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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 13 giugno 2019 (1)

Causa C-75/18

Vodafone Magyarország Mobil Távközlési Zrt.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Aiuti – Sistema d’imposta sul valore aggiunto – Imposizione delle imprese di telecomunicazione in base al fatturato – Penalizzazione delle imprese straniere per effetto di un’aliquota d’imposta progressiva – Discriminazione indiretta – Giustificazione di un’imposta progressiva in funzione del fatturato – Inammissibile agevolazione delle piccole imprese per effetto di un’aliquota d’imposta progressiva – Natura di imposta sulla cifra d’affari ai sensi dell’articolo 401 della direttiva IVA»






I.      Introduzione

1.        Nella causa in esame, la Corte è chiamata a pronunciarsi su questioni in materia tributaria e di aiuti, questioni che rivestono al contempo un’importanza particolare per l’imposta sui servizi digitali basata sul fatturato attualmente proposta dalla Commissione europea (2). In tal senso, anche nella specie si pone la questione se la tassazione dei redditi di un’impresa in base al suo fatturato costituisca già un’imposta sulla cifra d’affari ovvero se un’imposizione di tal genere ricada nella sfere delle imposte dirette sui redditi.

2.        Inoltre, alla Corte viene nuovamente (3) sottoposta la questione relativa alla sussistenza di una discriminazione indiretta causata da una normativa tributaria, discriminazione che, nella specie, può derivare unicamente dalla sua aliquota d’imposta progressiva. Infine, la Corte è chiamata ad esaminare la questione se una tassazione progressiva delle imprese economicamente più forti costituisca parimenti un aiuto illegittimo a favore di altre imprese.

3.        L’effetto ridistributivo di norma perseguito con l’applicazione di un’aliquota d’imposta progressiva ha di per sé come conseguenza che soggetti economicamente più forti vengano tassati più pesantemente e vengano pertanto svantaggiati rispetto a soggetti economicamente più deboli. Considerato che i soggetti economicamente più forti operano tendenzialmente a livello transfrontaliero, potrebbe essere ivi ravvisata una discriminazione indiretta dei medesimi, in particolare qualora la progressività dell’imposizione venga attuata in maniera mirata al fine di ricomprendere le imprese straniere economicamente più forti.

4.        In definitiva, la Corte deve pronunciarsi sull’ammissibilità, sotto il profilo del diritto dell’Unione, di un’imponibilità progressiva unitamente ad reddito minimo esente (4), sistema che si è sviluppato storicamente in numerosi Stati membri, che è considerato opportuno sotto il profilo dello Stato sociale ed è pertanto applicato negli Stati membri anche nella tassazione dei redditi. Inoltre, un’imponibilità progressiva unita ad un reddito minimo esente costituiscono parimenti il fondamento delle imposte sui servizi digitali previste a livello dell’Unione e già introdotte in diversi Stati membri.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 401 della direttiva (CE) n. 2006/112 (5) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), così recita:

«Ferme restando le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari, sempreché tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

B.      La normativa nazionale

6.        Il contesto normativo della controversia principale è costituito dall’Az egyes ágazatokat terhelő különadóról szóló 2010. évi XCIV. törvény (legge n. XCIV del 2010 in materia di imposte straordinarie per determinati settori; in prosieguo: la «legge relativa all’imposta straordinaria»), la quale, per gli anni dal 2010 al 2012 prevedeva un’imposta straordinaria basata sul fatturato per imprese operanti in determinati settori.

7.        Il preambolo della legge sull’imposta straordinaria così recita:

«Nell’ambito del riequilibrio del bilancio, il Parlamento adotta la seguente legge, relativa all’istituzione di un’imposta straordinaria a carico dei contribuenti la cui capacità contributiva agli oneri pubblici sia superiore agli obblighi tributari generali».

8.        L’articolo 1 della legge medesima contiene le seguenti disposizioni esplicative:

«Ai fini della presente legge, si intende per (…):

2.      attività di telecomunicazioni: la prestazione di servizi di comunicazione elettronica ai sensi dell’Az elektronikus hírközlésről szóló 2003. évi C. törvény (legge n. C del 2003, sulle comunicazioni elettroniche) (…)

9.        Il successivo articolo 2 così dispone:

«Sono soggetti all’imposta:

a) il commercio al dettaglio in negozio;

b) le attività di telecomunicazioni, nonché

c) la fornitura di energia».

10.      Il successivo articolo 3 definisce i soggetti passivi nei seguenti termini:

«(1)      Soggetti passivi sono le persone giuridiche, le altre organizzazioni ai sensi del codice tributario generale e i lavoratori autonomi che esercitano un’attività soggetta ad imposta ai sensi dell’articolo 2.

(2)      Sono parimenti soggetti ad imposta le organizzazioni e i singoli non residenti, per le attività soggette ad imposta ai sensi dell’articolo 2, laddove svolgano tali attività sul mercato interno tramite filiali».

11.      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della legge medesima, costituisce base imponibile

«il fatturato netto del soggetto passivo risultante da un’attività ai sensi dell’articolo 2, realizzato nel corso dell’esercizio fiscale».

12.      L’imposta straordinaria è strutturata secondo aliquote progressive. Ai sensi dell’articolo 5, lettera b), della legge de qua, l’aliquota applicabile

«alle attività di cui all’articolo 2, lettera b), è pari allo 0% per lo scaglione di base imponibile sino a 500 milioni di fiorini; al 4,5% per lo scaglione di base imponibile superiore a 500 milioni di fiorini ma inferiore a 5 miliardi di fiorini, e del 6,5% per lo scaglione di base imponibile superiore a 5 miliardi di fiorini (…)».

13.      Il successivo articolo 7 definisce le condizioni alle quali l’imposta si applica alle cosiddette imprese collegate:

«Per i soggetti passivi qualificati come imprese collegate ai sensi della legge [n. LXXXI del 1996] relativa all’imposta sulle società e sui dividendi, l’imposta dev’essere determinata mediante totalizzazione dei fatturati netti risultanti dalle attività di cui all’articolo 2, lettere a) e b), svolte dai soggetti passivi che costituiscano imprese collegate, e l’importo ottenuto per effetto dell’applicazione a detto totale dell’aliquota indicata all’articolo 5 dev’essere suddiviso tra i soggetti passivi proporzionalmente ai rispettivi fatturati netti provenienti dalle attività di cui all’articolo 2, lettere a) e b), rispetto al fatturato netto complessivo risultante dalle attività di cui all’articolo 2, lettere a) e b), complessivamente realizzato dai soggetti passivi collegati».

III. Controversia principale

14.      La Vodafone Magyarország Mobil Távközlési Zrt. (in prosieguo: la «Vodafone»), ricorrente nel procedimento principale, è una società per azioni di diritto ungherese. L’unica azionista è la Vodafone Europe B.V., registrata nei Paesi Bassi.

15.      L’attività principale della ricorrente si colloca nel mercato delle telecomunicazioni. Secondo quanto esposto dal giudice del rinvio, , negli anni controversi, essa rappresentava la terza maggiore impresa nel mercato ungherese delle telecomunicazioni.

16.      Nell’ambito di una verifica tributaria a posteriori presso la ricorrente per il periodo dal 1° aprile 2011 al 31 marzo 2015, l’amministrazione finanziaria accertava una maggiore imposta a carico della ricorrente per un importo pari a 8 371 000 di fiorini irrogandole inoltre penalità di mora e ammende. A seguito di accoglimento solo parziale dell’opposizione proposta avverso tale avviso di accertamento, la ricorrente ricorreva dinanzi al giudice del rinvio.

17.      Il giudice del rinvio nutre dubbi in ordine all’imposta straordinaria alla luce delle peculiarità del mercato ungherese delle telecomunicazioni, peculiarità consistenti nel fatto che – secondo quanto esposto dal giudice del rinvio – «è soggetto interamente all’aliquota inferiore solamente il volume d’affari dei soggetti passivi ungheresi, mentre versano l’imposta in base all’aliquota prevista per lo scaglione più elevato solamente le controllate ungheresi di imprese di proprietà straniera, sicché la parte principale dell’imposta straordinaria che versano i soggetti passivi rientranti nello scaglione più elevato di volume d’affari è versata sulla base di tale scaglione più elevato».

18.      I documenti presentati alla Corte dalla Commissione e dall’Ungheria non confermano, tuttavia, del tutto tale affermazione del giudice del rinvio. Secondo tali documenti, nel primo anno (2010), di 16 imprese interessate, sei imprese non controllate da soggetti stranieri ricadono in definitiva nell’aliquota d’imposta più elevata. Ulteriori statistiche mostrano che sono in ogni caso interessate non solo imprese di proprietà straniera. Dalle statistiche emerge parimenti che ricadono nell’aliquota d’imposta media anche imprese detenute da azionisti stranieri.

19.      Il giudice del rinvio sottolinea, inoltre, che nel 2012 la Commissione aveva avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell’Ungheria, archiviato tuttavia nel 2013. La Commissione ha motivato tale decisione rilevando che la legge relativa all’imposta straordinaria era già stata abrogata e non era pertanto più applicabile nel 2013.

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

20.      Con decisione del 23 novembre 2017, depositata il 6 febbraio 2018, il giudice del rinvio ha deciso di presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

1)       Se le disposizioni degli articoli 49, 54, 107 e 108 TFUE debbano essere interpretate nel senso che ostino ad una misura di uno Stato membro nell’ambito della quale la normativa nazionale (legge che istituisce l’imposta straordinaria sulle telecomunicazioni) per effetto della quale il carico fiscale effettivo gravi su soggetti passivi detenuti da soggetti stranieri, e se tale effetto sia indirettamente discriminatorio.

2)       Se gli articoli 107 e 108 TFUE ostino alle disposizioni di uno Stato membro che istituiscono un’imposta progressiva gravante sul volume d’affari. Se tale normativa debba essere considerata indirettamente discriminatoria laddove ne derivi che il carico fiscale effettivo, nello scaglione più elevato, gravi prevalentemente su soggetti passivi detenuti da soggetti stranieri, e se tale effetto costituisca un aiuto di Stato vietato.

3)       Se l’articolo 401 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che osti a disposizioni di uno Stato membro che producano una disparità di trattamento tra soggetti passivi stranieri e nazionali. Se l’imposta straordinaria presenti natura di imposta sul volume d’affari. Vale a dire, se sia un’imposta compatibile o incompatibile con la direttiva IVA.

21.      Hanno presentato osservazioni scritte in relazione a tali questioni nel procedimento dinanzi alla Corte la Vodafone, l’Ungheria la Repubblica polacca, la Repubblica ceca e la Commissione europea. Ad eccezione della Repubblica ceca, tali parti, nonché la Repubblica federale tedesca hanno partecipato all’udienza del 18 marzo 2019.

V.      Analisi

22.      La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della legge ungherese relativa all’imposta straordinaria.

23.      La questione della conformità al diritto dell’Unione si colloca nel contesto della concreta struttura dell’imposta straordinaria. Da un lato, essa fa riferimento, quanto alla base imponibile, non all’utile, bensì al fatturato netto dell’impresa soggetta all’imposta. Dall’altro, essa è strutturata secondo aliquote progressive. Vengono distinti tre diversi scaglioni, i quali sono assoggettati a tre diverse aliquote: un’aliquota dello 0 % viene riscossa per l’importo del fatturato netto che non superiore a 500 milioni di fiorini; un’aliquota del 4,5 % per l’importo del fatturato netto superiore a 500 milioni di fiorini, ma inferiore a 5 miliardi di fiorini; un’aliquota del 6,5 % per l’importo del fatturato netto superiore a 5 miliardi di fiorini.

24.      Il giudice del rinvio chiede, a tal riguardo, se un’imposta del tipo descritto violi gli articoli 49 e 54 TFUE (al riguardo sub B.), gli articoli 107 e 108 TFUE (al riguardo sub C.), nonché l’articolo 401 della direttiva IVA (al riguardo sub A.). Al riguardo appare opportuno rispondere preliminarmente alla terza questione pregiudiziale, al fine di acclarare anzitutto quale carattere rivesta l’ imposta in esame basata sul fatturato. Qualora tale imposta dovesse essere già interessata dal divieto di cui all’articolo 401 della direttiva IVA, le altre due questioni non dovrebbero comunque essere più risolte.

A.      Terza questione pregiudiziale: violazione dell’articolo 401 della direttiva IVA

25.      L’articolo 401 della direttiva IVA precisa che agli Stati membri non è fatto divieto d’introdurre nuove imposte, qualora esse non presentino natura di imposta sul volume d’affari. Il giudice del rinvio chiede, in tale contesto, se l’imposta straordinaria basata sul fatturato gravante sulle imprese di telecomunicazioni debba essere considerata quale imposta avente natura di un’imposta sul volume d’affari. In tal caso, all’Ungheria sarebbe vietato introdurla ai sensi dell’articolo 401 della direttiva IVA.

26.      Con costante giurisprudenza, la Corte ha precisato che l’articolo 401 della direttiva IVA dev’essere collocato, ai fini della sua interpretazione, nel suo contesto normativo (6).

27.      Dai considerando della prima direttiva 67/227/CEE del Consiglio dell’11 aprile 1967 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (7) emerge che l’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari deve consentire la creazione di un mercato comune nel quale vi sia una concorrenza non alterata e che abbia caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, eliminando le differenze di oneri fiscali che possono alterare la concorrenza e ostacolare gli scambi (8). Con la direttiva IVA (9) è stato introdotto il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

28.      Il principio del sistema comune dell’IVA consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto, un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione (10). Come sottolineato dalla Corte, tale imposta deve gravare, in definitiva, sul solo consumatore finale (11)

29.      Per conseguire lo scopo dell’uguaglianza impositiva della stessa operazione, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuata, il sistema comune dell’IVA doveva sostituire le imposte sulla cifra d’affari in vigore nei vari Stati membri. In quest’ordine di idee, l’articolo 401 della direttiva IVA consente il mantenimento o l’istituzione da parte di uno Stato membro di imposte, diritti e tasse gravanti sulle forniture di beni, sulle prestazioni di servizi e sulle importazioni solo se non hanno natura di imposte sulla cifra d’affari.

30.      La Corte ha dichiarato, al riguardo, che devono essere considerate in ogni caso gravanti sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dell’IVA le imposte che presentano le caratteristiche essenziali dell’IVA, anche se non sono in tutto identiche ad essa (12).

31.      Dalla sua giurisprudenza risultano quattro caratteristiche essenziali dell’IVA: (1) l’imposta si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; (2) è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; (3) viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; (4) gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sono detratti dall’imposta dovuta dal soggetto passivo, cosicché il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso dell’imposta va a carico del consumatore finale (13).

32.      Da un lato, l’imposta straordinaria ungherese non copre, tuttavia, qualsiasi operazione, bensì soltanto specifiche operazioni di imprese di telecomunicazioni. Essa non è pertanto un’imposta (generale) sulla cifra d’affari ai sensi del primo criterio, bensì sarebbe, tutt’al più, un’imposta speciale sul consumo, la quale sarebbe tuttavia attualmente vietata agli Stati membri soltanto alle condizioni previste all’articolo 1, paragrafi 2 e 3 della direttiva 2008/118 (14).

33.      Dall’altro, essa non è concepita per essere trasferita sul consumatore (quarto criterio). Quest’ultimo criterio non può essere ritenuto soddisfatto per il solo fatto che un’imposta sia stata conteggiata nel prezzo delle merci o dei servizi. Ciò avviene, più o meno, nel caso di qualsiasi onere fiscale di un’impresa. Piuttosto, qualora il consumatore – come nel caso dell’imposta straordinaria ungherese per le imprese di telecomunicazioni oggetto di valutazione nella specie – non sia il debitore dell’imposta, l’imposta dev’essere concepita per essere concretamente trasferita sul consumatore.

