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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 13 gennaio 2011 (1)

Causa C-262/09

Wienand Meilicke

Heidi Christa Weyde

Marina Stöffler

contro

Finanzamt Bonn-Innenstadt

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln (Germania)]

«Libera circolazione dei capitali – Eliminazione della doppia imposizione dei dividendi – Imposta sul reddito – Imposta sulle società – Imposta sulle società assolta a monte – Autonomia procedurale degli Stati membri – Principio di equivalenza – Principio di effettività»





Indice

I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione 

B – Diritto nazionale

III – Fatti e domande di pronuncia pregiudiziale

A – Fatti

B – Prima domanda di pronuncia pregiudiziale e sentenza 6 marzo 2007

C – Seconda domanda di pronuncia pregiudiziale

IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

V – Argomenti delle parti

A – Prima questione pregiudiziale

B – Seconda questione pregiudiziale

C – Terza questione pregiudiziale

D – Quarta questione pregiudiziale

VI – Analisi giuridica

A – Considerazioni introduttive

B – Prima questione pregiudiziale

C – Seconda questione pregiudiziale

D – Terza questione pregiudiziale

E – Quarta questione pregiudiziale

1. Questione subordinata 4b

2. Questione subordinata 4a

VII – Conclusione

I –    Introduzione

1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale il Finanzgericht Köln si rivolge alla Corte di giustizia per la seconda volta nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto la tassazione della distribuzione di dividendi esteri. A tal riguardo, il Finanzgericht chiede di chiarire le modalità in cui debbano essere trasposti nella pratica giuridica i principi fissati dalla Corte nella sentenza Meilicke del 6 marzo 2007 (2), emessa in risposta alla sua prima domanda di pronuncia pregiudiziale nella detta causa principale.

2.        Nella causa principale si contrappongono, da un lato, i ricorrenti, sig. W. Meilicke, sig.ra H.C. Weyde e sig.ra M. Stöffler in qualità di eredi di H. Meilicke deceduto il 3 maggio 1997 e, dall’altro, l’ufficio resistente, il Finanzamt Bonn-Innenstadt. Oggetto di controversia è, inter alia, l’applicazione di una normativa nazionale volta ad eliminare la doppia imposizione dei dividendi versati negli anni 1995-1997 al defunto sig. H. Meilicke da parte di società aventi sede in Danimarca e nei Paesi Bassi.

3.        A tal riguardo la Corte di giustizia ha affermato, nella sentenza Meilicke, che una normativa nazionale volta ad eliminare la doppia imposizione, in base alla quale l’imposta sulle società gravante sulle distribuzioni di dividendi viene compensata dalla concessione agli azionisti fiscalmente residenti nella Repubblica federale di Germania di una detrazione dall’imposta sul reddito corrispondente all’imposta sulle società assolta a monte, deve applicarsi in modo equivalente sia ai dividendi interni sia a quelli provenienti da altri Stati dell’Unione.

4.        Sebbene tale soluzione abbia chiarito al giudice del rinvio quali fossero le norme applicabili nella causa principale, questi si trova ora di fronte al problema della difficile accertabilità di fatto dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio chiede inoltre, in sostanza, di chiarire come e con il rispetto di quali norme procedurali debba effettuarsi in concreto nella causa principale l’imputazione all’imposta sul reddito dell’imposta sulle società gravante sulle distribuzioni di dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione (3)

5.        La collaborazione fra le amministrazioni finanziarie all’interno della Comunità è disciplinata dalla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette e di imposte sui premi assicurativi (4).

6.        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della detta direttiva, l’autorità competente di uno Stato membro può chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro di comunicarle le informazioni, per quanto concerne un caso specifico. L’autorità competente dello Stato cui la richiesta di informazioni è rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità competente dello Stato richiedente non ha esaurito le abituali fonti di informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati dell’inchiesta.

7.        Secondo l’art. 2, n. 2, della direttiva 77/799, l’autorità competente dello Stato membro cui la richiesta è rivolta fa eseguire, se del caso, le indagini necessarie per ottenere dette informazioni. Per procurarsi le informazioni richieste, l’autorità interpellata, o l’autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro.

B –    Diritto nazionale

8.        A norma degli artt. 1, 2 e 20 della legge 7 settembre 1990, relativa all’imposta sui redditi (Einkommensteuergesetz; in prosieguo: l’«EStG») (5), nella versione vigente negli esercizi controversi, i dividendi distribuiti dalle società di capitali a favore di persone, residenti e soggette all’imposta sui redditi in Germania, sono ivi imponibili in quanto redditi da capitale.

9.        In conformità all’art. 27, n. 1, della legge 11 marzo 1991, relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz; in prosieguo: il «KStG») (6), nella versione vigente negli esercizi controversi, il capitale proprio, soggetto all’imposta sulle società e distribuito a titolo di dividendi da società di capitali è tassato, per quanto concerne l’imposta sulle società soggette ad imposta in Germania, nella misura del 30%.

10.      In forza dell’art. 36, n. 2, punto 3, dell’EStG, in combinato disposto con l’art. 20 della medesima legge, i contribuenti possono dedurre da quanto dovuto al fisco tedesco a titolo di imposta sui redditi i 3/7 dei dividendi loro versati da società o associazioni soggette all’imposta sulle società in Germania, laddove essi provengano da distribuzioni imponibili a tale titolo e l’imposta sulle società deducibile venga considerata, ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi, come reddito imponibile.

11.      Conformemente all’art. 36, n. 2, punto 3, lett. b), dell’EStG, la deducibilità dell’imposta sulle società presuppone la presentazione di un certificato relativo alla detta imposta ai sensi degli artt. 44 e 45 del KStG.

12.      A termini dell’art. 175, n. 1, punto 2, del Codice tributario 16 marzo 1976 (Abgabenordnung; in prosieguo: l’«AO»), nella versione vigente negli esercizi controversi, un avviso di accertamento d’imposta dev’essere emanato, revocato o modificato quando si verifichi un evento produttivo di effetti fiscali per il passato (evento retroattivo). Con la legge per la trasposizione delle direttive del 9 dicembre 2004 (7), l’art. 175 dell’AO è stato modificato, con effetto dal 29 ottobre 2004, nel senso che il rilascio o la presentazione a posteriori di un certificato ovvero di un attestato non è più considerato quale evento retroattivo. Non è prevista alcuna disciplina transitoria.

III – Fatti e domande di pronuncia pregiudiziale

A –    Fatti

13.      Negli anni 1995-1997 il sig. H. Meilicke, cittadino tedesco residente in Germania, percepiva dividendi da azioni di società olandesi e danesi in suo possesso. Tali redditi da capitale venivano tassati in Germania senza detrazione dell’imposta sulle società applicata nei Paesi Bassi e in Danimarca sugli utili distribuiti a titolo di dividendi.

14.      L’avviso di accertamento dell’imposta sul reddito del sig. H. Meilicke per l’anno 1995, emesso il 16 febbraio 1998, nonché quello per l’anno 1996, emesso il 7 settembre 1998, si trovano sotto riserva di riesame. L’avviso di accertamento per l’imposta sui redditi del sig. H. Meilicke per l’anno 1997, emesso il 26 luglio 2000, non contiene alcuna riserva di riesame.

15.      I ricorrenti nella causa principale sono eredi del sig. H. Meilicke, deceduto nel 1997.

16.      Con lettera del 30 ottobre 2000 i ricorrenti nella causa principale richiedevano all’ufficio resistente la deduzione dell’imposta sulle società dall’imposta sui redditi accertata per il sig. H. Meilicke relativa ai dividendi delle azioni olandesi e danesi percepiti negli anni 1995-1997.

17.      Il resistente nella causa principale rigettava detta richiesta di deduzione dell’imposta sulle società con la decisione 30 novembre 2000, contro la quale i ricorrenti nella causa principale presentavano opposizione il 16 gennaio 2001. Con una decisione sull’opposizione 25 marzo 2002 l’opposizione veniva parimenti respinta. Al riguardo, il resistente nella causa principale sosteneva in sostanza che, in base alla situazione di diritto allora vigente, solo l’imposta sulle società, dovuta sui dividendi distribuiti dalle società fiscalmente residenti in Germania, poteva essere dedotta dall’imposta sul reddito dovuta dagli azionisti. Ad avviso dei ricorrenti nella causa principale, ciò costituirebbe una restrizione illecita della libera circolazione dei capitali, nonché della libertà di stabilimento, ragion per cui adivano il giudice del rinvio.

B –    Prima domanda di pronuncia pregiudiziale e sentenza 6 marzo 2007

18.      Con la decisione pervenuta il 9 luglio 2004 alla Corte di giustizia, il giudice del rinvio ha sospeso una prima volta il procedimento e ha sottoposto alla Corte la questione pregiudiziale se l’art. 36, n. 2, punto 3, dell’EStG, ai sensi del quale si deduce dall’imposta sui redditi solo l’imposta sulle società versata da una società o da un’associazione soggetta ad imposta in Germania, nella misura dei 3/7 dei ricavi di cui all’art. 20, n. 1, punto 1 ovvero 2, dell’EStG, sia compatibile con gli artt. 56, n. 1, CE e 58, n. 1, lett. a), e n. 3, CE.

19.      Nel risolvere la detta questione, la Corte di giustizia ha sancito, nella sentenza Meilicke (8), che gli artt. 56 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa tributaria in forza della quale, in occasione di una distribuzione di dividendi da parte di una società di capitali, un azionista soggetto passivo fiscalmente residente in uno Stato membro beneficia di un credito d’imposta, calcolato in funzione dell’aliquota gravante sugli utili distribuiti a titolo dell’imposta sulle società, quando la società distributrice ha sede nello stesso Stato membro, ma non quando la detta società ha sede in un altro Stato membro.

C –    Seconda domanda di pronuncia pregiudiziale

20.      Alla luce dei principi di diritto dell’Unione espressi nella sentenza 6 marzo 2007, il giudice del rinvio ritiene ora che i ricorrenti nella causa principale soddisfino, in via di principio, i requisiti ai fini della deducibilità dall’imposta sui redditi dell’imposta sulle società gravante sulle distribuzioni dei dividendi da parte delle società olandesi e danesi. Non è tuttavia ancora chiaro al giudice del rinvio come e con il rispetto di quali norme e modalità procedurali la deduzione debba essere praticamente operata. Si pone, in particolare, la questione delle modalità con cui e dei soggetti dai quali debba essere prodotta la prova relativa all’imposta estera sulle società assolta a monte. Un’ulteriore problematica con la quale il giudice del rinvio si trova confrontato è se e, in caso affermativo, con quali modalità debba aver luogo la deduzione dall’imposta sui redditi dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione nel caso in cui l’imposta effettivamente dovuta ovvero versata non risulti di fatto determinabile, imposta che potrebbe risultare persino più elevata dell’imposta gravante sui dividendi nazionali. Infine, il giudice del rinvio si interroga sulla necessità e sulle condizioni alle quali deve essere operata la successiva deduzione dell’imposta estera sulle società assolta a monte, pur in presenza di accertamenti dell’imposta sui redditi divenuti definitivi.

21.      Il giudice del rinvio ha deciso, alla luce delle suesposte circostanze, di sospendere nuovamente il procedimento dinanzi ad esso pendente e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se la libertà di circolazione dei capitali, ai sensi degli artt. 56, n. 1, 58, n. 1, lett. a), e n. 3, CE, nonché il principio di effettività e il principio dell’effetto utile ostino ad una norma, come quella di cui all’art. 36, n. 2, secondo periodo, punto 3, dell’EStG (nella versione in vigore durante gli esercizi controversi [nella causa principale]), secondo cui l’imposta sulle società viene dedotta dall’imposta sui redditi in misura dei 3/7 dei dividendi lordi, nei limiti in cui tali dividendi non provengano da distribuzioni per le quali si considera utilizzato il capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 1, del KStG (nella versione in vigore durante gli esercizi controversi), nonostante sia di fatto impossibile determinare l’imposta sulle società effettivamente versata sui dividendi percepiti da società aventi sede in uno Stato membro diverso e tale imposta possa essere ivi maggiore.

