 marzo 1989, alla risoluzione n. 3 del 13 ottobre 1989 e alla risoluzione n. 5 del 27 marzo 1990 (sostituita dalla risoluzione n. 7 del 26 giugno 2007). Tutti i suddetti formulari e le suddette risoluzioni possono essere scaricati dal sito della Commissione centrale per la navigazione sul Reno (http://www.ccr-zkr.org).


32 –      Sentenza Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punto 16).


33 –      V., in particolare, sentenze Hoffmann-Laroche (107/76, EU:C:1977:89, punto 5) e Pedro IV Servicios (C-260/07, EU:C:2009:215, punto 32).


34 –      Causa 283/81, EU:C:1982:335.


35 –      V., a questo proposito, sentenza Parfums Christian Dior (C-337/95, EU:C:1997:517, punto 25) e parere 1/09, EU:C:2011:123, punti 84 e 85.


36 –      E che sono, secondo la Corte, le diversità linguistiche nei testi normativi, l’utilizzo di una speciale terminologia; e i particolari metodi di interpretazione; v. sentenza Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punti da 16 a 20).


37 –      V. Rasmussen, H., «The European Court’s Acte Clair Strategy in C.I.L.F.I.T. Or: Acte Clair, of Course! But What does it Mean?», 9 EL Rev. (1984), pagg. 242 e 243.


38 –      Causa 283/81, EU:C:1982:335.


39 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl nella causa Intermodal Transports (C-495/03, EU:C:2005:215, paragrafo 84). L’ex giudice Edward ha impiegato l’espressione «non ideale»; v. Edward, D., «CILFIT e Foto-Frost in their Historical e Procedural Context», in Maduro, M., e Azoulai, L. (ed.): The Past e Future of EU Law. The Classics of EU Law Revisited on the 50th Anniversary of the Rome Treaty 2010, Hart, 2010, pag. 179.


40 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Wiener SI (C-338/95, EU:C:1997:352 e, in particolare, paragrafi da 18 a 21).


41 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Gaston Schul Douane-expediteur (C-461/03, EU:C:2005:415, paragrafi da 2 a 4).


42 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:108, paragrafi da 60 a 76 e, in particolare, paragrafo 65).


43 –      Causa 283/81, EU:C:1982:335.


44 –      Cause riunite da 28/62 a 30/62, EU:C:1963:6, pag. 38.


45 –      Nella sentenza Hoffmann-Laroche (107/76, EU:C:1977:89, punti 5 e 6), la Corte confermava che l’obbligo di sollevare una questione pregiudiziale non si applica al giudice di ultimo grado nell’ambito dei procedimenti sommari, posto che le parti sono libere di definire la controversia nel corso del procedimento di merito, nell’ambito del quale è possibile effettuare un rinvio alla Corte. V. anche sentenza Morson e Jhanjan (35/82 e 36/82, EU:C:1982:368, punti 9 e 10).


46 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Capotorti in Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:267, e, in particolare, paragrafo 4).


47 –      Occorre tuttavia ricordare anche la sentenza Parfums Christian Dior (C-337/95, EU:C:1997:517, punto 30). Nella suddetta causa la Corte ha stabilito che un giudice nazionale di ultimo grado tenuto, in base al diritto nazionale, a deferire una questione vertente sull’interpretazione giuridica a un giudice istituito a tal fine (nel caso di specie, la Corte del Benelux), è esonerato dall’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, posto che il giudice internazionale è anch’esso obbligato, in ragione della suddetta disposizione, a deferire la questione alla Corte ed effettivamente lo fa.


48 –      C-495/03, EU:C:2005:552, punto 35.


49 –      V. sentenza Gaston Schul Douane-expediteur (C-461/03, EU:C:2005:742, punto 19).


50 –      V. Lenaerts, K., Maselis, I., e Gutman., K. (Nowak., J., ed.): EU Procedural Law, 1a ed., Oxford, 2014, pag. 102, che cita una risposta data dal Presidente della Commissione Thorn il 25 luglio 1983 a un’interrogazione parlamentare (GU 1983, C 268, pag. 25) e il noto ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione contro il Regno di Svezia riguardante l’asserito mancato rispetto da parte dell’Högsta Domstolen (Corte Suprema, Svezia) dell’articolo 267, terzo comma, TFUE [parere motivato 2003/2161, C(2004) 3899, 13 ottobre 2004]. V. sul punto, le conclusioni dell’avvocato Tizzano nella causa Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:108, paragrafo 65).