34.      Ciò presupporrebbe che, al momento del compimento dell’operazione (ossia al momento della prestazione a favore del consumatore) l’ammontare dell’imposta – come avviene nel caso dell’IVA – sia certo. Poiché, tuttavia, esso può essere calcolato solo alla fine dell’anno e dipende dall’ammontare dei fatturati annui, l’impresa di telecomunicazioni che effettua la prestazione non è affatto a conoscenza, al momento dell’esecuzione della prestazione, di un onere fiscale eventualmente trasferibile, in ogni caso non nel suo esatto ammontare (15). Qualora non venga raggiunta la soglia inferiore alla fine dell’anno non esiste, ad esempio, alcuna imposta da traslare sul consumatore. In tal senso, non sussiste neanche un’imposta concepita per essere traslata.

35.      Piuttosto, dalla concezione dell’imposta straordinaria ungherese per le imprese di telecomunicazioni risulta che queste ultime devono essere tassate direttamente, come sottolineato correttamente dall’Ungheria. Ai sensi del preambolo, la loro capacità di contribuire agli oneri pubblici dev’essere superiore agli obblighi tributari generali (con ciò si intende la capacità generale di pagare le imposte). Di conseguenza, dev’essere tassata una capacità finanziaria speciale di tali imprese e non la capacità finanziaria dei destinatari dei servizi di telecomunicazione. In tal senso, l’imposta straordinaria ungherese è simile ad un’imposta (diretta) speciale sul reddito delle imprese per determinate imprese, nella specie le imprese di telecomunicazioni.

36.      Oggetto di tassazione non è neanche ciascuna singola operazione in funzione del suo prezzo, bensì, ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge relativa all’imposta straordinaria, il fatturato totale (netto) risultante dalla fornitura di servizi di comunicazione elettronica nel corso dell’esercizio fiscale, a partire dalla soglia di 500 milioni di fiorini in base , anzitutto, all’aliquota del 4,5% e, a partire da cinque miliardi di fiorini, in base all’aliquota del 6,5%. Anche sotto questo profilo, l’imposta speciale sul reddito delle imprese è simile, per quanto riguarda il suo carattere, ad un’imposta speciale diretta sul reddito. Diversamente rispetto al caso delle imposte sul reddito dirette «normali», viene tuttavia fatto riferimento, quanto alla base imponibile, non all’utile conseguito – quale differenza fra due capitali di esercizio all’interno di un determinato periodo – bensì al fatturato realizzato all’interno di un determinato periodo. Ciò non incide tuttavia – diversamente da quanto apparentemente sostenuto dalla Commissione all’udienza – sulla natura di imposta diretta.

37.      Di conseguenza, l’imposta straordinaria ungherese costituisce un’imposta speciale (diretta) sul reddito, volta ad assoggettare a prelievo una particolare capacità finanziaria delle imprese di telecomunicazione. Essa non riveste dunque – come correttamente sottolineato, in definitiva, anche dalla Commissione –la natura di un’imposta sulla cifra d’affari, intesa a tassare il consumatore. Pertanto, l’articolo 401 della direttiva IVA non impedisce all’Ungheria di istituire, accanto all’IVA, un’imposta di tal genere.

B.      Prima questione pregiudiziale: violazione della libertà di stabilimento

38.      Con la prima questione si chiede se la libertà di stabilimento ai sensi degli articoli 49 e 54 TFUE osti all’imposta straordinaria ungherese prevista per il settore delle telecomunicazioni. Per contro, gli articoli 107 e 108 TFUE, parimenti menzionati nella questione pregiudiziale, verranno esaminati ampiamente nell’ambito della seconda questione pregiudiziale.

39.      Al riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che se è pur vero che la materia delle imposte dirette – alla quale dev’essere ricondotta l’imposta straordinaria in oggetto (al riguardo supra, paragrafo 35 e segg.) – non rientra, in quanto tale, nella competenza dell’Unione, gli Stati membri devono tuttavia esercitare le competenze da essi conservate nel rispetto del diritto dell’Unione, del quale fanno parte, in particolare, le libertà fondamentali (16).

40.      A norma dell’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento riconosciuta ai cittadini dell’Unione dall’articolo 49 TFUE implica che le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione, hanno il diritto di esercitare la loro attività attraverso filiali, succursali o agenzie in altri Stati membri (17).

41.      Al riguardo, la libertà di stabilimento si applica al caso di specie solo se si è in presenza di una fattispecie transfrontaliera (al riguardo sub 1.) In caso affermativo, occorre chiedersi se l’imposta straordinaria costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento (al riguardo sub 2.) e se essa sia eventualmente giustificata da motivi imperativi di interesse generale (al riguardo sub 3.).

1.      Fattispecie transfrontaliera

42.      Il governo ungherese solleva dei dubbi con riguardo alle circostanze in presenza delle quali le società possano essere considerate «nazionali» o «straniere». In tale contesto, occorre rilevare, anzitutto, che, secondo costante giurisprudenza, la sede di una società, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, serve a determinare il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato (18). Poiché la ricorrente nel procedimento principale ha la propria sede in Ungheria, essa dev’essere pertanto considerata una società ungherese, cosicché non siamo in presenza di una fattispecie transfrontaliera.

43.      Peraltro, la società madre della ricorrente è una società stabilita nei Paesi Bassi. Nella misura in cui tale società straniera esercita la propria attività nel mercato ungherese tramite una controllata – segnatamente la ricorrente nel procedimento principale –, viene interessata la libertà di stabilimento della società madre.

44.      In tale contesto, infatti, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che una società può invocare a fini fiscali una restrizione della libertà di stabilimento di un’altra società ad essa collegata, nei limiti in cui tale restrizione incida sull’imposizione che la riguardi (19). La ricorrente nel procedimento principale può pertanto far valere un’eventuale restrizione della libertà di stabilimento della propria società madre, la Vodafone Europe B.V.

2.      Limitazione della libertà di stabilimento

45.      Secondo costante giurisprudenza, devono essere considerati come restrizioni alla libertà di stabilimento tutti i provvedimenti che vietino, ostacolino o rendano meno attraente l’esercizio di tale libertà (20). In linea di principio, ciò comprende discriminazioni, ma anche restrizioni non discriminatorie. Peraltro, nel caso di tasse e imposte, occorre tenere conto del fatto che esse costituiscono di per sé un onere, diminuendo in tal modo l’attrattività di uno stabilimento in un altro Stato membro. Una verifica effettuata alla luce delle restrizioni non discriminatorie assoggetterebbe pertanto tutti i fatti generatori dell’imposta nazionali al diritto dell’Unione e metterebbero dunque in discussione in maniera sostanziale la sovranità degli Stati membri in materia tributaria (21).

46.      La Corte ha pertanto dichiarato a più riprese che le disposizioni degli Stati membri relative ai presupposti e al livello di imposizione sono coperte dall’autonomia fiscale, sempreché il trattamento della fattispecie transfrontaliera non risulti discriminatorio rispetto a quello della fattispecie nazionale (22).

47.      Una restrizione della libertà di stabilimento presuppone pertanto, anzitutto, una disparità di trattamento di due o più categorie di riferimento [al riguardo sub b)]. In caso affermativo, si pone la successiva questione se tale disparità di trattamento di fattispecie transfrontaliere rispetto a fattispecie meramente nazionali svantaggi le prime, fermo restando che vengono in considerazione al riguardo sia una discriminazione palese sia una discriminazione dissimulata [al riguardo sub c)]. A titolo di aspetto supplementare verrà verificato, in alcuni casi, se la disparità di trattamento riguardi situazioni oggettivamente paragonabili [al riguardo sub d)].

48.      Infine, nel caso in esame occorre precisare brevemente, in limine, che una disparità di trattamento rilevante – diversamente che nella causa Hervis Sport (23) – non può essere fondata già sulla cosiddetta regola della totalizzazione di cui all’articolo 7 della legge relativa all’imposta straordinaria, bensì unicamente sull’aliquota d’imposta progressiva [al riguardo sub a)].

a)      Irrilevanza della regola della totalizzazione nel contesto in esame

49.      Non si può condividere l’opinione della Commissione laddove essa ritiene che dalla sentenza nella causa Hervis Sport risulti direttamente una violazione della libertà di stabilimento.

50.      Ciò che caratterizzava i fatti in tale causa era l’interazione fra un’imposta sul reddito progressiva basata sul fatturato per il commercio al dettaglio e una cosiddetta regola della totalizzazione per gruppi di imprese. Quest’ultima prescriveva, in concreto, che, ai fini della collocazione negli scaglioni di redditi rilevasse non il fatturato delle singole imprese, bensì il fatturato consolidato dell’intero gruppo. Tale regime si colloca nel contesto dell’applicazione, piuttosto atipica dal punto di vista fiscale, di un’imposta progressiva anche alle persone giuridiche. Tale regola della totalizzazione è necessaria, in linea di principio, al fine di impedire che l’effetto progressivo possa essere eluso tramite una scissione in diverse persone giuridiche.

51.      La Corte ha peraltro espresso delle perplessità sotto il profilo del diritto dell’Unione con riguardo alla regola della totalizzazione (24). Poiché la stessa regola della totalizzazione di cui all’articolo 7 della legge relativa all’imposta straordinaria si applica anche all’imposta straordinaria per il mercato delle telecomunicazioni di cui al caso in esame, la Commissione ravvisa già in ciò una violazione del diritto dell’Unione.

52.      Tuttavia, persino qualora la regola della totalizzazione dovesse violare, nel caso in oggetto, il diritto dell’Unione – violazione che non può essere automaticamente desunta dalla menzionata sentenza –, ciò non sarebbe rilevante nella specie ai fini della decisione, né risolverebbe la questione del giudice del rinvio. L’unica conseguenza che ne deriverebbe sarebbe l’inapplicabilità della regola della totalizzazione. Poiché, tuttavia, secondo quanto accertato dal giudice del rinvio, essa non sarebbe comunque applicabile alla ricorrente nel procedimento principale – probabilmente a causa dell’assenza di un collegamento con altre imprese di telecomunicazioni rappresentate sul mercato ungherese, ciò non esplicherebbe alcun effetto sulla controversia principale.

53.      Nel caso di specie, la Corte è pertanto tenuta ad esaminare la questione se la configurazione dell’imposta straordinaria in quanto tale – indipendentemente dalla regola della totalizzazione –produca effetti discriminatori. A tale questione non è data risposta nella sentenza Hervis Sport, segnatamente neanche – come sottolineato correttamente dalla Vodafone – nel senso che, come sostenuto dal governo ungherese, il carattere progressivo in quanto tale non può essere sufficiente a fondare una discriminazione. La Corte si è limitata ad esaminare, in tal sede, la combinazione fra aliquota d’imposta progressiva e regola della totalizzazione, senza escludere che anche la sola aliquota progressiva potrebbe fondare una discriminazione (25).

b)      Disparità di trattamento

54.      Pertanto, occorre anzitutto chiedersi se la legge relativa all’imposta straordinaria operi, in linea generale, una disparità di trattamento fra diverse imprese. A sfavore sembra deporre il fatto che essa non fissi ad esempio aliquote d’imposta differenti per diverse imprese. Piuttosto, vengono definiti unicamente determinati scaglioni di fatturato, nei quali possono rientrare, in linea di principio, tutte le imprese. Le rispettive aliquote d’imposta collegate a tali scaglioni di fatturato valgono in maniera uniforme per ciascuna impresa. Il governo ungherese è dell’avviso, sulla base di tali premesse, che non sussista alcuna disparità di trattamento.

55.      A ciò non si può obiettare che la disparità di trattamento risiederebbe già nel fatto che imprese con un fatturato più consistente siano tenute a versare, in termini assoluti, imposte straordinarie più elevate rispetto alle imprese con un fatturato più basso. Ciò non è sufficiente per fondare una disparità di trattamento, bensì tale imposizione differenziata è conforme al principio generalmente riconosciuto di una tassazione basata sulla capacità contributiva. Fintantoché base imponibile e debito d’imposta siano proporzionati, come avviene ad esempio nel caso di un’aliquota proporzionale («flat tax»), una disparità di trattamento può già essere negata.

56.      Nel caso di un’aliquota d’imposta progressiva, base imponibile e debito d’imposta non sono tuttavia proporzionati in relazione a tutti i soggetti passivi. Ciò risulta particolarmente evidente nel caso di specie, se si paragonano le aliquote medie applicabili ai soggetti passivi con riferimento al loro fatturato globale, e non solo con riferimento ai singoli scaglioni. Tale aliquota media aumenta con il raggiungimento degli scaglioni di fatturato, cosicché le imprese con un fatturato più consistente sono assoggettate ad un’aliquota media più elevata rispetto alle imprese con un fatturato più basso. Esse pagano pertanto un’imposta più elevata non solo in termini assoluti, ma anche relativi. In ciò è ravvisabile una disparità di trattamento delle corrispondenti imprese (26).

c)      Trattamento sfavorevole della fattispecie transfrontaliera

57.      Si pone pertanto la questione se tale disparità di trattamento svantaggi le imprese straniere rispetto alle imprese nazionali.

58.      Al riguardo, non è ravvisabile una discriminazione palese o diretta delle imprese straniere. Le modalità di riscossione dell’imposta straordinaria, infatti, non divergono a seconda della sede e rispettivamente dell’«origine» di un’impresa. La legge relativa all’imposta straordinaria non tratta pertanto in maniera diversa le imprese straniere rispetto alle imprese nazionali.

59.      Le libertà fondamentali vietano, tuttavia, non soltanto le discriminazioni palesi bensì anche qualsiasi forma dissimulata o indiretta di discriminazione che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca allo stesso risultato (27). Determinante ai fini del carattere discriminatorio ai sensi degli articoli 49 e 54 TFUE è pertanto la questione se la disparità di trattamento delle imprese di telecomunicazione con riferimento al criterio del fatturato netto annuo equivalga ad una disparità di trattamento basata sull’origine e rispettivamente sulla sede dell’impresa.

60.      In tale contesto occorre chiarire, da un lato, quali requisiti debbano essere imposti alla correlazione tra il criterio di distinzione scelto – nella specie, il fatturato – e la sede dell’impresa (al riguardo paragrafo 61 e segg.). Dall’altro, occorre verificare se debba in ogni caso essere ritenuta sussistente una discriminazione indiretta allorché il criterio di distinzione sia stata scelto consapevolmente con una finalità discriminatoria (al riguardo paragrafo 83 e segg.).

1)      Correlazione rilevante

61.      L’attuale giurisprudenza non offre un quadro univoco né con riferimento alla portata né con riferimento al carattere della summenzionata correlazione. Per quanto riguarda la portata quantitativa, la Corte ha sino ad oggi fatto riferimento sia ad una coincidenza nella maggior parte dei casi (28) sia ad una mera prevalenza dell’impatto sui non residenti (29); talvolta, essa parla addirittura soltanto di un mero pericolo di un pregiudizio (30). Sotto il profilo qualitativo, è incerto se la correlazione debba sussistere di consueto (31) ovvero debba derivare dalla natura stessa del criterio di distinzione, come indicano numerose sentenze (32) o possa, invece, fondarsi anche su circostanze di fatto casuali (33). Non è stato inoltre chiarito se correlazione quantitativa e qualitativa debbano sussistere cumulativamente oppure se sia eventualmente sufficiente la loro presenza alternativa.