2)      Se la libertà di circolazione dei capitali (...) nonché il principio di effettività e il principio dell’effetto utile ostino ad una norma, come quella di cui all’art. 36, n. 2, secondo periodo, punto 3, quarto periodo, lett. b), dell’EStG (nella versione in vigore durante gli esercizi controversi), secondo cui per poter portare in deduzione l’imposta sulle società [dall’imposta sui redditi] è necessario presentare l’attestato relativo all’imposta sulle società prescritto dagli artt. 44 e seguenti del KStG (nella versione in vigore durante gli esercizi controversi [nella causa principale]), in cui deve essere indicato, inter alia, l’importo dell’imposta sulle società deducibile, nonché l’entità del versamento con precisazione delle singole voci del capitale proprio utilizzabile, secondo il modello di ripartizione specifico previsto dall’art. 30 del KStG (nella versione in vigore durante gli esercizi controversi), nonostante sia di fatto impossibile determinare l’imposta estera sulle società effettivamente versata e per la quale il credito d’imposta venga richiesto e benché sia praticamente impossibile presentare [tale] attestato per i dividendi di origine estera.

3)      Se la libertà di circolazione dei capitali (...), qualora sia concretamente impossibile presentare l’attestato relativo all’imposta sulle società di cui all’art. 44 del KStG (nella versione in vigore durante gli esercizi controversi) e non sia determinabile l’importo dell’imposta sulle società effettivamente versata sui dividendi di origine estera, imponga di procedere ad una stima dell’aliquota [d’imposta] dell’imposta sulle società e, se del caso, di prendere in considerazione a tal fine anche oneri fiscali indiretti assolti a monte.

4)      a)       Nel caso in cui la seconda questione sia risolta negativamente e sia [quindi] necessario un attestato relativo all’imposta sulle società:

se il principio di effettività e il principio dell’effetto utile debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma, come quella di cui all’art. 175, n. 2, secondo periodo, dell’AO [modificata], in combinato disposto con l’art. 97, n. 9, terzo comma, dell’EGAO, secondo la quale, inter alia, la produzione di un attestato relativo all’imposta sulle società non è più considerata, a decorrere dal 29 ottobre 2004, quale evento retroattivo, rendendo così tecnicamente impossibile la deducibilità dell’imposta sulle società in sede di determinazione definitiva dell’imposta sui redditi [dovuta in Germania], senza che sia stato concesso un periodo transitorio che consenta di far valere la deducibilità dell’imposta estera sulle società.

b)      Nel caso in cui la seconda questione sia risolta affermativamente e non sia [dunque] necessario un attestato relativo all’imposta sulle società:

Se l’art. 56 CE nonché il principio di effettività e il principio dell’effetto utile vadano interpretati nel senso che ostano ad una norma, come quella di cui all’art. 175, n. 1, punto 2, dell’AO, secondo la quale un avviso di accertamento dev’essere modificato qualora si verifichi un evento retroattivo, segnatamente la produzione di un attestato relativo all’imposta sulle società, consentendo in tal modo la deducibilità dell’imposta sulle società per i dividendi d’origine interna anche in caso di avviso di accertamento definitivo ai fini dell’imposta sui redditi, laddove ciò non sarebbe possibile per i dividendi esteri in assenza di un attestato relativo all’imposta [estera] sulle società».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

22.      La decisione di rinvio, pronunciata in data 14 maggio 2009, è pervenuta presso la cancelleria della Corte di giustizia il 13 luglio 2009. Nella fase scritta del procedimento hanno depositato osservazioni i ricorrenti nella causa principale, l’ufficio resistente nella causa principale, il governo tedesco, nonché la Commissione europea. All’udienza del 27 ottobre 2010 hanno partecipato i ricorrenti nella causa principale, il resistente nella causa principale, il governo tedesco, nonché la Commissione.

V –    Argomenti delle parti

A –    Prima questione pregiudiziale

23.      Il giudice del rinvio chiede, con la prima questione pregiudiziale, se sia compatibile con il diritto dell’Unione una normativa nazionale volta ad impedire la doppia imposizione degli utili distribuiti a titolo di dividendi, laddove essa preveda che l’imposta sulle società gravante sui dividendi, distribuiti sia nello Stato medesimo sia in altri Stati dell’Unione, venga dedotta dall’imposta sui redditi nella misura fissa di 3/7 dei dividendi lordi, sebbene l’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione sia di fatto indeterminabile e possa risultare maggiore dell’imposta fissa del 30% applicata ai dividendi nazionali.

24.      Ad avviso della Commissione, con la detta prima questione, il giudice del rinvio chiede di chiarire se l’importo dell’imposta estera sulle società, da dedurre secondo i principi espressi nella sentenza Meilicke, debba essere determinato, in via di principio, in base all’effettiva imposta assolta a monte sulla distribuzione o piuttosto in base alla frazione, stabilita per legge, dei 3/7 dei dividendi lordi. Qualora la determinazione dovesse basarsi, in linea di massima, sull’effettiva imposta assolta a monte, il giudice del rinvio chiede inoltre se, ove sia di fatto impossibile o impraticabile determinare l’onere fiscale pregresso, occorra riferirsi ad altri criteri.

25.      La Commissione sostiene che l’imposta estera sulle società da portare in deduzione debba essere determinata sulla base dell’effettiva imposta assolta a monte sulla distribuzione. Tuttavia, essa non dovrebbe risultare necessariamente maggiore della frazione dei dividendi deducibile nel caso di distribuzioni operate da società nazionali. Qualora, in un determinato caso, fosse impossibile o impraticabile la determinazione dell’effettivo onere assolto a monte, ciò nulla toglierebbe al fatto che sia l’onere effettivo a rappresentare il parametro applicabile. Ciò escluderebbe del tutto la necessità di ricorrere a parametri alternativi come, ad esempio, l’importo di 3/7 dei dividendi contemplato nell’art. 36, n. 2, punto 3, dell’EStG.

26.      Il governo tedesco e il resistente nella causa principale ritengono che la deduzione dell’imposta estera sulle società debba aver luogo in base all’importo dell’effettivo onere fiscale, senza prendere in considerazione eventuali imposte a monte assolte indirettamente. Inoltre, l’importo dell’imputazione sarebbe limitato all’imposta sui redditi dovuta dall’azionista sui dividendi percepiti.

27.      I ricorrenti nella causa principale ribadiscono che l’imposta sulle società da dedurre deve essere calcolata in base all’imposta astrattamente dovuta dalla società distributrice e gravante direttamente o indirettamente sui dividendi distribuiti. A tal proposito, l’importo della deduzione non potrebbe in nessun caso essere limitato all’imposta sul reddito dovuta dall’azionista con riguardo ai dividendi percepiti.

B –    Seconda questione pregiudiziale

28.      Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se e a quali condizioni la deducibilità dell’imposta assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione possa essere parimenti subordinata alla presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società, redatto su un modello ufficiale e richiesto per legge ai fini della deducibilità dall’imposta sui redditi dovuta dall’azionista dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi nazionali.

29.      Ad avviso della Commissione, per rispondere alla seconda questione pregiudiziale, volta a chiarire se possa essere richiesto al soggetto passivo d’imposta un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, occorre distinguere tra le prove in sé necessarie e le disposizioni dettagliate degli artt. 44 e seg. del KStG. A tal riguardo, si dovrebbe ritenere che il diritto dell’Unione non obblighi, di regola, gli Stati membri a concedere benefici fiscali senza i necessari documenti giustificativi. Ciò non significherebbe, però, che uno Stato membro, in una situazione come quella in esame, possa stabilire ad libitum le forme da osservare e i mezzi da impiegare a fini probatori. Anzi, dovrebbe limitarsi a quanto effettivamente necessario alla luce della ratio delle disposizioni nazionali pertinenti e, pertanto, rispondente ad un legittimo interesse all’informazione. Ciò premesso, lo Stato membro interessato non potrebbe richiedere che tutte le informazioni rilevanti provengano da un unico documento redatto dalla società e precisamente conforme al modello prescritto dall’art. 44 dell’EStG. Dovrebbe essere sufficiente che i documenti giustificativi e le informazioni pertinenti vengano presentati all’amministrazione finanziaria in una forma da essa utilizzabile. Inoltre, lo Stato membro non potrebbe insistere per la presentazione di informazioni e di documenti giustificativi relativamente ai quali risulti la loro irrilevanza per il caso concreto. Anche una richiesta del genere sarebbe sproporzionata.

30.      Il governo tedesco ritiene che la richiesta di un certificato d’imposta ovvero di un’analoga documentazione relativa all’imposta estera sulle società rivolta al contribuente, che intenda ottenere un credito d’imposta, non violi né gli artt. 56 CE e 58 CE né i principi di equivalenza e di effettività. Sebbene tale documentazione non debba necessariamente conformarsi ad un determinato modello, dovrebbe essere accettata, in linea di principio, ai fini della deduzione, solo una documentazione idonea a fornire un’informazione chiara e comprensibile sull’effettiva imposta sulle società assolta a monte sui dividendi percepiti. Inoltre, le amministrazioni finanziarie non sarebbero obbligate ad utilizzare i mezzi dell’assistenza transfrontaliera, ai sensi della direttiva 77/799, per integrare i dati e i documenti non forniti dal soggetto passivo d’imposta.

31.      Il convenuto nella causa principale ha rilevato, nelle sue osservazioni scritte, che né gli artt. 56 CE e 58 CE né i principi di effettività e dell’effetto utile osterebbero ad una normativa nazionale secondo cui la deducibilità dall’imposta sui redditi dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione sia subordinata alla presentazione di un certificato relativo a tale ultima imposta ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG. Interrogato a tal riguardo in udienza, il resistente nella causa principale ha tuttavia modificato la sua interpretazione e si è allineato, dunque, all’opinione della Commissione.

32.      I ricorrenti nella causa principale precisano che la presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG non potrebbe essere considerata quale requisito per la deduzione dall’imposta sui redditi dell’imposta sulle società gravante sui dividendi esteri.

C –    Terza questione pregiudiziale

33.      Con la terza questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se gli artt. 56 CE e 58 CE obblighino il giudice nazionale a procedere alla stima dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da un altro Stato dell’Unione, quando la presentazione di un certificato relativo a tale imposta ai sensi dell’art. 44 del KStG non sia possibile e l’imposta effettivamente versata non possa essere determinata. Il giudice del rinvio, inoltre, chiede se occorra eventualmente prendere in considerazione in tale stima anche le imposte sulle società assolte indirettamente a monte.

34.      Ad avviso della Commissione, l’obbligo di procedere alla stima dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi distribuiti da società aventi sede in un altro Stato dell’Unione può risultare dalla normativa dell’Unione in combinato disposto con le disposizioni nazionali generali sulla stima della base imponibile. Un obbligo siffatto sussisterebbe nella misura in cui un soggetto passivo di imposta potesse parimenti beneficiare del ricorso ad una stima in una situazione comparabile puramente interna. A prescindere dalla sussistenza di disposizioni di diritto interno di tal genere in materia di stime, l’amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 56 CE, dovrebbe, tuttavia, sempre riconoscere la deducibilità di un onere fiscale pregresso qualora risulti adeguatamente documentato dal soggetto passivo, anche quando l’esatta misura dell’onere non possa essere accertata.

35.      In ordine alla questione della presa in considerazione delle imposte sulle società assolte indirettamente a monte sui dividendi distribuiti da società aventi sede in altri Stati dell’Unione, la Commissione ribadisce che, ai sensi dell’art. 56 CE, ad un azionista soggetto di imposta spetterebbe il diritto di vedere prese in considerazione le imposte eventualmente già versate dalle società controllate della società distributrice, qualora un soggetto di imposta possa dedurre tale imposta assolta a monte anche nel caso di dividendi distribuiti da società nazionali.

36.      Il governo tedesco afferma, da un lato, che la presa in considerazione dell’imposta sulle società assolta indirettamente a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dovrebbe essere esclusa, in quanto il previgente sistema tedesco dell’imposta sulle società sarebbe stato inteso ad eliminare la doppia imposizione economica di dividendi di volta in volta al livello della società immediatamente superiore. La deducibilità riguarderebbe solo l’imposta sulle società versata dalla società distributrice. La deducibilità dall’imposta sui redditi del socio dell’imposta sulle società gravante sui dividendi distribuiti da imprese nazionali presupporrebbe, inoltre, sempre la presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società. Pertanto, anche l’imposta sulle società dovuta all’estero potrebbe essere dedotta dall’imposta sui redditi dell’azionista solo ove questi presentasse documenti dai quali possa risultare in maniera chiara e comprensibile l’imposta sulle società effettivamente dovuta.