51 –      C-6/90 e C-9/90, EU:C:1991:428.


52 –      C-224/01, EU:C:2003:513. La sentenza fa espresso riferimento all’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, v. punto 55.


53 –      V., implicitamente, sentenza Commissione/Spagna (C-154/08, EU:C:2009:695, punti da 64 e 66 e anche punto 126) e, sul punto, il parere 1/09, EU:C:2011:123, punti da 84 a 87. V. causa Ferreira da Silva e Brito e a., C-160/14, pendente.


54 –      La Corte eur. D.U. ha stabilito, in varie occasioni, che «i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno che rifiutano di sottoporre alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione che è stata sollevata dinanzi a loro, sono tenuti a motivare il loro diniego alla luce delle eccezioni ammesse dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Essi sono quindi tenuti a indicare le ragioni che li hanno indotti a ritenere che la questione sia irrilevante, che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi sia stata già interpretata dalla Corte di giustizia, o che la corretta applicazione del diritto dell’Unione s’imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi». V., in particolare, Vergauwen e a./Belgio (dec.), n. 4832/04, Recueil des arrêts et décisions 2012, § 90, del 10 aprile 2012 e la giurisprudenza ivi citata (traduzione non ufficiale).


55 –      V., in particolare, le decisioni dell’House of Lords (Regno Unito) nella causa Regina/London Boroughs Transport Committee [1992], in 1 CMLR 5, in particolare, punto [45]; Court of Appeal (England and Wales) (Regno Unito) nella causa Mighell/Reading e a. [1998], in EWCA Civ 1465, punto [35]; House of Lords nella causa Three Rivers DV/Bank of England (n. 3) [2000], in 3 CMLR 205; Högsta Domstolen (Corte suprema) (Svezia) in NJA [2004] 735; Vestre Landsret (Corte suprema occidentale) (Danimarca), quale giudice di ultimo grado in UfR [2007] 54 [rovesciata in via straordinaria dallo Højesteret (Corte suprema)] (Danimarca) in UfR [2011] 539 a seguito della sentenza Mickelsson e Roos, C-142/05, EU:C:2009:336); Supreme Court (Regno Unito) nella causa The Office of Fair Trading/National plc & Others [2009], in UKSC 6, in particolare [49]; e la decisione portoghese al centro della causa Ferreira da Silva e Brito e a, C-160/14, pendente.


56 –      Lo Hoge Raad richiama la propria giurisprudenza, in particolare, una sentenza dell’11 ottobre 2013, n. 12/04012, ECLI:NL:HR:2013:CA0827, nella quale esso ha ritenuto che non può essere riconosciuto nessun significato a un certificato E 101 emesso nei confronti di un battelliere del Reno. Il sig. van Dijk cita anche una sentenza dello Hoge Raad del 9 dicembre 2011, n. 10/03927, ECLI:NL:HR:2011:BQ2938, con un esito presumibilmente simile rispetto a un certificato E 106.


57 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl nella causa Intermodal Transports (C-495/03, EU:C:2005:215, paragrafo 110).


58 –      Nello stesso senso, v. Edward, D., op. cit., pag. 178.


59 –      V., in particolare, Broberg, M., e Fenger, N., Preliminary References to the European Court of Justice, 2a ed., 2014, Oxford, pagg. da 240 a 246.


60 –      V. sentenza Intermodal Transports (C-495/03, EU:C:2005:552, punto 33, il corsivo è mio).


61 –      Sentenza Elchinov (C-173/09, EU:C:2010:581, punto 27 e giurisprudenza citata).


62 –      V., a questo proposito, sentenza Intermodal Transports (C-495/03, EU:C:2005:552, punto 37). Recenti esempi di sentenze nazionali emesse sulla scia di un rifiuto del giudice di ultimo grado di sollevare una questione dinanzi alla Corte di giustizia sono la sentenza del 3 gennaio 2014 del Sofiysky gradski sad (tribunale municipale di Sofia) (Bulgaria) nella causa Pretsiz 2 EOOD/Stato bulgaro, n. 1782/2013; la sentenza del 21 novembre 2013 dell’Ustavno sodišče Republike Slovenije (Corte costituzionale) (Slovenia), in ECLI:SI:USRS:2013:Up.1056.11; la decisione del 19 maggio 2014 dell’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale) (Ungheria) nella causa n. 3165/2014, e l’ordinanza del 28 agosto 2014 del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale) (Germania), causa n. 2 BvR 2639/09.