62.      Come ho già illustrato in altra sede, ai fini del riconoscimento di una discriminazione dissimulata devono essere fissati criteri restrittivi. La discriminazione dissimulata, infatti, non deve determinare un ampliamento della fattispecie di discriminazione ma soltanto ricomprendere anche quei casi che, da un punto di vista meramente formale, non integrino nessuna discriminazione, pur producendone gli effetti (34).

i)      Criterio quantitativo

63.      In nessun caso può pertanto essere sufficiente, sotto il profilo quantitativo, una mera prevalenza, nel senso di un interessamento di più del 50 % delle imprese; piuttosto, la correlazione tra il criterio di distinzione applicato e la sede di un’impresa dovrebbe poter essere riscontrata nella maggior parte dei casi (35).

64.      Peraltro, tale elemento quantitativo può dar luogo, nell’applicazione del diritto, a considerevoli difficoltà. L’esito della verifica dipende, infatti, dai parametri di riferimento rispettivamente scelti. In tal senso, la Corte si è chiesta, nella causa Hervis Sport, se la maggior parte delle società collegate fossero collegate a società madri straniere nello scaglione più elevato dell’imposta straordinaria (36)

65.      La considerazione del solo scaglione più elevato è tuttavia difficilmente giustificabile quale criterio generale. Non si comprende il motivo per il quale soltanto questo unico scaglione debba essere rilevante ai fini dell’accertamento del carattere discriminatorio. Nel caso concreto, ciò poteva forse spiegarsi con il fatto che gli altri scaglioni sembravano trascurabilmente bassi rispetto a quello più elevato (37). Nel caso in esame, già lo scaglione medio, con un’aliquota del 4,5 %, è tuttavia difficilmente trascurabile. Una verifica effettuata unicamente sulla scorta dello scaglione più elevato diviene, inoltre, ancor più discutibile quanto maggiore è il numero di scaglioni progressivi previsti da un’imposta. Tale approccio fallisce in toto in presenza di una curva progressiva lineare che non presenti alcuno scaglione, come ad esempio avviene spesso nel caso della tassazione dei redditi.

66.      Non appare convincente neanche la proposta della Commissione, secondo la quale occorrerebbe chiedersi se la maggior parte del totale dell’imposta straordinaria venga sopportata da imprese straniere. Si tratta, al riguardo, non di un indicatore attendibile per una correlazione, bensì di un indicatore casuale. Da un lato, ciò avverrebbe nella fattispecie concreta – come sottolineato dall’Ungheria – anche nel caso di un’imposta proporzionale, la quale viene correttamente ritenuta non problematica anche dalla Commissione. Tale criterio verrebbe inoltre soddisfatto ogniqualvolta il mercato venga dominato in via maggioritaria da imprese straniere.

67.      Dall’altro, non verrebbero ricompresi ad esempio quei casi, nei quali singole imprese straniere siano assoggettate ad aliquote d’imposta estremamente elevate, mentre invece numerose imprese nazionali più piccole con aliquote inferiori contribuiscano ciononostante al totale dell’imposta straordinaria in misura tale che la correlazione dovrebbe essere negata. Subordinare il carattere discriminatorio al contributo delle imprese nazionali più piccole, da ultimo menzionato, darebbe dunque luogo a risultati casuali e, pertanto, non sarebbe opportuno.

68.      Lo stesso ragionamento vale per la considerazione dell’aliquota d’imposta media. Poiché la disparità di trattamento consiste, nel caso delle imposte progressive, nell’applicazione di aliquote medie diverse, ci si potrebbe tutt’al più chiedere se, nella stragrande maggioranza dei casi, tutte le imprese straniere subiscano un trattamento sfavorevole alla luce di tale aliquota. Ciò avverrebbe soltanto nel caso in cui nella stragrande maggioranza dei casi tale aliquota media superi ampiamente quella alla quale sono assoggettate in media le imprese nazionali. Non emerge in maniera univoca né dalla domanda di pronuncia pregiudiziale né dai dati prodotti dalle parti che nel caso in esame ricorresse un situazione del genere.

69.      Tuttavia, anche in tal caso il carattere discriminatorio dipenderebbe, in definitiva, dall’aliquota media delle imprese nazionali più piccole. Ciò darebbe parimenti luogo a risultati casuali e non sarebbe pertanto opportuno. Gli Stati membri intendono attirare in maniera mirata investitori stranieri potrebbero improvvisamente non riscuotere alcuna imposta progressiva sul reddito, se e in quanto i nuovi investitori – come era anche nelle intenzioni – sopportino, a causa del loro successo economico, la maggior parte del gettito fiscale (in termini assoluti oppure tramite le loro aliquote medie più elevate). Si tratterebbe di un risultato assurdo, il quale evidenzia come una valutazione quantitativa non sia opportuna.

70.      Un esame meramente quantitativo presenta inoltre lo svantaggio – accanto alle già indicate difficoltà di calcolo (al riguardo supra, paragrafo 63 e segg.) – di generare una considerevole incertezza giuridica, laddove non si opti per una soglia concreta (38). Tuttavia, anche una soglia concreta comporterebbe ulteriori problemi, ad esempio controversie difficilmente dirimibili fra statistiche contrastanti, nonché la comparsa di variazioni dei dati nel tempo.

71.      L’«imposta sui servizi digitali» appena istituita in Francia, ad esempio, interessa attualmente, secondo articoli apparsi sulla stampa, circa 26 imprese, delle quali solo quattro sono stabilite in Francia. Qualora una modifica dei dati dovesse comportare, l’anno prossimo, una valutazione giuridica diversa, l’esistenza di una restrizione delle libertà fondamentali (posto che le altre 22 imprese possano invocare le libertà fondamentali) dipenderebbe sempre da siffatte statistiche disponibili solo anni dopo.

72.      A ciò si aggiunga che il riferimento agli azionisti ai fini della determinazione di un criterio quantitativo crea considerevoli problemi nel caso di società aventi un assetto azionario diffuso (società per azioni con migliaia di azionisti). Non è neanche chiaro come debba essere inoltre valutata una società con due soci, uno dei quali residente all’estero, l’altro nel territorio nazionale.

73.      Qualora poi si faccia riferimento agli azionisti – come fatto dalla Commissione e dal giudice del rinvio – si pone la questione se occorra, in tal caso, prendere in considerazione, nel caso di strutture societarie di grandi dimensioni, soltanto la società capogruppo (ossia la società madre) e i suoi azionisti, al fine di stabilire se sia effettivamente interessata un’impresa di un altro Stato membro, un’impresa proveniente da uno Stato terzo o un’impresa nazionale. Nel caso in esame, la struttura societaria della società madre, la Vodafone Europe B.V. ovvero dell’effettiva società capogruppo, non è nota alla Corte. Tale caso evidenzia molto chiaramente l’infruttuosità di un approccio quantitativo, il quale è oltretutto basato sul modo in cui la struttura societaria di una società è configurata.

ii)    Criterio qualitativo

74.      Più importante dell’elemento meramente quantitativo mi sembra essere pertanto il criterio qualitativo, impiegato nel frattempo anche più spesso dalla Corte, secondo il quale il criterio di distinzione deve riguardare per la sua stessa natura ovvero di consueto società straniere (39). Un nesso meramente casuale, per quanto forte possa essere sotto il profilo quantitativo, non può pertanto essere sufficiente, in linea di principio, a fondare una discriminazione indiretta.

75.      Il criterio di una correlazione intrinseca dev’essere tuttavia ulteriormente concretizzato, al fine di prevenire un’applicazione priva di contorni definiti. La Corte ha ad esempio ritenuto sussistente una correlazione intrinseca nel luogo in cui i farmacisti che avevano già esercitato la loro attività nel territorio nazionale siano stati privilegiati in sede di rilascio di licenze di stabilimento (40). Tale assunto si basa sulla corretta considerazione che una correlazione fra sede e luogo di attività di un’impresa consegue ad una determinata logica interna o tipicità e non si fonda soltanto sulla natura casuale di un determinato mercato o settore.

76.      Lo stesso ragionamento vale – come affermato recentemente dall’avvocato generale Wahl (41) – per i proprietari di veicoli immatricolati in uno Stato membro, la maggior parte dei quali ne è cittadino, poiché l’immatricolazione dei veicoli è collegata al domicilio del possessore del veicolo. Costituisce un caso del genere anche la scelta di un criterio di collegamento che possa essere soddisfatto solo dai veicoli prodotti all’estero, poiché nel territorio nazionale simili veicoli non vengono prodotti (42).

77.      Occorre inoltre ritenere sussistente una correlazione intrinseca anche nel caso del criterio della realizzazione di redditi imponibili. Tale assunto si basa sulla premessa che la normativa sulla tassazione delle società sia caratterizzata dal dualismo tra redditi realizzati nel territorio nazionale e ivi imponibili, da un lato, e redditi realizzati all’estero e pertanto non imponibili nel territorio nazionale, dall’altro. Pertanto, qualora un vantaggio venga collegato alla contestuale realizzazione di redditi imponibili, tale vantaggio è correlato, per sua natura, ad un vantaggio per le imprese nazionali (43).

78.      Rileva, pertanto, un nesso immanente al criterio di distinzione, il quale consenta di presumere in maniera univoca già astrattamente la probabilità di una correlazione nella stragrande maggioranza dei casi.

79.      Applicando tali principi al caso in esame, la questione determinante è se l’ammontare del fatturato di un’impresa sia correlato, per la sua stessa natura, alla sede (estera) di un’impresa ovvero del suo azionista di controllo. Già nelle mie conclusioni nella causa Hervis Sport ho affermato al riguardo che, in effetti, le imprese con un volume d’affari elevato sono, di norma, più idonee a operare sul mercato interno al di fuori dei confini nazionali e che sussiste così potenzialmente una certa probabilità che dette imprese operino anche in altri Stati membri (44).

80.      Tuttavia – come sottolineato anche dalla Repubblica federale tedesca all’udienza – ciò non è, di per sé, sufficiente. Imprese con fatturati consistenti possono essere gestite anche da soggetti residenti (45). Ciò vale in misura analoga sia per il settore del commercio al dettaglio, rilevante nella causa Hervis Sport, sia per il settore delle telecomunicazioni di cui al caso di specie. Ciò vale, in particolare, qualora si faccia riferimento, come nella specie – v. articolo 3, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta straordinaria – al fatturato realizzato nel territorio nazionale e non al fatturato mondiale. Non è ravvisabile alcun motivo per cui si dovrebbe in generale partire dal presupposto che le imprese straniere che operano in Ungheria realizzeranno in Ungheria un fatturato più elevato con i servizi di telecomunicazione rispetto alle imprese nazionali.

81.      In altre parole, il criterio del fatturato non costituisce un criterio di distinzione per sua natura transfrontaliero, bensì – come osservato correttamente dalla Repubblica ceca nella sua memoria e dalla Repubblica federale tedesca all’udienza – un criterio di distinzione neutro. Il fatturato, quale base imponibile per il calcolo di un’imposta diretta, è altrettanto neutro come, ad esempio, l’utile (o il patrimonio). Le libertà fondamentali non favoriscono né l’uno né l’altro. Siamo in presenza, in tal senso, di una «casualità» del mercato ungherese delle telecomunicazioni spiegabile con ragioni storiche, la quale è stata probabilmente sfruttata consapevolmente dal legislatore ungherese (in relazione a tale problematica v. infra, paragrafo 83 e segg.).

82.      Ciò appare confermato anche dalle statistiche presentate alla Corte. Così, da una statistica emerge che in Ungheria, fra i dieci maggiori debitori dell’imposta sulle società nel 2010, solo tre imprese non sono detenute da azionisti stranieri. È evidente che l’economia ungherese è complessivamente caratterizzata da un’elevata percentuale di imprese di successo detenute da azionisti stranieri. Tale circostanza, la quale sembra avere ragioni storiche, non comporta tuttavia che ogni imposta supplementare, la quale gravi in misura maggiore sulle imprese che abbiano particolarmente successo sul mercato, presenti un effetto indirettamente discriminatorio.

2)      Effetti di un trattamento sfavorevole consapevole e mirato

83.      Tuttavia, la Commissione afferma inoltre che il legislatore ungherese ha introdotto in maniera consapevole e mirata l’effetto discriminatorio dell’imposta straordinaria.

84.      Al riguardo, ci si chiede se occorra ritenere sussistente una limitazione di una libertà fondamentale anche qualora un criterio di distinzione – per sua natura non sfavorevole – sia stato scelto soggettivamente in maniera consapevole al fine di penalizzare un numero elevato di imprese con azionisti di norma stranieri. A tal fine, una siffatta intenzione dev’essere rilevante sotto il profilo giuridico (al riguardo sub i) ed essere stata corrispondentemente dimostrata (al riguardo sub ii).

i)      Rilevanza dell’intento politico per la valutazione di una discriminazione indiretta

85.      Ravviso certi rischi in una valutazione soggettiva di una discriminazione indiretta che in realtà dev’essere determinata in maniera obiettiva (46). In particolare, le incertezze legate all’accertamento di una volontà soggettiva discriminatoria di uno Stato membro sollevano dubbi (47) e conseguenti problemi (ad esempio quelli legati alla dimostrabilità).

86.      Ciononostante, a mio avviso, alla luce della ratio e dell’obiettivo del criterio qualitativo nell’ambito di una discriminazione indiretta (al riguardo supra, paragrafo 59 e paragrafo 74 e segg.) e del divieto dell’abuso di diritto (e rispettivamente del divieto di agire in modo contraddittorio) riconosciuto dal diritto dell’Unione, tale questione, in linea di principio – ed esclusivamente nel rispetto, tuttavia, di requisiti estremamente rigorosi – dev’essere risolta affermativamente,.

87.      L’obiettivo del criterio qualitativo consiste, segnatamente, nell’escludere correlazioni quantitative meramente casuali dall’ambito della discriminazione indiretta. In certo qual modo, tale criterio tutela la giurisdizione tributaria dello Stato membro a fronte di restrizioni da parte del diritto dell’Unione, le quali, nel caso di una valutazione meramente quantitativa, potrebbero risultare unicamente da una prevalenza casuale di soggetti passivi stranieri in un determinato settore. Tuttavia, qualora la correlazione venga scelta in maniera consapevole ed esclusivamente in tale forma, al fine di svantaggiare miratamente soggetti passivi stranieri, difetta esattamente tale casualità e, pertanto, anche la meritevolezza di tutela dello Stato membro.

88.      Tale approccio può essere fondato sul principio generale del divieto dell’abuso di diritto (48), il quale si applica, a livello dell’Unione, non solo ai soggetti passivi (v. nel frattempo, a livello dell’Unione, articolo 6 della direttiva 2016/1164 (49)). Al pari dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona (50), ritengo che anche gli Stati membri siano in definitiva assoggettati, attraverso l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, a tale principio generale di diritto.

89.      In tal senso, la Corte ha già dichiarato che il diritto dell’Unione si basa sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, riconoscendo che questi condividono con il medesimo, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE. È proprio in tale contesto che spetta agli Stati membri, in virtù del principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, garantire in particolare, nei loro rispettivi territori, l’applicazione e il rispetto del diritto dell’Unione e adottare, a tal fine, ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione (51).

90.      In particolare, l’articolo 4, paragrafo 3, terzo comma, TUE impone agli Stati membri di astenersi da qualsiasi misura idonea a compromettere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Tuttavia, qualora competenze sussistenti a livello nazionale (nella specie, l’introduzione di un’ulteriore imposta sul reddito) vengano scelte in maniera consapevole ed esclusiva in una forma atta a svantaggiare soltanto le imprese straniere e a limitarle pertanto nelle loro libertà fondamentali riconosciute dal diritto dell’Unione (e dunque al fine di eludere il diritto dell’Unione), ciò costituisce una violazione del principio sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE e può senz’altro essere considerato, a determinate condizioni, un abuso di diritto. In tali circostanze, può allora essere ivi ravvisata anche una discriminazione indiretta.