37.      Anche ad avviso del resistente nella causa principale sarebbe esclusa la deducibilità di imposte sulle società assolte indirettamente a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. Con riguardo a fattispecie transfrontaliere sarebbe inoltre necessario un certificato relativo all’imposta sulle società ai fini della prova delle imposte dirette già versate. Sarebbe da risolvere in senso negativo la questione se le amministrazioni finanziarie nazionali, le quali abbiano assoggettato a tassazione il percettore dei dividendi, siano tenute a rivolgersi, ai sensi della direttiva 77/799, alle autorità di un altro Stato membro al fine di ottenere le informazioni mancanti.

38.      I ricorrenti nella causa principale affermano dunque la possibilità di una stima dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi distribuiti da società estere, ove il suo importo risulti non determinabile. A tal riguardo, occorrerebbe prendere in considerazione anche le imposte assolte indirettamente.

D –    Quarta questione pregiudiziale

39.      Con la quarta questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, da un lato, se sia conforme al diritto dell’Unione un’interpretazione dell’art. 175 dell’AO, nella versione vigente fino al 28 ottobre 2004, secondo cui un avviso di liquidazione dell’imposta sul reddito divenuto ormai definitivo può essere rettificato a seguito della presentazione a posteriori di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, restando invece esclusa tale rettifica sulla base di dichiarazioni ovvero attestazioni rese dall’estero, che non corrispondono ai requisiti formali di cui agli artt. 44 e seg. del KStG [quarta questione pregiudiziale, lett. b)]. Inoltre, il detto giudice chiede se sia conforme al diritto dell’Unione l’abolizione retroattiva della possibilità, prevista dall’art. 175 dell’AO, di rettificare gli avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sui redditi [quarta questione pregiudiziale, lett. a)].

40.      Secondo la Commissione, l’art. 175 dell’AO costituisce una norma procedurale, che dovrebbe pertanto rispettare il principio dell’equivalenza. Una prescrizione di diritto interno, come l’art. 175 dell’AO, non sarebbe quindi conforme al diritto dell’Unione, laddove consenta, in caso di dividendi distribuiti da società nazionali, la deducibilità dell’imposta sulle società assolta a monte anche dopo che il pertinente avviso di liquidazione dell’imposta sui redditi sia divenuto definitivo, e precisamente tramite la presentazione a posteriori di un certificato relativo all’imposta sulle società da cui risulti il diritto alla deduzione dell’imposta previamente assolta, ma non consenta la stessa modifica di avvisi di liquidazione definitivi in caso di dividendi distribuiti da società di altri Stati dell’Unione, anche quando il diritto alla deduzione venga provato attraverso la presentazione a posteriori di altri documenti idonei.

41.      Inoltre, il diritto dell’Unione osterebbe alla modifica retroattiva dell’art. 175 dell’AO, come esposta dal giudice del rinvio, laddove faccia sì che la presentazione a posteriori dei documenti necessari ai fini della deducibilità dell’imposta sulle società assolta a monte non determini più la rettifica di avvisi di liquidazione definitivi relativamente ai dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, in assenza di una disciplina transitoria che preveda un termine ragionevole entro il quale presentare i detti documenti ai fini della deduzione.

42.      Secondo il governo tedesco ed il resistente nella causa principale, sarebbe del tutto conforme al diritto dell’Unione una normativa nazionale che preveda la presentazione a posteriori di un certificato relativo all’imposta sulle società di cui agli artt. 44 e seg. del KStG quale presupposto procedurale per la rettifica di avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sul reddito, laddove tale rettifica resti esclusa nel caso di presentazione a posteriori di certificati ovvero di dichiarazioni estere che non rispettano i requisiti formali degli artt. 44 e seg. del KStG. Inoltre, l’abrogazione retroattiva di tale normativa, nelle particolari circostanze date nella causa principale, risulterebbe altresì conforme al diritto dell’Unione anche qualora, a seguito di essa, venisse a mancare retroattivamente e in assenza di una disciplina transitoria il presupposto procedurale per la successiva deduzione dell’imposta sulle società applicata in un altro Stato dell’Unione. In tale contesto dovrebbe essere preso in particolare considerazione il fatto che la normativa fiscale applicabile ratione temporis nella causa principale è rimasta in vigore, ai fini della deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi – la cosiddetta procedura di deduzione integrale –, solo fino al 2001. Sarebbe quindi rilevante, nella prospettiva del diritto dell’Unione, che il legislatore tedesco abbia compiuto determinate modificazioni alla disciplina procedurale quattro anni dopo l’abrogazione della procedura di deduzione integrale, producendo effetti anche su tale sistema.

43.      Ad avviso dei ricorrenti nella causa principale è decisivo, ai fini della soluzione della quarta questione pregiudiziale, che la Repubblica federale di Germania non abbia finora reso disponibile per i dividendi esteri alcun certificato relativo all’imposta sulle società conforme al modello ufficiale. Poiché la Repubblica federale di Germania ha insistito per la presentazione di un siffatto certificato ai fini della deducibilità dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, il riconoscimento dei diritti conferiti dalla normativa dell’Unione risulterebbe praticamente impossibile o eccessivamente difficile qualora il periodo transitorio previsto a seguito della modifica dell’art. 175 dell’AO venisse fissato in modo tale che la presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società, redatto secondo il modello ufficiale per i dividendi esteri, non possa comportare la rettifica di avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sul reddito, prima che un siffatto certificato sia stato addirittura reso disponibile.

VI – Analisi giuridica

A –    Considerazioni introduttive

44.      Le quattro questioni pregiudiziali che occorre risolvere nel presente procedimento in via pregiudiziale sono formulate con riferimento a diverse norme tributarie nazionali e, pertanto, in maniera particolarmente tecnica. Mi sembra doveroso, per una migliore comprensione della materia, descrivere brevemente il contesto di diritto tributario nazionale delle dette questioni. Ciò consentirà, inoltre, di ridurre le questioni pregiudiziali alla loro sostanza rilevante sotto il profilo del diritto dell’Unione.

45.      La causa principale solleva questioni inerenti all’imponibilità dei dividendi distribuiti da società di capitali, assoggettate all’imposta sulle società, ai loro azionisti, fiscalmente residenti nella Repubblica federale di Germania. Dall’ordinanza di rinvio, nonché dalle osservazioni presentate dalle parti, emerge che i dividendi nazionali, in base al diritto applicabile ratione temporis, si considerano provenienti dal capitale proprio delle dette società utilizzabile ai fini delle distribuzioni. Prima della distribuzione, tali dividendi sono normalmente assoggettati all’imposta sulle società dovuta dalla società distributrice, dopo essere stati distribuiti agli azionisti soggetti passivi dell’imposta sui redditi, invece, essi sono sottoposti a quest’ultima imposta.

46.      Al fine di eliminare la doppia imposizione di tali distribuzioni, il diritto tributario tedesco applicabile nel periodo in questione prevede una complessa normativa in base alla quale l’imposta sulle società dovuta dalle imprese sui dividendi distribuiti viene rimborsata agli azionisti soggetti all’imposta sul reddito sotto forma di un credito d’imposta nella misura dei 3/7 dei dividendi lordi (9).

47.      Una caratteristica importante di tale sistema di deduzione consiste nel fatto che le aliquote variabili dell’imposta sulle società applicabili al capitale proprio utilizzabile per le distribuzioni vengono adeguate al credito d’imposta fisso nella misura dei 3/7 dei dividendi lordi. Ciò avviene di massima nel modo seguente: in caso di distribuzione di dividendi, l’imposta sulle società già riscossa viene aumentata o diminuita affinché si generi una «tassazione della distribuzione», basata sull’imposta sulle società, nella misura del 30% dei dividendi lordi (10). Taluni importi delle distribuzioni esenti da imposta sono peraltro esclusi da tale «tassazione della distribuzione» e restano quindi, in definitiva, esenti dall’imposta sulle società. In caso di distribuzione di siffatto capitale proprio esente da imposta, non viene concesso ai soci, in linea di principio, alcun credito di imposta. In tal modo, la deduzione dell’imposta sulle società nella misura di 3/7 dei dividendi corrisponde, di regola, all’imposta sulle società versata dalla società distributrice.

48.      Al fine di consentire agli uffici tributari competenti per la dichiarazione dei redditi dei singoli azionisti la determinazione dell’importo preciso del credito sull’imposta personale, gli azionisti sono tenuti a presentare un certificato relativo all’imposta sulle società che deve essere redatto dall’impresa distributrice in base al modello ufficialmente prescritto. Sulla base di tale certificato può essere accertata l’effettiva imposta sulle società applicata ai dividendi distribuiti. Laddove esso non venga presentato, la deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi è esclusa per legge.

49.      Un’ulteriore caratteristica di tale disciplina, infine, è che la deduzione dell’imposta sulle società dovuta ha luogo a prescindere dal suo effettivo pagamento. Ad avviso del giudice del rinvio, la normativa tributaria tedesca porta tuttavia, nella prassi, al risultato che il credito di imposta nella misura dei 3/7 dei dividendi lordi corrisponda all’imposta effettivamente pagata dalla società distributrice.

B –    Prima questione pregiudiziale

50.      Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede in sostanza se la deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione debba ovvero possa aver luogo nella forma di un credito d’imposta di importo corrispondente alla frazione fissa, applicata ai dividendi nazionali, dei 3/7 dei dividendi lordi, ove l’effettiva imposta assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione non sia accertabile e, di conseguenza, possa risultare più alta della tassazione fissa del 30% gravante sui dividendi nazionali.

51.      Ai fini della soluzione di tale questione va ricordato che la Corte, nella sentenza Meilicke (11), ha dichiarato che una normativa tributaria in forza della quale, in occasione di una distribuzione di dividendi da parte di una società di capitali, un azionista soggetto passivo fiscalmente residente in uno Stato membro benefici di un credito d’imposta, calcolato in funzione dell’aliquota gravante sugli utili distribuiti a titolo dell’imposta sulle società, quando la società distributrice ha sede nello stesso Stato membro, ma non quando la detta società ha sede in un altro Stato membro, non è conforme agli artt. 56 CE e 58 CE (12).

52.      Dalla menzionata sentenza Meilicke si può dunque dedurre che l’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, analogamente a quella sui dividendi nazionali, deve essere dedotta dall’imposta sui redditi dovuta dall’azionista ad essa soggetto.

53.      Questo obbligo può essere soddisfatto ricorrendo a diverse soluzioni di procedura tributaria (13). Nella formulazione della questione il giudice del rinvio ha ritenuto di poter estendere il sistema della concessione di crediti d’imposta applicabile ai dividendi nazionali anche ai dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. Una procedura siffatta è, in linea di principio, compatibile con il diritto dell’Unione.

54.      Con riguardo ai dividendi nazionali, la doppia imposizione viene eliminata, in sostanza, mediante la compensazione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi con un credito di imposta sui redditi, la cui entità è determinata in funzione dell’aliquota dell’imposta sulle società effettivamente applicabile ai dividendi: il credito di imposta «fisso» nella misura dei 3/7 dei dividendi nazionali lordi corrisponde, in linea di massima, ad un’effettiva imposta sulle società del 30% assolta a monte (14). Ne consegue direttamente che anche la concessione di crediti sull’imposta sul reddito finalizzata all’eliminazione della doppia imposizione delle distribuzioni di dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione deve collegarsi all’effettiva imposta sulle società assolta a monte su tali dividendi. Per effettiva imposta sulle società assolta a monte si intende, in tale contesto, l’imposta sulle società effettivamente versata ovvero da versare da parte della società distributrice in relazione alle distribuzioni di dividendi.

55.      Nel caso in cui l’importo dell’imposta sulle società effettivamente assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione risulti uguale o inferiore al 30%, da tali considerazioni discende che un credito sull’imposta sui redditi deve essere concesso in base a tale onere fiscale pregresso. Ove sia provata un’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione nella misura del 20%, è pertanto sufficiente che venga concesso all’azionista soggetto all’imposta sui redditi un credito di imposta nella misura dei 2/8 dei dividendi lordi. Un’imposta sulle società assolta a monte documentata nella misura del 25% deve essere compensata con un credito nella misura dei 25/75 dei dividendi lordi.

56.      Ciò premesso, solo un’effettiva e documentata imposta sulle società assolta a monte nella misura del 30% attribuisce al soggetto passivo dell’imposta sul reddito, percettore di dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, il diritto, secondo la normativa dell’Unione, di ottenere un credito di imposta nominalmente corrispondente, in fattispecie interne, nella misura dei 3/7 dei dividendi lordi. Ciò risulta altresì logico, in quanto la libera circolazione dei capitali non esige alcun favor fiscale per i dividendi provenienti da imprese estere.

57.      La libera circolazione dei capitali, tuttavia, neppure vieta un favor fiscale per i dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, cosicché, nell’ipotesi che l’importo dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione risulti uguale o inferiore al 30%, sarebbero dunque da considerare conformi al diritto dell’Unione sia un credito di imposta «in base a» tale onere fiscale pregresso sia, addirittura, una deduzione forfettaria nella misura dei 3/7 dei dividendi distribuiti.

58.      Deve essere invece valutato in maniera diversa il caso in cui una documentata effettiva imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione superi la misura del 30%.

59.      Nell’ambito di un’analisi incentrata solo sull’efficacia delle libertà fondamentali si potrebbe sostenere che il credito d’imposta sul reddito nella misura dei 3/7 dei dividendi nazionali corrisponda interamente, in via di principio, all’imposta sulle società assolta a monte del 30%, cosicché tale imposta sui dividendi nazionali verrebbe dedotta dall’imposta sui redditi senza soglie legali massime. Potrebbe peraltro sostenersi, d’altra parte, che soglie del genere non possano sussistere anche con riguardo alla deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. In tale logica, un’effettiva imposta sulle società assolta a monte del 40% sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione attribuirebbe il diritto al soggetto di imposta percipiente, secondo la normativa dell’Unione, di ottenere un credito di imposta sui redditi nella misura dei 4/6 di tali dividendi (15).

60.      Una siffatta analisi trascurerebbe tuttavia il fatto che il sistema tedesco di deduzione fiscale si basa, in fondo, sulla decisione adottata dalla Repubblica federale di Germania, nell’esercizio del suo potere impositivo, di istituire una tassazione unitaria dei dividendi basata sull’imposta sulle società nella misura del 30% sul capitale proprio utilizzato per le distribuzioni di dividendi. Poiché il credito concesso agli azionisti sull’imposta sui redditi nella misura dei 3/7 dei dividendi distribuiti mira, in definitiva, a compensare l’imposta sulla società incidente sulle distribuzioni di dividendi, in essa si perpetua l’opzione di base adottata dalla Repubblica federale di Germania di assoggettare i dividendi ad un’aliquota unitaria dell’imposta sulle società del 30%.

61.      Se ora la Repubblica federale di Germania fosse tenuta a compensare l’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione anche oltre l’aliquota del 30%, ciò significherebbe che dovrebbe elevare il valore di tale imposta sulle società assolta a monte oltre il livello dell’imposta nazionale sulle società. Ciò comporterebbe, quindi, che la Repubblica federale di Germania sarebbe tenuta a compensare fiscalmente gli effetti della decisione adottata da uno Stato membro, nell’esercizio della sua competenza fiscale, di tassare le distribuzioni dei dividendi con un’imposta sulle società superiore al 30%.

62.      Dalle libertà fondamentali non può dedursi un obbligo così ampio. Laddove i dividendi provenienti da un altro Stato dell’Unione siano stati assoggettati ad un’imposta sulle società di oltre il 30%, all’azionista soggetto passivo di un’imposta sui redditi nel proprio Stato spetta, in base al diritto dell’Unione, solo il diritto al riconoscimento di un credito di imposta nella misura dei 3/7 di tali dividendi. Le differenze nella deduzione fiscale di tale onere pregresso rispetto ai dividendi nazionali devono essere pertanto qualificate come conseguenze svantaggiose dovute ai diversi sistemi di imposta sulla società in vigore negli Stati membri. In considerazione delle competenze attribuite agli Stati membri nel settore dell’imposizione diretta (16), siffatte conseguenze devono essere quindi tollerate dai contribuenti interessati (17).

63.      Conseguentemente, appare opportuno rinviare, in particolare, alla sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation (18), nella quale la Corte, inter alia, si è occupata di una normativa fiscale nazionale volta ad evitare l’imposizione a catena di dividendi percepiti da una società residente. Tale normativa prevedeva un sistema di esenzione di tali dividendi dall’imposizione quando essi fossero versati da una società residente e la deducibilità dell’onere fiscale pregresso quando fossero versati da una società non residente. Ad avviso della Corte, un siffatto sistema è compatibile con le libertà fondamentali, a condizione che, da un lato, i dividendi di origine estera non vengano assoggettati ad un’aliquota più alta rispetto ai dividendi di origine nazionale e, dall’altro, venga evitata un’imposizione a catena dei dividendi di origine estera deducendo l’imposta versata dalla società distributrice non residente dall’imposta applicabile alla società beneficiaria residente nei limiti di quest’ultima (19). In riferimento alla concreta modalità di attuazione di tale imputazione, la Corte ha aggiunto che, quando gli utili sottostanti ai dividendi di origine estera siano assoggettati nello Stato membro della società distributrice ad un’imposta inferiore al prelievo effettuato dallo Stato membro della società beneficiaria, dev’essere concesso un credito fiscale complessivamente corrispondente all’imposta versata dalla società distributrice nello Stato membro ove essa ha sede. Se, per contro, tali utili sono assoggettati, nello Stato membro della società distributrice, ad un’imposta maggiore rispetto al prelievo effettuato nello Stato membro della società beneficiaria, quest’ultimo deve concedere un credito di imposta soltanto nei limiti dell’importo dell’imposta sulle società dovuta dalla società beneficiaria (20).

64.      In considerazione del particolare contesto della causa principale, la Corte, nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, ha dunque affermato, in conclusione, che l’obbligo, derivante dalle libertà fondamentali, di eliminare una doppia imposizione non deve necessariamente spingersi fino al punto che alla società residente beneficiaria di dividendi esteri debba essere rimborsato anche l’onere fiscale pregresso eccedente il livello nazionale di imposizione. A tal riguardo, una doppia imposizione, dalla prospettiva del diritto dell’Unione, deve essere limitata soltanto in misura corrispondente al livello di tassazione applicabile a livello nazionale (21).

65.      Anche nella causa in esame, a mio avviso, si deve ritenere che l’obbligo, discendente dalla libera circolazione di capitali, di eliminare la doppia imposizione di dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione non deve spingersi fino al punto che debba concedersi al percettore di tali dividendi, fiscalmente residente in Germania, ai fini dell’imposta sul reddito, un credito d’imposta eccedente il livello unitario dell’imposta nazionale sulle società assolta a monte e del rimborso dell’imposta sui redditi.

66.      Ciò premesso, ritengo, in conclusione, che ai percettori di dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione e assoggettati ad un’effettiva imposta sulle società assolta a monte eccedente il 30%, i quali siano soggetti all’imposta sui redditi in Germania, spetti il diritto di dedurre tale onere fiscale pregresso nella misura del 30% fino a concorrenza dell’aliquota dell’imposta sulle società applicabile a livello nazionale. In un’ipotesi di tal genere, la concessione di un credito d’imposta nella misura dei 3/7 dei dividendi distribuiti deve essere dunque considerato conforme al diritto dell’Unione.

67.      Se la Corte, diversamente da quanto sostenuto in questa sede, dovesse pervenire alla conclusione che anche l’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, eccedente la misura del 30%, debba essere dedotta in toto, un’imposta sulle società effettivamente assolta a monte del 40% determinerebbe, in tal caso, un credito di imposta nella misura di 4/6 dei dividendi; un’imposta assolta a monte del 50% attribuirebbe il diritto ad un credito d’imposta pari ad un 1/2 dei dividendi distribuiti.

68.      Tenendo conto degli effetti potenzialmente gravi di una siffatta soluzione, si dovrebbe inoltre esaminare se l’obbligo illimitato di deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte in altri Stati dell’Unione pregiudichi la coerenza del sistema tributario nazionale e, in caso affermativo, quali conseguenze se ne dovrebbero trarre.

69.      In tale contesto, occorrerebbe analizzare, inter alia, se l’imposizione del 30% stabilita in Germania per le distribuzioni di dividendi nazionali ed il correlato credito di imposta nella misura di 3/7 dei dividendi lordi comporti, di regola, che tale credito sia inferiore al debito fiscale relativo ai dividendi. In caso di risposta affermativa, andrebbe sempre verificato, anche nelle specifiche procedure di deduzione delle imposte sulle società assolte a monte in altri Stati dell’Unione, se il credito di imposta da concedere superi il debito di imposta dell’azionista relativo ai detti dividendi. Laddove il credito di imposta eccedesse, in concreto, tale debito, sussisterebbe probabilmente una lesione alla coerenza del sistema fiscale tedesco. Sulla base della causa generale di giustificazione della salvaguardia della coerenza del sistema fiscale nazionale (22), dovrebbe inoltre essere accertato se alla Repubblica federale di Germania sia consentito, in un caso siffatto, di limitare il credito di imposta relativo ai dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione al valore del debito d’imposta dell’azionista, connesso a tali dividendi.

70.      In sintesi, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, giungo alla conclusione che gli artt. 56 CE e 58 CE debbano essere interpretati nel senso che impongono, in un caso come quello oggetto della causa principale, la deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dall’imposta sui redditi dovuta dagli azionisti sotto forma di un credito di imposta calcolato sulla base dell’effettivo onere fiscale assolto a monte su tali dividendi. Tale deduzione non deve, però, superare l’aliquota dell’imposta sulle società applicabile ai dividendi nazionali.

C –    Seconda questione pregiudiziale

71.      Il giudice del rinvio chiede, con la seconda questione pregiudiziale, se e a quali condizioni la deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dall’imposta sui redditi dovuta dagli azionisti possa essere subordinata alla presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società da redigere da parte della società distributrice secondo il modello stabilito dalla legge, ove un siffatto obbligo di presentazione si applichi anche alla deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi nazionali.

72.      Ai fini della soluzione di tale questione, va anzitutto ricordato che la Corte, nella sentenza Meilicke, ha confermato che ad un azionista soggetto ad imposta in Germania che percepisca dividendi da società aventi sede in altri Stati dell’Unione deve essere concesso, in conformità agli artt. 56 CE e 58 CE e in considerazione della normativa nazionale applicabile ratione temporis, un credito di imposta calcolato, in linea di principio, in funzione dell’aliquota di imposta sulle società applicabile agli utili distribuiti.

73.      La realizzazione di tale diritto, conferito dalla normativa dell’Unione all’azionista interessato, presuppone però che possa essere determinata l’effettiva imposta sulle società assolta a monte sui dividendi nello Stato membro in cui la società distributrice è soggetta ad imposta.

74.      Ciò premesso, la seconda questione pregiudiziale deve essere interpretata nel senso che alla Corte è richiesto di chiarire se sia compatibile con il diritto dell’Unione una normativa processuale nazionale, per effetto della quale l’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione può essere dimostrata esclusivamente sulla base di un certificato relativo all’imposta sulle società che deve essere redatto da parte della società distributrice in base ad un modello, particolarmente dettagliato, prescritto dalla legge.

75.      Tale questione può essere risolta ricorrendo ai principi di autonomia procedurale degli Stati membri sviluppati dalla giurisprudenza della Corte.

76.      Secondo la detta giurisprudenza, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, purché tali modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall’altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (23).

77.      A tal proposito è controverso, in particolare, se il requisito della presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, ai fini della prova dell’effettivo onere fiscale pregresso, gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto – conferito dall’ordinamento dell’Unione – alla deduzione di tale onere dall’imposta sui redditi, con conseguente violazione del principio di effettività.

78.      Sebbene la soluzione di tale questione spetti, in ultima analisi, al giudice remittente, l’ordinanza di rinvio contiene una serie di indizi che suggeriscono che il requisito della presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, ai fini della prova dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, è molto probabilmente in contrasto con il principio di effettività. Il giudice del rinvio rileva, infatti, espressamente che il certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG è connesso indissolubilmente con la complessa normativa sulla determinazione di un’imposta del 30% sui dividendi lordi, ove tale disciplina soffre alcune eccezioni. Poiché il certificato relativo all’imposta sulle società è il riflesso, in sostanza, di tale complessa disciplina fiscale, esso può essere redatto solo dalle imprese sottoposte alla detta normativa.