91.      Dalle perplessità illustrate supra risulta peraltro anche che si deve trattare, al riguardo, di un’eccezione estremamente limitata, la quale, nel rispetto dell’autonomia degli Stati membri, dev’essere attuata restrittivamente ed esige una dimostrazione concreta. Un caso di abuso di diritto da parte di uno Stato membro non può in alcun caso essere ritenuto sussistente con leggerezza, sulla base di mere speculazioni, di statistiche insufficientemente comprovate, di mere singole dichiarazioni (52) o di altre congetture.

92.      Devono pertanto sussistere elementi univoci che indichino che il trattamento sfavorevole delle società straniere costituiva l’obiettivo primario della misura, il quale è stato percepito e appoggiato come tale dallo Stato membro (e non solo dalle singole persone coinvolte) e non dev’essere neanche ravvisabile un’altra ragione oggettiva per il regime scelto.

ii)    Prova di un’intenzione discriminatoria rilevante

93.      Nella specie, sussistono notevoli dubbi al riguardo. La Commissione fonda la sussistenza di un’intento discriminatorio, da un lato, sul rilievo secondo cui la linea che separa lo scaglione di fatturato più elevato (più di cinque miliardi di fiorini) da quello medio (fra 500 milioni e cinque miliardi di fiorini) costituirebbe pressoché esattamente la linea di demarcazione fra società nazionali e straniere.

94.      Ciò non può tuttavia essere desunto del tutto dai dati prodotti. Nel primo anno d’applicazione dell’imposta, secondo la Commissione, 16 imprese sono rientrate nello scaglione progressivo più elevato; 6 di esse non erano controllate da azionisti di altri Stati membri e le due imprese di dimensioni maggiori erano detenute “solo” al 70,5 e rispettivamente al 75% da azionisti di altri Stati membri. Nello scaglione progressivo successivo, fra le circa 30 imprese prese in considerazione si trovano anche, stando alle informazioni della Commissione, nove imprese detenute a maggioranza da azionisti di altri Stati membri. Difficilmente si può pertanto parlare di una chiara linea di demarcazione.

95.      Dall’altro lato, la Commissione richiama le dichiarazioni espresse nel corrispondente dibattito parlamentare, nonché estratti dai documenti governativi, dai quali risulterebbe la finalità discriminatoria dell’imposta. Tuttavia, i termini utilizzati in tale dibattito parlamentare, il quale verteva sull’introduzione di una cosiddetta imposta di crisi (con tale imposta, l’Ungheria ha tentato di rispettare di nuovo i criteri concernenti il disavanzo di bilancio dell’Unione), sono estremamente simili a quelli dell’attuale dibattito in materia di BEPS (53). Sia allora sia adesso, oggetto di discussione era, e rispettivamente è non la tassazione più pesante delle imprese straniere, bensì la tassazione più pesante delle imprese multinazionali.

96.      Il dibattito parlamentare verteva in sostanza, infatti, sul problema consistente nel fatto che grandi gruppi multinazionali riescono a ridurre al minimo i loro utili in Ungheria, cosicché l’onere fiscale verrà a gravare essenzialmente sulle piccole e medie imprese, situazione che la legge relativa all’imposta straordinaria è intesa a prevenire parzialmente. L’attenzione principale era rivolta, al riguardo, alle imprese multinazionali, le cui pratiche fiscali costituivano anche una delle cause principali della discussione in materia di BEPS (54). Come emerge da un’ulteriore statistica sottoposta alla Corte, nel 2010, solo la metà delle dieci imprese con il fatturato più elevato in Ungheria ha versato un’imposta sulle società. Si tratta, al riguardo, sia di imprese detenute da soggetti nazionali sia di imprese detenute da soggetti di altri Stati membri. Un collegamento al fatturato potrebbe senz’altro tentare di porre rimedio a tale circostanza. Ciò è conforme anche all’approccio assunto dalla Commissione in relazione all’imposta sui servizi digitali prevista a livello dell’Unione (55). Anche quest’ultima tenta di ottenere una partecipazione maggiore delle imprese multinazionali (in tal caso provenienti prevalentemente da determinati paesi terzi) alle spese della collettività, qualora esse realizzino profitti nell’Unione, ma non siano ivi soggette all’imposta sul reddito. In ciò non può pertanto essere fondato l’addebito di un abuso di diritto nei confronti dell’Ungheria.

97.      In particolare, la Commissione si limita a richiamare le dichiarazioni di tre parlamentari rese nel dibattito parlamentare e taluni estratti da documenti governativi. Anche ciò non mi sembra sufficiente a fondare l’addebito di un abuso di diritto nei confronti di uno Stato membro. Se le dichiarazioni rese in un dibattito parlamentare fossero sufficienti, l’opposizione (o persino un singolo deputato) sarebbe in grado di silurare qualsiasi decisione del legislatore tramite una corrispondente dichiarazione.

98.      Poiché, di norma, il governo è vincolato alla decisione del Parlamento e non viceversa, esito anche io a fondarmi su singoli documenti governativi. Più importante è la motivazione ufficiale (giuridica) della legge, e non la mera motivazione politica del contenuto della legge nei confronti degli elettori (56). Dalla prima non si evince, tuttavia, che l’obiettivo di tale imposta consisteva nel tassare in via primaria i soggetti di altri Stati membri.

99.      Inoltre, il limite di 500 milioni di fiorini per il primo scaglione d’imposizione non comprende esclusivamente imprese straniere. Anche ogni nuova impresa operante sul mercato ungherese delle telecomunicazioni, sia nazionale sia straniera, beneficerebbe di un minimo esente. In tal senso, la struttura dell’aliquota d’imposta scelta favorisce principalmente le imprese minori, in particolare le cosiddette start-up, rispetto a quelle maggiori, già affermate in maniera stabile sul mercato (57). Spetta al legislatore nazionale stabilire se il limite di 5 miliardi di fiorini di fatturato sia la soglia «migliore» o se non sarebbe invece stato «meglio» un altro importo; tale decisione, al di là dell’abuso, non può essere oggetto di riesame né da parte della Corte né da parte della Commissione.

100. Nei termini in cui è formulata, non reputo pertinente la tesi sostenuta dalla Vodafone e, a grandi linee, anche dalla Commissione all’udienza, secondo la quale solo una tassazione dei redditi basata sugli utili è conforme al principio dell’imposizione in funzione della capacità contributiva. Anche se il fatturato non costituisce un indizio automatico di capacità finanziaria, la presunzione generale evidentemente avanzata dal legislatore ungherese, secondo la quale le imprese più grandi (ossia con un fatturato più elevato) dispongono anche di una capacità finanziaria superiore, in linea di principio, rispetto alle imprese più piccole (v., al riguardo, anche il preambolo della legge relativa all’imposta straordinaria), non è in ogni caso irragionevole (58). Come osservato correttamente dalla Polonia all’udienza, anche il settore bancario (privato), ad esempio, opera una distinzione, in sede di concessione di crediti, a seconda del volume del fatturato del mutuatario.

101. A ciò si aggiunge che il riferimento al fatturato lascia meno margine per modelli delle imprese multinazionali, il che costituisce uno dei punti principali della cosiddetta discussione in materia di BEPS dell’ultimo decennio ed era inoltre un elemento portante nel dibattito parlamentare ungherese. Anche la Commissione propone un’imposta sui servizi digitali basata sul fatturato per determinate imprese del settore digitale con un fatturato consistente. Tale tecnica impositiva viene espressamente motivata, al considerando 23 (59), con il fatto che «le imprese più grandi (…) hanno maggiori possibilità di praticare la pianificazione fiscale aggressiva».

102. Se già la Commissione reputa opportuna un’imposta progressiva basata sul fatturato per determinate imprese, al fine di introdurre una giustizia fiscale fra imprese maggiori, operanti a livello mondiale, e imprese minori, operanti (soltanto) a livello europeo, un’imposta nazionale analoga, la quale intenda far partecipare in misura maggiore agli oneri comuni le imprese più grandi rispetto a quelle più piccole, difficilmente può, in linea di principio, configurare un abuso di diritto.

d)      Conclusione parziale

103. Non sussiste una restrizione indiretta delle libertà fondamentali causata dall’introduzione dell’imposta sul reddito progressiva, basata sul fatturato, per le imprese di telecomunicazioni. Da un lato, il criterio di collegamento del fatturato, scelto dal legislatore ungherese, non è caratterizzato, per sua stessa natura, da un trattamento sfavorevole della fattispecie transfrontaliera. Dall’altro, in assenza di prove sufficientemente circostanziate e alla luce di un motivo oggettivo per la costruzione, allo Stato membro Ungheria non può essere contestato al riguardo un abuso di diritto.

e)      Situazione obiettivamente comparabile

104. Qualora dovesse ciononostante essere ritenuta sussistente una discriminazione (indiretta), nella giurisprudenza della Corte viene talvolta verificato, quale requisito supplementare di una discriminazione, se i due gruppi oggetto di trattamento differenziato si trovino in una situazione obiettivamente comparabile (60).

105. Come ho già avuto modo di affermare ripetutamente nelle mie conclusioni (61), si tratta al riguardo di un criterio che non consente delimitazioni valide. Piuttosto, nell’ambito di tale verifica, singoli motivi di giustificazione – in una portata in definitiva indeterminata (62) – vengono spostati a monte e sottratti in tal modo ad un esame della proporzionalità. Talvolta, anche la Corte rinuncia dunque correttamente a verificare la comparabilità oggettiva (63). Tale criterio dovrebbe essere pertanto abbandonato.

106. Per contro, qualora si continuasse ad applicare il criterio della situazione obiettivamente comparabile, si porrebbe in particolare la questione se imprese con un fatturato più elevato e imprese con livelli di fatturato più basso non si trovino in una situazione oggettivamente diversa in quanto dispongono di una capacità contributiva diversa. Affronterò tale questione nel prosieguo, nell’ambito, tuttavia, dell’esame della giustificazione, parimenti effettuato in subordine.

3.      In subordine: giustificazione di una discriminazione indiretta

107. Nel caso in cui la Corte dovesse assumere la sussistenza di una discriminazione indiretta basata sul collegamento all’ammontare del fatturato, si pone la questione, in subordine, se la diversa aliquota media dell’imposta che ne risulta sia giustificata. Una restrizione delle libertà fondamentali può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso (64).

a)      Motivi imperativi di interesse generale

108. Come risulta dal preambolo della legge relativa all’imposta straordinaria, l’imposta straordinaria è intesa al riequilibrio del bilancio a carico dei contribuenti la cui capacità contributiva agli oneri pubblici sia superiore agli obblighi tributari generali. È ben vero che la Corte ha precisato che il riassetto dell’equilibrio finanziario per effetto dell’incremento degli introiti fiscali non può giustificare un sistema fiscale come quello in esame (65). Nella specie, lo speciale meccanismo dell’imposta non dev’essere tuttavia giustificato con meri interessi fiscali, bensì con un collegamento alla diversa forza economica dei contribuenti, ossia tenendo conto di un’equa ripartizione degli oneri nella società.

109. Come già ripetutamente sottolineato nelle mie conclusioni, concordo con la Commissione (66) che la diversa capacità contributiva di un contribuente può, in linea di principio, giustificare una disparità di trattamento dei soggetti passivi (67) Anche la Corte ha riconosciuto il principio della tassazione in conformità alla capacità contributiva, in ogni caso nell’ambito del motivo di giustificazione della coerenza del sistema tributario (68).

110. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che in numerosi Stati membri il principio della tassazione in base alla capacità contributiva è addirittura un principio costituzionale, sancito talvolta espressamente nelle Costituzioni (69), desunto talvolta dai giudici supremi nazionali dal principio della parità di trattamento (70). Poiché anche l’entità del fatturato può essere considerata quale indizio di una determinata capacità contributiva (v. supra, paragrafo 100), tale motivo di giustificazione è, nella specie, operante.

111. È inoltre pacifico, nel diritto tributario, che, in linea di principio, sussiste un legittimo interesse dello Stato ad applicare anche aliquote d’imposta progressive. Il fatto che i soggetti con una maggiore capacità finanziaria possano essere chiamati a contribuire anche in maniera proporzionalmente superiore alle spese della collettività, è ampiamente diffuso anche all’intero degli Stati membri, quantomeno nel caso di imposte calcolate sulla base degli utili. Persino l’Unione europea ricorre, per la tassazione dei suoi funzionari e dipendenti, ad un’aliquota progressiva (71).

112. Tale approccio è riconducibile, di norma – in ogni caso in uno Stato sociale – all’obiettivo consistente nell’alleviare i soggetti socialmente più deboli e nel riassegnare parzialmente, con l’ausilio del diritto tributario, i fondi distribuiti in parte in modo decisamente impari. Tale obiettivo proprio dello Stato sociale giustifica, in linea di principio, anche una certa disparità di trattamento dovuta ad un’aliquota l’imposta progressiva.

113. Poiché, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, TUE, l’Unione non solo instaura un mercato interno, ma promuove anche la protezione sociale, anche tali motivi inerenti allo Stato sociale – come affermato dalla Polonia all’udienza – possono giustificare sotto il profilo del diritto dell’Unione un’aliquota d’imposta progressiva. Ciò vale in ogni caso per un’imposta che interessa non solo le imprese, ma anche le persone fisiche, come avviene ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2 della legge relativa all’imposta straordinaria.

114. Di conseguenza, il motivo di giustificazione di una tassazione basata sulla capacità finanziaria in combinato con il principio dello Stato sociale può giustificare una restrizione delle libertà fondamentali.

b)      Proporzionalità della restrizione

115. La restrizione della libertà fondamentale dev’essere inoltre idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non può andare al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo (72).

1)      Idoneità

116. Secondo la giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo fatto valere solo qualora risponda effettivamente all’intento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (73).

117. Al riguardo, la Corte tiene conto della discrezionalità riconosciuta agli Stati membri in sede di emanazione di leggi generali (74). In particolare, il legislatore è chiamato a compiere scelte di natura politica, economica e sociale. Egli deve parimenti effettuare valutazioni complesse (75). In materia fiscale, in assenza di armonizzazione da parte del diritto dell’Unione, il legislatore nazionale dispone pertanto di una certa discrezionalità nell’istituzione di imposte. Di conseguenza, l’obbligo di coerenza menzionato supra deve intendersi rispettato a condizione che l’imposta straordinaria non sia manifestamente inidonea a conseguire l’obiettivo perseguito (76).

118. Nella misura in cui l’imposta straordinaria prende in considerazione, nella specie, la capacità economica delle imprese soggetti passivi, essa si fonda evidentemente sulla presunzione, come illustrato supra, che le imprese con un fatturato più elevato abbiano una capacità contributiva superiore a quelle con un fatturato più basso.

119. Avverso tale presunzione la Commissione eccepisce, nel presente procedimento, che il fatturato costituirebbe unicamente un indizio delle dimensioni e della posizione sul mercato di un’impresa, ma non della sua capacità finanziaria. Un aumento del fatturato non sarebbe automaticamente accompagnato da un aumento degli utili. Non sussisterebbe pertanto un nesso diretto fra il fatturato e la capacità finanziaria di un’impresa. Tale ragionamento della Commissione stupisce, poiché la prevista imposta sui servizi digitali a livello dell’Unione, basata sul fatturato, viene in sostanza motivata in base al ragionamento opposto (77).

120. In definitiva, alla Commissione, nel presente procedimento, sfugge il fatto che un nesso diretto fra l’oggetto dell’imposta (nella specie, il fatturato) e l’obiettivo dell’imposta (nella specie, la tassazione della capacità contributiva), come richiesto dalla Commissione, non è necessario per fondare l’idoneità della misura. Requisiti a tal punto rigorosi risulterebbero in contraddizione con il potere discrezionale degli Stati membri richiamato supra. Piuttosto, occorre muovere dal presupposto dell’inidoneità della misura solo qualora non sia in generale ravvisabile alcun nesso.