79.      Ciò premesso, la seconda questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che una normativa nazionale, secondo cui la deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dall’imposta sui redditi è sempre subordinata alla presentazione di un certificato ai sensi degli artt. 44 e segg. del KStG necessario ai fini della prova di tale onere fiscale pregresso, è in contrasto con il principio di effettività, laddove detto requisito renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte in altri Stati dell’Unione. Spetta al giudice del rinvio accertare tale circostanza.

D –    Terza questione pregiudiziale

80.      Con la terza questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se e, in caso affermativo, a quali condizioni gli artt. 56 CE e 58 CE impongano di compiere, ai fini della deduzione, la stima dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, laddove essa non sia determinabile. Il giudice del rinvio chiede altresì di chiarire se, al riguardo, debbano essere eventualmente prese in considerazione eventualmente anche le imposte sulle società assolte a monte indirettamente.

81.      Sebbene il giudice del rinvio, con tale questione, chieda solo se e, in caso affermativo, a quali condizioni e in quale modo possa ovvero debba essere determinata, attraverso una stima, l’imposta sulle società gravante sui dividendi di imprese aventi sede in altri Stati dell’Unione, mi sembra opportuno, al fine di una ragionevole risposta alla questione pregiudiziale, affrontare, nell’ambito dell’analisi di tale questione, la problematica complessivamente concernente, in un caso come quello di specie, l’onere della prova, il rischio ad esso connesso, nonché la loro valutazione. Il giudice remittente, infatti, ha espresso perplessità, in diversi punti dell’ordinanza di rinvio, riguardanti vari aspetti dell’onere della deduzione delle prove e della loro valutazione nella causa principale, cosicché anche le parti si sono espresse su tali punti. Inoltre, sebbene la Corte di giustizia non sia chiamata a valutare anche i fatti oggetto della causa principale, essa può però fornire al giudice del rinvio, in considerazione delle particolarità di tali fatti, tutti gli elementi utili che possano facilitargli la soluzione della causa principale.

82.      La questione relativa alle modalità con cui il soggetto passivo d’imposta sui redditi e le amministrazioni finanziarie nazionali possano concorrere, in un caso come quello di cui alla causa principale, alla determinazione dell’imposta sulle società effettivamente assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, nonché la questione del ruolo dei giudici nazionali nell’ambito della ricerca e della valutazione delle prove devono essere risolte sulla base dei principi dell’autonomia procedurale degli Stati membri.

83.      Come ho già avuto modo di esporre, il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri deve essere interpretato nel senso che, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività (24).

84.      Dall’ordinanza di rinvio si deduce che l’azionista soggetto all’imposta sui redditi deve dimostrare l’esistenza e la misura dell’imposta sulle società assolta a monte gravante sui dividendi nazionali attraverso la presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società. Nel caso in cui egli non possa presentare tale certificato, non può aver luogo alcuna deduzione. In tal modo, il contribuente sopporta, per effetto della normativa fiscale tedesca, non solo l’onere della prova, ma anche il rischio della prova. Inoltre, a disposizione del contribuente sussiste solo un mezzo di prova, vale a dire il certificato relativo all’imposta sulle società previsto dagli artt. 44 e seg. del KStG.

85.      Come ho già precisato nell’ambito della soluzione della seconda questione pregiudiziale, il requisito della presentazione di un certificato ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG ai fini della prova dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione sarebbe in contrasto con il principio di effettività, laddove l’esercizio del diritto, riconosciuto dalla normativa dell’Unione, alla deduzione del detto onere fiscale dall’imposta sul reddito diventi in tal modo praticamente impossibile o eccessivamente difficile (25). Ciò però non significa peraltro che eo ipso anche la ripartizione dell’onere probatorio e del rischio della prova sottostante alla normativa fiscale tedesca sia da considerare, nelle fattispecie transfrontaliere, in contrasto con il diritto dell’Unione.

86.      Dev’essere piuttosto ritenuta compatibile con il principio di effettività una disciplina secondo cui un azionista, soggetto ad imposta in uno Stato ai fini dell’imposta sul reddito, possa far valere l’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione solo se e nella misura in cui dimostri anche in concreto l’effettivo onere pregresso. Una siffatta ripartizione dell’onere di deduzione delle prove e del rischio della prova a carico dell’azionista soggetto all’imposta sul reddito non comporta dunque, di per sé, che l’esercizio del diritto alla deduzione dell’imposta sulla società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione sia reso praticamente impossibile ovvero eccessivamente difficile (26).

87.      Il giudice del rinvio ritiene che una siffatta ripartizione dell’onere probatorio e del rischio della prova, in un caso come quello in esame, farebbe tuttavia sì, de facto, che la deduzione dell’imposta sulle società rimanga sempre vietata (27). In considerazione dei regimi olandese e danese dell’imposta sulle società applicabili negli esercizi controversi, la prova dell’imposta sulle società effettivamente assolta a monte sulle distribuzioni di dividendi olandesi e danesi in questione risulterebbe di fatto impossibile ovvero possibile solo con il superamento di ostacoli inaccettabili.

88.      A mio parere, tali perplessità pratiche del giudice del rinvio non ostano alla conformità al diritto dell’Unione di un regime di deduzione secondo cui l’azionista soggetto passivo dell’imposta sui redditi sopporti sia l’onere probatorio sia il rischio della prova con riguardo all’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. Infatti, tali perplessità derivano dalla struttura dei regimi olandese e danese dell’imposta sulle società, i quali, secondo la rappresentazione fatta dal giudice del rinvio, consentono, solo con una certa difficoltà, la determinazione dell’imposta sulle società effettivamente assolta a monte sui dividendi. Poiché in tale settore dell’imposizione diretta il diritto dell’Unione non ha prodotto alcuna armonizzazione, ciascuno Stato membro ha il potere di stabilire unilateralmente tali caratteristiche del rispettivo regime dell’imposta sulle società, nel rispetto del diritto dell’Unione. Le eventuali conseguenze svantaggiose derivanti per i contribuenti non costituiscono restrizioni vietate dal diritto primario, per quanto tale esercizio non sia discriminatorio (28). Il diritto dell’Unione non stabilisce, infatti, alcun obbligo per gli Stati membri di ravvicinare i loro sistemi fiscali anche nei settori in cui, allo stato attuale dell’armonizzazione, essi abbiano mantenuto la loro autonomia impositiva (29).

89.      Posto che, a mio avviso, la normativa tedesca in questione riguardante la ripartizione dell’onere probatorio e del rischio della prova è compatibile con il principio di effettività (30) e non può essere considerata di per sé come una discriminazione degli azionisti di società di altri Stati dell’Unione, le perplessità del giudice del rinvio concernenti l’impossibilità pratica della prova dell’effettiva imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, per effetto della specifica struttura dei regimi danese ed olandese dell’imposta sulle società, devono essere valutati dunque come conseguenze svantaggiose per gli azionisti soggetti all’imposta sul reddito che non costituiscono, in base all’odierno stato del diritto dell’Unione, alcuna restrizione vietata.

90.      Nella causa principale si pone altresì la questione se, a proposito delle fattispecie transfrontaliere, dalla direttiva 77/799 possa dedursi la traslazione dell’onere probatorio dagli azionisti soggetti all’imposta sui redditi alle amministrazioni finanziarie. A mio avviso, anche questa questione va risolta negativamente.

91.      Secondo costante giurisprudenza, la direttiva 77/799 può essere invocata da uno Stato membro per ottenere, da parte delle competenti autorità di un altro Stato membro, ogni informazione idonea a consentirgli di determinare correttamente l’ammontare delle imposte rientranti nell’ambito applicativo della citata direttiva (31). A tal riguardo, l’art. 2, n. 1, della detta direttiva prevede, inter alia, che le amministrazioni finanziarie nazionali possono chiedere alle competenti autorità di un altro Stato membro di comunicare le informazioni che esse stesse non possano ottenere. Secondo la Corte, il termine «può», a tal riguardo, denota che le suddette amministrazioni hanno la possibilità, non l’obbligo, di chiedere informazioni alla competente autorità di un altro Stato membro. Spetta pertanto, in linea di principio, a ciascuno Stato membro valutare i casi specifici in cui fanno difetto le informazioni concernenti le transazioni effettuate dai soggetti passivi stabiliti sul suo territorio e decidere se tali casi giustifichino la presentazione di una richiesta di informazioni ad un altro Stato membro (32).

92.      Nell’ambito delle rispettive decisioni sulla trasmissione di una richiesta di assistenza conformemente alla direttiva 77/799, gli Stati membri devono però rispettare sempre il principio di equivalenza. Nella misura in cui le autorità nazionali competenti per la riscossione dell’imposta sui redditi applicata alle distribuzioni di dividendi nazionali chiedono informazioni, per prassi corrente, alle autorità competenti per la riscossione dell’imposta sulle società applicata agli utili distribuiti, nel caso in cui l’importo dell’imposta sulle società assolta a monte risulti dubbio per qualsivoglia ragione, il principio di equivalenza impone che le autorità competenti per la riscossione dell’imposta sui redditi, anche nelle fattispecie transfrontaliere, nei casi dubbi, richiedano, sulla base della direttiva 77/799, informazioni sull’imposta sulle società assolta a monte sui relativi dividendi alle autorità competenti per la riscossione di tale imposta dello Stato membro in cui ha sede la società distributrice.

93.      Sulla questione volta all’individuazione dei mezzi di prova l’azionista soggetto all’imposta sui redditi debba dimostrare l’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, ho già osservato che il requisito della presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG risulta, con ogni probabilità, incompatibile con il principio di effettività.

94.      Il principio di effettività esige inoltre che, in una fattispecie come quella di cui alla causa principale, vengano concesse all’azionista soggetto all’imposta sui redditi, nell’ambito della procedura, la possibilità di fornire tale prova anche in concreto (33).

95.      Ciò premesso, la questione relativa a quali mezzi di prova debbano essere ammessi in un contesto come quello oggetto della causa principale non può essere risolta in abstracto. Di regola si dovrebbe però ritenere che la deduzione di prove risulterebbe eccessivamente difficile per l’azionista di una società di capitali con sede in un altro Stato dell’Unione, se non venissero mai ammessi come mezzi di prova le dichiarazioni ovvero i certificati prodotti dalla detta impresa. Le difficoltà amministrative dell’amministrazione finanziaria nell’accertamento dei mezzi di prova esteri non legittimano, in tale contesto, il rifiuto a priori di siffatti mezzi di prova (34). Nondimeno ciascuno Stato membro ha il potere di esigere la presentazione dei documenti giustificativi necessari che, nella prassi, consentano all’amministrazione finanziaria di accertare, in modo sufficientemente preciso, se ed in quale misura sia dovuta da parte della società distributrice l’imposta sulle società applicata ai dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione (35).

96.      La valutazione delle prove spetta, a tal proposito, ai giudici nazionali, nel rispetto dei principi di effettività e di equivalenza.

97.      Anche la questione sollevata dal giudice del rinvio se e, in caso affermativo, a quali condizioni gli artt. 56 CE e 58 CE impongano di procedere alla stima dell’effettiva imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, ove essa non risulti determinabile, può essere definitivamente risolta solo prendendo in considerazione i compiti e le responsabilità del giudice nazionale nella valutazione delle prove in simili procedimenti tributari, attinenti a situazioni esclusivamente interne allo Stato. Una stima giudiziaria dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione sarebbe, infatti, doverosa, in considerazione del principio di equivalenza, qualora il giudice nazionale, nell’ambito della valutazione delle prove in analoghi procedimenti tributari, attinenti a situazioni esclusivamente interne allo Stato, fosse parimenti tenuto alla stima di un onere fiscale pregresso non determinabile in concreto.

98.      Qualora il giudice nazionale, secondo la pertinente procedura tributaria, non sia invece tenuto a compiere stime del genere, tale obbligo non potrebbe essere dedotto neanche dal principio di effettività. Come ho già avuto modo di osservare (36), infatti, una normativa secondo cui un azionista soggetto all’imposta sui redditi in un determinato Stato può far valere l’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione solo se e nella misura in cui dimostri, anche in concreto, l’effettiva imposta assolta a monte è compatibile, come tale, con il principio di effettività. Ne consegue che il principio di effettività non esige alcuna stima giudiziaria dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, ove essa non possa essere provata.