121. Nel caso in esame è tuttavia senz’altro ravvisabile un nesso indiretto fra il fatturato annuo realizzato e una capacità finanziaria. Come già affermato nelle mie conclusioni nella causa Hervis Sport, il volume del fatturato può senz’altro rappresentare un indicatore caratterizzante la capacità fiscale. In tal senso depone, da un lato, il fatto che utili elevati possano essere conseguiti soltanto in presenza di fatturati importanti e, dall’altro, che, di norma, l’utile per unità derivante da un fatturato aggiuntivo (ricavi marginali) aumenta in considerazione della riduzione dei costi fissi (78). Pertanto, non sembra affatto ingiustificabile valutare il fatturato quale espressione delle dimensioni o della posizione sul mercato e i potenziali utili di un’impresa anche quale espressione della sua capacità finanziaria, con conseguente tassazione in base a tale criterio.

122. Diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione all’udienza, per la disparità di trattamento non è determinante se l’aliquota progressiva venga applicata nel caso di un’imposta basata sugli utili o di un’imposta basata sul fatturato. Anche l’utile di un’impresa è soltanto un dato di calcolo, il quale indica una capacità contributiva (imponibile) fittizia e non sempre coincide con la capacità contributiva reale. Ciò risulta in maniera evidente nel caso di detrazioni straordinarie elevate, le quali diminuiscono l’utile solo fittiziamente, ma non realmente (cosiddette riserve latenti) oppure nel caso delle cosiddette «sopravvenienze da esdebitamento» (la rinuncia ad un credito da parte di un creditore di un’impresa insolvente da luogo presso quest’ultima, sotto il profilo contabile, ad un utile nel bilancio).

123. A ciò si aggiunge che il fatturato, in certo qual modo, può essere persino più idoneo a riflettere la capacità finanziaria di un’impresa rispetto all’utile. Diversamente dall’utile, il fatturato può segnatamente essere oggetto in misura molto minore di una riduzione a causa della diminuzione della base imponibile o del trasferimento di utili, ad esempio tramite prezzi di trasferimento. Il collegamento al fatturato può pertanto costituire anche uno strumento efficace per contrastare una pianificazione fiscale aggressiva, come sottolineato correttamente dalla Commissione in relazione all’imposta sui servizi digitali basata sul fatturato da essa proposta (79).

124. L’imposta straordinaria ungherese non è pertanto manifestamente inidonea a realizzare gli obiettivi summenzionati.

2)      Necessità

125. Secondo costante giurisprudenza della Corte, nel valutare la necessità nell’ambito della proporzionalità occorre tener conto del fatto che, qualora sia possibile una scelta tra più misure idonee, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (80).

126. Nella specie, si pone la questione se una tassazione del fatturato venga in considerazione, rispetto ad una tassazione dell’utile, quale misura eventualmente meno restrittiva, ma parimenti idonea. Ci si potrebbe domandare, al riguardo, se una tassazione del redditi in base agli utili costituisca una misura meno restrittiva, parimenti idonea, in quanto essa consente di prevenire casi in cui le imprese, nonostante perdite elevate, vengano gravate dall’imposta straordinaria.

127. Un’imposta sul reddito basata sugli utili non costituisce, tuttavia, una misura meno restrittiva e parimenti idonea, bensì un aliud rispetto ad un’imposta sul reddito basata sul fatturato. Il tipo di tecnica impositiva del reddito (basata sul fatturato o basata sugli utili) non consente di chiarire se, nel caso di una perdita reale, debbano anche essere versate le imposte. Anche un’imposta sul reddito basata sugli utili può dar luogo ad una tassazione, sebbene l’impresa generi perdite. Ciò avviene, ad esempio, qualora determinate spese operative – o anche prezzi di trasferimento – non vengano riconosciute oppure qualora un creditore, nel caso di una crisi, rinunci ad un credito (cosiddetta «sopravvenienza da esdebitamento»). Il problema generale di una tassazione anche in assenza di una capacità finanziaria vera (ossia reale) prevista da una legge nazionale relativa all’imposta sul reddito è in via primaria un problema del diritto nazionale e dei diritti fondamentali nazionali, e non è invece, in linea di principio, in assenza di armonizzazione, un problema del diritto dell’Unione.

128. Inoltre, un’imposta sul reddito basata sugli utili non è neanche altrettanto idonea a conseguire una tassazione efficace e più resistente a fronte di eventuali costruzioni elusive. Il collegamento al fatturato quale base imponibile presenta il vantaggio decisivo che esso è più agevole da determinare e non consente ovvero consente solo in misura minima strategie di elusione.

129. Di conseguenza, non sussiste, in definitiva, alcun dubbio neanche quanto alla necessità della concreta configurazione dell’imposta straordinaria alla luce dell’obiettivo perseguito.

3)      Adeguatezza

130. Le restrizioni a una libertà fondamentale devono inoltre essere anche adeguate all’obiettivo perseguito(81). Ciò impone che la restrizione e le sue conseguenze non siano sproporzionate rispetto a quest’ultimo (82). Nella specie, a quanto consta, ciò non avviene.

131. Al riguardo, occorre anzitutto rilevare, da un lato, che l’obiettivo di un’equa ripartizione degli oneri in una società riveste senz’altro un’importanza elevata per un legislatore tributario. Lo stesso vale per l’obiettivo consistente nel rispettare di nuovo i criteri di stabilità. Neanche una partecipazione proporzionalmente superiore di soggetti muniti di capacità contributiva proporzionalmente superiore al fine di alleviare i soggetti che hanno una capacità contributiva inferiore è, di per sé, inadeguata. La situazione può essere differente non appena un’imposta abbia un effetto di soffocamento e sia pertanto assimilabile ad un divieto dell’operazione imponibile.

132. Dall’altro lato, gli effetti della misura non sembrano eccessivamente gravi. In particolare, l’imposta straordinaria non rende evidentemente impossibile un’attività economicamente redditizia nel mercato ungherese delle telecomunicazioni. Essa non sembra esplicare un effetto di soffocamento, come gli anni passati hanno mostrato. Inoltre, stando a quanto indicato dall’Ungheria all’udienza, l’imposta straordinaria riduce anche l’utile, cosicché ad essa è correlata una riduzione dell’imposta sul reddito basata sugli utili, laddove vengano versate imposte sui redditi. A ciò si aggiunge che essa è stata riscossa fin dall’inizio quale cosiddetta imposta di crisi solo per tre anni, cosicché la stessa aveva un carattere meramente provvisorio.

133. In definitiva, una restrizione della libertà di stabilimento da parte di un’imposta sul reddito progressiva basata sul fatturato a carico di imprese di telecomunicazioni con un fatturato elevato sarebbe pertanto giustificata.

4.      Conclusione sulla prima questione

134. Gli articoli 49 e 54 TFUE non ostano all’imposta straordinaria ungherese per il mercato delle telecomunicazioni.

C.      Seconda questione pregiudiziale: Violazione del divieto di aiuti

135. Resta pertanto da verificare la natura di aiuto dell’imposta straordinaria progressiva ungherese per il mercato delle telecomunicazioni. Il giudice del rinvio ravvisa tale natura nel fatto che l’aliquota massima del 6,5% si applichi solamente con il superamento di determinate soglie di fatturato.

1.      Sulla ricevibilità della seconda questione pregiudiziale

136. Occorre tuttavia acclarare, anzitutto, se la domanda di pronuncia pregiudiziale sia in generale ricevibile con riferimento alla seconda questione. Tale interrogativo si pone alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte, secondo la quale il debitore di un tributo non può eccepire, al fine di sottrarsi al pagamento di tale tributo,    che l’esenzione di cui fruiscono altre imprese costituirebbe un aiuto di Stato(83).

137. Nella misura in cui, peraltro, l’imposta venga impiegata a determinati fini e pertanto, in particolare, al fine di favorire altre imprese, occorre tuttavia verificare se il suo gettito sia utilizzato con modalità appropriate sotto il profilo della normativa in materia di aiuti (84). In un caso del genere, il debitore d’imposta interessato può contestare anche il proprio onere, il quale è necessariamente correlato al trattamento favorevole di terzi.

138. Una simile situazione non ricorre tuttavia nella specie. Nel caso in esame, l’onere incombente sul ricorrente nel procedimento principale risulta da un’imposta generale che confluisce nel bilancio generale dello Stato e che non favorisce, dunque, concretamente un terzo. Il ricorrente si limita pertanto a contestare, nel caso in esame, un avviso di maggiore imposta al medesimo rivolto reputandolo illegittimo, in quanto altri soggetti passivi non verrebbero tassati in egual misura.

139. Di conseguenza, la Vodafone non può invocare, dinanzi ai giudici nazionali, l’illegittimità dell’esenzione fiscale concessa ad altre imprese al fine di sottrarsi al versamento di tale imposta.

140. Solo la decisione della Corte Air Liquide Industries Belgium (85) sembra contraddire tale conclusione. Secondo tale sentenza, ai fini della ricevibilità di alcune questioni pregiudiziali dovrebbe essere sufficiente che «le istanze» del soggetto passivo intendessero anche «mettere in discussione la validità degli strumenti giuridici». Non è necessario chiedersi se ciò avvenga in un procedimento sulla legittimità di un avviso d’imposta come nel caso di specie. Infatti, persino in tale decisione la Corte ha successivamente sottolineato a ragione che il «debitor[e] di un tributo non p[uò] eccepire che l’esonero di cui fruiscono altre imprese costituisca un aiuto statale per sottrarsi al pagamento di detto tributo» (86). Ma se è così, la questione degli aiuti a favore di un altro in un processo che verte unicamente sul proprio debito d’imposta – come nella specie – non è rilevante ai fini della decisione e non è quindi ricevibile.

141. Al riguardo, occorre anche tenere conto del fatto che, in linea di principio, spetta alla Commissione provvedere al recupero di un aiuto illegittimamente concesso, come ribadito recentemente dalla Corte (87). Una mancata imposizione della Vodafone non configurerebbe, tuttavia, un recupero, bensì estenderebbe l’aiuto ad un’ulteriore persona (nella specie, la Vodafone) e non eliminerebbe pertanto la distorsione della concorrenza, bensì la rafforzerebbe.

142. È pertanto conforme alla richiamata giurisprudenza la facoltà di un giudice chiamato a decidere sulla concessione di un esenzione fiscale – come nel caso della A-Brauerei (88) – di sottoporre tale questione alla Corte. Tale caso non è paragonabile a quello in esame, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione all’udienza, vertendo, infatti, sulla concessione dell’aiuto al beneficiario e non sull’annullamento di un avviso d’imposta a favore di un terzo (nella specie, la Vodafone), il quale intenda estendere a se stesso l’aiuto.

143. A ciò non si può neppure eccepire che un recupero tramite una tassazione a posteriori delle imprese più piccole – come affermato dalla Vodafone all’udienza – non sarebbe possibile. Qualora un recupero dell’aiuto da parte dello Stato membro non sia eccezionalmente possibile, esso, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999 (89), non può neanche essere recuperato. Come dichiarato dalla Corte, il principio secondo cui «ad impossibilia nemo tenetur» fa parte dei principi generali di diritto dell’Unione (90). Anche in un caso del genere, né gli articoli 107 e 108 TFUE né le disposizioni del summenzionato regolamento prevedono pertanto per il passato un’estensione dell’aiuto ad ulteriori persone.

144. La ricevibilità della questione pregiudiziale non può essere desunta – diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione all’udienza – neanche dalla più recente decisione della Corte nella causa ANGED (91), riguardante un’imposta sul settore al dettaglio (basata sulla superficie) spagnola. Tale procedimento dinanzi al giudice nazionale aveva ad oggetto la verifica della legge stessa (con effetto erga omnes) e non soltanto la verifica del singolo avviso d’imposta. Pertanto, in tal sede, ulteriori considerazioni concernenti l’articolo 107 TFUE erano perlomeno utili per il giudice del rinvio, ragion per cui la Corte ha correttamente affermato la ricevibilità della questione pregiudiziale.

145. Tuttavia, qualora gli effetti della sentenza si estendano unicamente alla parte in causa, la quale – come confermato nella specie dalle parti nel procedimento – si limiti ad impugnare l’avviso di maggiore imposta, l’argomentazione elaborata dalla Corte nella causa ANGED è allora inoperante e resta pertanto valido anche il principio menzionato supra. In conformità alla giurisprudenza costante della Corte – la quale richiama persino la decisione della Corte Air Liquide Industries Belgium (92) – la seconda questione è pertanto, nel presente procedimento, irricevibile (93).

146. Il ricorrente conserva la possibilità di ottenere un esame astratto della legge dinanzi ad un giudice nazionale il quale, in tal caso, può avviare un corrispondente procedimento pregiudiziale.

147. Sulla base delle suesposte considerazioni, non sussiste né un motivo né una necessità di discostarsi dall’attuale giurisprudenza della Corte, secondo la quale il debitore di un tributo non può eccepire che l’esenzione di cui fruiscono altre imprese costituirebbe un aiuto di Stato per sottrarsi al pagamento del tributo medesimo (94). La domanda di pronuncia pregiudiziale è pertanto già irricevibile con riferimento alla sua seconda questione.

2.       In subordine: valutazione sotto il profilo giuridico

148. Qualora la Corte dovesse ciononostante affermare la ricevibilità della seconda questione, essa dovrebbe verificare se nella tassazione ridotta (connessa al fatturato) delle medie imprese e rispettivamente nell’esenzione (connessa al fatturato) delle imprese più piccole, sia ravvisabile un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

149. Secondo consolidata giurisprudenza della Corte, la qualificazione come «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, esige, in primo luogo, che si tratti di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento dev’essere idoneo a incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (95).

150. Il criterio decisivo è, nella specie, quello del vantaggio selettivo. In altre parole, si pone la questione se un’aliquota d’imposta progressiva costituisca un vantaggio selettivo giustificabile per coloro che, per effetto della progressione, siano soggetti, rispetto ad altri contribuenti, ad un obbligo contributivo minore in termini sia assoluti sia relativi. In tempi non molto remoti, tale questione sarebbe stata risolta in maniera chiara ed univoca negativamente. Adesso, proprio tale questione è oggetto del presente procedimento

151. Tale circostanza ha indotto l’avvocato generale Øe a mettere radicalmente in discussione lo schema di valutazione impiegato finora dalla Corte. Egli ha sostenuto espressamente quanto segue (96):

«Per fare un esempio estremo, una misura che prevede aliquote d’imposta progressive, definite in funzione del livello del reddito, costituisce indubbiamente una misura generale secondo il metodo di analisi classico, in quanto tutte le imprese possono beneficiare dell’aliquota più favorevole. Per contro, in base al metodo del quadro di riferimento, le aliquote più favorevoli costituiscono una differenziazione che va convalidata sia sulla base dell’assenza di comparabilità (secondo stadio) sia in virtù dell’esistenza di una giustificazione attinente alla natura o alla struttura del regime di cui trattasi (terzo stadio). Per essere totalmente chiaro, non intendo evidentemente asserire che il metodo del quadro di riferimento condurrebbe automaticamente a considerare «selettive» delle aliquote d’imposta progressive (97), ma piuttosto che esso implica tale possibilità in quanto induce a interrogarsi sulla legittimità di misure che sono escluse a monte dal metodo di analisi classico. Tale rischio di estendere la disciplina degli aiuti di Stato potrebbe riguardare, in particolare, misure simili a quelle che in passato la Corte ha considerato “generali”».

152. Condivido tali perplessità, ma ritengo che di esse possa tenersi conto anche nell’ambito del cosiddetto metodo del quadro di riferimento. In base a tale metodo, occorre verificare, anzitutto, ove debba essere ravvisato un vantaggio (al riguardo paragrafo 154 e segg.), che potrebbe essere considerato selettivo (al riguardo paragrafo 158 e segg.).

a)      Sulla nozione di vantaggio

153. Per quanto riguarda la questione se le disposizioni di cui al procedimento principale conferiscano un vantaggio al beneficiario, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, siano atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che debbano essere considerati come un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni di mercato normali (98).

154. Anche un vantaggio fiscale che, pur non essendo collegato al trasferimento di risorse statali, ponga tuttavia i soggetti beneficiari in una posizione più favorevole dal punto di vista finanziario rispetto agli altri soggetti passivi, può rientrare nell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (99). Sono, in particolare, considerati aiuti gli interventi i quali, in varie forme, allevino gli oneri gravanti di regola sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, presentino la stessa natura e producano identici effetti (100).

155. Con riferimento all’esenzione e alla tassazione ridotta, già difetta un vantaggio. Tutte le imprese – quelle piccole così come quelle grandi – non vengono tassate in maniera ridotta con un fatturato fino a 500 milioni di HUF e da 500 milioni a 5 miliardi di HUF. Ciò vale anche per la Vodafone.

156. Tutt’al più la diversa aliquota media risultante dalla progressione – alla quale si richiamano tanto la Vodafone quanto la Commissione – costituisce un vantaggio che favorisce il soggetto passivo con un fatturato più basso.

b)      Selettività del vantaggio nel diritto tributario

157. A tal riguardo, occorre verificare se l’aliquota media inferiore nel caso di un fatturato più basso «favor[isca] talune imprese o talune produzioni» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, vale a dire, se sussista un «vantaggio selettivo» in linea con la giurisprudenza della Corte.

158. L’esame di tale selettività è sempre fonte, nel caso delle normative degli Stati membri in materia fiscale, di notevoli difficoltà (101). La giurisprudenza della Corte ribadisce costantemente, quale punto di partenza, il principio che un regime fiscale non è selettivo quando avvantaggia indistintamente l’insieme degli operatori economici (102). Alla luce di tale giurisprudenza, la selettività dovrebbe essere negata. Non discende una conclusione diversa dalla decisione World Duty Free Group (103). Tale decisione, infatti, riguardava un particolare caso di «promozione delle esportazioni» delle imprese nazionali per investimenti all’estero a danno delle imprese straniere, contraria al principio giuridico sancito dall’articolo 111 TFUE. Pertanto, specifiche sovvenzioni all’esportazione possono soddisfare il criterio della selettività anche se si applicano a tutti i soggetti passivi.

159. Neanche la circostanza che un regime fiscale avvantaggi soltanto quelle imprese che ne soddisfino i requisiti – nella specie, il mancato raggiungimento di determinate soglie – può, di per sé, conferire al medesimo carattere selettivo (104). Alla luce di tale considerazione, la selettività dovrebbe essere negata anche nella specie .

160. È al contempo pacifico, tuttavia, che le leggi tributarie generali debbano essere parimenti valutate alla luce del divieto di aiuti ai sensi dell’articolo 107 TFUE (105). Per questo motivo, la Corte ha fissato, nel caso di vantaggi fiscali, requisiti specifici per l’accertamento del loro carattere selettivo. La questione se si debba parlare, in tal caso, di un approccio a due fasi o a tre fasi, non è al riguardo decisiva (106). Determinante è sempre se i requisiti per il conseguimento del vantaggio fiscale previsti dal regime tributario nazionale siano stati scelti in modo non discriminatorio (107).

161. A tal fine è necessaria, in un primo momento, l’identificazione del regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. Successivamente, a fronte di tale regime tributario comune o «normale», occorre valutare l’eventuale selettività del vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata (108). Tale selettività presuppone la sussistenza di una disparità di trattamento di imprese che si trovano in una situazione analoga, la quale non possa essere giustificata. Al riguardo – perlomeno all’interno di un procedimento in materia di aiuti – la Commissione deve sopportare l’onere della prova per la disparità di trattamento e lo Stato membro l’onere della prova per la giustificazione (109).

162. Condivido la posizione dell’avvocato generale Bobek (110), secondo cui l’esame della selettività è, in definitiva, «soltanto» un esame della discriminazione. Pertanto, verificherò anzitutto la sussistenza di una disparità di trattamento (al riguardo paragrafo 174 e segg.) e, successivamente, quella di una giustificazione di tale disparità (al riguardo paragrafo 177 e segg.). In via preliminare, illustrerò i motivi per i quali il normale schema di valutazione debba essere leggermente modificato nel caso della prima creazione di un quadro di riferimento (al riguardo paragrafo 165).

1)      Modifica in occasione della prima creazione di un quadro di riferimento

163. Nel caso di normative tributarie generali, in particolare di quelle che creano per la prima volta un quadro di riferimento, è necessaria una verifica modificata intesa all’accertamento della loro selettività. Ciò in quanto la distinzione fiscale – diversamente da quanto accade per le sovvenzioni in senso stretto sotto forma di prestazioni in denaro – è necessariamente frutto di un regime tributario generale, applicabile a tutti in egual misura e il soggetto passivo è assoggettato a siffatte distinzioni eventualmente vantaggiose in maniera generale, automaticamente e senza un suo intervento. In tal senso, siffatta fattispecie si distingue notevolmente da un aiuto individuale «normale».

164. Tale verifica modificata è stata attuata dalla Corte, in sostanza, già nelle cause ANGED (111); neanche in tali cause vi era un quadro di riferimento, dal quale la normativa si discostava, bensì la normativa in oggetto era essa stessa il quadro di riferimento, il che è quanto avviene anche nella specie. L’aliquota progressiva non costituisce un’eccezione per determinate imprese ad un’aliquota «normale» (proporzionale?), bensì costituisce essa stessa la regola. Tale regola comporta che tutti i soggetti passivi siano assoggettati ad aliquote medie d’imposta diverse.

165. Secondo la giurisprudenza, tali distinzioni generali «vantaggiose» e che non costituiscono sovvenzioni in senso stretto possono però essere qualificate come aiuti solo se ne hanno la stessa natura e producono effetti identici (112). Ciò vale in particolar modo, alla luce dell’autonomia tributaria degli Stati membri, qualora esse definiscano per la prima volta il quadro di riferimento.

166. Solo quando uno Stato membro utilizza la definizione del quadro di riferimento come mezzo per assegnare vantaggi che si pongono al di fuori del sistema tributario sussiste un motivo per equiparare tali vantaggi fiscali alle sovvenzioni in senso stretto (113). In tal senso, una misura in deroga rispetto all’applicazione del sistema tributario generale può essere giustificata qualora lo Stato membro de quo possa dimostrare che tale misura discenda direttamente dai principi informatori o basilari del proprio sistema tributario (114). Distinzioni generali nell’ambito di un sistema tributario coerente possono pertanto difficilmente configurare un vantaggio selettivo.

167. Ad una lettura più attenta, tale principio è anche alla base della fondamentale decisione nella causa Gibraltar (115), alla quale la Commissione si richiama sostanzialmente nelle proprie osservazioni scritte. Anche in tale causa il quadro di riferimento veniva creato per la prima volta e comportava di fatto la mancata imponibilità di imprese off-shore, sebbene la nuova normativa in materia di imposta sul reddito fosse intesa a tassare in eguale misura (anche in funzione della loro capacità finanziaria) tutte le imprese. In tal caso, il legislatore aveva scelto criteri quali il monte salari e l’occupazione di immobili commerciali al fine di procedere ad una tassazione dei redditi basata sugli utili. La Corte – condizionata dal fatto che il Regno Unito non aveva invocato, nel procedimento in materia di aiuti, nessun motivo di giustificazione – ha accolto al riguardo l’incoerenza accertata dalla Commissione (116).

168. L’incoerenza della normativa tributaria può in definitiva costituire un indice, effettivamente, di un abuso della stessa normativa tributaria. Questa volta non è stato il soggetto passivo a scegliere costruzioni abusive per sottrarsi all’imposta. Piuttosto lo Stato membro – oggettivamente considerato – ha «abusato» della propria normativa tributaria per accordare sovvenzioni a singole imprese eludendo la normativa in materia di aiuti. Pertanto, la verifica della selettività è limitata, nel caso della creazione del sistema di riferimento, ad una verifica della coerenza del sistema istituito.

169. Nel caso della Gibraltar, la Corte ha correttamente negato, in definitiva, la sussistenza di coerenza. Né il monte salari né l’occupazione di immobili commerciali costituiscono fattori plausibili per una tassazione del reddito generale ed uniforme, la quale costituiva l’obiettivo della legge nazionale. Si pone tuttavia la questione se ciò valga anche per un’imposta sul reddito progressiva, basata sul fatturato. Se sia veramente incoerente riscuotere da un’impresa di telecomunicazioni con un fatturato elevato più imposte (sia in termini assoluti che relativi) che da un’impresa di telecomunicazioni con un fatturato più basso.

2)      Criterio di valutazione di una verifica della coerenza

170. È possibile tenere conto delle perplessità espresse dai diversi avvocati generali (117) (in particolare con riguardo ai problemi in sede di determinazione del quadro di riferimento corretto e di una verifica generale del criterio di uguaglianza di tutte le normative tributarie nazionali, nel rispetto dell’autonomia fiscale degli Stati membri) impiegando un criterio di valutazione meno rigoroso con riferimento alla coerenza fiscale di una normativa tributaria generale. In forza di un simile approccio, distinzioni generali in sede di creazione del sistema di riferimento costituiscono misure selettive soltanto qualora esse, alla luce dell’obiettivo della legge, non si basino su alcun fondamento razionale. Senza un siffatto criterio di valutazione meno rigoroso, la Corte dovrebbe in definitiva valutare qualsiasi distinzione in ciascuna normativa tributaria nazionale, poiché essa favorisce necessariamente un soggetto passivo e ne svantaggia un altro.

171. Di conseguenza, un vantaggio selettivo viene in considerazione solo qualora, da un lato, tale misura (nella specie, l’aliquota d’imposta progressiva) introduca differenziazioni tra operatori che si trovino manifestamente, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema tributario dello Stato membro medesimo, in una situazione di fatto e di diritto comparabile (118).

172. Anche quando tale condizione è soddisfatta, il vantaggio può essere giustificato, dall’altro lato, dalla natura o dagli obiettivi generali del sistema nel quale si inserisce, in particolare quando una disposizione fiscale si fonda direttamente sui principi informatori o basilari del sistema tributario nazionale (119); è sufficiente, peraltro, che questi ultimi siano comprensibili. Inoltre, anche motivi comprensibili estranei al diritto tributario possono giustificare una differenziazione, come è stato affermato nella causa ANGED ad esempio per motivi connessi all’ambiente e alla pianificazione degli spazi in relazione ad un’imposta sulle superfici adibite al commercio al dettaglio (120).

i)      Disparità di trattamento di imprese che si trovano in una situazione analoga

173. Occorre pertanto verificare, anzitutto, se sussista una disparità di trattamento non giustificabile nell’ambito del sistema tributario dello Stato membro. Inoltre, in base alla formulazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la disparità di trattamento ingiustificata di cui trattasi dovrebbe favorire una determinata impresa o una determinata produzione. Pertanto, in particolare nella sentenza Gibraltar, la Corte ha dichiarato che una normativa fiscale deve caratterizzare le imprese beneficiarie in virtù delle proprietà loro peculiari quale categoria privilegiata (121).

174. Ciò difetta, tuttavia, nel caso di un’imposta come quella in esame. Le imprese di telecomunicazioni più grandi e più piccole si differenziano proprio in ragione del loro fatturato e della capacità finanziaria che ne deriva. In base alla valutazione dello Stato membro, che nella specie non è manifestamente errata, esse non si trovano in una situazione giuridica e fattuale comparabile.

175. Lo stesso vale per le possibilità delle imprese più grandi di ridurre al minimo una tassazione dei redditi basata sugli utili tramite costruzioni fiscali. Neanche il fatto che tale possibilità aumenti con le dimensioni di un’impresa è manifestamente anomalo.

ii)    In subordine: giustificazione della disparità di trattamento

176. Qualora la Corte dovesse ciononostante ritenere che la situazione di un’impresa che realizzi, ad esempio, un fatturato netto annuo di 10 000 EUR/fiorini e quella di un impresa con un fatturato netto annuo di 100 000 000 EUR/fiorini siano comparabili, resta da verificare se la disparità di trattamento di un’imposta progressiva correlata alla diversa aliquota d’imposta media possa essere giustificata.

177. Decisiva al riguardo è unicamente – come sottolineato anche dalla Corte nella decisione World Duty Free (122) – la verifica della rispettiva disparità di trattamento alla luce dell’obiettivo perseguito dalla legge, in particolare qualora – come nella specie – non ricorra una deroga ad un quadro di riferimento, ma sia la legge stessa a costituire il quadro di riferimento.

178. Al riguardo vengono tuttavia in considerazione non soltanto gli obiettivi menzionati espressamente nella legge nazionale, bensì anche quelli ricavabili in via esegetica dalla legge nazionale (123). Risulterebbe rilevante, altrimenti, soltanto la tecnica legislativa. La Corte ha tuttavia sottolineato sempre, nella sua giurisprudenza, che, in materia di aiuti, gli interventi statali devono essere valutati in funzione dei loro effetti e a prescindere dalle tecniche utilizzate (124).

179. Pertanto, occorre accertare se l’andamento progressivo dell’imposta straordinaria ungherese non trovi il proprio fondamento nella specifica normativa fiscale, bensì persegua obiettivi ad essa esterni e non plausibili, in altre parole, non pertinenti (125).

180. La risposta a tale questione può essere chiaramente negativa. Come esposto supra (paragrafo 108 e segg.), l’obiettivo della legge menzionato espressamente nel preambolo consiste nella tassazione della capacità finanziaria, la quale, nel caso di specie, viene ricavata dall’entità del fatturato. Inoltre – il che è di per sé proprio di un’aliquota d’imposta progressiva e, quindi, inerente al sistema – viene perseguita anche una certa «funzione ridistributiva», se gli operatori economicamente più forti sono chiamati a sopportare oneri fiscali maggiori rispetto agli operatori economicamente più deboli (corollario del principio dello Stato sociale). Anche la Commissione riconosce, quale motivo di giustificazione, la «logica ridistributiva» nella natura progressiva dell'imposta sul reddito nella sua comunicazione del 19 luglio 2016 sulla «nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE» (in prosieguo: la «comunicazione») (126).

181. Inoltre, dal processo legislativo comunicato alla Corte risulta che viene perseguita anche la prevenzione della mancata imposizione delle imprese con un fatturato più elevato, le quali contribuiscono poco o affatto al gettito dell’imposta sulle società in Ungheria. Si tratta di obiettivi che – sotto il profilo del diritto tributario – sono tutti pertinenti.

182. Diversamente da quanto sembra sostenere la Commissione, una tassazione del reddito basata sugli utili non è neanche l’unica forma corretta di imposizione, bensì, come recentemente affermato dalla Corte(127), soltanto una tecnica impiegata per calcolare ed assoggettare ad imposta in egual misura la capacità finanziaria soggetta a tassazione del soggetto passivo (al riguardo già supra, paragrafo 100).

183. È possibile – come sottolineato dalla Commissione all’udienza –, che la determinazione degli utili effettuata per mezzo di un raffronto del patrimonio aziendale sia più preciso di un collegamento al fatturato netto. Il diritto in materia di aiuti non si interessa tuttavia del regime tributario più preciso, bensì di un effetto distorsivo della concorrenza fra due concorrenti. Qualora, a fatturato identico, debba essere versata la stessa imposta, tale effetto è assente. Qualora, a fronte di un fatturato più elevato, debba essere parimenti corrisposta un’imposta più elevata, ricorre la medesima «disparità di trattamento» che nel caso in cui, in presenza di un utile più elevato, debba essere versata un’imposta più elevata. Ciò vale pacificamente nel caso di un’aliquota d’imposta proporzionale (in tal caso viene versata un’imposta più elevata in termini assoluti) e consegue, nel caso di un’aliquota d’imposta progressiva (in tal caso viene versata un’imposta più elevata sia in termini assoluti sia in termini relativi) dai summenzionati motivi di sistematica fiscale.