99.      Non può essere risolta in abstracto la questione se, nell’ambito dell’imputazione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, debbano essere prese in considerazione anche le imposte assolte a monte indirettamente. Come ho già rilevato, la sentenza Meilicke (37) deve essere interpretata nel senso che, in un caso come quello di cui alla causa principale, la deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti dai Paesi Bassi e dalla Danimarca deve aver luogo, in via di principio, in modo equivalente all’imputazione della medesima imposta gravante sui dividendi distribuiti in Germania (38). In quest’ottica, le imposte sulle società assolte indirettamente a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione devono essere prese in considerazione all’atto della determinazione della misura del credito di imposta se ed in quanto anche le imposte sulle società assolte indirettamente a monte sui dividendi nazionali concorrano a determinare la misura del credito di imposta concesso all’azionista.

100. Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre risolvere la terza questione nel senso che, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta agli Stati membri stabilire le regole di ripartizione dell’onere probatorio e del rischio della prova, nonché di valutazione delle prove da parte del giudice, applicabili all’accertamento dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Dal principio di effettività non deriva alcun obbligo per il giudice di effettuare una stima in caso di indeterminabilità dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. Un obbligo del genere sussiste invece, in base al principio di equivalenza, nel caso in cui un giudice nazionale fosse tenuto, in un’analoga situazione puramente nazionale, a procedere ad una corrispondente stima. Le imposte sulle società assolte indirettamente a monte sui dividendi nazionali, qualora concorrano a determinare la misura del credito di imposta concesso agli azionisti, dovranno essere parimenti prese in considerazione.

E –    Quarta questione pregiudiziale

101. Nella sua quarta questione pregiudiziale il giudice del rinvio rileva che l’avviso di liquidazione dell’imposta sul reddito del sig. H. Meilicke per l’anno 1997, emesso il 26 luglio 2000, non contempla alcuna riserva di riesame, cosicché esso è divenuto intanto definitivo. A termini dell’art. 175 dell’AO, nella versione vigente fino al 28 ottobre 2004, un avviso di accertamento di tal genere, nonostante il carattere definitivo acquisito, poteva essere rettificato laddove si fosse verificato un evento avente effetti fiscali per il passato (evento retroattivo), per cui la presentazione a posteriori di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG doveva essere qualificato come un evento retroattivo. Con la legge di recepimento delle direttive dell’Unione europea 8 dicembre 2004 (39) (in prosieguo: la «legge di modifica 8 dicembre 2004») l’art. 175 dell’AO veniva modificato, con effetto a decorrere dal 29 ottobre 2004 e senza periodo transitorio, nel senso che il rilascio ovvero la presentazione a posteriori di un certificato ovvero di un attestato non valeva più come evento retroattivo. In tal modo, veniva meno retroattivamente, a decorrere dal 29 ottobre 2004, la possibilità di sospendere gli effetti degli avvisi di accertamento attraverso la presentazione a posteriori di un certificato relativo all’imposta sulle società.

102. Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse risolvere la seconda questione pregiudiziale nel senso che sia lecito subordinare alla presentazione di un certificato ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG la deduzione fiscale dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, il giudice chiede, da un lato, se la modifica retroattiva dell’art. 175 dell’AO sia conforme al diritto dell’Unione [quarta questione pregiudiziale, lett. a)].

103. Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse risolvere la seconda questione pregiudiziale nel senso che l’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione possa essere provata anche con mezzi diversi dalla presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, il giudice chiede, dall’altro lato, se sia conforme al diritto dell’Unione un’interpretazione dell’art. 175 dell’AO, nella versione vigente fino al 28 ottobre 2004, secondo la quale un avviso di liquidazione definitivo dell’imposta sul reddito possa essere rettificato sulla base della presentazione del suddetto certificato, mentre sia esclusa una siffatta rettifica sulla base di dichiarazioni ovvero di certificati riguardanti i dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, ma non rispondenti ai requisiti formali degli artt. 44 e seg. del KStG [quarta questione pregiudiziale, lett. b)].

104. Atteso che, a mio avviso, la seconda questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che l’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione può essere provata anche con mezzi diversi dalla presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, esaminerò, in prosieguo, anzitutto la quarta questione pregiudiziale, lett. b). Alla luce dei risultati di tale analisi, discuterò successivamente la problematica della modifica retroattiva dell’art. 175 dell’AO, affrontata nella quarta questione pregiudiziale, lett. a). Sebbene tale questione subordinata sia stata espressamente sollevata solo nell’ipotesi in cui l’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dovesse essere provata tramite la presentazione di un certificato ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, essa è del pari rilevante nell’ipotesi in cui la detta prova possa essere fornita con altri mezzi.

1.      Questione subordinata 4b

105. La questione subordinata 4b, relativa al quesito se sia conforme al diritto dell’Unione una normativa nazionale, secondo cui un avviso di liquidazione definitivo dell’imposta sul reddito può essere rettificato, ai fini della deduzione (40) dell’imposta sulle società gravante sui dividendi soggetti a tassazione, ove tale onere fiscale pregresso sia provato tramite la presentazione a posteriori di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, restando invece esclusa un’analoga rettifica tramite la presentazione a posteriori di dichiarazioni ovvero di certificati relativi all’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione non rispondenti ai requisiti formali di cui agli artt. 44 e seg. del KStG, deve essere risolta facendo nuovamente ricorso ai principi di autonomia procedurale degli Stati membri.

106. A tal proposito, occorre anzitutto osservare che una norma secondo cui è consentita una rettifica a posteriori di avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sul reddito ai fini della deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi soggetti a tassazione, con riguardo unicamente ai dividendi distribuiti da società nazionali, ma non da società con sede in altri Stati dell’Unione, deve essere considerata come un trattamento più sfavorevole dei dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione produttivo di effetti restrittivi della libera circolazione dei capitali e dunque, in linea di principio, vietato (41). In tale contesto si deve ritenere che l’ordinamento giuridico dell’Unione, in un caso come quello oggetto della causa principale, garantisca ai soggetti all’imposta sul reddito che percepiscano dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione il diritto alla rettifica a posteriori della tassazione dei detti dividendi risultante da avvisi di liquidazione definitivi, ai fini della deduzione dell’imposta sulle società su di essi gravante, nella misura in cui una siffatta rettifica a posteriori possa essere richiesta anche dai soggetti all’imposta sul reddito che percepiscano dividendi nazionali.

107. In conformità ai principi sviluppati nella giurisprudenza della Corte concernenti l’autonomia procedurale degli Stati membri, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività (42). A tal proposito, nel presente caso è controverso, in particolare, se l’estensione del requisito, applicabile ai dividendi nazionali, della presentazione a posteriori di un certificato ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, ai fini della prova dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, sia in contrasto con il principio di effettività.

108. La soluzione di tale questione, inerente ad un’eventuale violazione del principio di effettività, spetta, in ultima analisi, al giudice del rinvio. Tuttavia, l’ordinanza di rinvio contiene una serie di indizi che suggeriscono che il requisito della presentazione a posteriori di un certificato ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, ai fini della prova dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, costituirebbe, a tal riguardo, una violazione del principio di effettività. Infatti, come già osservato nell’ambito della soluzione della seconda questione pregiudiziale, il certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG è connesso inscindibilmente con la complessa disciplina sull’imposizione delle distribuzioni nella misura del 30% dei dividendi lordi, cosicché le imprese di altri Stati dell’Unione, non soggette a tale disciplina, non sono, di regola, neanche in grado di redigere un certificato del genere (43).

109. Qualora il giudice del rinvio dovesse riscontrare una violazione del principio di effettività, tale principio esigerebbe altresì che venga concessa all’azionista soggetto all’imposta sui redditi la possibilità procedurale di provare a posteriori l’imposta estera sulle società assolta a monte al fine di rettificare gli avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sui redditi (44).

110. La questione relativa a quali mezzi di prova debbano essere in tal caso ammessi non può essere risolta in abstracto. Di regola si dovrebbe però ritenere che la deduzione delle prove risulterebbe eccessivamente difficile per l’azionista di una società di capitali con sede in un altro Stato dell’Unione, qualora, in tale contesto, non venissero mai ammessi come mezzi di prova le dichiarazioni ovvero i certificati prodotti dalla detta impresa. Vero è che ciascuno Stato membro ha il potere di esigere la presentazione dei documenti giustificativi necessari. La valutazione delle prove rimane così ancora nella competenza dei giudici nazionali, nel rispetto dei principi di effettività e di equivalenza (45).

111. Ciò premesso, la lett. b) della quarta questione pregiudiziale deve essere risolto nel senso che contrasta con il principio di effettività una normativa nazionale che consenta la rettifica della tassazione di dividendi distribuiti da imprese sia nazionali, sia residenti in altri Stati dell’Unione, accertata in un avviso di liquidazione definitivo, ai fini della deduzione dell’imposta sulle società gravante su tali dividendi, solo dietro presentazione di un certificato relativo alla detta imposta ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, qualora, in tal modo, la rettifica della tassazione dei dividendi distribuiti da società residenti in altri Stati dell’Unione sia resa praticamente impossibile o eccessivamente difficile. Spetta al giudice del rinvio accertare tale circostanza.

2.      Questione subordinata 4a

112. Il giudice del rinvio, con la questione subordinata 4a, chiede, in sostanza, se sia in contrasto con il diritto dell’Unione la modifica di una normativa nazionale di procedura tributaria che escluda retroattivamente la rettificabilità della tassazione di dividendi distribuiti da società sia nazionali, sia residenti in altri Stati dell’Unione, accertata in un avviso di liquidazione definitivo dell’imposta sui redditi sulla base della presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG.

113. In considerazione della soluzione suggerita in ordine alla questione subordinata 4b, il riferimento compiuto dal giudice del rinvio alla «presentazione di un certificato relativo all’imposta sulle società ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG» deve essere inteso, a tal fine, come un riferimento al requisito, conforme al diritto dell’Unione, della presentazione di un «certificato valido relativo all’imposta sulle società assolta a monte». Solo formulando in questi termini la questione, è possibile offrirne una soluzione utile.

114. Occorre inoltre rilevare che il giudice del rinvio, nel formulare detta questione pregiudiziale, è partito esplicitamente dall’assunto che la modifica legislativa in questione è redatta in termini così generici che è intesa non solo ad impedire la deduzione di imposte estere sulle società e che si applica in modo equivalente ai contribuenti residenti e non residenti. Non si deducono dagli atti informazioni precise che ostino a tale valutazione del giudice del rinvio.

115. I dubbi del giudice del rinvio inerenti alla conformità al diritto dell’Unione della modifica della procedura tributaria tedesca in forza della legge 8 dicembre 2004, con la quale la rettifica di avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sul reddito, basata sulla presentazione a posteriori di certificati validi relativi all’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi nazionali ovvero provenienti da altri Stati dell’Unione, veniva esclusa a decorrere dal 29 ottobre 2004 e dunque retroattivamente, sono dovuti alla circostanza che, a seguito della detta modifica, i percettori di dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, che siano soggetti all’imposta sui redditi, hanno perso la possibilità, concessa dalla disciplina previgente, di far valere in giudizio il diritto alla deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi soggetti a tassazione, sebbene il pertinente avviso di liquidazione sia divenuto definitivo.

116. Tale questione deve essere risolta facendo di nuovo ricorso ai principi sull’autonomia procedurale degli Stati membri sviluppati dalla giurisprudenza della Corte. Al riguardo, la questione verte, dunque, sull’eventuale violazione del principio di effettività nell’ambito della modifica della procedura tributaria tedesca in forza della legge 8 dicembre 2004.

117. A tal proposito occorre sottolineare, anzitutto, che una normativa nazionale secondo cui gli avvisi di liquidazione divengono definitivi dopo il decorso di un ragionevole lasso di tempo risulta, in via di principio, compatibile con il diritto dell’Unione, anche se tale disciplina dovesse comportare che le pregresse determinazioni dell’imposta sui redditi, decorso un determinato periodo di tempo, non possano più essere impugnate e l’esercizio di diritti conferiti dalla normativa dell’Unione venga in tal modo vanificato.