184. Il volume del fatturato è un indice (in ogni caso non manifestamente errato) di una certa capacità finanziaria (al riguardo già supra, paragrafo 118 segg.). In tal senso, il fatturato – come mostra la Commissione stessa con il progetto di un’imposta sui servizi digitali (128) – può essere considerato anche un indizio (di massima) di una maggiore forza economica e quindi di una capacità finanziaria superiore.

185. La scelta di ridurre mediante l’applicazione di una soglia il numero degli stabilimenti commerciali soggetti all’imposta e, pertanto, oggetto di controllo, non è criticabile neppure sotto il profilo procedurale-amministrativo. Così, ad esempio, nel diritto dell’Unione in materia di IVA, le cosiddette piccole imprese (vale a dire le imprese il cui fatturato non supera un determinato «minimo esente») non sono neanche assoggettate ad imposta.

186. Alla luce degli obiettivi perseguiti dalla legge, il criterio del fatturato in luogo dell’utile è inoltre comprensibile, in quanto il primo è più agevole da determinare (amministrazione semplice ed efficace (129)) e più difficile da eludere rispetto, ad esempio, all’utile (al riguardo già supra, paragrafo 123). Anche la prevenzione di abusi nel diritto tributario può costituire un motivo di giustificazione nel diritto in materia di aiuti, come già dichiarato dalla Corte (130).

187. A mio avviso, anche l’essenza del principio dello Stato sociale – al quale l’Unione europea ha aderito nell’articolo 3, paragrafo 3, TUE – giustifica un’aliquota d’imposta progressiva, la quale gravi in misura maggiore, anche in termini relativi, su coloro che sono muniti di capacità finanziaria superiore rispetto ai soggetti passivi che non lo sono altrettanto. Ciò vale in ogni caso per un’imposta che si applichi anche alle persone fisiche (v. articolo 3, paragrafi 1 e 2 della legge relativa all’imposta straordinaria).

3.      Conclusione

188. In definitiva, la minore tassazione media (nella specie, delle imprese con minor fatturato) necessariamente connessa ad un’aliquota d’imposta progressiva non costituisce un vantaggio selettivo a favore di tali imprese.

VI.    Soluzione suggerita

189. Per questi motivi, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria) nei seguenti termini:

1)      La differenza di imposizione risultante da un’aliquota progressiva non costituisce una restrizione indiretta della libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE. Ciò vale anche qualora, nel caso di una tassazione del reddito basata sul fatturato, le imprese più grandi siano assoggettate ad imposta in maniera più gravosa e siano detenute di fatto, in via maggioritaria, da azionisti stranieri. A diversa conclusione potrebbe giungersi soltanto nell’ipotesi in cui a carico dello Stato membro possa essere dimostrato al riguardo un abuso di diritto. Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

2)      La seconda questione è irricevibile. La differenza di imposizione risultante da un’aliquota d’imposta progressiva non costituisce un vantaggio selettivo a favore delle imprese con minor fatturato (e, quindi, neppure un aiuto) né può essere invocata da un’impresa con un fatturato più elevato per sottrarsi ai propri obblighi tributari.

3)      L’imposta straordinaria ungherese, quale imposta sul reddito diretta basata sul fatturato, non ha natura di un’imposta sulla cifra d’affari, cosicché essa non contrasta con l’articolo 401 della direttiva IVA.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Proposta di direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali del 21 marzo 2018 COM(2018) 148 final.


3      V., ex multis, sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280); del 26 aprile 2018, ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2018:281); del 26 aprile 2018, ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2018:291), nonché del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47).


4      L’applicazione di un’aliquota d’imposta proporzionale combinata con un reddito minimo esente produce parimenti un effetto progressivo della tassazione. L’aliquota d’imposta media nel caso di un’imposta proporzionale del 10% e di un minimo esente di 10 000 è ad esempio pari, nel caso di un reddito di 10 000, esattamente allo 0%, nel caso di un reddito di 20 000 esattamene al 5% e, nel caso di un reddito di 100 000, esattamente al 9%.


5      Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).


6      Sentenze del 7 agosto 2018, Viking Motors e a. (C-475/17, EU:C:2018:636, punto 29 e segg.); del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 18); dell’8 giugno 1999, Pelzl e a. (C-338/97, C-344/97 e C-390/97, EU:C:1999:285, punti da 13 a 20).


7      GU 1967, 71, pag. 1301; in prosieguo: la «prima direttiva».


8      Sentenza del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 19).


9      In un primo momento con la seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio dell’11 aprile 1967 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303), successivamente con la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).


10      Sentenza del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 21).


11      Sentenza del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 22 i.f.).


12      Sentenze del 7 agosto 2018, Viking Motors e a. (C-475/17, EU:C:2018:636, punto 37); del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 26); del 29 aprile 2004, GIL Insurance e a. (C-308/01, EU:C:2004:252, punto 32), e del 31 marzo 1992, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (C-200/90, EU:C:1992:152, punti 11 e 14).


13      Sentenza del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 28); dell’8 giugno 1999, Pelzl e a. (C-338/97, C-344/97 e C-390/97, EU:C:1999:285, punto 21), nonché del 7 maggio 1992, Bozzi (C-347/90, EU:C:1992:200, punto 12).


14      Direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12).


15      In relazione a tale requisito v., ex multis, sentenze del 7 agosto 2018, Viking Motors e a. (C-475/17, EU:C:2018:636, punto 46 e seg.) – pregiudizievole, qualora una ripercussione sia incerta, e del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C-475/03, EU:C:2006:629, punto 33).


16      Sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C-196/04, EU:C:2006:544, punto 40); dell’11 agosto 1995, Wielockx (C-80/94, EU:C:1995:271, punto 16), nonché del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31, punto 21).


17      Sentenze del 4 luglio 2018, NN (C-28/17, EU:C:2018:526, punto 17); del 1° aprile 2014, Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C-80/12, EU:C:2014:200, punto 17), e del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C-196/04, EU:C:2006:544, punto 41).


18      Sentenze del 2 ottobre 2008, Heinrich Bauer Verlag (C-360/06, EU:C:2008:531, punto 25), e del 14 dicembre 2000, AMID (C-141/99, EU:C:2000:696, punto 20); v. anche le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU: 2017:852, paragrafo 40).


19      Sentenze del 1° aprile 2014, Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C-80/12, EU:C:2014:200, punto 23), e del 6 settembre 2012, Philips Electronics (C-18/11, EU:C:2012:532, punto 39); in tal senso anche già sentenza del 12 aprile 1994, Halliburton Services (C-1/93, EU:C:1994:127, punto 18 e segg.).


20      Sentenze del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C-657/13, EU:C:2015:331, punto 34); del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C-591/13, EU:C:2015:230, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata), nonché del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 36).


21      V. al riguardo le mie conclusioni nelle cause X (C-498/10, EU:C:2011:870, paragrafo 28); Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 82 e segg.); X (C-686/13, EU:C:2015:31, paragrafo 40); C (C-122/15, EU:C:2016:65, paragrafo 66), e ANGED (C-233/16, EU:C:2017:852, paragrafo 28).


22      V. sentenza del 14 aprile 2016, Sparkasse Allgäu (C-522/14, EU:C:2016:253, punto 29); ordinanza del 4 giugno 2009, KBC-bank (C-439/07 e C-499/07, EU:C:2009:339, punto 80), sentenza del 6 dicembre 2007, Columbus Container Services (C-298/05, EU:C:2007:754, punti 51 e 53).


23      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47).


24      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 39 e segg.).


25      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 34).


26      In tal senso anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 49).


27      Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punto 30); del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 30); dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C-254/97, EU:C:1999:368, punto 13), nonché del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31, punto 26).


28      V. sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punto 31); del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 39); del 22 marzo 2007, Talotta (C-383/05, EU:C:2007:181, punto 32); dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C-254/97, EU:C:1999:368, punto 13); del 13 luglio 1993, Commerzbank (C-330/91, EU:C:1993:303, punto 15), e del 7 luglio 1988, Stanton e L'Étoile 1905 (143/87, EU:C:1988:378, punto 9); v. anche sentenze del 26 ottobre 2010, Schmelz (C-97/09, EU:C:2010:632, punto 48 sulla libera prestazione di servizi) e del 3 marzo 1988, Bergandi (252/86, EU:C:1988:112, punto 28 sull’articolo 95 CEE).


29      Sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 119).


30      Sentenza del 22 marzo 2007, Talotta (C-383/05, EU:C:2007:181, punto 32); analogamente anche sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 119).


31      V. sentenza dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C-254/97, EU:C:1999:368, punto 13).


32      V. sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 119) sulla libertà di stabilimento; sulla libera circolazione dei lavoratori v. anche sentenze del 2 marzo 2017, Eschenbrenner (C-496/15, EU:C:2017:152, punto 36); del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken Betriebs (C-514/12, EU:C:2013:799, punto 26); del 28 giugno 2012, Erny (C-172/11, EU:C:2012:399, punto 41), e del 10 settembre 2009, Commissione/Germania (C-269/07, EU:C:2009:527).


33      In tal senso le sentenze del 9 maggio 1985, Humblot (112/84, EU:C:1985:185, punto 14), e del 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (C-3/88, EU:C:1989:606, punto 9 sulla libertà di stabilimento).


34      V. le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 40), nella causa ANGED (C-233/16, EU:C:2017:852, paragrafo 38), e nella causa Memira Holding (C-607/17, EU:C:2019:8, paragrafo 36).


35      V. le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 41).


36      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 45).


37      L’aliquota d’imposta più elevata era pari in tal caso al 2,4 %, mentre le aliquote negli scaglioni inferiori erano pari allo 0 %, allo 0,1 % e allo 0,4 %, v. sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 8).


38      Nella sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punto 38) la Corte è evidentemente partita dal presupposto che il 61,5 % e rispettivamente il 52 % non siano sufficienti ad assumere una discriminazione indiretta, senza tuttavia specificare la soglia che avrebbe dovuto essere raggiunta.


39      V. sentenza del 2 marzo 2017, Eschenbrenner (C-496/15, EU:C:2017:152, punto 36) sulla libera circolazione dei lavoratori; del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken Betriebs (C-514/12, EU:C:2013:799, punto 26); del 28 giugno 2012, Erny (C-172/11, EU:C:2012:399, punto 41); del 1° giugno 2010, Blanco Pérez und Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 119) sulla libertà di stabilimento; del 10 settembre 2009, Commissione/Germania (C-269/07, EU:C:2009:527), e dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C-254/97, EU:C:1999:368, punto 13),


      V. inoltre le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU:C: 2017:852, paragrafo 38) e nella causa Memira Holding (C-607/17, EU:C:2019:8, paragrafo 36); diversamente ancora le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 42 e segg.).


40      Sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 122).


41      Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Austria/Germania (C-591/17, EU:C:2019:99, paragrafo 47).


42      Sentenza del 9 maggio 1985, Humblot (112/84, EU:C:1985:185, punti 14 e 16).


43      V. al riguardo le mie conclusioni nella causa Memira Holding (C-607/17, EU:C:2019:8, paragrafo 38).


44      V. le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 51).


45      In tal senso già le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 51).


46      Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Austria/Germania (C-591/17, EU:C:2019:99, paragrafo 71), le quali, richiamando la sentenza del 16 settembre 2004, Commissione/Spagna (C-227/01, EU:C:2004:528, punto 56 e segg.) sottolineano correttamente che nell’ambito di una procedura di infrazione ha luogo una valutazione oggettiva. Lo stesso deve tuttavia valere per una domanda di pronuncia pregiudiziale, poiché in entrambi i casi viene richiesta una valutazione della discriminazione.


47      V., ex multis, le preoccupazioni espresse del tutto correttamente nelle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Austria/Germania (C-591/17, EU:C:2019:99, paragrafo 70 e segg.).


48      V. ad esempio sentenza del 5 luglio 2007, Kofoed (C-321/05, EU:C:2007:408, punto 38).


49      Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016 recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (GU 2016, L 193, pag. 1).


50      Conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wightman e a. (C-621/18, EU:C:2018:978, paragrafi 153 e 170).


51      Sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C-284/16, EU:C:2018:158, punto 34); parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punti 168 e 173); parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti) dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123, punto 68).


52      Le dichiarazioni di politici, in particolare in campagna elettorale, non sono a tal fine sufficienti, come sottolineato correttamente dalle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Austria/Germania (C-591/17, EU:C:2019:99, paragrafi 70 e 71). Lo stesso deve tuttavia valere per un dibattito parlamentare pubblico.


53      S’intende, semplificando, la struttura fiscale dei cosiddetti gruppi multinazionali che, nei sistemi fiscali finora esistenti, dispongono di possibilità (legali) per ridurre al minimo le proprie basi imponibili nelle giurisdizioni fiscali a imposizione elevata e trasferire gli utili verso paesi con regimi fiscali più vantaggiosi (Base Erosion and Profit Shifting = BEPS).


54      V., ex multis, l’OECD «Action Plan on base Erosion and Profit shifting» – disponibile su https://www.oecd.org/ctp/BEPSActionPlan.pdf – page 13: «Fundamental changes are needed to effectively prevent double non-taxation, as well as cases of no or low taxation associated with practices that artificially segregate taxable income from the activities that generate it».


55      V., ex multis, il considerando 23 della proposta di direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali del 21 marzo 2018 COM(2018) 148 final, e la motivazione a pagina 2 della proposta, secondo la quale le norme attuali sulla tassazione delle imprese sarebbero inadeguate per l’economia digitale.


56      Correttamente anche l’avvocato generale Wahl osserva quanto segue nelle sue conclusioni nella causa Austria/Germania (C-591/17, EU:C:2019:99, paragrafo 70): «In tale contesto, è irrilevante il fatto che alcuni politici tedeschi abbiano apertamente dichiarato, nel corso di una campagna elettorale, l’intenzione di introdurre una tassa per i conducenti stranieri sulle autostrade tedesche. Parafrasando una famosa citazione, tali dichiarazioni sono, probabilmente, una manifestazione dello spettro che si aggira per l’Europa in questi ultimi anni: lo spettro del populismo e del sovranismo».


57      È interessante osservare che la Commissione giustifica la scelta dell’aliquota a scaglioni dell’imposta sui servizi digitali prevista proprio affermando che la soglia esclude «le piccole imprese e le start up, per le quali gli oneri di messa in conformità con la nuova imposta rischierebbero di avere un effetto sproporzionato» – considerando 23 della proposta di direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali del 21 marzo 2018 COM(2018) 148 final.


58      Nello stesso senso cfr. sentenza del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione (T-836/16 e T-624/17, EU:T:2019:338, punti. 75 e segg.).


59      Proposta di direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali del 21 marzo 2018 COM(2018) 148 final.


60      V., da ultimo, sentenza del 4 luglio 2018, NN (C-28/17, EU:C:2018:526, punti da 31 a 38), nonché gli ampi riferimenti giurisprudenziale al punto 31 di tale sentenza.


61      V., al riguardo, le mie conclusioni nella causa Nordea Bank (C-48/13, EU:C:2014:153, paragrafi da 21 a 28) e nella causa A (C-123/11, EU:C:2012:488, paragrafo 40 e seg.). In tale direzione già anche le mie conclusioni nelle cause riunite Inspecteur van de Belastingdienst/Noord/kantoor Groningen e a. (da C-39/13 a C-41/13, EU:C:2014:104, paragrafo 32), nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 59), nella causa Memira Holding (C-607/17, EU:C:2019:8, paragrafo 46) e nella causa Holmen (C-608/17, EU:C:2019:9, paragrafo 38).


62      V. le mie conclusioni nella causa Nordea Bank (C-48/13, EU:C:2014:153, paragrafo 25 e la giurisprudenza ivi citata).


63      V. sentenze del 4 luglio 2013, Argenta Spaarbank (C-350/11, EU:C:2013:447, punti da 18 a 34); del 23 ottobre 2008, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C-157/07, EU:C:2008:588, punti da 27 a 39) e del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C-414/06, EU:C:2008:278, punti da 18 a 26).


64      Sentenze del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 42); del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C-400/08, EU:C:2011:172, punto 73), e del 5 ottobre 2004, CaixaBank France (C-442/02, EU:C:2004:586, punto 17).


65      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2014:47, punto 44).


66      La circostanza che la Commissione riconosca, in linea di principio, tale motivo di giustificazione e non lo consideri soddisfatto solo nel caso in esame, risulta dai punti 30 e 71 delle sue osservazioni.


67      V. le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 60), nonché le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU:C: 2017:852, paragrafo 44).


68      Sentenza del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C-650/16, EU:C:2018:424, punto 49 e seg.).


69      Si paragoni, a titolo di esempio, ex multis, l’articolo 4, comma 5 della Costituzione greca; l’articolo 53, comma 1 della Costituzione italiana; l’articolo 31, comma 1, della Costituzione spagnola; l’articolo 24, comma 1 della Costituzione cipriota e, in particolare, anche l’articolo O e l’articolo XXX della Legge fondamentale ungherese.


70      In tal senso, ad esempio, in Germania, ex multis: BVerfG, ordinanza del 15 gennaio 2014 (1 BvR 1656/09, ECLI:DE:BVerfG:2014:rs20140115.1bvr165609, punto 55 e segg.).


71      V. articolo 4 del regolamento (CEE, EURATOM, CECA) n. 260/68 del Consiglio del 29 febbraio 1968 relativo alle condizioni e alla procedura d’applicazione dell’imposta a profitto delle Comunità europee (GU 1968, L 56, pag. 8) con un’aliquota progressiva dall’8% al 45%.


72      Sentenze del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C-48/13, EU:C:2014:2087, punto 25); del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785, punto 42); del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C-414/06, EU:C:2008:278, punto 27); del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C-196/04, EU:C:2006:544, punto 47); del 13 dicembre 2005, SEVIC Systems (C-411/03, EU:C:2005:762, punto 23), e del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C-446/03, EU:C:2005:763, punto 35).


73      Sentenze dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C-98/14, EU:C:2015:386, punto 64); del 12 luglio 2012, HIT e HIT LARIX (C-176/11, EU:C:2012:454, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata), e del 17 novembre 2009, Presidente del Consiglio dei Ministri (C-169/08, EU:C:2009:709, punto 42).


74      V. sentenze del 6 novembre 2003, Gambelli e a. (C-243/01, EU:C:2003:597, punto 63); del 21 settembre 1999, Läärä e a. (C-124/97, EU:C:1999:435, punti 14 e 15), e del 24 marzo 1994, Schindler (C-275/92, EU:C:1994:119, punto 61), – tutte sul gioco d’azzardo, nonché del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79, punto 48 e segg.) sulla legislazione alimentare.


75      Sull’analogo criterio di valutazione in sede di apprezzamento degli atti delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri v. anche sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79, punto 47).


76      Sentenze del 4 maggio 2016, Polonia/Parlamento e Consiglio (C-358/14, EU:C:2016:323, punto 79), e del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C-491/01, EU:C:2002:741, punto 123 e la giurisprudenza ivi citata). V. al riguardo anche le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU:C:2017:852, paragrafo 47).


77      Nella relazione concernente l’imposta sui servizi digitali basta sul fatturato, proposta dalla Commissione, il considerando 23 afferma che la soglia basata sul fatturato è intesa a limitare l’applicazione dell’imposta sui servizi digitali alle imprese di determinate dimensioni. Si tratta, al riguardo, di quelle imprese che sfruttano ampiamente una posizione di mercato forte. La soglia escluderebbe inoltre le piccole imprese e le start up, per le quali gli oneri di messa in conformità con la nuova imposta rischierebbero di avere un effetto sproporzionato. Nella relativa parte della relazione (pagina 12), la Commissione afferma esplicitamente che tali imprese (con un elevato fatturato), grazie alla loro posizione di mercato consolidata, sono in grado di beneficiare maggiormente dei loro modelli imprenditoriali rispetto alle imprese più piccole. A causa di tale «capacità economica», siffatte imprese vengono considerate particolarmente «imponibili» e dichiarate soggetti passivi.


78      V. le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C-385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 61). In tal senso anche le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU:C: 2017:852, paragrafo 57).


79      Considerando 23 della proposta di direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali del 21 marzo 2018, COM(2018) 148 final.


80      In tal senso già sentenze del 30 giugno 2016, Lidl (C-134/15, EU:C:2016:498, punto 33); del 4 maggio 2016, Pillbox 38 (C-477/14, EU:C:2016:324, punto 48); del 15 febbraio 2016, N. (C-601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 54); del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C-283/11, EU:C:2013:28, punto 50); dell’8 luglio 2010, Afton Chemical (C-343/09, EU:C:2010:419, punto 45), e dell’11 luglio 1989, Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 21).


81      Sentenze del 21 dicembre 2011, Commissione/Polonia (C-271/09, EU:C:2011:855, punto 58), e dell’11 ottobre 2007, ELISA (C-451/05, EU:C:2007:594, punto 82 e la giurisprudenza ivi citata).


82      Sentenze del 30 giugno 2016, Lidl (C-134/15, EU:C:2016:498, punto 33); del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C-283/11, EU:C:2013:28, punto 50); del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C-92/09 e C-93/09, EU:C:2010:662, punto 76 e segg.), e del 12 luglio 2001, Jippes e a. (C-189/01, EU:C:2001:420, punto 81).


83      Sentenze del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C-66/14, EU:C:2015:661, punto 21); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C-393/04 e C-41/05, EU:C:2006:403, punto 43 e segg.); del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C-266/04 e C-270/04, C-276/04 e da C-321/04 a C-325/04, EU:C:2005:657, punto 42 e segg.), e del 20 settembre 2001, Banks (C-390/98, EU:C:2001:456, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata).


84      Sulla rilevanza della suddetta questione v., tra le tante, sentenza del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C-266/04 a C-270/04, C-276/04 e da C-321/04 a C-325/04, EU:C:2005:657, punto 40 e seg. e 45 e segg.).


85      Sentenza del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C-393/04 e C-41/05, EU:C:2006:403, punti 25 e 26).


86      Sentenza del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C-393/04 e C-41/05, EU:C:2006:403, punto 43).


87      Sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C-622/16 P a C-624/16 P, EU:C:2018:873, punto 90 e segg.)


88      Sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:1024).


89      Regolamento del Consiglio del 22 marzo 1999 recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1).


90      Sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C-622/16 P a C-624/16 P, EU:C:2018:873, punto 79); v. in tal senso, quand’anche in un altro contesto, già la sentenza del 3 marzo 2016, Daimler (C-179/15, EU:C:2016:134, punto 42).


91      Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280); del 26 aprile 2018, ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2018:281), e del 26 aprile 2018, ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2018:291).


92      Sentenza del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C-393/04 e C-41/05, EU:C:2006:403, punto 43 e segg.).


93      In tal senso espressamente in un caso analogo: sentenza del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C-66/14, EU:C:2015:661, punto 21 e segg.).


94      Sentenze del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C-66/14, EU:C:2015:661, punto 21); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C-393/04 e C-41/05, EU:C:2006:403, punto 43 e segg.); del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C-266/04 a C-270/04, C-276/04 e da C-321/04 a C-325/04, EU:C:2005:657, punto 42 e segg.), nonché del 20 settembre 2001, Banks (C-390/98, EU:C:2001:456, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata).


95      Sentenze del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C-74/16, EU:C:2017:496, punto 38); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P e C-21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53), e del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C-524/14 P, EU:C:2016:971, punto 40).


96      Conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:741, paragrafi 66 e segg.).


97      «A tal riguardo, osservo che la comunicazione della Commissione sulla nozione di “aiuto di Stato” precisa, al punto 139, che la natura progressiva dell’imposta sul reddito e la sua logica redistributiva possono costituire giustificazioni fondate sulla natura o sulla struttura del regime in causa».


98      Sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C-74/16, EU:C:2017:496, punto 65), e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punto 21).


99      V., inter alia, sentenze del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punto 23); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 72), e del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C-387/92, EU:C:1994:100, punto 14).


100      Sentenze del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C-74/16, EU:C:2017:496, punto 66); del 14 gennaio 2015, Eventech (C-518/13, EU:C:2015:9, punto 33); del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C-399/10 P e C-401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101), e del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C-387/92, EU:C:1994:100, punto 13).


101      V., ex multis, le attuali decisioni e le conclusioni presentate in relazione alle medesime:


      Sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:1024) e le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:741).


      Sentenza del 28 giugno 2018, Andres (Insolvenz Heitkamp BauHolding)/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2018:505) e le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Andres/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2017:1017).


      Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280); del 26 aprile 2018, ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2018:281), e sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2018:291) con le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU:C:2017:852), nelle cause riunite ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2017:853) e nelle cause riunite ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2017:854).


102      V., ex multis, sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P eC-21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53 e segg.); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punto 23); del 29 marzo 2012, 3M Italia (C-417/10, EU:C:2012:184, punto 39); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 73), e dell’8 novembre 2001, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C-143/99, EU:C:2001:598, punto 35).


103      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P eC-21/15 P, EU:C:2016:981, punti 73, 74 e 86 e segg.).


104      V. in tal senso, in particolare, sentenze del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:1024, punto 24); del 28 giugno 2018, Andres (Insolvenz Heitkamp BauHolding)/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2018:505, punto 94); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P e C-21/15 P, EU:C:2016:981, punto 59), e del 29 marzo 2012, 3M Italia (C-417/10, EU:C:2012:184, punto 42).


105      V., inter alia, sentenze del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punto 23); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 72), e del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C-387/92, EU:C:1994:100, punto 14).


106      Nello stesso senso le conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Belgio/Commissione (C-270/15 P, EU:C:2016:289, paragrafo 28), il quale qualifica tale questione «piuttosto accademica».


107      V., in tal senso, anche sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P e C-21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54), e del 14 gennaio 2015, Eventech (C-518/13, EU:C:2015:9, punto 53); espressamente anche al di fuori del diritto tributario v. sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C-524/14 P, EU:C:2016:971, punti 53 e 55).


108      V. al riguardo, ex multis, sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:1024, punto 36).


109      In tal senso conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Belgio/Commissione (C-270/15 P, EU:C:2016:289, paragrafo 27); sull’onere della prova della Commissione: sentenza del 28 giugno 2018, Andres (Insolvenz Heitkamp BauHolding)/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2018:505, punto 84); del 4 giugno 2015, Commissione/MOL (C-15/14 P, EU:C:2015:362, punto 59), e dell’8 settembre 2011, Commissione/Paesi Bassi (C-279/08 P, EU:C:2011:551, punto 62); sull’onere della prova dello Stato membro: sentenza del 28 giugno 2018, Andres (Insolvenz Heitkamp BauHolding)/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2018:505, punto 87); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 146); dell’8 settembre 2011, Commissione/Paesi Bassi (C-279/08 P, EU:C:2011:551, punto 62), e del 29 aprile 2004, Paesi Bassi/Commissione (C-159/01, EU:C:2004:246, punto 43).


110      Conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Belgio/Commissione (C-270/15 P, EU:C:2016:289, paragrafo 29).


111      Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punto 50 e segg.); del 26 aprile 2018, ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2018:281, punto 43 e segg.), e del 26 aprile 2018, ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2018:291, punto 38 e segg.).


112      V., inter alia, sentenze del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punto 22); del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C-399/10 P e C-401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C-393/04 e C-41/05, EU:C:2006:403, punto 29), e del 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (30/59, EU:C:1961:2, pag. 43).


113      V. in tal senso già sentenza del 18 luglio 2013, P (C-6/12, EU:C:2013:525, punti da 22 a 27).


114      Sentenza del 18 luglio 2013, P (C-6/12, EU:C:2013:525, punto 22), e dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C-78/08 a C-80/08, EU:C:2011:550, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).


115      Sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732).


116      Sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 149).


117      V. le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:741), le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Andres/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2017:1017) e le mie conclusioni nella causa ANGED (C-233/16, EU:C:2017:852), nelle cause riunite ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2017:853) e nelle cause riunite ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2017:854).


118      V. sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity (C-164/15 P e C-165/15 P, EU:C:2016:990, punto 51); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P e C-21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54); del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C-524/14 P, EU:C:2016:971, punti 49 e 58); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punto 35); del 18 luglio 2013, P (C-6/12, EU:C:2013:525, punto 19); del 29 marzo 2012, 3M Italia (C-417/10, EU:C:2012:184, punto 42), e dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C-78/08 a C-80/08, EU:C:2011:550, punto 49).


119      V. sentenze del 18 luglio 2013, P (C-6/12, EU:C:2013:525, punto 22), e dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C-78/08 a C-80/08, EU:C:2011:550, punti 65 e 69); v. in tal senso, inter alia, anche sentenze del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C-522/13, EU:C:2014:2262, punti 42 e 43); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 145); dell’8 novembre 2001, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C-143/99, EU:C:2001:598, punto 42), e del 2 luglio 1974, Italia/Commissione (173/73, EU:C:1974:71, punto 33).


120      Sentenze del 26 aprile 2018, ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2018:291, punto 40 e segg.); del 26 aprile 2018, ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2018:281, punto 45 e segg.), e del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punto 52 e segg.).


121      V. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C-106/09 P e C-107/09 P, EU:C:2011:732, punto 104).


122      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C-20/15 P e C-21/15 P, EU:C:2016:981, punti 54, 67 e 74).


123      In tal senso anche sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:1024, punto 45); diversamente ancora sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punti 52, 59 e 61) – sebbene alla base del tributo vi fosse anche l’idea della tassazione in funzione della capacità contributiva, la Corte ha esaminato soltanto i motivi, estranei al diritto tributario, della «protezione dell’ambiente» e della «pianificazione territoriale», menzionati espressamente nel preambolo.


124      Sentenze del 28 giugno 2018, Andres (Insolvenz Heitkamp BauHolding)/Commissione (C-203/16 P, EU:C:2018:505, punto 91); del 26 aprile 2018, ANGED (C-233/16, EU:C:2018:280, punto 47); del 26 aprile 2018, ANGED (C-234/16 e C-235/16, EU:C:2018:281, punto 40); del 26 aprile 2018, ANGED (C-236/16 e C-237/16, EU:C:2018:291, punto 35), e del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione (C-487/06 P, EU:C:2008:757, punto 89).


125      In tal senso espressamente sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C-78/08 a C-80/08, EU:C:2011:550, punto 70).


126      Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (GU 2016, C 262/01 (31), punto 139).


127      Sentenza del 16 maggio 2019, Polonia/Commissione (T-836/16 e T-624/17, EU:T:2019:338, punti. 65 e segg.).


128      Proposta di direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali del 21 marzo 2018 COM(2018) 148 final.


129      La buona gestione amministrativa viene considerata un motivo di giustificazione anche dalla Commissione stessa – v. GU 2016, C 262/01 (31), punto 139.


130      Sentenza del 19 dicembre 2018, A-Brauerei (C-374/17, EU:C:2018:1024, punto 51); analogamente già sentenza del 29 aprile 2004, GIL Insurance e a. (C-308/01, EU:C:2004:252, punto 73 e segg.).