118. Si deve altresì rilevare, da un lato, che una siffatta disciplina, relativa al regime del giudicato, contribuisce per sua natura alla certezza del diritto, che è riconosciuta nella costante giurisprudenza come un principio generale del diritto (46), e tutela così sia i contribuenti sia le amministrazioni finanziarie. D’altro canto, si deve fare riferimento alla costante giurisprudenza della Corte, per la quale l’applicazione di termini di ricorso ragionevoli nell’interesse della certezza del diritto è compatibile con il diritto dell’Unione, cosicché il decorso di siffatti termini può vanificare l’esercizio di diritti e di azioni derivanti dal diritto dell’Unione (47).

119. Nel caso in esame si pone, però, la specifica questione se sia compatibile con il principio di effettività una modifica legislativa, con la quale venga abrogata, retroattivamente e senza la previsione di un periodo transitorio, una norma relativa alla rettifica di avvisi di liquidazione definitivi dell’imposta sui redditi, applicabile anche all’esercizio a posteriori del diritto alla deduzione fiscale spettante in forza del diritto dell’Unione.

120. Ai fini della soluzione di tale questione occorre prendere le mosse da quanto in precedenza constatato, vale a dire che una normativa nazionale, secondo cui gli avvisi di liquidazione divengono definitivi dopo un ragionevole lasso di tempo, è, in via di principio, compatibile con il diritto dell’Unione. Ne consegue indirettamente la compatibilità anche di una modifica legislativa, con la quale una normativa nazionale che consenta, a determinate condizioni, la rettifica di avvisi di liquidazione, malgrado il loro carattere definitivo, venga modificata e parzialmente abrogata.

121. Il principio di effettività, nonché quello di tutela del legittimo affidamento impongono, tuttavia, che una siffatta modifica legislativa entri in vigore solo dopo il decorso di un periodo transitorio ragionevole.

122. In relazione al principio di effettività va ricordato che le procedure nazionali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non possono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Ove si compia una modifica della procedura tributaria, a seguito della quale, attraverso norme più rigorose concernenti il carattere definitivo degli avvisi di accertamento, viene esclusa la realizzazione di determinati diritti spettanti in forza del diritto dell’Unione, senza la previsione di un periodo transitorio ragionevole, ciò rende eccessivamente difficile l’esercizio di tali diritti, cosicché, in un caso del genere, si può rilevare, in linea di massima, la sussistenza di una violazione del principio di effettività (48).

123. In relazione al principio della tutela del legittimo affidamento la Corte ha inoltre dichiarato che sussiste una violazione di tale principio nel caso in cui una modifica della normativa nazionale privi un soggetto passivo, con effetto retroattivo, del diritto, di cui questi godeva prima della detta modifica, di ottenere il rimborso di imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione (49).

124. La legge di modifica 8 dicembre 2004 in questione non contempla alcuna disciplina transitoria ragionevole. Per effetto di tale modifica legislativa è venuta meno la possibilità di sospendere gli effetti degli avvisi di liquidazione dell’imposta sul reddito attraverso la presentazione a posteriori di certificati validi relativi all’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione a decorrere dal 29 ottobre 2004. In tal modo, gli azionisti soggetti passivi dell’imposta sui redditi sono stati privati retroattivamente della possibilità di far valere, malgrado il carattere definitivo dei pertinenti avvisi di liquidazione, in applicazione delle discipline nazionali allora in vigore, il diritto alla deduzione fiscale. Poiché tale modifica retroattiva della situazione legislativa ha reso praticamente impossibile l’esercizio di diritti preesistenti derivanti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, essa è in contrasto con il principio di effettività. Del pari costituisce una violazione del principio del legittimo affidamento.

125. La mancanza, nella legge di modifica 8 dicembre 2004, dell’indicazione di un periodo transitorio ragionevole non comporta eo ipso che la disciplina previgente relativa alla rettifica della tassazione dei dividendi distribuiti da società aventi sede in altri Stati dell’Unione accertata in un avviso di liquidazione definitivo dell’imposta sui redditi debba continuare a valere illimitatamente (50). Un effetto del genere eccederebbe lo scopo di un’effettiva tutela giudiziaria e risulterebbe pertanto in contrasto con il principio generale di proporzionalità.

126. In tale contesto il principio di effettività e quello di tutela del legittimo affidamento, in un caso come quello oggetto della causa principale, impongono la fissazione di un periodo transitorio ai fini dell’entrata in vigore della legge di modifica 8 dicembre 2004, durante il quale gli azionisti soggetti all’imposta sui redditi potessero chiedere la rettifica di avvisi di liquidazione definitivi, sulla base di validi certificati relativi all’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione.

127. Tale periodo transitorio deve essere, in linea di principio, sufficiente a consentire agli azionisti soggetti all’imposta sui redditi, che intendessero inizialmente esercitare senza limiti di tempo il loro diritto alla deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, di disporre di un tempo ragionevole per far valere tale diritto. Essi devono comunque godere della facoltà di predisporre la loro azione immuni dalla precipitazione derivante dall’obbligo di agire con un’urgenza estranea alla mancanza di termini sulla quale essi potevano inizialmente contare (51).

128. Ai fini della determinazione in concreto di tale periodo transitorio propedeutico all’applicabilità delle nuove regole di procedura tributaria, di cui si discute nella specie, occorre osservare, da una parte, che, fino alla legge di modifica 8 dicembre 2004, non esisteva alcun termine entro il quale dovesse essere presentata la richiesta di rettifica di un avviso di liquidazione definitivo dell’imposta sui redditi. D’altro canto, si deve ritenere che i singoli azionisti soggetti d’imposta non fossero nella condizione di richiedere liberamente alla società distributrice un certificato valido relativo all’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, ma che, a tal fine, occorresse svolgere previamente una certa attività di informazione e persuasione.

129. Ciò premesso ritengo, in conclusione, che deve essere fissata ragionevolmente a dodici mesi la durata minima del periodo transitorio necessaria perché venga assicurata l’effettività dell’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione così da consentire ai soggetti all’imposta sul reddito che percepiscano dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, facendo uso dell’ordinaria diligenza, di prendere atto della legge di modifica 8 dicembre 2004 e della nuova disciplina, di preparare e presentare la loro richiesta di rettifica dei pertinenti avvisi di liquidazione definitivi in condizioni che non pregiudichino le loro possibilità di successo.

130. Alla luce delle suesposte considerazioni, la lett. a) della quarta questione pregiudiziale deve essere risolto nel senso che è in contrasto con i principi di effettività e di tutela del legittimo affidamento la modifica di una normativa nazionale, per effetto della quale la rettifica della tassazione dei dividendi distribuiti da società con sede in altri Stati dell’Unione, accertata in un avviso di liquidazione definitivo, sulla base della presentazione di un valido certificato relativo all’imposta sulle società gravante su tali dividendi, venga esclusa retroattivamente e senza la previsione di un periodo transitorio, con conseguente impossibilità di deduzione dell’imposta assolta a monte. Ai fini dell’entrata in vigore di una disciplina come quella della legge di modifica 8 dicembre 2004, detti principi impongono il rispetto di un periodo transitorio ragionevole che non può essere inferiore ai dodici mesi dalla pubblicazione di tale legge.

VII – Conclusione

131. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:

1)         Gli artt. 56 CE e 58 CE devono essere interpretati nel senso che impongono, in un caso come quello alla oggetto della causa principale, la deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dall’imposta sui redditi dovuta dagli azionisti sotto forma di un credito di imposta calcolato sulla base dell’effettivo onere fiscale assolto a monte sui dividendi medesimi. Tale deduzione non deve, però, superare l’aliquota dell’imposta sulle società applicabile ai dividendi nazionali.

2)         Una normativa nazionale, secondo cui la deduzione dell’imposta sulle società gravante sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione dall’imposta sui redditi è sempre subordinata alla presentazione di un certificato ai sensi degli artt. 44 e segg. del KStG necessario ai fini della prova di tale onere fiscale pregresso, è in contrasto con il principio di effettività, laddove detto requisito renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la deduzione dell’imposta sulle società assolta a monte in altri Stati dell’Unione. Spetta al giudice del rinvio accertare tale circostanza.

3)         In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta agli Stati membri stabilire le regole di ripartizione dell’onere probatorio e del rischio della prova, nonché di valutazione delle prove da parte del giudice, applicabili all’accertamento dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Dal principio di effettività non deriva alcun obbligo per il giudice di effettuare una stima in caso di indeterminabilità dell’imposta sulle società assolta a monte sui dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione. Un obbligo del genere sussiste invece, in base al principio di equivalenza, nel caso in cui un giudice nazionale fosse tenuto, in un’analoga situazione puramente nazionale, a procedere ad una corrispondente stima. Le imposte sulle società assolte indirettamente a monte sui dividendi nazionali, qualora concorrano a determinare la misura del credito di imposta concesso agli azionisti, dovranno essere parimenti prese in considerazione.

4)         Una normativa nazionale che consenta la rettifica della tassazione di dividendi distribuiti da imprese sia nazionali, sia residenti in altri Stati dell’Unione, accertata in un avviso di liquidazione definitivo, ai fini della deduzione dell’imposta sulle società gravante su tali dividendi, solo dietro presentazione di un certificato relativo alla detta imposta ai sensi degli artt. 44 e seg. del KStG, contrasta con il principio di effettività qualora, in tal modo, la rettifica della tassazione dei dividendi distribuiti da società residenti in altri Stati dell’Unione sia resa praticamente impossibile o eccessivamente difficile. Spetta al giudice del rinvio accertare tale circostanza.

5)         È in contrasto con i principi di effettività e di tutela del legittimo affidamento la modifica di una normativa nazionale per effetto della quale la rettifica della tassazione dei dividendi distribuiti da società con sede in altri Stati dell’Unione, accertata in un avviso di liquidazione definitivo, sulla base della presentazione di un valido certificato relativo all’imposta sulle società gravante su tali dividendi, venga esclusa retroattivamente e senza la previsione di un periodo transitorio, con conseguente impossibilità di deduzione dell’imposta assolta a monte. Ai fini dell’entrata in vigore di una disciplina come quella della legge di modifica 8 dicembre 2004, detti principi impongono il rispetto di un periodo transitorio ragionevole che non può essere inferiore ai dodici mesi dalla pubblicazione di tale legge.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Sentenza 6 marzo 2007, causa C-292/04, Meilicke e a. (Racc. pag. I-1835).


3 – In conformità alle denominazioni utilizzate nel TUE e nel TFUE, l’espressione «diritto dell’Unione» viene qui impiegata come nozione globale comprendente il diritto comunitario e il diritto dell’Unione. Laddove in prosieguo assumeranno rilievo singole norme di diritto primario, verranno indicate le disposizioni pertinenti ratione temporis.


4 – GU L 336, pag. 15, come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/98/CE, che adegua talune direttive in materia di fiscalità, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della Romania (GU L 363, pag. 129).


5 – BGBl. I 1990, pag. 1898.


6 – BGBl. I 1991, pag. 638.


7 – BGBl. I 2004, pag. 3310.


8 – Cit. supra alla nota 2.


9 – Tale deduzione comporta, sostanzialmente, che l’imposta sulle società gravante sui dividendi venga considerata quale imposta sui redditi dell’azionista versata anticipatamente e debba essere considerata interamente all’atto dell’imposizione di quest’ultimo. V., sul punto, Mössner, J., «Rückgewähr europarechtswidrig erhobener Steuern», Europa im Wandel: Festschrift für Hans-Werner Rengeling, Colonia, 2008, pagg. 339, 341 e seg. È parte integrante di tale sistema la classificazione del credito di imposta tra le entrate soggette all’imposta sui redditi. V., al riguardo, Gosch, D., «Anrechnung ausländischer Steuern nach dem EuGH-Urteil in der Rechtssache ‘Manninen’ trotz Bestandskraft?», DStR 2004, pagg. 1988 e 1989.


10 – Esplicitamente in tal senso si è espresso il giudice remittente nell’ordinanza di rinvio, pagg. 30 e 43. Laddove le osservazioni presentate dai ricorrenti nella causa principale tanto nella fase scritta quanto in udienza integrano ovvero mettono in discussione i rilievi del giudice del rinvio, va ricordato che la Corte sul piano processuale è tenuta, in via di principio, a prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dell’Unione e quelli degli Stati membri, il contesto fattuale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definite dalla decisione di rinvio. V. sentenze 8 settembre 2010, causa C-409/06, Winner Wetten (Racc. pag. I-8015, punto 35); 27 ottobre 2009, causa C-115/08, ČEZ (Racc. pag. I-10265, punto 57); 2 ottobre 2008, causa C-360/06, Heinrich Bauer Verlag (Racc. pag. I-7333, punto 15), e 29 aprile 2004, cause riunite C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e Oliveri (Racc. pag. I-5257, punto 42).


11 – Cit. supra alla nota 2.


12 – Nella sentenza Meilicke la Corte ha sostanzialmente confermato la sua costante giurisprudenza, secondo cui, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione: v. sentenze 1° luglio 2010, causa C-233/09, Dijkman e Dijkman-Lavaleije (Racc. pag. I-6649, punto 20); 3 giugno 2010, causa C-487/08, Commissione/Spagna (Rac. pag. I-4843, punto 37); 17 settembre 2009, causa C-182/08, Glaxo Wellcome (Racc. pag. I-8591, punto 34); 7 settembre 2004, causa C-319/02, Manninen (Racc. pag. I-7477, punto 19), nonché 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland (Racc. pag. I-2651, punto 19).


13 – V. sentenza 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation (Racc. pag. I-11753), in cui la Corte è pervenuta alla conclusione che uno Stato membro, che intenda evitare una doppia imposizione economica sui dividendi nazionali sulla base di un sistema di esenzione, può realizzare un trattamento equivalente per i dividendi esteri sulla base del sistema della deduzione, a condizione che l’aliquota fiscale per i dividendi esteri non sia più alta di quella applicata ai dividendi nazionali e che l’importo versato all’estero venga dedotto fino a concorrenza dell’imposta nazionale. Per un’analisi approfondita della questione di principio dell’equivalenza del metodo dell’esenzione e di quello della deduzione ai fini della prevenzione della doppia imposizione economica sui dividendi v. le conclusioni dell’avvocato generale Kokott presentate l’11 novembre 2010 nelle cause riunite C-436/08 e C-437/08, Haribo e Österreichische Salinen, tuttora pendenti (paragrafi 15 e segg.).


14 – V. supra, paragrafi 46 e segg.


15 – In tal senso, ad esempio, Stuhrmann, G., § 36 EStG, paragrafo 29a, in Blümich – Kommentar EStG · KStG · GewStG (a cura di Heuermann, B.), Verlag Franz Vahlen, Monaco, 106°  aggiornamento (stato: maggio 2010), secondo cui la giurisprudenza della Corte di giustizia sarebbe da interpretare nel senso che l’imposta estera sulle società debba essere dedotta in base all’aliquota applicabile nello Stato in cui ha sede la società distributrice. Così potrebbe risultare un importo da dedurre maggiore o minore dei 3/7 dei dividendi lordi. In tal senso anche Lüdicke, J., «Pending Cases Filed by German Courts I: The Meilicke, CLT-UFA, Keller Holding, Lasertec, Rewe Zentralfinanz, Ritter-Coulais, Kolumbus Container Services, and Stauffer Cases», in Lang/Schuch/Staringer (a cura di), ECJ: recent developments in direct taxation, Vienna, 2006, pagg. 113 e 119.


16 – Con riguardo al rispetto delle competenze attribuite agli Stati membri nel settore dell’imposizione diretta nella giurisprudenza della Corte di giustizia, v. Lenaerts, K., «Die Entwicklung der Rechtsprechung des Gerichtshofs der Europäischen Gemeinschaften auf dem Gebiet der direkten Besteuerung», EuR 2009, pagg. 728, 737 e segg.


17 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed presentate nella causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. supra alla nota 13 (paragrafo 45), nonché quelle presentate il 23 febbraio 2006 nella causa C-374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (Racc. pag. I-11673, paragrafi 43 e segg.).


18 – Cit. supra alla nota 13. Nella sostanza tale sentenza è stata confermata dall’ordinanza 23 aprile 2008, causa C-201/05, Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation (Racc. pag. I-2875).


19 – Sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. supra alla nota 13 (punti 48 e segg.).


20 – Sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. supra alla nota 13 (punti 51 e seg.).


21 – V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott presentate l’11 novembre 2010 nelle cause riunite C-436/08 e C-437/08, cit. supra alla nota 13 (punti 153 e segg.).


22 – Secondo costante giurisprudenza, le normative nazionali restrittive della libera circolazione dei capitali possono essere giustificate dai motivi contemplati nell’art. 58 CE ovvero da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano idonei a garantire la realizzazione dello scopo prescritto e non eccedano quanto necessario per il raggiungimento di tale scopo; v. sentenza Dijkman e Dijkman-Lavaleije, cit. supra alla nota 12 (punto 49). Sulla qualificazione della «necessità di salvaguardare la coerenza del sistema tributario nazionale» come motivo imperativo di interesse generale, v. sentenze 27 novembre 2008, causa C-418/07, Papillon (Racc. pag. I-8947, punto 43); Meilicke e a., cit. supra alla nota 2 (punti 26 e segg.); Manninen, cit. supra alla nota 12 (punto 42), nonché 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249, punti 21 e segg.).


23 – Sentenze 8 luglio 2010, causa C-246/09, Bulicke (Racc. pag. I-7003, punto 25); 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter (Racc. pag. I-411, punto 57); 7 giugno 2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a. (Racc. pag. I-4233, punto 28), nonché 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 43).


24 – V. supra, paragrafo 76.


25 – V. supra, paragrafo 79.


26 – V. sentenza 27 gennaio 2009, causa C-318/07, Persche (Racc. pag. I-359), nella quale la Corte è pervenuta alla conclusione che l’art. 56 CE osta ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, relativamente alle donazioni disposte a favore di enti riconosciuti di interesse generale, il beneficio della deduzione fiscale è accordato solo per le donazioni a favore di enti stabiliti sul territorio nazionale, senza alcuna possibilità per il soggetto passivo di dimostrare che una donazione a favore di un ente stabilito in un altro Stato membro soddisfi i requisiti imposti dalla suddetta normativa per la concessione del beneficio (punto 72 e dispositivo). Nel contempo la Corte ha del pari rilevato che anche se la verifica delle informazioni fornite dal contribuente risulta difficile, nulla impedisce alle autorità fiscali interessate di rifiutare la deduzione richiesta qualora le prove a loro avviso necessarie per la corretta determinazione dell’imposta non siano state fornite (punto 69). A proposito di quest’ultima osservazione, v. sentenze 18 dicembre 2007, causa C-101/05, A (Racc. pag. I-11531, punti 58 e seg.); 11 ottobre 2007, causa C-451/05, ELISA (Racc. pag. I-8251, punti 95 e segg.), nonché 30 gennaio 2007, causa C-150/04, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-1163, punto 54).


27 – Ordinanza di rinvio 14 maggio 2009, pag. 44.


28 – V. sentenza Commissione/Spagna, cit. supra alla nota 12 (punto 56), nella quale la Corte, a proposito dell’esercizio non armonizzato delle competenze fiscali da parte degli Stati membri, ha sottolineato che le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri delle loro competenze fiscali, per quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal Trattato. In tal senso v. anche sentenze 16 luglio 2009, causa C-128/08, Damseaux (Racc. pag. I-6823, punto 27); 20 maggio 2008, causa C-194/06, Orange European Smallcap Fund (Racc. pag. I-3747, punti 41, 42 e 47), nonché 14 novembre 2006, causa C-513/04, Kerckhaert e Morres (Racc. pag. I-10967, punti 19, 20 e 24).


29 – V., al riguardo, sentenze 23 ottobre 2008, causa C-157/07, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (Racc. pag. I-8061, punto 50); 28 febbraio 2008, causa C-293/06, Deutsche Shell (Racc. pag. I-1129, punto 43), nonché 6 dicembre 2007, causa C-298/05, Columbus Container Services (Racc. pag. I-10451, punto 51).


30 – V. supra, paragrafo 86.


31 – Sentenze ELISA, cit. supra alla nota 26 (punto 92), e Commissione/Danimarca, cit. supra alla nota 26 (punto 52).


32 – Sentenze Persche, cit. supra alla nota 26 (punto 65), nonché 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International (Racc. pag. I-7897, punto 32).


33 – V. in tale contesto anche la sentenza 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer (Racc. pag. I-8203, punto 49), nella quale la Corte ha rilevato che una normativa nazionale che impedisca in maniera assoluta al contribuente, in un caso di imposizione transfrontaliera, di fornire prove derivanti da altri Stati dell’Unione e riguardanti l’accertamento di un’esenzione fiscale non possa essere giustificata richiamando l’efficacia dei controlli fiscali come motivo imperativo di interesse generale.


34 – V. sentenze Persche, cit. supra alla nota 26 (punto 55), nonché Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. supra alla nota 33 (punto 48).


35 – V. sentenze Persche, cit. supra alla nota 26 (punti 54 e 60); Heinrich Bauer Verlag, cit. supra alla nota 10 (punto 41); 25 ottobre 2007, causa C-464/05, Geurts e Vogten (Racc. pag. I-9325, punto 28), nonché ELISA, cit. supra alla nota 26 (punto 95).


36 – V. supra, paragrafo 86.


37 – Cit. supra alla nota 2.


38 – V. supra, paragrafo 52.


39 – BGBl. I 2004, pag. 3310.


40 – A quanto risulta, il giudice del rinvio si vede alle prese, a tal proposito, inter alia, con il problema procedurale che la deduzione fiscale dell’imposta sulle società gravante sui dividendi presuppone che l’imposta sulle società assolta a monte e da restituire venga pagata dall’azionista come un ricavo soggetto all’imposta sui redditi. Con riguardo alle distribuzioni di dividendi contemplate in un avviso di liquidazione definitivo ciò presuppone che il detto avviso, nonostante il carattere definitivo, possa essere modificato allo scopo di dichiarare l’imposta assolta a monte da portare in deduzione.


41  – Una siffatta disparità di trattamento tra dividendi nazionali e dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione potrebbe allora essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali solo ove tale disparità riguardi situazioni che non siano oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale (v. sentenze Commissione/Spagna, cit. supra alla nota 12, punto 47; 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta, Racc. pag. I-9569, punto 32, nonché Manninen, cit. supra alla nota 12, punto 29). Nel caso di specie non sussistono circostanze tali da determinare un’oggettiva incomparabilità della rettifica a posteriori di avvisi di liquidazione definitivi concernenti dividendi distribuiti da società nazionali da una parte, e della rettifica a posteriori relativa a dividendi provenienti da altri Stati dell’Unione, dall’altra. Inoltre, non sussistono motivi imperativi di interesse generale tali da giustificare una disparità di trattamento con riguardo ad una rettifica a posteriori di avvisi di liquidazione definitivi concernenti dividendi nazionali ovvero provenienti da altri Stati dell’Unione.


42 – V. supra, paragrafo 76.


43 – V. supra, paragrafo 78.


44 – V. supra, paragrafo 94.


45 – V. supra, paragrafo 95.


46 – V. sentenze 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter (Racc. pag. I-411, punto 37), e 13 gennaio 2004, causa C-453/00, Kühne (Racc. pag. I-837, punto 24).


47 – V. sentenze Bulicke, cit. supra alla nota 23 (punto 36); 15 aprile 2010, causa C-542/08, Barth (Racc. pag. I-3189, punti 28 e segg.); 29 ottobre 2009, causa C-63/08, Pontin (Racc. pag. I-10467, punto 48), nonché 24 marzo 2009, causa C-445/06, Danske Slagterier (Racc. pag. I-2119, punto 32).


48 – V., a tal proposito, la giurisprudenza della Corte sulla modifica dei termini nazionali di ricorso a pena di decadenza per la restituzione delle somme riscosse in violazione del diritto dell’Unione: sentenze 24 settembre 2002, causa C-255/00, Grundig Italiana (Racc. pag. I-8003, punti 35 e segg.), e 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer (Racc. pag. I-6325, punti 36 e segg.).


49 – Sentenza Marks & Spencer, cit. supra alla nota 48 (punto 46).


50 – V., al riguardo, sentenza Grundig Italiana, cit. supra alla nota 48 (punto 41).


51 – Ibidem, punto 38.